N. 103 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 febbraio 2017

Ordinanza del 15 febbraio 2017 del Tribunale  superiore  delle  acque
pubbliche sul ricorso proposto  dal  Comune  di  Castions  di  Strada
contro Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, Giovannini  Alberto  e
Marano Fabrizio. 
 
Acque pubbliche - Norme della Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia
  - Tutela dei corpi idrici superficiali  e  delle  aree  fluviali  -
  Divieto di costruzione di opere all'interno della  struttura  degli
  argini dei corsi d'acqua - Esclusione dal divieto  di  manufatti  e
  lavori  funzionali  all'esercizio  di  concessioni  di  derivazione
  idroelettrica - Mancata previsione. 
- Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 29 aprile  2015,
  n. 11 (Disciplina organica in materia di  difesa  del  suolo  e  di
  utilizzazione delle acque), art. 18, comma 3. 
(GU n.33 del 22-8-2018 )
 
            IL TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE 
 
    riunito in camera  di  consiglio,  composto  dagli  illustrissimi
signori: 
        1. Segreto dott. Antonio - Presidente; 
        2. De Stefano dott. Franco - consigliere di cassazione; 
        3. Metro dott. Adolfo - consigliere di Stato - relatore; 
        4. Aureli dott. Sandro - consigliere di Stato; 
        5. Andronio dott. Alessandro M. - consigliere di cassazione; 
        6. Santoleri dott.ssa Stefania - consigliere di Stato; 
        7. Giardina dott. ing. Pasquale - esperto tecnico, 
giudici, 
    ha pronunciato la seguente ordinanza collegiale  nella  causa  in
sede di legittimita' iscritta nel ruolo generale  dell'anno  2016  al
numero 63, vertita tra Comune di Castions di Strada, in  persona  del
sindaco e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e  difeso,
come da procura a margine del ricorso, dagli avvocati Francesco Paolo
Mansi e Luca De Pauli, con domicilio eletto  presso  l'avv.  Federica
Scafarelli in Roma, via G. Borsi n. 4; ricorrente 
    contro Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia,  in  persona  del
Presidente in carica, rappresentata  e  difesa,  come  da  mandato  a
margine dell'atto di  costituzione,  dall'avv.  Vinicio  Martini,  ed
elettivamente domiciliata presso l'ufficio distaccato  della  Regione
stessa, sito in Roma, piazza Colonna n. 355; resistente 
    Alberto Giovannini; 
    Fabrizio Marano, 
non costituiti; 
Oggetto: annullamento 
    a) della nota prot-0016992/P del 22 giugno 2015  della  Direzione
centrale     ambiente     ed     energia      -      Area      tutela
geologico-idrico-ambientale  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia,  ad  oggetto  «Domanda  dd.  2  ottobre  2009,  e  successive
integrazioni, di concessione  di  derivazione  d'acque  dal  torrente
Cormor in Comune di Castions di Strada, ad uso idroelettrico (briglia
n. 8)»; 
    b) della nota prot-0016998/P del 22 giugno 2015  della  Direzione
centrale     ambiente     ed     energia      -      Area      tutela
geologico-idrico-ambientale  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia,  ad  oggetto  «Domanda  dd.  2  ottobre  2009,  e  successive
integrazioni, di concessione  di  derivazione  d'acque  dal  torrente
Cormor in Comune di Castions di Strada, ad uso idroelettrico (briglia
n. 9)»; 
    c) della nota prot-0021689/P del 14 agosto 2015  della  Direzione
centrale     ambiente     ed     energia      -      Area      tutela
geologico-idrico-ambientale  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia,  ad  oggetto  «Domanda  dd.  2  ottobre  2009,  e  successive
integrazioni, di concessione  di  derivazione  d'acque  dal  torrente
Cormor in Comune di Castions di Strada, ad uso idroelettrico (briglia
n. 9)»; 
    d) della nota prot-0021690/P del 14 agosto 2015  della  Direzione
centrale     ambiente     ed     energia      -      Area      tutela
geologico-idrico-ambientale  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia,  ad  oggetto  «Domanda  dd.  2  ottobre  2009,  e  successive
integrazioni, di concessione  di  derivazione  d'acque  dal  torrente
Cormor in Comune di Castions di Strada, ad uso idroelettrico (briglia
n. 8)»; 
    e) della nota prot-0031680/P del 9 dicembre 2015 della  Direzione
centrale     ambiente     ed     energia      -      Area      tutela
geologico-idrico-ambientale  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia,  ad  oggetto  «Domanda  dd.  2  ottobre  2009,  e  successive
integrazioni, di concessione  di  derivazione  d'acque  dal  torrente
Cormor in Comune di Castions di Strada, ad uso idroelettrico (briglia
n. 8)»; 
    f) della nota prot-0031681/P del 9 dicembre 2015 della  Direzione
centrale     ambiente     ed     energia      -      Area      tutela
geologico-idrico-ambientale  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia,  ad  oggetto  «Domanda  dd.  2  ottobre  2009,  e  successive
integrazioni, di concessione  di  derivazione  d'acque  dal  torrente
Cormor in Comune di Castions di Strada, ad uso idroelettrico (briglia
n. 9)»; 
    g) di tutti gli  altri  atti  comunque  connessi,  presupposti  e
conseguenti  a  quelli  come  sopra  indicati,  ivi  compresi  quelli
eventualmente nelle more emanati. 
 
                              Ordinanza 
 
    Con ricorso notificato in data 9, 10 e 11 febbraio 2016 il Comune
di Castions di Strada ha impugnato le note del 9 dicembre 2015  della
Regione Friuli-Venezia Giulia con le quali sono state  archiviate  le
domande  originariamente  presentate  al   fine   del   rilascio   di
concessioni idroelettriche sul fiume  Cormor,  con  riferimento  alle
quali era stata successivamente richiesta la revisione  dei  progetti
in collaborazione con un costituendo Consorzio di bonifica,  al  fine
di utilizzare le opere di presa come funzionali all'alimentazione  di
rete di impianti consortili, con finalita'  irrigue  e  di  bonifica;
cio' al fine di rendere compatibili tali domande con la  sopravvenuta
disciplina  di  cui  alla  legge  regionale  n.  11/2015  (Disciplina
organica in materia di difesa del  suolo  e  di  utilizzazione  delle
acque). 
    Con il ricorso si sostiene l'illegittimita'  delle  archiviazioni
delle domande riferite anche ai  nuovi  progetti  e  l'illegittimita'
costituzionale  dell'art.  18,  comma  3  della  legge  regionale  n.
11/2015, perche' in contrasto con la disciplina generale e  regionale
in materia di energia, con gli articoli 117, commi 2 e 3 e  97  della
Costituzione, con l'art. 12 del decreto legislativo n. 287/2003,  con
la normativa comunitaria (direttiva 2009/28/CE) e con le linee  guida
adottate con decreto ministeriale 10 settembre 2010. 
    La regione ha sostenuto che  la  norma  impugnata  facendo  parte
della materia «governo del territorio», con  particolare  riferimento
al rischio idrogeologico e idraulico, sarebbe estranea  alla  materia
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e,  di
conseguenza, non andrebbe sindacata  in  base  ai  principi  generali
dettati per quest'ultima; inoltre, l'aumento delle energie  da  fonte
idroelettrica non sarebbe prevista tra gli strumenti per  raggiungere
il tetto prefissato dei consumi da energie rinnovabili e, quindi, non
sussisterebbe il contrasto con gli obblighi nazionali e comunitari. 
    Con separata sentenza questo Tribunale ha respinto il  primo  dei
tre motivi del  ricorso  (R.G.  63/16)  proposto  nei  confronti  dei
provvedimenti di archiviazione disposti dalla regione che,  peraltro,
nella  parte  relativa  alla  originaria  domanda   di   concessione,
risultano   basati   sulla   norma   oggetto   delle   questioni   di
costituzionalita'. 
 
