N. 125 SENTENZA 8 maggio - 13 giugno 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Gioco e scommesse - Risorse statali per il compenso dei concessionari
  e degli altri  operatori  di  filiera  nell'ambito  delle  reti  di
  raccolta del gioco  praticato  mediante  apparecchi  Video  Lottery
  Terminal - Riduzione pari a 500 milioni di euro  su  base  annua  a
  decorrere dall'anno 2015. 
- Legge 23 dicembre  2014,  n.  190,  recante  «Disposizioni  per  la
  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
  stabilita' 2015)» art. 1, comma 649. 
-   
(GU n.25 del 20-6-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS,   Franco   MODUGNO,   Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma
649, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
di stabilita' 2015)», promossi dal Tribunale amministrativo regionale
del Lazio con sedici ordinanze del 16 dicembre  2015  e  sei  del  17
novembre 2015, iscritte ai numeri da 144 a 153, da 158 a 160 e da 164
a 171 del registro ordinanze 2016 e al n. 80 del  registro  ordinanze
2017 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  numeri
35, 36, 37 e 38, prima serie speciale, dell'anno 2016 e n. 23,  prima
serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visti gli atti di costituzione della Cogetech spa  e,  a  seguito
della sua incorporazione, della Snaitech spa, della  Intralot  Gaming
Machines spa, della NTS Network spa, della Codere Network spa,  della
Admiral-Gaming Network srl,  della  Lottomatica  Videolot  Rete  spa,
della Cirsa Italia spa, della SNAI spa e, a seguito di modifica della
sua denominazione sociale, della Snaitech spa, della Only Games  srl,
della Ricreativo B spa, della Jolly videogiochi srl  e  altra,  della
Gamenet spa, della Cinque Punto Cinque srl, della Italy Qube  srl,  e
della  Sisal  Entertainment  spa,  del  Codacons,  fuori  termine,  e
dell'Associazione  nazionale   sezioni   apparecchi   per   pubbliche
attrazioni ricreative - SAPAR, fuori termine,  nonche'  gli  atti  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica e nella camera  di  consiglio  dell'8
maggio 2018 il Giudice relatore Giovani Amoroso; 
    uditi gli avvocati Carmelo Barreca per la Snaitech spa  e  altre,
Francesco Cardarelli per la Codere Network spa  e  altra,  Alessandro
Botto per la Lottomatica Videolot Rete spa, Generoso  Bloise  per  la
Only Games srl e altra, Stefano Sbordoni per la Jolly videogiochi srl
e altra, Ugo De Luca per la Cinque Punto Cinque srl e altra, Annalisa
Lauteri per la Sisal Entertainment spa e l'avvocato dello  Stato  Pio
Giovanni Marrone per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ventidue ordinanze di analogo tenore - di cui sedici  del
16 dicembre 2015 (r. o. numeri 144, 147, 151,  152,  153,  158,  159,
160, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 171 del 2016, e n. 80 del 2017)  e
sei del 17 novembre 2015 (r. o. numeri 145, 146, 148, 149, 150 e  164
del 2016) -  il  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  ha
sollevato, in riferimento agli  artt.  3  e  41  della  Costituzione,
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  649,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2015)». 
    Tale disposizione, nel contesto della disciplina degli aggi e dei
compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera
nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto  dello  Stato,
praticato mediante gli apparecchi di cui all'art. 110,  sesto  comma,
del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, recante  «Approvazione  del
testo unico delle leggi di pubblica  sicurezza»  (di  seguito  anche:
TULPS), ha introdotto una riduzione, pari a 500 milioni  di  euro  su
base annua a  decorrere  dall'anno  2015,  delle  risorse  statali  a
disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e  degli  altri
operatori della filiera. 
    Conseguentemente ha posto a carico dei concessionari l'obbligo di
versare, in aggiunta a quanto trasferito  allo  Stato  ordinariamente
sulla base delle convenzioni di concessione, la somma di 500  milioni
di euro, entro i mesi di aprile e di ottobre  di  ogni  anno.  Ed  ha
stabilito che tale onere gravi su ciascun  concessionario  in  misura
proporzionale al numero di apparecchi ad esso  riferibili  alla  data
del 31 dicembre 2014, prevedendo che, con provvedimento del direttore
dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM), adottato entro il  15
gennaio 2015, sia fatta la ricognizione del numero  degli  apparecchi
da gioco riferibili a ciascun concessionario. 
    La stessa disposizione  prevede  inoltre  che  gli  operatori  di
filiera debbano versare ai concessionari -  complessivamente  tredici
societa' titolari  di  concessioni  assentite  nel  2013  -  l'intero
ammontare della raccolta del  gioco  praticato  mediante  i  predetti
apparecchi, al netto delle vincite pagate, ma non anche dei  compensi
pattuiti con i singoli accordi contrattuali.  I  concessionari,  poi,
sono onerati di ripartire con gli altri operatori di filiera le somme
residue, disponibili per aggi e  compensi,  rinegoziando  i  relativi
contratti per concordare, di nuovo, gli aggi e compensi dovuti. 
    Il TAR  rimettente  riferisce  di  essere  investito  di  plurimi
giudizi  originati  da  ricorsi  proposti  distintamente  sia   dalle
societa' concessionarie dei suddetti giochi pubblici, sia  da  alcuni
gestori operanti per le concessionarie, contro l'ADM e  il  Ministero
dell'economia  e   delle   finanze;   ricorsi   aventi   ad   oggetto
l'annullamento del provvedimento  del  Direttore  dell'Agenzia  prot.
4076/RU del 15 gennaio 2015,  emesso  in  applicazione  dell'art.  1,
comma 649, della legge n.  190  del  2014,  con  il  quale  e'  stato
determinato il numero degli apparecchi di  cui  all'art.  110,  sesto
comma, lettere a) e b), del  r.d.  n.  773  del  1931,  riferibili  a
ciascun concessionario alla data del 31  dicembre  2014,  nonche'  la
quota parte del versamento dell'importo di cui all'art. 1, comma 649,
lettera  b),  della  legge  n.  190  del  2014,  dovuto  dai  singoli
concessionari in misura proporzionale al numero  degli  apparecchi  a
ciascuno di essi riferibili. Si  tratta  degli  apparecchi  del  tipo
Amusement with prizes (AWP) e Video lottery terminal (VLT) rientranti
nella categoria del gioco lecito ai sensi dell'art. 110, sesto comma,
lettere a) e b), del TULPS, in riferimento al quale sono  selezionati
mediante procedure ad evidenza pubblica i soggetti  cui  affidare  in
concessione la realizzazione e conduzione della rete per la  gestione
telematica del gioco. 
    2.-  Nelle  ordinanze  di  rimessione  il   TAR   Lazio   formula
argomentazioni sostanzialmente coincidenti a sostegno  dei  sollevati
dubbi di legittimita' costituzionale. 
    In particolare, il rimettente precisa  che  il  rapporto  tra  lo
Stato e i concessionari e' regolato da apposite  convenzioni,  mentre
quelli tra concessionari e gli altri operatori della filiera (gestori
ed esercenti) da contratti di diritto privato. Osserva, inoltre,  che
il compenso spettante ai concessionari e' calcolato in via residuale,
in quanto e' pari all'importo delle giocate dedotti  sia  le  vincite
pagate ai giocatori, sia gli  importi  dovuti  agli  altri  operatori
della filiera, gestori ed esercenti,  sulla  base  dei  contratti  di
diritto privato, sia gli importi dovuti all'ADM a titolo di canone di
concessione, sia quanto spettante all'erario  a  titolo  di  prelievo
unico (PREU), pari al 13 per cento delle giocate con AWP ed al 5  per
cento delle giocate con VLT. 
    In punto di rilevanza, afferma il TAR di dover fare  applicazione
della disposizione censurata perche' l'impugnato decreto direttoriale
e' stato adottato nell'esercizio di un potere del tutto vincolato, in
applicazione della disposizione stessa, sicche'  la  definizione  del
giudizio  e'  condizionata  dalla  risoluzione  della  questione   di
legittimita' costituzionale. 
    In punto di non manifesta infondatezza, il  rimettente  da'  atto
che, per valutare se vi sia stato il  superamento  del  limite  della
proporzionalita' rispetto  all'obiettivo  di  interesse  pubblico  di
nuove risorse per l'erario, sono stati  disposti  degli  accertamenti
istruttori di tipo economico, a  seguito  dei  quali  e'  emerso  che
rispetto all'intera filiera, l'incidenza del versamento  imposto  non
appare  -  secondo  il  TAR  -  in  contrasto  con  il  principio  di
proporzionalita', non diversamente da quanto ritenuto,  nella  stessa
materia della disciplina del gioco lecito, dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 56 del 2015. 
    Con riferimento invece al riparto del suddetto prelievo  forzoso,
il TAR afferma che la norma censurata non solo contrasterebbe con  il
canone  della  ragionevolezza,  quale  limite   all'esercizio   della
discrezionalita' del legislatore, ma violerebbe anche il principio di
parita' di trattamento (art. 3 Cost.). 
    Con riguardo  alla  ragionevolezza,  il  rimettente  osserva  che
l'intervento legislativo e' avvenuto in dichiarata anticipazione  del
piu' organico  riordino  della  misura  degli  aggi  e  dei  compensi
spettanti  ai  concessionari  e  agli  altri  operatori  di  filiera,
nell'ambito della rete di raccolta del gioco per conto  dello  Stato,
in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo
2014, n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni  per  un  sistema
fiscale piu' equo, trasparente e  orientato  alla  crescita).  Pero',
mentre tale disposizione della legge di  delega  (poi  di  fatto  non
esercitata) prevede che la revisione degli aggi e compensi  spettanti
ai concessionari e agli altri operatori debba  avvenire  «secondo  un
criterio  di  progressivita'  legata  ai  volumi  di  raccolta  delle
giocate», la norma censurata ha, invece, stabilito  la  riduzione  in
«quota proporzionale al numero di  apparecchi  [...]  riferibili  [ai
concessionari] alla data del 31 dicembre 2014». Sebbene, quindi,  sia
stato fatto specifico riferimento alla norma che prevede il  criterio
di progressivita' legata ai volumi  di  raccolta  delle  giocate,  il
parametro introdotto dalla  norma  impugnata,  per  ripartire  tra  i
concessionari l'importo di 500 milioni di euro, e' invece  legato  ad
un dato fisso, qual e'  il  numero  degli  apparecchi  riferibili  al
concessionario al  31  dicembre  2014,  o  in  sede  di  ricognizione
successiva, e non, piuttosto, ad un dato di flusso quale i volumi  di
raccolta delle giocate.  Sussisterebbe,  dunque,  la  violazione  del
principio di ragionevolezza, sia  per  contraddittorieta'  intrinseca
della  disposizione  che  afferma  di  attuare  una  norma  per   poi
discostarsene, sia perche' prevede il riferimento ad un dato statico,
ancorche' soggetto ad aggiornamento, ossia al numero degli apparecchi
riferibili a ciascun concessionario a una certa data, piuttosto che a
un dato dinamico, cioe' al  volume  di  raccolta  delle  giocate.  Ad
avviso  del  rimettente,  infatti,  la  capacita'  di   reddito   del
concessionario e della  relativa  filiera  e'  misurata  dall'entita'
complessiva degli importi incassati piuttosto che  dal  numero  degli
apparecchi riferibili a ciascun soggetto. 
