N. 130 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 marzo 2018

Ordinanza del 20 marzo 2018 del G.I.P. del  Tribunale  di  Nuoro  nel
procedimento penale a carico di P. F.. 
 
Processo penale - Chiusura delle indagini preliminari - Ordinanza  di
  archiviazione per particolare tenuita' del fatto - Impugnabilita' -
  Mancata previsione. 
- Codice di procedura penale, artt. 410-bis e 411, comma 1-bis. 
In subordine: Processo penale - Chiusura delle indagini preliminari -
  Richiesta di archiviazione per particolare  tenuita'  del  fatto  -
  Notificazione all'indagato. 
- Codice di procedura penale, art. 411, comma 1-bis. 
(GU n.39 del 3-10-2018 )
 
                         TRIBUNALE DI NUORO 
           ufficio del giudice per le indagini preliminari 
 
    Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale (art. 23, legge
11 marzo 1953, n. 87). 
    Il giudice Mauro Pusceddu, 
    letta la richiesta di archiviazione  del  pubblico  ministero  in
data 8 marzo 2018; 
    esaminati gli atti del relativo procedimento penale a  carico  di
P. F. nato a ... il ... indagato per i delitti di cui  agli  articoli
336, 341-bis del codice penale; 
    Premesso che il pubblico ministero nel procedimento  in  epigrafe
richiede l'archiviazione del procedimento nei  confronti  di  P.  F.,
indagato per il delitto di cui all'art. 337 del codice  di  procedura
penale per aver minacciato un carabiniere  in  servizio  al  fine  di
dissuaderlo dal procedere alla contestazione  di  una  infrazione  al
codice della strada, e per  connesso  oltraggio.  L'archiviazione  e'
richiesta per tenuita' del fatto, con motivazioni  consistenti  nella
occasionalita'  del  fatto,  desunta  dalla  incensuratezza  e  dalla
tenuita' oggettiva della minaccia  nel  contesto  in  cui  questa  e'
comunque avvenuta. 
    Il P. F. ha ricevuto la notifica della richiesta  il  23  gennaio
U.S. e non si e' opposto. 
    Pertanto  sussiste  ormai  il  potere  di   questo   giudice   di
pronunciarsi sulla richiesta di archiviazione per tenuita' del fatto,
che appare astrattamente fondata, ma dalla cui concreta  emissione  e
discenderebbe  il  potere/dovere   di   iscrivere   o   meno   questo
provvedimento al casellario. 
    Secondo  la  Cassazione  (1)  tale  possibilita'  sarebbe   pero'
preclusa per la inoppugnabilita' del provvedimento archiviazione  per
tenuita'. Se cosi' non  fosse,  osserva  la  Cassazione,  il  sistema
sarebbe  costituzionalmente   illegittimo.   Chi   scrive   condivide
quest'ultima conclusione, ma ritiene, per le ragioni che seguono, che
anche la prospettazione offerta dalla Cassazione  apra,  per  profili
diversi, altre questioni di costituzionalita' sotto evidenziate, 
 
                               Osserva 
 
    La questione  che  ci  si  appresta  a  enunciare  e'  ovviamente
rilevante nel presente giudizio, perche' si tratta di decidere se del
provvedimento decisorio di archiviazione debba essere ordinata a cura
di questo giudice l'iscrizione oppure no. 
    La questione e' centrale  nella  disciplina  della  tenuita'  del
fatto, ma anche per le conseguenze ulteriori e  concrete  per  questo
procedimento  e  che  nascono  dalla   non-iscrizione.   Ha   infatti
importanti conseguenze chiarire se della  valutazione  giudiziale  in
termini di tenuita' di  un  fatto-reato  debba  restare  traccia  nel
certificato del casellario. La piu' importante e'  evitare  ulteriori
concessioni del beneficio di cui all'art. 131-bis del codice  penale;
ma evitare ingiustificate concessioni del beneficio della sospensione
condizionale della pena che presuppone ex  art.  164,  comma  1,  una
valutazione in ordine a indici da cui desumere che  il  prevenuto  si
asterra' da  ulteriori  reati  (in  merito  al  quale  la  precedente
commissione di un fatto penalmente rilevante pesa in  senso  negativo
perche' tale norma richiama  il  133  che  a  sua  volta  prevede  la
rilevanza di precedenti penali, giudiziari o la condotta di  vita  in
genere  antecedente  al  reato);  sia  anche  con  riferimento   alla
valutazione delle esigenze cautelari 274, lettera C)  del  codice  di
procedura penale, giudizio che si fonda su indici ulteriori  rispetto
alla gravita' del fatto (comportamenti, o atti concreti  o  dai  suoi
precedenti penali)  tra  i  quali  evidentemente  la  commissione  di
pregressi fatti reato  (seppur  tenui)  rileva  in  modo  altrettanto
sfavorevole. 
    La norma di cui alla lettera F  dell'art.  3,  legge  casellario,
prevede  che  (i  provvedimenti  giudiziari  definitivi   che   hanno
prosciolto l'imputato o dichiarato non luogo a procedere per  difetto
di imputabilita', o disposto una misura di sicurezza, nonche'  quelli
che hanno dichiarato la non punibilita' ai  sensi  dell'art.  131-bis
del codice penale;). 
    Tale norma poteva ben essere  interpretata  nel  senso  che  quel
nonche' fosse in funzione avversativa del concetto di  «provvedimento
definitivo». Dunque il senso sarebbe stato di ritenere iscrivibili  i
provvedimenti giudiziari definitivi ma anche che i provvedimenti  non
definitivi di tenuita', quali le archiviazioni. 
    Invece e' interpretata dalla Cassazione in senso opposto,  ovvero
nel senso di consentire l'iscrizione dei soli  provvedimenti  di  non
punibilita' per tenuita' se  definitivi.  E  l'archiviazione  non  lo
sarebbe. 
    La Cassazione, infatti afferma invece che  «Il  provvedimento  di
archiviazione per particolare tenuita' del fatto non  e'  ricorribile
per Cassazione, se non per far valere una nullita'  di  cui  all'art.
127 del codice di procedura  penale  -  come  espressamente  previsto
dall'art. 409, comma sesto  del  codice  di  procedura  penale  -  in
quanto,  non   essendo   iscrivibile   nel   casellario   giudiziale,
trattandosi di provvedimento non definitivo, e non essendo, pertanto,
lesivo della posizione dell'indagato, non vi e' interesse da parte di
quest'ultimo ad impugnare. (sez. 3, n. 30685 del 26  gennaio  2017  -
dep. 20 giugno 2017, Vanzo, Rv.. 27024701)». 
    A fronte di questa  interpretazione  occorre  dare  atto  che  il
sistema della archiviazione per  tenuita'  del  fatto,  negli  stessi
lavori parlamentari, vedeva il punto centrale  del  ruolo  deflattivo
proprio nel provvedimento di archiviazione e in particolare nella sua
pacifica iscrivibilita'. 
    Le  finalita'  dell'istituto  erano  due  e  sono   espressamente
precisate  nella  relazione  parlamentare  illustrativa  al   decreto
legislativo n. 28 del 15 marzo 2015. 
    In primo luogo, sotto il profilo sostanziale, l'istituto realizza
quella che  e'  stata  efficacemente  chiamata  «depenalizzazione  in
concreto», espungendo dall'area della punibilita' quei fatti  storici
che ne appaiano «immeritevoli» (omissis). In secondo luogo, sotto  il
profilo processuale, l'istituto contribuisce a realizzare  l'esigenza
di alleggerimento del carico  giudiziario  nella  misura  in  cui  la
definizione del procedimento tenda a collocarsi nelle sue prime fasi.
Peraltro, la definizione anticipata per irrilevanza del fatto,  altre
a soddisfare le esigenze di deflazione processuale, risulta del tutto
consona anche al principio di proporzione, essendo  il  dispendio  di
energie processuali per  fatti  bagatellari  sproporzionato  sia  per
l'ordinamento sia per l'autore, costretto a sopportare il peso  anche
psicologico del processo a suo carico. 
    Quindi  il  legislatore  colloca   la   finalita'   dell'istituto
chiaramente in fase di archiviazione. 
    La relazione suddetta giunge da affermarlo espressamente. 
    Se la persona offesa e' portatrice di un vero e proprio  «diritto
ad  essere»  informata  e   a   interloquire   nelle   determinazioni
concernenti  l'esercizio  dell'azione  penale,   riconosciutole   tra
l'altra in particolare  dalla  direttiva  2012/29/UE  del  Parlamento
europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012,  anche  l'indagato  puo'
vantare consimili pretese seppure a  diverse  finalita',  in  effetti
posta  la  necessita'  di  iscrivere  nel  casellario  giudiziale  il
provvedimento di applicazione del nuovo istituto, ancorche'  adottato
mediante decreto d'archiviazione, ne viene  che  l'indagato  potrebbe
avere  interesse  ad  evitare  tale  effetto  sfavorevole  in  quanto
eventualmente preclusivo di una  futura  fruizione  dell'irrilevanza,
mirando invece ad ottenere un risultato pienamente «liberatorio». 
    In buona sostanza da subito deve esistere, secondo la ratio della
norma, un filtro capace di  arrestare  alla  fonte  il  procedimento,
laddove sia immediatamente chiara la tenuita'  specifica  del  fatto,
riservando dunque l'esercizio  della  azione  penale  ai  soli  fatti
tipici, colpevoli e non tenui. 
    L'archiviazione dunque era il fulcro dell'effetto deflattivo;  in
quella fase si prevedeva dunque l'interlocuzione dell'indagato -  che
normalmente non vi e' - sul presupposto pacifico che  l'archiviazione
dovesse iscriversi. 
    La tenuta del sistema  era  indissolubile  dalla  iscrizione  nel
casellario. 
    Questa rivoluzione di  sistema  obiettivamente  viene  a  mancare
radicalmente  con  la  non  iscrivibilita'  del   provvedimento   nel
casellario della relativa archiviazione. 
    Quindi, a parere di chi scrive, sia il canone di  interpretazione
letterale, sia quello teleologico,  sia  quello  sistematico  interno
all'istituto portavano  a  ritenere  che  si  dovesse  iscrivere  nel
casellario il provvedimento di archiviazione per tenuita'. 
    Il dato che ostava pero'  e'  stato  rinvenuto  dalla  Cassazione
30685-17 nel (mancato coordinamento con) l'art.  409  del  codice  di
procedura  penale,  comma  6  che  non  prevedeva  alcuna  forma   di
impugnazione per questa pregiudizievole iscrizione. 
    Questo ha portato la Cassazione 30685-17 al comprensibile  sforzo
interpretativo (fondato sulla sistematica esterna  all'istituto)  che
giunge a ritenere la compatibilita' costituzionale solo  a  costo  di
negare la ratio dell'istituto e il dato letterale  e  sistematico,  e
aggiunge chi scrive, l'utilita' concreta dell'istituto. 
    Va segnalato poi che, per  effetto  della  abrogazione  dell'art.
409, comma 6 ad opera dell'art. comma 32, lettera C  della  legge  23
giugno  2017  di  dieci  giorni  successiva  alla   pronuncia   della
Cassazione 30685-17, il tema si e' spostato  sulla  nuova  disciplina
delle impugnazioni delle archiviazioni,  ovvero  l'art.  410-bis  del
codice di procedura penale, che ridisciplina ampliandoli  i  casi  di
nullita' della archiviazione, ma non comprende ancora  una  volta  la
possibilita' di impugnare, nemmeno con  quelle  nuove  modalita',  il
provvedimento di archiviazione  per  tenuita'  del  fatto,  e  dunque
rimane ancora possibile il ragionamento  della  Corte  di  cassazione
30685-17. 
    Ed   e'   dunque   questo   il   nucleo   della   questione    di
costituzionalita' ed e' questa la norma che spiega diretti  nel  caso
di specie anche in punto di  rilevanza:  la  non  impugnabilita'  del
provvedimento di archiviazione per tenuita' del fatto  da  cui  viene
fatta conseguire la non iscrivibilita' nel casellario. 
    Si seguiranno due vie motivazionali. 
    La prima e' quella che parte dal medesimo tracciato argomentativo
della Cassazione 30685-17. La  seconda  e'  quella  che  invece  nega
l'asserzione della non impugnabilita'.  Entrambe  le  interpretazioni
sollevano diversi profili di costituzionalita' che  convergono  pero'
sulle medesime norme, ovvero l'art. 410-bis del codice  di  procedura
penale e 411 del codice di procedura penale nella parte  in  cui  non
prevedono la autonoma impugnabilita' della ordinanza di archiviazione
per tenuita' del fatto. 
    A)  In  merito  al  primo   percorso,   l'interpretazione   della
Cassazione   30685-17    solleva    quindi    alcuni    profili    di
costituzionalita'. 
    1. La non impugnabilita' della  ordinanza  ex  411,  comma  1-bis
disegna un  sistema  irragionevole  perche'  comporta  la  necessita'
dell'esercizio della azione  penale  al  solo  fine  di  ottenere  un
provvedimento  di  assoluzione  iscrivibile   nel   certificato   del
casellario. Ne deriva la irragionevolezza del sistema ex art. 3 della
Costituzione e la irragionevole durata del procedimento in  relazione
all'art. 111, comma secondo. 
    Infatti, il pubblico ministero che gia' in fase  di  indagine  si
avvede della tenuita' specifica del fatto, se chiedesse  e  ottenesse
la archiviazione per tenuita', otterrebbe un provvedimento del  tutto
inidoneo a produrre lo scopo specifico per il quale il legislatore lo
ha, obiettivamente ed espressamente, pensato. 
    Otterrebbe  un   provvedimento   privo   di   effetti   giuridici
caratterizzanti. 
    Invero, la non iscrizione nel certificato del casellario crea  il
paradosso  di  rendere  inconoscibile  erga  omnes,  e   quindi   non
smentibile, la occasionalita' del fatto, con la  conseguenza  che  la
non punibilita' potrebbe essere  concessa  dunque  piu'  volte  anche
dallo stesso ufficio, e persino dallo stesso pubblico  ministero  che
dovrebbe solo far affidamento, per evitarlo sulla personale memoria o
registri interni (la cui legittimita', peraltro dubbia di  una  sorta
di iscrizione ombra, non risolve i problemi di  coordinamento  con  i
provvedimenti  altri  uffici).   Questo   puo'   comportare   effetti
distorsivi persino eclatanti  nella  ipotesi  in  cui,  per  esempio,
numerosi fatti eteroaggressivi commessi da uno stesso soggetto  siano
considerati isolatamente tenui, senza che nessun  ufficio  requirente
dunque sia (in assenza di iscrizione nel  casellario)  normativamente
in grado di escludere la  tenuita'  sulla  base  di  una  visione  di
insieme; nessun ufficio requirente e' ad oggi in grado normativamente
di evitare che il beneficio venga concesso  piu'  di  una  volta,  in
contraddizione con la natura ontologica del 131-bis del codice penale
che presuppone la occasionalita'; il sistema  e'  quindi  irrazionale
perche'  descrive  una  fisiologia  operativa  incompatibile  con  la
prescrizione espressa secondo la  quale  la  occasionalita'  e'  dato
rilevante per la  tenuita'.  La  disparita'  di  trattamento  e'  poi
evidente perche' lo stesso fatto parcellizzato nelle sue componenti e
non iscritto sfugge alla valutazione di occasionalita', mentre quello
stesso fatto  colto  (casualmente)  in  una  visione  di  insieme  e'
preclusivo della dichiarazione di non  punibilita',  proprio  perche'
non occasionale e perche' abituale (il comportamento e'  abituale  se
ciascun fatto isolatamente considerato sia di  particolare  tenuita',
art. 131-bis, comma terzo). 
    Ancora: se e' impossibile la  visione  di  insieme,  le  condotte
eteroaggressive a gravita' progressiva  (maltrattamenti  e  stalking,
per esempio) sfuggono alla percezione;  non  e'  possibile  prevenire
eventi fatali di cui l'esperienza giudiziaria e mediatica  e'  piena,
con possibili conseguenze disciplinari per l'ufficio requirente.  Per
evitare cio' dunque gli uffici di Procura sono naturalmente costretti
a posticipare al dibattimento la declaratoria di tenuita' del  finto,
imprimendo a procedimento e processo  un'irragionevole  prolungamento
finalizzata alla sola iscrizione nel casellario. In  questo  modo  la
riforma finisce con introdurre solo una formula di proscioglimento in
piu', senza alcun reale effetto deflattivo, posto che il processo  si
deve celebrare comunque fino alla sentenza dibattimentale  definitiva
se si vuole, con l'iscrizione del procedimento, cogliere la rilevanza
dichiarativa  della  non  punibilita'.  Insomma   se   la   finalita'
deflattiva e' dal legislatore fatta coincidere con  il  provvedimento
iscrivibile,        se        questo        e'        solo         il
provvedimento-sentenza-dibattimentale o in abbreviato (perche' per le
ragioni che si esporranno oltre, nemmeno per la predibattimentale  ex
469 e' possibile  l'iscrizione),  allora  per  ottenere  un  «effetto
giuridico» tutto il procedimento deve allungarsi  e  tendere  fino  a
quell'estremo. 
    Ma allora si ha irragionevole negazione  della  premessa,  ovvero
della finalita' deflattiva e della proporzione  tra  reato  e  carico
psicologico  perdurante  sull'imputato,  come  descritto  nei  lavori
preparatori, danno questo non certo disgiunto dalla durata dei  tempi
dibattimentali. Con riguardo, poi alla violazione  del  principio  di
ragionevole durata del processo (art.  111,  secondo  comma,  secondo
periodo, della Costituzione), la Corte costituzionale (sentenza n. 16
del 29 gennaio 2016) Corte ha ripetutamente affermato che - alla luce
dello stesso richiamo al connotato di «ragionevolezza»,  che  compare
nella formula costituzionale - possono  arrecare  un  vulnus  a  quel
principio solamente le norme  «che  comportino  una  dilatazione  dei
tempi del processo  non  sorrette  da  alcuna  logica  esigenza»  (ex
plurimis, sentenze n. 23 del 2015, n. 63 e n. 56 del 2009, n. 148 del
2005). 
    E' il caso di specie, perche'  la  mancata  impugnabilita'  della
archiviazione delinea una violazione diretta della  ragionevolezza  e
del principio della  ragionevole  durata  del  procedimento,  la  cui
durata,  perche'  la  declaratoria  di  tenuita'  abbia   senso,   e'
prolungata  con  al  solo  scopo   di   ottenere   un   provvedimento
iscrivibile, benche' fin da subito sussistano gli estremi e il potere
di provvedere, frustrandosi cosi' le finalita' di  deflazione  (e  da
qui la irragionevolezza perche' la norma ottiene un  effetto  opposto
al fine previsto dal legislatore) e di ragionevole durata. Tutto cio'
e'   diretta   conseguenza   della   mancata   impugnabilita'   della
archiviazione, nei termini sopra specificati. 
    2. La non impugnabilita' della ordinanza ex 411,  comma  1-bis  e
quindi la Cassazione 30685-17, comporta una irragionevole  disparita'
di trattamento tra chi per lo stesso fatto vede  la  non  punibilita'
iscritta nel casellario se pronunciata in giudizio e chi invece  cio'
vede pronunciato in archiviazione. 
    Ipotizzando  fatti  identici,  uno   dei   quali   definito   con
archiviazione l'altro definito in sede di dibattimento, consegue  che
solo   la   definizione   in    dibattimento    comporta    l'effetto
pregiudizievole  che  l'archiviazione  non  produce.  Ovviamente   la
situazione non e' affatto paragonabile a quella di chi  nel  giudizio
si vede assolto e chi per lo stesso fatto vede un'archiviazione a suo
favore, perche' in questi casi entrambi i procedimenti  non  verranno
mai iscritti nel casellario  e  quindi  il  confronto  e'  del  tutto
uniforme. E'  questa  un'anomalia  senza  precedenti  nel  codice  di
procedura penale,  perche'  nei  cosiddetti  riti  premiali  si  puo'
assistere a una condanna con  effetti  diversi  a  seconda  del  rito
processuale, ma sempre collegati a una scelta  dell'indagato-imputato
(patteggiamento, abbreviato,  messa  alla  prova  e  persino  decreto
penale al quale ci si  puo'  opporre).  Cosi'  non  e'  nel  caso  in
oggetto,  nel  quale  assistiamo  a  una   duplice   irragionevolezza
consistente in fatti identici che divengono suscettibili  di  effetti
processuali diversi e nel dato che la scelta di tali effetti  diversi
non dipende dall'indagato, ma solamente dal pubblico ministero. 
    3. In questo caso, si nota a corollario del  punto  che  precede,
che l'effetto pregiudizievole deriva, come detto, da una mera  scelta
del pubblico  ministero  che  per  due  casi  identici  potrebbe  con
discrezionalita' assoluta  decidere  di  esercitare  in  caso  o  non
esercitare nell'altro la azione penale  e  produrre  o  non  produrre
l'effetto pregiudizievole della iscrizione. Il  tutto,  si  badi,  al
ricorrere  dello  stesso  presupposto  della  identica  tenuita'  del
medesimo fatto. Questa irrazionalita' di  sistema;  questo  vizio  di
costituzionalita' dell'art. 112 del codice civile  -  obbligatorieta'
della azione penale - ma anche il profilo di irragionevole differenza
di  trattamento  per  un  caso  identico  verrebbero  a  mancare  con
l'accoglimento della questione di costituzionalita', perche' a questa
scelta   discrezionale   del   pubblico   ministero   conseguirebbero
quantomeno effetti identici. 
    4. La non impugnabilita' della ordinanza ex 411,  comma  1-bis  e
quindi la Cassazione 30685-17, disegna  una  normativa  irragionevole
nella misura in cui la richiesta di archiviazione ordinaria non  deve
essere notificata  all'indagato,  mentre  deve  esser  notificata  al
medesimo indagato nella ipotesi in cui venga chiesta per  il  profilo
della  tenuita'  del  fatto.  Vi  e'  disparita'  di  trattamento   e
violazione   dell'art.   3   della   Costituzione.   Ovviamente    la
interlocuzione  con  l'indagato  ha  senso  se   e'   funzionale   al
provvedimento pregiudizievole iscrivibile. Ma se il provvedimento non
e'  iscrivibile,  la  distinzione  non  ha  alcun  senso.  Assicurare
l'interlocuzione con l'indagato in caso di tenuita' del fatto  e  non
prevederla  nell'identico  caso  ordinario   e'   una   irragionevole
distinzione che comporta solo nel primo caso la necessita' di fissare
udienza, assicurare un contraddittorio ed emettere sulla base di cio'
una valutazione ponderata che nel caso ordinario non vi e', e che nel
caso  della  «tenuita'»  non  ha  alcun  senso,  perche'  secondo  la
Cassazione sfocia in un provvedimento non pregiudizievole. Ricorda la
Corte  costituzionale  che  le  scelte  legislative   sono   pertanto
censurabili, in sede di  sindacato  di  legittimita'  costituzionale,
solo ove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o  nell'arbitrio
(ex plurimis, sentenze n. 273 e n. 47 del 2010, ordinanza n.  71  del
2007,  nonche',  piu'  di  recente,  con  particolare   riguardo   al
trattamento sanzionatorio, sentenze n. 179 del 2017, n. 236 e n.  148
del 2016), come avviene quando ci si trovi a fronte di  sperequazioni
sanzionatorie  tra  fattispecie  omogenee  non  sorrette  da   alcuna
ragionevole giustificazione (tra le altre, sentenze n. 56 e n. 23 del
2016, n. 81 del 2014, n. 68 del 2012; ordinanza n. 30 del  2007).  Il
confronto tra fattispecie  normative,  finalizzato  a  verificare  la
ragionevolezza  delle   scelte   legislative,   presuppone,   dunque,
necessariamente l'omogeneita' delle  ipotesi  poste  in  comparazione
(sentenza n. 161 del 2009, ordinanza n. 41 del 2009). In questo  caso
il confronto tra ipotesi  di  archiviazione  ordinaria  e  per  fatto
tenue, se davvero sfocia in provvedimenti  ontologicamente  identici,
comporta l'irragionevolezza del diverso rito. 
    5. Anche in questo  caso  vi  e'  una  irragionevole  durata  del
procedimento perche' a fronte di effetti identici si assicura  in  un
caso la decisione de plano e senza citazione e nell'altro caso no. 
    B)   Orbene,   fin   qui   si   sono   evidenziati   profili   di
incostituzionalita'  che   emergono   dalla   interpretazione   della
Cassazione  che  ha  tentato  una  riduzione  a  legittimita'   della
disciplina, a  costo  pero'  di  una  interpretazione  che  evidenzia
profili  di  irrazionalita'  del  sistema,  e   una   portata   quasi
abrogatrice della disciplina  della  tenuita'  del  fatto,  quanto  a
effetti concreti deflattivi che ne costituivano la ratio. 
    In  via  alternativa  alla  impostazione  fin  qui  rappresentata
potrebbe sostenersi che gli argomenti sopra esposti  non  determinino
vizi di costituzionalita', ma rappresentino indici interpretativi che
portano a sostenere che l'interpretazione data  dalla  Cassazione  in
questione sia errata e dunque il provvedimento  di  archiviazione  di
tenuita' del fatto debba essere iscritto. 
    Si puo' dunque ribaltare la questione e partire  dal  presupposto
che il provvedimento di archiviazione per tenuita'  del  fatto  debba
essere   iscritto   nel   casellario,    essendo    questa    l'unica
interpretazione conforme  alla  lettera  del  testo;  alla  finalita'
dell'istituto, alla volonta' del legislatore, alla  coerenza  interna
del sistema. 
    Ma  allora  si  apre  davvero  il  fronte  di   costituzionalita'
evidenziato giustamente dalla Cassazione,  ovvero:  Tuttavia  risulta
evidente che la norma che non consente il ricorso in  Cassazione  nei
casi di lesioni degli interessi dell'indagata potrebbe ritenersi  non
conforme  alla  Costituzione  (questione  di  costituzionalita'   non
manifestamente  infondata,  relativamente  all'art.  3  e  24   della
Costituzione e all'art. 6 CEDU) e all'art. 2 del protocollo  7  CEDU:
«Ogni persona dichiarata colpevole da un tribunale ha il  diritto  di
far esaminare la dichiarazione di colpevolezza o la condanna  da  una
giurisdizione superiore. L'esercizio di tale diritto, ivi compresi  i
motivi per cui esso puo' essere  esercitato,  e'  disciplinato  dalla
legge». Indubbiamente l'applicazione  dell'art.  131-bis  del  codice
penale presuppone  un  riconoscimento  della  commissione  del  fatto
reato. 
    Anche   questa   interpretazione   converge   sul   tema    della
costituzionalita' della stessa  norma  di  cui  all'art.  411,  comma
1-bis. 
    Per  inciso,  lo  aprirebbe  per  identiche  ragioni  anche   con
riferimento  alla  sentenza   predibattimentale   inappellabile   per
tenuita' del fatto di cui all'art. 469 del codice di procedura penale
- espressamente non impugnabile - ma e' fattispecie  non  attaccabile
in questa sede per difetto di rilevanza concreta in questo giudizio. 
    In  conclusione  l'interpretazione  della  Cassazione  tenta   di
salvare la costituzionalita' dell'istituto  ricostruendolo  pero'  in
maniera incompatibile con il dato sistematico, testuale e teleologico
ma obiettivamente compatibile con la (odierna) norma positiva di  cui
all'art. 410-bis del codice di procedura penale che  non  prevede  il
ricorso  in  Cassazione  o  altra  forma  di   impugnazione   per   i
provvedimenti di archiviazione e limita  le  impugnazioni  rendendole
interne all'ufficio - e limitate alla causa di nullita'. 
    Questa lettura, se salva un  solo  profilo  di  costituzionalita'
impedendo che un  provvedimento  pregiudizievole  e  non  impugnabile
venga iscritto nel casellario, come una coperta troppo corta,  lascia
scoperti altri e, ad avviso di chi scrive, insuperabili  problemi  di
costituzionalita' che possono essere risolti solo con una prospettiva
inversa, ma definitiva  e  completa,  ovvero  la  iscrivibilita'  del
provvedimento   di   archiviazione   per   tenuita'   del   fatto   e
contemporaneamente  la  incostituzionalita'  dell'art.  410-bis   del
codice  di  procedura penale  nella  parte  in   cui   non   consente
l'impugnazione del provvedimento di archiviazione  per  tenuita'  del
fatto. 
    Si tratta dunque a ben vedere di un  problema  che  nasce  da  un
mancato  coordinamento  legislativo  tra  la  nuova  normativa  della
tenuita' del fatto e il preesistente art. 409, comma  6,  che  a  sua
volta non e' stato colto quando si e'  introdotta  la  norma  di  cui
all'art. 410-bis del codice di  procedura  penale  e  dell'art.  411,
comma  1-bis,  nella  parte  in  cui  continua  a  non  prevedere  la
impugnazione della ordinanza di archiviazione per tenuita' del fatto. 
    In subordine deve ritenersi che il contraddittorio con l'indagato
di cui all'art. 411, comma 1-bis sia incostituzionale per le  ragioni
esposte. 

(1) Cassazione sez. 3, n. 30685 del 26 gennaio 2017 - dep. 20  giugno
    2017, Vanzo, Rv.. 27024701 
 
                               P.Q.M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
costituzionalita' dell'art. 410-bis del codice di procedura penale  e
411, comma 1-bis, con riguardo agli articoli 3;  111  comma  secondo,
112  della  Costituzione   nella   parte   in   cui   non   prevedono
l'impugnabilita'  della  ordinanza  di  archiviazione;  in  subordine
dichiara rilevante e non manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita' per  contrasto  con  l'art.  3  della  Costituzione
dell'art. 411, comma 1-bis del codice di procedura penale; 
    Sospende il procedimento e dispone  la  trasmissione  degli  atti
alla Corte costituzionale; 
    Manda alla Cancelleria per la notifica della  presente  ordinanza
alle parti in causa e la comunicazione al pubblico ministero in sede,
al Presidente del Consiglio e  per  la  comunicazione  ai  Presidenti
delle due Camere del Parlamento. 
        Cosi' deciso in Nuoro il 19 marzo 2018 
 
                        Il Giudice: Pusceddu