N. 159 SENTENZA 22 maggio - 17 luglio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Sanita' pubblica - Incarichi  di  direttore  generale  delle  Aziende
  sanitarie  regionali  -  Procedure  di  nomina,  nelle  more  della
  modifica legislativa a seguito della sentenza n. 251 del 2016 della
  Corte costituzionale - Conferma, sino alla naturale scadenza, degli
  incarichi in atto - Divieto di  nuove  nomine  con  ricorso  ad  un
  commissario ad acta, ove non ricorra l'incarico ordinario. 
- Legge  della  Regione  Siciliana  1°  marzo  2017,  n.  4  (Proroga
  dell'esercizio provvisorio per l'anno 2017 e istituzione del  Fondo
  regionale per la disabilita'. Norme urgenti  per  le  procedure  di
  nomina nel settore sanitario regionale), art. 3. 
-   
(GU n.30 del 25-7-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della
legge  della  Regione  Siciliana  1°  marzo  2017,  n.   4   (Proroga
dell'esercizio provvisorio per l'anno 2017 e  istituzione  del  Fondo
regionale per la disabilita'.  Norme  urgenti  per  le  procedure  di
nomina nel settore sanitario regionale), promosso dal Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato  il  2-5  maggio  2017,
depositato il successivo  8  maggio  2017,  iscritto  al  n.  38  del
registro ricorsi 2017 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica, prima serie speciale, n. 23 dell'anno 2017. 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  22  maggio  2018  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    udito l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 2-5 maggio  2017  e  depositato  il
successivo 8 maggio 2017 (r.r. n. 38 del  2017),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato  questioni  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 3 della legge  della  Regione  Siciliana  1°
marzo 2017, n. 4 (Proroga dell'esercizio provvisorio per l'anno  2017
e istituzione del Fondo regionale per la disabilita'.  Norme  urgenti
per le procedure di  nomina  nel  settore  sanitario  regionale),  in
riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della  Costituzione,
nonche' all'art. 17, lettere b) e c) del regio decreto legislativo 15
maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello  statuto  della  Regione
siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.
2. 
    La norma impugnata interviene in materia di nomine dei  direttori
generali  sanitari  regionali,  statuendo  che  «[n]elle  more  della
modifica  legislativa  discendente   dalla   sentenza   della   Corte
Costituzionale n. 251 del 2016 e considerato il mancato aggiornamento
dell'elenco  regionale  secondo   quanto   previsto   dal   comma   3
dell'articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.  502
e successive modifiche ed integrazioni al  fine  di  evitare  liti  e
contenziosi,  gli  incarichi  di  direttore  generale  delle  Aziende
sanitarie provinciali, delle  Aziende  ospedaliere  e  delle  Aziende
ospedaliere universitarie  della  Regione  attualmente  vigenti  sono
confermati sino  alla  naturale  scadenza  ed  e'  fatto  divieto  di
procedere a nuove nomine, ove non  ricorra  l'incarico  ordinario  si
procede alla nomina  di  commissario  ai  sensi  di  quanto  disposto
dall'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502/1992 e  successive
modifiche  ed  integrazioni.  Resta   confermato   quanto   stabilito
dall'articolo l della legge regionale 2 agosto 2012, n. 43». 
    1.1.- Secondo il ricorrente, tale  disposizione,  nell'introdurre
un regime speciale e transitorio per  i  casi  di  naturale  scadenza
degli  incarichi  di  direttore  generale  delle  aziende   sanitarie
regionali, articolato sul divieto di nuove  nomine,  da  un  lato,  e
sulla nomina di un commissario ad acta, dall'altro - senza  prevedere
ne' i requisiti necessari per accedere all'incarico, ne' le procedure
da seguire per pervenire a tali nomine, ne'  i  relativi  termini  di
decadenza - contrasterebbe  con  i  principi  fondamentali  stabiliti
dalla legislazione  statale  in  materia  di  dirigenza  sanitaria  -
direttamente riconducibile, per  il  ricorrente,  alla  tutela  della
salute - come fissati dagli art. 11, comma 1, lettera p), della legge
7  agosto  2015,  n.  124  (Deleghe  al   Governo   in   materia   di
riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), dagli artt. 1,  2,
5 e 9  del  decreto  legislativo  4  agosto  2016,  n.  171,  recante
«Attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera  p)
della  legge  7  agosto  2015,  n.  124,  in  materia  di   dirigenza
sanitaria»,  nonche'  dall'art.  3-bis  del  decreto  legislativo  30
dicembre  1992,  n.  502  (Riordino  della  disciplina   in   materia
sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23  ottobre  1992,  n.
