N. 140 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 febbraio 2018
Ordinanza del 9 febbraio 2018 della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per il Lazio sul ricorso proposto da Tempesta Franco contro Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS e Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale - MAECI.. Impiego pubblico - Personale dell'amministrazione degli affari esteri in servizio all'estero - Attribuzione della retribuzione di posizione nella misura minima prevista dalle disposizioni applicabili. - Decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18 (Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri), art. 170, primo comma.(GU n.41 del 17-10-2018 )
CORTE DEI CONTI Sezione giurisdizionale regionale per il Lazio Nella persona del giudice monocratico Eugenio Musumeci, ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio pensionistico iscritto al n. 75827 del registro di segreteria della Sezione, riassunto da Tempesta Franco, nato a Roma il 2 marzo 1938 ed ivi residente in piazza Stefano Jacini n. 26, codice fiscale TMPFNC38C02H501X, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Vittoria Ferroni (del foro di Roma) e Laura Casella (del foro di Velletri), nonche' elettivamente domiciliato a Roma in via di San Basilio n. 61 presso lo studio del primo di tali difensori; Contro Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), in persona del presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppina Giannico e Andrea Botta (entrambi iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo degli avvocati presso il tribunale di Roma), nonche' elettivamente domiciliato a Roma in via Cesare Beccaria n. 29 presso l'Avvocatura centrale INPS; E contro Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI), in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, nonche' domiciliato a Roma in via dei Portoghesi n. 12 presso la sede dell'Avvocatura stessa. Fatto e diritto 1. Con ricorso notificato al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (in sigla: MAECI) e all'INPS tra il 7 e il 9 maggio 2014, nonche' depositato presso questa Sezione il 29 di quello stesso mese, Franco Tempesta, cessato dal servizio presso il MAECI il 31 marzo 2005 con il grado di ministro plenipotenziario, ha contestato la misura della pensione di vecchiaia attribuitagli. In particolare l'odierno ricorrente, evidenziando di aver svolto le funzioni di vicedirettore generale per la Cooperazione economica e finanziaria multilaterale fino al 19 settembre 2001 e poi quelle di ambasciatore a Citta' del Messico fino alla su menzionata data di collocamento a riposo, ha sostenuto che l'indennita' di posizione a cui avrebbe avuto diritto sarebbe stata ben piu' elevata (cioe' oscillante fra i 31.000 e i 65.500 euro, in paragone a quella di 13.277,56 euro che concretamente aveva percepito nelle su descritte funzioni di ambasciatore) qualora, alla data del 31 marzo 2005 in cui era stato collocato a riposo, egli avesse invece prestato servizio in un ufficio centrale del MAECI a Roma. Su tale presupposto logico il Tempesta, rilevando altresi' che la carriera diplomatica implica necessariamente che il servizio venga svolto per taluni periodi all'estero e per talaltri in Italia, ha lamentato (anche sulla scorta di due tabelle di comparazione sia della pensione sia della retribuzione spettanti per il caso in cui l'ultima sede di servizio fosse stata a Roma o, invece, all'estero: all. 3 e 4 di parte ricorrente) che il trattamento pensionistico attribuitogli, venendo collocato a riposo allorquando risultava assegnato ad una sede estera, era stato notevolmente inferiore rispetto a quello che altrimenti egli avrebbe conseguito: qualora, al pari di altri ex colleghi, nonche' secondo una prassi adottata dal MAECI «... negli ultimi anni...» (pag. 16 del ricorso), fosse stato chiamato a prestare servizio in sede centrale finanche poco tempo prima della suddetta data di pensionamento; ovvero nel caso in cui fosse stato collocato a riposo nel settembre 2001 allorche', essendo appunto in servizio a Roma, percepiva un'indennita' di posizione largamente superiore a quella poi goduta nel marzo 2005. Conclusivamente il Tempesta ha domandato che l'indennita' di posizione da computarsi ai fini pensionistici gli venga riconosciuta, in via principale, «... in misura pari a quella del personale di pari grado e funzioni in servizio in Italia»: ossia avendo riguardo alla posizione funzionale di rango piu' elevato o, in subordine, a quella di rango meno elevato che presso l'Amministrazione centrale puo' venir attribuita a «... funzionari dello stesso grado di ministro plenipotenziario...»; ovvero, in via ulteriormente subordinata, nella medesima misura «... che [egli] percepiva prima della partenza per l'estero...» (pagg. 21 - 22 del ricorso, passim). L'odierno ricorrente ha altresi' prospettato un'eccezione di illegittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967: qualora interpretato nel senso che la «... misura minima...» dell'indennita' di posizione, ivi sancita per il periodo in cui il rapporto d'impiego venga svolto all'estero, permanga tale anche ai fini pensionistici. 2. Con comparsa depositata il 16 ottobre 2014 si e' costituito il MAECI, contestando la giurisdizione di questa Corte in favore di quella del giudice amministrativo; nonche' eccependo l'estinzione, per prescrizione, della pretesa del Tempesta. Nel merito quella pubblica amministrazione ha evidenziato che per il personale diplomatico all'estero l'indennita' di posizione e' dovuta nella misura minima, corrispondente alla c.d. parte fissa, in virtu' di un'espressa previsione di cui al decreto legislativo n. 62/1998 (che ha novellato il primo comma dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967). Il MAECI ha altresi' sottolineato che l'eventuale computo dell'indennita' di posizione in misura eccedente quella minima risulterebbe sfornito di contribuzione previdenziale; e ha rilevato che comunque «... ai fini previdenziali...» (pag. 13 della memoria) verrebbe computata anche una quota della c.d. indennita' di servizio all'estero (in sigla: ISE), della quale invece non fruirebbe il lavoratore che anteriormente al collocamento a riposo sia stato assegnato alla sede centrale. 3. Con comparsa depositata il 23 ottobre 2014 si e' costituito anche l'INPS: eccependo a sua volta il difetto di giurisdizione della Corte dei conti, vista l'assenza di una previa pronuncia del giudice amministrativo sulla spettanza (quand'anche per un brevissimo periodo) dell'indennita' di posizione in misura superiore a quella minima; nonche' contestando, in via subordinata, la propria legittimazione passiva. Nel merito l'ente previdenziale ha sottolineato l'inefficacia di eventuali statuizioni a valenza pensionistica, se non precedute dalla condanna datoriale al pagamento dei previ importi retributivi; ed ha eccepito la prescrizione del diritto vantato dal Tempesta. 4. Questi, con memoria depositata il 7 novembre 2014, ha insistito per l'accoglimento delle proprie domande: allegando a tal fine una certificazione rilasciatagli dal MAECI il 10 dicembre dell'anno precedente, nella quale veniva enunciato in qual misura divergesse l'indennita' di posizione spettante ad un ministro plenipotenziario, a seconda della circostanza di prestare servizio presso un ufficio diplomatico all'estero o invece nella sede di Roma (all. 1 alla suddetta memoria). 5. Con sentenza n. 820/2014 questa Sezione ha dichiarato il difetto di giurisdizione di questa Corte sulla domanda attorea, relativamente alla quale e' stato indicato come giudice munito di giurisdizione quello amministrativo. Tuttavia quella pronuncia, impugnata dal Tempesta, e' stata riformata dalla Terza sezione giurisdizionale centrale d'appello: la quale, con sentenza n. 385/2017, ha affermato la giurisdizione di questa Corte sulla pretesa attorea. Il Tempesta stesso, con istanza depositata il 26 ottobre 2017, ha quindi riassunto il giudizio: insistendo, anche mediante un'ulteriore memoria depositata il 29 gennaio scorso, per l'accoglimento delle proprie domande originarie. Pur regolarmente evocato in giudizio, non e' tornato a costituirsi il MAECI. Mentre l'INPS, con comparsa depositata il 16 gennaio 2018, ha insistito per il rigetto della pretesa attorea. All'udienza del 5 febbraio 2018 la causa e' stata discussa dalle parti e, infine, questo giudice l'ha trattenuta in decisione. 6. Originariamente l'odierno giudizio e' stato proposto dopo l'entrata in vigore della legge n. 69/2009: il cui art. 46 ha tra l'altro novellato il quarto comma dell'art. 307 c.p.c. nel senso di consentire al giudice di emettere ex officio una pronuncia di estinzione. Tale possibilita' impone dunque di verificare, pur in assenza di un'eccezione in tal senso, se il giudizio stesso sia stato tempestivamente riassunto. Concretamente la sentenza d'appello in tema di giurisdizione risulta depositata il 31 luglio 2017, mentre l'atto di riassunzione e' stato notificato alle parti resistenti il 25 ottobre di quel medesimo anno e depositato presso questa Sezione l'indomani: con conseguente palese rispetto del termine di tre mesi sancito dal primo comma dell'art. 50 c.p.c... 7. Acclarata ormai la giurisdizione di questa Corte sull'odierna domanda attorea, l'eccezione di prescrizione sollevata dalle resistenti puo' semmai circoscrivere, sul piano temporale, il diritto del Tempesta a differenze pensionistiche; ma non gia' elidere tout court il diritto da lui rivendicato. Mentre l'assenza di un provvedimento amministrativo da impugnare dimostra l'irrilevanza di una pronuncia giudiziale sul rapporto d'impiego e la conseguente inesistenza di una pregiudizialita' amministrativa nel caso di specie. 8. Nel merito l'indennita' di posizione e' determinata contrattualmente con riguardo alla posizione funzionale rivestita da ciascun appartenente alla carriera diplomatica. Nel caso di specie dal curriculum del Tempesta (all. 8 al ricorso), le cui risultanze non sono state contestate dal MAECI, si evince che gia' dal 1996 l'odierno ricorrente rivestiva il grado di ministro plenipotenziario di prima classe; e che nel gennaio 2000 egli era stato nominato vicedirettore generale per la Cooperazione economica e finanziaria multilaterale. Orbene tale posizione funzionale, ai sensi del combinato disposto dell'art. 1 lettera c) del decreto MAECI n. 2069/2000 e nell'art. 20 comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 107/2006, avrebbe attribuito al Tempesta, qualora questi l'avesse rivestita alla data di collocamento a riposo (31 marzo 2005), il diritto ad una retribuzione di posizione pari a 31.000 euro annui. Invece la successiva designazione dell'odierno ricorrente, nel settembre 2001, quale ambasciatore in Messico aveva comportato l'applicazione del primo comma dell'art. 170 del gia' menzionato decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967: il quale, nel testo risultante dalla novella di cui all'art. 4 del decreto legislativo n. 62/1988, attribuisce al personale in servizio all'estero «... l'eventuale indennita' o retribuzione di posizione nella misura minima prevista dalle disposizioni applicabili... quando e' in servizio presso le rappresentanze diplomatiche...». Talche' nel marzo 2005, allorquando il Tempesta svolgeva ancora funzioni diplomatiche in Messico, la retribuzione di posizione risultava spettargli nella ben piu' modesta misura annua di 13.277,56 euro sancita dal comma 3 del teste' menzionato art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 107/2006. 9. Su quest'ultima cifra minima, una volta ragguagliata alle tredici mensilita' annue, concordano perfettamente sia la tabella che costituisce l'allegato 4 di parte ricorrente, sia la certificazione rilasciata il 10 dicembre 2013 dal MAECI al Tempesta (acclusa alla memoria da questi depositata il 7 novembre dell'anno successivo). Mentre l'entita' della retribuzione di posizione che sarebbe invece spettata all'odierno ricorrente qualora avesse continuato a lavorare a Roma corrisponde, in quella medesima certificazione, alla posizione funzionale di vicedirettore generale: ossia alla meno elevata tra quelle che, ai sensi del quinto comma dell'art. 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967, possono venir attribuite ad un ministro plenipotenziario. La reiterazione del su descritto squilibrio sul versante pensionistico risulta altresi' confermata dalla tabella comparativa che costituisce l'allegato 3 di parte ricorrente, anch'essa incontestata ex adverso: nella quale e' indicata la pensione annua lorda spettante al pensionato Italia (123.000 euro) e a quello estero (93.000 euro). Da quella medesima tabella si appalesa, inoltre, come la discrasia quantitativa sia altrettanto grave pure per l'indennita' di buonuscita: talche' non puo' nemmeno sostenersi che quest'ultima vada minimamente a bilanciare la sperequazione sul piano pensionistico. Neppure e' stata avversata dal MAECI la postulazione attorea secondo cui, in facto, rientrare in Italia finanche poche settimane prima del collocamento a riposo avrebbe consentito al Tempesta «... di fruire di un completo trattamento pensionistico... computato sull'indennita' di posizione nella misura massima» (pag. 16 del ricorso). 10. Reputa questo giudice che tale rilevante sperequazione (concettuale e quantitativa) tra un funzionario diplomatico che abbia svolto a Roma l'ultima tranche del servizio presso il MAECI ed uno che invece abbia lavorato in una sede estera quell'estremo segmento temporale, seppur legittima in costanza del rapporto d'impiego, non sia ammissibile che permanga oltre la data di pensionamento: allorquando ovviamente vengono a cessare le funzioni sino a quel momento esercitate, in Italia o all'estero, da ciascun appartenente alla carriera diplomatica. Mentre quel che viene conservato e' soltanto il grado rivestito: tanto che il settimo comma dell'art. 101 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967 consente che «... all'atto del collocamento a riposo puo' essere conferito al funzionario diplomatico, a titolo onorifico, il grado immediatamente superiore» a quello raggiunto in costanza di servizio. Gia' il principio di unitarieta' del ruolo della carriera diplomatica enunciato dal primo comma di quel medesimo art. 101 rende evidente la totale irragionevolezza insita nell'attribuire a due appartenenti alla carriera diplomatica trattamenti pensionistici quantitativamente assai diversi semplicemente in relazione ad una circostanza di fatto non piu' in essere. Analogamente contrastante con il fondamentale parametro di cui al secondo comma dell'art. 3 della Costituzione sarebbe anche la sperequazione tra due diplomatici gia' in servizio all'estero, qualora uno di essi venisse richiamato presso l'Amministrazione centrale poco tempo prima del collocamento a riposo, in prossimita' della conclusione di una carriera quarantennale (qual e' solitamente quella dei funzionari diplomatici, come nel caso concreto del Tempesta: all. 8 al ricorso), e l'altro invece rimanesse a lavorare all'estero. 11. Sul piano letterale appare poi evidente come la misura normale della retribuzione di posizione coincida con quella goduta dal funzionario diplomatico che presti servizio in Italia: deponendo in tal senso sia il primo comma del gia' richiamato art. 170, laddove considera la retribuzione di posizione spettante nel caso di servizio all'estero come la «...misura minima...», anziche' quella base; sia la normativa contrattuale: tra cui p.es. l'art. 20 comma 1 del gia' menzionato decreto del Presidente della Repubblica n. 107/2006 che rende applicabili, al funzionario diplomatico che presti servizio in Italia, «... le misure della retribuzione di posizione...» senza aggettivazione di sorta. Talche' logica vuole che, nel momento in cui le funzioni diplomatiche all'estero cessano in virtu' del collocamento a riposo, ai soli fini del trattamento di quiescenza la retribuzione di posizione venga automaticamente ripristinata nella misura integrale attribuita a quel dato lavoratore avuto riguardo al grado da lui posseduto; nonche' alle funzioni che, in base ai grado stesso e alla normativa richiamata ai precedenti paragrafi 8 e 9, sarebbero state a lui conferibili permanendo in servizio presso l'Amministrazione centrale. 12. Inoltre la tesi secondo cui il piu' volte menzionato art. 170 vada interpretato nel senso di veder ripristinata, ai fini pensionistici, la misura «italiana» della retribuzione di posizione appare significativamente confortata dalla lettera a del comma 1 dell'art. 1-bis del decreto-legge n. 138/2011 (convertito dalla legge n. 148/2011): norma che interpreta in via autentica l'art. 170 stesso nel senso di escludere che l'indennita' integrativa speciale spetti al dipendente del MAECI in costanza del servizio all'estero. Infatti, nonostante tale previsione, l'indennita' integrativa speciale viene comunque considerata nel trattamento di quiescenza del soggetto la cui ultima sede di servizio sia stata all'estero: il che rende inconferente al caso di specie la previsione generale di cui all'art. 43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, a mente della quale rileverebbe ai fini pensionistici soltanto la retribuzione materialmente percepita. Ma allora, alla medesima stregua, appare ovvio che debba tornare ad espandersi alla misura normale anche l'indennita' di posizione, rispetto alla misura minima prevista durante il servizio all'estero. Invece, ad avviso del MAECI, il primo comma del piu' volte richiamato art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967 legittimerebbe il computo, nel trattamento pensionistico, del medesimo importo di retribuzione di posizione fruito da ciascun funzionario diplomatico anteriormente al rispettivo collocamento a riposo. In realta', pero', sul piano squisitamente testuale quella norma ha soltanto l'effetto di limitare alla misura minima il quantum della retribuzione di posizione fintantoche' il funzionario diplomatico presti servizio all'estero. 13. Priva di pregio e' anche l'argomentazione difensiva secondo cui la sperequazione pensionistica in commento risulterebbe giustificata dalla percezione dell'ISE: la quale, invece, spetta esclusivamente per il periodo in cui il funzionario diplomatico presti servizio presso una sede estera. Ovviamente, quindi, tale diversa indennita' non viene affatto conservata nel trattamento di' quiescenza; mentre e' rimasta totalmente indimostrata la contraria allegazione del MAECI. Il quale, oltretutto, ha operato un'evidente confusione tra la parziale imponibilita' fiscale dell'indennita' de qua, ex art. 51 comma 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986, ed il suo inesistente computo ai fini pensionistici. D'altronde a quest'ultimo proposito appare del tutto ovvio che venga esclusa l'ISE: perche' essa «...non ha natura retributiva essendo destinata a sopperire agli oneri derivanti dal servizio all'estero...»; e perche', inoltre, «...tiene conto della peculiarita' della prestazione lavorativa all'estero...» (art. 171 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967). Invero una diversa eventualita' sottenderebbe, assurdamente, che lo svolgimento di funzioni diplomatiche all'estero si protragga oltre il collocamento a riposo. Fallace si appalesa, infine, pure l'obiezione del MAECI secondo cui l'eventuale computo dell'indennita' di posizione in misura eccedente quella minima non risulterebbe preceduto, nel caso di specie, da alcuna contribuzione previdenziale: in contrario bastando considerare l'eventualita' in cui il Tempesta, al pari di altri suoi colleghi in servizio all'estero, fosse rientrato a prestare servizio a Roma p.es. un mese prima del collocamento a riposo. 14. In virtu' delle molteplici considerazioni fin qui svolte questo giudice, in una precedente pronuncia su identica fattispecie (sez. Lombardia sentenza n. 53/2016, invocata anche dall'odierno ricorrente), era pervenuto ad un'interpretazione costituzionalmente orientata del primo comma dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967: reputando che la misura minima ivi sancita per la retribuzione di posizione valesse esclusivamente durante il periodo di servizio all'estero del personale diplomatico. E che, invece, il trattamento pensionistico andasse determinato sulla base della fictio iuris costituita da un rientro a Roma del diplomatico stesso in coincidenza con la data di suo collocamento a riposo: con conseguente attribuzione, ai soli fini pensionistici, del complessivo trattamento economico a cui egli avrebbe avuto diritto prestando servizio a quella medesima data presso la sede centrale. Tuttavia tale linea interpretativa appare oggi frustrata dagli unici due precedenti giurisprudenziali che, a causa del dubbio sulla giurisdizione che la Suprema Corte ha dipanato nell'odierno giudizio (e che invece, prima dell'ordinanza n. 14795/2016, aveva quasi sempre indotto il giudice contabile a declinare la propria giurisdizione in casi analoghi), appaiono rinvenibili in punto di merito: ossia la sentenza n. 244/2015 di questa Sezione, nonche' la recentissima sentenza n. 112/2017 della Seconda sezione giurisdizionale centrale d'appello (con la quale, anzi, e' stata annullata la pronuncia n. 53/2016 poc'anzi richiamata). In ambedue tali decisioni il rigetto di domande analoghe a quella odierna e' stato motivato con un laconico richiamo alla normativa generale, a cominciare dall'art. 43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973: norma che pero', se non osta al computo dell'indennita' integrativa speciale (benche' non percepita durante il servizio all'estero), del pari non puo' precludere al funzionario diplomatico che fino alla data di collocamento a riposo abbia lavorato all'estero il computo della retribuzione di posizione nell'identica misura prevista per il suo collega che abbia raggiunto quella medesima data prestando servizio presso la sede del MAECI a Roma. Nondimeno deve qui prendersi atto di tale orientamento giurisprudenziale, enunciato oltretutto in grado d'appello. Talche' risulta inevitabile sollevare dinanzi alla Consulta la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967, per contrasto con il secondo comma dell'art. 3 della Costituzione: siccome interpretato dalla giurisprudenza prevalente nel senso di prevedere che, nei confronti del soggetto appartenente alla carriera diplomatica il quale alla data di collocamento a riposo risulti assegnato ad una sede di servizio all'estero, ai fini pensionistici la retribuzione di' posizione venga computata soltanto nella «...misura minima prevista dalle disposizioni applicabili...», anziche' in misura correlata al grado rivestito da quel medesimo soggetto e alle funzioni a lui conferibili avuto riguardo al grado stesso.
P.Q.M. La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per il Lazio, non definitivamente pronunciando in relazione al giudizio n. 75827, dichiara rilevante in tale giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967 in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede che, nei confronti del soggetto appartenente alla carriera diplomatica il quale alla data di suo collocamento a riposo risulti assegnato ad una sede di servizio all'estero, ai fini pensionistici la retribuzione di posizione venga computata soltanto nella «...misura minima prevista dalle disposizioni applicabili...» anziche' in misura correlata al grado rivestito da quel soggetto e alle funzioni a lui conferibili avuto riguardo al grado stesso, e per l'effetto: 1) solleva la questione di legittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967, in riferimento all'art. 3 della Costituzione; 2) sospende il giudizio stesso sino alla comunicazione della decisione che la Corte costituzionale adottera' sulla predetta questione di legittimita' costituzionale; 3) dispone che gli atti del giudizio medesimo vengano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale; 4) dispone che la presente ordinanza sia notificata in forma integrale alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri; 5) dispone che la presente ordinanza sia comunicata al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Cosi' deciso a Roma nella camera di consiglio del 5 febbraio 2018. Il Giudice: Musumeci