    La norma censurata contrasterebbe altresi' con  il  principio  di
uguaglianza in quanto, posto  che  il  riferimento  al  numero  degli
apparecchi non  e'  indicativo  del  reddito  conseguito  da  ciascun
concessionario, la ripartizione della  riduzione  dei  compensi  puo'
andare a beneficio degli operatori i  cui  apparecchi  registrano  un
maggior volume di giocate e  a  detrimento  degli  operatori  che  ne
registrano di meno.  Si  tratterebbe,  pertanto,  di  una  previsione
normativa che viola i canoni di ragionevolezza e di uguaglianza nella
presunzione che ciascun apparecchio abbia la stessa potenzialita'  di
reddito, la' dove quest'ultima dipende, invece, da una  molteplicita'
di  fattori,  quali  la  differenza  tra  AWP  e  VLT,   nonche'   la
collocazione territoriale degli apparecchi. 
    La disposizione censurata,  inoltre,  si  porrebbe  in  contrasto
anche con l'art. 41 Cost.  che  sancisce  il  principio  di  liberta'
dell'iniziativa economica privata. 
    Al riguardo il collegio rimettente rileva che, qualora si  tratti
di soggetti privati che,  nell'intraprendere  attivita'  di  impresa,
sostengono consistenti investimenti, la legittima aspettativa ad  una
certa stabilita' nel tempo  del  rapporto  concessorio  gode  di  una
particolare tutela costituzionale riconducibile non solo  all'art.  3
Cost., ma anche all'art. 41 Cost. 
    Parimenti  irragionevole  e  lesiva  della   liberta'   economica
dell'impresa sono - secondo il  TAR  -  le  previsioni  di  cui  alle
lettere a) e c) del censurato comma 649 dell'art. 1  della  legge  di
stabilita' per il 2015 (n. 190 del 2014). 
    In  particolare,  per  quanto  concerne   i   concessionari,   il
meccanismo imposto dal legislatore,  di  inversione  del  flusso  dei
pagamenti, aumenta il rischio, cui sono esposti i concessionari,  per
il  mancato  adempimento  delle  obbligazioni  gravanti  sugli  altri
operatori della filiera, senza che tale inadempimento  faccia  venire
meno l'obbligo dei  concessionari  medesimi  di  versare  allo  Stato
l'importo concernente  l'intera  filiera.  Inoltre,  le  disposizioni
della norma  censurata  sono  idonee  a  riflettersi  sulla  liberta'
contrattuale anche  dei  gestori,  in  quanto  l'imposizione  di  una
negoziazione dei contratti appare incompatibile con  l'incomprimibile
autonomia delle parti di pervenire solo eventualmente ad un  nuovo  e
diverso accordo negoziale. Il TAR rimettente  osserva,  ancora,  come
l'irragionevolezza delle disposizioni censurate  e  la  lesivita'  da
parte  delle  stesse  del  principio  di   liberta'   dell'iniziativa
economica privata sia ancora  piu'  evidente  dal  momento  che,  per
effetto del nuovo meccanismo disegnato dalla norma, l'erogazione  del
compenso ai  gestori,  a  differenza  che  per  i  concessionari,  e'
rinviata  nel  tempo  ed  e'  subordinata  alla  sottoscrizione   dei
contratti rinegoziati con gli stessi. 
    3.- Si sono costituite nei giudizi  di  costituzionalita'  alcune
delle parti dei giudizi a quibus,  sia  concessionari,  sia  gestori,
insistendo, con argomentazioni che si sovrappongono a quelle del TAR,
per  la  dichiarazione   di   illegittimita'   costituzionale   della
disposizione censurata. 
    4.- E' intervenuto in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che, in via preliminare, ha chiesto a questa Corte di disporre
la restituzione degli atti ai  giudici  a  quibus  in  considerazione
dello ius superveniens, costituito dell'art.  1,  commi  920  e  921,
della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita'  2016)».  In  via  subordinata  ha   chiesto   dichiararsi
l'inammissibilita' o la non fondatezza delle questioni. 
    In particolare, la difesa dello Stato osserva come sia mutato  il
quadro normativo a seguito dell'art. 1 citato, il quale, con il comma
920,  ha  abrogato  la  disposizione  censurata  cosi',   di   fatto,
limitandone l'efficacia all'anno  2015,  e,  con  il  comma  921,  ha
dettato una norma di  interpretazione  autentica  della  disposizione
censurata.  La  norma  sopravvenuta  prevede  che  la  riduzione  del
compenso si applichi a ciascun  operatore  della  filiera  in  misura
proporzionale  alla  sua  partecipazione   alla   distribuzione   del
compenso, sulla base dei relativi accordi contrattuali, tenuto  conto
della loro durata nell'anno 2015.  Si  tratterebbe,  dunque,  di  una
modifica  incidente  sulla   prospettazione   delle   doglianze   del
rimettente. 
    5.-  Le  parti  private  costituite  hanno   depositato   memorie
sostenendo  in  particolare   che,   pur   dopo   l'intervenuto   ius
superveniens, permarrebbero la rilevanza delle  questioni  nonche'  i
dubbi di legittimita' costituzionale espressi dal TAR. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ventidue ordinanze di analogo tenore, sopra  indicate  ed
emesse tra il 17 novembre  ed  il  16  dicembre  2015,  il  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio ha sollevato, in riferimento  agli
artt.  3  e  41  della  Costituzione,   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge 23 dicembre  2014,
n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (legge di stabilita'  2015)»;  disposizione
questa che testualmente prevede: «A fini di concorso al miglioramento
degli obiettivi di finanza  pubblica  e  in  anticipazione  del  piu'
organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai
concessionari e agli altri operatori  di  filiera  nell'ambito  delle
reti di raccolta del gioco  per  conto  dello  Stato,  in  attuazione
dell'articolo 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014,  n.