421), in base ai quali la nomina di  dette  figure,  da  parte  delle
Regioni, deve necessariamente ed obbligatoriamente avvenire  mediante
ricorso ad elenchi di idonei a tal fine predisposti. 
    2.-  Il  ricorrente  illustra  le  profonde  riforme  che   hanno
interessato la dirigenza sanitaria nel  quadro  della  piu'  generale
riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche ed in linea  con  il
disegno di progressivo affrancamento dei vertici dell'amministrazione
dai  condizionamenti  di  carattere  politico,  gia'  perseguito  dal
decreto-legge 13 settembre 2012, n.  158  (Disposizioni  urgenti  per
promuovere lo sviluppo del Paese mediante un  piu'  alto  livello  di
tutela della salute),  convertito,  con  modificazioni,  in  legge  8
novembre 2012, n. 189. 
    2.1.- Il legislatore infatti, con la  legge  delega  n.  124  del
2015, ha stabilito,  per  la  nomina  dei  direttori  generali  delle
aziende  sanitarie,  i  seguenti  principi  fondamentali   ai   sensi
dell'art. 117 Cost.:  «selezione  unica  per  titoli,  previo  avviso
pubblico, dei direttori generali  in  possesso  di  specifici  titoli
formativi e professionali e di  comprovata  esperienza  dirigenziale,
effettuata  da  parte   di   una   commissione   nazionale   composta
pariteticamente da rappresentanti dello Stato e  delle  regioni,  per
l'inserimento in un elenco nazionale degli idonei istituito presso il
Ministero della salute, aggiornato con cadenza biennale,  da  cui  le
regioni e le province autonome devono attingere per  il  conferimento
dei relativi incarichi da  effettuare  nell'ambito  di  una  rosa  di
candidati costituita da coloro che, iscritti  nell'elenco  nazionale,
manifestano l'interesse  all'incarico  da  ricoprire,  previo  avviso
della singola regione o provincia autonoma  che  procede  secondo  le
modalita' del citato articolo 3-bis del decreto  legislativo  n.  502
del 1992, e  successive  modificazioni  [...]»  (art.  11,  comma  1,
lettera p). 
    In attuazione della delega contenuta nello  stesso  articolo,  e'
stato quindi adottato il d.lgs. n. 171 del 2016, il  quale,  ai  fini
del conferimento dell'incarico in questione, ha previsto  una  doppia
selezione: la prima, a livello nazionale, per la costituzione  di  un
elenco  nazionale  dei  soggetti  idonei  alla  nomina  di  direttore
generale (art. 1); la seconda,  a  livello  regionale,  preceduta  da
avviso  pubblico  destinato  unicamente  agli  iscritti   nell'elenco
nazionale, diretta alla  formazione  di  una  rosa  di  candidati  da
proporre per la nomina al Presidente della Regione (art. 2). 
    Il citato decreto  legislativo  contiene  poi,  all'art.  5,  una
disciplina transitoria per cui, fino  alla  costituzione  dell'elenco
nazionale (e degli elenchi regionali di cui all'art. 3,  relativi  al
conferimento  dell'incarico   di   direttore   sanitario,   direttore
amministrativo e, ove previsto dalle leggi  regionali,  di  direttore
dei servizi socio-sanitari  delle  aziende  sanitarie  locali,  delle
aziende ospedaliere e degli enti del Servizio  sanitario  nazionale),
si applicano le procedure vigenti alla data di entrata in vigore  del
decreto stesso. 
    Chiude il sistema l'art. 9 del medesimo  decreto  legislativo,  a
mente del quale, per quanto qui rileva, a  decorrere  dalla  data  di
istituzione dell'elenco nazionale, sono abrogate le disposizioni  del
d.lgs. n. 502 del 1992, di cui all'art. 3-bis, comma 1, commi da 3  a
7 e commi 13 e 15. 
