N. 54 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 24 agosto 2018
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 24 agosto 2018 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Polizia mortuaria - Norme della Regione Calabria - Norme in materia di attivita' funebri, cimiteriali e di cremazione - Assoggettamento dei cimiteri al regime demaniale - Tumulazione aerata - Divieto di intermediazione dell'attivita' funebre - Requisiti dell'impresa funebre - Requisiti del personale addetto all'impresa funebre - Caratteristiche dei feretri - Disposizioni in materia di sepoltura fuori cimitero - Disciplina della cremazione - Sanzioni. - Legge della Regione Calabria 26 giugno 2018, n. 22 (Disposizioni in materia funeraria e di polizia mortuaria), artt. 1, comma 4; 2, comma 1, lettera c); 7, comma 5; 9, comma 1; 10, commi 1 e 2; 14, comma 1; 18, comma 6; 22, comma 1; 23, commi da 1 a 6; 26; 27; 28; 29 e 30.(GU n.39 del 3-10-2018 )
Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri (codice fiscale n. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale n. 80224030587), presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12 (fax 0696514000 - Pec ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it); Ricorrente; Contro Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta regionale attualmente in carica; Resistente; Per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' degli articoli 1, comma 4, 2, comma 1, lettera c), 7, comma 5, 9, comma 10, commi 1 e 2, 14, comma 1, 18, comma 6, 22, comma 1, 23, commi da 1 a 6, 26, 27, 28, 29 e 30 della legge regionale 18 giugno 2018, n. 22, avente ad oggetto «Disposizioni in materia funeraria e di polizia mortuaria», pubblicata nel BUR n. 66 del 28 giugno 2018. Il Consiglio regionale della Calabria ha approvato il 26 giugno 2018 la legge n. 22, recante «Disposizioni in materia funeraria e di polizia mortuaria». In 34 articoli, suddivisi in sei titoli, viene dettata una disciplina di ampia portata delle attivita' funebri, cimiteriali e di cremazione, anche per animali, contenente principi generali, definizioni e qualificazioni, che in quanto tale investe aspetti di esclusiva competenza del legislatore statale. Non a caso la legge regionale ricalca quasi integralmente il disegno di legge Atto Senato n. 2492 presentato nella scorsa legislatura, nello spirito del quale alle regioni sarebbero dovuti spettare solo compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo. Ad avviso della Presidenza del Consiglio, questa normativa viola la competenza legislativa esclusiva dello Stato, e deve pertanto essere impugnata per i seguenti Motivi 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4, della legge regionale n. 22/2018 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione in relazione all'art. 824 del codice civile. La norma qui denunciata prevede che «La costruzione e la gestione dei cimiteri sono considerate attivita' di rilevanza pubblica e come tali da assoggettare al regime demaniale di cui all'art. 824 del codice civile. I cimiteri sono assoggettati al regime dei beni demaniali e costituiscono memoria storica della collettivita' di riferimento anche al fine di assolvere alla loro funzione, nei riguardi delle comunita' locali, secondo i diversi usi funerari». Essa, nel prevedere l'assoggettamento dei cimiteri al regime demaniale, si sovrappone indebitamente, pur ripetendone fedelmente il contenuto, alla previsione contenuta nell'art. 824, secondo comma, del codice civile, che gia' assoggetta i cimiteri e i mercati comunali al regime del demanio pubblico. Essa invade, pertanto, la materia dell'ordinamento civile, e viola l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. Come infatti piu' volte ribadito dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, laddove esiste una competenza esclusiva dello Stato, alle regioni e' inibito dettare disposizioni legislative proprie, anche se di mera natura riproduttiva (Corte costituzionale n. 121/2017; Corte costituzionale n. 18/2013; Corte costituzionale n. 29/2006). La norma qui denunciata pertanto deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera c), e dell'art. 23, commi da 1 a 6, della legge regionale n. 22/2018 per violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione in relazione alle norme del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1880. L'art. 2, comma l, lettera c), della legge regionale menziona la tumulazione aerata quale evento da cui decorre il termine per definire il «resto mortale», e l'art. 23 della stessa legge, rubricato «Tumulazione aerata e caratteristiche dei feretri», nei commi da l a 6, detta disposizioni in merito ai loculi aerati. La tumulazione aerata non e' prevista dalla normativa statale attualmente vigente (decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990 recante l'«Approvazione del regolamento di polizia mortuaria»), e non puo' costituire innovazione di matrice regionale. Gli articoli 76 e 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990 dettano infatti con chiaro carattere esaustivo le modalita' da seguirsi per la tumulazione. Secondo l'art. 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990 le pareti dei loculi devono avere caratteristiche di impermeabilita' ai liquidi e ai gas e la relativa chiusura deve essere ermetica; la norma regionale in questione invece deroga a questa prescrizione, permettendo la trasformazione dei loculi da stagni in aerati. Sempre secondo la norma statale, la cassa mortuaria deve avere determinate caratteristiche costruttive (doppia struttura in legno e metallo), mentre secondo la norma regionale qui censurata - il comma 3 dell'art. 23 - la cassa metallica e' addirittura vietata in caso di tumulazione aerata. Il comma 4 dell'art. 23 della legge regionale prevede la possibilita' di adozione di soluzioni tecniche per il trattamento dei liquidi e dei gas da putrefazione, mentre la legge statale demanda al Ministro della salute, sentito il Consiglio superiore di sanita' l'autorizzazione di modalita' alternative per il trattamento di tali trasformazioni chimiche. Si tratta di norme, quelle statali, che evidentemente trattano la materia sanitaria, rispetto alla quale non possono essere ammesse modalita' - magari anche migliorative - diverse da quelle stabilite in via di principio dal legislatore statale con regole che costituiscono, in tema di tutela della salute, un limite invalicabile di uniformita' nazionale alla potesta' legislativa regionale. Per tali ragioni, le norme denunciate nella presente rubrica devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 5, dell'art. 9, comma 1, e dell'art. 10, comma 2, della legge regionale n. 22/2018 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione. L'art. 7, comma 5, della legge regionale qui denunciata, nel disciplinare l'attivita' funebre, vieta l'intermediazione in questo settore sia ai titolari delle imprese esercenti l'attivita' funebre, sia al relativo personale dipendente o ad esse collegato o riconducibile. Questa disposizione restringe in maniera del tutto immotivata la concorrenza interferendo in una materia riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Non si comprende perche' ai soggetti operanti nel settore e legittimati a svolgere l'attivita' intermediata debba essere preclusa l'attivita' di intermediazione. Ne' e' compatibile con i principi della competizione commerciale e imprenditoriale la fissazione di un divieto cosi' pesante a destinatari genericamente individuati, come il personale «riconducibile». Il successivo art. 9, nell'individuare i requisiti dell'impresa funebre e dei soggetti a essa collegati, al comma 1, dispone che la dichiarazione da allegare alla SCIA ai sensi dell'art. 7, comma 2, contiene l'autocertificazione, tra gli altri, dei seguenti requisiti: «a) una sede idonea e adeguala per la trattazione degli affari, comprendente un ufficio e una sala di esposizione per gli articoli funebri, il tutto separato da altre attivita' commerciali non aventi attinenza con le attivita' funebri e che necessitano di partita IVA separata (....); b) un responsabile abilitato alla transazione delle pratiche amministrative e degli affari, stabilmente assunto con regolare rapporto di lavoro con il richiedente l'autorizzazione, che puo' coincidere con il titolare o legale rappresentante della stesa; c) un operatore funebre, abilitato alla trattazione delle pratiche amministrative, stabilmente assunto con regolare contratto di lavoro con il richiedente l'autorizzazione, che puo' anche coincidere con un titolare o con il socio o con il socio familiare prestatore d'opera che svolga nell'impresa attivita' lavorativa e continuativa o assunto mediante contratto di lavoro stipulato nel rispetto della vigente normativa sul lavoro e sulla sicurezza dei lavoratori. L'obbligo di un'assunzione stabile previsto dalle lettere b) e c), sopra riportate, e' gia' stato censurato dall'Autorita' garante per la concorrenza e il mercato, che con parere AS1153 del 6 novembre 2014, ha ritenuto, nel pronunciarsi sulla legge regionale della Campania n. 12/2001, recante «Codice delle attivita' e delle imprese funebri», come modificata dalla legge regionale 25 luglio 2013, n. 7, che l'imposizione di un rapporto di lavoro continuativo del lavoratore costituisce un vincolo organizzativo rigido, suscettibile di restringere indebitamente l'accesso al mercato. L'art. 10, che indica i requisiti del personale dell'impresa funebre e dei soggetti ad essa collegati, al comma 2, dispone che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge i corsi obbligatori, abilitanti il personale alla professione, sono erogati da soggetti accreditati direttamente dalla Regione. Anche questa disposizione e' indebitamente restrittiva del mercato, perche' limita il novero dei soggetti deputati a conferire i titoli abilitanti all'esercizio di una prestazione lavorativa, e riserva alla sola Regione (perche' non anche allo Stato, o ad altre regioni, o a soggetti che professionalmente svolgono attivita' di accreditamento?) l'accreditamento degli enti istruttori. Tali disposizioni regionali, anche alla luce degli orientamenti Antitrust sopra descritti, costituiscono un'indebita restrizione dell'accesso al mercato di riferimento, in violazione del principio di tutela della concorrenza riservato alla potesta' legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione e devono essere quindi dichiarate costituzionalmente illegittime. 4) Illegittimita' costituzionale, per altro verso, dell'art. 10, comma 1 della legge regionale n. 22/2018 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. L'art. 10, comma 1, nel definire i requisiti del personale addetto all'impresa funebre, prevede che «il personale addetto che svolge attivita' funebre puo' essere assimilato alle categorie degli operatoti addobbatori o apparatori per cerimonie civili o religiose, indicate al numero 46 della tabella allegata al regio decreto 6 dicembre l 923, n. 2657 [...] cosi' come richiamata dal decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 23 ottobre 2004 (Individuazione, in via provvisoriamente sostitutiva, della contrattazione collettiva dei casi di ricorso al lavoro intermittente, ai sensi dell'art. 40 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276), se, nei singoli casi, l'Ispettorato del lavoro riconosce il carattere discontinuo del lavoro,». La materia, afferendo alla tipologia dei contratti di lavoro, appartiene all'ordinamento civile ed e' di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Ai sensi dell'art. 13 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, il lavoro intermittente in ogni settore produttivo e' ammissibile qualora il lavoratore abbia piu' di 55 o meno di 24 anni di eta', oppure nelle ipotesi individuate dalla contrattazione collettiva, oppure ancora nei casi individuati con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali qualora manchi una specifica previsione di contrattazione collettiva. E per l'appunto, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel periodo di vigenza del decreto legislativo n. 276/2003, ha adottato il decreto ministeriale 23 ottobre 2004, che ha ammesso la stipulazione di contratti di lavoro intermittente per lo svolgimento di alcune attivita', specificamente indicate nella tabella allegata al regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657. Tale tabella, al punto 46, ricomprende, tra le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo, gli «Operai addobbatori o apparatori per cerimonie civili o religiose» ai quali lo stesso Ministero, con l'interpello n. 9/2014, ha equiparato i necrofori e i portantini impiegati dalle aziende di servizio funebre nelle attivita' preliminari ed esecutive del trasporto, della cerimonia e della connessa sepoltura. La norma qui denunciata, intervenendo sulla disciplina del rapporto di lavoro, invade la materia di «ordinamento civile» di competenza esclusiva dello Stato, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. Nella fattispecie, la disciplina nazionale attribuisce alla contrattazione collettiva e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il compito di individuare le ipotesi che legittimano il ricorso al lavoro intermittente, senza riconoscere alcuna competenza alla legislazione regionale. E soprattutto, ammettendo la possibilita' di assimilare il «personale addetto che svolge attivita' funebre» a quello contemplato nella tabella del 1923, non fa che ribadire quanto gia' previsto dalla legislazione statale vigente. Ma come sopra gia' detto, nelle materie riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato non e' ammessa alcuna produzione normativa regionale, neppure meramente riproduttiva di quella statale. 5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1, della legge regionale n. 22/2018 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera g) della Costituzione. L'art. 14, comma 1, della legge regionale qui censurata affida ad un decreto del Ministero della salute la definizione delle caratteristiche che devono avere i cofani funebri in relazione alla destinazione finale, e successivamente alla lettera e) fa riferimento ad una autorizzazione del medesimo Ministero per l'individuazione dei materiali da utilizzare per i contenitori destinati ad alcune operazioni cimiteriali. Il legislatore regionale ha evidentemente ecceduto nella copiatura del disegno di legge della scorsa legislatura, e si e' vestito da legislatore statale attribuendo nuovi compiti ad organismi dello Stato; tuttavia, cosi' facendo, ha violato l'art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione che riserva alla legislazione statale l'ordinamento e l'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali. La Corte costituzionale ha infatti in varie occasioni affermato che le attribuzioni degli organi dello Stato non possono essere disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalle regioni, nemmeno nell'esercizio della loro potesta' legislativa; esse debbono trovare il fondamento o il loro presupposto in leggi statali che le prevedono o le consentano, o in accordi tra gli enti interessati (Corte costituzionale n. 322/2006; Corte costituzionale n. 429/2004; Corte costituzionale n. 134/2004). 6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 1, della legge regionale n. 22/2018 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera g) della Costituzione. Analoga censura investe l'art. 22, comma 1, della legge regionale qui impugnata, che subordina ad autorizzazione ministeriale l'autorizzazione regionale alla sepoltura fuori cimitero. Le autorizzazioni previste dal regolamento di polizia mortuaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, originariamente spettanti allo Stato, sono state trasferite alle regioni dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000 (Tabella A, lettera c) in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112. Cosi' disponendo la norma regionale duplica le autorizzazioni, ricreando in capo allo Stato un potere autorizzatorio che esso non ha piu'. Nell'attribuire allo Stato una competenza, essa quindi viola l'art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione che riserva alla legislazione statale l'ordinamento e l'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali. Quindi, per le stesse ragioni che sorreggono la precedente censura alla norma di cui all'art. 14, comma 1, della legge regionale in discussione, l'art. 22 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo perche' pretende di disciplinare unilateralmente le attribuzioni degli organi dello Stato. 7) Illegittimita' costituzionale degli articoli 26, 27, 28, 30 della legge regionale n. 22/2018 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettere l) e m) della Costituzione. Le norme citate in epigrafe sono tutte illegittimamente invasive della potesta' legislativa dello Stato. L'art. 26 detta i principi fondamentali in tema di cremazione, riconoscendo come le decisioni che la riguardano attengono ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civile e sociali delle persone; l'art. 27 disciplina i modi e i tempi della manifestazione di volonta' del defunto e della sua attuazione da parte dei soggetti onerati al suo rispetto; l'art. 28 tratta dell'affidamento, custodia e dispersione delle ceneri; l'art. 30 infine regola le modalita' della cremazione e le relative garanzie esecutive. Le norme sopra evidenziate sono trattate in unica rubrica perche' riferentesi tutte alla medesima materia, e perche' unica e' la censura di incostituzionalita' che ad esse si muove. In sostanza, tutte queste norme afferiscono a materie di competenza esclusiva statale, in quanto (come del resto dal loro testo letteralmente si conferma) attengono all'ordinamento civile e alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. La cornice normativa statale di riferimento e' costituita da varie norme, cosi stratificatesi nel tempo: a) regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, «Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie.». L'art. 343 di detto decreto prevede che «La cremazione dei cadaveri e' fatta in crematoi autorizzati dal prefetto, sentito il medico provinciale. I comuni debbono concedere gratuitamente l'area necessaria nei cimiteri per la costruzione dei crematoi. Le urne cinerarie contenenti i residui della completa cremazione possono essere collocate nei cimiteri o in cappelle o templi appartenenti a enti morali o in colombari privati che abbiano destinazione stabile e siano garantiti contro ogni profanazione. b) gli artt. 5 e 587 e segg. del codice civile, riguardanti, rispettivamente, le disposizioni concernenti gli atti di disposizione del proprio corpo e il testamento; c) il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, «Approvazione del regolamento di polizia mortuaria», i cui articoli da 78 a 81, disciplinano la cremazione; d) la legge 30 marzo 2001, n. 130, recante «Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri.». L'art. 3 di tale legge, che apporta modifiche al regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, che prevede: «1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato ai sensi dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della sanita', sentiti il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, si provvede alla modifica del regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, sulla base dei seguenti principi: a) l'autorizzazione alla cremazione spetta all'ufficiale dello stato civile del comune di decesso, che la rilascia acquisito un certificato in carta libera del medico necroscopo dal quale risulti escluso il sospetto di morte dovuta a reato ovvero, in caso di morte improvvisa o sospetta segnalata all'autorita' giudiziaria, il nulla osta della stessa autorita' giudiziaria, recante specifica indicazione che il cadavere puo' essere cremato; b) l'autorizzazione alla cremazione e' concessa nel rispetto della volonta' espressa dal defunto o dai suoi familiari attraverso una delle seguenti modalita': 1) la disposizione testamentaria del defunto, tranne nei casi in cui i familiari presentino una dichiarazione autografa del defunto contraria alla cremazione fatta in data successiva a quella della disposizione testamentaria stessa; 2) l'iscrizione, certificata dal rappresentante legale, ad associazioni riconosciute che abbiano tra i propri fini statutari quello della cremazione dei cadaveri dei propri associati, tranne nei casi in cui i familiari presentino una dichiarazione autografa del defunto fatta in data successiva a quella dell'iscrizione all'associazione. L'iscrizione alle associazioni di cui al presente numero vale anche contro il parere dei familiari; 3) in mancanza della disposizione testamentaria, o di qualsiasi altra espressione di volonta' da parte del defunto, la volonta' del coniuge o, in difetto, del parente piu' prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di piu' parenti dello stesso grado, della maggioranza assoluta di essi, manifestata all'ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di residenza. Nel caso in cui la volonta' sia stata manifestata all'ufficiale dello stato civile del comune di decesso, questi inoltra immediatamente il relativo processo verbale all'ufficiale dello stato civile del comune di ultima residenza del defunto; 4) la volonta' manifestata dai legali rappresentanti per i minori e per le persone interdette; c) la dispersione delle ceneri e' consentita, nel rispetto della volonta' del defunto, unicamente in aree a cio' appositamente destinate all'interno dei cimiteri o in natura o in aree private; la dispersione in aree private deve avvenire all'aperto e con il consenso dei proprietari, e non puo' comunque dare luogo ad attivita' aventi fini di lucro; la dispersione delle ceneri e' in ogni caso vietata nei centri abitati, come definiti dall'art. 3, comma 1, numero 8), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada); la dispersione in mare, nei laghi e nei fiumi e' consentita nei tratti liberi da natanti e da manufatti; d) la dispersione delle ceneri e' eseguita dal coniuge o da altro familiare avente diritto, dall'esecutore testamentario o dal rappresentante legale dell'associazione di cui alla lettera b), numero 2), cui il defunto risultava iscritto o, in mancanza, dal personale autorizzato dal comune; e) fermo restando l'obbligo di sigillare l'urna, le modalita' di conservazione delle ceneri devono consentire l'identificazione dei dati anagrafici del definito e sono disciplinate prevedendo, nel rispetto della volonta' espressa dal defunto, alternativamente, la tumulazione, l'interramento o l'affidamento ai familiari; f) il trasporto delle urne contenenti le ceneri non e' soggetto alle misure precauzionali igieniche previste per il trasporto delle salme, salvo diversa indicazione dell'autorita' sanitaria; g) l'ufficiale dello stato civile, previo assenso dei soggetti di cui alla lettera b), numero 3), o, in caso di loro irreperibilita', dopo trenta giorni dalla pubblicazione nell'albo pretorio del comune di uno specifico avviso, autorizza la cremazione delle salme inumate da almeno dieci anni e delle salme tumulate da almeno venti anni; h) obbligo per il medico necroscopo di raccogliere dal cadavere, e conservare per un periodo minimo di dieci anni, campioni di liquidi biologici ed annessi cutanei, a prescindere dalla pratica funeraria prescelta, per eventuali indagini per causa di giustizia; i) predisposizione di sale attigue ai crematori per consentire il rispetto dei riti di commemorazione del defunto e un dignitoso commiato». Come si vede, la disciplina statale e' completa ed esaustiva e copre ogni aspetto della materia. Non c'e' alcuno spazio per l'esplicazione di una potesta' legislativa regionale, la quale peraltro - incomprensibilmente - richiama all'art. 26, secondo comma l'art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione, che attiene alla competenza esclusiva statale. Poiche' in presenza di materia su cui lo Stato ha potesta' legislativa esclusiva la regione non puo' in alcun modo legiferare, ne' in senso confermativo ne' in senso differenziato, tutto il complesso delle norme qui censurate deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo. E' illegittimo l'art. 26 che presenta un contenuto tipico da legge dello Stato, dichiaratamente attenendosi alla materia di cui all'art. 117, comma 2, lettera m), della Costituzione, e pretendendo di rivolgersi a tutti i cittadini «indipendentemente dal luogo di residenza, di decesso o di destinazione finale». Sono illegittimi gli artt. 27 e 28 che si sovrappongono alle norme del codice civile in materia di volonta' testamentaria e di atti di disposizione del proprio corpo, alle norme del regolamento di polizia mortuaria e alle sue modifiche apportate con la legge n. 130/2001. In piu' l'art. 28, comma secondo, recante le disposizioni concernenti la dispersione delle ceneri, non richiama l'autorizzazione dell'ufficiale dello stato civile, che la rilascia sulla base di espressa volonta' del defunto. E cio' incide pure sul piano penale, dato che l'art. 411 del c.p. nel testo introdotto dall'art. 2 della legge n. 130 del 2001, prevede che «Non costituisce reato la dispersione delle ceneri di cadavere autorizzata dall'ufficiale dello stato civile sulla base di espressa volonta' del defunto. La dispersione delle ceneri non autorizzata dall'ufficiale dello stato civile, o effettuata con modalita' diverse rispetto a quanto indicato dal defunto, e' punita con la reclusione da due mesi a un anno e con la multa da € 2.582 a € 12.911». A questo proposito, vero e' che la legge statale fa rinvio ad un regolamento e che questo regolamento non e' stato ad oggi ancora emanato, ma cio' non autorizza affatto la regione ad invadere la sfera di potesta' legislativa statale. Ad ogni modo, il Consiglio di Stato ha chiarito - con parere reso nell'Adunanza della Sezione prima del 29 ottobre 2003, n. 2957 - la piena efficacia e vincolativita' della legge statale anche in assenza della fonte secondaria. «(Omissis). Si premette che la legge 30 marzo 2001, n. 130, recante disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri, non e' una legge delega, come tale inapplicabile in carenza di esercizio della delega, ma una legge ordinaria, diretta ad innovare la normativa vigente in materia di cremazione e in particolare il regolamento di polizia mortuaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285. E' bensi' vero che a tale scopo la legge si affida alla emanazione di un successivo regolamento per dare piena attuazione ai principi e alle regole dettate dall'art. 3 della stessa legge, ma non e' sostenibile che, decorso ormai ampiamente il termine stabilito di sei mesi dalla data di entrata in vigore, la mancata emanazione del regolamento privi la legge di qualsiasi efficacia, specialmente in ordine alla normativa preesistente di rango secondario. Le disposizioni legislative di mero principio costituiscono comunque criterio interpretativo delle norme previgenti e quelle alle quali puo' riconoscersi efficacia precettiva per compiutezza di disciplina (self executing) devono ritenersi senz'altro applicabili.». Peraltro la legge n. 130/2001 riserva alle regioni compiti di programmazione e coordinamento per la costruzione e gestione dei crematori. L'art. 6 di tale legge, riguardante la programmazione regionale, la costruzione e la gestione dei crematori, prevede infatti che: «1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni elaborano piani regionali di coordinamento per la realizzazione dei crematori da parte dei comuni, anche in associazione tra essi, tenendo conto della popolazione residente, dell'indice di mortalita' e dei dati statistici sulla scelta crematoria da parte dei cittadini di ciascun territorio comunale, prevedendo, di norma, la realizzazione di almeno un crematorio per regione; 2. la gestione dei crematori spetta ai comuni, che la esercitano attraverso una delle forme previste dall'art. 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; 3. agli oneri connessi alla realizzazione ed alla gestione dei crematori si provvede anche con i proventi derivanti dalle tariffe di cui all'art. 5, comma 2». 8) Illegittimita' costituzionale degli articoli 18, comma 6, e 29 della legge regionale n. 22/2018 per violazione dell'art. 25 e dell'art. 117, comma 2, lettere l) della Costituzione. Tutta la materia sanzionatoria disciplinata dalla legge regionale (artt. 18 e 29) e' viziata da incostituzionalita'. Infatti, l'illegittimita' costituzionale che inficia le norme regionali indicate fa si' che l'apparato sanzionatorio contenuto nella legge in esame sia, di conseguenza, viziato da «illegittimita' costituzionale derivata» poiche' afferente a precetti dettati in difetto di competenza legislativa. Inoltre gli artt. 18 e 29 invadono la materia dell'ordinamento penale, in violazione degli artt. 25 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. In particolare: l'art. 18, comma, 6, che detta prescrizioni in tema di vigilanza sull'osservanza delle norme recanti la disciplina delle attivita' funebri e sull'esercizio della relativa potesta' sanzionatoria, prevede la pena della reclusione - da un minimo di dodici mesi a un massimo di cinque anni - a fronte della violazione dell'art. 12, comma 4 e 5, della legge in esame. Come e' noto, il sistema penale si fonda sul principio di legalita', in virtu' del quale spetta al potere legislativo individuare i beni giuridici presidiati con la sanzione penale e le condotte lesive di tali norme incriminatrici redatte secondo canoni di specificita' e completezza. L'art. 25, secondo comma, della Costituzione rimette, infatti, alla legge formale la definizione sia del precetto sia del trattamento sanzionatorio. Orbene, la riserva di legge in materia penale deve essere intesa come riserva di legge statale, in base ad un principio generale che trova fondamento nella natura delle restrizioni della sfera giuridica inflitte mediante la pena; quest'ultima, invero, incide su beni fondamentali dell'individuo, di modo che la criminalizzazione di determinate condotte deve rispecchiare una visione generale del diritto, che puo' essere compiuto soltanto con la legge dello Stato (Corte costituzionale 14 giugno 2004, n. 185). La «materia penale» prescinde dal riparto di attribuzioni legislative tra Stato e Regioni, potendo riguardare qualsiasi settore (anche riconducibile alla competenza regionale), dal momento che essa non e' determinabile a priori, in quanto afferisce al compendio valoriale cui viene accordata la piu' intensa forma di tutela. La compressione delle competenze regionali in materia penale trova la sua ratio, come sopra detto, nell'esigenza di salvaguardare beni, valori e interessi propri dell'intera collettivita' tutelabili solo su base egalitaria, esigenza che puo' essere garantita solo rimettendo allo Stato l'esercizio esclusivo della potesta' punitiva. La legge regionale e', invero, inidonea ad assicurare la funzione della pena, ovvero garantire il libero svolgimento della vita civile, per la mancanza di una visione generale dei bisogni e delle esigenze dell'intera societa'. Il legislatore regionale e', infatti, interprete degli interessi e delle istanze di tutela della comunita' territoriale di appartenenza, ragion per cui alle regioni e' precluso il potere di innovare l'ordinamento penale attraverso l'introduzione di nuove pene e fattispecie criminose. La norma censurata si pone, pertanto, in contrasto con gli articoli 117, secondo comma, lettera l), e 25, secondo comma, della Costituzione, non assumendo rilevanza la specifica materia trattata dalla legge regionale, pur rientrante nella competenza del legislatore regionale. L'art. 29 prevede che «Salvo che il fatto costituisca reato, la dispersione delle ceneri effettuata con modalita' diverse da quelle consentite dall'art. 28 e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 300 a € 3.000». Tale norma regionale, che stabilisce la sanzione amministrativa pecuniaria da irrogare qualora vi sia una dispersione delle ceneri non conforme a quella prevista dalla legge regionale in esame, si sovrappone, indebitamente, alla previsione contenuta nell'art. 411, quarto comma (aggiunto dall'art. 2, legge 30 marzo 2001, n. 130), del codice penale, secondo la quale «La dispersione delle ceneri non autorizzata dall'ufficiale dello stato civile, o effettuata con modalita' diverse rispetto a quanto indicato dal defunto, e' punita con la reclusione da due mesi a un anno e con la multa da € 2.582 a € 12.911». Essa invade, pertanto, per gli stessi motivi descritti con riferimento all'art. 18, comma 6, la materia dell'ordinamento penale, e viola l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
P. Q. M. Per tutte le esposte ragioni, la Presidenza del Consiglio dei ministri come sopra rappresentata e difesa, conclude, affinche' la Corte costituzionale voglia accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle norme della legge della Regione Calabria n. 22/2018 denunciate con il presente ricorso. Roma, 20 agosto 2018 Avvocato dello Stato: Corsini