                               Diritto 
 
    Con gli ultimi due motivi del ricorso in esame,  complessivamente
considerati,   il   Comune   di   Castions   di    Strada    sostiene
l'incostituzionalita' dell'art. 18, comma 3 della legge regionale  n.
11/2015 con cui si dispone che  «all'interno  della  struttura  degli
argini dei corsi d'acqua non e' consentita la costruzione di opere di
qualunque tipologia, a eccezione della realizzazione di  manufatti  e
di lavori funzionati  al  mantenimento  in  efficienza  degli  argini
stessi, alla  difesa  idraulica,  al  contenimento  delle  piene,  al
soccorso  pubblico,  alla  tutela  della   pubblica   incolumita'   e
dell'ambiente o di manufatti di presa funzionati all'alimentazione di
reti e impianti consortili aventi finalita' irrigue o  di  bonifica»:
in particolare, tale normativa,  precludendo,  in  via  generale,  il
rilascio di concessioni per  finalita'  idroelettriche,  mediante  il
divieto di costruzioni di opere - e quindi  di  lavori  o  manufatti,
come subito dopo la stessa disposizione si  esprime  -  di  qualunque
tipologia all'interno della struttura degli argini,  si  porrebbe  in
contrasto con i sopra richiamati principi costituzionali,  oltretutto
rafforzati dagli  obblighi  di  fonte  eurounitaria,  in  materia  di
produzione di energia da  fonti  rinnovabili,  ma  pure  in  tema  di
razionalita' e legittimita' dell'azione amministrativa. 
    Ritiene il Tribunale che le questioni prospettate siano rilevanti
al  fine  della  procedibilita'  delle  domande  di  concessione   di
derivazione proposte dal comune ricorrente e che,  pertanto,  l'esito
del giudizio proposto dipenda dalla risoluzione  di  tali  questioni:
infatti,  l'applicazione  della  normativa  regionale  -   oltretutto
sopravvenuta rispetto alle  domande  di  concessione  di  derivazione
d'acqua ad uso idroelettrico dal  fiume  Cormor  per  cui  e'  causa,
oggetto della delibera comunale n. 144/09 - e', con ogni evidenza, la
ragione determinante, se non esclusiva allo stato (per avere prevalso
anche su ogni altro aspetto, compreso  quello  della  valutazione  di
impatto ambientale)  e  comunque  ai  fini  della  definizione  degli
ulteriori due motivi di ricorso all'esame di questo Tribunale,  della
reiezione delle domande  dell'odierno  ricorrente,  per  apparire  la
normativa stessa preclusiva in assoluto di qualunque opera  anche  se
destinata alla realizzazione di impianti per la produzione di energie
da fonti rinnovabili, come appunto si verifica nella specie. 
    Ritiene, poi, il  Tribunale  che  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale  della  richiamata  normativa   regionale   siano   da
qualificarsi altresi' non manifestamente infondate. 
    In via preliminare, deve ritenersi priva  di  pregio  l'eccezione
della regione secondo cui la norma  oggetto  di  incostituzionalita',
riguardando  il  governo  del  territorio,  sarebbe   estranea   alla
disciplina  relativa  alla  produzione  di  energia,   essendo   tale
normativa di rilievo  costituzionale  e  attinente  ai  principi  che
regolano la ripartizione delle materie tra lo Stato e la regione. 
    Il legislatore statale, attraverso la disciplina delle  procedure
di autorizzazione delle fonti rinnovabili ha introdotto principi che,
per costante giurisprudenza costituzionale, non  tollerano  eccezioni
sul territorio  nazionale  in  quanto  espressione  della  competenza
legislativa concorrente in materia di energia di  cui  all'art.  117,
comma 3 della Costituzione. 
    La normativa  comunitaria  e  nazionale  manifesta,  inoltre,  un
«favor» per le fonti energetiche rinnovabili (di  recente,  direttiva
2009/28/CE che ha modificato e abrogato precedenti direttive) e  tale
orientamento e' stato recepito dal decreto legislativo  n.  387/2003,
il cui art. 12 enuncia i principi fondamentali nella materia. 
    La normativa statale di cornice rinvia alle linee guida di cui al
comma 10 del cit. art. 12, che hanno  il  compito  di  assicurare  il
corretto  inserimento  degli  impianti,  prevedendo   che   eventuali
limitazioni possono essere apposte non in via generale, ma in ragione
di specifiche tipologie progettuali e costruttive, perche' il divieto
assoluto   non   consentirebbe   l'espletamento   dei    procedimenti
autorizzativi  all'interno  dei  quali  devono  essere   valutati   i
requisiti  degli  impianti  e  la  loro  rispondenza  agli  interessi
pubblici primari della tutela dell'ambiente e del sistema energetico. 
    La norma in esame, nella parte in cui impedisce la costruzione di
opere - ovvero  di  lavori  e  manufatti  -  di  qualsiasi  tipologia
riconducibile ad impianti variamente coinvolti  nella  produzione  di
energie da fonte  idroelettrica  all'interno  della  struttura  degli
argini  dei  corsi  d'acqua,  interferisce   in   modo   evidente   e
determinante con la materia della produzione di energia, determinando
l'effetto di precluderne in concreto la realizzazione. 
    In altri termini, una norma, come quella impugnata, che impedisca
in modo aprioristico la costruzione di opere, ovvero di  manufatti  e
lavori, negli argini  dei  corsi  d'acqua  pure  quando  destinate  o
funzionali   all'esercizio   delle   concessioni    di    derivazione
idroelettrica, senza farsi carico  cioe'  di  una  valutazione  delle
caratteristiche  dei  singoli  progetti  rapportati   alle   concrete
condizioni dei luoghi ed alla comparazione degli interessi  in  gioco
nel  caso  specifico,  alle  quali  e'  specificamente  deputato   il
procedimento unito disciplinato dall'art. 12 del decreto  legislativo
n. 387 del 2003, viola  appunto  quest'ultimo,  come  oggi  integrato
dalle linee guida previste dal suo decimo  comma  (poi  adottate  con
decreto del Ministro dello  sviluppo  economico  10  settembre  2010,
emanato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela  del
territorio e del mare e con il Ministro per i  beni  e  le  attivita'
culturali (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati
da fonti rinnovabili),  e  come  emendato,  ma  non  sul  punto,  dal
successivo decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione  della
direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da  fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE). 
    In  sintesi,  in  materia  di  localizzazione  di   impianti   di
produzione  di  energia  rinnovabile,  alle  regioni  e'   consentito
soltanto individuare, caso per caso, «aree e siti non idonei», avendo
specifico riguardo alle  diverse  fonti  e  alle  diverse  taglie  di
impianto, in via di eccezione e solo qualora cio' sia necessario  per
proteggere    interessi    costituzionalmente    rilevanti     (Corte
costituzionale, sentenza n. 13 del 2014, punto 3.2 della  motivazione
in diritto). 
    E, nell'interpretazione della Corte costituzionale (tra le  molte
e per limitarsi alle piu' recenti, v. Corte costituzionale,  sentenze
n. 166 del 2014, n. 224 del 2012, n. 44 del 2011, n. 119 del  2010  e
n. 282 del 2009), l'art. 12 del decreto legislativo n. 387  del  2003
enuncia principi fondamentali della materia, a  riparto  concorrente,
attinente  alla  produzione,  trasporto  e  distribuzione   nazionale
dell'energia: sicche' la normativa regionale non puo' discostarsi  da
quanto  previsto  dal  legislatore  statale  a  tale  titolo,   senza
incorrere nella violazione dell'art. 117, comma  terzo,  della  Carta
fondamentale; e tanto perche'  il  principio  di  massima  diffusione
delle fonti di energia rinnovabile, derivante dalla normativa europea
e  recepito  dal  legislatore  nazionale,  «trova  attuazione   nella
generale utilizzabilita' di tutti i terreni per l'inserimento di tali
impianti, con le eccezioni, stabilite dalle  regioni,  ispirate  alla
tutela di altri  interessi  costituzionalmente  protetti  nell'ambito
delle materie di competenza  delle  regioni  stesse.  Non  appartiene
invece alla competenza legislativa della stessa regione la  modifica,
anzi il rovesciamento, del principio generale contenuto nell'art. 12,
comma 10, del decreto legislativo n. 387  del  2003.  [...].»  (Corte
costituzionale, sentenza n. 224 del 2012). 
    Risulta evidente allora che, nella parte in cui essa non eccettua
le costruzioni indispensabili  alla  realizzazione  di  impianti  per
l'esercizio di concessioni di derivazioni  idroelettriche,  la  norma
regionale impugnata persegue un  obiettivo  che  trascende  i  limiti
tracciati  dalla  normativa  statale  di  principio,  in  un   ambito
materiale ove la Corte costituzionale ha gia' ravvisato la prevalenza
della materia «energia»  (sentenza  n.  119  del  2010).  Si  tratta,
infatti, di conseguire lo scopo, originato dal  diritto  dell'Unione,
di raggiungere una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili,  come
indicato da ultimo dall'art. 3 del decreto legislativo 3 marzo  2011,
n.  28  (Attuazione  della  direttiva  2009/28/CE  sulla   promozione
dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e
successiva abrogazione delle direttive 2011/77/CE e  2003/30/CE):  in
tali sensi gia' si e' espressa la Corte costituzionale,  sentenza  n.
166 del 2014, p. 2 della motivazione in diritto. 
    Inoltre, la censurata disciplina regionale si pone  in  contrasto
con l'art. 117, secondo comma, della Costituzione perche',  limitando
aprioristicamente  il  libero  accesso   al   mercato   dell'energia,
creerebbe uno squilibrio  nella  concorrenza,  con  violazione  degli
articoli 3 e 41 della  Costituzione;  mentre,  privando  la  pubblica
amministrazione, con tale  aprioristica  preclusione  di  valutazioni
comparative, della possibilita'  di  contemperare  gli  interessi  in
gioco per rendere compatibili le esigenze della produzione di energia
da fonti rinnovabili con gli  altri  molteplici  pubblici  e  privati
interessi coinvolti violerebbe pure i canoni consacrati nell'art.  97
della Carta fondamentale. 
    Tutte le richiamate  disposizioni  devono  considerarsi  principi
fondamentali in materia di produzione di energia  e  di  governo  del
territorio  e,  come  tali,  vincolanti   la   potesta'   legislativa
regionale, che non puo' ad essi derogare. 
    In conclusione, questo Tribunale superiore  ritiene  rilevante  e
non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3, 41, 97,
117 comma terzo della  Costituzione,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art.  18,  comma  terzo,  della  legge  regionale
Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2015, n. 11, nella parte in  cui  non
prevede che siano esclusi dal divieto di costruzione i manufatti ed i
lavori  funzionali  all'esercizio  di  concessioni   di   derivazione
idroelettrica. 
    Pertanto, solleva, ai sensi dell'art. 23  della  legge  11  marzo
1953, n. 87, la relativa questione  di  legittimita'  costituzionale,
secondo  i  profili  e  nei   termini   indicati,   con   sospensione
dell'ulteriore corso del procedimento sul ricorso R.G. 63/16. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, visti gli  articoli
134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
agli articoli 3, 41, 97,  117  terzo  comma  della  Costituzione,  la
questione della legittimita' costituzionale  dell'art.  18,  comma  3
della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 29 aprile  2015,  n.  11,
secondo i profili e nei termini indicati in motivazione; 
    Dispone la sospensione del presente giudizio; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti  del  giudizio,  al  Presidente  della  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia; 
    Dispone l'immediata trasmissione degli  atti,  comprensivi  della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
    Cosi'  deciso  in  Roma  dal  Tribunale  superiore  delle   acque
pubbliche nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2017. 
 
                       Il Presidente: Segreto