    2.2.-  Ad  avviso  del  ricorrente,  il  quadro  normativo  cosi'
ricostruito  non  sarebbe  stato  inciso,  per  quanto   d'interesse,
dall'intervenuta sentenza della Corte Costituzionale n. 251 del 2016,
che  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale,  tra  l'altro,
dell'art. 19 (recte, art. 11), comma 1, lettera p), legge n. 124  del
2015, nella parte in cui  ha  previsto  che  il  decreto  legislativo
attuativo fosse adottato previa acquisizione del parere reso in  sede
di Conferenza unificata, anziche' previa intesa in sede di Conferenza
Stato-Regioni,   atteso   che   la   dichiarata   illegittimita'   e'
circoscritta alle disposizioni di  delegazione  di  cui  alla  citata
legge n. 124 e non si estende alle relative  disposizioni  attuative,
come precisato dalla stessa Corte nella sentenza  citata  e  ribadito
altresi' dal Consiglio di Stato nel parere del 9 gennaio 2017, n. 83. 
    2.3.- Tale essendo la disciplina statale, ne  seguirebbe  che  la
nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie da parte  delle
Regioni debba avvenire, a regime, esclusivamente scegliendo  tra  gli
iscritti all'elenco  nazionale  dei  direttori  generali  e,  in  via
transitoria nelle more dell'istituzione di detto elenco,  secondo  le
procedure vigenti alla data di entrata in vigore del decreto  stesso,
cioe', in base al combinato disposto degli artt. 5 e 9 d.lgs. n.  171
del  2016  e  3-bis  d.lgs.  n.  502  del  1992,   mediante   ricorso
obbligatorio all'elenco regionale degli idonei ovvero  agli  analoghi
elenchi delle altre Regioni. 
    3.- L'art.  3  della  legge  regionale  impugnata  introdurrebbe,
invece, un'ipotesi speciale di commissariamento, non prevista ne' dal
d.lgs. n. 171 del 2016, ne' dall'art. 3-bis d.lgs. n. 502  del  1992,
pure richiamato dalla  stessa  disposizione  regionale,  violando  il
sistema di regole che la legge n. 124 del 2015 prima, e il d.lgs.  n.
171  del  2016  poi,  hanno  inteso  apprestare  per   garantire   la
trasparenza,  l'imparzialita'  e  il   buon   andamento   dell'azione
amministrativa. 
    Vietando di procedere a  nuove  nomine,  la  norma  censurata  si
porrebbe anche in contrasto con il comma 2 dello  stesso  art.  3-bis
d.lgs. n. 502 del  1992,  il  quale  stabilisce  che  la  nomina  del
direttore generale debba essere effettuata nel termine perentorio  di
sessanta giorni dalla data di vacanza dell'ufficio, scaduto il  quale
e' previsto un intervento sostitutivo del Governo, ai sensi dell'art.
120 Cost., anche attraverso la  designazione  di  un  commissario  ad
acta, in virtu' del rinvio operato, dal suddetto comma,  all'art.  2,
comma 2-octies, d.lgs. n. 502 del 1992.  La  legge  statale,  dunque,
contempla il commissariamento di  un'azienda  sanitaria  soltanto  da
parte del Governo e per il caso di inerzia della Regione competente. 
    Inoltre, la disposizione impugnata sarebbe in contrasto anche con
il comma 3 dell'art. 3-bis d.lgs. n.  502  del  1992,  cui  l'art.  5
d.lgs. n. 171 del 2016 rinvia per la disciplina transitoria, il quale
stabilisce che, fino  alla  costituzione  dell'elenco  nazionale,  le
Regioni devono obbligatoriamente attingere  da  quello  regionale  di
idonei, ovvero dagli analoghi elenchi di altre Regioni. 
    Ne deriva, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, che,
laddove  si  debba  procedere  al  conferimento  di  nuovi  incarichi
dirigenziali nelle more dell'istituzione dell'elenco  nazionale,  ove
pure l'elenco regionale non sia stato costituito - fattispecie che il
ricorrente ritiene assimilabile a  quella  in  cui,  pur  costituito,
l'elenco non sia  stato  aggiornato  -  l'ente  territoriale  sarebbe
comunque tenuto ad attingere dagli elenchi delle altre Regioni. 
    Il ricorrente osserva poi  che  il  riferimento  contenuto  nella
disposizione impugnata all'art. 3-bis d.lgs. n. 502 del 1992, ai fini
della nomina del commissario regionale, sarebbe  improprio,  rectius,
illegittimo, atteso che la disposizione statale richiamata disciplina
la  modalita'  di  scelta  dei  direttori  generali,  non  gia'   dei
commissari delle aziende sanitarie. 
    Anche il richiamo a «quanto stabilito  dall'art.  1  della  legge
regionale 2  agosto  2012,  n.  43»,  contenuto  nell'ultimo  periodo
dell'impugnato art. 3, sarebbe oscuro. 
