N. 130 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 marzo 2018
Ordinanza del 20 marzo 2018 del G.I.P. del Tribunale di Nuoro nel procedimento penale a carico di P. F.. Processo penale - Chiusura delle indagini preliminari - Ordinanza di archiviazione per particolare tenuita' del fatto - Impugnabilita' - Mancata previsione. - Codice di procedura penale, artt. 410-bis e 411, comma 1-bis. In subordine: Processo penale - Chiusura delle indagini preliminari - Richiesta di archiviazione per particolare tenuita' del fatto - Notificazione all'indagato. - Codice di procedura penale, art. 411, comma 1-bis.(GU n.39 del 3-10-2018 )
TRIBUNALE DI NUORO ufficio del giudice per le indagini preliminari Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale (art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87). Il giudice Mauro Pusceddu, letta la richiesta di archiviazione del pubblico ministero in data 8 marzo 2018; esaminati gli atti del relativo procedimento penale a carico di P. F. nato a ... il ... indagato per i delitti di cui agli articoli 336, 341-bis del codice penale; Premesso che il pubblico ministero nel procedimento in epigrafe richiede l'archiviazione del procedimento nei confronti di P. F., indagato per il delitto di cui all'art. 337 del codice di procedura penale per aver minacciato un carabiniere in servizio al fine di dissuaderlo dal procedere alla contestazione di una infrazione al codice della strada, e per connesso oltraggio. L'archiviazione e' richiesta per tenuita' del fatto, con motivazioni consistenti nella occasionalita' del fatto, desunta dalla incensuratezza e dalla tenuita' oggettiva della minaccia nel contesto in cui questa e' comunque avvenuta. Il P. F. ha ricevuto la notifica della richiesta il 23 gennaio U.S. e non si e' opposto. Pertanto sussiste ormai il potere di questo giudice di pronunciarsi sulla richiesta di archiviazione per tenuita' del fatto, che appare astrattamente fondata, ma dalla cui concreta emissione e discenderebbe il potere/dovere di iscrivere o meno questo provvedimento al casellario. Secondo la Cassazione (1) tale possibilita' sarebbe pero' preclusa per la inoppugnabilita' del provvedimento archiviazione per tenuita'. Se cosi' non fosse, osserva la Cassazione, il sistema sarebbe costituzionalmente illegittimo. Chi scrive condivide quest'ultima conclusione, ma ritiene, per le ragioni che seguono, che anche la prospettazione offerta dalla Cassazione apra, per profili diversi, altre questioni di costituzionalita' sotto evidenziate, Osserva La questione che ci si appresta a enunciare e' ovviamente rilevante nel presente giudizio, perche' si tratta di decidere se del provvedimento decisorio di archiviazione debba essere ordinata a cura di questo giudice l'iscrizione oppure no. La questione e' centrale nella disciplina della tenuita' del fatto, ma anche per le conseguenze ulteriori e concrete per questo procedimento e che nascono dalla non-iscrizione. Ha infatti importanti conseguenze chiarire se della valutazione giudiziale in termini di tenuita' di un fatto-reato debba restare traccia nel certificato del casellario. La piu' importante e' evitare ulteriori concessioni del beneficio di cui all'art. 131-bis del codice penale; ma evitare ingiustificate concessioni del beneficio della sospensione condizionale della pena che presuppone ex art. 164, comma 1, una valutazione in ordine a indici da cui desumere che il prevenuto si asterra' da ulteriori reati (in merito al quale la precedente commissione di un fatto penalmente rilevante pesa in senso negativo perche' tale norma richiama il 133 che a sua volta prevede la rilevanza di precedenti penali, giudiziari o la condotta di vita in genere antecedente al reato); sia anche con riferimento alla valutazione delle esigenze cautelari 274, lettera C) del codice di procedura penale, giudizio che si fonda su indici ulteriori rispetto alla gravita' del fatto (comportamenti, o atti concreti o dai suoi precedenti penali) tra i quali evidentemente la commissione di pregressi fatti reato (seppur tenui) rileva in modo altrettanto sfavorevole. La norma di cui alla lettera F dell'art. 3, legge casellario, prevede che (i provvedimenti giudiziari definitivi che hanno prosciolto l'imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilita', o disposto una misura di sicurezza, nonche' quelli che hanno dichiarato la non punibilita' ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale;). Tale norma poteva ben essere interpretata nel senso che quel nonche' fosse in funzione avversativa del concetto di «provvedimento definitivo». Dunque il senso sarebbe stato di ritenere iscrivibili i provvedimenti giudiziari definitivi ma anche che i provvedimenti non definitivi di tenuita', quali le archiviazioni. Invece e' interpretata dalla Cassazione in senso opposto, ovvero nel senso di consentire l'iscrizione dei soli provvedimenti di non punibilita' per tenuita' se definitivi. E l'archiviazione non lo sarebbe. La Cassazione, infatti afferma invece che «Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuita' del fatto non e' ricorribile per Cassazione, se non per far valere una nullita' di cui all'art. 127 del codice di procedura penale - come espressamente previsto dall'art. 409, comma sesto del codice di procedura penale - in quanto, non essendo iscrivibile nel casellario giudiziale, trattandosi di provvedimento non definitivo, e non essendo, pertanto, lesivo della posizione dell'indagato, non vi e' interesse da parte di quest'ultimo ad impugnare. (sez. 3, n. 30685 del 26 gennaio 2017 - dep. 20 giugno 2017, Vanzo, Rv.. 27024701)». A fronte di questa interpretazione occorre dare atto che il sistema della archiviazione per tenuita' del fatto, negli stessi lavori parlamentari, vedeva il punto centrale del ruolo deflattivo proprio nel provvedimento di archiviazione e in particolare nella sua pacifica iscrivibilita'. Le finalita' dell'istituto erano due e sono espressamente precisate nella relazione parlamentare illustrativa al decreto legislativo n. 28 del 15 marzo 2015. In primo luogo, sotto il profilo sostanziale, l'istituto realizza quella che e' stata efficacemente chiamata «depenalizzazione in concreto», espungendo dall'area della punibilita' quei fatti storici che ne appaiano «immeritevoli» (omissis). In secondo luogo, sotto il profilo processuale, l'istituto contribuisce a realizzare l'esigenza di alleggerimento del carico giudiziario nella misura in cui la definizione del procedimento tenda a collocarsi nelle sue prime fasi. Peraltro, la definizione anticipata per irrilevanza del fatto, altre a soddisfare le esigenze di deflazione processuale, risulta del tutto consona anche al principio di proporzione, essendo il dispendio di energie processuali per fatti bagatellari sproporzionato sia per l'ordinamento sia per l'autore, costretto a sopportare il peso anche psicologico del processo a suo carico. Quindi il legislatore colloca la finalita' dell'istituto chiaramente in fase di archiviazione. La relazione suddetta giunge da affermarlo espressamente. Se la persona offesa e' portatrice di un vero e proprio «diritto ad essere» informata e a interloquire nelle determinazioni concernenti l'esercizio dell'azione penale, riconosciutole tra l'altra in particolare dalla direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, anche l'indagato puo' vantare consimili pretese seppure a diverse finalita', in effetti posta la necessita' di iscrivere nel casellario giudiziale il provvedimento di applicazione del nuovo istituto, ancorche' adottato mediante decreto d'archiviazione, ne viene che l'indagato potrebbe avere interesse ad evitare tale effetto sfavorevole in quanto eventualmente preclusivo di una futura fruizione dell'irrilevanza, mirando invece ad ottenere un risultato pienamente «liberatorio». In buona sostanza da subito deve esistere, secondo la ratio della norma, un filtro capace di arrestare alla fonte il procedimento, laddove sia immediatamente chiara la tenuita' specifica del fatto, riservando dunque l'esercizio della azione penale ai soli fatti tipici, colpevoli e non tenui. L'archiviazione dunque era il fulcro dell'effetto deflattivo; in quella fase si prevedeva dunque l'interlocuzione dell'indagato - che normalmente non vi e' - sul presupposto pacifico che l'archiviazione dovesse iscriversi. La tenuta del sistema era indissolubile dalla iscrizione nel casellario. Questa rivoluzione di sistema obiettivamente viene a mancare radicalmente con la non iscrivibilita' del provvedimento nel casellario della relativa archiviazione. Quindi, a parere di chi scrive, sia il canone di interpretazione letterale, sia quello teleologico, sia quello sistematico interno all'istituto portavano a ritenere che si dovesse iscrivere nel casellario il provvedimento di archiviazione per tenuita'. Il dato che ostava pero' e' stato rinvenuto dalla Cassazione 30685-17 nel (mancato coordinamento con) l'art. 409 del codice di procedura penale, comma 6 che non prevedeva alcuna forma di impugnazione per questa pregiudizievole iscrizione. Questo ha portato la Cassazione 30685-17 al comprensibile sforzo interpretativo (fondato sulla sistematica esterna all'istituto) che giunge a ritenere la compatibilita' costituzionale solo a costo di negare la ratio dell'istituto e il dato letterale e sistematico, e aggiunge chi scrive, l'utilita' concreta dell'istituto. Va segnalato poi che, per effetto della abrogazione dell'art. 409, comma 6 ad opera dell'art. comma 32, lettera C della legge 23 giugno 2017 di dieci giorni successiva alla pronuncia della Cassazione 30685-17, il tema si e' spostato sulla nuova disciplina delle impugnazioni delle archiviazioni, ovvero l'art. 410-bis del codice di procedura penale, che ridisciplina ampliandoli i casi di nullita' della archiviazione, ma non comprende ancora una volta la possibilita' di impugnare, nemmeno con quelle nuove modalita', il provvedimento di archiviazione per tenuita' del fatto, e dunque rimane ancora possibile il ragionamento della Corte di cassazione 30685-17. Ed e' dunque questo il nucleo della questione di costituzionalita' ed e' questa la norma che spiega diretti nel caso di specie anche in punto di rilevanza: la non impugnabilita' del provvedimento di archiviazione per tenuita' del fatto da cui viene fatta conseguire la non iscrivibilita' nel casellario. Si seguiranno due vie motivazionali. La prima e' quella che parte dal medesimo tracciato argomentativo della Cassazione 30685-17. La seconda e' quella che invece nega l'asserzione della non impugnabilita'. Entrambe le interpretazioni sollevano diversi profili di costituzionalita' che convergono pero' sulle medesime norme, ovvero l'art. 410-bis del codice di procedura penale e 411 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevedono la autonoma impugnabilita' della ordinanza di archiviazione per tenuita' del fatto. A) In merito al primo percorso, l'interpretazione della Cassazione 30685-17 solleva quindi alcuni profili di costituzionalita'. 1. La non impugnabilita' della ordinanza ex 411, comma 1-bis disegna un sistema irragionevole perche' comporta la necessita' dell'esercizio della azione penale al solo fine di ottenere un provvedimento di assoluzione iscrivibile nel certificato del casellario. Ne deriva la irragionevolezza del sistema ex art. 3 della Costituzione e la irragionevole durata del procedimento in relazione all'art. 111, comma secondo. Infatti, il pubblico ministero che gia' in fase di indagine si avvede della tenuita' specifica del fatto, se chiedesse e ottenesse la archiviazione per tenuita', otterrebbe un provvedimento del tutto inidoneo a produrre lo scopo specifico per il quale il legislatore lo ha, obiettivamente ed espressamente, pensato. Otterrebbe un provvedimento privo di effetti giuridici caratterizzanti. Invero, la non iscrizione nel certificato del casellario crea il paradosso di rendere inconoscibile erga omnes, e quindi non smentibile, la occasionalita' del fatto, con la conseguenza che la non punibilita' potrebbe essere concessa dunque piu' volte anche dallo stesso ufficio, e persino dallo stesso pubblico ministero che dovrebbe solo far affidamento, per evitarlo sulla personale memoria o registri interni (la cui legittimita', peraltro dubbia di una sorta di iscrizione ombra, non risolve i problemi di coordinamento con i provvedimenti altri uffici). Questo puo' comportare effetti distorsivi persino eclatanti nella ipotesi in cui, per esempio, numerosi fatti eteroaggressivi commessi da uno stesso soggetto siano considerati isolatamente tenui, senza che nessun ufficio requirente dunque sia (in assenza di iscrizione nel casellario) normativamente in grado di escludere la tenuita' sulla base di una visione di insieme; nessun ufficio requirente e' ad oggi in grado normativamente di evitare che il beneficio venga concesso piu' di una volta, in contraddizione con la natura ontologica del 131-bis del codice penale che presuppone la occasionalita'; il sistema e' quindi irrazionale perche' descrive una fisiologia operativa incompatibile con la prescrizione espressa secondo la quale la occasionalita' e' dato rilevante per la tenuita'. La disparita' di trattamento e' poi evidente perche' lo stesso fatto parcellizzato nelle sue componenti e non iscritto sfugge alla valutazione di occasionalita', mentre quello stesso fatto colto (casualmente) in una visione di insieme e' preclusivo della dichiarazione di non punibilita', proprio perche' non occasionale e perche' abituale (il comportamento e' abituale se ciascun fatto isolatamente considerato sia di particolare tenuita', art. 131-bis, comma terzo). Ancora: se e' impossibile la visione di insieme, le condotte eteroaggressive a gravita' progressiva (maltrattamenti e stalking, per esempio) sfuggono alla percezione; non e' possibile prevenire eventi fatali di cui l'esperienza giudiziaria e mediatica e' piena, con possibili conseguenze disciplinari per l'ufficio requirente. Per evitare cio' dunque gli uffici di Procura sono naturalmente costretti a posticipare al dibattimento la declaratoria di tenuita' del finto, imprimendo a procedimento e processo un'irragionevole prolungamento finalizzata alla sola iscrizione nel casellario. In questo modo la riforma finisce con introdurre solo una formula di proscioglimento in piu', senza alcun reale effetto deflattivo, posto che il processo si deve celebrare comunque fino alla sentenza dibattimentale definitiva se si vuole, con l'iscrizione del procedimento, cogliere la rilevanza dichiarativa della non punibilita'. Insomma se la finalita' deflattiva e' dal legislatore fatta coincidere con il provvedimento iscrivibile, se questo e' solo il provvedimento-sentenza-dibattimentale o in abbreviato (perche' per le ragioni che si esporranno oltre, nemmeno per la predibattimentale ex 469 e' possibile l'iscrizione), allora per ottenere un «effetto giuridico» tutto il procedimento deve allungarsi e tendere fino a quell'estremo. Ma allora si ha irragionevole negazione della premessa, ovvero della finalita' deflattiva e della proporzione tra reato e carico psicologico perdurante sull'imputato, come descritto nei lavori preparatori, danno questo non certo disgiunto dalla durata dei tempi dibattimentali. Con riguardo, poi alla violazione del principio di ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, secondo periodo, della Costituzione), la Corte costituzionale (sentenza n. 16 del 29 gennaio 2016) Corte ha ripetutamente affermato che - alla luce dello stesso richiamo al connotato di «ragionevolezza», che compare nella formula costituzionale - possono arrecare un vulnus a quel principio solamente le norme «che comportino una dilatazione dei tempi del processo non sorrette da alcuna logica esigenza» (ex plurimis, sentenze n. 23 del 2015, n. 63 e n. 56 del 2009, n. 148 del 2005). E' il caso di specie, perche' la mancata impugnabilita' della archiviazione delinea una violazione diretta della ragionevolezza e del principio della ragionevole durata del procedimento, la cui durata, perche' la declaratoria di tenuita' abbia senso, e' prolungata con al solo scopo di ottenere un provvedimento iscrivibile, benche' fin da subito sussistano gli estremi e il potere di provvedere, frustrandosi cosi' le finalita' di deflazione (e da qui la irragionevolezza perche' la norma ottiene un effetto opposto al fine previsto dal legislatore) e di ragionevole durata. Tutto cio' e' diretta conseguenza della mancata impugnabilita' della archiviazione, nei termini sopra specificati. 2. La non impugnabilita' della ordinanza ex 411, comma 1-bis e quindi la Cassazione 30685-17, comporta una irragionevole disparita' di trattamento tra chi per lo stesso fatto vede la non punibilita' iscritta nel casellario se pronunciata in giudizio e chi invece cio' vede pronunciato in archiviazione. Ipotizzando fatti identici, uno dei quali definito con archiviazione l'altro definito in sede di dibattimento, consegue che solo la definizione in dibattimento comporta l'effetto pregiudizievole che l'archiviazione non produce. Ovviamente la situazione non e' affatto paragonabile a quella di chi nel giudizio si vede assolto e chi per lo stesso fatto vede un'archiviazione a suo favore, perche' in questi casi entrambi i procedimenti non verranno mai iscritti nel casellario e quindi il confronto e' del tutto uniforme. E' questa un'anomalia senza precedenti nel codice di procedura penale, perche' nei cosiddetti riti premiali si puo' assistere a una condanna con effetti diversi a seconda del rito processuale, ma sempre collegati a una scelta dell'indagato-imputato (patteggiamento, abbreviato, messa alla prova e persino decreto penale al quale ci si puo' opporre). Cosi' non e' nel caso in oggetto, nel quale assistiamo a una duplice irragionevolezza consistente in fatti identici che divengono suscettibili di effetti processuali diversi e nel dato che la scelta di tali effetti diversi non dipende dall'indagato, ma solamente dal pubblico ministero. 3. In questo caso, si nota a corollario del punto che precede, che l'effetto pregiudizievole deriva, come detto, da una mera scelta del pubblico ministero che per due casi identici potrebbe con discrezionalita' assoluta decidere di esercitare in caso o non esercitare nell'altro la azione penale e produrre o non produrre l'effetto pregiudizievole della iscrizione. Il tutto, si badi, al ricorrere dello stesso presupposto della identica tenuita' del medesimo fatto. Questa irrazionalita' di sistema; questo vizio di costituzionalita' dell'art. 112 del codice civile - obbligatorieta' della azione penale - ma anche il profilo di irragionevole differenza di trattamento per un caso identico verrebbero a mancare con l'accoglimento della questione di costituzionalita', perche' a questa scelta discrezionale del pubblico ministero conseguirebbero quantomeno effetti identici. 4. La non impugnabilita' della ordinanza ex 411, comma 1-bis e quindi la Cassazione 30685-17, disegna una normativa irragionevole nella misura in cui la richiesta di archiviazione ordinaria non deve essere notificata all'indagato, mentre deve esser notificata al medesimo indagato nella ipotesi in cui venga chiesta per il profilo della tenuita' del fatto. Vi e' disparita' di trattamento e violazione dell'art. 3 della Costituzione. Ovviamente la interlocuzione con l'indagato ha senso se e' funzionale al provvedimento pregiudizievole iscrivibile. Ma se il provvedimento non e' iscrivibile, la distinzione non ha alcun senso. Assicurare l'interlocuzione con l'indagato in caso di tenuita' del fatto e non prevederla nell'identico caso ordinario e' una irragionevole distinzione che comporta solo nel primo caso la necessita' di fissare udienza, assicurare un contraddittorio ed emettere sulla base di cio' una valutazione ponderata che nel caso ordinario non vi e', e che nel caso della «tenuita'» non ha alcun senso, perche' secondo la Cassazione sfocia in un provvedimento non pregiudizievole. Ricorda la Corte costituzionale che le scelte legislative sono pertanto censurabili, in sede di sindacato di legittimita' costituzionale, solo ove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio (ex plurimis, sentenze n. 273 e n. 47 del 2010, ordinanza n. 71 del 2007, nonche', piu' di recente, con particolare riguardo al trattamento sanzionatorio, sentenze n. 179 del 2017, n. 236 e n. 148 del 2016), come avviene quando ci si trovi a fronte di sperequazioni sanzionatorie tra fattispecie omogenee non sorrette da alcuna ragionevole giustificazione (tra le altre, sentenze n. 56 e n. 23 del 2016, n. 81 del 2014, n. 68 del 2012; ordinanza n. 30 del 2007). Il confronto tra fattispecie normative, finalizzato a verificare la ragionevolezza delle scelte legislative, presuppone, dunque, necessariamente l'omogeneita' delle ipotesi poste in comparazione (sentenza n. 161 del 2009, ordinanza n. 41 del 2009). In questo caso il confronto tra ipotesi di archiviazione ordinaria e per fatto tenue, se davvero sfocia in provvedimenti ontologicamente identici, comporta l'irragionevolezza del diverso rito. 5. Anche in questo caso vi e' una irragionevole durata del procedimento perche' a fronte di effetti identici si assicura in un caso la decisione de plano e senza citazione e nell'altro caso no. B) Orbene, fin qui si sono evidenziati profili di incostituzionalita' che emergono dalla interpretazione della Cassazione che ha tentato una riduzione a legittimita' della disciplina, a costo pero' di una interpretazione che evidenzia profili di irrazionalita' del sistema, e una portata quasi abrogatrice della disciplina della tenuita' del fatto, quanto a effetti concreti deflattivi che ne costituivano la ratio. In via alternativa alla impostazione fin qui rappresentata potrebbe sostenersi che gli argomenti sopra esposti non determinino vizi di costituzionalita', ma rappresentino indici interpretativi che portano a sostenere che l'interpretazione data dalla Cassazione in questione sia errata e dunque il provvedimento di archiviazione di tenuita' del fatto debba essere iscritto. Si puo' dunque ribaltare la questione e partire dal presupposto che il provvedimento di archiviazione per tenuita' del fatto debba essere iscritto nel casellario, essendo questa l'unica interpretazione conforme alla lettera del testo; alla finalita' dell'istituto, alla volonta' del legislatore, alla coerenza interna del sistema. Ma allora si apre davvero il fronte di costituzionalita' evidenziato giustamente dalla Cassazione, ovvero: Tuttavia risulta evidente che la norma che non consente il ricorso in Cassazione nei casi di lesioni degli interessi dell'indagata potrebbe ritenersi non conforme alla Costituzione (questione di costituzionalita' non manifestamente infondata, relativamente all'art. 3 e 24 della Costituzione e all'art. 6 CEDU) e all'art. 2 del protocollo 7 CEDU: «Ogni persona dichiarata colpevole da un tribunale ha il diritto di far esaminare la dichiarazione di colpevolezza o la condanna da una giurisdizione superiore. L'esercizio di tale diritto, ivi compresi i motivi per cui esso puo' essere esercitato, e' disciplinato dalla legge». Indubbiamente l'applicazione dell'art. 131-bis del codice penale presuppone un riconoscimento della commissione del fatto reato. Anche questa interpretazione converge sul tema della costituzionalita' della stessa norma di cui all'art. 411, comma 1-bis. Per inciso, lo aprirebbe per identiche ragioni anche con riferimento alla sentenza predibattimentale inappellabile per tenuita' del fatto di cui all'art. 469 del codice di procedura penale - espressamente non impugnabile - ma e' fattispecie non attaccabile in questa sede per difetto di rilevanza concreta in questo giudizio. In conclusione l'interpretazione della Cassazione tenta di salvare la costituzionalita' dell'istituto ricostruendolo pero' in maniera incompatibile con il dato sistematico, testuale e teleologico ma obiettivamente compatibile con la (odierna) norma positiva di cui all'art. 410-bis del codice di procedura penale che non prevede il ricorso in Cassazione o altra forma di impugnazione per i provvedimenti di archiviazione e limita le impugnazioni rendendole interne all'ufficio - e limitate alla causa di nullita'. Questa lettura, se salva un solo profilo di costituzionalita' impedendo che un provvedimento pregiudizievole e non impugnabile venga iscritto nel casellario, come una coperta troppo corta, lascia scoperti altri e, ad avviso di chi scrive, insuperabili problemi di costituzionalita' che possono essere risolti solo con una prospettiva inversa, ma definitiva e completa, ovvero la iscrivibilita' del provvedimento di archiviazione per tenuita' del fatto e contemporaneamente la incostituzionalita' dell'art. 410-bis del codice di procedura penale nella parte in cui non consente l'impugnazione del provvedimento di archiviazione per tenuita' del fatto. Si tratta dunque a ben vedere di un problema che nasce da un mancato coordinamento legislativo tra la nuova normativa della tenuita' del fatto e il preesistente art. 409, comma 6, che a sua volta non e' stato colto quando si e' introdotta la norma di cui all'art. 410-bis del codice di procedura penale e dell'art. 411, comma 1-bis, nella parte in cui continua a non prevedere la impugnazione della ordinanza di archiviazione per tenuita' del fatto. In subordine deve ritenersi che il contraddittorio con l'indagato di cui all'art. 411, comma 1-bis sia incostituzionale per le ragioni esposte. (1) Cassazione sez. 3, n. 30685 del 26 gennaio 2017 - dep. 20 giugno 2017, Vanzo, Rv.. 27024701
P.Q.M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 410-bis del codice di procedura penale e 411, comma 1-bis, con riguardo agli articoli 3; 111 comma secondo, 112 della Costituzione nella parte in cui non prevedono l'impugnabilita' della ordinanza di archiviazione; in subordine dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' per contrasto con l'art. 3 della Costituzione dell'art. 411, comma 1-bis del codice di procedura penale; Sospende il procedimento e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla Cancelleria per la notifica della presente ordinanza alle parti in causa e la comunicazione al pubblico ministero in sede, al Presidente del Consiglio e per la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Nuoro il 19 marzo 2018 Il Giudice: Pusceddu