23, e' stabilita in 500 milioni di euro su base annua la riduzione, a
decorrere dall'anno 2015, delle risorse  statali  a  disposizione,  a
titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo  le
rispettive competenze, operano nella gestione e  raccolta  del  gioco
praticato mediante apparecchi di cui all'articolo 110, comma  6,  del
testo unico  di  cui  al  regio  decreto  18  giugno  1931,  n.  773.
Conseguentemente, dal 1° gennaio 2015: 
    a)  ai  concessionari  e'  versato  dagli  operatori  di  filiera
l'intero ammontare della raccolta  del  gioco  praticato  mediante  i
predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate.  I  concessionari
comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli
operatori di filiera che non effettuano  tale  versamento,  anche  ai
fini dell'eventuale  successiva  denuncia  all'autorita'  giudiziaria
competente; 
    b) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche  loro
attribuite, in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a
titolo di imposte ed altri oneri  dovuti  a  legislazione  vigente  e
sulla  base  delle  convenzioni  di  concessione,  versano   altresi'
annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e
di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota proporzionale al numero di
apparecchi ad essi riferibili alla data del  31  dicembre  2014.  Con
provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli,
adottato  entro  il  15  gennaio  2015,  previa  ricognizione,   sono
stabiliti il numero degli apparecchi di cui all'articolo  110,  comma
6, lettere a) e b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno
1931,  n.  773,  riferibili  a  ciascun  concessionario,  nonche'  le
modalita' di effettuazione del versamento. Con analogo  provvedimento
si  provvede,  a   decorrere   dall'anno   2016,   previa   periodica
ricognizione, all'eventuale  modificazione  del  predetto  numero  di
apparecchi; 
    c) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche  loro
attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le  somme
residue, disponibili per aggi e  compensi,  rinegoziando  i  relativi
contratti e versando gli aggi  e  compensi  dovuti  esclusivamente  a
fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati.». 
    Il TAR rimettente  riferisce  di  essere  investito  da  distinti
ricorsi promossi sia dai  concessionari  del  gioco  lecito,  sia  da
gestori operanti per i concessionari, contro l'Agenzia delle dogane e
dei monopoli (ADM) e il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,
aventi ad oggetto  l'annullamento  del  provvedimento  del  Direttore
dell'Agenzia  prot.  4076/RU  del  15   gennaio   2015,   emesso   in
applicazione del censurato art. 1, comma 649, della legge n. 190  del
2014, e con il quale e' stata  operata  la  ricognizione  del  numero
degli apparecchi di cui all'art. 110, sesto comma, lettere a)  e  b),
del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, recante  «Approvazione  del
testo unico delle leggi di pubblica  sicurezza»  (di  seguito  anche:
TULPS), riferibili a ciascun concessionario alla data del 31 dicembre
2014, nonche' la quota parte del versamento dell'importo  di  cui  al
citato  art.  1,  comma  649,  lettera   b),   dovuto   dai   singoli
concessionari in misura proporzionale al numero  degli  apparecchi  a
ciascuno di essi  riferibili  e  per  l'importo  complessivo  di  500
milioni di euro. 
    Le controversie riguardano il gioco  lecito  praticato  ai  sensi
dell'art.  110,  sesto  comma,  lettere  a)  e  b),  del  TULPS,   in
riferimento al quale sono selezionati mediante procedure ad  evidenza
pubblica i soggetti cui affidare in concessione  la  realizzazione  e
conduzione della rete per la gestione telematica del  gioco  mediante
apparecchi del tipo Amusement  with  prizes  (AWP)  e  Video  lottery
terminal (VLT). 
    2.- Il TAR rimettente ritiene che la  disposizione  censurata  si
ponga in contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  sotto  il  profilo  della
violazione del principio  di  ragionevolezza  per  contraddittorieta'
intrinseca della disposizione, in quanto l'intervento  legislativo  -
avvenuto in dichiarata anticipazione del piu' organico riordino della
misura degli aggi e dei compensi spettanti ai  concessionari  e  agli
altri operatori di filiera, nell'ambito della rete  di  raccolta  del
gioco per conto dello Stato, ed in attuazione dell'art. 14, comma  2,
lettera g), della legge 11 marzo  2014,  n.  23  (Delega  al  Governo
recante disposizioni per un sistema fiscale piu' equo, trasparente  e
orientato alla crescita), che prevede  la  «revisione  degli  aggi  e
compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori secondo un
criterio  di  progressivita'  legata  ai  volumi  di  raccolta  delle
giocate» - ha stabilito la riduzione delle risorse statali  a  titolo
di  compenso,  in  «quota  proporzionale  al  numero  di   apparecchi
riferibili [ai concessionari] alla data del 31 dicembre 2014»; in tal
modo ha ancorato il criterio di ripartizione dei compensi ad un  dato
fisso, qual e'  il  numero  degli  apparecchi  riferibili  a  ciascun
concessionario al  31  dicembre  2014,  o  in  sede  di  ricognizione
successiva, e non piuttosto ad un dato di flusso, quale i  volumi  di
raccolta delle giocate. 
