N. 228 SENTENZA 6 novembre - 6 dicembre 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Professioni ‒ Clownterapia ‒ Individuazione e disciplina della figura
  professionale del clown di corsia  ‒  Istituzione  di  un  apposito
  registro regionale ‒ Promozione di  progetti  presso  le  strutture
  sanitarie e socio‒sanitarie della Regione. 
- Legge della Regione Puglia 20 dicembre 2017, n. 60 (Disposizioni in
  materia di clownterapia). 
-   
(GU n.49 del 12-12-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione Puglia 20 dicembre 2017, n. 60 (Disposizioni  in  materia  di
clownterapia), e, in particolare, degli artt. 1, 2, 3 e  5,  promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato  il
16-21 febbraio 2018, depositato in cancelleria il 21  febbraio  2018,
iscritto al n. 15  del  registro  ricorsi  2018  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  13,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2018. 
    Udito nella udienza pubblica  del  6  novembre  2018  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    udito l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 16-21 febbraio 2018 e depositato il
21 febbraio 2018 (reg. ric.  n.  15  del  2018),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione  Puglia  20
dicembre 2017, n. 60 (Disposizioni in materia di clownterapia) e,  in
particolare, gli artt. l, 2, 3 e 5, denunciandone  il  contrasto  con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    1.1.- Secondo il ricorrente, la Regione Puglia, con  la  predetta
legge n. 60 del 2017, che  promuove  l'utilizzo  della  clownterapia,
«quale   trattamento   a   supporto   e   integrazione   delle   cure
cliniche-terapeutiche, con  particolare  riferimento  alle  strutture
sanitarie,  nonche'  a  supporto  degli  interventi  nelle  strutture
sociosanitarie e socio-assistenziali»  (art.  l,  comma  1),  avrebbe
ecceduto la propria competenza nella misura  in  cui  istituisce  una
nuova figura professionale, quale quella del "clown di  corsia",  non
prevista dalla  legislazione  statale  in  materia,  con  conseguente
lesione della competenza statale  in  materia  di  «professioni»,  in
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    1.2.- Le disposizioni impugnate sono, in particolare,  gli  artt.
1, 2, 3 e 5. 
    L'art.  l,  comma   2,   lettera   a),   definisce   il   termine
«clownterapia», o terapia  del  sorriso,  come  «la  possibilita'  di
utilizzare, attraverso  l'opera  di  personale  medico,  non  medico,
professionale e di volontari appositamente formati, il sorriso  e  il
pensiero positivo a favore di chi soffre un disagio fisico,  psichico
o sociale. La clownterapia puo' svolgersi  in  contesti  ospedalieri,
non solo pediatrici, in centri per la disabilita', in centri  per  la
terza eta', in  contesti  sociali  difficili,  carceri,  quartieri  a
rischio, nelle scuole, in  missioni  umanitarie  e  in  occasione  di
eventi calamitosi». 
    L'art. 1, comma 2, lettera b), definisce «clown di corsia» quella
«figura che, utilizzando specifiche  competenze  acquisite  in  varie
discipline,  analizza  i  bisogni  dell'utente  per  migliorarne   le
condizioni fisiche e mentali, all'interno delle strutture  sanitarie,
socio-sanitarie e socio-assistenziali, applicando  i  principi  e  le
tecniche della clownterapia». 
    L'art. 2, al comma l,  stabilisce  che  «[p]er  il  conseguimento
delle finalita' di cui all'articolo l, la Regione Puglia promuove  la
formazione professionale del  personale  delle  strutture  sanitarie,
socio-sanitarie e delle associazioni di volontariato e di  promozione
sociale  e  delle   cooperative   che   operano   nell'ambito   della
clownterapia». I successivi commi 2 e 3  prevedono,  rispettivamente,
che «[l]a qualifica professionale del clown di corsia e' riconosciuta
al termine di un percorso formativo che deve svolgersi  nel  rispetto
degli standard formativi specifici, individuati  dal  regolamento  di
cui all'articolo 3», e che «[i] corsi di formazione sono  organizzati
dalle associazioni di cui al comma l, iscritte nel registro regionale
delle associazioni di volontariato di cui  alla  legge  regionale  16
marzo 1994, n.  11  (Norme  di  attuazione  della  legge  quadro  sul
volontariato),  secondo  le  modalita'  e  i  criteri  stabiliti  dal
regolamento di cui all'articolo 3». 
    L'art. 3 prevede, quindi, che «[e]ntro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, la Giunta  regionale,  con
apposito regolamento da adottarsi ai sensi dell'articolo 44, comma 2,
dello Statuto  regionale  definisce  i  criteri  e  le  modalita'  di
svolgimento dei corsi previsti dalla  presente  legge»,  tra  cui  le
materie oggetto  del  percorso  formativo,  la  durata  e  il  numero
complessivo delle ore dei corsi, suddivise in ore di studio e ore  di
tirocinio,  i  requisiti  per  l'accesso  ai   corsi,   i   requisiti
professionali dei membri della commissione incaricata  di  effettuare
la valutazione della prova finale, le modalita' per il riconoscimento
dei crediti formativi e  lavorativi  per  coloro  che  gia'  svolgono
l'attivita' di clownterapia presso strutture  o  enti  alla  data  di
entrata in vigore della legge stessa. 
    Infine, l'art. 5 istituisce un apposito registro regionale per  i
soggetti che, ai sensi della  legge  stessa,  svolgono  attivita'  di
clownterapia. 
    1.3.- A sostegno della censura avanzata nei confronti della legge
regionale in oggetto, l'Avvocatura generale dello Stato  richiama  il
principio affermato dalla consolidata  giurisprudenza  costituzionale
secondo  cui  spetta  allo  Stato   l'individuazione   delle   figure
professionali, con i relativi profili e  titoli  abilitanti,  per  il
carattere necessariamente unitario a livello statale che riveste tale
individuazione;  principio  che,  nel  costituire  limite  di  ordine
generale invalicabile dal legislatore regionale,  comporta  per  esso
l'impossibilita' di dar vita a nuove figure professionali. 
    Argomenta, in proposito, il ricorrente  che  tale  riparto  delle
competenze in materia di «professioni»  fra  Stato  e  Regioni  trova
riscontro nella normativa statale di cui  al  decreto  legislativo  2
febbraio 2006, n.  30  (Ricognizione  dei  principi  fondamentali  in
materia di professioni, ai sensi dell'articolo l della legge 5 giugno
2003, n. 131). 
    Difatti,  l'art.  1,  nell'individuare  al  comma  1  i  principi
fondamentali in materia di «professioni» di cui all'art.  117,  terzo
comma, Cost., che si desumono dalle leggi vigenti ai sensi  dell'art.
l, comma 4, della legge 5  giugno  2003,  n.  131  (Disposizioni  per
l'adeguamento   dell'ordinamento   della   Repubblica   alla    legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3),  e  successive  modificazioni,
dispone che «[l]e  regioni  esercitano  la  potesta'  legislativa  in
materia di professioni nel rispetto dei principi fondamentali di  cui
al Capo II» (comma 2) e che «[l]a potesta' legislativa  regionale  si
esercita sulle professioni individuate  e  definite  dalla  normativa
statale» (comma 3). 
    1.4.- Con riferimento allo specifico settore delle professioni in
ambito sanitario, il ricorrente rappresenta, altresi', che lo  stesso
legislatore statale ha preso in considerazione  il  fatto  che  nuovi
eventuali fabbisogni  possono  condurre  all'istituzione  di  profili
professionali  diversi  da   quelli   contemplati   dalla   normativa
nazionale. 
    L'art. 5 della legge 1° febbraio 2006,  n.  43  (Disposizioni  in
materia  di  professioni   sanitarie   infermieristiche,   ostetrica,
riabilitative, tecnicosanitarie  e  della  prevenzione  e  delega  al
Governo per l'istituzione  dei  relativi  ordini  professionali),  ha
difatti delineato una specifica procedura per  l'individuazione,  con
il coinvolgimento delle Regioni, di nuove  professioni  sanitarie  da
ricomprendere in una delle aree di cui agli artt. l, 2, 3 e  4  della
legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni  sanitarie
infermieristiche, tecniche della  riabilitazione,  della  prevenzione
nonche' della professione ostetrica). 
    Evidenzia il  ricorrente  che  la  predetta  procedura  e'  stata
recentemente modificata dall'art. 6 della legge 11 gennaio 2018, n. 3
(Delega  al  Governo  in  materia  di  sperimentazione   clinica   di
medicinali nonche' disposizioni per  il  riordino  delle  professioni
sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero  della  salute).
Tale articolo, che ha sostituito, a decorrere dal 15  febbraio  2018,
il citato art. 5  della  legge  n.  43  del  2006,  ha  previsto  che
«[l]'istituzione di nuove professioni sanitarie  e'  effettuata,  nel
rispetto dei principi fondamentali stabiliti  dalla  presente  legge,
previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanita',
mediante uno o piu' accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e  le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del  Presidente  della
Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri». 
    Conclude il  ricorrente  affermando  che  «[a]  seguito  di  tale
intervento legislativo emerge chiaramente che l'esigenza di garantire
un percorso formativo comune per tutti coloro che operano  nel  campo
della  "clownterapia"   potra'   essere   eventualmente   soddisfatta
osservando  la  procedura  sopra  illustrata  e  soltanto  con   tale
modalita'; medio tempore, per quanto sinora osservato,  alla  Regione
Puglia non e' consentito, con  propria  legge,  istituire  la  figura
professionale del "clown di corsia",  pena  la  violazione  dell'art.
117, comma 3, della Costituzione». 
    2.- La Regione Puglia non si e' costituita in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del  Consiglio  dei
ministri ha promosso questioni di legittimita'  costituzionale  della
legge della Regione Puglia 20 dicembre 2017, n. 60  (Disposizioni  in
materia di clownterapia), e, in particolare, degli artt. 1, 2, 3 e 5,
in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    1.1.-  L'art.  l,  comma  1,  della  legge  regionale   impugnata
stabilisce che essa promuove la conoscenza, lo  studio  e  l'utilizzo
della clownterapia quale trattamento a supporto ed integrazione delle
cure  cliniche-terapeutiche,   con   particolare   riferimento   alle
strutture  sanitarie,  nonche'  a  supporto  degli  interventi  nelle
strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali. Il comma 2,  lettera
a), definisce il termine «clownterapia», o terapia del sorriso,  come
«la possibilita'  di  utilizzare,  attraverso  l'opera  di  personale
medico,  non  medico,  professionale  e  di  volontari  appositamente
formati, il sorriso e il pensiero positivo a favore di chi soffre  un
disagio fisico, psichico o sociale. La clownterapia puo' svolgersi in
contesti  ospedalieri,  non  solo  pediatrici,  in  centri   per   la
disabilita', in  centri  per  la  terza  eta',  in  contesti  sociali
difficili, carceri, quartieri a rischio, nelle  scuole,  in  missioni
umanitarie e in  occasione  di  eventi  calamitosi».  La  lettera  b)
definisce, poi, con il termine «clown di corsia», quella «figura che,
utilizzando specifiche  competenze  acquisite  in  varie  discipline,
analizza i bisogni dell'utente per migliorarne le condizioni  fisiche
e mentali, all'interno delle strutture sanitarie,  socio-sanitarie  e
socio-assistenziali,  applicando  i  principi  e  le  tecniche  della
clownterapia». 
    L'art. 2, al comma l, prevede che «[p]er il  conseguimento  delle
finalita' di cui  all'articolo  l,  la  Regione  Puglia  promuove  la
formazione professionale del  personale  delle  strutture  sanitarie,
socio-sanitarie e delle associazioni di volontariato e di  promozione
sociale  e  delle   cooperative   che   operano   nell'ambito   della
clownterapia».  Il   comma   2   stabilisce   che   «[l]a   qualifica
professionale del clown di corsia e' riconosciuta al  termine  di  un
percorso formativo che deve svolgersi  nel  rispetto  degli  standard
formativi specifici, individuati dal regolamento di cui  all'articolo
3». Il successivo comma 3 prevede che «[i] corsi di  formazione  sono
organizzati dalle associazioni  di  cui  al  comma  l,  iscritte  nel
registro regionale delle associazioni di  volontariato  di  cui  alla
legge regionale 16 marzo 1994, n. 11 (Norme di attuazione della legge
quadro sul volontariato), secondo le modalita' e i criteri  stabiliti
dal regolamento di cui all'articolo 3». 
    L'art. 3 dispone che, «[e]ntro  sessanta  giorni  dalla  data  di
entrata in vigore della presente  legge,  la  Giunta  regionale,  con
apposito regolamento da adottarsi ai sensi dell'articolo 44, comma 2,
dello Statuto regionale,  definisce  i  criteri  e  le  modalita'  di
svolgimento dei corsi previsti dalla  presente  legge»,  tra  cui  le
materie oggetto  del  percorso  formativo,  la  durata  e  il  numero
complessivo delle ore dei corsi, suddivise in ore di studio e ore  di
tirocinio,  i  requisiti  per  l'accesso  ai   corsi,   i   requisiti
professionali dei membri della commissione incaricata  di  effettuare
la valutazione della prova finale, le modalita' per il riconoscimento
dei crediti formativi e  lavorativi  per  coloro  che  gia'  svolgono
l'attivita' di clownterapia presso strutture  o  enti  alla  data  di
entrata in vigore della legge stessa. 
    L'art. 5, infine, nel  prevedere  l'istituzione  da  parte  della
Regione Puglia di un registro regionale a cui possono  iscriversi  «i
soggetti che ai sensi della  presente  legge  svolgono  attivita'  di
clownterapia» ovvero enti, fondazioni, onlus e  cooperative  sociali,
le cui finalita' statutarie prevedono  l'espletamento  dell'attivita'
di clownterapia, stabilisce che a tale  fine  la  predetta  attivita'
«deve essere svolta da almeno tre anni secondo le disposizioni  della
presente legge e dei regolamenti adottati».  Inoltre,  l'articolo  in
esame  dispone  che  «[l]e  strutture  sanitarie,  socio-sanitarie  e
socio-assistenziali che vogliono implementare i servizi  offerti  con
la  clownterapia,  attingono  dal  registro  previsto  dal   presente
articolo». 
    1.2.- Secondo il ricorrente, le riferite disposizioni e  l'intera
legge  reg.  Puglia  n.  68  del  2017,  avente  contenuto  normativo
omogeneo, nell'individuare e disciplinare la figura professionale del
clown di corsia, della quale definiscono  il  percorso  formativo,  e
prevedendo, altresi', l'istituzione di un apposito registro regionale
per i soggetti che svolgono l'attivita' di  clownterapia,  ledono  la
competenza statale in materia di «professioni», essendo riservata  al
legislatore nazionale l'individuazione delle figure professionali con
i relativi profili e titoli abilitanti. 
    2.- Le questioni sono fondate. 
    2.1.- La legge reg. Puglia n. 60 del 2017  costituisce  il  primo
intervento normativo in Italia nel campo della clownterapia, definita
come  terapia  del  sorriso  e  costituente  una  applicazione  della
gelotologia o scienza del sorriso. 
    La normativa censurata si compone di otto articoli. 
    Oltre ai  citati  artt.  1,  2,  3  e  5,  oggetto  di  specifica
impugnazione da parte del ricorrente, la  legge  regionale  in  esame
contempla:  l'art.  4  (Progetti  di   clownterapia),   che   dispone
l'emanazione di un bando  di  adesione  per  promuovere  progetti  di
clownterapia presso le strutture sanitarie  e  socio-sanitarie  della
Regione; l'art. 6 (Clausola  valutativa),  che  stabilisce  l'obbligo
annuale per la Giunta regionale di riferire al  Consiglio  in  merito
alla realizzazione degli interventi previsti dalla  legge;  l'art.  7
(Disposizioni finanziarie), che individua la dotazione per finanziare
i progetti di clownterapia di cui  all'art.  4  e  la  copertura  dei
relativi oneri; ed infine l'art. 8, che fissa la data di  entrata  in
vigore della legge. 
    2.2.- Rileva questa Corte che,  nel  complessivo  contesto  della
legge reg. Puglia n. 60 del 2017, gli artt. 1, 2,  3  e  5  rivestono
carattere  essenziale,  costituendo  la  stessa  ragione  ispiratrice
dell'intervento legislativo. 
    Difatti,    il    legislatore    regionale,    nel     promuovere
complessivamente la clownterapia  «quale  trattamento  a  supporto  e
integrazione  delle  cure  cliniche  terapeutiche,  con   particolare
riferimento  alle  strutture  sanitarie,  nonche'  a  supporto  degli
interventi nelle  strutture  socio-sanitarie  e  socio-assistenziali»
(art. 1), attribuisce specifico  rilievo  alla  individuazione  della
figura professionale del clown di corsia.  Quest'ultima  e'  definita
quale «figura che, utilizzando  specifiche  competenze  acquisite  in
varie discipline, analizza i bisogni dell'utente per  migliorarne  le
condizioni fisiche e mentali, all'interno delle strutture  sanitarie,
socio-sanitarie e socio-assistenziali, applicando  i  principi  e  le
tecniche della clownterapia» (art. 1, comma 2, lettera b). 
    A sua volta, l'art. 2 prevede che la qualifica professionale  del
clown di corsia e' riconosciuta al termine di uno specifico  percorso
professionale definito dal regolamento previsto dall'art. 3,  la  cui
emanazione e' demandata alla Giunta regionale ed avente il  contenuto
sopra ricordato al punto 1.1. 
    Infine, con l'istituzione del registro previsto dall'art.  5,  il
legislatore regionale mira a subordinare l'esercizio delle  attivita'
di clownterapia nel territorio regionale al rispetto dei requisiti  e
delle condizioni fissati dalla legge medesima. 
    3.- Questa Corte ha  ripetutamente  affermato  che  «la  potesta'
legislativa regionale nella materia concorrente  delle  "professioni"
deve rispettare  il  principio  secondo  cui  l'individuazione  delle
figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti,  e'
riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato,
rientrando nella competenza delle Regioni  la  disciplina  di  quegli
aspetti che presentano uno  specifico  collegamento  con  la  realta'
regionale; tale principio, al di la' della particolare attuazione  ad
opera dei singoli precetti  normativi,  si  configura  infatti  quale
limite di ordine generale, invalicabile  dalla  legge  regionale,  da
cio' derivando che non e' nei poteri delle Regioni dar vita  a  nuove
figure professionali » (sentenza n. 147 del 2018, con  richiamo  alla
sentenza n. 98 del 2013). 
    Con numerose decisioni e' stato poi precisato che «tra gli indici
sintomatici della istituzione di una nuova professione» vi e' «quello
della previsione di appositi  elenchi,  disciplinati  dalla  Regione,
connessi allo svolgimento della attivita' che la  legge  regolamenta,
giacche' "l'istituzione di un registro professionale e la  previsione
delle condizioni per la iscrizione in esso hanno, gia'  di  per  se',
una  funzione  individuatrice  della   professione,   preclusa   alla
competenza regionale" (sentenze n. 93 del 2008, n. 300 e 57 del  2007
e n.  355  del  2005),  prescindendosi  dalla  circostanza  che  tale
iscrizione si caratterizzi o meno per essere necessaria ai fini dello
svolgimento della attivita' cui l'elenco fa riferimento (sentenza  n.
300 del 2007)» (sentenza n. 98 del 2013; nello stesso senso, sentenza
n. 217 del 2015). 
    3.1.- Questa Corte ha,  altresi',  delineato  gli  ambiti  propri
delle materie «professioni» e «formazione professionale», la prima di
competenza  concorrente,  la  seconda  ascrivibile  alla   competenza
legislativa residuale delle Regioni (ex plurimis, sentenze n. 108 del
2012, n. 77 del 2011, n. 132 del 2010, n. 139 del  2009,  n.  93  del
2008, n. 459 e n. 319 del 2005, n. 353 del 2003). 
    In particolare,  ha  precisato  che  «il  nucleo  della  potesta'
statale "si colloca nella fase genetica di  individuazione  normativa
della  professione:  all'esito  di  essa  una  particolare  attivita'
lavorativa assume un tratto che la distingue da ogni altra e la rende
oggetto di una  posizione  qualificata  nell'ambito  dell'ordinamento
giuridico, di cui si rende  espressione,  con  funzione  costitutiva,
l'albo" (sentenza n. 230 del 2011). Ove, pertanto, la legge definisca
i  tratti  costitutivi  peculiari  di   una   particolare   attivita'
professionale e le modalita' di accesso ad  essa,  in  difetto  delle
quali ne e' precluso l'esercizio,  l'intervento  legislativo  non  si
colloca nell'ambito materiale  della  formazione  professionale,  ma,
semmai, lo precede (sentenze n. 300 del 2007 e n. 449 del 2006).  Una
volta, invece, che la legge statale abbia dato  vita  ad  un'autonoma
figura professionale "non si spiega  per  quale  motivo  le  Regioni,
dotate di potesta' primaria in materia di  formazione  professionale,
non possano regolare corsi di formazione  relativi  alle  professioni
(...) gia'  istituite  dallo  Stato"  (sentenza  n.  271  del  2009)»
(sentenza n. 108 del 2012). 
    4.- Alla luce di tale costante giurisprudenza, non puo' dubitarsi
che la legge impugnata individui e definisca la professione in  esame
(il clown di corsia), sicche' la relativa attivita' lavorativa assume
le  connotazioni  distintive  peculiari  che  la   configurano   come
posizione  qualificata  nell'ambito  dell'ordinamento  giuridico  (ex
plurimis, la gia' richiamata sentenza n. 108 del 2012). 
    Ne consegue  che  l'intervento  legislativo  censurato  non  puo'
ritenersi  espressione  della  competenza  regionale  in  materia  di
«formazione professionale», in quanto questa si riferisce alle figure
professionali  definite  dal  legislatore  statale,  delle  quali  la
Regione, nell'esercizio della predetta competenza,  puo'  regolare  i
corsi di formazione. 
    4.1.- Per tali ragioni, la legge reg. Puglia n. 60 del 2017  lede
i  principi  fondamentali  in  materia  di  «professioni»,  ai  sensi
dell'art. 117, terzo comma, Cost., come  declinati  dall'art.  1  del
decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione dei principi
fondamentali in materia di  professioni,  ai  sensi  dell'articolo  l
della legge 5 giugno 2003, n. 131). 
    4.2.- Del resto, la comprensibile esigenza di  assicurare  che  i
soggetti che svolgono in via volontaria attivita' di clownterapia  e,
nello specifico, di clown di corsia, abbiano competenze  adeguate  ai
delicati ambiti socio-sanitari in cui essa si  espleta,  puo'  essere
soddisfatta attraverso la previsione di appositi corsi di  formazione
condizionanti l'accesso ai peculiari contesti di operativita'. 
    4.3.- Qualora invece si ritenga necessaria l'istituzione  di  una
specifica professione  in  riferimento  all'attivita'  del  clown  di
corsia, riconducibile all'ambito sanitario, la normativa statale gia'
prevede un particolare procedimento, che contempla il  coinvolgimento
delle stesse  Regioni,  per  individuare  e  istituire  nuove  figure
professionali. 
    L'art.  5,  comma  2,  della  legge  1°  febbraio  2006,  n.   43
(Disposizioni in materia di professioni  sanitarie  infermieristiche,
ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie  e  della  prevenzione  e
delega   al   Governo   per   l'istituzione   dei   relativi   ordini
professionali), come sostituito dall'art. 6, comma 1, della legge  11
gennaio 2018, n. 3 (Delega al Governo in materia  di  sperimentazione
clinica di medicinali nonche'  disposizioni  per  il  riordino  delle
professioni sanitarie e per  la  dirigenza  sanitaria  del  Ministero
della  salute),  prevede,  difatti,  che  «[l']istituzione  di  nuove
professioni  sanitarie  e'  effettuata,  nel  rispetto  dei  principi
fondamentali  stabiliti   dalla   presente   legge,   previo   parere
tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanita', mediante  uno
o piu' accordi, sanciti  in  sede  di  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano, ai sensi  dell'articolo  4  del  decreto  legislativo  28
agosto 1997, n. 281, e recepiti  con  decreti  del  Presidente  della
Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri». 
    4.4.- Gli artt. 1, 2, 3 e 5 della legge reg.  Puglia  n.  60  del
2017, impugnati «in particolare» dal ricorrente, nel riguardare,  per
quanto  gia'  evidenziato,   il   nucleo   centrale   ed   essenziale
dell'intervento  legislativo  regionale,   sicche'   la   riscontrata
illegittimita'  costituzionale  di  essi  coinvolge  l'intera  legge,
comportandone, percio', la  integrale  caducazione,  ai  sensi  della
giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 81 del 2018,
n. 14 del 2017 e n. 201 del 2008). Difatti, gli artt. 4, 6, 7 e 8 non
assumono autonoma rilevanza e  significativita',  svolgendo  funzioni
meramente  accessorie  o,  comunque,  complementari  alla   normativa
principale contenuta negli artt. 1, 2, 3 e 5. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  della   legge   della
Regione Puglia 20 dicembre 2017, n. 60 (Disposizioni  in  materia  di
clownterapia). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA