N. 163 ORDINANZA 4 - 19 luglio 2018

Giudizio sull'ammissibilita' di ricorso per conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato. 
 
Trattati e convenzioni  internazionali  -  Omessa  presentazione  del
  progetto di legge di autorizzazione alla ratifica del Memorandum di
  intesa fra  lo  Stato  della  Libia  e  la  Repubblica  italiana  -
  Conflitto di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  promosso  da
  singoli parlamentari nei confronti del Governo della Repubblica. 
- Omessa presentazione del progetto di legge di  autorizzazione  alla
  ratifica del «Memorandum  d'intesa  sulla  cooperazione  nel  campo
  dello  sviluppo,  del  contrasto  all'immigrazione   illegale,   al
  traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della
  sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la  Repubblica
  italiana», firmato a Roma il 2 febbraio 2017. 
-   
(GU n.30 del 25-7-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi per conflitto di attribuzione tra poteri dello  Stato
sorti a seguito dell'omessa presentazione, da parte del Governo,  del
progetto di legge di autorizzazione  alla  ratifica  del  «Memorandum
d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo,  del  contrasto
all'immigrazione  illegale,  al  traffico   di   esseri   umani,   al
contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere  tra
lo Stato della Libia e la Repubblica italiana», firmato a Roma  il  2
febbraio 2017, promossi da Giulio Marcon, Giuseppe  Civati,  Beatrice
Brignone e Andrea Maestri, nella qualita' di membri della Camera  dei
deputati  nella  XVII  legislatura,   con   ricorsi   depositati   in
cancelleria il 19 febbraio 2018 ed iscritti rispettivamente ai nn. 3,
4,  5  e  6  del  registro  conflitti  tra  poteri  2018,   fase   di
ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del  4  luglio  2018  il  Giudice
relatore Giuliano Amato. 
    Ritenuto che, con separati ricorsi,  depositati  il  19  febbraio
2018 e rispettivamente iscritti ai nn. 3,  4,  5  e  6  del  registro
conflitti tra poteri 2018, Giulio Marcon, Giuseppe  Civati,  Beatrice
Brignone e Andrea Maestri, nella qualita' di membri della Camera  dei
deputati  nella  XVII  legislatura,  hanno  promosso   conflitti   di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del  Governo  della
Repubblica italiana, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, in relazione all'omessa presentazione del progetto di legge
di  autorizzazione  alla  ratifica  del  «Memorandum  d'intesa  sulla
cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione
illegale,  al  traffico  di  esseri  umani,  al  contrabbando  e  sul
rafforzamento della sicurezza delle  frontiere  tra  lo  Stato  della
Libia e la Repubblica italiana» (d'ora  in  avanti:  il  Memorandum),
firmato a Roma il 2 febbraio 2017 dal Presidente  del  Consiglio  dei
ministri della Repubblica italiana e  dal  Presidente  del  Consiglio
presidenziale del Governo di riconciliazione nazionale dello Stato di
Libia; 
    che i ricorrenti evidenziano che, secondo quanto riportato  nelle
premesse del Memorandum, lo stesso e' stato firmato al fine «[...] di
cooperare  per  individuare  soluzioni  urgenti  alla  questione  dei
migranti clandestini che attraversano la Libia per recarsi in  Europa
via mare, attraverso la  predisposizione  dei  campi  di  accoglienza
temporanei  in  Libia,  sotto  l'esclusivo  controllo  del  Ministero
dell'Interno libico, in attesa del rimpatrio o del rientro volontario
nei paesi di origine [...]»; 
    che, ad avviso dei ricorrenti, il Memorandum, gia' vigente ed  in
fase  di  esecuzione,  costituirebbe  nuovo  trattato  internazionale
avente  oggettiva  natura  politica,  ai  sensi  dell'art.  80  della
Costituzione; tuttavia, il Governo ha  omesso  la  presentazione  del
disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, e  non  ha  neppure
ritenuto di adempiere l'obbligo di comunicazione alla  Presidenza  di
ciascuna Camera, previsto dall'art. 4 della legge 11  dicembre  1984,
n. 839 (Norme sulla Raccolta ufficiale  degli  atti  normativi  della
Repubblica italiana  e  sulla  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
italiana), recepito  dall'art.  13,  secondo  comma,  del  d.P.R.  28
dicembre  1985,  n.  1092  (Approvazione  del   testo   unico   delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,  sulla  emanazione  dei
decreti  del  Presidente  della  Repubblica  e  sulle   pubblicazioni
ufficiali della Repubblica italiana); 
    che ciascuna delle parti ricorrenti riferisce di  avere  attivato
gli strumenti a propria disposizione  per  informare  la  Camera  dei
deputati  della  violazione  dell'art.  80  Cost.,  oltre   che   per
sollecitare il Governo al rispetto  di  questa  stessa  disposizione;
tuttavia,  le  interrogazioni  parlamentari   e   le   richieste   di
chiarimenti non avrebbero ricevuto  risposte  soddisfacenti,  ne'  la
Camera  dei  deputati  si  sarebbe  attivata  per   ripristinare   le
prerogative parlamentari  menomate  dal  comportamento  omissivo  del
Governo; 
    che, sotto il profilo soggettivo, i ricorrenti evidenziano che la
giurisprudenza costituzionale non ha mai negato la legittimazione del
singolo parlamentare a sollevare un  conflitto  di  attribuzione  tra
poteri dello Stato (sono richiamate le ordinanze n. 177, n. 178 e  n.
179 del 1998, n. 101 del 2000 e n. 277 del 2017); tale legittimazione
non potrebbe, dunque, ritenersi preclusa e cio' anche in ragione  del
carattere residuale che questo particolare tipo  di  giudizio  assume
rispetto al complessivo assetto delle garanzie costituzionali; 
    che  gli  artt.  67  e  72,  primo   e   quarto   comma,   Cost.,
nell'attribuire   specifiche   prerogative   in   capo   al   singolo
parlamentare,   contribuirebbero   a    delinearne    la    posizione
costituzionalmente garantita; inoltre, dalla lettura congiunta  degli
artt. 80 e 72, quarto comma, Cost.,  emergerebbe,  da  un  lato,  che
spetta al Parlamento autorizzare gli accordi internazionali  elencati
nell'art. 80 Cost. e, dall'altro lato, che la procedura ordinaria  di
esame e di approvazione dei progetti di legge di autorizzazione  alla
ratifica dei trattati costituisce prerogativa di ciascuna Camera; 
    che   l'omessa   presentazione   del   progetto   di   legge   di
autorizzazione alla ratifica del Memorandum  avrebbe  determinato  la
lesione della sfera di attribuzioni riconosciuta dagli artt. 67 e 72,
primo e quarto comma, Cost. al singolo parlamentare;  d'altra  parte,
egli non potrebbe trovare rimedio per  tale  violazione  rivolgendosi
alla Camera di appartenenza e  neppure  sollevando  un  conflitto  di
attribuzione nei confronti della stessa, in  quanto,  ad  avviso  dei
ricorrenti,  tale  conflitto  risulterebbe   inammissibile   per   il
principio  degli  interna  corporis,  in  considerazione  del   nesso
funzionale tra le prerogative del singolo parlamentare e  l'autonomia
dell'organo cui egli appartiene; 
    che, ad avviso  delle  parti  ricorrenti,  nel  caso  di  mancata
reazione da parte della Camera di appartenenza,  ciascun  membro  del
Parlamento sarebbe dunque legittimato a  sollevare  il  conflitto  di
attribuzione, non in nome e per conto della stessa Camera, ma perche'
sarebbe questa l'unica via  percorribile,  in  via  residuale,  quale
