N. 176 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 maggio 2018

Ordinanza del 21 maggio 2018 del Tribunale di Trento nel procedimento
civile  promosso  da  Brugger  Siegfried  contro   Regione   autonoma
Trentino-Alto Adige e  Consiglio  regionale  della  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige.. 
 
Regioni  -  Norme  della  Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige   -
  Consiglieri regionali  -  Riduzione  sull'ammontare  degli  assegni
  vitalizi diretti e di reversibilita' - Limite di cumulo di  assegni
  vitalizi. 
- Legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014, n.
  5  ("Modifiche  alla  legge  regionale  26  febbraio  1995,  n.   2
  (Interventi in materia di indennita' e  previdenza  ai  Consiglieri
  della Regione autonoma Trentino  -  Alto  Adige),  come  modificata
  dalla legge regionale 28 ottobre 2004, n. 4, dalla legge  regionale
  30 giugno 2008, n. 4, dalla legge regionale 16 novembre 2009, n. 8,
  dalla legge  regionale  14  dicembre  2011,  n.  8  e  dalla  legge
  regionale 21 settembre 2012, n. 6, nonche' alla legge regionale  23
  novembre 1979, n. 5 (Determinazione delle indennita'  spettanti  ai
  membri della Giunta regionale), e successive  modificazioni,  volte
  al contenimento della spesa pubblica"), artt. 2 e 3. 
(GU n.49 del 12-12-2018 )
 
                             IL GIUDICE 
 
    A scioglimento della riserva datata 29 marzo 2017; 
    esaminati gli atti di causa e la documentazione in allegato; 
    rilevato che con atto  di  citazione  datato  10  novembre  2014,
notificato il 12 novembre 2014, Brugger Siegfried, nell'assumere:  1)
di essere titolare sin  dal  15  marzo  2013  dell'assegno  vitalizio
erogato  dalla  Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige,  pari  ad  €
3.543,86  lordi  mensili;  2)  di  percepire  in  ulteriore   assegno
vitalizio erogato dalla Camera, pari ad € 8.860,97 lordi mensili;  3)
di essersi visto rideterminare l'assegno  vitalizio  regionale  nella
ridotta misura di € 139/03 - cosi rideterminata quale, differenza fra
il limite  massimo,  di  €  9.000,00  introdotto  dall'art.  3  legge
regionale   n.   5/2014,   e   l'ammontare   dell'assegno   vitalizio
parlamentare - e richiedere il recupero della maggiore somma  erogata
dal 17 luglio al 31 agosto 2014; ha chiesto che sia accertato il  suo
diritto  alla  corresponsione  dell'assegno  vitalizio  erogato   dal
Consiglio regionale nell'ammontare di € 3.543,86 lordi mensili  senza
subire le decurtazioni di  cui  agli  articoli  2  e  3  della  legge
regionale n. 5/2014, con conseguente  condanna  della  resistente  al
versamento di quanto indebitamente trattenuto. 
    L'attore ha censurato gli articoli 2 e 3 della  menzionata  legge
regionale ed i provvedimenti amministrativi che ne  sono  conseguiti,
lamentandone la contrarieta' ai principi comunitari  e  convenzionali
dell'affidamento  e  della  certezza  dei  rapporti  giuridici   come
garantiti dagli articoli 3, 10, 11 e 117 comma 1 della Costituzione e
articoli 6 e 13 della  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo,
nonche' ha lamentato la contrarieta' della suddetta  legge  regionale
ai principi di ragionevolezza, di gradualita'  e  di  uguaglianza  ed
ancora la violazione del riparto di  competenze  legislative  fissato
all'art. 117 Costituzione, chiedendo che venga sollevata la questione
di legittimita' costituzionale degli  articoli  2  e  3  della  legge
regionale n. 5/2014 per contrasto con gli articoli 2, 3, 10, 11,  42,
117 Costituzione; 
    rilevato  che  l'attore  ha  evocato  nel  presente  giudizio  il
Consiglio regionale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige  e  la
Regione autonoma Trentino-Alto Adige, i quali si sono  costituiti  in
giudizio,  decucendo  l'infondatezza  di  ogni  lamentata  violazione
costituzionale;  
    rilevato che, instaurato  il  contraddittorio,  la  causa  veniva
discussa sulla questione preliminare della  giurisdizione  e  che,  a
seguito di regolamento preventivo di giurisdizione, la Suprema  Corte
ha confermato la giurisdizione del giudice ordinario, motivo per  cui
il presente giudizio  e'  stato  riassunto  dalle  parti  e  discusso
all'udienza del 29 marzo 2017; 
    evidenziata la rilevanza e la non  manifesta  infondatezza  della
sollevata eccezione di illegittimita' costituzionale per le  seguenti
ragioni: 
        1)  la   rilevanza   perche'   la   pretesa   attorea   volta
all'accertamento del diritto  alla  corresponsione  dell'assegno  per
intero e senza il cumulo e le riduzioni di cui agli articoli  2  e  3
della  legge  regionale  n.  5/2014,  nonche'   la   stessa   pretesa
restitutoria della Regione Trentino-Alto  Adige,  in  tanto  potranno
ritenersi fondate in quanto le disposizioni di  riferimento  siano  o
meno conformi ai parametri constituzionali invocati  dall'attore,  di
talche' la questione di legittimita' costituzionale riveste  indubbio
carattere di rilevanza, dipendendo  dalla  stessa  la  decisione  del
merito delle domande formulate in causa; 
        2) quanto alla non manifestata infondatezza: 
          l'art. 2, rubricato «Riduzione sull'ammontare degli assegni
vitalizi diretti e di riversibilita'», ha previsto che: «a  decorrere
dal mese  successivo  all'entrata  in  vigore  della  presente  legge
l'ammontare lordo mensile di tutti gli assegni vitalizi diretti,  non
attualizzati, di reversibilita', compresi quelli gia' in godimento  o
attribuiti, e' ridotto di una percentuale del 20 per  cento,  desunta
dalla percentuale di riduzione della indennita' parlamentare lorda di
cui  all'art.  1  legge  31  ottobre  1965  n.  1261   e   successive
modificazioni, alla data del 1° gennaio 2014, rispetto all'indennita'
parlamentare  lorda  indicata  nell'art.  8,  comma  2,  della  legge
regionale 21 settembre 2012 n. 6»; 
        3) l'art. 3, rubricato «Limite di cumulo di assegni vitalizi»
ha previsto: «Ove il titolare di  assegno,  vitalizio  diretto  o  di
reversibilita' goda di altro trattamento o  vitalizio  diretto  o  di
reversibilita' per aver ricoperto cariche di parlamentare nazionale o
europeo o per essere stato componente di  organi  di  altre  regioni,
l'assegno erogato dal Consiglio regionale, considerato  ai  fini  del
calcolo del cumulo  al  lordo  del  valore  attuale,  viene  ridotto,
qualora l'importo lordo complessivo degli assegni  stessi  superi  la
misura lorda di euro  9.000,00  per  gli  assegni  vitalizi  diretti,
rispettivamente calcolata  in  modo  proporzionale  per  gli  assegni
vitalizi di reversibilita'. Ai fini dell'applicazione del comma 1, il
titolare di assegno vitalizio diretto o di reversibilita' erogato dal
Consiglio regionale e' tenuto a dichiarare all'Ufficio di  Presidenza
o  di  non  percepire  alcun   assegno   vitalizio   diretto   o   di
reversibilita', o l'ammontare lordo degli  assegni  percepiti,  entro
sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge. In  caso
di mancata ottemperanza dell'obbligo di  dichiarazione  previsto  dal
comma 2, l'assegno  vitalizio  diretto  o  di'  reversibilita'  viene
sospeso e, per  le  due  mensilita'  gia'  erogate,  si  provvede  al
recupero dell'indebito in base alle comuni procedure»; 
    nel caso di specie, l'attore ha cessato la carica di  consigliere
regionale nel 1994 e quella presso il Parlamento nel marzo  2013;  al
medesimo e' stato applicato l'art. 9 della legge regionale n.  2/1995
e, con decreto del Presidente della Regione n. 573 del 14 marzo 2013,
e' stato rinconosciuto il diritto all'assegno regionale di  vitalizio
con  decorrenza  15  marzo  2013;  cio'  in  aggiunta  al   vitalizio
parlamentare, essendo all'epoca il  cumulo  consentito  dalla  citata
disposizione. 
    Successivamente, a seguito dell'entrata  in  vigore  della  legge
regionale n. 5/2014, con efficacia retroattiva, l'attore si e'  visto
applicato il limite di cumulo dell'assegno di vitalizio regionale con
quello in godimento per la carica elettiva  presso  il  Parlamento  e
rideterminata la sua misura  in  €  139,03  mensili  e  richiesta  in
restituzione la maggiore somma  nelle  more  erogate;  il  tutto  con
efficacia permanente e sine die, cioe' non limitata nel tempo; 
    costituisce ius receptum della giurisprudenza anche  della  Corte
costituzionale   il   principio   di   derivazione   comunitaria    e
convenzionale - della intangibilita' dei diritti  acquisiti  e  della
certezza e stabilita' dei rapporti giuridici quale  forma  di  tutela
del legittimo affidamento. 
    Il  legittimo  affidamento  costituisce  un  principio   generale
dell'ordinamento comunitario; numerosissime sono  le  pronunce  della
Corte di giustizia europea che, da tempo e  costantemente,  affermano
la vigenza ed il carattere fondamentale di tale canone.  Sebbene  non
espressamente contemplata dai trattati dell'Unione europea, la tutela
dell'affidamento trova collocazione  in  svariate  statuizioni  della
Corte di giustizia europea a partire dal 1978, ove venne sancito  che
la «Tutela dell'affidamento fa  parte  dell'ordinamento  comunitario»
(v. cent. 3 maggio 1978, causa C-12/7.7) e che deve essere inquadrata
fra i principi fondamentali della Comunita' sanciti, tra  gli  altri,
dall'art.  6  della  Carta  fondamentale   dei   diritti   dell'uomo,
ratificata dall'Unione europea  stessa.  Il  principio  in  questione
viene considerato un corollario di quello della certezza del diritto,
nell'ambito del quale viene individuato il suo fondamento  (v.  Corte
di  Giustizia,  19  settembre  2000,  Ampafrance  and  Sanofi,  causa
C-177/99,   181/99;   Corte   di   giustizia,   18   gennaio    2001,
Commission/Spain,  causa  C-83/99),  motivo  per  cui  la  Corte   di
giustizia la utilizza come parametro  di  legittimita'  non  soltanto
degli atti amministrativi ma anche degli  atti  legislativi,  con  la
conseguenza  che  esso  deve  essere  rispettato  dalle   Istituzioni
comunitarie e Stati membri nell'esercizio dei poteri  loro  conferiti
dalle direttive comunitarie (v. Corte di giustizia CE,  14  settembre
2006, cause C-181/04 e C-183/04). 
    A livello nazionale, la giurisprudenza della Corte costituzionale
ha recepito in maniera consolidata questo  principio,  riconducendolo
agli articoli 2, 3  e  97  della  Costituzione,  in  quanto  elemento
essenziale dello Stato di diritto (v. Corte costituzionale 27 gennaio
2011 n. 31, ove si afferma la necessita' di evitare che «disposizioni
trasmodino in regolamenti irrazionali che frustino l'affidamento  dei
cittadini nella  sicurezza  pubblica  da  intendersi  quale  elemento
fondamentale dello stato di diritto»), ed espressione  immanente,  da
un  lato,  del  principio  di  uguaglianza  dinanzi  alla  legge,  e,
dall'altro, di solidarieta' cui sono collegati i canoni di buona fede
e di correttezza dell'agire, anche da parte dell'amministrazione, che
deve improntare  la  propria  condotta  a  canoni  di  lealta'  e  di
imparzialita'. Si intravede, in  questi  casi,  anche  la  violazione
dell'art. 117, primo comma, della  Costituzione  per  violazione  dei
vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e  dagli  obblighi
internazionali, posto che, a  seguito  della  riforma  del  titolo  V
avvenuta nel  2001,  il  legislatore  regionale  deve  esercitare  la
propria potesta' legislativa nella cornice delle competenze assegnate
dall'art. 117 «in osservanza dei vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario». 
    Numerose sono le pronunce che, sin dalla sentenza n. 349  del  17
dicembre  1985,  hanno  fatto  applicazione  di   questo   principio.
Recentemente, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimita'
dell'art. 23 del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 (concernemente  la
nuova disciplina in materia di privilegio) proprio sottolineando  che
«l'assenza di adeguati motivi, l'alterazione del rapporto determinata
dalle  norme  in  discussione,  palesa  la  sua  illegittimita'   per
violazione dei principi di ugualianza  e  di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 Costituzione e per violazione dell'art.  117  Costituzione
in relazione all'art. 6 CEDU, in considerazione del  pregiudizio  che
essa arreca alla tutela dell'affidamento legittimo e  della  certezza
delle situazioni giuridiche,  in  assenza  di  motivi  imperativi  di
interesse generale costituzionalmente rilevanti» (Ulteriori esempi di
applicazione del principio del legittimo  affidamento  di  rinvengono
nelle seguenti sentenze: Corte costituzionale 23 maggio 2013 n.  103,
21 ottobre 2011 n. 217, 4 luglio 2014 n. 170, 27 giugno 2013 n.  160,
26 settembre 2014 n. 227). In termini ancora piu' espliciti la  Corte
costituzionale ha affermato che «l'intervento legislativo  diretto  a
regolare situazioni pregresse e' legittimo a condizione  che  vengano
rispettati i canoni costituzionali di ragionevolezza ed i principi di
tutela del legittimo  affidamento  e  di  certezza  delle  situazioni
giuridiche» (v. Corte costituzionale 30 gennaio 2009 n. 24). Ma anche
la    giurisprudenza    contabile    amministrativa    ha    ripreso,
riaffermandoli,  i   pronunciamenti   della   Corte   costituzionale,
stabilendo che «il principio della tutela del  legittimo  affidamento
e' immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico  ed  assolve  ad
una funzione di integrazione della disciplina legislativa o  comunque
un preciso vincolo ermeneutico  per  l'interprete»  (cfr.  Corte  dei
conti 4 dicembre 2008 n. 942);  
    i dubbi di illegittimita' costituzionale prospettati  dall'attore
per violazione dei principi di ragionevolezza, di  affidamento  e  di
certezza del diritto risultano non manifestamente infondati; infatti,
l'applicabilita' al ricorrente delle nuove  disposizioni,  cosi  come
introdotte dagli articoli 2 e 3 legge regionale de qua,  produce  «un
effetto innovativo su fattispecie chiuse in pregiudizio  a  posizioni
gia' maturate» (v. sent. Corte costituzionale n. 160/2013) e  finisce
con   il   tradire,   l'affidamento   del    privato    sull'avvenuto
consolidamento di situazioni sostanziali», intervenendo su situazioni
che «si sono consolidate con riguardo alla regolamentazione giuridica
del rapporto, dettando una disciplina contrastante  e  sbilanciandone
l'equilibrio a favore  di  una  parte»;  cosi  facendo,  si  tradisce
radicalmente il naturale  e  legittimo  affidamento  dei  destinatari
sull'efficacia  e  sulla  stabilita'  nel  tempo  dei  provvedimenti;
inoltre, tale intervento risulta  privo  di  qualsivoglia  plausibile
ragione capace ed idonea a giustificare  una  cosi'  grave  incidenza
retroattiva su posizioni che si  sono  gia'  realizzate  e  concluse.
Basti pensare: da un lato, che, come documentato in atti e  pacifico,
il Consiglio regionale non e'  in  stato  di  sofferenza  finanziaria
tanto e' vero che la stessa  legge  regionale  non  specifica  alcuna
motivazione a supporto dell'intervenuto riduttivo, che,  quindi,  non
risulta in alcun modo consentaneo ad  alcuno  -  nemmeno  indicato  -
scopo finale; dall'altro, che le disposizioni  censurate  dall'attore
determinano una permanente modifica in  peius  della  disciplina  dei
vitalizi valida per tutti gli assegni diretti ed  indiretti,  per  un
intervallo di tempo indeterminato e senza alcuna progressione una  ex
abrupto; gli articoli 2 e 3, dunque, introducono  pesenati  sacrifici
economici, imponendoli in via pemanente, con  effetti  irriversibili,
non consentanei ad alcuno scopo finale; un  sistema  cosi  congeniato
risulta arbitrario ed ingiustificato, tanto piu' se, come  assume  la
regione, riferito ed applicato soltanto a taluni soggetti  che,  come
l'attore, erano gia' titolari di assegno  di  vitalizio  regionale  e
parlamentare  prima  della  sua  entrata  in  vigore  e   sui   quali
l'incidenza finale della riduzione pesa in maniera elevatissima  (ben
il 96,05%/ nel caso dell'attore); 
    a questi profili  di  illegittimita'  va  aggiunto  anche  quello
relativo alla violazione dell'art. 117 Costituzione dal  momento  che
l'art. 4 decreto del Presidente della Repubblica n. 670/1972  riserva
alla Regione Trentino-Alto Adige una  potesta'  legislativa  limitata
alla materia dell'ordinamento degli uffici regionali e del  personale
ad essi addetto. La riduzione, se non il pressoche'  azzeramento  del
vitalizio regionale, tuttavia, travalica  la  competenza  legislativa
regionale, essendo la disciplina di tali questioni e dei  correlativi
rapporti riservata alla potesta' dello Stato secondo quanto affermato
anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 287 del 2016. 
    Prova ne e' che, con l'art. 2 del decreto-legge  n.  174/2012  il
legislatore nazionale, nel mentre ha dettato una serie di  norme  per
incentivare le regioni  ad  essere  piu'  virtuose,  ha,  in  maniera
inequivoca, fatto  salvi,  cioe'  salvaguardato  da  ogni  intervento
riduttivo (e, a maggior ragione, dalla soppressione),  i  trattamenti
in corso di erogazione, fra i quali rientra  indubbiamente  l'attore.
Il  legislatore  statale,  dunque,  ha  mantenuto  la  salvezza   dei
trattamenti in  corso,  sottraendoli  da  qualsiasi  possibilita'  di
intervento, tanto meno di soppresione e tanto  meno  da  parte  della
legislazione regionale, che, intervenendo con la legge  regionale  n.
5/2014, ha violato una sfera di competenza statale  e  dunque  l'art.
117 Costituzione; 
 
                               P.Q.M. 
 
    visto  l'art.  134  Costituzione   dichiara   rilevante   e   non
manifestamente infondata con riferimento agli articoli 2,3, 97 e  117
Costituzione la  questione  di  illegittimita'  costituzionale  degli
articoli 2 e 3 della legge regionale n. 5/2014  nella  parte  in  cui
applicano,  peraltro   con   effetto   retroattivo,   permanente   ed
irriversibile, il divieto di  cumulo  con  il  limite  massimo  di  €
9.000,00  lordi  mensili  e/o  la  riduzione  del  20%   dell'assegno
vitalizio erogato  dalla  regione  a  tutti  i  titolari  di  assegno
vitalizio  regionale  e  parlamentare,  diretto  o  indiretto,  senza
gradualita' di sorta; 
    dispone la trasmissione immediata degli  atti  e  della  presente
ordinanza,   comprensivi   della   documentazione    attestante    il
perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni,  alla
Corte costituzionale; 
    sospende il giudizio, 
    ordina la notifica della presente ordinanza alle parti in causa. 
        Trento, 18 maggio 2018 
 
                        Il Giudice: Morandini