N. 70 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 ottobre 2018

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 9 ottobre  2018  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Energia - Norme della Regione Liguria - Autorizzazione degli impianti
  di produzione di energia da fonti rinnovabili -  Prescrizione,  per
  la localizzazione di impianti eolici, di una distanza minima  dalle
  unita' abitative e dalle zone in  cui  sono  presenti  insediamenti
  residenziali. 
- Legge della Regione Liguria 7 agosto 2018, n. 15  ("Modifiche  alla
  legge  regionale  4  settembre  1997,  n.  36  (Legge   urbanistica
  regionale) e  altre  disposizioni  di  adeguamento  in  materia  di
  governo del territorio"), art. 23. 
(GU n.46 del 21-11-2018 )
    Ricorso ex art. 127 Costituzione per la Presidenza del  Consiglio
dei ministri  (c.f.  80188230587),  in  persona  del  Presidente  pro
tempore, rappresentata e  difesa  ex  lege  dall'Avvocatura  Generale
dello         Stato         (c.f.          80224030587;          pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it; fax 06/96514000) ed elettivamente
domiciliata presso i suoi Uffici in Roma, via dei Portoghesi  n.  12,
ricorrente; 
    Contro Regione Liguria in persona  del  Presidente  pro  tempore,
dott. Giovanni Toti, con sede in Genova, via Fieschi n. 15  -  16121,
resistente; 
    Per la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.
23 della legge della Regione Liguria 7 agosto 2018, n. 15, pubblicata
nel B.U.R. n. 11 del 10 agosto 2018, recante  «Modifiche  alla  legge
regionale 4 settembre 1997, n. 36  (Legge  urbanistica  regionale)  e
altre  disposizioni  di  adeguamento  in  materia  di   governo   del
territorio». 
    La legge della Regione Liguria 7 agosto 2018, n.  15,  che  detta
norme di modifica alla legge regionale 4 settembre 1997, n. 36 (Legge
urbanistica regionale) e altre disposizioni di adeguamento in materia
di governo  del  territorio,  e'  censurabile  con  riferimento  alla
disposizione contenuta  nell'art.  23  in  quanto  viola  i  principi
fondamentali in materia di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia», in contrasto con  gli  articoli  117,  terzo
comma e 97 della Costituzione, alla luce dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1. La norma contenuta nell'art.  23  introduce  il  comma  10-bis
all'art. 28 della legge regionale 6 giugno 2008,  n.  16,  prevedendo
che «Per gli impianti  eolici  deve  essere  rispettata  per  ciascun
aerogeneratore una distanza minima non inferiore a  250  metri  dalle
unita' abitative munite di abitabilita', regolarmente censite  e  una
distanza dalle zone o ambiti nei  quali  sono  presenti  insediamenti
residenziali  previsti  dagli  strumenti  urbanistici   vigenti,   da
determinarsi da parte del  comune  con  deliberazione  del  Consiglio
comunale  in   funzione   delle   caratteristiche   orografiche   del
territorio». 
    La disposizione regionale si pone in  contrasto  con  l'art.  12,
comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003, e con il paragrafo
1.2. delle Linee guida nazionali per l'autorizzazione degli  impianti
a fonte rinnovabile (decreto  ministeriale  10  settembre  2010)  che
rinvia al paragrafo 17 per le modalita' di individuazione delle  aree
non idonee. 
    In particolare la citata disposizione statale (art. 12, comma 10,
decreto legislativo n. 387/2003) stabilisce che le linee  guida  sono
volte ad  assicurare  un  corretto  inserimento  degli  impianti  nel
paesaggio. In attuazione di tali  linee  guida,  le  regioni  possono
procedere  alla  indicazione  di  aree  e  siti   non   idonei   alla
installazione di specifiche tipologie di impianti, ma, come affermato
a piu' riprese da codesta  Corte  costituzionale,  esse  non  possono
dettare   disposizioni   che   prevedano   un   divieto   arbitrario,
generalizzato e  indiscriminato  di  localizzazione  di  impianti  di
produzione di energia da fonti rinnovabili. 