«extrema ratio», per far valere le prerogative  costituzionali  delle
quali si assume la violazione; 
    che, d'altra parte, le stesse non potrebbero essere fatte  valere
neppure innanzi al giudice ordinario poiche', essendo connesse ad una
funzione costituzionale, non potrebbero qualificarsi come un  diritto
soggettivo; ne' potrebbero essere  considerate  alla  stregua  di  un
interesse legittimo e sarebbe,  pertanto,  precluso  anche  l'accesso
alla giustizia amministrativa; 
    che il presente conflitto di attribuzione costituirebbe,  quindi,
un'azione processuale  residuale  tesa  alla  tutela  dell'integrita'
delle prerogative spettanti al parlamentare, ai sensi degli artt.  67
e 72, primo e quarto comma, Cost., nei confronti del Governo, per non
aver  quest'ultimo  presentato  in   Parlamento   la   richiesta   di
autorizzazione alla ratifica del Memorandum; 
    che la natura residuale del conflitto  sarebbe  confermata  anche
dall'esaurimento degli  strumenti  parlamentari  per  sollecitare  il
Governo a presentare il Memorandum in Parlamento per l'autorizzazione
alla ratifica; 
    che, sotto il profilo oggettivo, i ricorrenti illustrano come  il
Memorandum,  in  quanto  espressione  della  volonta'   delle   parti
contraenti di vincolarsi a nuovi  impegni,  costituisca  un  trattato
internazionale;  si  sottolinea  che,  in  ragione  di  tale   natura
vincolante, il rispetto degli impegni ivi previsti e'  sottoposto  ad
uno specifico sistema di controllo e monitoraggio; inoltre,  esso  ha
validita' triennale, tacitamente rinnovabile  alla  scadenza,  ed  e'
stato inserito dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione
internazionale nell'archivio dei trattati internazionali; 
    che,  d'altra  parte,  dalla  considerazione  dei  contenuti  del
Memorandum, nonche' dei soggetti che lo hanno stipulato,  emergerebbe
con chiarezza la sua discontinuita' rispetto  ai  precedenti  accordi
conclusi dal Governo  italiano  con  la  controparte  libica,  ed  in
particolare  rispetto  al  «Trattato  di  amicizia,  partenariato   e
cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria  araba
libica popolare socialista», stipulato a Bengasi il  30  agosto  2008
(d'ora  in  avanti:  il  trattato  di  Bengasi),  ratificato  e  reso
esecutivo con la legge 6 febbraio 2009, n. 7; 
    che,  lungi  dall'essere  attuativo  di  programmi  e   obiettivi
contemplati nell'accordo del 2008, il  Memorandum  sarebbe  un  nuovo
trattato internazionale, stabilendo priorita'  e  azioni  diverse  da
quelle  del  precedente  trattato  di  Bengasi;  esso   perseguirebbe
specifiche finalita', legate alla condizione dei migranti in Libia  e
al controllo del loro passaggio sul territorio nazionale; 
    che si  evidenzia,  inoltre,  che  il  Memorandum  non  fa  alcun
riferimento alle risorse stanziate dalla richiamata legge  n.  7  del
2009,  la  quale  aveva  previsto  l'introduzione  di  un'addizionale
all'imposta sul reddito delle societa' (IRES)  per  la  realizzazione
delle attivita' previste  dal  trattato  di  Bengasi;  al  contrario,
l'atto in esame individua le risorse  da  utilizzare  nel  cosiddetto
"Fondo per l'Africa", istituito con legge 11 dicembre  2016,  n.  232
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2017  e
bilancio pluriennale per  il  triennio  2017-2019);  in  particolare,
all'art. 1, comma 621, di tale legge e' stata destinata la  somma  di
200 milioni di euro in  favore  del  Ministero  degli  affari  esteri
«[...] per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la
cooperazione con i Paesi africani  d'importanza  prioritaria  per  le
rotte migratorie»; 
    che i ricorrenti  ritengono  che  il  Memorandum  rivesta  natura
politica ai sensi dell'art. 80 Cost., in  quanto  avente  ad  oggetto
materie  di  rilevanza  costituzionale,  quali  il  controllo   delle
frontiere, l'ingresso nel territorio nazionale, il diritto di  asilo,
la politica estera della  Repubblica:  le  previsioni  ivi  contenute
incidono,  pertanto,   su   questioni   che   coinvolgono   interessi
fondamentali dello Stato, comportando impegni  duraturi  per  la  sua
politica estera ed esponendolo a responsabilita'  internazionali,  in
relazione al  necessario  rispetto  dei  diritti  fondamentali  della
persona; 
    che, d'altra parte, la riserva di legge  prevista  dall'art.  10,
secondo  comma,  Cost.  comporterebbe  un'esclusiva  competenza   del
Parlamento sulla regolamentazione di tali materie; ed anche  in  sede
europea, le misure relative all'immigrazione irregolare, compresa  la
disciplina  dell'allontanamento  e  del  rimpatrio  degli   stranieri
extracomunitari,  sarebbero  demandate  alla  procedura   legislativa
ordinaria, ai sensi dell'art. 79, secondo paragrafo, lettera c),  del
Trattato  sul  funzionamento   dell'Unione   europea   (TFUE),   come
modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e
ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130; 
    che per le categorie di atti tassativamente elencate dall'art. 80
Cost. e' prevista l'espressione del previo consenso  parlamentare  in
ordine  alla  ratifica;  questo  costituirebbe  un  atto   di   piena
compartecipazione alla conclusione del trattato, che da' vita  ad  un
atto procedimentale complesso (sentenza n. 295 del 1984); 
    che viceversa, ad avviso dei ricorrenti,  ancorche'  vertesse  in
una  delle  materie  per  le  quali   e'   prevista   la   necessaria
autorizzazione alla ratifica, il Memorandum e' stato  stipulato  come
accordo in forma semplificata  e  non  e'  mai  stato  presentato  al
Parlamento,  neppure  successivamente  alla  sua  firma  e  alla  sua
esecuzione; 
    che, d'altra parte, l'iniziativa legislativa per l'autorizzazione
alla ratifica e l'ordine di esecuzione del trattato sarebbe riservata
al  Governo,  non  potendo  il  singolo  parlamentare,   di   propria
iniziativa, presentare alla Camera di appartenenza alcuna proposta di
legge volta a chiedere il voto sull'autorizzazione  alla  ratifica  e
sul contestuale ordine di esecuzione; 
    che il comportamento omissivo del Governo  sarebbe  lesivo  delle
prerogative costituzionali del singolo parlamentare,  oltre  che  del
Parlamento;  sarebbe  violato,  altresi',  il  principio   di   leale
collaborazione, prescritto anche nei rapporti tra organi dello Stato,
laddove le reciproche competenze vengono ad intrecciarsi tra di  loro
(sentenza n. 379 del 1992); si osserva,  d'altra  parte,  che  spetta
alla Corte costituzionale la verifica del rispetto di tale principio,
in riferimento a singoli e specifici comportamenti di tali organi; 
    che le parti ricorrenti chiedono, pertanto, che sia accertata  la
menomazione delle prerogative parlamentari  derivante  dalla  mancata
presentazione  da  parte  del  Governo  del  progetto  di  legge   di
autorizzazione alla  ratifica,  ai  sensi  dell'art.  80  Cost.,  del
Memorandum  del  2  febbraio  2017;  che  sia,  inoltre,   dichiarato
l'obbligo del Governo, ai sensi dell'art.  80  Cost.,  di  presentare
alle Camere la proposta di legge di autorizzazione alla ratifica  del
Memorandum e, infine, che sia  disposto  l'annullamento  di  tutti  i
provvedimenti del Governo e dei  singoli  ministeri,  i  quali  siano
connessi, conseguenti e attuativi del Memorandum. 
    Considerato che con separati ricorsi, depositati il  19  febbraio
2018 e rispettivamente iscritti ai nn. 3,  4,  5  e  6  del  registro
conflitti tra poteri 2018, Giulio Marcon, Giuseppe  Civati,  Beatrice
Brignone e Andrea Maestri, nella qualita' di membri della Camera  dei
deputati  nella  XVII  legislatura,  hanno  promosso   conflitti   di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del  Governo  della
Repubblica italiana, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, in relazione all'omessa presentazione del progetto di legge
di  autorizzazione  alla  ratifica  del  «Memorandum  d'intesa  sulla
cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione
illegale,  al  traffico  di  esseri  umani,  al  contrabbando  e  sul
rafforzamento della sicurezza delle  frontiere  tra  lo  Stato  della
Libia e la Repubblica italiana» (d'ora  in  avanti:  il  Memorandum),
firmato a Roma il 2 febbraio 2017 dal Presidente  del  Consiglio  dei
ministri della Repubblica italiana e  dal  Presidente  del  Consiglio
presidenziale del Governo di riconciliazione nazionale dello Stato di
Libia; 
    che i quattro  ricorsi  presentano  tenore  letterale  pressoche'
identico e hanno tutti ad oggetto l'omessa presentazione da parte del
Governo del progetto di legge di  autorizzazione  alla  ratifica  del
Memorandum; 
    che, pertanto,  i  relativi  giudizi  di  ammissibilita'  possono
essere riuniti per essere decisi con unica ordinanza; 
    che, in  questa  fase  del  giudizio,  la  Corte  e'  chiamata  a
deliberare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, in ordine
alla sussistenza dei  requisiti  soggettivo  e  oggettivo  prescritti
dall'art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.  87  (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),
ossia a decidere se il conflitto  insorga  tra  organi  competenti  a
dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartengono  e
per la delimitazione della sfera di attribuzioni  determinata  per  i
vari poteri da norme costituzionali; 
    che i ricorsi  per  conflitto  sono  stati  promossi  da  quattro
deputati della XVII legislatura, ciascuno dei quali lamenta  -  nella
qualita' di parlamentare  -  la  lesione  delle  proprie  prerogative
costituzionali derivante dalla mancata presentazione,  da  parte  del
Governo, del progetto di legge di autorizzazione  alla  ratifica  del
Memorandum; 
    che i ricorrenti chiedono pertanto a questa Corte  di  dichiarare
l'obbligo del Governo, ai sensi dell'art. 80 della  Costituzione,  di
presentare alle Camere la proposta di legge  di  autorizzazione  alla
ratifica del Memorandum, nonche' di accertare la nullita' di tutti  i
provvedimenti del Governo e dei  singoli  ministeri,  i  quali  siano
connessi, conseguenti e attuativi del Memorandum; 
    che, sotto il profilo soggettivo, la legittimazione ad  adire  la
Corte con lo strumento del conflitto si fonda sull'esistenza  di  una
sfera protetta di attribuzioni, delle quali si  lamenti  la  lesione;
anche in riferimento alle prerogative parlamentari, questa  Corte  ha
affermato che le stesse «[...] non possono non  implicare  un  potere
dell'organo a tutela del quale sono disposte» (sentenza n.  1150  del
1988); 
    che il fondamento  delle  attribuzioni  costituzionali  a  tutela
delle quali sono insorti gli odierni  ricorrenti  risiederebbe  negli
artt. 67, 72 e 80 Cost.: si assume, infatti, che  dal  riconoscimento
di  specifiche  prerogative  parlamentari  discenda   una   posizione
costituzionalmente garantita in capo a ciascun singolo deputato; 
    che in  particolare  dalla  riserva  di  legge  formale,  di  cui
all'art. 80 Cost., e dalla riserva di assemblea, di cui all'art.  72,
quarto comma, Cost., deriverebbe la titolarita', in  capo  a  ciascun
parlamentare, del potere di discussione, di emendamento e di voto sui
disegni di legge di autorizzazione  alla  ratifica  dei  trattati;  a
questo potere sarebbe connesso quello di reazione avverso atti lesivi
delle suindicate attribuzioni costituzionali; 
    che, nel caso in esame, i ricorrenti si  dolgono  del  fatto  che
l'omessa presentazione del progetto di legge di  autorizzazione  alla
ratifica del Memorandum avrebbe determinato la lesione della sfera di
attribuzioni loro riconosciuta dagli artt. 67 e 72,  primo  e  quarto
comma,  Cost.;  essi  denunciano,  pertanto,  l'illegittimita'  della
condotta omissiva addebitata all'esecutivo, la quale avrebbe precluso
l'esercizio del potere di  discussione,  di  emendamento  e  di  voto
spettante a ciascun parlamentare in ordine al  disegno  di  legge  di
autorizzazione alla ratifica; 
    che, proprio con riferimento alla riserva  di  assemblea  di  cui
all'art. 72, quarto comma, Cost., questa Corte ha gia' affermato, sin
da epoca risalente, che  «la  garanzia  connessa  con  la  competenza
dell'assemblea   plenaria   discende   dal   sistema   delle    norme
costituzionali che definiscono le attribuzioni delle Camere  rispetto
ai trattati internazionali (artt. 80 ed 87 Cost.)» (sentenza  n.  295
del 1984); 
    che sono proprio le previsioni relative  alla  riserva  di  legge
(art. 80 Cost.) e alla riserva di assemblea (art. 72,  quarto  comma,
Cost.) ad  individuare  nella  Camera  di  appartenenza  il  soggetto
titolare della sfera di attribuzioni costituzionali che sarebbe stata
violata;  conseguentemente,  legittimata  a   reagire   contro   tale
violazione deve ritenersi la Camera di appartenenza, e non il singolo
parlamentare; 
    che e' la natura stessa delle attribuzioni vantate nei  conflitti
in esame ad escludere la legittimazione del  singolo  parlamentare  a
farne valere la violazione; in  quanto  riconducibili  a  prerogative
delle quali - per espressa previsione costituzionale  -  e'  titolare
l'assemblea, e non il suo singolo componente, solo ad essa e' rimessa
la valutazione circa l'opportunita' di  insorgere  avverso  possibili
violazioni; 
    che dalla qualita' esclusivamente assembleare  delle  prerogative
dedotte discende  altresi'  l'impossibilita'  di  configurare  alcuna
concorrenza tra la legittimazione attiva del singolo  parlamentare  e
quella della Camera di appartenenza; 
    che, pertanto, con riferimento alla fattispecie  in  esame,  deve
escludersi che il singolo parlamentare sia titolare -  nei  confronti
dell'esecutivo  -  di  attribuzioni  individuali   costituzionalmente
protette, rimanendo peraltro «[...] impregiudicata la questione se in
altre situazioni  siano  configurabili  attribuzioni  individuali  di
potere costituzionale, per la cui tutela il singolo parlamentare  sia
legittimato a ricorrere allo strumento del conflitto tra poteri dello
Stato» (ordinanza n. 177 del 1998; nello stesso senso,  ordinanza  n.
277 del 2017 e sentenza n. 225 del 2001); 
    che, per le complessive ragioni illustrate, sono inammissibili  i
ricorsi promossi da Giulio Marcon, Giuseppe Civati, Beatrice Brignone
e Andrea Maestri nei confronti del Governo. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara inammissibili i ricorsi per  conflitto  di  attribuzione
tra poteri dello Stato, proposti da Giulio Marcon,  Giuseppe  Civati,
Beatrice Brignone e Andrea Maestri, nella qualita'  di  membri  della
Camera dei deputati nella XVII legislatura, nei confronti del Governo
della Repubblica italiana, in persona del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2018. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE