N. 80 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 novembre 2018
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 novembre 2018 (della Regione Siciliana). Bilancio e contabilita' pubblica - Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese - Differimento all'anno 2020 delle convenzioni finanziate con i bandi finalizzati alla riqualificazione urbana e alla sicurezza delle periferie e rimodulazione, da parte delle amministrazioni competenti, degli impegni di spesa e dei relativi pagamenti - Destinazione dei risparmi di spesa ad apposito fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze da utilizzare per favorire gli investimenti delle Citta' metropolitane, delle Province e dei Comuni da realizzare attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli anni precedenti. - Decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, nella legge 21 settembre 2018, n 108, art. 13, commi 02, 03 e 04.(GU n.1 del 2-1-2019 )
Ricorso della Regione Siciliana, in persona del Presidente pro
tempore Sebastiano Musumeci, rappresentato e difeso, sia
congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del
presente atto, dagli avvocati Maria Carmela Mineo (PEC:
mariacarmelamineo@pec.it) e Marina Valli (PEC: marina.valli@pec.it)
dell'Ufficio legislativo e legale della Presidenza della Regione
Siciliana (fax 091 - 6254244), elettivamente domiciliato presso la
sede dell'Ufficio della Regione Siciliana in Roma, via Marghera n.
36, ed autorizzato a proporre ricorso con deliberazioni della Giunta
regionale che si allegano,
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi; piazza Colonna n.
370 presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, e
difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici e'
elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per la
dichiarazione illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 02,
03 e 04 del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, come convertito in
legge 21 settembre 2018, n. 108, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana S.G. del 21 settembre 2018, n. 220.
Fatto
Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 21
settembre 2018, n. 220, e' stata pubblicata la legge 21 settembre
2018, n. 108, di conversione con modificazioni, del decreto-legge 25
luglio 2018, n. 91, recante «Proroga di termini previsti da
disposizioni legislative», c.d. «Milleproroghe».
L'art. 13 del suddetto decreto-legge n. 91/2018, rubricato
«Proroga di termini in materia di finanziamento degli investimenti e
di sviluppo infrastrutturale del Paese», quale risulta convertito,
comprende commi 02, 03 e 04 che di seguito si riportano.
«02. L'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto
disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 29 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148
del 27 giugno 2017, nonche' delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo
2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'art. 1, comma
141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e' differita all'anno
2020.
Conseguentemente, le amministrazioni competenti provvedono, ferma
rimanendo la dotazione complessiva loro assegnata, a rimodulare i
relativi impegni di spesa e i connessi pagamenti a valere sul Fondo
per lo sviluppo e la coesione.
03. Gli effetti positivi sul fabbisogno e sull'indebitamento
netto derivanti dal comma 02, quantificati in 140 milioni di euro per
l'anno 2018, 320 milioni di euro per l'anno 2019, 350 milioni di euro
per l'anno 2020 e 220 milioni di euro per l'anno 2021, sono destinati
al fondo di cui al comma 04.
04. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze e' istituito, con una dotazione, in termini di sola cassa,
pari a 140 milioni di euro per l'anno 2018, a 320 milioni di euro per
l'anno 2019, a 350 milioni di euro per l'anno 2020 e a 220 milioni di
euro per l'anno 2021, un apposito fondo da utilizzare per favorire
gli investimenti delle citta' metropolitane, delle province e dei
comuni da realizzare attraverso l'utilizzo dei risultati di
amministrazione degli esercizi precedenti».
Tali disposizioni riguardano aspetti della disciplina del
Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana
e la sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane dei comuni
capoluogo di provincia (c.d. Piano periferie).
Riportandosi alla ricostruzione operatane nella deliberazione
della Corte dei Conti, Sezioni Riunite in sede consultiva 27
settembre 2018, n. 7, il quadro normativo sul quale le disposizioni
oggi impugnate vanno ad incidere risulta il seguente.
La legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilita' 2016),
all'art. 1, commi 974, 975, 976, 977 e 978 ha istituito, per l'anno
2016, il Piano periferie.
Per l'anno 2016, per attuare dette disposizioni, sono stati
stanziati 500 milioni di euro su un apposito fondo, denominato Fondo
per l'attuazione del programma periferie, da trasferire al bilancio
autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Ai fini della predisposizione di tale Programma, gli enti
interessati hanno trasmesso i progetti alla Presidenza del Consiglio
dei ministri, secondo le modalita' e le procedure stabilite dal
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 maggio 2016 e
dal relativo bando.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6
dicembre 2016 e' stata approvata la graduatoria dei progetti (n. 120)
per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle
citta' metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia. Il valore
finanziario complessivo dei progetti ammonta a 3.881.000.000 euro. La
quota complessiva da imputare al finanziamento statale corrisponde a
un valore di 2.061.321.739,61 euro.
Con lo stesso decreto si e' stabilito che i primi 24 progetti
sono finanziati con le risorse di cui all'art. 1, comma 978 (500
milioni), dunque sul Fondo per l'attuazione del programma periferie,
mentre i restanti con le risorse messe successivamente a
disposizione.
Il finanziamento e' effettuato in diverse tranche, come precisato
da ultimo con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16
febbraio 2017, prevedendosi una quota di finanziamento anticipato del
20% dell'importo del singolo intervento di cui si compone il
progetto.
Per i primi 24 enti - tra i quali il Comune di Messina - le
convenzioni sono state sottoscritte nel mese di marzo 2017 e
successivamente registrate dalla Corte dei Conti.
Per assicurare il finanziamento dei restanti enti (n. 96 tra
comuni capoluogo di provincia e citta' metropolitane) si e' poi
proceduto a rifinanziare le risorse stanziate dalla legge di
stabilita' 2016, ai sensi dei commi 140 e 141 dell'art. 1 della legge
11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017).
Il citato comma 140 ha istituito un nuovo fondo da ripartire,
Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo
infrastrutturale del Paese, con una dotazione di 1.900 milioni di
euro per Panno 2017, di 3.150 milioni di euro per l'anno 2018, di
3.500 milioni di euro per l'anno 2019 e di 3.000 milioni di euro Per
ciascuno degli anni dal 2020 al 2032. Ivi sono stati individuati i
settori di spesa, fra i quali la riqualificazione delle periferie,
rinviando a un emanando decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri la disciplina sull'utilizzo del fondo, nonche'
l'individuazione degli interventi e dei relativi importi.
Il comma 141 prevede che, in aggiunta alle risorse assegnate in
sede di riparto del fondo di cui al comma 140, con delibera del
Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE),
vengano destinati ulteriori finanziamenti, a valere sulle risorse
disponibili del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il
periodo di programmazione 2014-2020, al fine di garantire il completo
finanziamento dei progetti selezionati nell'ambito del Programma
straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la
sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane e dei comuni
capoluogo di provincia, di cui all'articolo 1, commi da 974 a 978,
della legge n. 208 del 2015.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio
2017, ai sensi dell'art. 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016,
sono stati assegnati al programma periferie 800 milioni di euro: 270
per 2017, 270 per 2018 e 260 per 2019, a valere sul Fondo per il
finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale. Si
prevede che le stesse risorse siano poi portate nel Fondo per lo
sviluppo e la coesione e siano gestite secondo le procedure di cui
all'art. 1, comma 703, della legge n. 190 del 2014.
Ai Sensi dell'art. 1, comma 141, della citata norma, con delibere
del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, e' stato
assegnato l'importo residuo di 761,32 milioni di euro a valere sul
Fondo per lo sviluppo e la coesione relativo al periodo di
programmazione 2014-2020. Per la precisione: 260 milioni di euro per
il 2017, 247,00 milioni di euro per il 2018 e 254,32 milioni di euro
per il 2019.
Essendosi cosi reso disponibile l'intero ammontare delle risorse
necessarie per il Piano periferie (pari a 2.061,3 milioni), nel mese
di gennaio 2018 sono state sottoscritte tutte le restanti
convenzioni, ad esclusione di quella con il Comune di L'Aquila.
A seguito della registrazione presso la Corte dei conti delle
convenzioni, i suddetti enti hanno avviato le operazioni di
affidamento delle gare di progettazione e/o di esecuzione dei lavori.
Il fondo di cui all'art. 1, comma 140, e' stato oggetto del
rifinanziamento disposto con l'art. 1, comma 1072, della legge di
bilancio 2018, per cui il fondo da ripartire di cui all'art. 1, comma
140, della legge n. 232 del 2016, risulta rifinanziato per 800
milioni di curo per l'anno 2018, per 1.615 milioni di euro per l'anno
2019, per 2.180 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al
2023, per 2.480 milioni di curo per l'anno 2024 e per 2.500 milioni
di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2033.
Le risorse trasferite alla data della citata deliberazione della
Corte dei Conti, per il Piano periferie, sono solo quelle a titolo di
anticipazione a valere sulle risorse di cui all'art. 1, comma 978,
della legge n. 208 del 2015 (500 milioni di euro) per totali 81
milioni, ai primi 24 Comuni, in esito alle attivita' di verifica e
monitoraggio, ai sensi delle convenzioni, sulla base degli
avanzamenti dei progetti.
Intervenendo su tale quadro normativo e di attuazione
amministrativa del medesimo, le norme del decreto-legge
«Milleproroghe» prevedono il differimento dell'efficacia delle
convenzioni riguardanti quegli interventi del Piano periferie
finanziati con il Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo
sviluppo infrastrutturale del Paese e con il Fondo sviluppo e
coesione di cui, rispettivamente, ai commi 140 e 141 dell'articolo 1
della legge di stabilita' per il 2017 e impongono alle
amministrazioni locali coinvolte di rimodulare i relativi impegni di
spesa e i connessi pagamenti.
Sempre seguendo la Corte dei Conti, e' da evidenziare che tale
obbligo di rimodulazione e' tanto piu' pregnante considerato che da
esso dipendono gli effetti positivi sui saldi derivanti dalla
sospensione dell'efficacia delle convenzioni, come calcolati dalla
stessa legge.
La norma, trattandosi di spese in conto capitale, prevede effetti
positivi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto derivanti dal
differimento di efficacia delle convenzioni, quantificati in un
totale di circa 1030 milioni corrispondenti agli stanziamenti
autorizzati, di competenza e di cassa, per gli anni 2018 e 2019, dal
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 (270
milioni per il 2018 e 260 per il 2019) e dalle delibere CIPE (247 per
il 2018 e 254 per il 2019).
Tale calcolo presuppone che nessuna di queste somme sia stata o
venga trasferita agli enti locali. Si tratta, in effetti, della
totalita' delle somme stanziate, per competenza, con riferimento alle
due annualita' per le quali l'efficacia delle convenzioni e' sospesa.
Da cio' consegue anche che non vi e' alcuna possibilita' di
effettuare erogazioni, in corso di anno, in favore di enti locali i
cui progetti risultino, alla data del 15 settembre 2018,
effettivamente in esecuzione o conclusi, relativamente alle risorse
rispetto alle quali sono stati calcolati gli effetti positivi sul
fabbisogno e sull'indebitamento netto e corrispondenti agli
stanziamenti di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 29 maggio 2017 e alle delibere CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e
n. 72 del 7 agosto 2017, riferiti agli anni 2018 e 2019.
Inoltre, anche con riferimento alle somme stanziate, per le
medesime finalita', per gli esercizi precedenti e confluite nei
residui del Fondo sviluppo e coesione, appare problematico che si
possa procedere all'accertamento dei presupposti per i pagamenti,
secondo gli avanzamenti stabiliti dai decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri citati in costanza di una sospensione di
efficacia delle convenzioni.
Si rappresenta che, per quanto riguarda la Sicilia, le
disposizioni oggi all'esame di codesta ecc.ma Corte costituzionale
producono effetti nei confronti di undici enti locali, i quali nella
graduatoria dei 120 progetti per la riqualificazione urbana e la
sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane e dei comuni
capoluogo di provincia figurano come di seguito si riporta:
Parte di provvedimento in formato grafico
Considerato che le Regioni sono legittimate a denunciare la legge
statale anche a difesa delle attribuzioni dei propri enti locali
(cfr. Corte Cost. sent. n. 298 del 2009 e precedenti ivi citati),
ritenendo le suindicate disposizioni illegittime, si affida il
ricorso ai seguenti motivi di
Diritto
1) Violazione degli articoli 114 e 119 della Costituzione.
Le norme oggetto della presente impugnativa non intervengono su
un ordinario fondo di finanziamento di spesa previsto dalla legge e
diretto agli Enti locali, eventualmente revocabile o modificabile con
altra norma, ma su un programma in fase di esecuzione per differire
l'efficacia di convenzioni stipulate al fine di realizzare progetti
individuati in esito a procedura competitiva.
Tali convenzioni o accordi di programma definiscono i soggetti
partecipanti alla realizzazione dei progetti, le risorse finanziarie
e i tempi di attuazione dei progetti medesimi, nonche' i criteri per
la sospensione ed eventuale revoca dei finanziamenti in caso di
inerzia.
A decorrere dalla data di registrazione da parte della Corte dei
Conti (gennaio/marzo 2018) i Comuni, facendo legittimo affidamento
sulla piena ed effettiva titolarita' del finanziamento e sulla piena
efficacia degli obblighi convenzionali, nel rispetto delle
disposizioni in materia di programmazione economico - finanziaria,
hanno inserito nelle programmazioni triennali delle opere pubbliche
tali investimenti e nei bilanci di previsione triennali le relative
previsioni di spesa. Conseguentemente, hanno avviato l'iter
amministrativo per l'implementazione dei progetti (definizione delle
procedure ad evidenza pubblica per la predisposizione dei progetti
definitivi/esecutivi, definizione dei bandi gara per i lavori da
realizzare e, in alcuni casi, realizzazione dei relativi lavori). I
Comuni e le Citta' Metropolitane hanno quindi in ottemperanza agli
obblighi convenzionali sostenuto, a decorrere dalla data di efficacia
delle convenzioni, spese ed oneri amministrativi e gestionali
estremamente consistenti, assumendo impegni in bilancio e specifici
obblighi contrattuali verso terzi.
Il suddetto slittamento puo' creare un pesantissimo danno
economico e sociale in tutti i settori coinvolti, in quanto mette in
serio pericolo la possibilita' di attuazione dell'intero programma,
anche a seguito di possibili fuoriuscite di partner privati, che,
assieme agli enti pubblici, si sono impegnati a garantirne il
cofinanziamento.
Il differimento dell'efficacia di tali convenzioni comporta
quindi un ingiustificabile lesione dell'autonomia finanziaria degli
enti locali impegnati in tali progetti, autonomia loro riconosciuta
dall'art. 119 della Costituzione, in quanto lo Stato intervenendo, in
modo unilaterale, autoritativo e rigido, sull'attivita' che gli enti
locali stanno ponendo in essere per la realizzazione dei progetti
viene ad incidere sull'equilibrio finanziario degli enti medesimi.
Codesto Giudice delle leggi anche da ultimo ha avuto occasione di
rimarcare che «nell'ambito delle spese di natura pluriennale e, in
particolare, degli investimenti, il principio della copertura
consiste nell'assoluto equilibrio tra risorse e spese, sia in fase
previsionale che durante l'intero arco di realizzazione degli
interventi» cosicche' «la sottrazione ex lege di parte delle risorse
attuative di programmi gia' perfezionati negli esercizi precedenti
finisce per ledere anche l'autonomia dell'ente territoriale che vi e'
sottoposto» nella misura in cui non consente di finanziare
adeguatamente le funzioni (Corte Cost. nn. 10/2016 e 101/2018).
La circostanza che agli enti locali siciliani vengano a mancare
risorse cospicue si ricava dai sopra trascritti importi dei
finanziamenti congelati e dei relativi cofinanziamenti mentre per le
criticita' derivanti da tale inaspettata carenza basti pensare alla
situazione della finanza locale in Sicilia.
In ragione di tutto quanto sopra evidenziato, il pregiudizio
arrecato in materia finanziaria comporta altresi' subordinazione
degli enti locali rispetto allo Stato, in contrasto con l'art. 114
Cost. Pertanto si denuncia insieme che le norme sottoposte all'esame
di codesta ecc.ma Corte costituzionale sono lesive del principio di
pari dignita' costituzionale fra i soggetti costitutivi della
Repubblica ed il riconoscimento della piena autonomia politica degli
enti territoriali, nel perseguimento degli interessi generali di cui
sono portatori nello svolgimento della funzione di rappresentanza
della propria comunita', cosi' come sancito dall'art. 114, primo e
secondo comma, della Costituzione.
Dopo la riforma del titolo V, infatti, il riconoscimento
costituzionale della equiordinazione dei diversi enti che
costituiscono la Repubblica e l'affermazione della pari dignita' fra
le articolazioni territoriali del potere pubblico assurgono a criteri
regolativi generali del nostro ordinamento; essi recano in se' ed
implicano, pertanto, l'applicazione costante ed indefettibile della
regola della leale collaborazione. In piu' occasioni il giudice
costituzionale ha ribadito esplicitamente che nel nuovo quadro
costituzionale la cooperazione istituzionale costituisce la
condizione basilare per il corretto funzionamento del nostro assetto
istituzionale, caratterizzato dalla complessita' e dalla
molteplicita' dei soggetti che lo compongono.
Ne', per giustificare il blocco dell'operativita' del Piano
Periferie, avrebbe pregio invocare la sentenza n. 74 del 13 aprile
2018.
Al riguardo basti considerare da un lato che la stessa norma,
prevedendo il differimento dell'efficacia delle convenzioni,
presuppone la persistente legittimita' delle stesse, anche dopo la
sentenza della Corte costituzionale e, dall'altro, che nel medesimo
art. 13 del decreto-legge n. 98/2018 la legge di conversione ha
inserito anche il comma 01, secondo cui per gli interventi rientranti
nelle materie a competenza regionale, individuati con decreti
adottati anteriormente alla data del 18 aprile 2018, l'intesa puo'
essere raggiunta anche successivamente all'adozione degli stessi.
Sembra quindi a questa Regione che le norme impugnate, che
contraddicono l'intento perseguito dal comma 01, nulla abbiano a che
fare con l'assolvimento dell'obbligo derivante dalla sentenza di
codesta ecc.ma Corte costituzionale.
2) Violazione dell'art. 81 della Costituzione recante i principi
dell'equilibrio di bilancio e di copertura finanziaria delle leggi,
che rivestono un ruolo fondamentale a garanzia della compatibilita'
delle scelte politiche rispetto alle risorse a disposizione. La
sospensione, in corso d'esercizio finanziario, dell'efficacia delle
convenzioni determina infatti una improvvisa e del tutto
imprevedibile mancanza di copertura finanziaria delle obbligazioni
gia' assunte comportando inevitabilmente a carico dei Comuni
l'insorgere di spese non coperte da relativa entrata.
Danni ulteriori possono poi derivare dalla necessita' di
modificare il bilancio pluriennale con l'emersione di un nuovo debito
causato dal blocco del finanziamento, che puo' alterare il saldo di
pareggio di bilancio e gli stessi equilibri di parte corrente, con un
aumento del debito e degli oneri finanziari a carico dell'ente
locale. Cio' in quanto il finanziamento in acconto 2018 a valere sul
Programma straordinario per le periferie concorre gia' al saldo 2018,
a fronte di impegni assunti nei confronti di terzi che in molti casi
non possono essere sospesi.
Gli Enti potrebbero trovarsi nell'impossibilita' di rispettare i
tempi di pagamento obbligatori di cui al decreto legislativo n.
231/2002 e successive modifiche, la cui sanzione e' l'automatica
corresponsione di interessi moratori.
E viene percio' in rilievo che codesta ecc.ma Corte ha sempre
affermato che copertura economica delle, spese ed equilibrio del
bilancio sono due facce della stessa medaglia, dal momento che
l'equilibrio presuppone che ogni intervento programmato sia sorretto
dalla previa individuazione delle pertinenti risorse, e che la forza
espansiva dell'art. 81, terzo comma, Cost., presidio degli equilibri
di finanza pubblica, si sostanzia in una vera e propria clausola
generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi causa di
effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile (cfr.
sentenza n. 274/2017 e giurisprudenza ivi richiamata).
3) Violazione degli articoli 3 e 97 Cost.
Le norme censurate violano altresi' il principio di buon
andamento della pubblica amministrazione inteso quale ordinato,
uniforme e prevedibile svolgimento dell'azione amministrativa,
secondo principi di legalita' e di buona amministrazione. Piu' volte
il giudice costituzionale ha avuto modo di ribadire che il principio
di continuita' dell'azione amministrativa e' strettamente correlato a
quello di buon andamento; le norme censurate, sospendendo l'efficacia
di atti pienamente esplicativi di effetti giuridici potenziali,
nonche' gia' dispiegati e consolidati, violano il generale e
preminente interesse pubblico alla certezza ed alla stabilita' dei
rapporti giuridici gia' definiti dall'amministrazione (sul principio
di continuita' dell'azione amministrativa e buon andamento, cfr.
sent. n. 15/2017).
Da evidenziare inoltre che la disposizione costituzionale
prevede, dopo la riforma, che per tutte le pubbliche amministrazioni
l'equilibrio dei rispettivi bilanci sia prodromico al buon andamento
e all'imparzialita' dell'azione amministrativa.
Le norme in oggetto, inoltre, vanificando di fatto il complesso
processo amministrativo ed organizzativo posto in essere dagli enti
attuatori del Programma straordinario di intervento per la
riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle citta'
metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, ledono altresi' il
principio di economicita' dell'azione amministrativa, inteso quale
corollario del buon andamento della pubblica amministrazione. Cio' si
traduce, inevitabilmente, in una indebita compressione dell'autonomia
di programmazione e di spesa riconosciuta agli enti locali quali
soggetti autonomi costitutivi della Repubblica.
Le norme censurate violano, altresi', i principi di
proporzionalita' e di ragionevolezza che devono sempre assistere le
scelte del legislatore, anche con riferimento al legittimo
affidamento maturato dai comuni firmatari delle convenzioni. Esse,
infatti, prevedendo un blocco indiscriminato dell'efficacia dei
contratti per destinare i conseguenti effetti positivi sul fabbisogno
e sull'indebitamento netto al fondo finalizzato a «favorire gli
investimenti delle Citta' metropolitane, delle Province e dei Comuni
da realizzare attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione
degli esercizi precedenti», realizzano una impropria commistione tra
risorse statali gia' stanziate e messe a disposizione dei Comuni per
autonome politiche di investimento e sviluppo del Paese e la
prospettiva dell'abbandono del saldo di competenza e di qualsiasi
altro vincolo diretto sull'utilizzo degli avanzi degli enti
territoriali, che, come riconosciuto dalla stessa Corte
costituzionale con sentenze n. 247/2017 e n. 101 del 2018,
costituiscono risorse proprie degli enti territoriali. Lo sblocco
degli avanzi interessa una platea di Comuni ampia e disomogenea non
necessariamente coincidente con la platea degli Enti attuatori del
Programma; pertanto la norma, in modo del tutto arbitrario ed
irragionevole, applica restrizioni uguali a situazioni che possono
essere oggettivamente diverse, a seconda della situazione finanziaria
dei diversi enti interessati.
Inoltre, tale intervento, come detto, si pone in contrasto con il
doveroso rispetto del principio del legittimo affidamento.
In particolare, la giurisprudenza della Corte ha chiarito che «il
valore dell'affidamento trova copertura costituzionale nell'art. 3
Cost.» e che eventuali disposizioni incidenti su rapporti costituiti
non possono trasmodare in un regolamento irrazionale, frustrando
l'affidamento dei cittadini nella sicurezza dei rapporti giuridici
(Corte Cost. n. 149/2017).
Pertanto, a fronte di posizioni giuridico - soggettive
adeguatamente consolidate, come sono certamente quelle di che
trattasi, in quanto obblighi giuridici nascenti da convenzioni di
diritto pubblico con efficacia e forza contrattuale, e' possibile
prospettare la lesione del principio del legittimo affidamento in
virtu' di un intervento legislativo non supportato da
proporzionalita'.
Inoltre le norme censurate risultano intrinsecamente
irragionevoli anche alla luce dell'assenza di una norma chiara che
regoli gli effetti gia' prodotti in particolare nei confronti dei
terzi.
Ne' e' da sottacere la circostanza che la certezza del
finanziamento in oggetto puo' aver indotto i Comuni e le Citta'
metropolitane, nella loro piena autonomia decisionale ed
organizzativa, a rinunciare ad altro finanziamento pubblico, anche
comunitario. Lo stesso legislatore, tra l'altro, ha escluso i Comuni
beneficiari delle risorse di cui al Programma straordinario per le
periferie dalla possibilita' di partecipare alla ripartizione del
fondo per gli investimenti in sicurezza e manutenzione del territorio
di cui all'art. 1 comma 853 e segg. della legge di bilancio 2018
(complessivamente pari a 850 milioni di euro nel triennio 2018-2020).
4) Violazione degli articoli 14, lett. o) e 15 dello Statuto
speciale.
Le disposizioni di cui ai commi 02, 03 e 04 dell'art. 13 del
decreto-legge «Milleproroghe» si sospettano anche di illegittimita'
costituzionale con riferimento alle norme dello Statuto recanti la
competenza regionale in materia di enti locali.
Invero, come gia' rappresentato, «le Regioni sono legittimate a
denunciare la legge statale anche per la lesione delle attribuzioni
degli enti locali, indipendentemente dalla prospettazione della
violazione della competenza legislativa regionale» (sent. 298/09) e
cio' considerato che «la stretta connessione, in particolare [...] in
tema di finanza regionale e locale, tra le attribuzioni regionali e
quelle delle autonomie locali consente di ritenere che la lesione
delle competenze locali sia potenzialmente idonea a determinare una
vulnerazione delle competenze regionali» (sentenze n. 169 e n. 95 del
2007, n. 417 del 2005 e n. 196 del 2004).
In ogni caso si rammenta che il «principio della correlazione fra
funzioni e risorse» che, come sopra illustrato, le norme impugnate
vengono ad alterare costituisce un principio immanente e pervasivo
del sistema costituzionale, desumibile - per quanto attiene alla
Regione Siciliana - anche dall'art. 15, comma 2, dello Statuto
regionale siciliano (che afferma che nella Regione gli enti locali
sono «dotati della piu' ampia autonomia amministrativa e
finanziaria»); e pertanto le disposizioni censurate si rivelano
comunque in contrasto oltre che con i gia' indicati parametri
costituzionali anche con tale norma statutaria.
Si denuncia infine pure il contrasto in via, per cosi' dire,
mediata, per effetto e in conseguenza della lesione delle competenze
locali, delle prerogative regionali da parte della legge statale. Si
precisa infatti che i pregiudizi che le norme impugnate possono
arrecare ai Comuni e alle citta' metropolitane della Sicilia
finiscono spesso per trasferirsi sulla Regione imponendole in maniera
estemporanea oneri finanziari e amministrativi e cosi' facendole
carico in definitiva di ulteriori competenze che non possono
assegnarsi con legge ordinaria senza violare la potesta' legislativa
esclusiva in materia di enti locali.
P.Q.M. E per quanto si fa riserva di ulteriormente dedurre, si chiede che voglia codesta Ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 02, 03 e 04 del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, come convertito in legge 21 settembre 2018, n. 108, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana S.G. del 21 settembre 2018, n. 220 per violazione degli articoli 114 e 119, 81, 3 e 97 della Costituzione e degli articoli 14, lett. o) e 15 dello Statuto speciale. Si allegano al presente atto: delibere della Giunta regionale di autorizzazione a proporre il presente ricorso; copia deliberazione della Corte dei Conti, Sezioni Riunite in sede consultiva, 27 settembre 2018, n. 7. Palermo-Roma, 27 novembre 2018 Avv. Mineo - Avv. Valli