    L'art. 23 legge della Regione Liguria 7 agosto 2018,  n.  14  non
rispetta, pertanto, i principi fondamentali in materia di  produzione
di energia dettati  dalle  linee  guida  per  l'autorizzazione  degli
impianti da fonti rinnovabili di cui al decreto  del  Ministro  dello
sviluppo economico 10 settembre 2010,  emanato  di  concerto  con  il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con
il Ministro per i beni e le  attivita'  culturali  (Linee  guida  per
l'autorizzazione degli impianti  alimentati  da  fonti  rinnovabili),
recepite poi dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28  (Attuazione
della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia  da
fonti rinnovabili 23 aprile 2009, n. 1009/28/CE, recante  modifica  e
successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE). 
    Occorre richiamare, in via preliminare, il  quadro  normativo  di
riferimento in materia di produzione di energia eolica. 
    L'art. 12 del  decreto  legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387
(Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato interno dell'elettricita') disciplina il  procedimento  volto
al  rilascio  dell'autorizzazione  unica   per   la   costruzione   e
l'esercizio  degli  impianti  di  produzione  di  energia   elettrica
alimentati da fonti rinnovabili. 
    L'art. 12 cit., dopo  aver  previsto  ai  commi  3  e  4  che  la
costruzione e l'esercizio degli impianti  di  produzione  di  energia
elettrica  alimentati  da  fonti  rinnovabili,  gli   interventi   di
modifica,   potenziamento,   rifacimento   totale   o   parziale    e
riattivazione, come definiti  dalla  normativa  vigente,  nonche'  le
opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione  e
all'esercizio  degli  impianti   stessi,   sono   soggetti   ad   una
autorizzazione unica, rilasciata ai sensi e secondo le modalita'  ivi
indicate, dispone al successivo comma 10 che le  linee  guida  devono
essere approvate in Conferenza unificata, su  proposta  del  Ministro
delle attivita' produttive (oggi Ministro per lo sviluppo economico),
di  concerto  con  il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare e del  Ministro  per  i  beni  e  le  attivita'
culturali. 
    L'obiettivo delle linee guida, espressamente indicato, e'  quello
di assicurare un  corretto  inserimento  degli  impianti,  specie  di
quelli eolici, nel paesaggio. 
    La normativa statale teste' richiamata (art. 12,  comma  10,  del
decreto legislativo  n.  387  del  2003)  consente  alle  regioni  un
limitato margine di intervento, al solo fine di individuare  «aree  e
siti  non  idonei  all'installazione  di  specifiche   tipologie   di
impianti», in attuazione delle predette linee guida. 
    Queste ultime, come si e'  detto,  sono  state  adottate  con  il
decreto del Ministro dello  sviluppo  economico  10  settembre  2010,
emanato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela  del
territorio e del mare e con il Ministro per i  beni  e  le  attivita'
culturali (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati
da fonti rinnovabili). 
    Nella Parte I (Disposizioni generali)  le  suddette  linee  guida
stabiliscono che alle regioni  e'  riconosciuta  la  possibilita'  di
porre  limitazioni  e  divieti  in  atti  di  tipo  programmatori   o
pianificatori per l'installazione di specifiche tipologie di impianti
alimentati a fonti rinnovabili, esclusivamente nell'ambito e  con  le
modalita' di cui al paragrafo 17 (che indica i criteri e  i  principi
che le regioni devono  rispettare  nella  individuazione  delle  zone
nelle quali non e' possibile realizzare gli  impianti  alimentati  da
fonti di energia alternativa). 
    Sempre nelle citate linee guida e', inoltre, specificato  che  le
regioni possono procedere alla individuazione  di  aree  e  siti  non
idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti secondo
le modalita' di cui al suddetto punto e sulla base dei criteri di cui
all'allegato 3: tale allegato  prevede,  che  l'individuazione  delle
aree e dei siti non  idonei  alla  realizzazione  degli  impianti  in
questione «deve essere  differenziata  con  specifico  riguardo  alle
diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di  impianto»  e  che
non puo' riguardare (porzioni significative  del  territorio  o  zone
genericamente soggette a tutela dell'ambiente, del  paesaggio  e  del
patrimonio storico-artistico, ne'  tradursi  nell'identificazione  di
fasce di rispetto di dimensioni  non  giustificate  da  specifiche  e
motivate esigenze di tutela». 
    Deve  essere  tenuto,  infine,  in  considerazione   il   decreto
legislativo  3  marzo  2011,  n.  28  (Attuazione   della   direttiva
2009/28/CE  sulla   promozione   dell'uso   dell'energia   da   fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive  2001/77/CE  e  2003/30/CE)  che,  nel  recepire  la  nuova
direttiva 2009/28/CE (sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), ha in parte modificato il decreto
legislativo n. 387 del 2003,  senza  pero'  incidere  sugli  articoli
sopra richiamati e, in particolare, senza apportare alcuna variazione
all'art. 12 e alle collegate linee guida, appena esaminate. 
    Dalla analisi della normativa statale appena richiamata emerge in
modo evidente come, in  materia  di  localizzazione  di  impianti  di
produzione  di  energia  rinnovabile,  alle  regioni  sia  consentita
esclusivamente l'individuazione, caso per caso, di «aree e  siti  non
idonei», avendo specifico riguardo alle diverse fonti e alle  diverse
taglie di impianto, in via di  eccezione  e  solo  qualora  cio'  sia
necessario per proteggere interessi costituzionalmente rilevanti. 
    Cio' premesso, appare  opportuno  rilevare  come  codesta  Ecc.ma
Corte abbia avuto  modo  di  affermare  in  piu'  occasioni  come  il
principio di massima diffusione delle fonti di  energia  rinnovabile,
derivante  dalla  normativa  europea  e  recepito   dal   legislatore
nazionale, «trova attuazione nella generale utilizzabilita' di  tutti
i terreni per l'inserimento  di  tali  impianti,  con  le  eccezioni,
stabilite dalle regioni, ispirate  alla  tutela  di  altri  interessi
costituzionalmente protetti nell'ambito delle materie  di  competenza
delle  regioni  stesse.  Non  appartiene   invece   alla   competenza
legislativa della stessa regione la modifica, anzi il  rovesciamento,
del principio generale contenuto nell'art. 12, comma 10, del  decreto
legislativo n. 387 del 2003. [...],» (sentenza n. 224 del  2012);  e'
cio' in conformita' con l'orientamento gia' espresso con la  sentenza
n. 44  del  2011,  nella  quale  era  stato  affermato  che  «non  e'
consentito  alle  regioni,  [neppure]  in  assenza  di  linee   guida
approvate in Conferenza unificata,  porre  limiti  di  edificabilita'
degli impianti di produzione di  energia  da  fonti  rinnovabili,  su
determinate zone del territorio regionale (sentenze n. 119 e  n.  344
del 2010; n. 166 e n. 382 del 2009)». 
    Con la successiva sentenza n. 30  gennaio  2014,  n.  13  codesta
Ecc.ma Corte, chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimita'
costituzionale  sollevata  dal  Tribunale  amministrativo   regionale
Campania in relazione alla legge della Regione Campania n. 11/2011 di
disciplina,  tra  l'altro,  delle  distanze  tra  aerogeneratori   ha
ribadito il principio secondo cui le regioni possono  individuare  le
aree non idonee  a  condizione  che  le  stesse  vengano  esattamente
specificate, essendo loro vietato introdurre un divieto generalizzato
che di fatto si sostanzi in un ribaltamento  del  principio  generale
stabilito  dal  legislatore  nazionale  e  dai  principi  dell'Unione
europea in materia  (cfr.  direttive  2001/77/CE  e  2009/28/CE)  che
impongono la massima diffusione delle energie rinnovabili. 
    In altre parole, alle regioni e' consentito soltanto individuare,
caso per caso,  «aree  e  siti  non  idonei»  alla  installazione  di
impianti di produzione di energia rinnovabile ai sensi dell'art.  12,
comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003 e del paragrafo  17
delle linee guida, avendo specifico riguardo  alle  diverse  fonti  e
alle diverse taglie di impianto, in via di eccezione e  solo  qualora
cio'  sia  necessario  per  proteggere  interessi  costituzionalmente
rilevanti. 
    Il margine di intervento riconosciuto  al  legislatore  regionale
non permette invece  che  le  regioni  prescrivano  limiti  generali,
specie nella forma di distanze minime,  perche'  cio'  contrasterebbe
con il principio fondamentale di massima diffusione  delle  fonti  di
energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformita'
alla normativa  dell'Unione  europea.  (cfr.  Corte  Cost.  sent.  n.
69/2018). 
    Con la citata sentenza n. 69/2018, codesta Corte ha richiamato la
sentenza n. 308 del 2011, con la quale aveva sancito l'illegittimita'
costituzionali di disposizioni che prevedevano un divieto arbitrario,
generalizzato e  indiscriminato  di  localizzazione  di  impianti  di
produzione di energia da fonti rinnovabile,  ed  ha  conseguentemente
osservato che i principi ivi indicati vanno ribaditi, nel senso  che:
«Il principio di derivazione  comunitaria  della  massima  diffusione
degli impianti di energia a fonte rinnovabile puo' trovare  eccezione
in    presenza    di    esigenze    di    tutela    della     salute,
paesaggistico-ambientale e dell'assetto  urbanistico  del  territorio
(sentenze n. 13 del 2014 e 224  del  2012),  ma  la  compresenza  dei
diversi interessi coinvolti, tutti costituzionalmente  rilevanti,  ha
come luogo elettivo di composizione il  procedimento  amministrativo,
come previsto al paragrafo  17.1.  dalle  Linee  guida,  secondo  cui
«[....] l'individuazione della non  idoneita'  dell'area  e'  operata
dalle regioni attraverso un'apposita istruttoria avente ad oggetto la
ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente,  del
paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,  delle  tradizioni
agroalimentari locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale che
identificano   obiettivi   di   protezione   non   compatibili    con
l'insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche  tipologie  e/o
dimensioni di  impianti,  i  quali  determinerebbero,  pertanto,  una
elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede  di
autorizzazione [...]». 
    E' nella sede procedimentale, dunque, che puo' e deve avvenire la
valutazione  sincronica  degli   interessi   pubblici   coinvolti   e
meritevoli di tutela, a confronto sia con  l'interesse  del  soggetto
privato operatore  economico,  sia  ancora  (e  non  da  ultimo)  con
ulteriori  interessi  di  cui  sono  titolari  singoli  cittadini   e
comunita',  e  che  trovano  nei  principi  costituzionali  la   loro
previsione e tutela. La struttura  del  procedimento  amministrativo,
infatti, rende possibili  l'emersione  di  tali  interessi,  la  loro
adeguata prospettazione, nonche'  la  pubblicita'  e  la  trasparenza
della loro valutazione, in attuazione dei principi di cui all'art.  1
della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi): efficacia, imparzialita', pubblicita' e trasparenza.
Viene in tal modo garantita, in primo  luogo,  l'imparzialita'  della
scelta,  alla  stregua  dell'art.  97  Cost.,   ma   poi   anche   il
perseguimento, nel modo piu'  adeguato  ed  efficace,  dell'interesse
primario,  in   attuazione   del   principio   del   buon   andamento
dell'amministrazione, di cui allo stesso art. 97 Cost. 
    In definitiva  viene  in  tal  modo  garantito  il  rispetto  del
principio di legalita' - anch'esso desumibile dall'art. 97 Cost. - in
senso non solo formale, come attribuzione normativa  del  potere,  ma
anche sostanziale, come esercizio del potere in modo coerente con  la
fonte normativa di attribuzione. Difatti, a chiusura del sistema,  vi
e' la possibilita' di sottoporre le scelte  compiute  e  le  relative
modalita' di adozione al vaglio giurisdizionale». 
    Un ultimo richiamo, infine, va effettuato  con  riferimento  alla
recentissima sentenza di codesta Ecc.ma Corte del 26 luglio 2018,  n.
177 con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita'  dell'art.  15,
comma 3, della legge della Regione Campania 5 aprile 2016, n. 6 (c.d.
moratoria sull'eolico); in tale sede codesta Corte costituzionale  ha
confermato il proprio costante orientamento  in  materia,  affermando
che: «La scelta della  norma  censurata  di  sospendere  il  rilascio
dell'autorizzazione unica non solo trascura completamente le  istanze
recate  dalle   normative   europea   e   nazionale   precedentemente
richiamate, ma paralizza - seppur momentaneamente - la stessa sede in
cui tutti gli  interessi  coinvolti  debbono  confluire  per  trovare
adeguato contemperamento onde garantire il buon andamento dell'azione
amministrativa.  In  altre  parole,  l'esigenza  della   regione   di
assicurarsi gli spazi deliberativi di cui all'art. 15, commi  1  e  2
della legge reg. Campania n. 6 del 2016, e' stata fatta valere al  di
fuori  degli  schemi   procedimentali   tipizzati   dal   legislatore
competente e sostanzialmente si e' tradotta,  per  il  periodo  della
moratoria, in una sottrazione dell'intero territorio  regionale  alla
costruzione e all'esercizio di impianti eolici. Cio' e' in  contrasto
con quanto affermato da questa  Corte  proprio  nei  confronti  della
Regione  Campania  con   riguardo   a   uno   degli   spazi   rimessi
all'iniziativa regionale in rilievo, vale a dire che «il  margine  di
intervento riconosciuto al legislatore regionale per individuare  "le
aree  e  i  siti  non  idonei»  alla  installazione  di  impianti  di
produzione di energia rinnovabile ai sensi dell'art.  12,  comma  10,
del decreto legislativo n. 387 del 2003  e  del  paragrafo  17  delle
linee guida, non permette in alcun modo che  le  regioni  prescrivano
limiti generali,  valevoli  sull'intero  territorio  regionale  [...]
perche' cio' contrasterebbe con il principio fondamentale di  massima
diffusione  delle  fonti  di  energia  rinnovabili,   stabilito   dal
legislatore  statale  in  conformita'  alla   normativa   dell'Unione
europea" (sentenza n. 13 del 2014)». 
    Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, si ritiene che  la
soluzione legislativa adottata dalla Regione Liguria, nello stabilire
in via generale, senza istruttoria e valutazione  in  concreto  nella
sede procedimentale dei siti di localizzazione, distanze  minime  per
la collocazione degli impianti non previste dalla disciplina statale,
non garantisce il rispetto di  questi  principi  fondamentali  e  non
permette un'adeguata tutela  dei  molteplici  e  rilevanti  interessi
coinvolti. 
    Pertanto, l'art. 23 della legge regionale in  oggetto  contrasta,
per il tramite dell'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387
del 2003 e delle richiamate Linee guida (paragrafi 1.2. e 17.1.)  con
il parametro costituzionale sopra indicato. 
    Le  richiamate  norme  statali  di   riferimento   costituiscono,
infatti, principi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia», che, ai sensi  dell'art.  117,
terzo comma, Cost. e' oggetto di potesta' legislativa concorrente, in
base alla quale le regioni  sono  tenute  al  rispetto  dei  principi
fondamentali espressi dallo Stato. 
    2. L'art. 23 della legge regionale  n.  15/2018  viola,  inoltre,
l'art. 97, primo comma della Costituzione. 
    Infatti secondo l'insegnamento di  codesta  Corte  costituzionale
(sentenza n. 69 del 2018  gia'  sopra  richiamata)  «[e]  nella  sede
procedimentale  [...]  che  puo'  e  deve  avvenire  la   valutazione
sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela,
a confronto  sia  con  l'interesse  del  soggetto  privato  operatore
economico, sia ancora (e non da ultimo) con  ulteriori  interessi  di
cui sono titolari singoli cittadini e comunita', e  che  trovano  nei
principi costituzionali la loro previsione e tutela. La struttura del
procedimento amministrativo, infatti, rende possibili l'emersione  di
tali  interessi,  la  loro  adeguata   prospettazione,   nonche'   la
pubblicita' e la trasparenza della loro  valutazione,  in  attuazione
dei principi di cui all'art. 1 della legge  7  agosto  1990,  n.  241
(Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e  di  diritto
di accesso ai documenti  amministrativi):  efficacia,  imparzialita',
pubblicita' e trasparenza. Viene in  tal  modo  garantita,  in  primo
luogo, l'imparzialita' della scelta, alla stregua dell'art. 97 Cost.,
ma poi anche il perseguimento, nel modo piu'  adeguato  ed  efficace,
dell'interesse  primario,  in  attuazione  del  principio  del   buon
andamento dell'amministrazione, di cui allo stesso art. 97 Cost.». 
    Pertanto, la previsione generalizzata di una distanza minima  tra
aerogeneratori viola il suddetto principio di  buon  andamento  della
Pubblica Amministrazione di cui al citato art.  97  Cost.  in  quanto
limita la  possibilita'  di  valutare,  in  concreto,  gli  interessi
pubblici e privati di volta in volta coinvolti al fine di  perseguire
al meglio  l'interesse  primario,  cosi'  minando  l'imparzialita'  e
trasparenza della scelta dell'Amministrazione. 
    Tanto premesso, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come in
epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata,  chiede  l'accoglimento
delle seguenti conclusioni. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale adita accogliere il presente
ricorso e per l'effetto  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
della disposizione  oggetto  di  censura,  articoli  23  della  legge
Regione Liguria n. 15 del 2018. 
    Si deposita la determinazione della Presidenza del Consiglio  dei
ministri del 4 ottobre 2018. 
      Roma, 8 ottobre 2018 
 
                  L'Avvocato dello Stato: Nunziata