    Detta legge regionale e' intervenuta sulla  legge  della  Regione
Siciliana 28 marzo 1995, n. 22  (Norme  sulla  proroga  degli  organi
amministrativi  e  sulle  procedure  per  le  nomine  di   competenza
regionale), introducendovi, tra l'altro, l'art. 3-bis, recante «Norme
in materia di nomine ed incarichi di  competenza  del  Governo  della
Regione», il quale ha mantenuto ferme le disposizioni previste  dalla
normativa vigente per i casi di cessazione anticipata degli incarichi
conferiti dal  Presidente,  dalla  Giunta  o  dagli  Assessori  della
Regione, che, nello specifico settore sanitario, si rinvengono  negli
articoli 19 e 20 della legge della Regione Siciliana 14 aprile  2009,
n. 5 (Norme per il riordino del Servizio sanitario regionale). 
    Ad avviso del ricorrente quindi, il richiamo  di  cui  all'ultimo
periodo della norma impugnata non  sarebbe  pertinente,  sia  perche'
l'intero complesso normativo regionale deve ritenersi superato  dalla
successiva legislazione statale in materia, a cominciare dal d.l.  n.
158 del  2012,  sia  perche'  le  ipotesi  di  vacanza  dell'ufficio,
previste dagli artt. 19 e 20, legge reg. siciliana  n.  5  del  2009,
integrano tutte casi di cessazione anticipata  dall'incarico  (morte,
dimissioni, decadenza), ontologicamente diverse  da  quella  che  qui
rileva, relativa ad un'ipotesi di cessazione  naturale  per  scadenza
del termine finale di durata del mandato, per la quale  l'ordinamento
gia' prevede, a regime e in via transitoria, una propria disciplina. 
    Ponendosi  pertanto  in  contrasto  con  i  sopraddetti  principi
fondamentali stabiliti dalla legge statale in materia di tutela della
salute, la disciplina censurata violerebbe l'art. 117,  terzo  comma,
Cost., oltre a non essere rispettosa neppure dell'art. 17, lettere b)
e c), statuto reg. Siciliana, che delimitano l'ambito della  potesta'
legislativa regionale in materia di  sanita'  pubblica  e  assistenza
sanitaria, prevedendo che essa debba esercitarsi  «[e]ntro  i  limiti
dei principi ed interessi generali cui  si  informa  la  legislazione
dello Stato». 
    4.- Da ultimo, il ricorrente ritiene altresi' violati i  principi
di ragionevolezza e di buon andamento  dell'amministrazione,  di  cui
agli artt. 3 e 97 Cost., in quanto, pur in presenza di un sistema  di
norme che impone  di  attingere,  a  seconda  dei  casi,  dall'elenco
nazionale o da quelli regionali  degli  idonei,  la  norma  regionale
prevederebbe invece il divieto di procedere  a  nuove  nomine  ed  il
ricorso ad un organo straordinario quale il commissario. 
    5.- Con memoria depositata il 30 aprile 2018, il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  dando  conto  dell'evoluzione  del  quadro
normativo  verificatasi  a  seguito   dell'emanazione   del   decreto
legislativo 26 luglio 2017, n. 126, recante «Disposizioni integrative
e correttive al  decreto  legislativo  4  agosto  2016,  n.  171,  di
attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera  p),
della  legge  7  agosto  2015,  n.  124,  in  materia  di   dirigenza
sanitaria», ha evidenziato la persistenza del proprio interesse  alla
decisione  del  ricorso  e  alla   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale, in ragione dell'avvenuta applicazione  medio  tempore
della normativa impugnata e della permanenza dei  suoi  effetti  sino
alla conclusione della procedura di  selezione  dei  nuovi  direttori
generali,  frattanto  avviata  dall'Assessorato  della  salute  della
Regione Siciliana, con l'avviso  pubblico  di  selezione,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale,  Serie  speciale  concorsi,  della  Regione
Siciliana del 2 marzo 2018. 
    6.- La Regione Siciliana non si e' costituita in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
3 della legge della Regione Siciliana 1° marzo 2017,  n.  4  (Proroga
dell'esercizio provvisorio per l'anno 2017 e  istituzione  del  Fondo
regionale per la disabilita'.  Norme  urgenti  per  le  procedure  di
nomina nel settore sanitario regionale), per contrasto con gli  artt.
3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, nonche' con l'art.  17,
lettere b) e c) del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n.  455
(Approvazione dello statuto della Regione siciliana),  convertito  in
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 
    La disposizione censurata statuisce, in particolare, che «[n]elle
more della modifica  legislativa  discendente  dalla  sentenza  della
Corte Costituzionale  n.  251  del  2016  e  considerato  il  mancato
aggiornamento dell'elenco regionale secondo quanto previsto dal comma
3 dell'articolo 3-bis del decreto legislativo 30  dicembre  1992,  n.
502 e successive modifiche ed integrazioni al fine di evitare liti  e
contenziosi,  gli  incarichi  di  direttore  generale  delle  Aziende
sanitarie provinciali, delle  Aziende  ospedaliere  e  delle  Aziende
ospedaliere universitarie  della  Regione  attualmente  vigenti  sono
confermati sino  alla  naturale  scadenza  ed  e'  fatto  divieto  di
procedere a nuove nomine, ove non  ricorra  l'incarico  ordinario  si
procede alla nomina  di  commissario  ai  sensi  di  quanto  disposto
dall'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502/1992 e  successive
modifiche  ed  integrazioni.  Resta   confermato   quanto   stabilito
dall'articolo l della legge regionale 2 agosto 2012, n. 43». 
    Secondo  il  ricorrente,  il  regime   speciale   e   transitorio
introdotto dalla legislazione regionale,  articolato  sulla  conferma
degli incarichi in atto, fino alla naturale scadenza, e  sul  divieto
di nuove nomine con il ricorso ad un commissario  ad  acta  «ove  non
ricorra l'incarico ordinario», si porrebbe in contrasto con gli artt.
3 e 97, nonche' con l'art. 117, terzo comma, Cost., che  annovera  la
tutela  della  salute  tra  le  materie  di  competenza   legislativa
concorrente, e con l'art. 17, lettere b) e c), dello statuto speciale
regionale, che circoscrive  la  potesta'  legislativa  della  Regione
Siciliana in materia  di  sanita'  pubblica  e  assistenza  sanitaria
«[e]ntro i limiti dei principi ed interessi generali cui  si  informa
la legislazione dello Stato», in quanto la disposizione impugnata non
rispetterebbe i principi fondamentali  stabiliti  dalla  legislazione
statale. 
    Il ricorso richiama l'art. 11, comma 1, lettera p), della legge 7
agosto  2015,  n.   124   (Deleghe   al   Governo   in   materia   di
riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), gli articoli 1, 2,
5 e 9  del  decreto  legislativo  4  agosto  2016,  n.  171,  recante
«Attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera  p)
della  legge  7  agosto  2015,  n.  124,  in  materia  di   dirigenza
sanitaria», nonche' l'art. 3-bis del decreto legislativo 30  dicembre
1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992,  n.  421),  disposizioni
dalle quali si desumerebbe il principio fondamentale secondo  cui  la
nomina del direttore generale delle aziende sanitarie, da parte delle
Regioni, deve necessariamente ed obbligatoriamente avvenire  mediante
ricorso ad elenchi di idonei a tal fine predisposti,  allo  scopo  di
affrancare  le  relative  scelte  da  condizionamenti  di   carattere
politico, mediante la predefinizione dei requisiti e delle  procedure
di nomina di dette figure. 
    A tal fine, la legge delega n. 124 del 2015 e il relativo decreto
legislativo di attuazione n. 171  del  2016,  proseguendo  lungo  una
direzione  gia'  intrapresa  dal  legislatore  sin  dal  2012,  hanno
previsto un procedimento di nomina basato su una doppia selezione: la
prima, diretta alla formazione  di  un  elenco  nazionale,  istituito
presso il Ministero della salute, in cui iscrivere tutti  i  soggetti
idonei a ricoprire l'incarico de  quo;  la  seconda,  spettante  alle
Regioni e Province autonome, tesa alla nomina del direttore generale,
da scegliersi nell'ambito di una rosa  di  candidati,  costituita  da
coloro  che,  iscritti  nell'elenco  nazionale,  abbiano  manifestano
l'interesse all'incarico a seguito di apposito avviso pubblico. 
    In via  transitoria,  fino  alla  costituzione  di  detto  elenco
nazionale, si applicano le procedure vigenti, anch'esse basate su  un
sistema di elenchi regionali di idonei. 
