N. 190 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 ottobre 2018

Ordinanza  del  12  ottobre  2018  del  Tribunale  di   Palermo   nel
procedimento civile promosso da C. G. P. e altri contro D.  D.  F.  e
altri. 
 
Elezioni - Elettorato passivo  -  Norme  della  Regione  Siciliana  -
  Assemblea regionale siciliana  -  Ineleggibilita'  alla  carica  di
  deputato regionale dei dirigenti di enti  non  territoriali,  anche
  senza scopo di lucro, di societa' o imprese private che  godono  di
  contributi da parte della Regione. 
- Legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n.  29  (Elezione  dei
  Deputati dell'Assemblea regionale siciliana), art. 10, comma 1-bis. 
(GU n.3 del 16-1-2019 )
 
                        TRIBUNALE DI PALERMO 
 
    Il Tribunale di Palermo - Prima Sezione Civile, riunito in camera
di consiglio con l'intervento dei giudici: 
        dott.ssa Caterina Grimaldi di Terresena Presidente 
        dott. Giulio Corsini Giudice 
        dott. Riccardo Trombetta Giudice rel. 
    letti gli atti e i documenti di causa, ha pronunciato la seguente
ordinanza nell'ambito dei riuniti procedimenti sommari di  cognizione
iscritti ai nn. 626 e 862 R.G. dell'anno 2018, 
    tra C   G  , nato a      il    ,  e   I     P    ,  nata  a      
il        ,elett.te  dom.ti  in      ,  presso  lo  studio  dell'avv.
Giovanni Immordino, che li rappresenta e difende in uno  agli  avv.ti
Giuseppe lmmordino e Giuseppe Nicastro, il tutto per procura speciale
ad litem stesa a margine del ricorso introduttivo; ricorrenti 
    e R    G , nato a         il           , rappresentato  e  difeso
dagli avvocati Salvatore e Luigi Raimondi e  Antonio  Noto  Sardegna,
presso cui e' pure elettivamente domiciliato  in  Palermo.  alla  via
Gaetano Abela n. 10, giusta procura speciale alle liti offerta in uno
al ricorso; ricorrente 
    nonche' L    G      , nato a       il         ,  rappresentato  e
difeso dall'avv. Natale Bonfiglio, presso cui e'  pure  elettivamente
domiciliato giusta procura in calce alla memoria  per  intervento  ad
adiuvandum depositata il 9.4.2018; interveniente 
    contro D D     F    ,    nato a       il      ,  rappresentato  e
difeso  dagli  avvocati  Mario  Caldarera  e  Antonia  De   Domenico,
elettivamente domiciliato in Palermo, alla via  Domenico  Trentacoste
n. 89/c presso il dott. Emanuele Allatta,  il  tutto  giusta  procura
speciale alle liti offerta in uno alla  comparsa  di  costituzione  e
risposta; convenuto 
    e nei confronti di Presidenza della Regione Siciliana, in persona
del Presidente pro tempore, qui rappresentato dalla  -  e  per  legge
domiciliato presso  la  -  Avvocatura  distrettuale  dello  Stato  di
Palermo, via Alcide De Gasperi n. 81; convenuta 
    Assessorato delle autonomie  locali  e  della  funzione  pubblica
della Regione Siciliana, in persona dell'Assessore pro  tempore.  qui
rappresentato dalla - e per legge domiciliato presso la -  Avvocatura
distrettuale dello Stato di Palermo, via Alcide  De  Gasperi  n.  81;
convenuta 
    Assemblea regionale Siciliana,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore, qui rappresentata dalla - e per legge domiciliata presso  la
- Avvocatura distrettuale dello  Stato  di  Palermo,  via  Alcide  De
Gasperi n. 81; convenuta 
    Prefettura - Ufficio territoriale  del  Governo  di  Messina,  in
persona del prefetto pro tempore, qui rappresentato  dalla  -  e  per
legge domiciliato presso la - Avvocatura distrettuale dello Stato  di
Palermo, via Alcide De Gasperi n. 81; convenuta 
    Commissione elettorale centrale circoscrizionale della  Provincia
di Messina, in persona del  legale  rappresentate  pro  tempore,  qui
rappresentata dalla Avvocatura distrettuale dello Stato  di  Palermo,
con domicilio eletto alla via Alcide De Gasperi n. 81; convenuta 
    Commissione elettorale centrale regionale, in persona del  legale
rappresentate  pro  tempore.  qui  rappresentata   dalla   Avvocatura
distrettuale dello Stato di Palermo, con domicilio  eletto  alla  via
Alcide De Gasperi n. 81; convenuta 
    con l'intervento del Pubblico Ministero, 
 
                               Osserva 
 
    C    G     P  ,   I     P       e  R        G            ,  quali
cittadini  elettori  della  circoscrizione  provinciale  di  Messina,
esperiscono in questa sede azione popolare ai sensi dell'art. 22  del
decreto legislativo n. 150/2011,  chiedendo  acclararsi,  in  primis,
l'ineleggibilita' del proclamato deputato regionale D D, e  cio'  sia
in forza della nuova disposizione di cui al comma l bis dell'art.  10
della legge regionale n. 29/1951, che prevede  ora  l'ineleggibilita'
dei dirigenti degli enti  non  territoriali,  anche  senza  scopo  di
lucro, che godono di contributi da parte della Regione Siciliana, che
ai sensi dell'art. 8 comma l lett. d) del medesimo  testo,  il  quale
contempla parimenti l'insussistenza dell'elettorato passivo  in  capo
ai dirigenti  di  enti  soggetti  a  vigilanza  e/o  controllo  della
Regione. Espongono infatti: 1) che il suddetto  e'  stato  confermato
Direttore generale dell'Universita' degli studi  di  Messina  per  il
periodo novembre 2015 - novembre 2018. posizione che  lo  colloca  ai
vertici dell'ente pubblico non territoriale  quale  responsabile  del
funzionamento  degli  uffici  e   della   complessiva   gestione   ed
organizzazione dei servizi; 2) che l'Universita' di  Messina  e'  ope
legis   strutturalmente   destinataria   di   molteplici   contributi
regionali, fra i quali quelli per l'istituzione di  borse  di  studio
per gli specializzandi in medicina e per spese  inerenti  l'attivita'
sportiva ed i relativi impianti in forza del D.P.R. n.  246/1985;  3)
che l'Universita' di Messina  e'  destinataria  di  un  finanziamento
regionale per il  progetto  «Dottorati  FSE  XXXII  ciclo  UNIME»,  a
seguito del quale l'ente accademico ha accettato la  vigilanza  della
Regione sullo svolgimento delle attivita'  e  sull'utilizzazione  del
finanziamento   erogato.   Chiedono   dunque   dichiararsi   medesimo
ineleggibile e decaduto dalla carica, con  contestuale  proclamazione
del primo dei non eletti L       G      , nato  a       il       . In
subordine, deducono che il  suddetto  deputato  e'  comunque  incorso
nella causa di incompatibilita' di cui all'art. 10 quater della legge
regionale n. 29/1951, il quale prescrive che i deputati regionali non
possano esercitare funzioni di direttore generale in enti ai quali la
Regione contribuisca in via ordinaria, direttamente o indirettamente,
o sottoposti a tutela o  vigilanza  della  Regione,  con  conseguente
dichiarazione di decadenza e sostituzione con il predetto L , nato a 
    Si costituisce per resistere D D         F         , il quale  fa
presente  che  il  medesimo   ha   gia'   tempestivamente   eliminato
qualsivoglia  incompatibilita'  con   la   carica   a   seguito   del
collocamento  in  aspettativa  richiesto  ed  ottenuto  con   Decreto
rettoriale  nei  termini  prescritti  dalla  legge  regionale.  Circa
l'asserita ineleggibilita', evidenzia l'assoluta  infondatezza  della
tesi attorea secondo cui una  libera  universita'  statale  subirebbe
l'ingerenza della Regione nella propria  autonomia,  atteso  che  gli
unici controlli previsti dall'ordinamento sono attribuiti al MIUR, al
collegio dei revisori ed alla Corte dei Conti, ne' puo' ritenersi che
la vigilanza regionale su una singola attivita' finanziata,  peraltro
con fondi comunitari che la regione solo veicola, trasformi  un  ente
autonomo in un ente vigilato dalla stessa, non senza  trascurare  che
l'istituzione di borse di studio o dottorato vede in ogni  caso  come
necessari fruitori solo gli studenti, e non l'ente in se e/o  i  suoi
amministratori. Eccepisce  inoltre  che  la  mera  esistenza  di  una
qualunque  contribuzione  a  favore  di  un  ente   pubblico,   senza
valutazioni di consistenza che la stessa legge opera  altrove,  ossia
per l'appunto in tema di  incompatibilita',  ove  andrebbe  collocata
l'odierna vicenda, ed in specie all'art. 10 lett. A  della  legge  n.
31/1986 ed all'art. 63 del D.Lgs. n. 267 del 2000, non puo' ritenersi
in grado di integrare l'ipotesi dell'ineleggibilita'  senza  prestare
il fianco a censure di costituzionalita', atteso che, in  assenza  di
alcuna  particolare  condizione  locale,  risulterebbero  violati   i
principi costituzionali secondo i quali l'eleggibilita' e' la  regola
mentre l'ineleggibilita' e' l'eccezione, e cio' proprio in un caso in
cui l'eventuale insorgenza di conflitti di interesse ben  viene  gia'
fugata attraverso  la  prevista  causa  di  incompatibilita'.  Chiede
dunque  che,  ove  non  si  procedesse  al   rigetto   mediante   una
interpretazione  costituzionalmente  orientata   della   disposizione
invocate, si sospenda il giudizio per sottoporsi  la  questione  alla
Consulta. 
    Si  costituisce  altresi'  la  difesa  erariale,   eccependo   la
manifesta inammissibilita' e temerarieta' delle domande spiegate  nei
confronti delle amministrazioni statali, regionali e degli uffici che
hanno gia' esaurito la loro stessa esistenza, poiche' del tutto privi
di interesse a resistere  al  giudizio  e  dunque  di  legittimazione
processuale passiva, atteso che, come gia'  pure  riconosciuto  dalla
Cassazione, l'organo elettivo non ha  interesse  alla  permanenza  in
carica dell'uno o dell'altro  componente  giacche'  la  sua  regolare
costituzione e'  assicurata  quale  che  sia  il  membro  chiamato  a
ricoprire l'incarico. 
    Partecipa  attivamente  al   procedimento   anche   il   Pubblico
ministero. mettendo in risalto che la  causa  di  ineleggibilita'  in
esame, concernente i dirigenti degli enti non territoriali che godano
di  contributi  da  parte  della  regione,  mira  opportunamente   ad
assicurare che le votazioni avvengano senza indebiti  condizionamenti
collegati   allo   svolgimento   della    funzione    amministrativa.
Rappresenta,   tuttavia,   che   alla   luce   della   giurisprudenza
costituzionale sulle limitazioni al diritto  di  elettorato  passivo,
occorrerebbe sceverare tra contributi costituenti  corrispettivo  per
la  prestazione  di  servizi,  ed  altre   elargizioni   di   denaro,
approfondendo dunque la natura e la funzione delle  singole  voci  di
spesa dedotte in ricorso. 
    Con successiva memoria per  intervento  ad  adiuvandum  partecipa
parimenti al processo il primo dei non  eletti  L        G          ,
aderendo alla posizione espressa dal ricorrente R 
    Sulla rilevanza della questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 10 comma 1 bis della legge regionale 20 marzo 1951  n.  29,
nella parte in cui prevede l'ineleggibilita' dei dirigenti degli enti
non territoriali che godono di  contributi  da  parte  della  Regione
Siciliana. 
    Poiche'  occorre  preliminarmente  accertare  che   il   giudizio
principale  non  possa   esser   definito   indipendentemente   dalla
risoluzione  della  questione  sollevata,  con  coeva  ordinanza  non
definitiva questo tribunale si e' pronunciato sulle questioni in rito
e di merito in potenza passibili di fondare diversamente la decisione
della controversia, provvedimento cui si fa rinvio  per  economicita'
del presente. 
    Rimarrebbe dunque da  sindacare  l'invocata  sussistenza  o  meno
dello ius ad officium  in  capo  all'eletto  ai  sensi  dell'art.  10
comma 1 bis della legge regionale 20 marzo 1951  n.  29,  secondo  il
quale: «Le ineleggibilita' di' cui al presente Capo  sono  estese  ai
rappresentanti,  agli  amministratori,  ai  dirigenti  di  enti   non
territoriali, anche senza scopo  di  lucro,  di  societa'  o  imprese
private che godono di contributi da parte della Regione (omissis)». 
    Riaffermata  allora  la  posizione  dirigenziale   apicale   gia'
ricoperta dal D D     presso l'Universita' degli studi di Messina  al
momento della candidatura, e constata l'indiscutibile natura di' enti
non territoriali ricoperta dalle Universita' degli Studi, allegano  e
documentano  i  ricorrenti  elettori  resistenza  di  una  serie   di
erogazioni regionali normativamente  definite  «contributi»,  tra  le
quali: 
    1. il contributo annuo alle Universita'  di  Palermo.  Catania  e
Messina per  l'istituzione  di  ulteriori  borse  di  studio  per  la
frequenza alle scuole di specializzazione nelle facolta' di  medicina
e chirurgia, di cui all'art. 1 della legge regionale n.  33/1994,  di
fatto da ultimo erogati per il periodo che va dal 2013 al  2018  come
da documentazione offerta; 
    2. i contributi di cui al D.P.R. n. 246/1985  concessi  alle  tre
universita' sui capitoli 373307 e 373313 dei  bilanci  della  regione
per spese inerenti il funzionamento degli  atenei,  i  quali  trovano
corrispondenza in entrata nel bilancio dell'Universita' messinese 
    3. il  contributo  di  cui  al  DDG  n.  6057  del  11/10/2016  -
Assessorato  dell'Istruzione  e   della   Formazione   Professionale,
pubblicato sulla G.U.R.S. n. 52/2016. erogato nell'ambito dell'Avviso
5/2016 per il  finanziamento  di  borse  regionali  di  dottorato  di
ricerca in Sicilia sul  Programma  Operativo  Fondo  Sociale  Europeo
Sicilia  2014/2020,  che  ha  ammesso  a  finanziamento  il  progetto
presentato  dall'Universita'  degli  studi  di  Messina  dal   titolo
«Dottorati FSE XXXII ciclo Unime»; 
    4. i contributi per il finanziamento dei contratti  regionali  di
formazione specialistica in area medico sanitaria di  cui  all'Avviso
6/2016, approvato con DDG n. 851 del 09/03/2016. 
    Ne  discende  che  l'ente  universitario  messinese  deve   farsi
rientrare  nel  novero  dei  soggetti  che  percepiscono   contributi
regionali per il loro funzionamento  e  per  il  perseguimento  degli
scopi istituzionali loro propri, con conseguente  riconduzione  della
qualifica dirigenziale gia' ricoperta dal D D      fra  le  posizioni
che avrebbero escluso l'accesso alla carica di deputato parlamentare. 
    Sulla non manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 10 comma 1  bis  della  legge  regionale  20
marzo  1951  n.  29,  in  relazione  agli  articoli  3   e 51   della
Costituzione,  nella  parte  in  cui  prevede  l'ineleggibilita'  dei
Direttori  generale  d'ateneo  quali   dirigenti   degli   enti   non
territoriali  che  godono  di  contributi  da  parte  della   Regione
Siciliana. 
    Come da insegnamento dell'adito Giudice delle leggi  in  subiecta
materia,  occorre  muovere  dal  principio  generale  (espresso  gia'
partire dalla sent. n. 42 del 1961, poi confermata dalle sentt. n. 46
del 1969, n. 38 del 1971, n. 166 del 1972. n. 129 del  1975,  n.  280
del  1992,  n.  295  del  1994,  n.  364  del   1996)   secondo   cui
l'eleggibilita'  non  puo'   che   costituire   la   regola,   mentre
l'ineleggibilita',  siccome  eccezione  al  generale  e  fondamentale
principio del libero  accesso  di  tutti  i  cittadini  alle  cariche
elettive, non puo' che integrare specifiche e puntuali eccezioni,  da
contenersi entro i limiti di quanto e'  necessario  a  soddisfare  le
esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate. Anche sul  piano
ermeneutico, il criterio cardine che deve guidare l'interprete  nella
lettura delle disposizioni  in  materia  di  ineleggibilita',  o  che
comunque pongano limiti al  diritto  di  elettorato  passivo  di  cui
all'art. 51 della Costituzione, deve  essere  quello  della  «stretta
interpretazione» (ex plurimis,  cfr.  sentenze  nn.  171/84,  162/85;
43/87;  235/88;  1020/88;  510/89;   53/1990;   141/1996;   306/2003;
25/2008), dovendosi assicurare la fondamentale esigenza di  garantire
la piu' ampia apertura del regime dell'elettorato passivo a  tutti  i
cittadini, senza discriminazioni, pure  considerato  che  lo  ius  ad
officium in questione appartiene al novero  dei  diritti  inviolabili
sanciti dall'art. 2 della Carta Costituzionale. 
    Proprio per la necessita' di tutelare tali stringenti  valori  di
rango costituzionale,  la  Corte  ha  altresi'  affermato  che  nella
materia elettorale anche l'ordinario parametro di ragionevolezza deve
essere scrutinato con particolare rigore (cosi' Corte  Costituzionale
sent. n. 376 del 2004 e n. 283 del 2010), e che l'art. 51 costituisce
pure il  fondamento  diretto  del  principio  di  eguaglianza,  quale
criterio   cardine   che   deve   informare   qualsiasi   limitazione
all'elettorato passivo (cosi' gia' la citata 46/1969). 
    Relativamente invece alla potesta'  legislativa  riconosciuta  in
materia alla Regione Siciliana, giova altresi' rassegnare che  se  e'
vero che la materia del sistema  e  dei  requisiti  di  accesso  alla
carica di componente dell'assemblea regionale siciliana pertiene alla
potesta' legislativa primaria della Regione sulla  base  dell'art.  3
dello statuto. con il solo limite dei principi della  Costituzione  e
dell'ordinamento giuridico della Repubblica (a differenza, dunque, di
quanto successivamente disposto per le regioni  a  statuto  ordinario
dall'art. 122 comma I della Costituzione, come novellato dalla  legge
costituzionale n. 1/1999, ove si rimanda ai principi fondamentali  di
cui alla legge della Repubblica), la Corte afferma comunque  che,  in
tema  di  elettorato  passivo,  non  solo  sussiste  un'esigenza   di
tendenziale uniformita' della disciplina sul piano  nazionale  (cosi'
Corte Costituzionale sent. n. 376 del 2004 e n.  283  del  2010),  ma
anche che discipline differenziate in relazione al territorio di  una
determinata regione, ivi incluse quelle a statuto  speciale,  possono
considerarsi legittime solo laddove sussistano situazioni concernenti
categorie di soggetti che siano esclusive per quella regione,  ovvero
si presentino diverse ove messe a raffronto con quelle proprie  delle
stesse categorie di soggetti nel  restante  territorio  nazionale;  e
purche', in ogni caso, tale diversita' di disciplina sia sorretta  da
motivi  adeguati  e  ragionevoli,  finalizzati  alla  tutela  di   un
interesse generale (sul punto si vedano ad esempio  le  sentenze  nn.
143/2010; 288/2007; 438 del 1994, n. 84 del 1994, 463 del  1992,  539
del 1990, 571 del 1989). 
    Orbene, alla luce  dei  principi  in  rassegna,  questo  collegio
ritiene  non  manifestamente  infondata  la  proposta  eccezione   di
costituzionalita'   della   suddetta   norma   regionale   limitativa
introdotta  nel  2014,  e  cio'  sotto  il  profilo  della  possibile
irragionevolezza sia per non aver ritenuto gia' funzionale allo scopo
l'analoga causa di incompatibilita'  consacrata  all'art.  10  quater
della legge regionale n. 29/1951, che per l'ingiustiticata disparita'
di trattamento rispetto alle  previsioni  di  accesso  alle  omologhe
cariche di rappresentanza nazionale e regionale. 
    In ordine al primo aspetto il Giudice delle leggi ha infatti gia'
avuto modo di insegnare  che  la  differenza  tra  ineleggibilita'  e
incompatibilita' e' data dal fatto che la prima situazione e'  idonea
a provocare effetti distorsivi nella parita' di condizioni tra i vari
candidati, nel senso che - avvalendosi della  particolare  situazione
in cui versa il soggetto «non  eleggibile»  -  egli  puo'  variamente
influenzare a suo favore il corpo elettorale. La seconda, invece.  e'
una situazione che non ha riflessi nella parita' di condizioni tra  i
candidati, ma attiene alla concreta possibilita',  per  l'eletto,  di
esercitare pienamente le funzioni  connesse  alla  carica  anche  per
motivi concernenti il conflitto di interessi nel  quale  il  soggetto
verrebbe a trovarsi se fosse eletto. Di qui  la  conseguenza  che  il
soggetto  ineleggibile  deve  eliminare  ex  ante  la  situazione  di
ineleegibilita'  nella  quale  versa.  mentre  il  soggetto  soltanto
incompatibile deve optare, ex post, cioe' ad elezione  avvenuta.  tra
il mantenimento della precedente carica e il munus pubblico derivante
dalla conseguita elezione (vedasi in questi termini  la  gia'  citata
sentenza n. 283 del 2010). 
    Ritengono allora in primis questi remittenti,  che,  diversamente
da cio' che avviene, ad esempio ed  ex  plurimis,  per  i  contributi
regionali agli enti non aventi scopo di lucro  di  cui  all'art.  128
della legge regionale Sicilia n. 11/2010 (ossia per la  realizzazione
di iniziative aventi rilevanza sociale,  socio-sanitaria,  culturale,
storica, ricreativa, artistica, sportiva, ambientale,  di  promozione
dell'immagine  della  Regione  e  dell'economia   locale),   ove   la
destinazione delle erogazioni, talvolta  anche  ingenti,  durante  la
competizione potrebbe essere sviata in funzione della  -  o  comunque
polarizzata sulla - acquisizione di consenso elettorale (proprio  per
l'istituzionale finalita' delle erogazioni al perseguimento di  scopi
ad  impatto  territoriale),   significativamente   diversa   dovrebbe
ritenersi la situazione delle erogazioni pubblicistiche  e  vincolate
che vedono come destinataria una universita' degli studi,  la  quale,
specie a seguito della legge n. 240/2010  -  c.d.  Gelmini  -  e  del
successivo D.Lgs. n. 18/2012, non solo soggiace a puntuali previsione
di  contabilita'  pubblica,  ad  uno  stringente  quadro  informativo
economico-patrimoniale, ed a controlli contabili interni (come quello
del collegio dei revisori dei conti) ed esterni, ma soprattutto  vede
le risorse ineludibilmente  destinate  ad  attivita'  scientifiche  o
istituzionali a fruizione vincolata, le  quali  mal  si  prestano  ad
utilizzi clientelari volti all'acquisizione di consenso. 
    Va poi evidenziato che il direttore generale dell'Universita', ai
sensi dell'art. 1 lett. o) della legge 240/2010, opera  invero  sulla
base  degli  indirizzi  forniti  dal  consiglio  di  amministrazione,
essendo   invece   responsabile   della   complessiva   gestione    e
organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale
tecnico-amministrativo dell'ateneo: e' cioe' l'organo dirigenziale di
vertice, ma non fa parte degli organi  di  governo  ed  indirizzo  in
grado  di  incidere  sulle  scelte  di  destinazione  delle   risorse
dell'ente. 
    Pare allora a questo  collegio  che  la  qualifica  di  Direttore
generale d'ateneo non sia  in  grado  di  inquinare  la  parita'  di'
condizioni tra i candidati, ma ponga solo problematiche in ordine  al
contemporaneo corretto adempimento del  mandato  elettorale  e  della
pubblica  funzione  de  qua,  gia'  risolta  con  la  previsione   di
incompatibilita', nella specie tempestivamente fugata  dal  convenuto
mediante  la  rinuncia  all'incarico  dirigenziale,  e  che  pertanto
l'estensione  dell'ineleggibilita'  a   tale   ipotesi   possa   aver
travalicato i limiti dello stretto  indispensabile  a  soddisfare  le
esigenze di pubblico interesse cui vanno preordinate  siffatte  cause
di esclusione. 
    Anche  il  profilo  della  disparita'  di  trattamento   con   le
condizioni  di  competizione  per  l'accesso  alle  analoghe  cariche
nazionali e regionali pare potersi rinvenire nella vicenda all'esame. 
    Nei due rami del Parlamento, l'art.  2  della  legge  n.  60/1953
prevede infatti, come causa di incompatibilita', che i deputati ed  i
senatori non possano contestualmente esercitare funzioni di direttore
generale in enti ai quali lo Stato  contribuisca  in  via  ordinaria,
direttamente o indirettamente, mentre la causa di ineleggibilita'  e'
limitata in modo stringente ai dirigenti di societa' e imprese  volte
al profitto di privati  e  sussidiate  dallo  Stato  con  sovvenzioni
continuative, sempre che i sussidi non siano  concessi  in  forza  di
legge (art. 10, punto 2, D.P.R. n. 361(1957). 
    In materia di  accesso  alla  carica  di  consigliere  regionale,
l'art. 3 punto 1) della legge 154/1981 prevede che l'amministratore o
il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento  di  un
ente che riceva dalla Regione, in via continuativa,  una  sovvenzione
in tutto o in parte  facoltativa,  e'  incompatibile  con  la  carica
quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per  cento  del
totale delle entrate dell'ente, mentre  non  viene  prevista  in  via
generale una causa di ineleggibilita' collegata  a  cariche  in  enti
sovvenzionati. 
    A livello di' normativa regionale, nemmeno nelle altre realta'  a
statuto  privilegiato  e'  rinvenibile   una   specifica   causa   di
ineleggibilita' ricollegata a posizioni di  vertice  in  enti  -  non
regionali - solo fruitori di'  contributi  pubblici  dall'istituzione
territoriale, degradandosi  l'ipotesi  a  causa  di  incompatibilita'
(cfr. art. 4 comma 1 lett. c legge regionale Friuli-Venezia Giulia n.
21/2004; art. 22 comma 2  della  legge  statutaria  n.  1/2013  della
Regione Sardegna, che fa rinvio alle norme statali; art. 17, comma  4
lett. b della legge provinciale di Trento n. 2/2003 ed artt. 10, 11 e
12 della Legge regione Trentino Alto Adige n. 7/1983 per la Provincia
autonoma di Bolzano), sebbene la legge  regionale  n.  20/2007  della
Valle D'Aosta, art. 2 comma lett. f), includa in via generale tra gli
ineleggibili i dipendenti che ricoprono  incarichi  di  direzione  in
enti, agenzie o aziende  statali  aventi  competenza  nel  territorio
della Regione, previsione  che  potrebbe  ricomprendere  nel  proprio
campo applicativo anche quella in esame. 
    Anche  poi  in   realta'   territoriali   a   statuto   ordinario
comparabili, per bilancio o bacino, con quella  siciliana,  l'ipotesi
al vaglio viene ribadita fra quelle di incompatibilita' (art. 5 comma
3 della legge regionale Lombardia n. 31 del 2016; art. 3 della  legge
regionale Toscana n. 154 del 1981; art. 7 della legge regionale Lazio
n. 2/2005; art. 8 comma 1 lett. 1 legge regionale Veneto n. 5/2012). 
    Non pare, infine, potersi rinvenire alcunche' di rilevante fra le
peculiari condizioni  locali  che  connotano  la  figura  apicale  in
questione nell'ambito degli atenei  siciliani.  Esclusa  naturalmente
una  qualsivoglia  normativa  speciale  per  l'assenza  di   potesta'
regionale in  materia  di  composizione  e  competenze  degli  organi
universitari,  anche  l'esame  degli   statuti   propri   delle   tre
Universita' degli studi pubbliche, ed in specie di quella  messinese,
nulla aggiunge rispetto al regime ora tracciato a  livello  di  legge
fondamentale di settore, se non un profilo piu' marcatamente gestorio
del ruolo dirigenziale in questione, precisandosi  che  il  Direttore
Generale  «conforma  la  propria  attivita'  agli  obiettivi  ed   ai
programmi degli organi di governo e  vigila  sulla  osservanza  delle
direttive da essi impartite» (cosi' art. 14  comma  l  dello  Statuto
pubblicato sulla G.U. - Serie Generale n. 116 del 19 Maggio 2012). 
    Sul piano invece dell'interpretazione costituzionalmente conforme
della disposizione qui sospettata di  illegittimita'  costituzionale,
non pare altresi' potersi procedere ad una lettura normativa in grado
di escludere la figura del Direttore generale di  ateneo  dal  novero
dei  soggetti  impossibilitati  a   partecipare   alla   competizione
elettorale in costanza di carica. 
    Scomponendo  infatti  la  disposizione  nei  suoi  tre   elementi
normativi portanti, anzitutto, non pare che la nozione di «dirigente»
possa essere  confinata  in  via  ermeneutica  nei  ranghi  dei  soli
soggetti apicali muniti di potere di indirizzo  dell'ente,  dovendosi
valutare  la  posposizione  della  dicitura  rispetto  a  quella   di
«rappresentanti» ed «amministratori», segno di una specifica volonta'
inclusiva di tutte le figure di vertice del  soggetto  collettivo,  a
prescindere cioe' dall'espletamento di compiti gestori o di indirizzo
politico-amministrativo. 
    L'utilizzo dell'espressione «enti non territoriali» pare impedire
l'esclusione   degli   enti    pubblici,    pure    considerata    la
giustapposizione  con  le  societa'  ed  imprese  e  l'utilizzo   del
femminile nella qualificazione di queste come «private». 
    Anche l'ambito nozionale espresso dal  termine  «contributi»,  in
assenza  di  una  definizione  normativa  di  riferimento,  non  pare
consenta di operare dei distinguo idonei a sceverare  fra  erogazione
ed erogazione,  anche  valutata  l'esplicita  dizione  in  tal  senso
utilizzata in sede di normativa attributiva degli stessi alle singole
Universita' degli studi, ne' viene  utile  allo  scopo  il  distinguo
proposto dal P.M. tra contributi  costituenti  corrispettivo  per  la
prestazione di  servizi  ed  altre  elargizioni  di  denaro,  la  cui
rilevanza e' da ricondursi al piano tributario. 
    Ritiene dunque questo collegio  rilevante  e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  10
comma 1 bis della legge regionale 20 marzo 1951 n. 29,  in  relazione
agli articoli 3 e 51 della Costituzione, nella parte in cui  annovera
fra gli ineleggibili il Direttore generale d'ateneo  quale  dirigente
di ente non territoriale  che  gode  di  contributi  da  parte  della
Regione Siciliana. o comunque il Direttore generale  dell'Universita'
degli studi di Messina per la  particolare  conformazione  statutaria
dei suoi poteri. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 1 della legge costituzionale n. 1/1948 e 23 della
legge costituzionale n. 87/1953, 
        1. dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art.  10  comma  1  bis
della legge regionale 20 marzo 1951 n. 29 in relazione agli  articoli
3 e 51 della Costituzione,  nella  parte  in  cui  annovera  fra  gli
ineleggibili il Direttore generale d'ateneo quale dirigente  di  ente
non territoriale che  gode  di  contributi  da  parte  della  Regione
Siciliana, o comunque il Direttore  generale  dell'Universita'  degli
studi di Messina per la particolare conformazione statutaria dei suoi
poteri; 
        2. dispone la sospensione  del  giudizio  e  la  trasmissione
degli atti alla Corte Costituzionale; 
        3. dispone che la presente sia notificata  dalla  cancelleria
alle parti, al P.M., al Presidente dell'Assemblea regionale siciliana
ed al Presidente della Regione siciliana. 
    Cosi' deciso in Palermo, nella camera  di  consiglio  del  giorno
11.10.2018. 
 
                Il Presidente: Grimaldi di Terresena 
 
                                       Il Giudice relatore: Trombetta