N. 173 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 agosto 2018
Ordinanza dell'8 agosto 2018 della Corte dei conti - Sezioni riunite per la Regione Trentino-Alto Adige nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Provincia autonoma di Bolzano per l'esercizio finanziario 2017.. Impiego pubblico - Norme della Provincia autonoma di Bolzano - Dirigenza dell'amministrazione provinciale - Trasformazione graduale dell'indennita' di funzione e di coordinamento e dell'indennita' per dirigenti sostituti degli enti, ai quali si applica il contratto collettivo intercompartimentale, in assegno personale pensionabile - Norme sulla qualificazione delle erogazioni e sulla conservazione degli effetti gia' maturati - Norme di interpretazione autentica. - Legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 aprile 1992, n. 10 (Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia Autonoma di Bolzano), art. 28; legge provinciale 19 maggio 2015, n. 6 (Ordinamento del personale della Provincia), art. 47; legge provinciale 25 settembre 2015, n. 11 (Disposizioni in connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bolzano per l'anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017), art. 14, comma 6; legge provinciale 18 ottobre 2016, n. 21 (Modifiche di leggi provinciali in materia di procedimento amministrativo, enti locali, cultura, beni archeologici, ordinamento degli uffici, personale, ambiente, utilizzazione delle acque pubbliche, agricoltura, foreste, protezione civile, usi civici, mobilita', edilizia abitativa, dipendenze, sanita', sociale, lavoro, patrimonio, finanze, fisco, economia e turismo), art. 7; legge provinciale 6 luglio 2017, n. 9 (Disciplina dell'indennita' di dirigenza e modifiche alla struttura dirigenziale dell'Amministrazione provinciale), artt. 1, 2 e 17; legge provinciale 9 febbraio 2018, n. 1 (Norme in materia di personale), artt. 1 e 3.(GU n.49 del 12-12-2018 )
CORTE DEI CONTI Sezioni riunite per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol Presiedute dal Presidente Josef Hermann Rössler e composte dai magistrati: Anna Maria Rita Lentini, Presidente di sezione; Irene Thomaseth, consigliere; Alessandro Pallaoro, consigliere; Tullio Ferrari, consigliere; Massimo Agliocchi, primo referendario; Alessia Di Gregorio, primo referendario, ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Provincia autonoma di Bolzano per l'esercizio finanziario 2017. Visti gli articoli 100, secondo comma, e 103, secondo comma, della Costituzione; Visti gli articoli 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Visti gli articoli 3, 36, 81, 97, 101, secondo comma, 103, 108, 117, secondo comma, lettere l) e o), e 119, primo comma, della Costituzione; Visto il testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e relative norme di attuazione; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305, e successive modificazioni, recante norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol per l'istituzione delle sezioni di controllo della Corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto; Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni; Visto il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213; Viste la legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10, la legge provinciale 19 maggio 2015, n. 6, la legge provinciale 25 settembre 2015, n. 11, la legge provinciale 18 ottobre 2016, n. 21, la legge provinciale 6 luglio 2017, n. 9, e la legge provinciale 9 febbraio 2018, n. 1; Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche); Vista la nota n. 394050 del 13 giugno 2018, con la quale la Provincia autonoma di Bolzano ha trasmesso alla Corte dei conti il rendiconto generale per l'esercizio finanziario 2017, completo del conto economico e dello stato patrimoniale, unitamente alla relazione sulla gestione; Visto il decreto n. 5 del 1° giugno 2018 con cui il Presidente delle sezioni riunite per la Regione Trentino-Alto Adige/Sadtirol ha convocato per il 20 giugno 2018 la Camera di consiglio per discutere in contradditorio con la Provincia le osservazioni del magistrato istruttore; Visto il resoconto della suddetta riunione camerale (nota n. 73821611 del 25 giugno 2018); Vista l'ordinanza n. 2 del 1° giugno 2018 con cui il Presidente delle sezioni riunite per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ha convocato le sezioni per il giorno 28 giugno 2018 per il giudizio di parificazione del rendiconto generale della Provincia autonoma di Bolzano per l'esercizio finanziario 2017; Viste le memorie depositate dalla procura regionale presso la sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Bolzano nelle date del 22 e 25 giugno 2018; Vista la decisione n. 1/PARI/2018 con cui le sezioni riunite hanno parificato, parzialmente, il rendiconto per l'esercizio finanziario 2017 della Provincia autonoma di Bolzano. Ritenuto in fatto Con nota n. 394050 del 13 giugno 2018 il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano ha trasmesso alla Corte dei conti, ai fini della parifica, il rendiconto generale della Provincia per l'esercizio 2017, completo del conto economico e dello stato patrimoniale, unitamente alla relazione sulla gestione e al disegno di legge approvato con delibera n. 372 dalla giunta provinciale nella seduta del 24 aprile 2018. L'esame della documentazione inviata dalla Provincia ha consentito di evidenziare come nel corso del 2017 siano state impegnate e pagate risorse a titolo di assegno personale pensionabile in assenza di incarico di direzione e di coordinamento, per effetto della trasformazione delle indennita' di direzione (anche in qualita' di dirigenti sostituti) e di coordinamento, in applicazione dei contratti collettivi di lavoro, per complessivi euro 825.788,05, di cui euro 247.131,26 sul cap. U01101.0000, euro 70.205,62 sul cap. U01101.0030, euro 176.188,60 sul cap. U04021.6120, euro 49.750,11 sul cap. U04021.6150, euro 219.724,92 sul cap. U01111.0215, euro 62.787,54 sul cap. U01111.0210. Sulla disciplina di siffatte erogazioni sono intervenute, nel corso del 2017 e del 2018, la legge provinciale 6 luglio 2017, n. 9 (Disciplina dell'indennita' di dirigenza e modifiche alla struttura dirigenziale dell'Amministrazione provinciale), e segnatamente gli articoli 1, 2 e 17, e la legge provinciale 9 febbraio 2018, n. 1 (Norme in materia di personale) e, in particolare, gli articoli 1 e 3. L'art. 1 (Indennita' di dirigenza) della legge provinciale n. 9/2017 stabilisce al comma 1 che «A far data dal 1° giugno 2018 l'indennita' di dirigenza disciplinata dall'art. 28 della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10, e dai contratti collettivi intercompartimentali, di comparto e decentrati e' trasformata in indennita' di posizione, composta da una parte fissa ed una parte variabile. L'ammontare dell'indennita' di posizione, di cui la parte fissa e' pari ai 40 per cento del valore complessivo dell'indennita' stessa, e' determinato dai contratti collettivi nel rispetto dei limiti e dei vincoli di cui alla legge provinciale 19 maggio 2015, n. 6, tenuto conto delle dimensioni della struttura dirigenziale, della sua collocazione all'interno dell'organizzazione dell'amministrazione, nonche' delle responsabilita', della complessita' e del grado di difficolta' dei compiti dirigenziali da svolgere nella posizione ricoperta. Dopo almeno sei anni di incarico dirigenziale, la sola parte fissa dell'indennita' di posizione si trasforma, alla cessazione dell'incarico, in assegno personale pensionabile in base al sistema retributivo». Al comma 3 il legislatore provinciale ha disposto che: «Sono fatti salvi gli effetti giuridici gia' prodotti e gli effetti economici gia' maturati, sino al 1° giugno 2018, a seguito dei meccanismi di trasformazione graduale dell'indennita' di dirigenza in assegno personale pensionabile in base al sistema retributivo, in applicazione dell'art. 28 della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10, e dei contratti collettivi. L'indennita' di dirigenza gia' maturata ai sensi del presente comma non e' cumulabile con l'indennita' di posizione di cui al comma 1». Analoga salvezza degli effetti derivanti dai contratti collettivi e' sancita dall'art. 2, comma 1, secondo periodo, della medesima legge in materia di indennita' di coordinamento e indennita' per dirigenti sostituti, benche' l'istituto sia stato abrogato a decorrere dal 1° giugno 2018. La successiva legge provinciale n. 1/2018 all'art. 1, con una disposizione espressamente qualificata di interpretazione autentica, ha stabilito che le norme preesistenti, puntualmente elencate, e le disposizioni contrattuali in vigore «si interpretano nel senso che le erogazioni avvenute in forza dei meccanismi di trasformazione graduale dell'indennita' di funzione e di coordinamento e di quella per dirigenti sostituti per il personale degli enti facenti parte dell'intercomparto provinciale in assegno personale pensionabile sono da considerare, sin dalla sua istituzione, elemento fisso e continuativo della retribuzione. A tal fine, conservano piena legittimita' ed efficacia, senza soluzione di continuita', le norme in materia dei contratti collettivi, di comparto ed intercompartimentali, anche in attuazione del principio di conservazione dei trattamenti economici fondamentali ed accessori in godimento alla loro data di entrata in vigore aventi natura retributiva ordinaria o corrisposti con carattere di generalita' per ciascuna amministrazione o ente». Le summenzionate erogazioni, tuttavia, appaiono illegittime in ragione sia della nullita' per contrasto con norme imperative delle clausole dei contratti collettivi, sulle quali ci si sofferma meglio infra, che prevedono la trasformazione, alla cessazione dell'incarico, delle indennita' di dirigenza e di coordinamento in assegno personale fisso e pensionabile sia della sospetta illegittimita' costituzionale delle disposizioni di cui ai citati articoli e, segnatamente dell'art. 1 della legge provinciale n. 1/2018, disposizione quest'ultima che eleva alla fonte di rango legislativo il principio della trasformazione di indennita' in assegno personale, declinato finora solo in sede di contrattazione collettiva, e salvaguarda l'assetto preesistente con riguardo agli effetti prodotti dalle summenzionate illegittime disposizioni contrattuali. In particolare, le norme in esame risulterebbero costituzionalmente illegittime per contrasto con gli articoli 3, 36, 81, 97, 101, comma 2, 103 e 108 e 117, comma 2, lettere l) e o), e 119, comma 1 della Costituzione. Il magistrato istruttore ha rappresentato, in sede di giudizio di parificazione, che «E' proseguita anche nel 2017 la corresponsione dell'indennita' di funzione e di coordinamento (trasformata in assegno fisso e continuativo) per complessivi giuro 0,8 ml a favore dei funzionari provinciali senza il corrispondente incarico direttivo. In particolare, nel corso del 2017 e' stata approvata la legge provinciale n. 9/2017 e successive modificazioni ed integrazioni di riordino della struttura dirigenziale e di ridisciplina dell'indennita' medesima [omissis]. Nell'ambito dei giudizi di parifica relativi ai rendiconti 2014, 2015 e 2016 le sezioni riunite della Corte dei conti avevano dichiarato non regolare le poste di spesa concernenti il pagamento di dette indennita' ai funzionari privi di incarico dirigenziale o di coordinamento. La sezione giurisdizionale di Bolzano della Corte dei conti con sentenza n. 52 del 21-22 settembre 2017 (depositata il 15 dicembre 2017) ha pronunciato condanna a titolo di responsabilita' amministrativa a carico dei funzionari che per conto della parte pubblica avevano stipulato i contratti collettivi in base ai quali sono stati disposti i pagamenti dal 1° giugno 2011 al 31 marzo 2016 oggetto di contestazione. Alla richiesta istruttoria volta a conoscere le misure medio tempore adottate in considerazione dei possibili effetti derivanti dall'esito del giudizio attualmente pendente in appello avverso la citata sentenza (ricorso n. 53327 del 23 marzo 2018), la Provincia ha fatto presente che successivamente alla legge provinciale n. 9/2017 in data 9 febbraio 2018 e' stata approvata la legge provinciale n. 1/2018, entrata in vigore il 16 febbraio 2018 [omissis]». La materia in esame rientrerebbe nell'ambito dell'ordinamento civile, in quanto tale riservata allo Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. Riserva esercitata, nel caso di specie, mediante il decreto legislativo n. 165/2001, che sancisce all'art. 7, comma 5, il principio, di immediata portata precettiva, della corrispettivita' dei trattamenti economici accessori rispetto alle prestazioni effettivamente rese. Queste sezioni riunite, nel giudizio di parifica dei capitoli concernenti la spesa del personale (per cio' che qui rileva, il cap. U01101.0000, il cap. U01101.0030, il cap. U04021.6120, il cap. U04021.6150, il cap. U01111.0215 e il cap. U01111.0210) devono decidere dell'applicazione di norme di leggi provinciali, di cui si contesta la legittimita' costituzionale. Qualora, infatti, fosse acclarata l'illegittimita' costituzionale delle norme sopra richiamate, rilevanti ai fini del bilancio provinciale (in quanto, in particolare, l'art. 1 della legge provinciale n. 1/2018 citata fa salve anche per l'esercizio finanziario 2017 le trasformazioni di indennita' in assegno personale fisso e pensionabile per effetto di disposizioni contrattuali), le corresponsioni dei relativi importi a dipendenti provinciali, alla cessazione degli incarichi di direzione o coordinamento, risulterebbero prive di copertura normativa sostanziale, con possibilita' di non parificare i relativi capitoli, attesa la nullita' delle disposizioni dei contratti collettivi. Le indicate criticita' sono state rappresentate da queste sezioni riunite alla Provincia autonoma di Bolzano nel corso dell'udienza camerale, svoltasi il 20 giugno 2018 con la partecipazione del procuratore regionale. La procura, intervenendo nella predetta udienza camerale del 20 giugno 2018, ha chiesto all'Amministrazione chiarimenti al riguardo. Inoltre, la procura, nelle date del 22 e del 25 giugno 2018 ha depositato memorie conclusionali, con le quali ha chiesto di sollevare questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1 e 3 della legge provinciale n. 1/2018 e dell'art. 1 della legge provinciale n. 9/2017, in relazione ai parametri costituzionali di cui agli articoli 3, 36, 81, 97, 103, comma 2, 117 e 119 della Costituzione. Nella pubblica udienza del 28 giugno 2018 il contraddittorio si e' svolto con l'intervento del magistrato relatore, del procuratore regionale, che ha confermato oralmente le conclusioni scritte, e del Presidente della giunta provinciale. Con la decisione n. 1/2018 di pari data e' stato parificato il rendiconto generale della Provincia autonoma di Bolzano per l'esercizio 2017, approvato dalla giunta provinciale in data 24 aprile 2018, ad eccezione, per quel che in questa sede rileva, dei capitoli U01101.0000, U01101.0030, U04021.6120, U04021.6150, U01111.0215 e U01111.0210, sospendendo il giudizio di parifica al fine di sollevare pregiudizialmente questione di legittimita' costituzionale dell'art. 28 della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10, dell'art. 47 della legge provinciale 19 maggio 2015, n. 6, dell'art. 14, comma 6, della legge provinciale 25 settembre 2015, n. 11, dell'art. 7 della legge provinciale 18 ottobre 2016, n. 21, degli articoli 1, 2 e 17 della legge provinciale 6 luglio 2017, n. 9, e degli articoli 1 e 3 della legge provinciale 9 febbraio 2018, n. 1. Considerato in diritto 1. Il decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305, recante «norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige per l'istituzione delle sezioni di controllo della Corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto», dispone all'art. 10, comma 1, come cosi' sostituito dall'art. 1, comma 3, del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 166, che «Il rendiconto generale della Regione e quello delle Province di Trento e di Bolzano sono parificati dalle sezioni riunite nella Regione Trentino-Alto Adige con un collegio composto dalle sezioni di controllo delle Province di Trento e di Bolzano in adunanza congiunta». Al giudizio di parificazione del rendiconto si applicano le disposizioni di cui all'art. 1. comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, secondo cui «Il rendiconto generale della regione e' parificato dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti ai sensi degli articoli 39, 40 e 41 del testo unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214. Alla decisione di parifica e' allegata una relazione nella quale la Corte dei conti formula le sue osservazioni in merito alla legittimita' e alla regolarita' della gestione e propone le misure di correzione e gli interventi di riforma che ritiene necessari alfine, in particolare, di assicurare l'equilibrio del bilancio e di migliorare l'efficacia e l'efficienza della spesa. La decisione di parifica e la relazione sono trasmesse al presidente della giunta regionale e al consiglio regionale». Gli articoli del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti richiamati si riferiscono alla parifica del rendiconto generale dello Stato e disciplinano la procedura del giudizio di parificazione (art. 40), il profilo contenutistico (art. 39) e la contestualizzazione dell'attivita' di parifica con una relazione sul rendiconto (art. 41). Nel corso del giudizio di parifica le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, quali in questa speciale composizione le sezioni riunite, vale a dire il collegio composto dalle sezioni di controllo delle Province di Trento e di Bolzano in adunanza congiunta, svolgono il ruolo di «garante imparziale dell'equilibrio economico-finanziario del settore pubblico» che il legislatore ha attribuito alla Corte dei conti e che e' stato confermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 60/2013, nella quale, in linea con la pregressa giurisprudenza, e' stato ribadito che «alla Corte dei conti e' attribuito il controllo sull'equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche a tutela dell'unita' economica della Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali (articoli 81, 119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (articoli 11 e 117, primo comma, Cost.)». Infatti, come puntualizza l'art. 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 174/2012, con riferimento al giudizio di parifica, «ai fine di rafforzare il coordinamento della finanza pubblica, in particolare tra i livelli di governo statale e regionale, e di garantire il rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, le disposizioni del presente articolo sono volte ad adeguare, ai sensi degli articoli 28, 81, 97, 100 e 119 della Costituzione, il controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle regioni di cui all'art. 3, comma 5, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e all'art. 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e successive modificazioni». 2. Nel corso dell'esame del conto del bilancio del rendiconto generale della Provincia autonoma di Bolzano per l'esercizio 2017, il magistrato istruttore si e' soffermato sulla verifica della spesa del personale, con particolare attenzione ai compensi a titolo di assegni personali, fissi e pensionabili, derivanti dalla trasformazione, alla cessazione dell'incarico, delle indennita' di dirigenza (anche ai dirigenti sostituti) e di coordinamento, erogati a dipendenti provinciali in virtu' del previo esercizio di incarichi di preposizione. Dalle risultanze contabili e' emerso che nel 2017 sono state pagate, a tale titolo, risorse per complessivi euro 825.788,05, di cui euro 247.131,26 sul cap. U01101.0000, euro 70.205,62 sul cap. U01101.0030, euro 176.188,60 sul cap. U04021.6120, euro 49.750,11 sul cap. U04021.6150, euro 219.724,92 sul cap. U01111.0215, euro 62.787,54 sul cap. U01111.0210. 3. Sul quadro contabile cosi' descritto rilevano, in particolare, le summenzionate disposizioni della legge provinciale n. 9/2017 e della legge provinciale n. 1/2018, oltre a numerose altre norme provinciali (infra specificate). Queste sezioni riunite dubitano della legittimita' costituzionale delle predette disposizioni, per contrasto con gli articoli 3, 36, 81, 97, 101, comma 2, 103, 108,117, comma 2, lettere l) e o), e 119, comma 1 della Costituzione. Conseguentemente, le sezioni riunite non hanno potuto parificare i capitoli di bilancio n. U01101.0000, n. U01101.0030, n. U04021.6120, n. U04021.6150, n. U01111.0215 e n. U01111.0210, sui quali sono imputati i pagamenti per corrispondere detti assegni derivanti dalla trasformazione delle indennita' di direzione e di coordinamento. Tuttavia, prima di illustrare la non manifesta infondatezza di tali dubbi, si ritiene necessario soffermarsi preliminarmente sulla legittimazione di questa Corte ad adire il giudice delle leggi, nonche' sulla rilevanza della questione nel giudizio in corso. 4. Per quanto riguarda la legittimazione delle sezioni riunite per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol a sollevare questioni di legittimita' costituzionale in sede di parificazione del rendiconto, si osserva che questo giudizio si svolge con le formalita' della giurisdizione contenziosa, prevede la partecipazione del procuratore regionale in contraddittorio coni rappresentanti dell'Amministrazione e si conclude con una pronunzia adottata in esito a pubblica udienza, sicche' la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 165/1963, n. 121/1966, n. 142/1968, n. 244/1995 e n. 213/2008) ha riconosciuto «alla Corte dei conti, in sede di giudizio di parificazione del bilancio, la legittimazione a promuovere, in riferimento all'art. 81 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale, avverso tutte quelle disposizioni di legge che determinino effetti modificativi dell'articolazione del bilancio per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire sui capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con il sistema dei risultati differenziali» (sentenza n. 213/2008). Inoltre, si e' formata negli anni una pacifica giurisprudenza costituzionale, che ha riconosciuto in capo alle sezioni di controllo la legittimazione a sollevare questioni di legittimita' costituzionale in sede di parifica del rendiconto delle regioni (tra le piu' recenti, sentenze n. 181/2015, n. 107/2016, n. 89/2017). Se, pertanto, appare indubbia la legittimazione di questa Corte a sollevare questioni di legittimita' costituzionale, rilevante e' l'individuazione dei parametri costituzionali che possono fungere da riferimento per l'impugnazione delle norme incidenti sul giudizio di parifica. La risalente giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la legittimazione al ricorso per contrasto con l'art. 81 della Costituzione delle norme sospette di illegittimita' costituzionale. Il giudice delle leggi, dopo aver premesso che la Corte dei conti svolge «una funzione di garanzia dell'ordinamento», di «controllo esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato preordinato a tutela del diritto oggettivo», ha affermato che «tali caratteri costituiscono indubbio fondamento della legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di costituzionalita' limitatamente a profili attinenti alla copertura finanziaria di leggi di spesa, perche' il riconoscimento della relativa legittimazione, legata alla specificita' dei suoi compiti nel quadro della finanza pubblica, si giustifica anche con l'esigenza di ammettere al sindacato costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero per altra via, ad essa sottoposte» (sentenza n. 226/1976). Proprio in relazione a queste ipotesi la Corte costituzionale ha auspicato (sentenza n. 406/1989) che, quando l'accesso al suo sindacato sia reso poco agevole, come accade in relazione ai profili attinenti all'osservanza dell'art. 81 della Costituzione, i meccanismi di accesso debbano essere arricchiti sostenendo, quindi, che la Corte dei conti e' la sede piu' adatta a far valere quei profili essenzialmente finalizzati alla verifica della gestione delle risorse finanziarie, e cio' in ragione della peculiare natura delle sue attribuzioni costituzionali (sentenza n. 384/1991). Peraltro, il parametro di cui all'art. 81 della Costituzione deve oggi essere attentamente modulato in considerazione della nuova formulazione del precetto costituzionale, come modificato dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1. L'art. 81, nella parte in cui introduce il concetto di equilibrio del bilancio, riconosce rilevanza primaria a un principio, immanente nell'ordinamento finanziario delle amministrazioni pubbliche, consistente nella «continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalita' pubbliche» (sentenze n. 70/2012, n. 115/2012, n. 250/2013 e n. 266/2013). Il valore dell'equilibrio dei bilanci presenti e futuri deve essere declinato non secondo una visione statica, cristallizzata con esclusivo riferimento al momento temporale dell'esame del singolo rendiconto, bensi' in una dimensione dinamica e prospettica, in modo assolutamente coerente ed integrato, secondo esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale, attraverso altri parametri costituzionali, quali i citati articoli 3, 36, 117, comma 2, lettere l) e o), e 119, comma 1, Cost., venendo ad assumere consistenza di vera e propria «clausola generale in grado di colpire direttamente tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile» (sentenza n. 192/2012; in tal senso anche sentenze n. 184/2016 e n. 274/2017). D'altra parte, il principio di sana gestione finanziaria richiede un atteggiamento prudenziale del legislatore provinciale, evitando di costruire gli equilibri del bilancio sulla base di poste prive di una legittima copertura legislativa, con le possibili ripercussioni negli esercizi futuri sulla sana gestione finanziaria e contabile dell'ente pubblico. Sarebbe irragionevole una lettura restrittiva del valore costituzionalmente protetto dell'equilibrio presente e futuro del bilancio, nel senso di valutare la legittimita' costituzionale di norme, solo nella misura in cui impattano su un risultato negativo della gestione finanziaria dell'ente pubblico, e non anche quando, pur in presenza di un saldo positivo, incidono comunque sul dato quantitativo dell'equilibrio attuale e, in una prospettiva futura, potrebbero comportare anche una variazione del segno di detto risultato differenziale, per effetto delle molteplici e non prevedibili variabili del ciclo economico. 5. Non puo', d'altra parte, non rimarcarsi l'onere finanziario derivante da siffatte disposizioni, che possono innescare una dinamica espansiva della spesa di personale, considerato che «la trasformazione di frazioni percentuali della retribuzione accessoria in assegno personale fisso e continuativo, e cioe' in retribuzione fissa, costituisce uno dei principali fattori genetici della crescita della spesa di personale laddove, in occasione della formazione del bilancio, non si tenga debitamente conto della progressiva riduzione delle disponibilita' allocate per le retribuzioni accessorie per effetto di meccanismi automatici di trasformazione di dette disponibilita' a sostegno della componente di spesa costituita dalle retribuzioni fisse e continuative» (Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, sentenza n. 52/2017, punto 27 della motivazione). Il solo precetto di cui all'art. 81 Cost. non e', quindi, di per se' sufficiente a garantire la tenuta degli equilibri finanziari, da considerarsi anche in prospettiva futura, ed il rispetto dei principi che regolano la gestione delle risorse pubbliche. Come osservato dalla sezione di controllo per il Piemonte (ordinanza n. 49/2014) e, piu' di recente, dalla sezione di controllo per la Liguria (ordinanza n. 34/2017), in ordinanze di rimessione alla Corte di questioni di legittimita' costituzionale, le valutazioni relative all'esatta individuazione dei parametri costituzionali - per lungo tempo limitati all'art. 81 Cost. - devono essere «adeguate al mutato quadro dell'ordinamento costituzionale [omissis] mentre al momento delle pronunzie sopra richiamate l'unica norma della Costituzione in materia di finanza pubblica era costituita dall'art. 81 e dalla legge costituzionale n. 3/2001». La sezione piemontese ha, infatti, inteso ricomprendere tra i parametri costituzionali anche altre norme, quali l'art. 119 e l'art. 97 della Costituzione con riguardo, tra l'altro, al coordinamento della finanza pubblica e dell'equilibrio dei bilanci. Ma il ragionamento e' stato sviluppato ancor piu' dai giudici liguri, secondo i quali possono ed anzi devono essere evocate tutte quelle norme costituzionali che, in modo diretto o indiretto, involgono la materia della finanza pubblica, apprestando tutela alle risorse pubbliche ed alla loro corretta utilizzazione. Nel caso di specie, la Provincia autonoma di Bolzano, legiferando in una materia riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ha determinato un aumento della spesa del personale che costituisce il piu' importante aggregato della spesa corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale. E non solo con riferimento a tetti di spesa e limiti alla stessa, ma anche in termini di violazione di norme imperative che pongono, con immediata forza precettiva, chiare regole di corrispettivita' tra retribuzione e prestazioni effettivamente rese. 6. Infine, questo collegio non puo' non condividere quanto gia' osservato dalla sezione di controllo per il Piemonte e dalla sezione di controllo per la Liguria, laddove, nelle ordinanze di remissione prima menzionate, hanno evidenziato come il giudizio di parificazione, allo stato della legislazione vigente, sia l'unica possibilita' offerta dall'ordinamento per sottoporre a scrutinio di costituzionalita' in via incidentale, in riferimento ai principi costituzionali in materia di finanza pubblica, le disposizioni legislative che, incidendo sui singoli capitoli, modificano l'articolazione del bilancio e ne possono alterare gli equilibri complessivi. Conseguentemente, ove si escludesse la legittimazione di questa Corte a sollevare questioni di costituzionalita' in riferimento ai parametri sopra individuati, si verrebbe a creare di fatto, una sorta di spazio legislativo immune dal controllo di costituzionalita' attivabile in via incidentale, laddove la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la legittimazione della sezione di controllo a sollevare questioni di legittimita' costituzionale anche in relazione all'esigenza di assicurare al sindacato della Corte costituzionale leggi provinciali che, come nella fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero, per altra via, ad essa sottoposte (Corte costituzionale sentenza n. 226/1976). Ritengono, pertanto, queste sezioni riunite di essere legittimate a sollevare questioni di legittimita' costituzionale, non solo con riferimento all'art. 81 della Costituzione, ma anche con riferimento, nel caso di specie, agli articoli 3, 36, 81, 97, 101, comma 2, 103, 108, 117, comma 2, lettere l) e o), e 119, comma 1, della Costituzione. 7. La questione di costituzionalita' si intende sollevare e' rilevante nel presente giudizio. Come disposto dall'art. 39 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti (regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214), al quale l'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, rinvia, l'oggetto del giudizio di parifica e' il seguente: «La Corte verifica il rendiconto generale dello Stato e ne confronta i risultati tanto per le entrate, quanto per le spese, ponendoli a riscontro con le leggi del bilancio. A tale etto verifica se le entrate riscosse e versate ed i resti da riscuotere e da versare risultanti dal rendiconto, siano conformi ai dati esposti nei conti periodici e nei riassunti generali trasmessi alla Corte dai singoli Ministeri; se le spese ordinate e pagate durante l'esercizio concordino con le scritture tenute o controllate dalla Corte ed accerta i residui passivi in base alle dimostrazioni allegate ai decreti ministeriali di impegno ed alle proprie scritture. La Corte con eguali accertamenti verifica i rendiconti, allegati al rendiconto generale, delle aziende, gestioni ed amministrazioni statali con ordinamento autonomo soggette al suo riscontro». La Corte costituzionale, con la sentenza n. 213/2008, ha affermato la legittimazione della Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione a sollevare questione di legittimita' costituzionale «avverso tutte quelle disposizioni di legge che determinino effetti modificativi dell'articolazione del bilancio per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire sui capitoli, con riflessi sugli equilibri digestione, disegnati con il sistema dei risultati differenziali». Nel caso di specie, le norme di cui si sospetta l'illegittimita' costituzionale incidono sull'articolazione della spesa e sul quantum della stessa, poiche' determinano un effetto espansivo della spesa, anche in prospettiva futura, mediante un aumento delle risorse destinate al trattamento accessorio, con cui la Provincia retribuisce soggetti che non svolgono piu' gli incarichi di preposizione in relazione ai quali quelle somme erano corrisposte. Difatti, nel momento in cui queste sezioni riunite, nell'ambito del giudizio di parifica, devono prendere in esame i capitoli destinati al pagamento del trattamento accessorio, dovrebbero dare applicazione a norme provinciali della cui legittimita' costituzionale si dubita. Pertanto, vi sarebbe una copertura della spesa meramente formale, ma non sostanziale. Qualora fosse acclarata l'illegittimita' costituzionale di una norma che rileva ai fini del bilancio provinciale, le spese sostenute per la corresponsione di detti assegni sarebbero prive di copertura sostanziale, con conseguente violazione del precetto costituzionale di cui all'art. 81, comma 4 (oggi comma 3), Cost. 8. Nella fattispecie de qua la parifica dei capitoli di bilancio n. U01101.0000, n. U01101.0030, n. U04021.6120, n. U04021.6150, n. U01111.0215 e n. 001111.0210 e' incisa dalle contestate leggi provinciali, soprattutto della legge provinciale n. 9/2017 e della legge provinciale n. 1/2018, che, sia pure con un farraginoso meccanismo di rinvii a norme preesistenti, salvezza di contratti collettivi e previsione di effetti retroattivi, recano norme di autorizzazione dei relativi impegni e pagamenti, con inferente evidenza della rilevanza nel presente giudizio della questione di costituzionalita' che si intende sollevare. Infatti, con riguardo all'art. 1, comma 3, della legge provinciale n. 9/2017, la disposizione fa salvi gli effetti giuridici gia' prodotti e analogamente prevede l'art. 2, comma 1, secondo periodo, della medesima legge con riferimento all'indennita' di coordinamento e per dirigenti sostituti. 9. Al riguardo, non ignorano queste sezioni riunite che la sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, con la sentenza n. 52/2017 (vedi infra punto 19), in un giudizio per responsabilita' erariale nei confronti dei componenti della delegazione pubblica, firmatari dei locali contratti collettivi, ha dichiarato il difetto di rilevanza nel giudizio della questione di legittimita' costituzionale prospettata con riferimento alla legge provinciale n. 9/2017, articoli 1 e 2. I giudici hanno, infatti, affermato che detta disciplina «fa salvi, nel rispetto del regime dei diritti acquisiti, gli effetti giuridici ed economici dei percettori delle indennita' in contestazione; con cio' tenendosi debitamente al di fuori della vertenza in atto circa la legittima erogazione da parte della Provincia, in modo del tutto automatico, degli assegni personali in contestazione, spettanti sulla base del regime vigente. La salvezza degli effetti giuridici ed economici, dunque, e' posta a tutela del dipendente percettore delle indennita' impedendone la ripetibilita', ma non legittima ex post le erogazioni effettuate, ove giudicate illegittime; ne consegue il difetto di rilevanza, nel presente giudizio, della questione di legittimita' costituzionale prospettata». Si ritiene, tuttavia, alla luce del successivo sviluppo normativo, che il legislatore provinciale volesse invece, in attuazione della delega di cui all'art. 47 della legge provinciale n. 6/2015 (vedi infra punto 16), dare copertura normativa al principio della trasformazione delle indennita' - disciplinato fino ad allora dai contratti collettivi - e non solo occuparsi della salvezza dei diritti acquisiti dai percettori. Tale tesi e' avvalorata dall'approvazione della successiva legge provinciale n. 1/2018, con la quale il legislatore provinciale ribadisce e chiarisce meglio il significato delle disposizioni della legge provinciale n. 9/2017. L'art. 1 (rubricato «Interpretazione autentica» delle preesistenti norme in materia di indennita' connesse con incarichi dirigenziali ed affini), il cui contenuto precettivo piu' che di interpretazione autentica si prospetta, in realta', innovativo con efficacia retroattiva, in qualche modo «suggella» con fonte normativa, salvaguardando al contempo l'assetto preesistente, un principio (quello della costante trasformazione dell'indennita' in assegno personale, fisso e pensionabile, erogabile alla cessazione dell'incarico) fino ad allora affidato alla contrattazione, a seguito della abrogazione dell'art. 22 della legge provinciale n. 10/1992. E' illuminante, a tal riguardo, la relazione sul disegno di legge provinciale n. 152/2018 del 2 febbraio 2018, in cui si legge che e' stata necessaria «un'interpretazione autentica delle leggi in materia di personale e dirigenza, in modo da garantire la certezza del diritto» (pag. 1) e ancora che «e' necessario interpretare la norma in modo da rendere giuridicamente efficace e valida tale disciplina e da fornire agli amministratori la certezza giuridica di poter continuare ad erogare questo elemento salariale (pag. 3), 10. Alla luce delle suesposte considerazioni, nella vigenza di dette leggi provinciali, queste sezioni riunite dovrebbero parificare il rendiconto della Provincia autonoma di Bolzano e, in particolare, le poste di bilancio afferenti le indennita', la cui disciplina nell'esercizio 2017 trova la sua fonte non piu' in clausole contrattuali, ma direttamente nella legge. Pertanto, la verifica della spesa del personale nell'ambito del giudizio di parifica, con riferimento alle fattispecie evidenziate, consente a queste sezioni riunite di ergersi a garante imparziale dell'equilibrio economico-finanziario attuale e prospettico del settore pubblico che il legislatore ha attribuito alla Corte dei conti. In tal senso, si giustifica una parifica parziale con esclusione, quindi, delle poste di spesa esaminate. Nella fattispecie de qua, la pacifica dei capitoli di spesa n. U01101.0000, n. U01101.0030, n. U04021.6120, n. U04021.6150, n. U01111.0215 e n. U01111.0210 comporta l'applicazione, soprattutto, dell'arti della legge provinciale n. 1/2018. Ne deriva, in ordine al requisito della rilevanza, che queste sezioni riunite, se non dubitassero della legittimita' costituzionale delle citate disposizioni provinciali, dovrebbero necessariamente parificare i suddetti capitoli di bilancio. Questo collegio ritiene, pertanto, di non poter applicare norme provinciali di cui si sospetta l'illegittimita' costituzionale e, conseguentemente, di non poter parificare capitoli di spesa richiamati. Appare, pertanto, rilevante (e non manifestamente infondata, come si vedra' al punto seguente), la questione di legittimita' costituzionale sollevata in rapporto agli articoli 3, 36, 81, 97, 101, comma 2, 103, 108, 117, comma 2, lettere l) e o), e 119, comma 1, della Costituzione. 11. Prima di soffermarsi sulla non manifesta infondatezza, occorre delineare per esigenza di esaustivita' della trattazione il quadro normativo in cui si inserisce la questione oggetto del presente scrutinio. Con legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10 (Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia autonoma di Bolzano) e' stata disciplinata la dirigenza a livello provinciale, introducendo un modello alternativo a quello delle amministrazioni statali basato sui meccanismi di accesso di cui all'art. 28 del decreto legislativo n. 165/2001. Il capo II della citata legge provinciale prevede, infatti, all'art. 14, quale unica modalita' di accesso alle funzioni dirigenziali in Provincia, il conferimento dell'incarico dirigenziale a un dipendente iscritto nell'apposita sezione dell'albo di cui al successivo art. 15. Quest'ultima disposizione, a sua volta, istituisce l'albo degli aspiranti dirigenti, al quale sono iscritti i dipendenti che hanno conseguito l'idoneita' per l'assunzione di incarichi dirigenziali. Ancora, con l'art. 22 della citata legge provinciale n. 10/1992, rubricato «Indennita' di funzione», nella sua formulazione originaria fino all'abrogazione per effetto dell'art. 11 del contratto di comparto 6 agosto 2001, e' stata prevista la corresponsione per la durata dell'esercizio delle funzioni dirigenziali, in aggiunta al trattamento economico di livello maturato, di un'apposita indennita' di funzione mensile. In altri termini, il personale con incarico dirigenziale, pur rimanendo inquadrato nella posizione giuridica ed economica precedentemente in godimento presso la Provincia autonoma di Bolzano, percepisce un trattamento economico commisurato alla rilevanza della posizione dirigenziale ricoperta durante l'espletamento del relativo incarico. Tuttavia, il comma 5 del succitato articolo ha disposto che «L'indennita' e' gradualmente trasformata in assegno personale pensionabile quale distinto elemento fisso e continuativo di retribuzione. La trasformazione avviene con cadenza annuale, per ogni anno di godimento dell'indennita', nella misura dell'8% per il direttore generale, per il vicedirettore generale e per i direttori di dipartimento, nella misura del 6% per i direttori di ripartizione e nella misura del 5% per i direttori di ufficio». Per effetto di detta trasformazione, alla cessazione dell'incarico dirigenziale, il funzionario continua, ciononostante, a percepire l'indennita' per funzione dirigenziale nella misura fino ad allora maturata, senza che a cio' corrispondano lo svolgimento di un incarico dirigenziale e l'assunzione delle relative responsabilita'. Analogo principio e' espresso dall'art. 28 della suddetta legge provinciale n. 10/1992 che, collocato nel capo IV tra le «norme transitorie e finali», ha disposto: «L'indennita' di dirigenza spettante ai sensi dell'art. 47 della legge provinciale n. 11/1981, e successive modifiche ed integrazioni, e' trasformata in assegno personale nella misura maturata ai sensi dell'art. 22, comma 5». Il medesimo principio era, intanto, stato gia' trasfuso nel contratto collettivo intercompartimentale per il personale dirigenziale relativo al periodo 1999-2000 del 17 luglio 2000, che, all'art. 8, comma 3, cosi' ha previsto: «L'indennita' di funzione e' gradualmente trasformata in un assegno personale pensionabile quale distinto elemento fisso e continuativo di retribuzione. La trasformazione avviene con cadenza annuale e per ogni anno di godimento dell'indennita'». Detta disposizione e' stata riprodotta nel citato contratto di comparto per il personale dirigenziale della Provincia autonoma di Bolzano del 6 agosto 2001, che contestualmente ha «abrogato» all'art. 11 la disposizione di cui all'art. 22 della legge provinciale n. 10/1992. Infatti, nella vigente formulazione della legge provinciale n. 10/1992 non si rinviene piu' alcuna disposizione che preveda detta indennita' e ne contempli la trasformazione in assegno fisso e pensionabile, ad esclusione della norma transitoria di cui al citato art. 28, in questa sede contestato. Per effetto della riferita abrogazione, la fonte di disciplina di questa graduale e costante trasformazione dell'indennita' di funzione dirigenziale in un assegno personale, quale elemento fisso della retribuzione, fino alle recenti modifiche normative delle quali si da' infra conto, e' stata, pertanto, solo e soltanto la contrattazione collettiva. Analogo meccanismo e' stato previsto per la corresponsione dell'indennita' di funzione ai dirigenti sostituti e dell'indennita' di coordinamento correlata all'esercizio di funzioni di coordinamento. 12. Il principio della trasformazione di dette indennita' in assegno fisso e continuativo, principio che si ribadisce era solo originariamente di fonte legislativa, e' stato poi riproposto da una serie di disposizioni di contratti collettivi di intercomparto e di comparto, tra le quali l'art. 10, comma 1, del contratto di comparto per il personale dirigenziale della Provincia autonoma di Bolzano relativo al periodo 1999-2000, sottoscritto in data 6 agosto 2001 (indennita' di funzione); art. 9, comma 3, contratto collettivo intercompartimentale per il personale dirigenziale relativo al periodo 2001-2004, sottoscritto in data 17 settembre 2003 (indennita' di funzione); art. 10 contratto collettivo di comparto per il personale dirigenziale della Provincia autonoma di Bolzano relativo al periodo 2005-2008 e sottoscritto l'11 novembre 2009 (indennita' di funzione); art. 62, comma 3, contratto collettivo intercompartimentale per il periodo 1997-2000, sottoscritto il 29 luglio 1999 (indennita' di coordinamento); art. 11, comma 5 e comma 6, contratto di comparto per il personale provinciale per il periodo 1999-2000, sottoscritto il 4 luglio 2002 (indennita' di coordinamento); art. 79, comma 3, contratto collettivo intercompartimentale per il periodo 2001-2004 per la parte giuridica e per il periodo 2001-2002 per la parte economica, sottoscritto il 1° agosto 2002 (indennita' di coordinamento); art. 84, comma 3, del contratto collettivo intercompartimentale per il periodo 2005-2008 per la parte giuridica e per il periodo 2007-2008 per la parte economica, sottoscritto il 12 febbraio 2008 (indennita' di coordinamento). 13. Intanto, queste sezioni riunite hanno dichiarato incidentalmente, nel corso di tre giudizi di parifica (per gli esercizi finanziari 2014, 2015 e 2016), la nullita' di dette disposizioni di contratti collettivi di intercomparto e di comparto. Difatti, gia' in data 25 giugno 2015, nello svolgimento dei giudizio di parifica, e' stato accertato come considerevoli somme di denaro fossero stanziate ed erogate annualmente in favore di personale provinciale a titolo di indennita' di funzione o di coordinamento, benche' lo stesso personale risultasse privo del relativo incarico dirigenziale o di coordinamento. Tale evidenza sarebbe da ricondurre al tenore di alcune disposizioni della contrattazione collettiva a livello intercompartimentale e compartimentale che prevedevano la graduale trasformazione, su base annua, delle indennita' di funzione e di coordinamento in un elemento fisso e continuativo della retribuzione; sicche', personale ormai privo di incarico dirigenziale o di coordinamento ha continuato a percepire - in tutto o in parte - la relativa indennita' sotto forma di assegno personale, anche dopo la cessazione dell'incarico. A conclusione di detto giudizio, ritenuta, incidentalmente, la nullita' delle predette disposizioni contrattuali, queste sezioni riunite hanno parificato il rendiconto della Provincia, con esclusione, tra gli altri, dei medesimi capitoli di spesa del personale, nella parte in cui si riferiscono al pagamento delle indennita' di funzione e di coordinamento a dirigenti e funzionari provinciali senza incarico, poiche' erogati, in virtu' della descritta trasformazione, in favore di personale provinciale ormai privo di incarico dirigenziale o di coordinamento (cfr. pag. 199 della relazione sul rendiconto generale della Provincia autonoma di Bolzano - esercizio finanziario 2014). 14. Successivamente, il legislatore provinciale con la legge provinciale 19 maggio 2015, n. 6 (Ordinamento del personale della Provincia) ha rimesso mano alla disciplina del contestato meccanismo di trasformazione delle indennita' in esame. Al riguardo, l'art. 47 (rubricato «Revisione della disciplina sulla trasformazione graduale di indennita' connesse con incarichi dirigenziali ed affini») ha disposto nella sua formulazione originaria che «Con contratto collettivo si provvede entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge alla revisione della disciplina sulla trasformazione graduale dell'indennita' di funzione e di coordinamento e dell'indennita' per dirigenti sostituti in assegno personale pensionabile». 15. L'art. 47 e' stato poi sostituito dall'art. 14, comma 6, della legge provinciale 25 settembre 2015, n. 11, che ha previsto un intervallo di diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge per riordinare la struttura dirigenziale della Provincia autonoma di Bolzano e ha stabilito al comma 2 che «Con contratto collettivo si provvede entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge alla revisione della disciplina sulla trasformazione graduale dell'indennita' di funzione e di coordinamento e dell'indennita' per dirigenti sostituti degli enti, ai quali si applica il contratto collettivo intercompartimentale, in assegno personale pensionabile». Tale disposizione e' stata successivamente sostituita dall'art. 7, comma 1, della legge provinciale 18 ottobre 2016, n. 21, che ha mutato la fonte della disciplina sulla trasformazione delle indennita' delle quali si tratta: la legge e non piu' il contratto collettivo. Pertanto, oggi, il ridetto art. 47, comma 2, della legge provinciale n. 6/2015 si presenta cosi' testualmente formulato: «Con legge provinciale si provvede entro il 30 giugno 2017 alla revisione della disciplina sulla trasformazione graduale dell'indennita' di funzione e di coordinamento e dell'indennita' per dirigenti sostituti degli enti, a. si applica il contratto collettivo intercompartimentale, in assegno personale pensionabile. Fino alla revisione menzionata trovano applicazione le disposizioni dei contratti collettivi in materia». 16. Successivamente e' stata approvata la legge provinciale 6 luglio 2017, n. 9 (Disciplina dell'indennita' di dirigenza e modifiche alla struttura dirigenziale dell'Amministrazione provinciale, con vigenza dal 2 agosto 2017). L'art. 1 (Indennita' di dirigenza) dispone quanto segue: «1. A far data dal 1° gennaio 2019 l'indennita' di dirigenza disciplinata dall'art. 28 della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10, e dai contratti collettivi intercompartimentali, di comparto e decentrati e' trasformata in indennita' di posizione, composta da una parte fissa ed una parte variabile. L'ammontare dell'indennita' di posizione, di cui la parte fissa e' pari al 40 per cento del valore complessivo dell'indennita' stessa, e' determinato dai contratti collettivi nel rispetto dei limiti e dei vincoli di cui alla legge provinciale 19 maggio 2015, n. 6, tenuto conto delle dimensioni della struttura dirigenziale, della sua collocazione all'interno dell'organizzazione dell'amministrazione, nonche' delle responsabilita', della complessita' e del grado di difficolta' dei compiti dirigenziali da svolgere nella posizione ricoperta. Dopo almeno sei anni di incarico dirigenziale, la sola parte fissa dell'indennita' di posizione si trasforma, alla cessazione dell'incarico, in assegno personale pensionabile in base al sistema retributivo. 2. In ogni caso il trattamento economico complessivo di un/una dirigente non puo' superare il limite massimo retributivo annuo di 240.000,00 euro, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del/della dipendente. 3. Sono fatti salvi gli effetti giuridici gia' prodotti e gli effetti economici gia' maturati, sino al 1° gennaio 2019, a seguito dei meccanismi di trasformazione graduale dell'indennita' di dirigenza in assegno personale pensionabile in base al sistema retributivo, in applicazione dell'art. 28 della legge provinciale 23 aprile 1992, n.10, e dei contratti collettivi. L'indennita' di dirigenza gia' maturata ai sensi del presente comma non e' cumulabile con l'indennita' di posizione di cui al comma 1». 17. In ordine alla conservazione degli effetti gia' maturati, l'art. 17, comma 2, della citata legge provinciale n. 9/2017 ha aggiunto, con riferimento alla figura del direttore generale di cui al precedente comma 1, che «Per i fini di cui all'art. 1, comma 3, e all'art. 2 si tiene conto delle rispettive indennita' maturate alla data del 31 dicembre 2018», termine in seguito anticipato al 31 maggio 2018 per effetto della modifica da parte dell'art. 3, comma 3, della legge provinciale 9 febbraio 2018, n. 1. 18. Il legislatore provinciale del 2017 e' intervenuto espressamente anche sulle indennita' di coordinamento e indennita' per dirigenti sostituti, cosi' stabilendo al successivo art. 2: «1. La trasformazione graduale in un assegno personale pensionabile dell'indennita' di coordinamento e dell'indennita' per dirigenti sostituti prevista dai contratti collettivi intercompartimentali, di comparto e decentrati e' abrogata e cessa di produrre effetti dal 1° gennaio 2019. Sono fatti salvi gli effetti giuridici gia' prodotti e gli effetti economici gia' maturati a tale data, in applicazione dell'art. 28 della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10, e dei predetti contratti collettivi». 19. Il 15 dicembre 2017 e' stata pubblicata la sentenza n. 52 della sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Bolzano, resa nell'ambito di un giudizio per responsabilita' erariale nei confronti dei componenti della delegazione pubblica, firmatari dei locali contratti collettivi sopra citati, che disciplinavano il meccanismo della trasformazione delle indennita' erogate in assenza del relativo incarico. In particolare, i giudici hanno riconosciuto «fondata la prospettazione della procura regionale che ravvisa un danno erariale nella corresponsione di aumenti retributivi, indebitamente autorizzati dai predetti contratti intercompartimentali e di comparti, sulla base di un mero meccanismo automatico», con la conseguenza che «tutti gli assegni personali, nel tempo acquisiti dai dipendenti della Provincia a titolo di retribuzione fissa e continuativa pensionabile, costituiti dal sedimentarsi nel tempo di quote percentuali delle indennita' di funzione e di coordinamento erogate sulla base dei contratti collettivi intervenuti, sono stati illecitamente corrisposti poiche' sine causa e cioe' senza che all'incremento retributivo corrispondesse un accertato aumento della produttivita'; donde, all'evidenza, il sussistere del danno contestato dalla procura» (punto 26 della motivazione). 20. A distanza di poco piu' di un mese, con la gia' citata legge provinciale n. 1/2018, la Provincia autonoma di Bolzano e' intervenuta ancora una volta sulla disciplina della trasformazione delle indennita' in assegno personale, fisso e pensionabile. In particolare, l'art. 1, rubricato «Interpretazione autentica dell'art. 47 della legge provinciale 19 maggio 2015, n. 6, [...] cosi' stabilisce: «1. Le disposizioni di cui all'art. 47 della legge provinciale 19 maggio 2015, n. 6, all'art. 14, comma 6, della legge provinciale 25 settembre 2015, n. 11, all'art. 7, comma 1, della legge provinciale 18 ottobre 2016, n. 21, ed agli articoli 1, comma 3, e 2, comma 1, della legge provinciale 6 luglio 2017, n. 9, dal momento di entrata in vigore della legge provinciale 10 agosto 1995, n. 16, si interpretano nel senso che le erogazioni avvenute in forza dei meccanismi di trasformazione graduale dell'indennita' di funzione e di coordinamento e di quella per dirigenti sostituti per il personale degli enti facenti parte dell'intercomparto provinciale in assegno personale pensionabile sono da considerare, sin dalla sua istituzione, elemento fisso e continuativo della retribuzione. A tal fine, conservano piena legittimita' ed efficacia, senza soluzione di continuita', le norme in materia dei contratti collettivi, di comparto ed intercompartimentali, anche in attuazione del principio di conservazione dei trattamenti economici fondamentali ed accessori in godimento alla loro data di entrata in vigore aventi natura retributiva ordinaria o corrisposti con carattere di generalita' per ciascuna amministrazione o ente. 2. Nello stesso senso di cui al comma 1, si interpretano altresi' le disposizioni di cui all'art. 22 della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10, poi trasfuso nei contratti collettivi di comparto ed intercompartimentali per effetto della legge provinciale 10 agosto 1995, n. 16, nonche' le disposizioni di cui all'art. 28 della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10». L'art. 3 ha anticipato al 1° giugno 2018 la decorrenza del termine previsto dall'art. 1, commi 1 e 3, e dall'art. 2, comma 1, e al 31 maggio 2018 del termine disposto dall'art. 17, comma 2, della legge provinciale n. 9/2017. 21. Quanto alla non manifesta infondatezza, queste sezioni riunite dubitano, innanzitutto, della legittimita' costituzionale delle norme provinciali citate per contrasto con l'art. 3 e con l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, sotto un duplice profilo. Le disposizioni della Provincia autonoma di Bolzano, qui oggetto di scrutinio, disciplinano un aspetto della retribuzione dei dipendenti provinciali e, per tale assorbente profilo, incidono dunque sulla materia «ordinamento civile», riservata alla competenza esclusiva dello Stato la cui regolamentazione deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale. Al riguardo, in modo netto statuisce la Corte costituzionale nella sentenza n. 18/2013 censurando una legge regionale (nella specie della Regione Calabria, punto 5.2 del considerato in diritto): «La disciplina del trattamento economico dei dirigenti di area funzionale deve essere ritenuta compresa nella materia dell'ordinamento civile, di competenza esclusiva statale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.». Cio', di per se', assume una valenza pregnante e comporta l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni provinciali oggetto del presente esame. Tra le varie e consolidate sentenze della Corte costituzionale che hanno classificato nell'ambito della materia dell'ordinamento civile la disciplina degli aspetti retributivi del pubblico impiego, appare particolarmente significativo citare la decisione n. 61/2014, resa su un ricorso proposto in via principale dalla Provincia autonoma di Bolzano, che lamentava la lesione della propria competenza legislativa primaria in materia di «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetti». In essa si legge: «... tale disposizione (art. 9, comma 2, del decreto-legge n. 78/2010, n.d.r.), attenendo alla retribuzione spettante a lavoratori (come i dirigenti della ricorrente Provincia) il cui rapporto e' contrattualizzato, e' riconducibile alla materia dell'"ordinamento civile". La norma, pertanto, e' stata legittimamente emanata dallo Stato nell'esercizio della competenza legislativa esclusiva attribuitagli dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. (questa Corte ha affermato che il trattamento economico dei dirigenti pubblici e' compreso nella materia dell'"ordinamento civile" gia' nella sentenza n. 18 del 2013)». Prosegue la Consulta con lo scrutinio dell'art. 9, comma 3, del decreto-legge n. 78/2010 affermando che «Tale disposizione, nella parte in cui concerne il personale dirigenziale regionale e provinciale (i cui rapporti di impiego sono tutti contrattualizzati), e' riconducibile alla materia dell'"ordinamento civile"» (sentenza n. 173 del 2012). Essa, stabilendo che nei confronti dei titolari di incarichi di livello dirigenziale generale delle amministrazioni pubbliche non si applicano le disposizioni normative e contrattuali che autorizzano la corresponsione, a loro favore, di una quota dell'importo derivante dall'espletamento di incarichi aggiuntivi, rafforza il principio gia' affermato dall'art. 24 del decreto legislativo n. 165 del 2001, a norma del quale il trattamento economico corrisposto ai dirigenti pubblici remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti, nonche' qualsiasi incarico ad essi attribuito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall'amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa. Si tratta di disciplina diretta a conformare due degli istituti del rapporto di lavoro che lega i dirigenti alle pubbliche amministrazioni di appartenenza: il trattamento economico e il regime di esclusivita'». Ad analoghe conclusioni sono pervenute anche varie altre decisioni della Corte costituzionale (cfr. sentenze n. 160/2017, n. 72/2017, n. 211/2014, n. 201/2013, n. 286/2013, n. 225/2013, n. 290/2012, n. 215/2012, n. 339/2011, n. 77/2011, n. 332/2010 e n. 151/2010). 22. D'altra parte, neppure le particolari prerogative autonomistiche riconosciute dallo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670) e dalle relative norme di attuazione (in particolare il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266) consentono di superare o derogare la competenza esclusiva dello Stato nella materia in esame (ordinamento civile), come peraltro gia' evidenziato dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 61/2014. Dispone infatti l'art. 8 dello statuto di autonomia che «Le province hanno la potesta' di emanare norme legislative entro i limiti indicati dall'art. 4, nelle seguenti materie: 1) ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto [omissis]». L'art. 4 dello statuto di autonomia precisa che «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali - tra i quali e' compreso quello della tutela delle minoranze linguistiche locali - nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, la regione ha la potesta' di emanare norme legislative nelle seguenti materie: 1) ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto». Sono quindi fissati dallo statuto chiari limiti alla potesta' legislativa «primaria» della Provincia autonoma di Bolzano, anche nella materia «ordinamento degli uffici provinciali e del personale», che, in particolare, richiama il legislatore provinciale (e regionale) al rispetto delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica ed impone l'armonia con la Costituzione ed i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica. In tal senso, anche il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di indirizzo e coordinamento) all'art. 2 (Rapporti tra legislazione statale e legislazione regionale) dispone esplicitamente l'obbligo per il legislatore provinciale (e regionale) di adeguare la propria legislazione ai principi e alle norme costituenti i limiti indicati dal ridetto art. 4 dello statuto speciale. Testualmente, cosi' recita l'art. 2 del decreto legislativo n. 266/1992: «[Omissis] la legislazione regionale e provinciale deve essere adeguata ai principi e norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell'atto medesimo nella Gazzetta Ufficiale o nel piu' ampio termine da esso stabilito. Restano nel frattempo applicabili le disposizioni legislative regionali e provinciali preesistenti». In tale prospettiva, appare quindi rilevante richiamare i «principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica» e le «norme fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica» che hanno regolato la materia in esame. Assumono quindi rilevanza le disposizioni recate dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), secondo cui all'art. 2, comma 1, lettera o): «1. Il Governo della Repubblica e' delegato a emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge uno o piu' decreti legislativi, diretti al contenimento, alla razionalizzazione e al controllo della spesa per il settore del pubblico impiego, al miglioramento dell'efficienza e della produttivita', nonche' alla sua riorganizzazione; a tal fine e' autorizzato a: [omissis]; o) procedere alla abrogazione delle disposizioni che prevedono automatismi che influenzano il trattamento economico fondamentale ed accessorio, e di quelle che prevedono trattamenti economici accessori, settoriali, comunque denominati, a favore di pubblici dipendenti sostituendole contemporaneamente con corrispondenti disposizioni di accordi contrattuali anche al fine di collegare direttamente tali trattamenti alla produttivita' individuale e a quella collettiva ancorche' non generalizzata ma correlata all'apporto partecipativo raggiunte nel periodo, per la determinazione delle quali devono essere introdotti sistemi di valutazione e misurazione, ovvero allo svolgimento effettivo di attivita' particolarmente disagiate ovvero obiettivamente pericolose per incolumita' personale o dannose per la salute; prevedere che siano comunque fatti salvi i trattamenti economici fondamentali ed accessori in godimento aventi natura retributiva ordinaria o corrisposti con carattere di generalita' per ciascuna amministrazione o ente; prevedere il principio della responsabilita' personale dei dirigenti in caso di attribuzione impropria dei trattamenti economici accessori». In particolare, il successivo art. 2, comma 2, qualifica espressamente le disposizioni recate dal testo di legge e dai relativi decreti delegati, imponendone la natura di «principi fondamentali» (ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, testo previgente) e di «norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica». Testualmente cosa recita l'articolo, riferendosi proprio alle regioni a statuto ed alle province autonome: «2. Le disposizioni del presente articolo e dei decreti legislativi in esso previsti costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. I principi desumibili dalle disposizioni del presente articolo costituiscono altresi' per le regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica». Analogamente, l'art. 1, comma 3, del decreto legislativo n. 165/2001, attuativo del citato art. 2 della legge n. 421/1992, dispone quanto segue: «Le disposizioni del presente decreto costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. Le regioni a statuto ordinario si attengono ad essi tenendo conto delle peculiarita' dei rispettivi ordinamenti. I principi desumibili dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e successive modificazioni, e dall'art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni, costituiscono altresi', per le regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica». Ne deriva che le contestate disposizioni provinciali, oltre ad aver preteso di disciplinare una materia di esclusiva competenza statale (ordinamento civile), hanno pure violato i limiti recati dal ridetto art. 4 dello statuto di autonomia. 23. Lo stesso legislatore provinciale aveva gia' trasfuso il disposto, di cui al citato art. 2, comma 1, lettera o), della legge n. 421/1992, nell'ordinamento giuridico della Provincia con l'art. 5, comma 6, della legge provinciale 10 agosto 1995, n. 16 (successivamente abrogata dall'art. 52, comma 2, lettera i), della legge provinciale n. 6/2015). Il citato art. 5, comma 6, cosi' disponeva: «In sede di rinnovo dei contratti e di determinazione del trattamento economico costituiscono punti di riferimento della contrattazione: [omissis]; e) il divieto di automatismi che influenzano il trattamento economico fondamentale ed accessorio, collegando tali trattamenti alla produttivita' individuale e di gruppo». Il legislatore provinciale, quindi, in attuazione di una norma fondamentale di riforma economico sociale della Repubblica (art. 2, comma 1, lettera o), della legge n. 421/1992), aveva introdotto nell'ordinamento della Provincia il divieto di corrispondere ai propri dipendenti maggiorazioni di emolumenti fissi od accessori attraverso meccanismi meramente automatici, ancorando, invece, gli aumenti retributivi a riscontrati incrementi di produttivita', esigendo che a fronte della prestazione «corrisponda, secondo l'operare del sinallagma, una controprestazione economicamente valutabile, qual e' l'incremento della produttivita'. Nella fattispecie in esame la trasformazione di una quota di indennita' in assegno personale pensionabile fisso e continuativo comporta, invece, l'attribuzione al dipendente, all'atto della cessazione dell'incarico dirigenziale o di coordinamento, di un incremento automatico della retribuzione fondamentale, spesa priva di utilita' per l'amministrazione, in quanto non correlata: ad alcun incremento della prestazione resa, ma, al contrario, alla sua diminuzione quantitativa e qualitativa, svolgendo, il dipendente che e' cessato dalle funzioni dirigenziali, le ordinarie mansioni di funzionario» (sezione giurisdizionale Trentino-Alto Adige, n. 52/2017 citata, punto 25.3 della motivazione). 24. Ancora, la qualificazione delle disposizioni statali citate quali «principi fondamentali» e «norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica» e' idonea a determinare altresi' la violazione dell'art. 3 della Costituzione (principi di uguaglianza e ragionevolezza), nella parte in cui le contestate disposizioni provinciali consolidano un ordinamento del tutto sui generis per i dipendenti della Provincia autonoma di Bolzano che, diversamente da tutti i dipendenti pubblici del restante territorio nazionale, mantengono l'indennita' di posizione e di direzione anche se non ricoprono piu' le pertinenti posizioni apicali dirigenziali o direttive. E' ben noto, per essere stato anche piu' volte riaffermato da codesta ecc.ma Corte (Corte cost., sentenza n. 151/2010) che la disciplina del rapporto di lavoro del dipendente pubblico, anche regionale - ora contrattualizzato, rientra appunto nella materia dell'ordinamento civile. Detta disciplina, ad evitare ingiustificate disparita' di trattamento tra i dipendenti di diversi soggetti pubblici datoriali, deve essere «uniforme sul territorio nazionale e imporsi anche alle regioni a statuto speciale» (Corte cost., sent. cit.) A tale esigenza di uniformita' si ispira evidentemente l'espressa previsione contenuta nel ridetto art. 1, comma 3, del decreto legislativo n. 165/2001, secondo la quale i principi desumibili dalla legge di delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale (legge n. 421 del 1992, cit., art. 2, comma 1, lettera d), e comma 2) «costituiscono [omissis] per le regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica». Orbene, nel regolare questa peculiare conservazione da parte del dipendente pubblico di indennita' legate alle funzioni e responsabilita' dell'incarico precedentemente rivestito, le norme provinciali si pongono in contrasto coni principi fondamentali dell'ordinamento e le ora menzionate «norme fondamentali». 25. Sempre con riferimento all'art. 2 della legge n. 421/1992 ed al conseguente art. 7, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001 in base al quale «Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese» va evidenziato che lo Stato, ponendo i basilari fondamenti normativi per coordinare la finanza pubblica (art. 117, comma 3, Cost.) - incluse le norme generali sul trattamento economico dei pubblici impiegali - sia titolare della relativa potesta' proprio al fine dell'esercizio della suddetta funzione di coordinamento finanziario, anche in chiave di controllo ed indirizzo degli effetti economici derivanti dalle norme in tema di finanza pubblica. Appare, pertanto, chiaro il senso del divieto, imposto dal legislatore con la legge n. 421/1992 e con il decreto legislativo n. 165/2001, di automatismi, che influenzano il trattamento economico fondamentale ed accessorio, e del correlativo obbligo di collegare i trattamenti economici alla produttivita' individuale «per modo che a fronte della prestazione (aumento retributivo fisso od accessorio) corrisponda, secondo l'operare del sinallagma, una controprestazione economicamente valutabile, qual e' l'incremento della produttivita'. Nella fattispecie in esame la trasformazione di una quota di indennita' in assegno personale pensionabile fisso e continuativo comporta, invece, l'attribuzione al dipendente, all'atto della cessazione dell'incarico dirigenziale o di coordinamento, di un incremento automatico della retribuzione fondamentale, spesa priva di utilita' per l'amministrazione, in quanto non correlata ad alcun incremento della prestazione resa, ma, al contrario, alla sua diminuzione quantitativa e qualitativa, svolgendo, il dipendente che e' cessato dalle funzioni dirigenziali, le ordinarie mansioni di funzionario. Infatti, in assenza della carriera dirigenziale, le funzioni di dirigente sono assegnate a funzionari dell'amministrazione provinciale che, al termine delle stesse, tornano ad essere funzionari ed a svolgere le correlate mansioni» (sentenza n. 52/2017, cit., punto 25.3 della motivazione). 26. Nei termini appena prospettati, le notate censurate con la presente ordinanza si pongono altresi' in contrasto con i principi costituzionali dell'imparzialita' e del buon andamento, declinato come economicita', efficienza ed efficacia (art. 97, comma 2, Cost.), nonche' di quello della proporzionalita' della retribuzione rispetto «alla quantita' e alla qualita' dell'attivita' prestata» (art. 36, comma 1, Cost.). In particolare, il concetto di giusta retribuzione di cui all'art. 36 della Costituzione, che, interpretato inizialmente come norma meramente programmatica, ha assunto negli anni una valenza di norma immediatamente precettiva, deve essere inteso non solo nel senso di garanzia di uno standard minimo di retribuzione per il lavoratore, ma anche come fonte di un divieto di erogare nel rapporto di lavoro pubblico (la cui disciplina e' permeata dall'esigenza di un uso rigoroso del denaro della collettivita', in conformita' al canone costituzionale di economicita', efficienza ed efficacia dell'azione della pubblica amministrazione) incrementi retributivi sulla base di meri meccanismi automatici privi di ogni correlazione con l'attivita' effettivamente prestata. 27. D'altro canto, il principio di effettivita' delle prestazioni, quale corollario del valore costituzionale di proporzionalita' della retribuzione espresso dall'art. 36 Cost. costituisce una prescrizione generale e di palese evidenza che crea un nesso indibile di corrispettivita' tra le funzioni rese e la retribuzione delle stesse. Detto principio viene recepito, come gia' visto, a livello di legislazione statale dall'art. 7, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001, che si configura come norma interposta, secondo cui: «Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrspondano alle prestazioni effettivamente rese». Questo principio e', tra l'altro, costantemente richiamato dalla giurisprudenza amministrativa in materia di indennita' di funzioni dirigenziali. Il Consiglio di Stato, al riguardo, ha infatti avuto modo di statuire che: «l'indennita' di funzione dirigenziale e' connessa all'effettivo esercizio delle funzioni e non puo' in nessun caso essere mantenuta e corrisposta ad un dirigente che attraverso un provvedimento di mobilita' (quale, nel caso il comando presso altra amministrazione) venga a perdere l'effettivo esercizio della funzione stessa. [Omissis]. Essa ha, quindi, come presupposto che il dirigente sia preposto alla direzione di una struttura, settore o servizio e ha quale causa la remunerazione delle prestazioni svolte quale responsabile della struttura. Non puo', pertanto, essere attribuita in mancanza dell'assegnazione di funzioni di direzione di struttura, settore o servizio» (Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 6686/2011). Ma anche la giurisprudenza contabile in piu' occasioni affermato tali principi. In particolare, appare utile citare la sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale Regione Toscana, n. 523/2009, secondo cui «nell'attuale sistema di pubblico impiego privatizzato le posizioni organizzative si traducono nell'attribuzione (retribuita con specifica indennita') di compiti ad impiegati apicali non dirigenti, che richiedono lo svolgimento di funzioni con assunzione diretta di elevata responsabilita' necessarie o opportune per una migliore gestione organizzativa (Corte dei conti, sezione giurisdizionale Regione Lombardia 10 marzo 2006, n. 172 [omissis]). E' evidente la distinzione tra trattamento economico fondamentale "emolumento fisso, continuativo, costante e generale" la natura accessoria di altri emolumenti (nella specie indennita' di posizione) in cui e' evidenziata la finalita' retributiva sulla base degli obiettivi e di altri parametri soggettivi (in termini sezione I Centr. 15 luglio 2008, n. 322, sezione giurisdizionale Regione Veneto 7 dicembre 2006, n. 1158, e sezione giurisdizionale Regione Lombardia 8 luglio 2008, n. 457)». 28. Pare utile ricordare che, a livello di dirigenza statale, l'art. 62 del C.C.N.L. della dirigenza dell'area I del 21 aprile 2006, recava la c.d. «clausola di salvaguardia», secondo cui i dirigenti avevano diritto di conservare, in una determinata percentuale, la retribuzione di posizione corrisposta in relazione al precedente incarico, nel caso di attribuzione di incarico di fascia inferiore. Si potrebbe qui riproporre l'efficace espressione utilizzata dalla sezione di controllo per la Regione Sicilia che, nella deliberazione n. 10/2010/prev., ha affermato, sia pure con riferimento ad un contesto normativo differente, che le clausole di salvaguardia avrebbero l'inammissibile effetto di trasformare di fatto un «incarico» in «qualifica». Esattamente come si verifica nel caso dei dipendenti provinciali che, pur cessando di ricoprire incarichi apicali, continuano a percepire parte del trattamento economico precedentemente in godimento. Con specifico riferimento alla citata disposizione del C.C.N.L. dirigenza, la Corte dei conti nel 2009, con la delibera n. 6 della sezione di controllo sulla gestione, intitolata «L'attuazione della clausola di salvaguardia di cui all'art. 62, comma 2, del C.C.N.L. relativo al personale dirigenziale dell'area I», aveva sottolineato la necessita' di provvedere «al piu' presto alla cancellazione del [...] art. 62 dall'ordinamento», rappresentando quanto segue: «E', dunque, innegabile che la disposizione del contratto collettivo, interrompendo il nesso esistente tra incarico e retribuzione spettante, abbia fortemente inciso sul rapporto sinallagmatico tra "funzioni attribuite e connesse responsabilita'" voluto dal legislatore e stigmatizzato dall'art. 24 del decreto legislativo n. 165 del 2001 immettendo, come gia' evidenziato dalle sezioni riunite, una sorta di "divieto di reformatio in peius", in palese contrasto anche con l'ultimo periodo del primo comma del precedente art. 19 che dispone l'inapplicabilita' dell'art. 2103 del codice civile al conferimento degli incarichi ed al passaggio ad incarichi diversi. [Omissis] l'art. 62, a sua volta, contrasta con l'art. 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il cui primo comma, com'e' noto, sancisce l'inapplicabilita' dell'art. 2103 del codice civile al conferimento degli incarichi, ed il cui secondo comma richiama il successivo art. 24, che impone la correlazione tra trattamento economico accessorio da un lato, e funzioni attribuite e connesse responsabilita', dall'altro. Tali norme, in virtu' del comma 12-bis, introdotto nel primo dei citati articoli dalla legge n. 145 del 2002, sono da ritenere inderogabili dai contratti collettivi. Si tratta di norme di particolare rilevanza, che, fra l'altro, non possono essere violate dalla contrattazione collettiva in forza del comma 12-bis del medesimo art. 19, che, introdotto dall'art. 3, comma 1, lettera n) della legge n. 145 del 2002, ha rafforzato tutte le disposizioni dettate nel testo dell'articolo, e in quelli ivi richiamati, prevedendone l'inderogabilita' da parte della contrattazione collettiva». Detta clausola di salvaguardia risulta oggi eliminata per effetto dell'art. 9, comma 32, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, secondo cui: «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in dipendenza dei processi di riorganizzazione, non intendono, anche in assenza di una valutazione negativa, confermare l'incarico conferito al dirigente, conferiscono al medesimo dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore. Non si applicano le eventuali disposizioni normative e contrattuali piu' favorevoli». 29. Il contrasto delle norme oggetto di scrutinio con l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione si apprezza anche sotto un secondo profilo. Infatti, a seguito della privatizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, la materia in esame rientra, come e' gia' stato sopra evidenziato, nell'ambito dell'ordinamento civile riservato allo Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. Riserva esercitata, nel caso di specie, mediante il decreto legislativo n. 165/2001 che rinvia, al riguardo, alla contrattazione collettiva. Inoltre, secondo il costante orientamento di questa Corte, a seguito della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego - operata dall'art. 2 della legge n. 421/1992, dall'art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa), e dai decreti legislativi emanati in attuazione di dette leggi di delega - la disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione e' retta dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva. In particolare, dall'art. 2, comma 3, terzo e quarto periodo, del decreto legislativo n. 165/2001 emerge il principio per cui il trattamento economico dei dipendenti pubblici e' affidato ai contratti collettivi, di tal che la disciplina di detto trattamento e, piu' in generale, quella del rapporto di impiego pubblico rientra, si ribadisce, nella materia «ordinamento civile» riservata alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato. In argomento lo Stato risulta essere intervenuto, tra l'altro, adottando l'art. 45 del decreto legislativo n. 165/2001 che ha fissato il basilare principio per cui il trattamento economico fondamentale e accessorio e' definito dai contratti collettivi. Dunque la scelta del legislatore statale, l'unico competente in materia, e' stata quella di sottrarre alla fonte legislativa ogni diretta attribuzione al riguardo, demandando al procedimento di contrattazione, con le correlate garanzie esistenti - anche in ordine alla compatibilita' dei relativi costi e, pertanto, alla sostenibilita' della spesa pubblica la possibilita' di intervenire anche su eventuali incrementi del trattamento accessorio. Anche la posizione dei dipendenti provinciali e' attratta dalla citata disciplina del trattamento economico e giuridico dei dipendenti pubblici, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001; per cui anche per il personale delle regioni (province autonome) il rapporto di impiego e' regolato dalla legge dello Stato e, in virtu' del rinvio da questa operato, dalla contrattazione collettiva. La stessa Provincia e' consapevole della riserva di contrattazione in materia, come dimostra quanto dichiarato in occasione della riunione camerale del 20 giugno 2018. Cosi' si legge a pag. 21 della relazione allegata alla decisione n. 1/PARI/2018 di queste sezioni riunite: «Nella riunione camerale del 20 giugno 2018 i rappresentanti dell'amministrazione hanno, tra l'altro, fatto presente che la trasformazione dell'indennita' di funzione in indennita' di posizione [omissis] e' oggetto di contrattazione collettiva». La possibilita', pertanto, che con legge regionale (provinciale) si vada a modificare un aspetto fondamentale del rapporto di lavoro subordinato, nell'ambito del pubblico impiego, quale e' l'aspetto retributivo, non risulta affatto ammissibile posto che operando in tale modo si incide in ambito contrattuale, ovvero in un segmento riconducibile all'ordinamento civile, di competenza esclusiva statale, come gia' messo in luce, in piu' occasioni, dalla Corte costituzionale (sentenza 22 dicembre 2011, n. 339). La Corte costituzionale ha, infatti, statuito - occupandosi di una legge regionale che disponeva l'aumento del trattamento economico accessorio - che la norma impugnata «disciplina un aspetto del trattamento economico dei dipendenti della regione, il cui rapporto d'impiego e' stato privatizzato (ex plurimis: sentenza n. 77 del 2011, punto 3 del considerato in diritto), sicche' rientra nella materia dell'ordinamento civile, come si desume, del resto, dall'art. 45, comma 1, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, con conseguente violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l), Cost.» (Corte cost. n. 339/2011). La contrattazione collettiva non puo', comunque, mai porsi in contrasto con i principi fondamentali dettati dalla Costituzione e dalle leggi, ivi compresi i vincoli imposti per fini di controllo della spesa pubblica, ai sensi dell'art. 8 del decreto legislativo n. 165/2001, i cui precetti, quale quello della correlazione del trattamento economico accessorio all'effettivita' delle prestazioni rese, «costituiscono disposizioni a carattere imperativo», ai sensi dell'art. 2, comma 2. 30. In tal senso, occorre richiamare gli ultimi tre giudizi di parifica (per gli esercizi finanziari 2014, 2015 e 2016), nei quali queste sezioni riunite hanno dichiarato la nullita' di disposizioni di contratti collettivi di intercomparto e di comparto per la Provincia autonoma di Bolzano. Si poneva, difatti, «la questione della compatibilita' delle suddette norme di contrattazione collettiva col divieto di erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese», come da disposizione di cui all'art. 7, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001 [omissis]. Le attuali previsioni contrattuali, limitatamente alle indennita' corrisposte ai funzionari senza incarico dirigenziale, paiono affette da nullita' alla luce del principio espresso dal richiamato art. 7, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2011, [omissis] con disposizione che ai sensi dell'art. 1, comma 3, del citato decreto costituiscono principio fondamentale ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. Infatti, il comma 3-quinquies dell'art. 40 del medesimo decreto legislativo, prevede espressamente il divieto per le pubbliche amministrazioni di «... sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate [omissis]. E ancora «Il giudicante, nel prendere atto che la materia e' stata ora ridisciplinata con norma che appare confliggere con la competenza esclusiva dello Stato in materia, non ritiene di poter esprimere un giudizio positivo in ordine alla regolarita' degli impegni e dei pagamenti effettuati nel corso del 2014, relativamente alle sole indennita' corrisposte in assenza di incarico dirigenziale» (pag. 199 e seguenti della relazione sul rendiconto generale della Provincia autonoma di Bolzano - esercizio finanziario 2014). 31. Per dette ragioni appare possibile anche un conflitto delle disposizioni provinciali con l'art. 119 letto in combinato disposto con l'art. 117, comma 3, della Costituzione. Si evidenzia a riguardo che lo Stato, ponendo i basilari fondamenti normativi per coordinare la finanza pubblica, incluse le norme generali sul trattamento economico dei pubblici impiegati, e' titolare della relativa potesta' proprio al fine dell'esercizio della suddetta funzione di coordinamento finanziario, anche in chiave di controllo ed indirizzo degli effetti economici derivanti dalle norme in tema di finanza pubblica. Il legislatore statale e' dunque chiamato a porre in essere strumenti efficaci di coordinamento e controllo di tutte le componenti della finanza pubblica, che, senza pregiudicare l'autonomia degli enti territoriali, assicurino tuttavia un'evoluzione delle entrate e delle spese (ivi compresa, soprattutto, la spesa in tema di personale) coerente con gli obiettivi che il Governo e il Parlamento hanno fissato negli strumenti di programmazione economico-finanziaria a livello nazionale e comunitario. Nel caso di specie, infatti, la Provincia autonoma di Bolzano, con le leggi in esame, ha incrementato la spesa pubblica in tema di personale, spesa che, secondo la giurisprudenza costituzionale, non e' minuta voce di dettaglio delle spese, ma si presenta come fondamentale aggregato della spesa corrente. In tal senso, emerge con ancor maggior vigore l'importanza che assume il controllo della spesa del personale al fine di conseguire obiettivi di finanza pubblica interni e comunitari. Dunque, le relative disposizioni legislative statali assurgono a principio fondamentale, anche nel quadro dell'art. 117 Cost., atteso il carattere finalistico dell'azione di coordinamento della finanza pubblica (Corte cost., sentenza n. 108/2011; cfr. anche la sentenza n. 217/2012 e la sentenza n. 61/2014). Del resto e' stato affermato, ripetutamente, che i vincoli discendenti dal principio di coordinamento della finanza pubblica devono essere rispettati anche dalle regioni ad autonomia speciale (Corte cost., sentenza 18 gennaio 2013, n. 3, in merito a legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia). Dunque, se a livello statale sono state disegnate predeterminate regole per la fissazione del trattamento retributivo, anche accessorio, mediante istituti peculiari, quale la contrattazione collettiva, e' evidente che tale meccanismo sia stato disegnato al fine della concreta realizzazione di quel coordinamento voluto dalla Costituzione ed intestato innanzitutto allo Stato e che lo stesso debba essere osservato da parte dei legislatori regionali, posto che altrimenti la finalita' di coordinamento e controllo della spesa pubblica sarebbe frustrata. 32. Si profila altresi' un contrasto tra le disposizioni recate dagli articoli 1, 2 e 17 della legge provinciale n. 9/2017 e dagli articoli 1 e 3 della legge provinciale n. 1/2018 rispetto ai parametri costituzionali degli articoli 101, comma 2, 103 e 108 della Costituzione. Occorre, infatti, valorizzare la sequenza temporale delle leggi provinciali in materia rispetto ai momenti rilevanti di esercizio dei poteri intestati dalla Costituzione alla Corte dei conti unitariamente intesa, con riferimento sia alla funzione di controllo sia alla funzione giurisdizionale. Il 25 giugno 2015 si svolgeva il primo dei tre giudizi di parifica (trattasi dei giudizi gli esercizi finanziari 2014, 2015 e 2016), nel corso del quale le sezioni riunite pervenivano ad un decisum di irregolarita' dei capitoli di spesa relativi al pagamento delle indennita' di funzione e di coordinamento a dirigenti e funzionari provinciali senza incarico, poiche' erogati, in virtu' della descritta trasformazione, in favore di personale provinciale ormai privo di incarico dirigenziale o di coordinamento. Analoghe decisioni di non parifica venivano adottate dalle sezioni riunite regionali anche con riferimento ai rendiconti per gli esercizi finanziari 2015 e 2016. Come emerge dalla lettura della citata sentenza n. 52/2017 della sezione giurisdizionale di Bolzano, in data 29 giugno 2015 la procura contabile disponeva l'apertura di un'indagine alla luce di quanto emerso nel corso del giudizio di parifica. Il 25 settembre 2015 interveniva il legislatore provinciale con la legge provinciale n. 11 e, successivamente, con la legge provinciale 18 ottobre 2016, n. 21, che novella il comma 2 dell'art. 47 della legge provinciale n. 6/2015, mutando la fonte di disciplina della trasformazione delle indennita' delle quali si tratta: la legge e non piu' il contratto collettivo. Il 30 gennaio 2017 (come si apprende dalla sentenza n. 52/2017 cit., punto 19 della motivazione) la procura regionale depositava l'atto di citazione (G 1896/R.G.) per l'azione di responsabilita' erariale dei componenti della delegazione pubblica, firmatari dei summenzionati contratti collettivi. Il 6 luglio 2017 era approvata la legge provinciale n. 9. Il 21 settembre 2017 si svolgeva l'udienza pubblica nell'ambito del predetto giudizio G 1896/R.G. e il 15 dicembre 2017 era depositata la sentenza di condanna dei componenti la delegazione di parte pubblica (vedi supra punto 19). Da ultimo, il legislatore provinciale interveniva con la legge 9 febbraio 2018, n. 1. 33. E' di tutta evidenza che, nonostante i ripetuti giudizi di non parifica dei capitoli di spesa relativi alla corresponsione di emolumenti accessori, privi di correlazione alcuna con la prestazione svolta durante l'attivita' lavorativa, la Provincia autonoma di Bolzano non ha disposto ne' l'eventuale arresto di ogni ulteriore pagamento dovuto ai dipendenti per i quali gli incarichi di direzione e di coordinamento erano ormai cessati, ne' tantomeno l'eventuale recupero delle somme versate nel suddetto esercizio. Ha, invece, confermato e salvaguardato l'asserita legittimita' dell'assetto precedente, intervenendo ripetutamente sulla materia, anche dopo il deposito dell'atto di citazione e, soprattutto, dopo una chiara sentenza di condanna per danno erariale a carico della delegazione di parte pubblica firmataria dei contratti collettivi. 34. Sul punto, non si deve sottovalutare la disposizione di cui all'art. 52, comma 6, del Codice di giustizia contabile (allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174), secondo cui, benche' con riferimento all'amministrazione denunciante, sussiste «l'obbligo per la pubblica amministrazione denunciante di porre in essere tutte le iniziative necessarie a evitare l'aggravamento del danno, intervenendo ove possibile in via di autotutela o comunque adottando gli atti amministrativi necessari a evitare la continuazione dell'illecito e a determinarne la cessazione». 35. Si ritiene, pertanto, che le disposizioni in esame - segnatamente la legge provinciale n. 9/2017 e la legge provinciale n. 1/2018 - rechino un vulnus anche gli articoli 101, comma 2, 103 e 108 Cost., in quanto incidono sulle funzioni attribuite ai giudici contabili. Le dette norme avrebbero avuto quale unico effetto quello di limitare la responsabilita' per danno erariale della delegazione di parte pubblica firmataria dei contratti collettivi, considerando altresi' che la citata sentenza della sezione giurisdizionale di Bolzano, n. 52/2017, sembra delineare un'ipotesi di responsabilita' ascrivibile anche alla giunta provinciale all'epoca dei fatti (non evocata in giudizio dalla procura), nella parte in cui afferma che «II diretto coinvolgimento dell'operato della giunta implica dunque che i due terzi del danno complessivamente contestato dalla procura (pari a circa euro 2.700.000,00) devono ritenersi ad essa causalmente attribuibili» (punto 31 della motivazione). 36. Si dubita altresi' della reale portata di legge di interpretazione autentica della legge provinciale n. 1/2018. Al di la' dell'espressa rubrica dell'art. 1 della predetta legge provinciale, si rammenta che nel caso di specie non v'erano norme di dubbio o equivoco significato, per le quali fosse necessario un'operazione ermeneutica da parte del legislatore provinciale. Infatti, «il legislatore puo' adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze nell'applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, cosi' rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore (ex plurimis: sentenze n. 209 del 2010, n. 24 del 2009, n. 170 del 2008 e n. 234 del 2007)» (cosi', Corte cost. n. 271/2011; in tal senso anche sentenza n. 227/2014). La Corte, tuttavia, non si limita ad individuare le circostanze giustificative dell'adozione di tali norme, sottolineando anche la sussistenza di una serie di limiti all'efficacia retroattiva di tali leggi, limiti che il giudice di legittimita' costituzionale definisce come «valori di civilta' giuridica», quali «il rispetto del principio di ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (Corte cost. n. 397/1994; nello stesso senso, piu' di recente, Corte cost. n. 69/2014, n. 308/2013 e n. 103/2013). Illuminante al riguardo e', in particolare, il ragionamento ricostruito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 209/2010, nella quale, nel dichiarare l'incostituzionalita' di una legge provinciale urbanistica della Provincia di Bolzano - qualificata di interpretazione autentica - ha evidenziato che, nella fattispecie, «l'irragionevolezza risiede nella circostanza che il legislatore e' intervenuto per rendere retroattivamente legittimo cio' che era illegittimo, senza che fosse necessario risolvere oscillazioni giurisprudenziali e senza che il testo delle norme "interpretate" offrisse alcun appiglio semantico nel senso delle rilevanti modifiche introdotte. In tal modo non solo si e' leso l'affidamento dei consociati nella stabilita' della disciplina giuridica della fattispecie, che viene sconvolta dall'ingresso inopinato e immotivato di norme retroattive che alternano rapporti pregressi, ma si rende inutile e privo di effettivita' il diritto dei cittadini di adire i giudici per ottenere la tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive». Ebbene, siffatte argomentazioni si attagliano perfettamente al caso di specie, giacche' non sussistevano le condizioni necessarie a giustificare l'adozione di una norma di interpretazione autentica, appalesandosi il reale scopo del legislatore provinciale quale quello di salvaguardare l'assetto preesistente rendendo «retroattivamente legittimo cio' che era illegittimo». 37. Ad ogni buon conto, anche qualora si volesse riconoscere effettiva valenza retroattiva all'art. 1 della legge provinciale n. 1/2018, avallando il senso letterale della disposizione, e' opportuno richiamare l'orientamento della Consulta in ordine alle interferenze del potere legislativo con il potere giudiziario. Sul punto, significativa appare la decisione n. 93/2011 nella quale la Consulta ha ribadito che «Con riguardo al rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario ... la retroattivita' della norma ... reca un vulnus alle stesse, quando travolge gli effetti delle pronunce divenute irrevocabili (tra le piu' recenti, sentenze n. 209 del 2010, n. 364 del 2007) e, comunque, nel caso in cui la disposizione non stabilisce una regola astratta, ma mira a risolvere specifiche controversie (ex plurimis, sentenza n. 94 del 2009), risultando diretta ad incidere sui giudizi in corso, per determinarne gli esiti (sentenza n. 170 del 2008)». Nel caso di specie il giudice delle leggi aveva dichiarato infondata la questione di legittimita' costituzionale in quanto la disposizione statale era intervenuta mentre il giudizio di responsabilita' erariale si trovava ancora nella fase pre-processuale dell'invito a dedurre e, pertanto, era stata riconosciuta l'astrattezza e la generalita' della norma impugnata in via incidentale dal giudice contabile. Orbene, nel caso all'odierno esame, come e' gia' stato diffusamente riferito, le norme provinciali impugnate intervengono dopo ben tre consecutivi giudizi di non parifica per irregolarita' delle poste contabili, decisioni mai appellate dalla Provincia autonoma di Bolzano (cfr. art. 11, comma 6, lettera e), del decreto legislativo n. 174/2016) e pertanto divenute irretrattabili acquisendo natura di «giudicato formale». Ma l'interferenza con il potere giudiziario della Corte dei conti si apprezza anche con riferimento al giudizio di responsabilita' radicato dalla procura contabile successivamente e conseguentemente ai giudizi di parifica di cui si e' detto. In particolare, l'art. 2 e l'art. 17 della legge provinciale n. 9/2017 sono intervenuti a disciplinare la materia quando era gia' stato emesso l'atto di citazione (quindi in fase processuale), mentre l'art. 1 e l'art. 3 della legge provinciale n. 1/2018 sono stati approvati addirittura successivamente alla sentenza di condanna n. 52/2017 emessa dalla sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Bolzano. Chiarissime al riguardo sono le parole del segretario generale della giunta provinciale di Bolzano, intervenuto all'udienza camerale di contraddittorio svoltasi il giorno 20 giugno 2018 nell'ambito del giudizio di parifica. Su specifica richiesta di un componente di queste sezioni riunite, finalizzata ad avere chiarimenti sulle ragioni che hanno indotto la Provincia autonoma di Bolzano ad adottare una successiva legge provinciale (legge provinciale n. 1/2018) a cosi' breve distanza dalla legge provinciale n. 9/2017, l'alto funzionario ha esplicitamente affermato che tra la prima e la seconda legge e' intervenuta la sentenza di condanna della Corte dei conti. Le norme impugnate appaiono, quindi, aventi natura specifica e concreta ed interferiscono palesemente con il potere giudiziario della Corte dei conti (tanto in sede di controllo, quanto in sede giurisdizionale) arrecando ad esso un grave vulnus. 38. Inoltre, si evidenzia che l'intervento retroattivo del legislatore provinciale si pone in conflitto anche con l'art. 6 CEDU, in tema di giusto processo, e con l'art. 1 del protocollo addizionale da qualificarsi come parametri interposti. Quando infatti la legge, disponendo in via retroattiva (irrilevante se in forma di interpretazione autentica), devia il corso del processo o, in altri termini, se vi e' arbitraria interferenza sul processo in corso da parte della legge, si profila un abuso processuale con conseguente violazione dell'art. 6 CEDU. Di abuso si parla perche' la funzione legislativa non trova piu' alcuna giustificazione negli interessi generali ed astratti, veicolati di regola nell'ordinamento con la forma legislativa. «Infatti, i principi dello stato di diritto e la nozione di processo equo, sancito dall'art. 6 della CEDU, vietano l'interferenza del legislatore nell'amministrazione della giustizia destinata a influenzare l'esito della controversia, fatta eccezione che per motivi imperativi di interesse generale (ex plurimis, sentenze 11 dicembre 2012, De Rosa e altri contro Italia, 14 febbraio 2012, Arras e altri contro Italia, 7 giugno 2011, Agrati e altri contro Italia, 21 giugno 2007, SCM Scanner de L'Ouest Lyonnais e altri contro Francia)» (Corte cost., sentenza n. 127/2015). Nel caso di specie il legislatore provinciale e' intervenuto per riqualificare (come lecito) un fatto gia' verificatisi nel mondo empirico e qualificato - dai giudici di questa Corte con la citata sentenza n. 52/2017 (supra, al punto 19) - come generatore di un illecito contabile. In una valutazione complessiva, che tenga altresi' conto della assenza di un assetto giurisprudenziale solcato da incertezze e contrasti, preso atto del fatto che il legislatore provinciale ha simulato, soprattutto con la legge n. 1/2018, un'interpretazione autentica, giacche' la norma ribadisce definitivamente quanto le preesistenti disposizioni in modo univoco gia' affermavano (senza possibilita' di duplicita' di sensi o ambiguita' dei significati), unitamente alla constatazione, piuttosto, che le leggi provinciali del 2017 e del 2018 siano state adottate in concomitanza con un certo andamento del processo, tutto questo corrobora, quali indici sintomatici, il sospetto che il legislatore provinciale abbia abusato della funzione legislativa per orientare un giudizio. La giurisprudenza costituzionale (e non solo quella europea) addiviene ad una tendenziale riprovazione dell'intervento legislativo, se e nella misura in cui la legge retroattiva e' connotata da una palese volonta' di interferenza su rapporti giuridici gia' definiti da pronunce giurisdizionali passate in giudicato. Nel presente caso, in conclusione, le leggi provinciali (fin dal 2015, a ben vedere) trasmodano in una forma di irragionevole «ingerenza» rispetto a giudizi di parificazione dei rendiconti e di responsabilita' amministrativo-contabile, che hanno chiaramente - si ribadisce - stigmatizzato con rigore giuridico la contrarieta' alle norme dell'ordinamento, sotto molteplici profili, del meccanismo di trasformazione di indennita' dirigenziali e di coordinamento in assegni fissi, personali e pensionabili corrisposti a funzionari privi ormai di dette funzioni e delle connesse responsabilita'. 39. Le norme provinciali della cui legittimita' costituzionale si dubita si appalesano altresi' in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera o), della Costituzione, nella parte in cui prevedono la trasformazione delle indennita', alla cessazione dell'incarico, in assegno personale pensionabile in base al sistema retributivo. Lo statuto speciale di autonomia non attribuisce alla Provincia autonoma di Bolzano alcuna competenza nelle materie concernenti la previdenza e le assicurazioni sociali, neanche con riferimento alla previdenza integrativa (attribuita quest'ultima, invece, esclusivamente alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol). Conseguentemente, le disposizioni introdotte dalla legge provinciale n. 9/2017 e dalla legge provinciale n. 1/2018 in esame violano l'art. 117, comma 2, lettera o) della Costituzione, che devolve alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della previdenza sociale. Una simile previsione, del resto, comporta impatti significativi sul meccanismo di calcolo del trattamento di quiescenza non preventivati dal legislatore nazionale al momento della riforma del sistema pensionistico. Tale disposizione, oltre a potere produrre eventuali futuri effetti emulativi, contrasta con l'art. 3 della Costituzione, per violazione del principio di uguaglianza; cio' in quanto il personale di tutte le amministrazioni pubbliche e private si troverebbe di fronte ad una diversita' di trattamento. In tema di previdenza, l'orientamento della Corte costituzionale e' stato omogeneo nel corso degli anni, nella chiara affermazione della esclusiva competenza statale in materia. Da ultimo, con la sentenza n. 98/2013, la Corte ha censurato il legislatore regionale per il fatto di richiamare ed utilizzare «del tutto impropriamente istituti tipici di previdenza sociale, congegnati dallo Stato (nell'esercizio della sua competenza esclusiva) per soddisfare altre finalita'». La Consulta ha contestualmente ribadito che solo lo Stato puo' estendere l'ambito soggettivo e/o oggettivo di applicazione di disposizioni che rientrano in materie di competenza legislativa esclusiva statale, tra cui specificamente quello della previdenza sociale. Tale principio era, tra l'altro, gia' stato affermato nella sentenza n. 325/2011, che censura l'estensione dell'ambito di applicazione della disciplina previdenziale statale relativa al personale delle pubbliche amministrazioni ai dipendenti pubblici nominati assessori regionali, in quanto «non spetta alla legislazione regionale disporre una equiparazione del trattamento previdenziale degli assessori regionali non consiglieri con quello degli assessori che ricoprano la carica di consigliere. Ove tale equiparazione fosse effettuata con legge regionale, come nel caso in esame, non solo si avrebbe una lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, ma si determinerebbero difformita' nella disciplina del trattamento previdenziale dei dipendenti pubblici da una regione all'altra». Il richiamo alla necessita' di una disciplina necessariamente unitaria e' presente anche nella sentenza n. 189/2011, in merito all'equiparazione, ai fini contributivi, al lavoro subordinato del servizio prestato in via precaria dal personale assunto per chiamata fiduciaria nelle segreterie particolari degli amministratori regionali: tale disposizione, nell'attribuire ad un rapporto di lavoro essenzialmente precario una qualificazione di lavoro subordinato, ai fini pensionistici, incide in modo chiaro nella materia della «previdenza sociale» che, in base a quanto disposto dall'art. 117, comma 2, lettera o), Cost., rientra nella competenza esclusiva dello Stato. Gia' con la legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), il sistema previdenziale e' stato ridefinito alla stregua di criteri di calcolo dei trattamenti pensionistici commisurati alla contribuzione. E, successivamente, il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici), dispone all'art. 24, comma 2, che «a decorrere dal 1° gennaio 2012, con riferimento alle anzianita' contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianita' e' calcolata secondo il sistema contributivo». E' di macroscopica evidenza l'illegittimita' costituzionale di una norma che correla il calcolo del trattamento pensionistico delle suddette indennita' dei dipendenti pubblici regionali al sistema retributivo, invece che a quello contributivo, sistema di calcolo quest'ultimo introdotto allo scopo di favorire il riequilibrio finanziario e di rimuovere le sperequazioni e le diseguaglianze provocate dal calcolo retributivo (vedi relazione dell'undicesima commissione permanente, lavoro e previdenza sociale, al disegno di legge di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare del 1995). Un meccanismo cosi' strutturato entra ulteriormente in conflitto con l'art. 36, comma 1, della Costituzione, norma che si declina anche nel principio di proporzionalita' fra trattamento pensionistico e quantita' e qualita' del lavoro prestato durante il servizio attivo (Corte cost., sentenza n. 82/2017). Ed oltre a cio', la determinazione, ai fini pensionistici, con il sistema retributivo delle indennita' percepite dai dipendenti provinciali va inopinatamente ad impattare anche sugli equilibri di bilancio dell'ente previdenziale del pubblico impiego (INPS) causando un inutile aggravio di spesa pensionistica. 40. Siffatta prospettazione appare ulteriormente corroborata da quanto si legge una nota dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (nota prot. 2863/07 del 14 marzo 2007), menzionata a pag. 201 della relazione di queste sezioni riunite sul rendiconto generale della Provincia autonoma di Bolzano - esercizio finanziario 2014: «L'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, con nota prot. n. 2863/07 del 14 marzo 2007, indirizzata alla procura regionale di Bolzano della Corte dei conti, ha osservato - premesso che da una analisi dei testi contrattuali vigenti non risultano in ambito nazionale discipline di contenuto identico o analogo a quelle locali - che "... come piu' volte evidenziato dall'INPDAP, non spetta alla sede contrattuale esprimere giudizi in ordine alla pensionabilita' o meno dei vari trattamenti economici, in quanto trattasi di un aspetto che rientra nella autonoma capacita' di valutazione e decisione riconosciuto all'ente previdenziale direttamente dalla legge"». 41. Da ultimo, in conformita' alla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, queste sezioni riunite ritengono di dover verificare se siano possibili ipotesi interpretative delle citate disposizioni provinciali che consentano di superare i dubbi di costituzionalita' sopra esposti. Si ritiene tuttavia, che non vi siano spazi per un'interpretazione costituzionalmente orientata, poiche' qualsivoglia approccio esegetico e' inibito dal carattere perentorio delle disposizioni, alla stregua anche della chiara voluntas legis del legislatore provinciale (espressa, peraltro, chiaramente e in modo inequivoco dal presidente della giunta provinciale nel corso del contraddittorio orale durante il giudizio di parifica) che detta una disciplina di dettaglio per il futuro e salvaguarda l'assetto contrattuale preesistente, nonche' dalla mancanza nell'ordinamento di norme e principi in grado di consentire di emendare le norme provinciali con l'ausilio dell'analogia.
P.Q.M.
La Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione Trentino-Alto
Adige/Südtirol, visti gli articoli 81, 119 e 134 della Costituzione,
l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e l'art.
23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Visto l'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 15
luglio 1988, n. 305.
Visto l'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n.
174, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n.
213.
Solleva la questione di legittimita' costituzionale, in
riferimento ai parametri stabiliti dagli articoli 3, 36, 81, 97, 101,
comma 2, 103, 108, 117, comma 2, lettere l) e o), e art. 119, comma
1, dei seguenti articoli di legge provinciale:
art. 28 della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10;
art. 47 della legge provinciale 19 maggio 2015, n. 6;
art. 14, comma 6, della legge provinciale 25 settembre 2015,
n. 11;
art. 7 della legge provinciale 18 ottobre 2016, n. 21;
art. 1, art. 2 e art. 17 della legge provinciale 6 luglio
2017, n. 9;
art. 1 e art. 3 della legge provinciale 9 febbraio 2018, n.
1.
Ordina la sospensione del giudizio per le voci non parificate e
dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per
l'esame della questione.
Dispone che, a cura della Segreteria delle sezioni riunite, ai
sensi dell'art. 23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
la presente ordinanza sia notificata al presidente della Provincia
autonoma di Bolzano e al procuratore regionale quali parti in causa e
sia comunicata al presidente del consiglio provinciale della
Provincia autonoma di Bolzano.
Cosi' deciso in Bolzano, nella camera di consiglio del giorno 28
giugno 2018.
Il Presidente: Rössler
L'estensore: Lentini
Parte di provvedimento in formato grafico