    2.- Ad avviso dell'Avvocatura generale  dello  Stato,  il  quadro
normativo  di  riferimento  non  sarebbe  stato  inciso,  per  quanto
d'interesse, dall'intervenuta sentenza di questa  Corte  n.  251  del
2016, che  pure  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  di
alcune disposizioni della legge delega del 2015, nella parte  in  cui
prevedevano il parere anziche' l'intesa per  l'adozione  dei  decreti
legislativi, in quanto la dichiarata illegittimita'  e'  circoscritta
alle sole disposizioni della legge di delegazione e  non  si  estende
alle relative disposizioni attuative. In  senso  analogo  si  sarebbe
espresso anche il Consiglio di Stato nel parere del 9  gennaio  2017,
n. 83. 
    Questa Corte condivide la prospettazione dell'Avvocatura generale
dello Stato. Infatti, benche' la  sentenza  n.  251  del  2016  abbia
dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  di  alcune  disposizioni
della legge delega n. 124 del 2015 - tra  cui  quelle  relative  alla
dirigenza  pubblica  (incluso  l'art.  11,  comma   1,   lettera   p,
concernente  specificamente  la  dirigenza  sanitaria)  -  la  stessa
decisione fa salvi  i  decreti  legislativi  gia'  emanati.  In  tale
pronuncia, la Corte ha perimetrato gli effetti della declaratoria  di
incostituzionalita', come gia' accaduto in differenti occasioni,  con
salvaguardia delle disposizioni attuative, e cio'  anche  in  ragione
della  prospettata  possibilita'  di  «soluzioni  correttive  che  il
Governo riterra' di apprestare al fine di assicurare il rispetto  del
principio di leale collaborazione» (sent. n.  251  del  2016).  Nella
conclusione della motivazione,  infatti,  la  Corte  precisa  che  le
«pronunce  di  illegittimita'  costituzionale,  contenute  in  questa
decisione, sono circoscritte alle disposizioni di  delegazione  della
legge n. 124 del 2015, oggetto del ricorso, e non si  estendono  alle
relative disposizioni attuative» (sentenza n. 251 del 2016). Sicche',
il d.lgs. n. 171 del 2016 in materia di dirigenza sanitaria, al  pari
degli  altri  decreti  legislativi  gia'  emanati  al  momento  della
decisione di questa Corte, non e' stato travolto dalla  pronuncia  di
illegittimita' costituzionale. 
    3.- Ad avviso dell'Avvocatura generale dello  Stato,  neppure  la
successiva adozione del decreto legislativo 26 luglio 2017,  n.  126,
recante «Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo
4 agosto 2016, n. 171, di attuazione della delega di cui all'articolo
11, comma 1, lettera p), della  legge  7  agosto  2015,  n.  124,  in
materia di dirigenza sanitaria» - sul cui schema, in  data  6  aprile
2017, e' stata sancita l'intesa in sede di Conferenza permanente  per
i rapporti fra lo  Stato,  le  Regioni  e  le  Province  autonome  ed
acquisito, in  pari  data,  il  parere  della  Conferenza  unificata,
anch'esso favorevole - avrebbe  inciso  sul  quadro  normativo  sopra
delineato, restando quindi immutati  i  termini  della  questione  di
legittimita' qui sollevata. Pertanto, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha manifestato la permanenza dell'interesse ad una pronuncia
di illegittimita' della norma impugnata, in ragione dell'applicazione
datane  medio   tempore   dalla   Regione   Siciliana   mediante   il
commissariamento di diverse aziende sanitarie. 
    Anche su tale  punto,  questa  Corte  condivide  le  osservazioni
dell'Avvocatura generale dello  Stato  e  ritiene  che  l'intervenuta
adozione del d.lgs. n. 126 del 2017  non  determini  la  sopravvenuta
carenza  di  interesse  alla  pronuncia,  benche'  esso  realizzi  la
condizione cui il legislatore regionale aveva espressamente  ancorato
il termine di efficacia del proprio intervento,  destinato  a  valere
«nelle more della modifica  legislativa  discendente  dalla  sentenza
della  Corte  Costituzionale  n.   251   del   2016».   Secondo   una
giurisprudenza costante, infatti, il sindacato  di  costituzionalita'
deve trovare spazio ogniqualvolta  la  norma  impugnata,  seppure  ad
efficacia temporale limitata qual e' quella impugnata, abbia prodotto
effetti (sentenza n. 260 del 2017). 
    4.- Prima di esaminare nel merito la questione sollevata, occorre
ancora  preliminarmente  osservare  che,  in  ordine  al  riparto  di
competenze, il Presidente del Consiglio dei ministri ha indicato  tra
i parametri violati, sia l'art. 117, terzo comma  Cost.,  sia  l'art.