    Inoltre la disposizione censurata violerebbe l'art. 3  Cost.,  ed
in particolare il principio di uguaglianza e  di  ragionevolezza,  in
quanto, posto che il riferimento al numero degli  apparecchi  non  e'
indicativo  del  reddito  conseguito   da   ciascun   concessionario,
l'intervento del legislatore presume, irragionevolmente, che  ciascun
apparecchio abbia  la  stessa  potenzialita'  di  reddito,  la'  dove
quest'ultima dipende, invece, da una  molteplicita'  di  fattori.  La
irragionevole ripartizione del versamento  imposto  ai  concessionari
puo' - secondo il TAR -  produrre  un'alterazione  del  libero  gioco
della concorrenza tra gli stessi, favorendo quelli che in presenza di
una redditivita' superiore per  singolo  apparecchio,  si  trovano  a
versare, in proporzione al volume di  giocate  raccolte,  un  importo
minore, per cui possono destinare maggiori risorse agli investimenti,
nonche' gli operatori del settore  dei  giochi  pubblici  diversi  da
quelli contemplati dalle lettere a) e b) dell'art. 110 del TULPS. 
    Altresi' la disposizione censurata contrasterebbe con  l'art.  41
Cost., sotto il profilo della violazione del  principio  di  liberta'
dell'iniziativa  economica   privata.   I   soggetti   privati   che,
nell'intraprendere l'attivita'  di  impresa,  sostengono  consistenti
investimenti, devono vedere tutelata la legittima aspettativa ad  una
certa stabilita' nel tempo del rapporto concessorio. 
    Osserva ancora  il  rimettente  che  il  previsto  meccanismo  di
inversione dei flussi di  pagamenti  aumenta  il  rischio,  cui  sono
esposti i concessionari, del mancato adempimento  delle  obbligazioni
gravanti sugli altri operatori  della  filiera,  senza  che  da  tale
mancato  adempimento  derivi   il   venir   meno   dell'obbligo   dei
concessionari di versare allo Stato l'importo di 500 milioni di  euro
concernente l'intera filiera. 
    Infine, con specifico riferimento ai gestori, il  TAR  del  Lazio
ritiene che la disposizione censurata violi gli artt. 3 e  41  Cost.,
sotto il profilo del mancato rispetto del principio di ragionevolezza
e  di  liberta'  dell'iniziativa  economica,  in  quanto   il   nuovo
meccanismo  disegnato  dalla  norma  comporta  che  l'erogazione  del
compenso ai gestori,  a  differenza  che  per  i  concessionari,  sia
rinviata  nel  tempo  e  sia  subordinata  alla  sottoscrizione   dei
contratti   rinegoziati    con    gli    stessi.    Inoltre    impone
autoritativamente a detti  gestori,  in  posizione  di  minore  forza
contrattuale rispetto ai concessionari esercenti pubbliche  funzioni,
di rinegoziare i contratti e,  in  caso  di  mancata  rinegoziazione,
prevede che nessun compenso  possa  essere  loro  erogato,  anche  se
maturato nella vigenza di un precedente contratto di diritto privato. 
    3.-  I  suddetti  vari  giudizi  incidentali  vanno  riuniti  per
connessione oggettiva  e  soggettiva,  atteso  che  le  ordinanze  di
rimessione  investono   la   stessa   disposizione,   censurata   con
argomentazioni sovrapponibili. 
    4.- Quanto all'ammissibilita'  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale deve considerarsi che il TAR rimettente e' chiamato  a
decidere  della  legittimita'  del  menzionato  decreto  direttoriale
dell'AMD  sul  presupposto  della  sussistenza  di   una   situazione
giuridica tutelata non solo dei concessionari, ma anche dei  gestori.
La valutazione di rilevanza operata dal TAR  e'  plausibile  perche',
anche se il decreto impugnato riguarda direttamente solo la posizione
dei concessionari, i gestori sono anch'essi  interessati  atteso  che
l'onere, come ripartito tra i concessionari, non puo' non riflettersi
sui gestori in sede di rinegoziazione. 
    La  disposizione  censurata  e'  costituisce  il   parametro   di
legittimita' dell'atto impugnato e quindi certamente il TAR  ne  deve
fare applicazione. 
    Inoltre il mancato esame di altri motivi  di  illegittimita'  del
provvedimento impugnato, indicati nei distinti  ricorsi  introduttivi
dei giudizi innanzi al TAR,  non  e'  preclusivo  dell'ammissibilita'
della questione. Nel giudizio di costituzionalita' non e' sindacabile
l'ordine  logico  secondo  il  quale  il   rimettente   reputa,   con
motivazione non implausibile, di affrontare le varie  questioni  o  i
motivi di ricorso portati al suo esame (sentenza n. 132 del 2015). 
    Sussiste  quindi  la  rilevanza  delle  sollevate  questioni   di
legittimita' costituzionale. 
    Altresi' la non manifesta infondatezza dei dubbi di  legittimita'
costituzionale e' motivata diffusamente, nonche'  con  riferimento  a
tutto il censurato  comma  649:  quindi  sia  alla  lettera  a),  che
riguarda gestori ed esercenti, sia alla lettera b),  che  riguarda  i
concessionari, sia alla lettera c), che prevede  un  obbligo  per  il
concessionario di rinegoziazione degli accordi contrattuali,  ma  che
ovviamente riguarda anche gli operatori della filiera  con  cui  tale
rinegoziazione dovrebbe aver luogo. 
    5.- Successivamente alle ordinanze di rimessione e'  sopravvenuta
una  nuova  disposizione  dichiaratamente  interpretativa  di  quella
censurata dal TAR. 
    In particolare, l'art. 1 della legge 28 dicembre  2015,  n.  208,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)» prevede, al comma
920, che «[i]l comma 649 dell'articolo  1  della  legge  23  dicembre
2014, n. 190,  e'  abrogato»,  sicche'  il  meccanismo  del  prelievo
forzoso di 500 milioni di euro, secondo i criteri del censurato comma
649,  cessa  di  operare  per  il  2016  ed  e'  destinato  ad  avere
applicazione solo per l'anno 2015. 
    Il successivo comma 921 del citato art. 1 della legge n. 208  del
2015 prevede che: «Il  comma  649  dell'articolo  1  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190, si interpreta nel senso che  la  riduzione  su
base  annua  delle  risorse  statali  a  disposizione,  a  titolo  di
compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive
competenze, operano nella gestione e  raccolta  del  gioco  praticato
mediante apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico
di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, si applica a  ciascun
operatore  della   filiera   in   misura   proporzionale   alla   sua
partecipazione  alla  distribuzione  del  compenso,  sulla  base  dei
relativi  accordi  contrattuali,  tenuto  conto  della  loro   durata
nell'anno 2015». 
    6.- In  ordine  all'incidenza  di  tale  ius  superveniens  sulle
questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal TAR del Lazio,
le posizioni delle parti e dell'interveniente divergono. 
    L'Avvocatura dello Stato ritiene che la sopravvenuta disposizione
modifichi il complessivo quadro normativo di riferimento  e  richieda
una  nuova  valutazione  della  rilevanza  e  della   non   manifesta
infondatezza delle questioni ad  opera  del  giudice  rimettente  con
conseguente necessita' di restituzione degli atti a  quest'ultimo  in
tutti i giudizi. 
    Al  contrario  le  parti  private  sostengono  che  i  dubbi   di
legittimita' costituzionale permangono, nella sostanza, non avendo la
nuova disposizione modificato  il  nucleo  essenziale  della  portata
della disposizione censurata, sicche' la perdurante rilevanza  e  non
manifesta  infondatezza  delle  questioni   sollevate   dal   giudice
rimettente puo' essere apprezzata dalla Corte,  senza  che  gli  atti
siano restituiti a  quest'ultimo,  ne'  nei  giudizi  promossi  dalle
societa' concessionarie, ne' in  quelli  che  vedono  come  originari
ricorrenti alcuni gestori. 
    7.- Orbene, deve considerarsi che in  generale,  non  ogni  nuova
disposizione che modifichi, integri  o  comunque  possa  incidere  su
quella oggetto del giudizio incidentale di costituzionalita' richiede
una nuova valutazione della perdurante sussistenza dei presupposti di
ammissibilita' della questione e segnatamente della sua  rilevanza  e
della  non  manifesta  infondatezza   dei   dubbi   di   legittimita'
costituzionale espressi dal giudice rimettente. 
    Puo' infatti questa Corte  ritenere  essa  stessa  che  la  nuova
disposizione non alteri affatto la norma censurata quanto alla  parte
oggetto delle censure di legittimita' costituzionale, oppure  che  la
modifichi in aspetti marginali o in misura non significativa, si' che
permangono le  valutazioni  del  giudice  rimettente  in  termini  di
rilevanza e non manifesta infondatezza della questione. Si e' infatti
talora affermato (sentenza n. 203 del 2016) che «la novella  presenta
un'incidenza   solo   parziale   sulla   disposizione    della    cui
costituzionalita' si dubita» e si e' quindi ritenuto che essa «non e'
comunque idonea a mutare i termini  della  questione  cosi'  come  e'
stata  posta  dal  giudice  a  quo»;  talche'  e'  stata  esclusa  la
necessita' di restituzione degli atti al giudice rimettente. 
    Ove invece la nuova disposizione abbia  un  impatto  maggiore  in
termini di  incidenza  sulla  portata  normativa  della  disposizione
censurata, si' da integrarla, modificarla o  finanche  abrogarla,  in
tutto o in parte, si impone la restituzione  degli  atti  al  giudice
rimettente  perche'  rivaluti   i   presupposti   dell'incidente   di
costituzionalita'. 
    Se poi in particolare la nuova disposizione non vale  a  revocare
in  dubbio  la  rilevanza  della  questione,  ritenuta  dal   giudice
rimettente, nel senso che essa comunque permane, si ha allora che  la
possibile incidenza dello ius superveniens va valutata essenzialmente
con riferimento all'altro presupposto  del  giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale,  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione. 
    Ed e' proprio cio' che accade nei presenti  giudizi  giacche'  la
rilevanza  della  questione  permane  invariata,  come  correttamente
deducono le  difese  delle  parti:  il  giudice  rimettente,  che  ha
motivato il presupposto della rilevanza con  la  necessita'  di  fare
applicazione della disposizione indubbiata  al  fine  di  decidere  i
plurimi ricorsi (di concessionari e di gestori),  per  accoglierli  o
rigettarli,  dovra'  non  di  meno  fare  applicazione  della  stessa
disposizione anche dopo l'introduzione dello ius superveniens. Invece
la nuova disposizione - l'art. 1, commi 920 e  921,  della  legge  di
stabilita' per il 2016 - incide sull'altro presupposto dell'incidente
di  costituzionalita',  nel  senso  che  attiene  proprio  alla   non
manifesta  infondatezza  della  questione,   ritenuta   dal   giudice
rimettente. 
    8.- A tal fine rileva in generale - affinche' si possa procedere,
nell'immediato,  al  controllo  di  costituzionalita'  piuttosto  che
restituire gli atti al giudice rimettente -  non  solo  il  contenuto
della nuova disposizione, ove  in  ipotesi  modellato  sul  principio
tempus regit actum, ma anche il  verso  della  sua  incidenza.  Ossia
persiste, sotto questo profilo, la condizione di  ammissibilita'  del
giudizio incidentale non solo ove la nuova disposizione  non  escluda
l'applicazione, ratione temporis, della  disposizione  censurata  (ex
plurimis, sentenza n. 257 del 2017), ma anche ove la prima incida  su
quest'ultima  nel  senso  di  aggravarne   i   denunciati   vizi   di
legittimita' costituzionale  (sentenza  n.  33  del  2018,  che,  per
escludere la  restituzione  degli  atti  al  giudice  rimettente,  ha
rilevato  che  «[l]e  innovazioni  si  muovono  [...]  in   direzione
antitetica  rispetto  all'intervento  auspicato   dall'ordinanza   di
rimessione»). In questa evenienza - ove la non manifesta infondatezza
della questione di  costituzionalita',  quale  ritenuta  dal  giudice
rimettente, permanga nel suo nucleo essenziale - puo'  essere  questa
stessa  Corte  a  valutare  il  novum  normativo  per  verificare  la
persistente sussistenza di  tale  condizione  di  ammissibilita'  del
giudizio incidentale. 
    Quando invece, nei giudizi in via incidentale,  l'intervento  del
legislatore e' orientato nella  stessa  direzione  dell'ordinanza  di
rimessione, con l'effetto di ridimensionare  o  finanche  emendare  i
vizi  di   legittimita'   costituzionale   denunciati   dal   giudice
rimettente, deve di norma  essere  investito  il  giudice  rimettente
perche' rivaluti il presupposto dell'incidente di  costituzionalita',
costituito  dalla  non  manifesta   infondatezza   della   questione.
Parimenti questa Corte (sentenza n. 43 del 2018) ha ritenuto di dover
restituire gli atti al giudice rimettente -  con  sentenza  piuttosto
che  con  ordinanza  -  in  un  caso  in  cui  sulla  non   manifesta
infondatezza della sollevata censura  di  costituzionalita'  incideva
una sopravvenuta pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo,
orientata nel senso di  ridimensionare  un  vincolo  derivante  dalla
normativa convenzionale sovranazionale,  allegato  dall'ordinanza  di
rimessione   a   fondamento   delle   censure    di    illegittimita'
costituzionale. 
    9.- Cio' premesso in generale, venendo ora ai giudizi  in  esame,
e' vero che il nucleo  essenziale  della  disposizione  censurata  e'
rimasto invariato: il prelievo forzoso in favore dell'ADM per  l'anno
2015 rimane tal quale nell' an e  nel  quantum.  Immutata  e'  questa
provvista straordinaria in favore dell'erario; cio' che sembra essere
al fondo dell'interesse delle parti costituite nel presente  giudizio
di costituzionalita' ad una  immediata  decisione  di  questa  Corte,
senza restituzione degli atti al giudice rimettente. Va osservato che
motivatamente  e  non  implausibilmente  il  TAR  -  richiamando  una
pronuncia di questa Corte (sentenza n. 56 del 2015) che ha riguardato
altro precedente aggravamento, introdotto con una disposizione  della
legge di stabilita' per il 2011, degli obblighi dei concessionari del
gioco lecito - ritiene che la disposizione censurata resista al  test
di proporzionalita' di questo onere aggiuntivo, originariamente posto
a carico  solo  delle  societa'  concessionarie,  e  che  non  alteri
irrimediabilmente i  piani  economici  dell'attivita'  aziendale.  Si
tratterebbe di una  sorta  di  sovraccanone  dell'onere  concessorio,
ritenuto - dal TAR - non incompatibile con i  conti  economici  delle
societa' concessionarie, i quali sono stati presi in considerazione e
valutati con riferimento ai due anni precedenti a quello al quale  si
riferisce il prelievo forzoso. Sicche' la circostanza che il prelievo
forzoso sia rimasto invariato - nello stesso importo di  500  milioni
di euro - non rileva affatto al fine della  persistenza,  o  no,  dei
presupposti della questione di  legittimita'  costituzionale  per  la
semplice, ma decisiva, ragione che  l'an  ed  il  quantum  di  questa
prestazione obbligatoria non rientrano nell'oggetto  della  sollevata
questione di legittimita' costituzionale, cosi' come  delimitato  dal
TAR rimettente. Il quale ha invece appuntato le sue  plurime  censure
sul   riparto   di   quest'onere   economico   aggiuntivo,   gravante
originariamente solo sulle (tredici) societa' concessionarie  e  solo
indirettamente sugli altri operatori della filiera del gioco lecito. 
    Diventa allora decisivo che la nuova disposizione (art. 1,  commi
920 e 921, legge n. 208 del 2015) si muova nella stessa direzione del
proprium delle censure denunciate dal TAR e potrebbe risultare idonea
-  nell'apprezzamento   riservato   al   giudice   rimettente   -   a
ridimensionare  la  denunciata  illegittimita'   della   disposizione
originaria, si' da rendere indispensabile una nuova  valutazione  del
presupposto  della  non  manifesta   infondatezza   della   sollevata
questione di legittimita' costituzionale. 
    10.- Rileva infatti la circostanza  -  su  cui  si  appuntano  le
censure del TAR del Lazio - che secondo  la  disposizione  censurata,
nella sua originaria formulazione, il prelievo forzoso e' posto  solo
a carico  delle  societa'  concessionarie  sulla  base  del  criterio
costituito dal numero degli apparecchi da gioco lecito  riferibili  a
ciascuna societa', poi oggetto di  ricognizione,  concessionario  per
concessionario, ad opera del decreto del direttore dell'ADM impugnato
innanzi al TAR; criterio criticato dal giudice rimettente sotto  vari
profili, in particolare per la sua irragionevolezza ed  incoerenza  e
per la conseguente disparita' di trattamento cui darebbe  luogo.  Non
e' invece disciplinata in  alcun  modo,  ne'  in  alcuna  misura,  la
traslazione di quest'onere  economico  sugli  altri  operatori  della
filiera  del  gioco   lecito,   che   infatti   l'impugnato   decreto
direttoriale non prende  in  considerazione,  ma  e'  approntato,  in
favore delle societa'  concessionarie,  un  meccanismo  di  pressione
indiretta, tanto radicale quanto invasivo - secondo il  TAR  -  degli
accordi contrattuali tra concessionari  ed  operatori  della  filiera
(con conseguente sospetta violazione soprattutto dell'art.  41  Cost.
sulla tutela  dell'iniziativa  economica  privata):  i  quali  ultimi
(gestori  ed  esercenti)  sono   stati   obbligati   a   versare   ai
concessionari tutto il ricavato del gioco lecito da essi attivato, al
netto delle vincite erogate ai  giocatori  e  del  prelievo  erariale
unico (PREU), ma senza piu' la possibilita' di trattenere il compenso
pattuito,  cosi'  invertendo  il   flusso   dei   pagamenti   e   del
finanziamento  dell'attivita'  d'impresa,  salva   una   non   meglio
precisata rinegoziazione degli accordi. 
    Orbene, lo ius superveniens interviene proprio su questo  assetto
normativo, innanzi tutto abrogandolo, con effetto ex nunc, sicche' la
disposizione censurata  finisce  per  trovare  applicazione,  ratione
temporis, per un solo anno (2015). 
    Inoltre il legislatore interviene anche sulla norma censurata con
una disposizione  definita  interpretativa  e  quindi  da  intendersi
qualificata come di interpretazione autentica. Ma quale  che  sia  la
sua natura - che sara' valutata dal giudice rimettente - certo e' che
l'onere  del  prelievo  forzoso  non  e'  piu'  a  carico  solo   dei
concessionari, ma grava su tutti  gli  operatori  della  filiera  del
gioco lecito e quindi  anche  su  esercenti  e  gestori.  Inoltre  il
criterio di riparto di tale onere e' basato non solo sul numero degli
apparecchi riferibili ai concessionari, ma anche sulla partecipazione
alla distribuzione del compenso  cui  ha  diritto  ciascun  operatore
della filiera secondo i relativi accordi contrattuali. 
    Ed allora il verso dell'intervento del legislatore,  nella  legge
di stabilita' per il 2016,  e'  chiaramente  orientato  nello  stesso
senso dell'ordinanza del TAR. Infatti, secondo una diversa scelta  di
politica economica, il legislatore  ha  desistito  dall'assegnare  al
prelievo forzoso a carico  dei  concessionari  la  stabilita'  di  un
istituto a regime, valido anche per  gli  anni  successivi  al  2015,
optando invece, a partire dal 1° gennaio 2016,  per  un  inasprimento
dell'imposizione fiscale costituita dal PREU sulle giocate al fine di
compensare il mancato introito del  prelievo  forzoso  per  gli  anni
successivi  al  2015.  Ha  poi   modificato   profondamente   -   con
disposizione sia essa a carattere di interpretazione  autentica,  sia
in realta'  innovativa  con  efficacia  retroattiva  -  il  contenuto
precettivo della disposizione censurata. Il prelievo forzoso  non  e'
piu' solo a carico  dei  concessionari,  ma  «si  applica  a  ciascun
operatore  della  filiera»,  e  per  essi  il  criterio  di   riparto
dell'onere economico aggiuntivo e' fissato direttamente  dalla  legge
(e non piu'  affidato  ad  un'incerta  rinegoziazione  degli  accordi
contrattuali) in misura proporzionale alla partecipazione di  ciascun
operatore della filiera a valle dei concessionari (ossia esercenti  e
gestori) alla distribuzione del  compenso  sulla  base  dei  relativi
accordi  contrattuali  quanto  all'anno  2015.  Non  essendoci   piu'
necessita' di disciplinare la traslazione  dell'onere  economico  dai
concessionari ai gestori e agli esercenti, perche' su di  essi  posto
direttamente dalla legge in misura  precisa,  in  quanto  determinata
sulla base di un dato fattuale "storico"  (atteso  che  rilevano,  in
chiave retrospettiva,  i  compensi  spettanti  per  l'attivita'  gia'
svolta dagli operatori della filiera nel corso del  2015  e  previsti
dagli accordi contrattuali), la nuova  disposizione  della  legge  di
stabilita' del 2015 non menziona l'obbligo per gestori  ed  esercenti
di riversare ai concessionari il ricavato delle giocate,  comprensivo
del compenso loro spettante sulla base  degli  accordi  contrattuali.
Valutera' il giudice rimettente se in questa  parte  la  disposizione
censurata non debba ritenersi abrogata ex tunc  per  incompatibilita'
con la nuova disposizione (art. 15 delle disposizioni preliminari  al
codice civile). 
    11.- In conclusione, in  questa  situazione  cosi'  profondamente
modificata  in  melius  -  sia  per  i  concessionari,   inizialmente
obbligati (dalla disposizione censurata) essi soli  per  l'intero  ed
ora (in forza della disposizione sopravvenuta) obbligati unitamente a
tutti gli altri operatori della filiera, tenuti anch'essi  in  misura
proporzionale ai compensi contrattuali del 2015; sia per  gestori  ed
esercenti, inizialmente tenuti a riversare  l'intero  ricavato  delle
giocate, senza possibilita' di trattenere il compenso loro spettante,
ed ora obbligati  anch'essi,  ma  solo  in  misura  proporzionale  ai
compensi contrattuali del 2015 - e' mutato, di conseguenza, anche  il
presupposto della  non  manifesta  infondatezza  delle  questioni  di
costituzionalita', sicche' si impone la restituzione  degli  atti  al
giudice rimettente per valutare, in tutti  i  giudizi  a  quibus,  se
permangano, o no, ed eventualmente  in  quali  termini,  i  dubbi  di
legittimita' costituzionale originariamente  espressi  nell'ordinanza
di rimessione. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    ordina la restituzione degli  atti  al  Tribunale  amministrativo
regionale del Lazio. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 maggio 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Giovanni AMOROSO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA