N. 59 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 settembre 2018

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'11 settembre 2018 (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Ambiente - Rifiuti - Norme della Regione Marche -  Definizione  delle
  strategie di gestione dei rifiuti -  Esclusione  della  combustione
  del  combustibile  solido  secondario  (CSS)  dei  rifiuti  o   dei
  materiali  e  sostanze  derivanti  dal  trattamento   dei   rifiuti
  medesimi, quale strumento di gestione dei  rifiuti  o  di  recupero
  energetico. 
- Legge della Regione Marche 28 giugno 2018,  n.  22  (Modifica  alla
  legge regionale 12 ottobre 2009, n.  24  "Disciplina  regionale  in
  materia di gestione integrata  dei  rifiuti  e  bonifica  dei  siti
  inquinati"), artt. 1 e 2. 
(GU n.41 del 17-10-2018 )
    Ricorso ex  art.  127  della  Costituzione,  del  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  c.f.  n.  80224030587,   fax
06/96514000 e  pec  roma@mailcert.avvocaturastato.it,  presso  i  cui
uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Nei confronti della Regione Marche,  in  persona  del  Presidente
della  Giunta  regionale  pro  tempore,  per  la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale  degli  articoli  1  e  2  della  legge
regionale Marche n. 22 del 28 giugno  2018,  recante  «Modifica  alla
legge regionale 12 ottobre  2009,  n.  24  "Disciplina  regionale  in
materia di  gestione  integrata  dei  rifiuti  e  bonifica  dei  siti
inquinati», pubblicata nel B.U.R. n. 58 del  5  luglio  2018,  giusta
delibera del Consiglio dei ministri in data 3 settembre 2018. 
    Con la legge regionale n. 22  del  28  giugno  2018  indicata  in
epigrafe, che consta di tre articoli, la Regione Marche ha emanato le
disposizioni «in materia di gestione integrata dei rifiuti e bonifica
dei siti inquinati». 
    L'art. 1, che ne esplicita le «finalita', stabilisce  che  questa
legge  nel  rispetto  degli  strumenti  programmatici,  definisce  le
strategie di gestione  dei  rifiuti  escludendo  la  combustione  del
Combustibile solido secondario (CSS), dei rifiuti o dei  materiali  e
sostanze  derivanti  dal  trattamento  dei  rifiuti  medesimi,  quale
strumento di gestione dei rifiuti o di recupero energetico». 
    L'art. 2 contiene  alcune  disposizioni  inerenti  alla  modifica
dell'art. 10 della legge regionale 12 ottobre 2009, n. 24, recante la
«Disciplina regionale in materia di gestione integrata dei rifiuti  e
bonifica dei siti inquinati». 
    In particolare, il comma 1 dell'art. 2 della legge  regionale  n.
22/18 citata stabilisce che «Il PdA [piano d'ambito] e'  redatto,  in
conformita' al  Piano  regionale  di  gestione  dei  rifiuti  di  cui
all'art.  5,  escludendo   qualsiasi   forma   di   combustione   del
Combustibile solido secondario (CSS), dei rifiuti o dei  materiali  e
sostanze derivanti dal trattamento dei rifiuti medesimi, ad eccezione
del metano». 
    E' avviso del Governo che, con le norme denunciate  in  epigrafe,
la  Regione  Marche  abbia  ecceduto  dalla  propria  competenza   in
violazione  della  normativa  costituzionale,  come  si  confida   di
dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
    Gli articoli 1 e 2 della legge Regione Marche 28 giugno 2018,  n.
22, violano l'art. 117, comma 2, lettera s),  della  Costituzione  in
materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. 
    Come illustrato supra (pag. 2), gli articoli 1  e  2  citati  non
consentono il trattamento termico come  operazione  di  gestione  dei
rifiuti, anche mediante l'esclusione di tale opzione  di  trattamento
dalla redazione del piano d'ambito  che  definisce  le  strategie  di
gestione dei rifiuti in ambito locale. 
    Le norme  regionali,  in  questo  modo,  escludono  dal  relativo
territorio regionale tutte le attivita' che  hanno  ad  oggetto  tale
forma di recupero dei rifiuti e,  dunque,  eliminando  l'opzione  del
recupero energetico, confliggono palesemente con molteplici parametri
statali  interposti,  i  quali  rappresentano  manifestazione   della
competenza  esclusiva  dello  Stato  sulla  tutela  dell'ambiente   e
dell'ecosistema. 
    In particolare, esse si pongono in aperto contrasto: 
        A) nella misura  in  cui  escludono  l'opzione  del  recupero
energetico, con i criteri di priorita' «di cio'  che  costituisce  la
migliore opzione ambientale» (comma 2), nella  gestione  dei  rifiuti
stabiliti dall'art. 179 del decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.
152, contenente le «Norme in materia ambientale», che da'  attuazione
nell'ordinamento    nazionale    alla    corrispondente    previsione
eurounitaria contenuta nell'art. 4 della direttiva 2008/98/CE del  19
novembre  2008,  relativa  ai  rifiuti,  rubricato   «Gerarchia   dei
rifiuti», art. 4 che «si applica  quale  ordine  di  priorita'  della
normativa e della politica in materia di prevenzione e  gestione  dei
rifiuti: (a) prevenzione;  b)  preparazione  per  il  riutilizzo;  c)
riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio  il  recupero  di
energia; ed e) smaltimento); 
        B) con gli articoli 195,  comma  1,  lettera  f)  e  p),  che
disciplina le competenze dello Stato, e 196, comma 1,  lettera  n)  e
o),  che  disciplina  le  competenze  delle  regioni,   del   decreto
legislativo n. 152 del 2006 citato. 
    Il legislatore statale ha regolato la materia della gestione  dei
rifiuti nella Parte Quarta, (Norme in materia di gestione dei rifiuti
e di bonifica dei siti inquinati), Titolo I  (Gestione  dei  rifiuti)
del decreto legislativo n. 152 del 2006 citato. 
    La normativa statale, disciplina la gestione  dei  rifiuti  e  la
bonifica dei siti inquinati  «anche  in  attuazione  delle  direttive
comunitarie, in particolare della  direttiva  2008/98/CE»,  individua
poteri e funzioni dei diversi livelli di Governo, che  devono  essere
esercitati «in conformita' alle disposizioni di cui alla parte quarta
del presente decreto» (art. 177, comma 5, del decreto legislativo  n.
152 del 2006 citato). 
    Allo Stato, oltre alle attivita' gia' indicate  nel  resto  della
Parte Quarta del Titolo I del decreto legislativo  n.  152  del  2006
citato,  spettano  numerose  competenze  (art.  195),  tra  le  quali
l'individuazione degli impianti  di  recupero  e  di  smaltimento  di
preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e
lo sviluppo del Paese, sentita la  Conferenza  unificata,  procedendo
secondo finalita' di riequilibrio socio-economico  fra  le  aree  del
territorio nazionale (art. 195, comma 1, lettera f), e  l'indicazione
dei criteri generali relativi alle  caratteristiche  delle  aree  non
idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei  rifiuti
(art. 195, comma 1, lettera p). Queste attivita' si connettono con le
piu' generali funzioni di indirizzo e coordinamento (art. 195,  comma
1,  lettera  a),  la  definizione  dei  criteri  generali   e   delle
metodologie per la gestione integrata dei rifiuti (art. 195, comma 1,
lettera b), l'individuazione di obiettivi di qualita' dei servizi  di
gestione dei rifiuti (art. 195, comma 1, lettera l). 
    Inoltre, l'art. 196, comma 1, dispone  che  «sono  di  competenza
delle regioni, nel rispetto dei  principi  previsti  dalla  normativa
vigente e dalla parte  quarta  del  presente  decreto,  ivi  compresi
quelli di cui all'art. 195» una serie di  poteri,  tra  i  quali  «la
definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province,
delle  aree  non  idonee  alla  localizzazione  degli   impianti   di
smaltimento e di recupero  dei  rifiuti,  nel  rispetto  dei  criteri
generali indicati nell'art. 195, comma 1, lettera p) (art. 196, comma
1,  lettera   n);   nonche'   "la   definizione   dei   criteri   per
l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento  (art.
196, comma 1, lettera o). 
    In questi casi, la Regione deve, quindi, procedere  nel  rispetto
di criteri e procedure  stabiliti  a  livello  statale  (sentenza  n.
285/2013, punto 4.2. del Considerato in diritto). 
    In base alle predette  previsioni,  infatti,  e'  riservata  allo
Stato  sia  l'individuazione  degli  impianti  di   recupero   e   di
smaltimento  di  preminente  interesse  nazionale  che  deve   essere
effettuata secondo finalita' di riequilibrio socio-economico  fra  le
aree del territorio nazionale; sia l'indicazione dei criteri generali
relativi  alle   caratteristiche   delle   aree   non   idonee   alla
localizzazione degli impianti di smaltimento di rifiuti. 
    Alle regioni  spetta,  invece,  la  definizione  di  criteri  per
l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla
localizzazione degli  impianti  di  smaltimento  e  di  recupero  dei
rifiuti, nel rispetto dei criteri generali  indicati  nell'art.  195,
comma 1, lettera p), citato, nonche' la definizione dei  criteri  per
l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento  e  la
determinazione, nel rispetto delle norme  tecniche  di  cui  all'art.
195, comma 2,  lettera  a),  citato,  di  disposizioni  speciali  per
rifiuti di tipo particolare. 
    Al  riguardo  occorre  ricordare  che,  proprio  sulla  base  dei
richiamati parametri statali interposti, con la  citata  sentenza  n.
285 del 2013, e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale  di
una norma legislativa regionale che disponeva un divieto generale  di
realizzazione e utilizzazione sull'intero  territorio  della  regione
interessata di impianti di trattamento a caldo per lo smaltimento dei
rifiuti; affermando che «La norma  eccede  la  competenza  regionale.
Infatti,  la  disciplina  della  gestione  dei  rifiuti,  come   gia'
osservato,   rientra   nella   materia   «tutela   dell'ambiente    e
dell'ecosistema» riservata, in  base  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione, alla competenza esclusiva dello Stato
(ex multis, sentenze n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n.  331
e n. 278 del 2010,  n.  61  e  n.  10  del  2009).  Esercitando  tale
competenza, lo Stato ha regolato, con l'art. 195,  comma  1,  lettera
f), del decreto legislativo n. 152 del 2006, il potere di localizzare
gli impianti di recupero e  smaltimento  dei  rifiuti  di  preminente
interesse nazionale. Questa Corte ha rilevato che  «la  comprensibile
spinta, spesso presente a livello locale, ad ostacolare  insediamenti
che gravino il rispettivo territorio degli oneri connessi (secondo il
noto  detto  «not  in  my  back-yard»),  non  puo'  tradursi  in   un
impedimento insormontabile alla realizzazione di  impianti  necessari
per una corretta gestione del  territorio  e  degli  insediamenti  al
servizio di interessi di rilievo ultraregionale» (sentenza n. 62  del
2005). La disposizione impugnata contrasta con la lettera  p),  comma
1, art. 195 e con le lettere n) e o), comma  1,  dell'art.  196,  del
decreto legislativo n.  152  del  2006.  La  disposizione  impugnata,
imponendo  un  divieto  generale  di  realizzazione  e  utilizzo   di
determinati impianti su tutto il territorio regionale,  non  contiene
un «criterio» ne' di localizzazione, ne' di idoneita' degli impianti.
Si tratta di un limite assoluto, che si traduce in  una  aprioristica
determinazione dell'inidoneita' di tutte  le  aree  della  Regione  a
ospitare i predetti impianti. Questa Corte,  in  altre  materie  come
quella della localizzazione di impianti energetici, ha  affermato  il
principio  generale  per  cui  la  Regione   «non   puo'   introdurre
«limitazioni alla localizzazione», ben puo' somministrare «criteri di
localizzazione», quand'anche  formulati  «in  negativo»,  ovvero  per
mezzo della delimitazione di  aree  ben  identificate,  ove  emergano
interessi  particolarmente   pregnanti   affidati   alle   cure   del
legislatore regionale, e purche' cio' non determini  l'impossibilita'
di una localizzazione alternativa» (sentenza n. 278  del  2010);  del
resto, «la generale esclusione di tutto  il  territorio  [...]  esime
dalla individuazione della ratio che presiede alla  dichiarazione  di
inidoneita' di specifiche tipologie di aree»  (sentenza  n.  224  del
2012); pertanto, alla Regione non puo' essere consentito, anche nelle
more della definizione dei criteri statali, di porre limiti  assoluti
di edificabilita'  degli  impianti»  (punto  5.  del  Considerato  in
diritto); 
        C) con le previsioni dell'art. 35, comma 1, del decreto-legge
12  settembre  2014,  n.  133,  contenente  le  «Misure  urgenti  per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive», convertito con modificazioni con la  legge  11
novembre 2014, n. 164, che qualifica gli  impianti  di  incenerimento
con  recupero  energetico  di  rifiuti  urbani  e   assimilati   come
«infrastrutture e insediamenti  strategici  di  preminente  interesse
nazionale», che «attuano un sistema integrato e moderno  di  gestione
di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la  sicurezza  nazionale
nell'autosufficienza, consentono di superare  e  prevenire  ulteriori
procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di
settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica»; e con le
previsioni del decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  10
agosto  2016,  «Individuazione   della   capacita'   complessiva   di
trattamento degli impianti  di  incenerimento  di  rifiuti  urbani  e
assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale,  nonche'
individuazione  del  fabbisogno  residuo  da  coprire   mediante   la
realizzazione di impianti di incenerimento con  recupero  di  rifiuti
urbani e assimilati», che ha dato attuazione  al  predetto  art.  35,
definendo  il  quadro  del  fabbisogno  di  incenerimento  su   scala
nazionale e per ciascuna regione. In tale ambito, infatti, uno  degli
impianti previsti trova la sua  collocazione  proprio  nella  Regione
Marche (Tabella C allegata al decreto del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri citato); ed e', comunque, delineato un  procedimento  ad
hoc per eventuali aggiornamenti del fabbisogno (art.  6  del  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri citato). 
    Va, infine,  sottolineato  che  il  contenuto  dell'art.  35  del
decreto-legge n.  133  del  2014  citato  e'  stato  espressamente  e
specificamente riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale  come
riconducibile  alla   competenza   esclusiva   statale   in   materia
ambientale, statuendo che «L'art. 35 del  decreto-legge  n.  133  del
2014,  infatti,  qualifica  gli  impianti   di   incenerimento   come
«infrastrutture e insediamenti  strategici  di  preminente  interesse
nazionale» (comma 1). Con  riguardo  alla  medesima  attribuzione  di
«carattere  di  interesse  strategico»,   ancorche'   riferita   alle
infrastrutture energetiche di cui all'art. 37, comma 1, del  medesimo
decreto-legge (i gasdotti  di  importazione  di  gas  dall'estero,  i
terminali di rigassificazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e
le  infrastrutture  della  rete  nazionale  di  trasporto   del   gas
naturale), questa  Corte  ha  affermato  che  essa  e'  «da  ritenere
espressione normativa di un  indirizzo  volto  a  fornire  impulso  e
rilievo allo sviluppo energetico  nazionale»  (sentenza  n.  110  del
2016)», (sentenza n. 154/2016, punto 6. del Considerato in diritto). 
    Alla  luce  delle  precedenti  considerazioni   deve   ritenersi,
pertanto,  che  le  disposizioni  regionali  indicate  in   epigrafe,
risultano  adottate  in  contrasto  con   la   richiamata   normativa
interposta e in violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s),  della
Costituzione  che  riserva  allo  Stato  la  materia   della   tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si conclude perche' articoli 1 e 2 della legge  regionale  Marche
n. 22 del 28 giugno 2018, recante «Modifica alla legge  regionale  12
ottobre 2009, n. 24 «Disciplina  regionale  in  materia  di  gestione
integrata dei rifiuti e bonifica dei  siti  inquinati»,  indicati  in
epigrafe, siano dichiarati costituzionalmente illegittimi. 
    Si produce l'attestazione della deliberazione del  Consiglio  dei
ministri del 3 settembre 2018. 
 
        Roma, 3 settembre 2018 
 
           Il Vice Avvocato generale dello Stato: Palmieri 
 
 
                e per L'Avvocato dello Stato: Morici