17, lettere b) e c), statuto reg. Siciliana, il quale circoscrive  la
potesta' legislativa regionale  in  materia  di  sanita'  pubblica  e
assistenza sanitaria «[e]ntro i  limiti  dei  principi  ed  interessi
generali cui si informa la legislazione dello Stato». 
    Questa Corte ha  gia'  ritenuto  che  l'ampiezza  della  potesta'
legislativa della Regione Siciliana in materia  di  sanita'  pubblica
coincide con quella di tipo concorrente, delineata dal Titolo V della
Costituzione per le Regioni ordinarie in  materia  di  «tutela  della
salute» (art. 117, terzo comma, Cost.), «con  la  conseguenza  che  i
"principi  generali"  della  materia  ai  quali  deve  attenersi   la
legislazione siciliana corrispondono ai "principi fondamentali"  che,
nella stessa materia,  vincolano  le  Regioni  a  statuto  ordinario»
(sentenza n. 430 del 2007; nello stesso senso, sentenza  n.  448  del
2006). 
    Pertanto, occorre procedere esaminando nel merito la questione di
legittimita' costituzionale alla luce dei parametri costituzionali  e
di quelli statutari, congiuntamente considerati. 
    5.- Nel merito la questione e' fondata. 
    Secondo la costante giurisprudenza di questa  Corte,  laddove  si
denunci la violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. e' onere  del
ricorrente indicare specificamente la disposizione statale interposta
che si ritiene violata ed in particolare  il  principio  fondamentale
della materia asseritamente leso (ex plurimis,  sentenza  n.  54  del
2015). 
    Nel caso di specie, tale onere e' stato  pienamente  assolto  dal
ricorrente, che ha descritto il complesso delle disposizioni  statali
in materia di dirigenza sanitaria dal quale desumere l'esistenza  del
principio fondamentale secondo cui la nomina dei  direttori  generali
delle aziende e degli enti  del  Servizio  Sanitario  Nazionale  deve
necessariamente e obbligatoriamente avvenire  mediante  ricorso  agli
elenchi di idonei predisposti a tale scopo. 
    Quanto alla natura di «principi fondamentali della materia» delle
disposizioni richiamate dal ricorrente come  parametri  interposti  -
accanto alla considerazione, di per se'  non  risolutiva,  che  molte
delle  stesse  sono  espressamente  autoqualificate  come  tali   (in
particolare, i criteri di cui all'art. 11, comma 1, lettera p,  legge
n. 124 del 2015, e le norme del d.lgs.  n.  502  del  1992,  indicate
dall'art.  19  dello  stesso  decreto)  -   occorre   osservare   che
l'intervento del legislatore statale e' stato caratterizzato, sin dal
decreto-legge 13 settembre 2012, n.  158  (Disposizioni  urgenti  per
promuovere lo sviluppo del Paese mediante un  piu'  alto  livello  di
tutela della salute),  convertito,  con  modificazioni,  in  legge  8
novembre 2012, n. 189, dall'intento di circoscrivere  la  scelta  dei
dirigenti - rimessa alle Regioni - tra i  candidati  in  possesso  di
comprovati titoli e capacita'  professionali,  iscritti  in  appositi
elenchi,  allo  scopo  di  affrancare  la  dirigenza   sanitaria   da
condizionamenti di carattere politico e di  privilegiare  criteri  di
selezione che assicurino effettive capacita' gestionali e  un'elevata
qualita' manageriale del direttore generale. 
    In tale ottica, la previsione di un elenco in cui  devono  essere
iscritti i soggetti che intendono partecipare alle singole  selezioni
regionali e' da ricondursi all'esigenza di garantire un alto  livello
di  professionalita'  dei  candidati,  i  quali   debbono   possedere
requisiti curriculari  unitari.  Tale  esigenza  e'  espressione  del
principio  di  buon  andamento   dell'azione   amministrativa,   data
l'incidenza che la professionalita' delle persone che  ricoprono  gli
incarichi apicali esplica sul funzionamento delle strutture cui  sono
preposte, con inevitabili riflessi sulla qualita'  delle  prestazioni
sanitarie rese. 
    Le  disposizioni  invocate  dal   ricorrente   debbono   pertanto
ritenersi espressione di un  principio  fondamentale  in  materia  di
tutela della salute. 
    6.-  Cosi'  ricostruita   la   cornice   normativa   statale   di
riferimento, deve ritenersi che, con la norma impugnata,  la  Regione
Siciliana abbia oltrepassato i limiti della competenza legislativa ad
essa riconosciuta. 
    La legge regionale  e'  stata  adottata  al  dichiarato  fine  di
dettare una disciplina urgente e transitoria, anche in considerazione
del  «mancato  aggiornamento  dell'elenco  regionale  secondo  quanto
previsto dal comma 3 dell'articolo 3-bis del decreto  legislativo  30
dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni al  fine
di evitare liti e contenziosi» (art. 3, legge reg. Siciliana n. 4 del
2017). 
    Al riguardo, va pero' evidenziato che  il  mancato  aggiornamento
dell'elenco regionale  degli  idonei  non  vale  a  giustificare  una
previsione volta a derogare agli ordinari criteri per il conferimento
degli incarichi in questione, atteso che, proprio ai sensi  dell'art.
3-bis d.lgs. n. 502 del 1992, richiamato dalla  norma  censurata,  in
mancanza dell'elenco regionale, l'ente territoriale deve attingere  a
quelli delle altre Regioni. 
    Pertanto, non sussistono  le  ragioni  invocate  dal  legislatore
regionale  a  giustificazione   dell'adozione   di   una   disciplina
temporanea ed eccezionale, che stabilisce  il  divieto  di  procedere
alla nomina di  nuovi  direttori  generali  delle  aziende  sanitarie
provinciali e, in caso di scadenza naturale dell'incarico, dispone la
nomina di commissari. Per di piu', la  genericita'  della  previsione
regionale, che non definisce ne' le procedure, ne' i requisiti, ne' i
termini  di  decadenza  dei  commissari,  consente  alla  Regione  di
conferire gli incarichi apicali della dirigenza sanitaria in  maniera
ampiamente discrezionale, al  di  fuori  del  sistema  delineato  dal
legislatore  statale,  mettendo  quindi  a   rischio   le   finalita'
perseguite da quest'ultimo. 
    7.- In favore della legittimita' della norma regionale impugnata,
non puo' valere neppure il richiamo, operato dalla stessa, all'art. 1
della  legge  della  Regione  Siciliana  2   agosto   2012,   n.   43
(Disposizioni in materia di nomine, incarichi e designazioni da parte
del Governo della  Regione),  che  ha  inserito,  nella  legge  della
Regione Siciliana 28 marzo 1995, n. 22  (Norme  sulla  proroga  degli
organi amministrativi e sulle procedure per le nomine  di  competenza
regionale), gli artt. 3-bis e 3-ter, volti a disciplinare  le  nomine
per gli incarichi di vertice da parte del Presidente  della  Regione,
dopo l'indizione delle nuove elezioni regionali, ovvero nei sei  mesi
anteriori alla data di  indizione  delle  elezioni.  Le  disposizioni
richiamate prevedono che, dopo la data di pubblicazione  del  decreto
di indizione delle elezioni dell'Assemblea regionale siciliana e  del
Presidente della Regione, ovvero dopo il verificarsi di una causa  di
conclusione anticipata  della  legislatura  regionale,  non  si  puo'
procedere a nuove nomine, designazioni o conferimenti di incarichi in
organi di amministrazione attiva, o enti, aziende, soggetti  comunque
denominati, di diritto  pubblico  o  privato,  sottoposti  a  tutela,
controllo  o  vigilanza  della  Regione.  Al  fine  di  garantire  la
continuita' dell'azione amministrativa, il Governo  regionale  dovra'
se del caso nominare commissari straordinari, laddove  la  cessazione
dall'incarico per scadenza naturale  avvenga  in  una  delle  ipotesi
sopra dette (indizione delle elezioni o conclusione anticipata  della
legislatura). 
    Come  evidenziato  dall'Avvocatura  generale  dello   Stato,   il
richiamo a tale normativa risulta oscuro e inconferente,  trattandosi
di ipotesi diverse e non assimilabili  a  quelle  disciplinate  dalla
norma impugnata. 
    8.- Alla luce delle considerazioni sopra  espresse,  deve  essere
dichiarata l'illegittimita' dell'art. 3 legge reg. Siciliana n. 4 del
2017, in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost. e all'art.  17,
lettere b) e c), statuto reg. Siciliana. 
    Resta assorbito ogni ulteriore profilo di censura. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della  legge
della Regione Siciliana 1° marzo 2017, n. 4  (Proroga  dell'esercizio
provvisorio per l'anno 2017 e istituzione del Fondo regionale per  la
disabilita'. Norme urgenti per le procedure  di  nomina  nel  settore
sanitario regionale). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2018. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE