N. 133 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 maggio 2018

Ordinanza del 21 maggio 2018 del Tribunale di Trento nel procedimento
civile promosso da Gasser Edith contro Regione Autonoma Trentino-Alto
Adige e Consiglio  regionale  della  Regione  Autonoma  Trentino-Alto
Adige. 
 
Regioni  -  Norme  della  Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige   -
  Consiglieri regionali  -  Riduzione  sull'ammontare  degli  assegni
  vitalizi diretti e di reversibilita' - Limite di cumulo di  assegni
  vitalizi. 
- Legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014, n.
  5  ("Modifiche  alla  legge  regionale  26  febbraio  1995,  n.   2
  (Interventi in materia di indennita' e  previdenza  ai  Consiglieri
  della Regione autonoma Trentino  -  Alto  Adige),  come  modificata
  dalla legge regionale 28 ottobre 2004, n. 4, dalla legge  regionale
  30 giugno 2008, n. 4, dalla legge regionale 16 novembre 2009, n. 8,
  dalla legge  regionale  14  dicembre  2011,  n.  8  e  dalla  legge
  regionale 21 settembre 2012, n. 6, nonche' alla legge regionale  23
  novembre 1979, n. 5 (Determinazione delle indennita'  spettanti  ai
  membri della Giunta regionale), e successive  modificazioni,  volte
  al contenimento della spesa pubblica"), artt. 2 e 3. 
(GU n.39 del 3-10-2018 )
 
                             IL GIUDICE 
 
    a scioglimento della riserva datata 29 marzo 2017; 
    esaminati gli atti di causa e la documentazione in allegato; 
    rilevato che con atto  di  citazione  datato  10  novembre  2014,
notificato il 12 novembre 2014, Gasser Edith, nell'assumere:  1)  che
il defunto marito dell'attrice Rubner Hans nato a Chienes (BZ) il  24
novembre 1932 e deceduto il 18 dicembre 2009, ha ricoperto la  carica
di Consigliere dalla Regione Autonoma  Trentino-Alto  Adige,  dal  13
dicembre 1973 al  25  marzo  1987,  versando  contributi  finalizzati
all'erogazione dell'assegno vitalizio per oltre dieci anni; 2) che il
Rubner ha inoltre ricoperto la carica di membro senatore dal 1987  al
1994; 3) che la Regione ha disposto la corresponsione al medesimo, ed
in  seguito  all'attuale  attrice   a   titolo   di   reversibilita',
dell'assegno vitalizio quantificato nel luglio 2014 in euro  4.765,89
mensili lordi; 4) che la stessa si e' vista  rideterminare  l'assegno
vitalizio di reversibilita' erogato  dal  Consiglio  regionale  nella
ridotta misura in euro 1.895,89, nonche' il «recupero della  maggiore
somma erogata» - cosi' rideterminata quale, differenza fra il  limite
massimo, di € 9.000,00 introdotto  dall'art.  3  L.R.  n.  5/2014,  e
l'ammontare dell'assegno vitalizio di reversibilita'; ha chiesto  che
sia  accertato  il  suo  diritto  alla  corresponsione   dell'assegno
vitalizio  di  reversibilita'   erogato   dal   Consiglio   regionale
nell'ammontare di euro 4.765.89 mensili senza subire le  decurtazioni
di cui agli articoli 2 - 3  l.r.  5/2014,  con  conseguente  condanna
della resistente al versamento di quanto indebitamente trattenuto. 
    L'attore ha censurato gli articoli 2 e 3 della menzionata l.r. ed
i provvedimenti amministrativi che ne sono  conseguiti,  lamentandone
la   contrarieta'   ai   principi    comunitari    e    convenzionali
dell'affidamento  e  della  certezza  dei  rapporti  giuridici   come
garantiti dagli articoli 3, 10, 11 e 117, comma 1 della  Costituzione
e articoli 6 e 13 della Convenzione europea  dei  diritti  dell'uomo,
nonche' ha lamentato la contrarieta' della suddetta  legge  regionale
ai principi di ragionevolezza, di gradualita'  e  di  uguaglianza  ed
ancora la violazione del riparto di  competenze  legislative  fissato
all'art. 117 Cost., chiedendo che venga  sollevata  la  questione  di
legittimita' costituzionale degli articoli 2 e 3  della  l.r.  5/2014
per contrasto con gli articoli 2, 3, 10, 11, 42, 117 Cost.; 
    rilevato  che  l'attore  ha  evocato  nel  presente  giudizio  il
Consiglio regionale della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige  e  la
Regione Autonoma Trentino-Alto Adige, i quali si sono  costituiti  in
giudizio,  deducendo  l'infondatezza  di  ogni  lamentata  violazione
costituzionale; 
    rilevato che, instaurato  il  contraddittorio,  la  causa  veniva
discussa sulla questione preliminare della  giurisdizione  e  che,  a
seguito di regolamento preventivo di giurisdizione, la Suprema  Corte
ha confermato la giurisdizione del giudice ordinario, motivo per  cui
il presente giudizio  e'  stato  riassunto  dalle  parti  e  discusso
all'udienza del 29 marzo 2017; 
    evidenziata la rilevanza e la non  manifesta  infondatezza  della
sollevata eccezione di illegittimita' costituzionale per le  seguenti
ragioni: 
        1)  la   rilevanza   perche'   la   pretesa   attorea   volta
all'accertamento del diritto  alla  corresponsione  dell'assegno  per
intero e senza il cumulo e le riduzioni di cui agli articoli  2  e  3
della l.r. 5/2014,  nonche'  la  stessa  pretesa  restitutoria  della
Regione Trentino-Alto Adige, in tanto potranno ritenersi  fondate  in
quanto le disposizioni  di  riferimento  siano  o  meno  conformi  ai
parametri  constituzionali  invocati  dall'attore,  di   talche'   la
questione di legittimita' costituzionale riveste  indubbio  carattere
di rilevanza, dipendendo dalla stessa la decisione del  merito  delle
domande formulate in causa; 
        2)  quanto  alla  non  manifestata  infondatezza:  l'art.  2,
rubricato «Riduzione sull'ammontare degli assegni vitalizi diretti  e
di riversibilita'», ha previsto che: «a decorrere dal mese successivo
all'entrata in vigore della presente legge l'ammontare lordo  mensile
di  tutti  gli  assegni  vitalizi  diretti,  non   attualizzati,   di
reversibilita', compresi quelli gia' in godimento  o  attribuiti,  e'
ridotto  di  una  percentuale  del  20  per  cento,   desunta   dalla
percentuale di riduzione della indennita' parlamentare lorda  di  cui
all'art.  1,  legge  31  ottobre  1965,   n.   1261,   e   successive
modificazioni, alla data del 1° gennaio 2014, rispetto all'indennita'
parlamentare  lorda  indicata  nell'art.  8,  comma  2,  della  legge
regionale 21 settembre 2012, n. 6»; 
        3) l'art. 3, rubicato «Limite di cumulo di assegni  vitalizi»
ha previsto: «Ove il titolare  di  assegno  vitalizio  diretto  o  di
reversibilita' goda di altro trattamento o  vitalizio  diretto  o  di
reversibilita' per aver ricoperto cariche di parlamentare nazionale o
europeo o per essere stato componente di  organi  di  altre  regioni,
l'assegno erogato dal Consiglio regionale, considerato  ai  fini  del
calcolo del cumulo  al  lordo  del  valore  attuale,  viene  ridotto,
qualora l'importo lordo complessivo degli assegni  stessi  superi  la
misura lorda di euro  9.000,00  per  gli  assegni  vitalizi  diretti,
rispettivamente calcolata  in  modo  proporzionale  per  gli  assegni
vitalizi di reversibilita'. Ai fini dell'applicazione del comma 1, il
titolare di assegno vitalizio diretto o di reversibilita' erogato dal
Consiglio regionale e' tenuto a dichiarare all'Ufficio di  Presidenza
o  di  non  percepire  alcun   assegno   vitalizio   diretto   o   di
reversibilita', o l'ammontare lordo degli  assegni  percepiti,  entro
sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge. In  caso
di mancata ottemperanza dell'obbligo di  dichiarazione  previsto  dal
comma 2,  l'assegno  vitalizio  diretto  o  di  reversibilita'  viene
sospeso e, per  le  due  mensilita'  gia'  erogate,  si  provvede  al
recupero dell'indebito in base alle comuni procedure»; 
    nel caso di specie, l'attrice, in ragione della carica  ricoperta
dal defunto marito di Consigliere regionale e senatore,  ha  maturato
al  diritto  alla  corresponsione  di   due   assegni   vitalizi   di
reversibilita', il primo erogato dal  Consiglio  regionale  per  euro
4.765,89, il secondo erogato dal senato pari ad euro 2.835,24. 
    Successivamente, ai sensi degli articoli  2-3  l.r.  05/2014,  in
vigore dal 17 luglio 2014, con efficacia retroattiva, l'attrice si e'
vista applicare il limite di cumulo di tali assegni  e  rideterminata
la sua misura in euro 2.564,76 mensili e  richiesta  in  restituzione
della maggiore somma delle  more  erogata;  il  tutto  con  efficacia
permanente e sine die, cioe' non limitata nel tempo; 
    costituisce ius receptum della giurisprudenza anche  della  Corte
costituzionale  il  principio  -   di   derivazione   comunitaria   e
convenzionale - della intangibilita' dei diritti  acquisiti  e  della
certezza e stabilita' dei rapporti giuridici quale  forma  di  tutela
del legittimo affidamento. 
    Il  legittimo  affidamento  costituisce  un  principio   generale
dell'ordinamento comunitario; numerosissime sono  le  pronunce  della
Corte di giustizia europea che, da tempo e  costantemente,  affermano
la vigenza ed il carattere fondamentale di tale canone.  Sebbene  non
espressamente contemplata dai trattati dell'Unione europea, la tutela
dell'affidamento trova collocazione  in  svariate  statuizioni  della
Corte di giustizia europea a partire dal 1978, ove venne sancito  che
la «Tutela dell'affidamento fa  parte  dell'ordinamento  comunitario»
(v. sentenza 3  maggio  1978,  causa  C-12/7.7)  e  che  deve  essere
inquadrata fra i principi fondamentali della Comunita'  sanciti,  tra
gli  altri,  dall'art.  6  della  Carta  fondamentale   dei   diritti
dell'uomo, ratificata dall'Unione europea  stessa.  Il  principio  in
questione viene considerato un corollario di  quello  della  certezza
del  diritto,  nell'ambito  del  quale  viene  individuato   il   suo
fondamento (v. Corte di giustizia, 19 settembre 2000, Ampafrance  and
Sanofi, causa C - 177/99, 181/99;  Corte  di  giustizia,  18  gennaio
2001, Commission/Spain, causa C-83/99), motivo per cui  la  Corte  di
giustizia la utilizza come parametro  di  legittimita'  non  soltanto
degli atti amministrativi ma anche degli  atti  legislativi,  con  la
conseguenza  che  esso  deve  essere  rispettato  dalle   Istituzioni
comunitarie e dagli  Stati  membri  nell'esercizio  dei  poteri  loro
conferiti dalle direttive comunitarie (v. Corte di giustizia  CE,  14
settembre 2006, cause C-181/04 e C-183/04). 
    A livello nazionale, la giurisprudenza della Corte costituzionale
ha recepito in maniera consolidata questo  principio,  riconducendolo
agli articoli 2, 3  e  97  della  Costituzione,  in  quanto  elemento
essenziale dello Stato di diritto (v. Corte costituzionale 27 gennaio
2011,  n.  31,  ove  si  afferma  la  necessita'   di   evitare   che
«disposizioni trasmodino  in  regolamenti  irrazionali  che  frustino
l'affidamento dei cittadini nella sicurezza  pubblica  da  intendersi
quale elemento fondamentale dello stato di diritto»), ed  espressione
immanente, da un lato, del  principio  di  uguaglianza  dinanzi  alla
legge, e, dall'altro, di solidarieta' cui sono collegati i canoni  di
buona  fede   e   di   correttezza   dell'agire,   anche   da   parte
dell'amministrazione, che  deve  improntare  la  propria  condotta  a
canoni di lealta' e di imparzialita'. Si intravede, in  questi  casi,
anche la violazione dell'art. 117, primo  comma,  della  Costituzione
per violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento  comunitario  e
dagli obblighi internazionali, posto che, a seguito della riforma del
titolo V avvenuta nel 2001, il legislatore regionale deve  esercitare
la  propria  potesta'  legislativa  nella  cornice  delle  competenze
assegnate  dall'art.  117  «in  osservanza  dei   vincoli   derivanti
dall'ordinamento comunitario». 
    Numerose sono le pronunce che, sin dalla sentenza n. 349  del  17
dicembre  1985,  hanno  fatto  applicazione  di   questo   principio.
Recentemente, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimita'
dell'art. 23 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98  (concernente  la
nuova disciplina in materia di privilegio) proprio sottolineando  che
«l'assenza di adeguati motivi, l'alterazione del rapporto determinata
dalle  norme  in  discussione,  palesa  la  sua  illegittimita'   per
violazione dei principi di ugualianza  e  di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 Cost. e per violazione dell'art. 117  Cost.  in  relazione
all'art. 6  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,  in  considerazione  del
pregiudizio che essa arreca alla tutela dell'affidamento legittimo  e
della certezza delle situazioni  giuridiche,  in  assenza  di  motivi
imperativi  di  interesse  generale   costituzionalmente   rilevanti»
(Ulteriori  esempi  di  applicazione  del  principio  del   legittimo
affidamento   di   rinvengono   nelle   seguenti   sentenze:    Corte
costituzionale 23 maggio 2013 n. 103,  21  ottobre  2011  n.  217,  4
luglio 2014 n. 170, 27 giugno 2013 n. 160, 26 settembre 2014 n. 227).
In termini ancora piu' espliciti la Corte costituzionale ha affermato
che «l'intervento legislativo diretto a regolare situazioni pregresse
e'  legittimo  a  condizione  che   vengano   rispettati   i   canoni
costituzionali  di  ragionevolezza  ed  i  principi  di  tutela   del
legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche»  (v.
Corte  costituzionale  30  gennaio  2009  n.   24).   Ma   anche   la
giurisprudenza contabile amministrativa ha ripreso, riaffermandoli, i
pronunciamenti  della  Corte  costituzionale,  stabilendo   che   «il
principio della tutela del  legittimo  affidamento  e'  immanente  in
tutti i rapporti di diritto pubblico ed assolve ad  una  funzione  di
integrazione della  disciplina  legislativa  o  comunque  un  preciso
vincolo  ermeneutico  per  l'interprete»  (cfr.  Corte  dei  conti  4
dicembre 2008 n. 942); 
    i dubbi di illegittimita' costituzionale prospettati  dall'attore
per violazione dei principi di ragionevolezza, di  affidamento  e  di
certezza del diritto risultano non manifestamente infondati; infatti,
l'applicabilita' al ricorrente delle nuove disposizioni,  cosi'  come
introdotte dagli articoli 2 e 3 l.r.  de  qua,  produce  «un  effetto
innovativo su fattispecie chiuse  in  pregiudizio  a  posizioni  gia'
maturate» (v. sentenza Corte costituzionale n.  160/2013)  e  finisce
con   il   tradire   «l'affidamento   del    privato    sull'avvenuto
consolidamento di situazioni sostanziali», intervenendo su situazioni
che «si sono consolidate con riguardo alla regolamentazione giuridica
del rapporto, dettando una disciplina contrastante  e  sbilanciandone
l'equilibrio a favore di  una  parte»;  cosi'  facendo,  si  tradisce
radicalmente il naturale  e  legittimo  affidamento  dei  destinatari
sull'efficacia  e  sulla  stabilita'  nel  tempo  dei  provvedimenti;
inoltre, tale intervento risulta  privo  di  qualsivoglia  plausibile
ragione capace ed idonea a giustificare  una  cosi'  grave  incidenza
retroattiva su posizioni che si  sono  gia'  realizzate  e  concluse.
Basti pensare: da un lato, che, come documentato in atti e  pacifico,
il Consiglio regionale non e'  in  stato  di  sofferenza  finanziaria
tanto e' vero che la stessa  legge  regionale  non  specifica  alcuna
motivazione a supporto dell'intervenuto riduttivo, che,  quindi,  non
risulta in alcun modo consentaneo ad  alcuno  -  nemmeno  indicato  -
scopo finale; dall'altro, che le disposizioni  censurate  dall'attore
determinano una permanente modifica in  peius  della  disciplina  dei
vitalizi valida per tutti gli assegni diretti ed  indiretti,  per  un
intervallo di tempo indeterminato e senza alcuna progressione una  ex
abrupto; gli articoli 2 e 3, dunque,  introducono  pesanti  sacrifici
economici, imponendoli in via permanente, con effetti  irreversibili,
non consentanei ad alcuno scopo finale; un sistema  cosi'  congeniato
risulta arbitrario ed ingiustificato, tanto piu' se, come  assume  la
regione, riferito ed applicato soltanto a taluni soggetti  che,  come
l'attore, erano gia' titolari di assegno  di  vitalizio  regionale  e
parlamentare  prima  della  sua  entrata  in  vigore  e   sui   quali
l'incidenza finale della riduzione pesa in maniera elevatissima; 
    a questi profili  di  illegittimita'  va  aggiunto  anche  quello
relativo alla violazione dell'art. 117 Cost. dal momento che l'art. 4
del decreto del Presidente della Repubblica n. 670/1972 riserva  alla
Regione Trentino-Alto Adige una potesta'  legislativa  limitata  alla
materia dell'ordinamento degli uffici regionali e  del  personale  ad
essi  addetto.  La  riduzione,  tuttavia,  travalica  la   competenza
legislativa regionale, essendo la disciplina di tali questioni e  dei
correlativi rapporti riservata  alla  potesta'  dello  Stato  secondo
quanto affermato anche dalla Corte costituzionale nella  sentenza  n.
287 del 2016. 
    Prova ne e' che, con l'art. 2 del decreto-legge  n.  174/2012  il
legislatore nazionale, nel mentre ha dettato una serie di  norme  per
incentivare le regioni  ad  essere  piu'  virtuose,  ha,  in  maniera
inequivoca, fatto  salvi,  cioe'  salvaguardato  da  ogni  intervento
riduttivo (e, a maggior ragione, dalla soppressione),  i  trattamenti
in corso di erogazione, fra i quali rientra  indubbiamente  l'attore.
Il  legislatore  statale,  dunque,  ha  mantenuto  la  salvezza   dei
trattamenti in  corso,  sottraendoli  da  qualsiasi  possibilita'  di
intervento, tanto meno di soppressione e tanto meno  da  parte  della
legislazione regionale, che, intervenendo  con  la  l.r.  5/2014,  ha
violato una sfera di competenza statale e dunque l'art. 117 Cost.; 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 134 Cost. dichiara rilevante  e  non  manifestamente
infondata con riferimento agli articoli 2,  3,  97  e  117  Cost.  la
questione di illegittimita' costituzionale degli articoli 2 e 3 della
l.r. 5/2014 nella  parte  in  cui  applicano,  peraltro  con  effetto
retroattivo, permanente ed irriversibile, il divieto di cumulo con il
limite massimo di € 9.000,00 lordi mensili e/o la riduzione  del  20%
dell'assegno vitalizio erogato dalla regione a tutti  i  titolari  di
assegno vitalizio regionale  e  parlamentare,  diretto  o  indiretto,
senza gradualita' di sorta; 
    Dispone la trasmissione immediata degli  atti  e  della  presente
ordinanza,   comprensivi   della   documentazione    attestante    il
perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni,  alla
Corte costituzionale; 
    Sospende il giudizio; 
    Ordina la notifica della presente ordinanza alle parti in causa. 
        Trento, 18 maggio 2018 
 
                        Il Giudice: Morandini