N. 6 SENTENZA 21 novembre 2018- 11 gennaio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Riconoscimento, nell'anno 2019, di
  un contributo di 15 milioni di euro alla  Regione  Sardegna,  nelle
  more  della  definizione  dell'accordo  di  finanza  pubblica,   in
  considerazione,   tra   l'altro,   delle   sentenze   della   Corte
  costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017 e del ritardo nello
  sviluppo economico dovuto all'insularita'. 
- Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2018-2020), art. 1, comma 851. 
-   
(GU n.3 del 16-1-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
851, della legge 27 dicembre 2017, n.  205  (Bilancio  di  previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il
triennio 2018-2020), promosso dalla Regione  autonoma  Sardegna,  con
ricorso  notificato  il  27  febbraio-5  marzo  2018,  depositato  in
cancelleria l'8 marzo 2018, iscritto al n. 26  del  registro  ricorsi
2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  18,
prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  20  novembre  2018  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi l'avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna
e l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione autonoma Sardegna,  con  ricorso  spedito  per  la
notifica il 27 febbraio 2018, ricevuto il 5 marzo 2018  e  depositato
l'8 marzo 2018, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'articolo 1, comma 851, della legge 27  dicembre  2017,  n.  205,
recante «Bilancio di previsione dello Stato  per  l'anno  finanziario
2018 e bilancio pluriennale per il triennio2018-2020», per violazione
degli articoli 3, 5, 116, 117 e 136 della Costituzione e degli  artt.
7 e 8 della legge costituzionale 26  febbraio  1948,  n.  3,  recante
«Statuto speciale per la Sardegna». 
    L'art. 1, comma 851, della legge n. 205 del 2017  stabilisce  che
«[n]ell'anno 2019,  nelle  more  della  definizione  dei  complessivi
rapporti finanziari fra lo Stato e  la  Regione  Sardegna  che  tenga
conto, tra l'altro, delle sentenze della Corte costituzionale  n.  77
del 2015 e n. 154 del 2017, anche in considerazione del ritardo nello
sviluppo  economico  dovuto  all'insularita',  e'  riconosciuto  alla
Regione Sardegna un contributo pari a 15 milioni di euro». 
    1.1.- La ricorrente premette che nella medesima legge di bilancio
per il 2018 sono presenti altre disposizioni  che  hanno  regolato  i
rapporti economici tra lo Stato ed altre  autonomie  speciali  e  che
sarebbero chiaro indice di un trattamento di maggior favore accordato
dallo Stato a dette autonomie. Si tratterebbe dell'art. 1, comma 815,
secondo  il  quale  «a  decorrere   dall'anno   2018   alla   Regione
Friuli-Venezia Giulia non si applicano le disposizioni in materia  di
patto di stabilita' interno di cui all'art. 1, commi 454 e  seguenti,
della legge  24  dicembre  2012,  n.  228»,  che  fissano  importanti
contributi alla finanza pubblica da parte delle Regioni ad  autonomia
speciale; dell'art. 1, comma 816, che prevede lo stanziamento di  120
milioni di euro per ciascuno degli anni 2018  e  2019,  affinche'  lo
Stato possa ridefinire l'accordo di finanza pubblica sottoscritto  in
data 23 ottobre 2014 con la Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,
valevole per un triennio; dell'art.1, comma 817, che ha riformato  il
regime di compartecipazione fissa alle entrate erariali della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia, ampliandone il numero e  le  aliquote
rispetto al regime precedente, a  vantaggio  della  Regione;  infine,
dell'art. 1, comma  841,  ove  si  prevede  che,  «nelle  more  della
definizione dei complessivi rapporti finanziari fra  lo  Stato  e  la
Regione autonoma della Valle d'Aosta che tenga  conto,  tra  l'altro,
delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del
2017, gli accantonamenti a carico della Regione autonoma della  Valle
d'Aosta a titolo di concorso alla finanza pubblica sono ridotti di 45
milioni di euro per l'anno 2018, 100 milioni di euro per l'anno  2019
e 120 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020». 
    La ricorrente rammenta inoltre che  la  Regione  Siciliana  e  la
Regione autonoma Trentino-Alto  Adige  e  le  due  Province  autonome
avevano gia' beneficiato di un ampliamento degli spazi finanziari, in
ragione rispettivamente delle previsioni di  cui  all'art.  1,  comma
509, della legge 11 dicembre 2016, n.  232  (Bilancio  di  previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il
triennio 2017-2019) e di cui all'art. 1, commi 406 e  seguenti  della
legge  23  dicembre  2014,  n.  190,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2015)». 
    Inoltre, il Ministero dell'economia e delle finanze e la  Regione
autonoma Sardegna hanno stipulato in data 21 luglio 2014 un  «accordo
in materia di finanza pubblica», con il quale e'  stato  regolato  il
rapporto  economico-finanziario  tra  lo  Stato  e   la   Regione   e
successivamente, il 10 dicembre 2015, lo  Stato  e  la  Regione  sono
addivenuti ad un ulteriore «accordo [...] per il coordinamento  della
finanza pubblica nell'ambito del procedimento di attuazione dell'art.
8  della  legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  3   [...]».
Contestualmente, la  «commissione  paritetica»,  istituita  ai  sensi
dell'art. 56 dello Statuto d'autonomia, ha licenziato il testo  delle
norme di attuazione  del  novellato  art.  8  del  medesimo  Statuto,
recepito dal decreto legislativo 9 giugno  2016,  n.  114  (Norme  di
attuazione dell'articolo  8  dello  Statuto  speciale  della  Regione
autonoma Sardegna - legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  3,  in
materia di entrate erariali regionali). 
    Nondimeno,  prosegue  la  Regione   autonoma   Sardegna,   appena
diciassette mesi  dopo  la  stipula  e  quindici  mesi  dopo  il  suo
recepimento da parte del legislatore statale, l'art.  1,  comma  680,
della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2016)», senza essere preceduto  da  alcuna  revisione  dei
predetti  accordi,  avrebbe  imposto  nuovi  contributi  di   finanza
pubblica a carico della Regione autonoma  Sardegna,  e  tale  obbligo
sarebbe stato ulteriormente aggravato  con  l'art.  1,  commi  392  e
seguenti della legge n. 232 del 2016. 
    1.2.- La ricorrente osserva inoltre che, gia' prima  dell'entrata
in vigore della legge n. 208 del 2015,  aveva  ripetutamente  chiesto
allo Stato di addivenire alla stipula di un nuovo accordo di  finanza
pubblica,  specificamente  rivolto  al  triennio   2017-2019   o   al
successivo triennio 2018-2020, evidenziando anche  che  la  Sardegna,
diversamente dalle altre Regioni italiane, non aveva  ancora  ripreso
un sentiero di crescita economica  dopo  la  forte  crisi  che  aveva
investito l'Italia dal 2009,  mostrando  la  maggiore  riduzione  del
prodotto interno lordo (PIL) tra tutte  le  aree  territoriali  (meno
11,3 per cento tra il 2008 e il 2015). Parimenti si osservava  che  a
partire dal 2012 (primo anno di applicazione degli accantonamenti  di
finanza pubblica) erano stati  sottratti  alla  disponibilita'  della
Regione 33 miliardi di euro di entrate proprie stabilite dalle  norme
statutarie e, quindi, a partire dal 2018 la Regione autonoma Sardegna
chiedeva di rientrare in possesso di tali quote, in modo da  superare
il regime degli accantonamenti nel quadro  di  un  nuovo  accordo  di
finanza  pubblica  che  tenesse  conto  della  capacita'  fiscale   e
contributiva dei diversi territori italiani. 
    La  Regione  autonoma  Sardegna  evidenzia  che   tuttavia   tali
richieste non avrebbero trovato seguito da parte dello Stato,  mentre
gli accordi di finanza pubblica avrebbero  dimostrato  di  avere  ben
poca capacita' di  garantire  una  minima  stabilita'  temporale  dei
rapporti economico-finanziari tra le parti, mentre di contro lo Stato
si sarebbe sottratto all'accordo  con  la  Regione,  senza  formulare
adeguate controproposte alle sue richieste. 
    1.3.- Al fine di chiarire ulteriormente il contesto del  presente
ricorso, la ricorrente espone che le somme  effettivamente  liquidate
alla Regione, al netto dei contributi di finanza pubblica,  sarebbero
passate da 4,906 miliardi di euro nell'anno 2006 a 5,836 miliardi  di
euro nell'anno 2010 e sono pari a 6,707 miliardi  di  euro  nell'anno
2016, e che i piu'  recenti  dati  del  PIL  regionale  pubblicati  a
dicembre 2017 dall'Istituto nazionale  di  statistica  (ISTAT)  e  le
variazioni annuali registrate  dal  2008  al  2016  mostrerebbero  un
arretramento della ricchezza  prodotta  in  Sardegna  (meno  9,4  per
cento) piu' accentuato rispetto al centro-nord (meno 4,8 per cento) e
al Mezzogiorno nel suo complesso (meno 9,0 per cento).  In  sostanza,
la stessa ripresa maturata negli  ultimi  anni  si  sarebbe  mostrata
particolarmente fragile: negli anni 2014, 2015 e 2016  il  PIL  della
Regione autonoma Sardegna sarebbe  cresciuto  complessivamente  dello
0,7 per cento, rispetto all'1,6 per cento dell'intero  Mezzogiorno  e
al 2,2 per cento del centro-nord. 
    Il «ritardo  dello  sviluppo  economico  dovuto  all'insularita'»
menzionato dalla stessa disposizione impugnata, troverebbe  effettivo
riscontro nella differenza tra il PIL  pro  capite  registrato  dagli
ultimi dati  disponibili  dell'ISTAT  relativi  all'annualita'  2016,
laddove, posto come livello  "100"  il  PIL  pro  capite  dell'Italia
intera, i  dati  disaggregati  su  base  territoriale  (per  le  sole
autonomie speciali) vedrebbero il centro-nord al livello "117,8",  la
Sardegna al livello "72,4", la Valle d'Aosta al livello  "126,1",  la
Provincia autonoma  di  Bolzano  al  livello  "153,2",  la  Provincia
autonoma di Trento al livello "126,3", il  Friuli-Venezia  Giulia  al
livello "109,4" e la Sicilia al livello "61,8". 
    2.- Con riguardo alla disposizione impugnata, la Regione autonoma
Sardegna  riconosce  che,  a  prima  lettura,  essa  non  sembrerebbe
pregiudizievole,  in  quanto   attribuisce   alla   ricorrente,   per
l'esercizio  finanziario  2019,  un  contributo  economico   pari   a
15.000.0000,00 di euro, sicche' parrebbe trattarsi di una  previsione
di favore. Nondimeno, evidenzia che la esiguita' della somma prevista
sarebbe palesemente del tutto inadeguata a  sovvenire  alle  esigenze
regionali, e tanto piu' si  manifesterebbe  tale  se  parametrata  ai
maggiori contributi riconosciuti alla Regione autonoma Valle  d'Aosta
dalla medesima  legge  impugnata,  nonche'  allo  spazio  finanziario
riconosciuto alla  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  sempre
previsto dalla legge di bilancio per il 2018. 
    L'inadeguatezza si appaleserebbe inoltre se posto a confronto con
i contributi di finanza pubblica che  la  Regione  autonoma  Sardegna
versa allo Stato in forza della legislazione vigente,  che  sarebbero
pari per il 2018 ad euro 683.996.000. 
    Osserva ulteriormente la  ricorrente  che  il  contributo  di  15
milioni di euro e' previsto non per l'anno 2018, bensi' per  il  solo
2019. Poiche' esso e'  erogato  «nelle  more  della  definizione  dei
complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione  Sardegna»,
secondo  la  medesima  risulterebbe  evidente  che  tale  provvidenza
sarebbe destinata a precedere la ridefinizione dei rapporti economici
tra le parti, e che quindi non potra' aversi (e comunque non potrebbe
sortire  effetti)  prima  dell'esercizio  di  bilancio  2020.   Tanto
starebbe a significare che lo Stato, attraverso  questa  disposizione
di legge, avrebbe prorogato per due annualita' lo status quo; avrebbe
ex lege rifiutato la stipula di accordi di finanza  pubblica  con  la
Regione prima del 2020 (o comunque con produzione di effetti concreti
prima dell'esercizio di bilancio 2020), se non addirittura prima  del
2021 (tenuto  conto  della  programmazione  economica  triennale  del
bilancio statale); avrebbe unilateralmente e definitivamente  escluso
ogni contributo per le annualita' 2018 e 2020 e fissato in soli  euro
15.000.000,00 per l'annualita' 2019 il proprio contributo  in  favore
della Regione autonoma Sardegna, pur riconoscendone espressamente  le
peculiari difficolta' economiche; non avrebbe tenuto in alcun conto i
contributi di finanza pubblica gia' imposti alla Regione  nonche'  il
contributo di finanza pubblica, tuttora da  definire  nel  dettaglio,
secondo l'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015 e l'art.  1,
commi 392 e seguenti, della legge n. 232  del  2016,  secondo  quanto
previsto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 154 del  2017.
Con la ulteriore conseguenza che prima del 2020 (se non del 2021) non
ci sarebbe alcuno spazio di effettiva negoziabilita' nei rapporti fra
Stato e Regione  ed  ogni  richiesta  regionale  di  rinegoziare  gli
strumenti finanziari impositivi tuttora vigenti nei  confronti  della
Regione autonoma Sardegna dovrebbe ritenersi preclusa ex lege. 
    2.1.-  Secondo  la  ricorrente   tali   circostanze   lederebbero
l'autonomia economico-finanziaria regionale  e,  di  conseguenza,  le
prerogative costituzionali e statutarie della Regione,  di  cui  agli
artt. 7 e 8 dello Statuto d'autonomia ed all'art. 117,  terzo  comma,
Cost. Infatti, determinando (o, comunque pianificando) un ritardo  di
almeno due anni  nel  confronto  collaborativo  con  la  Regione,  il
legislatore statale le avrebbe  impedito  di  esercitare  la  propria
autonomia economico-finanziaria  garantita  dallo  statuto  speciale,
nonche' di esercitare la sua competenza in materia di  «coordinamento
della finanza pubblica»,  ostacolando  anche  la  rinegoziazione  dei
contributi vigenti e degli altri strumenti statali che gravano  sulle
finanze regionali. 
    La Regione autonoma Sardegna rammenta che il principio  di  leale
collaborazione «richiede un  confronto  autentico  [...]  sicche'  su
ciascuna  delle  parti  coinvolte  ricade  un   preciso   dovere   di
collaborazione e di discussione,  articolato  nelle  necessarie  fasi
dialogiche» (sent. n. 154 del 2017) e  che  «una  condotta  meramente
passiva, che si traduca nell'assenza di ogni forma di collaborazione,
si risolverebbe in una inerzia idonea a  creare  un  vero  e  proprio
blocco procedimentale» e costituirebbe un «indubbio  pregiudizio  per
il  principio  di  leale  collaborazione  e  per  il  buon  andamento
dell'azione amministrativa» (sent. n. 219 del 2013). 
    Nel caso di specie, tale effetto sarebbe determinato direttamente
dalla legge, che cristallizzerebbe una sorta di «condotta di  blocco»
certamente illegittima (sull'illegittimita' delle «leggi  di  blocco»
si richiama la sentenza n. 198 del 2004). 
    2.2.- Secondo la ricorrente la violazione del principio di  leale
collaborazione, di cu agli artt. 5 e 117 Cost., degli articoli 7 e  8
dello Statuto e dell'art. 117, terzo comma, Cost., si  verificherebbe
anche sotto un diverso profilo, in  quanto  la  legge  impugnata  non
stanzierebbe alcuna somma per finanziare un nuovo accordo, escludendo
a priori alcun  effettivo  margine  di  negoziabilita',  come  invece
prescritto dalla Corte nella sentenza n.  19  del  2015,  e  ribadito
nella  piu'  recente  sentenza  n.  154  del  2017  (si  richiama  in
particolare il punto 4.4.1 del Considerato in diritto). 
    L'effettiva possibilita' di un negoziato, secondo la  ricorrente,
sarebbe invece negata dalla norma impugnata, per la semplice  ragione
che essa non prevederebbe risorse  per  consentirla,  non  risultando
somme specificamente stanziate nel bilancio dello Stato  a  copertura
di un eventuale accordo con la Regione autonoma  Sardegna  prima  del
2020. Accordo che non potrebbe non tener conto dell'entita' economica
delle componenti da negoziare previste dalla  norma,  in  particolare
l'attuazione della sentenza di  questa  Corte  n.  77  del  2015,  il
contributo  per  il   ritardo   nello   sviluppo   economico   dovuto
all'insularita' e la definizione dei saldi finanziari complessivi tra
lo Stato e la Regione medesima. 
    2.3.- La  ricorrente  lamenta  ulteriormente  la  violazione  del
principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5  e  117  Cost.,
degli articoli 7 e 8 dello statuto d'autonomia e dell'art. 117, terzo
comma, Cost., anche in riferimento all'art. 136 Cost., in  quanto  lo
Stato avrebbe violato quanto imposto con la sentenza n. 154 del  2017
e cioe' di  stipulare  un  accordo  relativo  ai  reciproci  rapporti
economico-finanziari. La ricorrente rammenta che in questa  decisione
la Corte ha sottolineato che il  principio  di  leale  collaborazione
«[...]  richiede  un  confronto  autentico,  orientato  al  superiore
interesse  pubblico  di  conciliare  l'autonomia  finanziaria   delle
regioni con l'indefettibile vincolo di concorso di  ciascun  soggetto
ad autonomia speciale alla manovra di stabilita', sicche' su ciascuna
delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di
discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche». 
    2.4.- La Regione autonoma Sardegna ritiene  altresi'  violato  il
principio di leale collaborazione, gli articoli 7 e 8  dello  Statuto
d'autonomia e l'art. 117, terzo comma, Cost, anche in riferimento  al
principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. e all'art. 116 Cost. 
    Sostiene al riguardo la ricorrente che la somma stanziata di soli
15 milioni di euro (e solamente per l'anno 2019)  sarebbe  del  tutto
inidonea  a  fronteggiare  il  ritardo  nello  sviluppo  del  sistema
economico-sociale dell'isola o a compensare lo  svantaggio  derivante
dall'insularita',  paragonata  alle  ingenti  somme   stanziate   nel
bilancio   regionale   2018.   Inoltre,   si   prosegue,   il   vizio
d'irragionevolezza   si   coglierebbe   anche    in    forza    della
contraddittorieta' tra lo  stanziamento  effettuato  e  le  finalita'
indicate  dalla  legge,  che  non  sarebbero  legate  a  un   singolo
intervento, bensi' alle piu' generali necessita' collegate allo stato
di insularita' e al  ritardo  nello  sviluppo  economico  dell'isola,
espressamente riconosciuti dallo stesso legislatore. 
    Infine, secondo la Regione  autonoma  Sardegna  costituirebbe  un
elemento   sintomatico   dell'irragionevolezza   della   disposizione
impugnata la sua particolare esiguita' in  riferimento  all'ammontare
dei contributi di finanza pubblica (sia temporanei che indefiniti nel
tempo) gia' imposti  alla  Regione:  evidenzia  al  riguardo  che  il
contributo di finanza pubblica complessivamente imposto alla  Regione
per il solo anno 2018 sarebbe pari ad euro 683.996.000. Quanto invece
ai contributi di finanza  pubblica  gia'  oggetto  di  determinazione
unilaterale e preventiva da parte del legislatore statale e in attesa
di ripartizione tra le autonomie speciali ai  sensi  degli  artt.  1,
comma 680, della legge n. 208 del 2015, e 1, commi  392  e  seguenti,
della  legge  n.  232  del  2016,  la  ricorrente   espone   che   il
Sottosegretario agli affari regionali, con nota prot. n. 1834 del  31
gennaio 2017, ha  formulato  per  conto  dello  Stato  un'ipotesi  di
accordo che prevede: con riferimento alla legge di  bilancio  per  il
2016, un concorso alla finanza pubblica pari a 96 milioni di euro per
l'anno 2017 e a 137  milioni  di  euro  a  decorrere  dal  2018;  con
riferimento alla legge di bilancio per  il  2017,  un  concorso  alla
finanza pubblica pari a 1,7 milioni di  euro  per  il  2017,  a  27,3
milioni di euro per il 2018 e a 81,9 milioni di euro a decorrere  dal
2019. La somma dei contributi sarebbe  quindi  pari  a  piu'  di  164
milioni di euro per il 2018 ed a piu' di  218  milioni  di  euro  dal
2019. Il contributo previsto  dalla  disposizione  censurata  sarebbe
quindi meno del 7 per cento di tali ulteriori oneri,  mentre,  se  si
sommassero i contributi di finanza pubblica gia' imposti alla Regione
con quanto previsto dalla menzionata proposta del  gennaio  2017,  il
contributo elargito dallo Stato non arriverebbe all'1,8 per cento  di
quanto la Regione deve restituire per tali cause. 
    I suddetti dati renderebbero evidente, per  la  Regione  autonoma
Sardegna, l'assoluta irragionevolezza di una previsione di favore  di
entita' irrisoria e tale irragionevolezza ridonderebbe nella  lesione
dell'autonomia finanziaria regionale, garantita dagli  artt.  7  e  8
dello Statuto e 117, comma 3, Cost. 
    2.5.- Infine, la Regione ricorrente lamenta altresi'  la  lesione
degli artt. 3  e  116  Cost.,  in  riferimento  alla  violazione  del
principio di parita' di trattamento tra le autonomie speciali, stante
il forte disallineamento  tra  le  somme  stanziate  a  favore  della
Regione autonoma Sardegna e quelle stanziate  a  favore  delle  altre
autonomie speciali (15 milioni di euro per la ricorrente, 240 milioni
di euro in un biennio per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e
265 milioni di euro per  la  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aôste). 
    Premette al riguardo la ricorrente di non contestare  affatto  la
previsione  di  adeguati  spazi  finanziari  alle   altre   autonomie
speciali, ne' di aver  alcun  interesse  a  che  tali  spazi  vengano
resecati.  Parimenti,  la  medesima  riconosce  che,  all'esito   del
confronto collaborativo con le diverse autonomie speciali, potrebbero
essere stipulati accordi di finanza pubblica di diverso contenuto  ed
essi potrebbero determinare rapporti  finanziari  reciproci  e  altre
prerogative d'autonomia differenti tra Regioni. 
    Motivo della doglianza sarebbe  invece  il  fatto  che  lo  Stato
avrebbe programmato  le  risorse  per  il  comparto  delle  autonomie
speciali dimostrando di essere pronto a stipulare accordi di  finanza
pubblica, secondo  effettivi  margini  di  negoziabilita',  solo  con
alcune di esse, mentre per la Sardegna, per le ragioni gia'  esposte,
la disposizione impugnata avrebbe di fatto e di diritto escluso  ogni
possibilita'    di    effettiva     negoziazione     dei     rapporti
economico-finanziari. 
    Richiama  ulteriormente  quanto  affermato  dalla   Corte   nella
sentenza  n.  154  del  2017,  laddove,  rilevando  «la  peculiarita'
dell'accordo  concluso  con  le  autonomie  della  Regione   autonoma
Trentino-Alto Adige», che ha  giustificato  «l'isolata  menzione»  di
quel solo accordo nella legge di bilancio per il 2016,  nondimeno  ha
ribadito «il principio dell'eguale riconoscimento e della parita'  di
posizione  di  tutte  le  autonomie  differenziate,   rispetto   alle
richieste di contribuire  agli  equilibri  della  finanza  pubblica».
Sicche',  anche  se,  all'esito  delle  negoziazioni,   si   potrebbe
determinare  l'effetto  di  accordi  aventi  «specifici  e   concreti
contenuti» di diverso tenore, la programmazione  finanziaria  statale
dovrebbe comunque garantire «eguale  riconoscimento»  e  «parita'  di
posizione» tra le autonomie speciali. 
    Diversamente, secondo la Regione  autonoma  Sardegna,  tanto  non
sarebbe accaduto nel caso  di  specie,  considerando  il  trattamento
riservato alle altre autonomie speciali dalle disposizioni  contenute
nella medesima legge di bilancio. 
    La ricorrente menziona, per la sua particolare  significanza,  il
trattamento riservato  alla  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aôste. Osserva in proposito che la struttura della disposizione che
concerne detta autonomia speciale (art.1, comma 841  della  legge  n.
205 del 2017) sarebbe in tutto simile  a  quella  della  disposizione
impugnata (art.1, comma 851): sono parimenti richiamate  le  sentenze
della Corte n. 77 del  2015  e  n.  154  del  2017  e  la  previsione
normativa  sarebbe  concepita  «nelle  more  della  definizione   dei
complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione». Tuttavia,
solo per la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aôste e' prevista
la riduzione degli accantonamenti a  suo  carico  senza  limitarsi  a
prevedere una modesta erogazione aggiuntiva; inoltre, la riduzione e'
immediatamente operativa e non si rinvia  l'intervento  all'esercizio
2019. 
    3.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
Stato, deducendo la manifesta infondatezza del ricorso. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri rammenta che  la  Corte,
con la sentenza  n.  77  del  2015,  ha  implicitamente  circoscritto
temporalmente all'anno 2017 l'efficacia dell'articolo  16,  comma  3,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini, nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese
del settore bancario), il quale assicura  un  concorso  alla  finanza
pubblica per  l'importo  complessivo  di  1.575  milioni  di  euro  a
decorrere dall'anno 2015,  mediante  accantonamenti  a  valere  sulle
quote di compartecipazione ai tributi erariali. Tale limite temporale
sarebbe stato successivamente  prorogato  al  2018  dall'articolo  1,
comma 415, della legge n. 190 del 2014.  Pertanto,  a  decorrere  dal
2019, il concorso alla finanza pubblica, previsto  dall'articolo  16,
comma 3, del d.l. n. 95 del  2012,  cessera'  di  essere  dovuto.  Il
legislatore, prosegue la parte resistente, ferma la piena volonta' di
applicare correttamente le sentenze della Consulta,  si  scontrerebbe
pero' con la necessita' di  considerare  gli  effetti  dirompenti  in
termini di finanza pubblica, derivanti dall'esecuzione  della  citata
sentenza n. 77 del 2015, in un'ottica che non potrebbe essere  scevra
dalle valutazioni  in  merito  alle  specificita'  finanziarie  delle
singole autonomie territoriali. 
    Il sopravvenuto quadro  giuridico  recato  anche  dalle  sentenze
della Corte n. 77 del 2015 e  n.  154  del  2017  imporrebbe  quindi,
secondo la difesa erariale, una  nuova  definizione  dei  complessivi
rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione autonoma Sardegna e,  a
tal proposito, il legislatore sarebbe intervenuto medio  tempore  con
l'art. 1, comma 851, della legge n. 205 del 2017. 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri la  disposizione
impugnata sarebbe espressione del contemperamento  dell'esigenza  del
coordinamento della finanza pubblica con il  rispetto  del  principio
della leale  collaborazione:  il  legislatore,  nonostante  l'impatto
sulla  finanza   pubblica   che   dovra'   fronteggiare   in   virtu'
dell'applicazione della sentenza n. 77  del  2015,  avrebbe  comunque
riconosciuto, per l'anno 2019,  alla  Regione  autonoma  Sardegna  un
contributo di 15 milioni di euro, nelle more  della  definizione  dei
complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la  ricorrente,  anche
in  considerazione  del  ritardo  nello  sviluppo  economico   dovuto
all'insularita'. 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  osserva  che  tale
disposizione, certamente qualificabile come norma di  favore  per  la
ricorrente, rappresenterebbe un unicum nella legge di bilancio 2018 -
insieme  all'art.  1,  comma  841,  relativo  alla  riduzione   degli
accantonamenti   nei   confronti   della   Regione   autonoma   Valle
d'Aosta/Vallee  d'Aôste  -  non   essendo   rinvenibile   un   simile
atteggiamento  del  legislatore  anche  nei  confronti  delle   altre
autonomie speciali. 
    Per tali motivi la parte resistente afferma  di  non  comprendere
quale possa essere  l'interesse  ad  agire  della  ricorrente  in  un
giudizio che mirerebbe a rimuovere una disposizione che in alcun modo
comporterebbe effetti  peggiorativi  per  i  saldi  finanziari  della
Regione ma che, al contrario, terrebbe anche conto del ritardo  nello
sviluppo economico della stessa dovuto all'insularita'. 
    3.1.- Quanto  all'asserita  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione,  che  la  ricorrente  rinviene  nella  preventiva   e
unilaterale determinazione del contributo ostativa per  un  eventuale
percorso negoziale, il Presidente del Consiglio dei ministri  osserva
che  la  norma  impugnata  contemplerebbe  un  effettivo  margine  di
negoziabilita'  dell'importo,  che  potra'  essere  concordato  nelle
successive fasi dialogiche del percorso di definizione dei  reciproci
rapporti   finanziari   Stato-Regione.   Il   legislatore,    conscio
dell'opportunita' di negoziare il carico finanziario  richiesto  alla
Regione  autonoma  Sardegna,  avrebbe  quindi  adottato   una   norma
dispositiva  e  quindi  derogabile  qualora   le   parti   dispongano
diversamente; essa non conterrebbe alcuna imposizione  unilaterale  e
preventiva di misure a carico della ricorrente. 
    In ogni caso, la difesa statale  osserva  che,  contrariamente  a
quanto sostiene la ricorrente, lo Stato non si sarebbe mai  sottratto
al confronto, come sarebbe dimostrato dalle riunioni tenute presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri nell'anno 2017, nel corso delle
quali, considerate le  proposte  della  Regione  ricorrente,  non  si
sarebbe riscontrato un confronto  realmente  orientato  al  superiore
interesse  pubblico  di   conciliare   l'autonomia   finanziaria   di
quest'ultima con gli indefettibili vincoli di finanza pubblica. 
    3.2.- Per quanto concerne  l'asserita  esiguita'  del  contributo
previsto, il Presidente del Consiglio dei  ministri  osserva  che  il
relativo importo sarebbe frutto di una valutazione politica, e che la
Regione  autonoma  Sardegna   avrebbe   realizzato   un   consistente
miglioramento  della  propria  situazione  finanziaria,  grazie  alla
modifica dell'ordinamento finanziario previsto,  a  regime  dall'anno
2010, dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
finanziaria 2007)». 
    Al  riguardo,  evidenzia  che  le  entrate  derivanti  dal  nuovo
ordinamento finanziario risultano incrementate a decorrere  dall'anno
2010 di circa  2.830  milioni  di  euro  annui,  a  fronte  di  oneri
aggiuntivi  a  carico  del  bilancio  regionale  (sanita',  trasporto
pubblico locale e continuita' territoriale) pari  complessivamente  a
circa 1.300 milioni di euro, e quindi con un saldo positivo di  circa
1.500-1.600 milioni di euro annui. 
    3.3.- La difesa statale osserva infine che  la  Regione  autonoma
Sardegna beneficerebbe - unica tra  tutte  le  autonomie  speciali  -
della restituzione delle riserve istituite per gli anni dal  2014  al
2018 dall'art. l, comma 508, della legge 27 dicembre  2013,  n.  147,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)», con la finalita'
di assicurare il concorso delle Regioni a statuto  speciale  e  delle
Province autonome di Trento e di Bolzano all'equilibrio dei bilanci e
alla sostenibilita' del debito pubblico, con impatto  favorevole  per
il bilancio regionale pari a circa 240 milioni di euro annui dal 2014
al 2018. 
    4.- La Regione autonoma Sardegna ha presentato memoria  in  vista
dell'udienza pubblica. 
    In replica alle deduzioni difensive del Presidente del  Consiglio
dei ministri la ricorrente contesta  che  la  necessita'  manifestata
dallo Stato di sovvenire ai  maggiori  oneri  recati  dalla  sentenza
della Corte n. 77 del  2015  possa  essere  tutelata  comprimendo  la
autonomia  finanziaria  regionale,  dato  che  dallo  stesso   ordito
normativo si sarebbe potuto gia' dedurre (ed in tal senso si  sarebbe
limitata la Corte costituzionale a "leggere" il dettato) l'intenzione
del legislatore di limitare temporalmente il suddetto  contributo  di
finanza pubblica e che comunque, trattandosi  di  contributo  imposto
con legge del 2012 e oggetto della pronuncia  della  Corte  gia'  nel
2015, lo Stato avrebbe avuto numerosi anni di tempo per rimediare  al
venire meno di tale fonte, senza quindi  che  tale  necessita'  possa
attualmente costituire una valida ragione per  congelare  i  rapporti
finanziari con la ricorrente sino a tutto il 2020. 
    Non sarebbe quindi comprensibile secondo la Regione,  come  possa
oggi lo Stato dolersi di una propria scelta legislativa, erroneamente
leggendo la sentenza n. 77 del 2015 quasi come fosse una "sentenza di
spesa". Parimenti, la ricorrente non ritiene comprensibile come  tale
vicenda normativa  e  giurisprudenziale,  conclusa  da  tempo,  possa
essere indicata quale ratio giustificatrice  di  una  previsione  che
mortificherebbe l'autonomia economico-finanziaria regionale. 
    4.1.- In merito a quanto affermato dal Presidente  del  Consiglio
dei ministri, secondo il quale la disposizione impugnata sarebbe  una
«norma di favore» e che la  Regione  autonoma  Sardegna  non  avrebbe
interesse a impugnare,  la  ricorrente  rammenta  che,  per  costante
giurisprudenza costituzionale, il giudizio promosso in via principale
e' condizionato alla mera pubblicazione di una legge che  si  ritenga
lesiva della ripartizione di competenze, a prescindere dagli  effetti
che essa abbia prodotto (sono richiamate le sentenze n. 195, n.  235,
n. 237 e n. 245 del 2017) e, quanto alla sussistenza di un  interesse
attuale  e  concreto  a  proporre  l'impugnazione,  per   conseguire,
attraverso la pronuncia richiesta, un'utilita' diretta  e  immediata,
la Regione autonoma Sardegna  richiama  quanto  esposto  in  ricorso,
laddove si sarebbe evidenziato che tale disposizione precluderebbe la
ridefinizione  dei   rapporti   finanziari   con   lo   Stato   prima
dell'esercizio di bilancio 2020, senza che  prima  di  tale  data  la
ricorrente possa sperare in altri contributi  economici  oltre  i  15
milioni cosi' stanziati. 
    Da tale effetto prodotto dal  comma  851  impugnato,  secondo  la
Regione  autonoma  Sardegna,  si  dovrebbe  desumere  l'interesse  ad
impugnare della ricorrente, in quanto, si sostiene, l'annullamento di
tale    disposizione    escluderebbe    ogni    possibilita',     per
l'amministrazione statale, di rifiutare o ritardare la stipula di  un
accordo di finanza pubblica con la Regione. 
    4.2.- La ricorrente evidenzia inoltre che nelle riunioni tecniche
finalizzate alla stipulazione di un accordo di finanza  pubblica  con
lo  Stato,  questi  non  avrebbe   mai   manifestato   effettivamente
l'intenzione di addivenire  ad  un  accordo,  non  formulando  alcuna
proposta  che  recasse  sensibili  miglioramenti  rispetto  a  quanto
prospettato  inizialmente  e  che  tenesse  conto   delle   richieste
regionali. 
    4.3.- Infine,  in  relazione  all'obiezione  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri secondo la quale la fissazione del  contributo
sarebbe frutto di una valutazione politica, correlata al fatto che la
Sardegna  avrebbe  realizzato  un  consistente  miglioramento   della
propria situazione finanziaria, grazie alla modifica dell'ordinamento
finanziario  previsto,  a  regime  dall'anno  2010,  dalla  legge  27
dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)»,
la Regione  autonoma  Sardegna  obietta  che  le  entrate  tributarie
spettanti alla medesima, al  netto  degli  accantonamenti  (correlati
agli obblighi di finanza pubblica gravanti sulla Regione),  non  solo
non sarebbero aumentate dal 2010, ma sarebbero diminuite di circa 390
milioni di euro, mentre sarebbe in costante aumento  il  costo  netto
del servizio sanitario regionale. 
    5.- Ha presentato memoria anche il Presidente del  Consiglio  dei
Ministri. 
    Il resistente, richiamate le argomentazioni gia' svolte nell'atto
di costituzione, evidenzia, in ogni caso,  che  secondo  la  costante
giurisprudenza della Corte sarebbero  legittime  le  riduzioni  delle
risorse regionali, a condizione che  non  comportino  uno  squilibrio
tale  da  compromettere  le  complessive  esigenze  di  spesa  e,  in
definitiva, da pregiudicare l'adempimento dei compiti  affidati  alla
Regione  e  che  grava  sul  deducente   l'onere   probatorio   circa
l'irreparabile pregiudizio  lamentato,  da  soddisfarsi  dimostrando,
anche attraverso dati quantitativi, l'entita' dell'incidenza negativa
delle riduzioni di provvista finanziaria sull'esercizio delle proprie
funzioni. 
    5.1.- Obietta che l'asserito squilibrio sarebbe illustrato  dalla
Regione attraverso richiami riferiti  a  generali  considerazioni  di
tipo quantitativo, senza alcuna illustrazione di dettaglio specifico. 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,  pertanto,  non
assumerebbe    alcun    rilievo    la    documentazione    depositata
successivamente al ricorso laddove i dati sarebbero forniti in  forma
aggregata e sintetica; essa comunque  sarebbe  riferita  al  2018,  e
quindi non sarebbe idonea a valutare le modalita' di svolgimento  del
confronto nell'anno 2017. 
    5.2.-  Infine,  per  quanto  concerne  l'asserita  esiguita'  del
contributo  previsto,  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri
evidenzia che il relativo importo sarebbe frutto di  una  valutazione
politica  che  ha  tenuto  conto  dell'evolversi   della   situazione
finanziaria a seguito  della  modifica  dell'ordinamento  finanziario
regionale, in ragione  del  quale  le  entrate  derivanti  dal  nuovo
ordinamento finanziario risultano incrementate a decorrere  dall'anno
2010 di circa  2.830  milioni  di  euro  annui,  a  fronte  di  oneri
aggiuntivi  a  carico  del  bilancio  regionale  (sanita',  trasporto
pubblico locale e continuita' territoriale) pari  complessivamente  a
circa 1.300 milioni di euro, quindi con un saldo  positivo  di  circa
1.500 - 1600 milioni di euro annui. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso  indicato  in  epigrafe  la  Regione  autonoma
Sardegna  ha  sollevato  questioni  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 1,  comma  851,  della  legge  27  dicembre  2017,  n.  205
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2018  e
bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), in riferimento  agli
artt. 3, 5, 116, 117 e 136 della Costituzione e  agli  artt.  7  e  8
della legge costituzionale 26 febbraio 1947, n. 3  (Statuto  speciale
per la Sardegna). 
    L'art. 1, comma 851, della legge n. 205 del 2017  stabilisce  che
«[n]ell'anno 2019,  nelle  more  della  definizione  dei  complessivi
rapporti finanziari fra lo Stato e  la  regione  Sardegna  che  tenga
conto, tra l'altro, delle sentenze della Corte costituzionale  n.  77
del 2015 e n. 154 del 2017, anche in considerazione del ritardo nello
sviluppo  economico  dovuto  all'insularita',  e'  riconosciuto  alla
regione Sardegna un contributo pari a 15 milioni di euro». 
    1.1.-  La  ricorrente  lamenta  che  la  disposizione   impugnata
riconosce per l'intero triennio  2018-2020  un  contributo  economico
pari a euro 15.000.000,00. 
    Si tratterebbe  di  una  somma  particolarmente  esigua,  sia  in
raffronto a quanto riconosciuto dalla medesima legge di  bilancio  in
favore delle Regioni autonome Valle d'Aosta e Friuli-Venezia Giulia e
della Regione siciliana, sia con riguardo ai  contributi  di  finanza
pubblica che la Regione autonoma Sardegna versa allo Stato  in  forza
della legislazione vigente. Essi sarebbero pari per il  2018  a  euro
683.996.000,00 «oltre a quelli, pari a circa 600 milioni di  euro  in
un triennio, che [...] sono ancora sul tavolo della negoziazione  tra
le parti, in quanto previsti dall'art. 1, comma 680, della  legge  n.
208 del 2015, nonche' dall'art. 1, commi 392 segg.,  della  legge  n.
232 del 2016». 
    Dato  che  il  contributo  previsto  dalla  norma  impugnata   e'
riconosciuto «nelle more della definizione dei  complessivi  rapporti
finanziari fra lo Stato e la regione Sardegna», risulterebbe evidente
come tale erogazione sia destinata a precedere la  ridefinizione  dei
rapporti economici tra  le  parti,  ridefinizione  che  non  potrebbe
aversi e che, comunque, non potrebbe sortire effetti prima della fine
del triennio. 
    Cio' starebbe a  significare  che  lo  Stato,  attraverso  questa
disposizione: a) avrebbe prorogato per il triennio la  situazione  di
mancato adeguamento delle risorse  spettanti  alla  Regione  autonoma
Sardegna previste dallo statuto speciale e dall'art. 27 della legge 5
maggio 2009, n. 42 (Delega  al  Governo  in  materia  di  federalismo
fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione), a  fini
di riequilibrio dell'insularita'; b) avrebbe rifiutato la stipula  di
accordi di finanza pubblica con la Regione autonoma  fino  alla  fine
del triennio; c) avrebbe unilateralmente  e  definitivamente  escluso
per le annualita' 2018 e 2020, e fissato in soli  euro  15.000.000,00
per l'annualita' 2019, il proprio contributo in favore della  Regione
autonoma Sardegna,  pur  riconoscendone  espressamente  le  peculiari
difficolta' economiche; d) non avrebbe in alcun modo tenuto conto dei
contributi di finanza pubblica gia' imposti alla Regione, nonche' del
contributo di finanza pubblica tuttora da definire nel  dettaglio  ai
sensi dell'art. 1, comma 680, della legge 28 dicembre 2015,  n.  208,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», e  dell'art.  1,
commi 392 e seguenti, della legge 11 dicembre 2016, n. 232  (Bilancio
di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2017  e  bilancio
pluriennale  per  il  triennio  2017-2019),  secondo   l'orientamento
espresso da questa Corte con la sentenza n. 154 del 2017. 
    Da tali considerazioni si ricaverebbe che, prima della  fine  del
triennio, non vi sarebbe alcuno spazio  di  effettiva  negoziabilita'
nei rapporti fra Stato e Regione. Inoltre, ogni  richiesta  regionale
di rinegoziare le riserve, gli accantonamenti e i contributi sine die
o imposti su profili di spesa non cofinanziati, attualmente  previsti
a carico della Regione autonoma Sardegna, sarebbe preclusa  ex  lege,
in difformita' dagli  orientamenti  piu'  volte  espressi  da  questa
Corte. 
    Il concreto  pregiudizio  derivante  dalla  mancata  restituzione
delle riserve erariali e da contributi, accantonamenti e ritardi  nel
riconoscimento  dell'insularita'   contrasterebbe   con   l'autonomia
economico-finanziaria regionale, presidiata dalle norme statutarie  e
da quelle costituzionali. 
    Lo Stato, in tal modo, si sottrarrebbe a un autentico  confronto,
necessario affinche' «ciascuna delle parti  coinvolte  [sia  astretta
da] un preciso dovere di collaborazione e di discussione,  articolato
nelle necessarie fasi dialogiche»  (vengono  a  tal  fine  citate  le
sentenze n. 154 del 2017, n. 82 e n. 19 del 2015 di questa Corte). 
    Nel caso di specie la legge impugnata realizzerebbe una sorta  di
"condotta di blocco" del procedimento di accordo,  costituzionalmente
illegittima (viene in proposito richiamata la  sentenza  n.  198  del
2004 di questa Corte). 
    In   forza   dei   principi   affermati   dalla    giurisprudenza
costituzionale (viene citata la sentenza n. 19  del  2015  di  questa
Corte), la preventiva e  unilaterale  determinazione  del  contributo
delle autonomie speciali alla manovra di finanza pubblica, per essere
conforme a Costituzione e compatibile con  gli  statuti  d'autonomia,
dovrebbe lasciare  un  effettivo  «margine  di  negoziabilita'»  alle
Regioni autonome, da svilupparsi in tempi ragionevoli. 
    Malgrado i tempi risalenti del nascere della  questione,  non  vi
sarebbero «somme specificamente stanziate nel bilancio dello Stato  a
copertura di un eventuale accordo con la Regione Sardegna  prima  del
2020», se non il citato, saltuario, contributo di euro  15.000.000,00
per il solo esercizio 2019. 
    La ricorrente richiama quanto affermato da questa Corte,  con  la
sentenza  n.  154  del  2017,  riguardo   al   principio   di   leale
collaborazione: esso «richiede un confronto autentico,  orientato  al
superiore interesse pubblico di  conciliare  l'autonomia  finanziaria
delle regioni con l'indefettibile  vincolo  di  concorso  di  ciascun
soggetto ad autonomia speciale alla manovra di stabilita', sicche' su
ciascuna  delle  parti  coinvolte  ricade  un   preciso   dovere   di
collaborazione e di discussione,  articolato  nelle  necessarie  fasi
dialogiche». Nel caso di specie, per  le  ragioni  sopra  illustrate,
risulterebbe giuridicamente impossibile per la  ricorrente  formulare
proposte in termini di finanza pubblica, in quanto lo Stato, in forza
della  specifica  disposizione  impugnata,  si  sarebbe  radicalmente
sottratto al confronto con la Regione autonoma Sardegna. 
    Alla luce di quanto esposto, la  norma  impugnata  contrasterebbe
anche  con  l'art.  136   Cost.,   per   violazione   del   giudicato
costituzionale. 
    Essa violerebbe altresi' il principio di ragionevolezza: l'esiguo
stanziamento,  per  il  solo  esercizio  2019,  non  potrebbe  essere
utilmente  impiegato  in  un'azione  di  sistema  per  garantire   lo
svolgimento delle funzioni regionali, fronteggiare il  ritardo  nello
sviluppo economico-sociale  dell'isola  e  compensare  lo  svantaggio
derivante dall'insularita'. 
    La  Regione  ricorrente  richiama  dati  analitici  del   proprio
bilancio  per  raffrontarli,  sotto  il  profilo  quantitativo,  alla
lamentata  esiguita'  del  contributo,  evidenziandone   l'intrinseca
irragionevolezza  in  relazione  alla  «contraddittorieta'   tra   lo
stanziamento effettuato e le finalita' indicate dalla legge, che  non
sono legate a  un  singolo  intervento,  bensi'  alle  piu'  generali
necessita' collegate allo stato di insularita'  e  al  ritardo  nello
sviluppo  economico  dell'isola,  espressamente  riconosciuti   dallo
stesso legislatore». 
    Infine,      costituirebbe      un      elemento      sintomatico
dell'irragionevolezza della disposizione impugnata la sua particolare
esiguita' in riferimento  all'ammontare  dei  contributi  di  finanza
pubblica (sia temporanei  che  indefiniti  nel  tempo)  imposti  alla
ricorrente, nonche' all'ammontare dei contributi di finanza  pubblica
gia' oggetto di determinazione unilaterale e preventiva da parte  del
legislatore statale e in attesa  di  ripartizione  tra  le  autonomie
speciali, ai sensi degli artt. 1, comma 680, della legge n.  208  del
2015 e 1, commi 392 e seguenti, della  legge  n.  232  del  2016.  Il
contributo erogato dallo Stato  per  l'esercizio  2019  costituirebbe
appena il due per cento del contributo alla finanza pubblica  imposto
alla Regione autonoma per il 2018, pari a euro 683.996.000,00. 
    Risulterebbe  parimenti  evidente   la   lesione   dell'autonomia
finanziaria  della  Regione  autonoma   Sardegna,   confrontando   il
contributo attribuitole per il 2019 con quelli ottenuti  dalle  altre
autonomie speciali per il triennio di programmazione 2018-2020. 
    Per i suddetti motivi la norma impugnata sarebbe in contrasto con
il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5, 116  Cost.,
con il principio di ragionevolezza  di  cui  all'art.  3  Cost.,  con
l'art. 117, terzo comma, Cost. (coordinamento della finanza pubblica)
e con  gli  artt.  7  e  8  dello  statuto  reg.  Sardegna.  Inoltre,
violerebbe l'art. 136 Cost., con riferimento alle sentenze n. 77  del
2015 e n. 154 del 2017. 
    1.2.-  Il  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   sostiene
l'infondatezza del ricorso, evidenziando come la sentenza n.  77  del
2015 di questa Corte  abbia  circoscritto  temporalmente  l'efficacia
dell'art. 16, comma  3,  del  decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95
(Disposizioni urgenti per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario),  convertito,  con
modificazioni, nella legge  7  agosto  2012,  n.  135,  in  relazione
all'art. l, comma 454, della legge 24 dicembre 2012, n. 228,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge di  stabilita'  2013)»,  cosicche'  il  contributo
prescritto  a  carico  delle   autonomie   speciali,   e   con   esso
l'accantonamento,  sarebbe  cessato  nel   2017,   limite   temporale
successivamente prorogato al 2018 dall'art. l, comma 415, della legge
23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2015)». 
    A decorrere dal 2019, secondo la  sentenza  n.  77  del  2015  di
questa Corte, il contributo alla finanza pubblica previsto  dall'art.
16, comma 3, del d.l. n. 95  del  2012  dovrebbe  cessare,  mentre  a
decorrere dall'anno 2019 il concorso alla finanza pubblica  di  tutte
le  autonomie  speciali,  con  l'eccezione  della  Regione   autonoma
Trentino Alto-Adige/Südtirol e delle Province autonome  di  Trento  e
Bolzano, definito con  specifico  accordo,  sarebbe  complessivamente
pari a euro 1.260.000.000,00  annui.  Nulla  escluderebbe  che  tutti
detti enti possano rivendicare una rideterminazione del  concorso  in
virtu' del sopravvenuto  quadro  giuridico:  in  tal  caso  l'effetto
finanziario della  sentenza  n.  77  del  2015  ammonterebbe  a  euro
1.575.000.000,00 annui a decorrere dall'anno 2019. 
    Il  legislatore,   ferma   la   piena   volonta'   di   applicare
correttamente le sentenze di questa Corte,  si  scontrerebbe  con  la
necessita' di considerare  gli  effetti  dirompenti,  in  termini  di
finanza pubblica, derivanti dalla citata sentenza n. 77 del 2015,  in
un'ottica che «non puo' essere scevra  dalle  valutazioni  in  merito
alle specificita' finanziarie delle singole autonomie territoriali». 
    In tale contesto, il Ministro dell'economia e delle finanze,  per
effetto dell'art. 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n.  196
(Legge di contabilita' e  finanza  pubblica),  dovrebbe  assumere  le
conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il  rispetto
dell'art. 81 Cost. e quindi di garantire il  rispetto  dei  saldi  di
finanza pubblica. 
    Se, da un lato, la lettura dell'art. 16, comma 3, del d.l. n.  95
del 2012, secondo  la  sentenza  n.  77  del·2015  di  questa  Corte,
indurrebbe a ritenere il concorso alla  finanza  pubblica  cessato  a
decorrere dal 2019, dall'altro, la successiva  sentenza  n.  154  del
2017 avrebbe  confermato  il  potere  dello  Stato  di  prevedere  il
concorso  alla  finanza  pubblica  anche  a  carico  delle  autonomie
speciali. 
    Il quadro giuridico derivante dalle evocate  pronunce  imporrebbe
una nuova definizione dei  complessivi  rapporti  finanziari  tra  lo
Stato e la Regione autonoma Sardegna, come sarebbe  confermato  dalla
formulazione dell'art. l, comma 851, della legge n. 205 del 2017. 
    La  norma  impugnata  rappresenterebbe  il  contemperamento  «sia
dell'esigenza del coordinamento della finanza  pubblica  ex  articolo
117,  terzo  comma,  sia  del  rispetto  del  principio  della  leale
collaborazione. Invero,  il  legislatore,  nonostante  il  dirompente
impatto in termini di finanza pubblica a cui e' chiamato a far fronte
in virtu'  dell'applicazione  della  sentenza  n.  77  del  2015,  ha
comunque riconosciuto, per l'anno  2019,  alla  regione  Sardegna  un
contributo di 15 milioni di euro, nelle more  della  definizione  dei
complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la  ricorrente,  anche
in  considerazione  del  ritardo  nello  sviluppo  economico   dovuto
all'insularita'». 
    Tale disposizione sarebbe norma di favore per la ricorrente, «non
essendo rinvenibile un simile atteggiamento del legislatore anche nei
confronti delle altre autonomie speciali. Non  si  comprende  infatti
quale possa essere  l'interesse  ad  agire  della  ricorrente  in  un
giudizio che mira a demolire  una  disposizione  che  in  alcun  modo
comporta effetti peggiorativi per i saldi finanziari della Regione ma
che, al contrario, tiene conto del ritardo nello  sviluppo  economico
della stessa dovuto all'insularita'». 
    La  normativa  sarebbe  conforme  al  principio  consensualistico
inerente  alle  manovre  di  finanza  pubblica,  poiche'  i  rapporti
finanziari tra lo Stato e le autonomie  speciali  sono  regolati  dal
principio dell'accordo, inteso, tuttavia, come vincolo di  metodo,  e
non  gia'  di  risultato,  e  declinato  nella  forma   della   leale
collaborazione,  dovendo  le  parti  porre  in  essere  un  confronto
autentico e realmente orientato al superiore  interesse  pubblico  di
conciliare, nei limiti del possibile, l'autonomia  finanziaria  della
Regione con  gli  indefettibili  vincoli  di  finanza  pubblica,  nel
rispetto di quelli europei. 
    Il metodo dell'accordo, secondo il  resistente,  dovrebbe  essere
quindi concepito come uno strumento di bilanciamento tra  l'autonomia
finanziaria degli enti territoriali e  l'esigenza  di  raggiungimento
degli obiettivi di finanza pubblica che  anche  le  Regioni  speciali
sono    tenute    a    osservare    per    preservare    l'equilibrio
economico-finanziario del complesso delle amministrazioni  pubbliche,
anche per  garantire  l'unita'  economica  della  Repubblica:  «[n]el
considerare sia gli equilibri di finanza pubblica sia  la  necessita'
di addivenire alla stipula di una intesa con la regione Sardegna,  il
legislatore  ha  ritenuto  opportuno  riconoscere  medio  tempore  un
contributo, previsto esclusivamente a titolo di acconto,  nei  limiti
della disponibilita' finanziaria. La  norma  contempla  un  effettivo
margine di negoziabilita' dell'importo, che potra' essere  concordato
nelle successive fasi dialogiche  del  percorso  di  definizione  dei
reciproci rapporti finanziari Stato-Regione». 
    Sarebbero inconferenti i richiami operati dalla  ricorrente  alle
sentenze di questa Corte in materia di accordi Stato-Regioni, nonche'
le argomentazioni relative alle  ipotesi  di  concorso  alla  finanza
pubblica, perche', nel caso di specie,  non  sarebbe  stata  prevista
alcuna imposizione unilaterale e preventiva di misure a carico  della
ricorrente. 
    Contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione, lo Stato non  si
sarebbe sottratto  al  confronto,  «come  dimostrato  dalle  riunioni
tenute presso la Presidenza del Consiglio nell'anno 2017,  nel  corso
delle quali,  considerate  le  proposte  della  Regione,  non  si  e'
riscontrato un confronto realmente orientato al  superiore  interesse
pubblico di conciliare l'autonomia finanziaria della Regione con  gli
indefettibili vincoli di finanza pubblica». 
    Per quanto concerne l'asserita esiguita' del contributo previsto,
secondo il Presidente del Consiglio dei ministri  la  quantificazione
dello stesso sarebbe frutto di una valutazione politica, in quanto la
Regione  autonoma  Sardegna   avrebbe   realizzato   un   consistente
miglioramento della propria  situazione  finanziaria:  «[l]e  entrate
derivanti dal nuovo ordinamento finanziario risultano incrementate  a
decorrere dall'anno 2010 di circa 2.830  milioni  di  euro  annui,  a
fronte di oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale  (sanita',
trasporto  pubblico   locale   e   continuita'   territoriale)   pari
complessivamente a circa 1.300 milioni di euro, con un saldo positivo
di 1.500/1600 milioni di euro annui». 
    La Regione, inoltre, avrebbe  beneficiato,  unica  tra  tutte  le
autonomie speciali, «della restituzione delle riserve  istituite  per
gli anni dal 2014 al 2018 dall'articolo l, comma 508, della legge  n.
147 del 2013 [...] con impatto favorevole per il  bilancio  regionale
pari a circa 240 milioni di euro annui dal 2014 al 2018». 
    2.- Ai fini dello scrutinio di ammissibilita' del ricorso e dello
scrutinio di merito delle questioni  proposte,  e'  utile  ricordare,
sotto il profilo storico, normativo  e  giurisprudenziale,  le  tappe
della cosiddetta "vertenza entrate" della Regione autonoma  Sardegna,
da cui prende le mosse l'impugnativa. 
    Dopo una consensuale istruttoria finanziaria svolta  di  concerto
con la Ragioneria generale dello Stato  e  culminata  nell'emanazione
dell'art. 1, commi 836 e 837, della legge 27 dicembre 2006,  n.  296,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  (legge  finanziaria  2007)»,  la   Regione
autonoma  Sardegna  ha  assunto  a  proprio   carico,   con   risorse
provenienti interamente dal proprio bilancio,  il  finanziamento  del
Servizio sanitario, del  trasporto  pubblico  locale,  nonche'  delle
funzioni relative alla continuita' territoriale. 
    E'  stato,  inoltre,  assoggettato  a   revisione   l'ordinamento
finanziario regionale, disciplinato  dall'art.  8  dello  Statuto  di
autonomia, al fine  di  rendere  attuale  lo  strumento  di  garanzia
dell'autonomia economico-finanziaria della Regione, in  coerenza  con
le riforme della fiscalita' che avevano reso inadeguata la precedente
compartecipazione ai tributi erariali. Con l'art. 1, comma 834, della
stessa  legge  n.  296  del  2006,  il  legislatore,  attraverso   il
procedimento previsto dall'art. 54 dello  statuto  di  autonomia,  ha
modificato l'art.  8  del  medesimo  statuto,  aumentando  la  citata
compartecipazione. 
    Contestualmente, lo Stato ha devoluto alla Regione ulteriori euro
25.000.000,00 (comma 835), a fronte, come  detto,  del  finanziamento
integrale del  sistema  sanitario  nazionale  sul  territorio  sardo,
«senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato» (comma  836),
e ha trasferito alla Regione anche «le funzioni relative al trasporto
pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le
funzioni relative alla continuita' territoriale» (comma 837). 
    Il comma  838  ha  fissato  un  "tetto"  progressivo  agli  oneri
aggiuntivi a carico del bilancio dello  Stato  per  l'attuazione  del
nuovo art. 8 dello statuto reg. Sardegna per le annualita' 2007 (euro
344.000.000,00),   2008   (euro   371.000.000,00)   e   2009    (euro
482.000.000,00), specificando che la  nuova  compartecipazione  della
Regione autonoma Sardegna al gettito  dei  tributi  erariali  sarebbe
entrato a regime dall'anno 2010. 
    Successivamente all'entrata in vigore del riformato art. 8  dello
statuto di autonomia, e' sorta una vasta controversia tra la medesima
Regione e lo Stato, concernente la relativa attuazione.  In  sintesi,
il contenzioso ha  riguardato  i  seguenti  profili:  a)  la  mancata
esecuzione del riformato art. 8, attraverso la stipula di un  accordo
relativo alla capacita' di spesa regionale nel contesto del Patto  di
stabilita'  interno.  Con  ricorso  per  conflitto  di   attribuzione
iscritto al r. confl.  enti  n.  8  del  2011,  la  Regione  autonoma
Sardegna ha censurato la mancata attuazione del suddetto art.  8  per
la parte inerente alla riscossione delle maggiori compartecipazioni a
fronte  dell'avvenuta  imposizione  del  contributo  finalizzato   al
rispetto, in termini macroeconomici,  del  patto  di  stabilita'.  Il
conflitto e' stato dichiarato inammissibile in quanto «[u]na  lettura
corretta della nota della RGS dimostra che lo  Stato  non  ha  inteso
sottrarsi  all'accordo  attraverso  una  controproposta   chiusa   al
successivo confronto  con  la  Regione,  che  possa  intendersi  come
"imposizione"  o  presa  di  posizione   in   senso   preclusivo   al
raggiungimento di un atto  consensuale.  Lo  Stato  si  e'  mantenuto
nell'ambito delle proprie prerogative costituzionali,  non  eccedendo
dai propri poteri in materia di coordinamento della finanza pubblica»
(sentenza n. 118 del  2012).  Con  la  medesima  pronuncia  e'  stato
precisato, tuttavia, che l'accordo  tra  le  parti  «non  potra'  che
realizzarsi all'interno dello spazio finanziario delimitato, in  modo
compensativo,  dalle  maggiori  risorse  regionali  risultanti  dalla
entrata in vigore dell'art. 8 dello statuto (con  decorrenza  dal  1°
gennaio 2010 per effetto dell'art. 1, comma 838, della legge  n.  296
del 2006) e dalla riduzione della spesa conseguente alla applicazione
del patto di stabilita' 2011 (tabella 1 allegata  all'art.  1,  comma
131, della legge n. 220 del 2010). E' infatti di palmare evidenza che
proprio il principio inderogabile dell'equilibrio in sede  preventiva
del  bilancio  di  competenza  comporta  che  non  possono   rimanere
indipendenti e non coordinati, nel suo ambito, i profili della  spesa
e quelli dell'entrata. Le norme richiamate  costituiscono,  nel  loro
complesso, il quadro normativo di riferimento della finanza regionale
della Sardegna. Il combinato delle suddette disposizioni  in  materia
di entrata e spesa  compone  dunque  la  disciplina  delle  relazioni
finanziarie tra Stato e Regione autonoma»; b) la possibilita' per  la
Regione di procedere  autonomamente  all'accertamento  delle  proprie
competenze fiscali e in particolare quelle  derivanti  dal  riformato
art. 8. Per tale finalita' e' stato emanato l'art. 3, comma 1,  della
legge reg. 30 giugno 2011, n. 12 (Disposizioni nei  vari  settori  di
intervento),  che  autorizzava  l'ente  a  stimare  contabilmente  le
entrate da compartecipazione  in  modo  autonomo,  sulla  base  degli
indicatori disponibili relativi ai gettiti tributari. La sentenza  n.
99 del 2012 di questa Corte ha dichiarato  inammissibile  il  ricorso
del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  avverso  tale  norma,
ritenendo che esso, «pur evocando  gli  articoli  4,  5  e  56  dello
statuto, omette di argomentare le ragioni per le quali  alla  Regione
non dovrebbe spettare il potere  di  quantificare  l'ammontare  delle
compartecipazioni  ai  tributi  erariali,  al  fine  di  redigere  il
bilancio di previsione. Ne' si  fa  menzione  dell'articolo  7  dello
statuto che, secondo  la  difesa  regionale,  garantisce  l'autonomia
finanziaria e contabile, nell'esercizio della quale,  sempre  secondo
la difesa, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo  art.  8  dello
statuto, e' stata emanata la  norma  impugnata,  per  consentire  che
fosse predisposto il bilancio regionale». Con la  medesima  pronuncia
si e' precisato che «[n]eppure il ricorrente spiega  quali  norme  di
attuazione si renderebbero necessarie per dare applicazione al  nuovo
art. 8 dello statuto, che determina la quota di tributi da trasferire
alla Regione  in  riferimento  a  ciascuna  compartecipazione.  [...]
Manca, dunque, da parte del ricorrente una sufficiente motivazione  a
sostegno dell'asserita necessita' che il nuovo art. 8  dello  statuto
richieda di essere attuato con la procedura di cui all'art.  56»;  c)
la mancata liquidazione alla Regione delle maggiori  somme  derivanti
dal rinnovato regime di compartecipazione, se non previa adozione  di
norme d'attuazione statutaria. Per detto profilo  questa  Corte,  pur
dichiarando inammissibile  un  conflitto  avverso  l'inerzia  serbata
dallo Stato nel liquidare integralmente tutte  le  somme  dovute,  ha
rivolto un severo monito allo Stato stesso affinche' si attivasse con
particolare sollecitudine per dare piena esecuzione al novellato art.
8 dello statuto reg. Sardegna. Infatti, la sentenza n. 95 del 2013 ha
dichiarato il conflitto inammissibile perche' «[l]a Nota [all'origine
del conflitto] non contiene alcun elemento da cui si  possa  evincere
la volonta' dello Stato di negare alla Regione le entrate dovute.  La
valenza  lesiva  della  Nota,  in  assenza  di  indizi  significativi
derivanti dal tenore testuale dell'atto, sarebbe desumibile,  secondo
la Regione, dal contesto e dai comportamenti complessivi dello Stato.
Tuttavia e' proprio il  contesto,  attentamente  esaminato,  che  non
consente di leggere l'atto impugnato come segno inequivocabile di  un
comportamento omissivo concludente, idoneo, in quanto tale, a  negare
le attribuzioni costituzionali della ricorrente (sentenza n. 276  del
2007)». Tale pronuncia e' stata accompagnata da un forte monito  allo
Stato: «[i]ndubbiamente l'inerzia statale troppo  a  lungo  ha  fatto
permanere uno stato di incertezza che determina conseguenze  negative
sulle finanze regionali, alle  quali  occorre  tempestivamente  porre
rimedio, trasferendo, senza ulteriore indugio, le risorse determinate
a  norma  dello  statuto.  Pur  prendendo  atto,  come   afferma   la
ricorrente, che il ritardo accumulato sta determinando una  emergenza
finanziaria in Sardegna, non si puo' ritenere, tuttavia, che la  Nota
impugnata, con la quale si immette nella disponibilita' della Regione
una quota delle somme rivendicate, rappresenti un atto  lesivo  delle
attribuzioni  regionali;  d)  l'inclusione   di   alcune   specifiche
tipologie di entrata nella clausola residuale di cui  alla  riformata
lettera m) dell'art. 8 dello statuto  (che  assegna  alla  Regione  i
«sette decimi di tutte le  entrate  erariali,  dirette  o  indirette,
comunque denominate, ad eccezione di quelle  di  spettanza  di  altri
enti pubblici»); e) l'imposizione, da parte del legislatore  statale,
di contributi di finanza  pubblica  in  capo  alla  Regione  autonoma
Sardegna, in via unilaterale e nelle more  dell'effettiva  entrata  a
regime del nuovo sistema di compartecipazione. Con  riguardo  a  tale
contenzioso questa  Corte  ha  affermato  che,  nei  confronti  delle
autonomie speciali, oneri  nelle  forme  di  generali  contributi  di
finanza pubblica  possono  essere  imposti  in  via  definitiva  solo
attraverso il metodo pattizio,  che  deve  essere  sempre  osservato,
mentre  in  via  unilaterale  lo  Stato  puo'  anticipare  misure  di
contenimento  quando  la  tempistica  anticipata  del  Documento   di
economia e finanza (DEF) non consente indugi  nella  definizione  del
concorso al rispetto dei vincoli di finanza nazionali ed  europei  da
parte delle autonomie territoriali (in tal senso, sentenze n. 154 del
2017, n. 155 e n. 19 del 2015). 
    Oltre a quanto precede, e' utile rammentare  quanto  in  generale
affermato da questa Corte in tema di relazioni finanziarie tra  Stato
e autonomie speciali, vale a dire che i vincoli di  finanza  pubblica
devono  comunque  consentire  l'esercizio  dell'autonomia   regionale
nell'allocazione  delle  risorse,  pur  nel  rispetto  del   generale
obiettivo di risparmio (sentenza  n.  82  del  2007),  devono  essere
limitati nel tempo  e,  di  regola,  non  sono  consentite  proroghe,
cosicche'  l'estensione  dei  contributi  di  finanza  pubblica  puo'
intervenire solo attraverso una nuova  e  integrale  valutazione  dei
rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione (sentenza  n.  154  del
2017). Lo Stato puo' anticipare gli effetti positivi  dei  contributi
di finanza pubblica attraverso  i  cosiddetti  "accantonamenti",  che
sono - per intrinseca definizione - provvisori e  da  assoggettare  a
conguaglio nel  momento  in  cui  siano  maturate  e  specificate  le
condizioni di legge  sulla  base  delle  quali  sono  stati  disposti
(sentenze n. 188 del 2016 e n. 77 del 2015). Deve,  comunque,  sempre
essere consentita la possibilita' di intraprendere  la  via  pattizia
per regolare, anche a esercizio di bilancio inoltrato,  le  relazioni
finanziarie tra Stato e autonomie territoriali (sentenza  n.  19  del
2015). Sono consentite,  in  conformita'  ai  limiti  indicati  negli
statuti e nelle norme di  attuazione  statutaria,  riserve  erariali,
ovverosia prelievi diretti  a  valere  sulle  risorse  compartecipate
(sentenza n. 241 del 2012). 
    2.1.- Il Ministero dell'economia e delle  finanze  e  la  Regione
autonoma Sardegna  hanno  stipulato,  in  data  21  luglio  2014,  un
"accordo in materia di  finanza  pubblica",  con  il  quale  si  sono
regolati i seguenti elementi del rapporto  economico-finanziario  tra
Stato e Regione: fissazione del livello massimo  di  spesa  regionale
per l'anno 2013 (art. 1, comma 1); certificazione  del  rispetto  del
patto di stabilita' regionale per l'anno  2013  (art.  1,  comma  2);
determinazione dell'obiettivo programmatico per la finanza  regionale
per l'anno 2014 (art. 2); determinazione del vincolo di bilancio  per
la Regione ai sensi dell'art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n.  243
(Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai sensi  dell'articolo  81,  sesto  comma,  della  Costituzione),  e
corrispondente non applicabilita', per la Regione autonoma  Sardegna,
delle non compatibili disposizioni di legge in materia  di  patto  di
stabilita' (art. 3); determinazione del sistema  di  controllo  sulla
finanza regionale (monitoraggio, certificazione e relative  sanzioni)
(art. 4); composizione stragiudiziale del contenzioso in  materia  di
finanza pubblica o, in caso  di  soluzione  giudiziaria,  limitazione
agli effetti positivi a favore della Regione per  un  triennio  (art.
5); recepimento,  da  parte  della  Regione,  delle  disposizioni  in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili (art. 6). 
    Alcune clausole dell'accordo sono  state  recepite  dallo  Stato,
tramite la loro trasposizione nei commi da 9 a 12  dell'art.  42  del
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure   urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive), convertito, con modificazioni, nella legge  11
novembre 2014, n. 164, i quali dispongono: «9. Al fine di  assicurare
il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, in applicazione della
normativa vigente e dell'Accordo sottoscritto il 21 luglio  2014  fra
il Ministro dell'economia e delle  finanze  ed  il  Presidente  della
Regione Sardegna, l'obiettivo di patto di  stabilita'  interno  della
Regione Sardegna, di cui al comma 454  dell'art.  1  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228, e' determinato in 2.696 milioni  di  euro  per
l'anno 2014. Dall'obiettivo 2014 sono escluse le sole spese  previste
dalla normativa statale vigente e le spese per i  servizi  ferroviari
di interesse regionale e locale erogati da Trenitalia  s.p.a.  10.  A
decorrere dall'anno 2015 la Regione Sardegna consegue il pareggio  di
bilancio come definito dall'art. 9 della legge n.  243  del  2012.  A
decorrere dal 2015 alla Regione Sardegna non si applicano  il  limite
di spesa di cui al comma 454 dell'art.  1  della  legge  24  dicembre
2012, n. 228 e le disposizioni in  materia  di  patto  di  stabilita'
interno in contrasto con il pareggio di  bilancio  di  cui  al  primo
periodo. Restano ferme le disposizioni in  materia  di  monitoraggio,
certificazione  e  sanzioni  previsti  dai  commi  460,  461  e   462
dell'articolo 1 della citata legge 24 dicembre 2012, n. 228. 11.  Non
si applica alla Regione Sardegna quanto  disposto  dagli  ultimi  due
periodi del comma 454 dell'articolo 1 della legge 24  dicembre  2012,
n. 228. 12. La Regione Sardegna nel 2014  non  puo'  impegnare  spese
correnti, al netto delle spese per la sanita',  in  misura  superiore
all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati  nel
triennio 2011-2013. Nell'ambito della certificazione di cui al  comma
461 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la  regione
comunica al Ministero dell'economia e delle finanze il  rispetto  del
predetto limite». 
    Nel dicembre del 2015, lo Stato e la  Regione  autonoma  Sardegna
sono addivenuti a un'ulteriore intesa, denominata «accordo [...]  per
il coordinamento della finanza pubblica nell'ambito del  procedimento
di attuazione dell'art. 8  della  legge  costituzionale  26  febbraio
1948, n. 3». Con  tale  intesa  le  parti  hanno  specificato  alcune
componenti delle compartecipazioni erariali di cui all'art.  8  dello
statuto e hanno convenuto che «il saldo del maggior gettito spettante
alla  Regione  per  gli  anni  dal  2010  al  2015   in   conseguenza
dell'adozione del decreto legislativo di attuazione dell'art. 8 della
legge cost.  26  febbraio  1948,  n.  3,  rispetto  all'importo  gia'
attribuito, e' erogato alla  medesima  in  4  annualita'  costanti  a
decorrere dall'anno 2016» (art. 3). 
    Contestualmente, la «commissione paritetica», istituita ai  sensi
dell'art. 56 dello statuto speciale, ha  licenziato  il  testo  delle
norme di attuazione  del  novellato  art.  8  del  medesimo  statuto,
recepito dal decreto legislativo 9 giugno  2016,  n.  114  (Norme  di
attuazione dell'articolo  8  dello  Statuto  speciale  della  Regione
autonoma Sardegna - legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  3,  in
materia di entrate erariali regionali). 
    Nelle  more  della  stipula  dell'accordo  la  Regione   autonoma
Sardegna  e'  stata  sottoposta  a  numerosi  contributi  di  finanza
pubblica vecchi e nuovi, alcuni dei quali non corredati  da  espressi
limiti   temporali   di    applicazione.    Presentano    particolare
problematicita', sotto tale profilo, alcune disposizioni per le quali
la ricorrente specifica l'elevato importo,  estrapolandolo  da  norme
caratterizzate  nella  legge  da  una   quantificazione   complessiva
inerente a tutte le autonomie speciali, non analiticamente ripartite. 
    La ricorrente, senza che sul punto il resistente  abbia  eccepito
alcunche' (anzi, nel caso delle somme conseguenti alla sentenza n. 77
del 2015, avvalorando la mancata ripartizione legislativa),  richiama
in particolare: l'art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012,  l'art.
1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 e l'art. 1, comma 481 della
legge  27  dicembre  2013,  n.  147,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (Legge  di
stabilita' 2014)», che hanno determinato  per  il  periodo  2012-2017
contributi   di   finanza   pubblica   pari   a   complessivi    euro
475.998.000,00; l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012,
che ha determinato per il periodo  2012-2017  contributi  di  finanza
pubblica pari a complessivi euro 1.428.404.000; l'art. 28,  comma  3,
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per
la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti  pubblici),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214,
che ha determinato per il periodo  2012-2017  contributi  di  finanza
pubblica pari a complessivi euro 903.303.000. 
    Vi sono poi altri contributi a  carico  della  medesima  Regione,
previsti dall'art. 1,  comma  526,  della  legge  n.  147  del  2013;
dall'art. 1, comma 400, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita'  2015)»;  dall'art.  1,  comma  680,
della legge n. 208 del 2015. 
    3.- Alla luce di quanto precedentemente richiamato,  deve  essere
respinta l'eccezione di  carenza  di  interesse  ad  agire  formulata
dall'Avvocatura generale dello Stato in ordine alla  pretesa  carenza
di interesse a impugnare una norma di favore, in quanto latrice di un
beneficio finanziario per la Regione autonoma ricorrente. 
    La prospettazione della Regione autonoma  Sardegna,  infatti,  e'
ben  chiara  nell'individuare  l'effetto  lesivo  della  norma,   che
pregiudicherebbe,  almeno  per   l'intero   triennio   di   bilancio,
l'adeguamento delle risorse finanziarie spettanti  e  il  conseguente
adeguato finanziamento delle funzioni statutariamente assegnate. 
    L'esiguo contributo,  limitato  all'esercizio  2019,  sarebbe  lo
strumento tecnico per  eludere  e  dilazionare  nel  tempo  l'accordo
complessivo sui  saldi,  in  ordine  al  quale  la  Regione  autonoma
Sardegna rivendica crediti di ben piu' ampia consistenza. 
    L'assunto della  ricorrente  non  costituisce  l'unica  possibile
interpretazione  della  norma  impugnata,  ma   non   e'   certamente
implausibile. La giurisprudenza  costituzionale  ritiene  ammissibile
tale prospettazione «poiche', nel giudizio in via principale,  devono
essere esaminate anche le lesioni in ipotesi derivanti da  [accezioni
polisense] delle disposizioni impugnate» (sentenza n. 270 del 2017). 
    L'eccezione sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato, circa
una presunta carenza di interesse alla proposizione del  ricorso,  va
dunque rigettata, perche', nel caso di specie,  deve  escludersi  una
valutazione d'implausibilita' prima facie della lettura offerta dalla
ricorrente. 
    Sempre in via preliminare, va  esaminata  l'ammissibilita'  delle
censure prospettate con riguardo all'art. 3 Cost.  sotto  il  profilo
della ragionevolezza  e  della  proporzionalita'.  La  giurisprudenza
costituzionale ha  piu'  volte  affermato  che  nei  giudizi  in  via
principale le Regioni sono legittimate a denunciare la violazione dei
parametri riguardanti il riparto di competenze tra esse e lo Stato  e
possono evocarne altri soltanto ove la loro violazione  comporti  una
compromissione delle attribuzioni  costituzionalmente  garantite  (ex
multis, sentenze n. 13 del 2017 e n. 29 del 2016).  Nella  specie  le
censure  proposte  sono  adeguatamente  motivate  per  dimostrare  la
ridondanza   dei   profili   di   irragionevolezza   e   sproporzione
sull'autonomia  organizzativa  e  di  spesa  della  Regione  autonoma
Sardegna. 
    Tuttavia, l'ammissibilita' delle questioni promosse dalla Regione
e il relativo petitum devono  essere  circoscritti  alle  statuizioni
della norma contestata, non potendosi estendere alle pretese  lesioni
o  menomazioni  di  specifiche  attribuzioni  regionali   ascrivibili
all'attuazione di norme diverse  o  a  comportamenti  omissivi  dello
Stato. Tali doglianze potrebbero essere, semmai, ove ne  ricorrano  i
presupposti, oggetto di un  conflitto  di  attribuzioni,  non  di  un
ricorso in via principale, come nel caso di specie. 
    4.- Tanto premesso, le questioni di  legittimita'  costituzionale
proposte dalla Regione autonoma Sardegna sono fondate, nei  limiti  e
nei termini successivamente specificati, in riferimento agli artt. 3,
5 e 116 Cost. nonche' 7 e 8 dello statuto speciale. 
    Come gia' precisato, il petitum del presente giudizio deve essere
circoscritto alle statuizioni della norma impugnata senza  estendersi
a pretese lesioni o menomazioni di specifiche attribuzioni  regionali
- pure adombrate  nel  ricorso  della  Regione  autonoma  Sardegna  -
ascrivibili alle modalita' attuative di altre norme o a comportamenti
omissivi dello Stato. 
    Secondo tale criterio di scrutinio, le doglianze da  prendere  in
considerazione risultano delimitate all'evidente  incoerenza  tra  la
finalita'  della  norma  e  le  risorse  stanziate  per  il  triennio
2018-2020, alla mancata perequazione delle  criticita'  insulari,  al
mancato stanziamento  delle  somme  necessarie  all'attuazione  della
sentenza n. 77 del 2015 di questa Corte. 
    4.1.-  Sotto  gli  esposti  profili  e'  indubbio  che  la  norma
impugnata  leda  le  competenze  regionali,  poiche'   sottrae   alla
programmazione triennale della stessa Regione autonoma  una  cospicua
quantita' di risorse ben superiore alla somma di euro  15.000.000,00,
che - per di piu' - e' riferita al solo esercizio 2019. 
    Che si tratti di una quantita' di  risorse  incongruente  con  il
fisiologico finanziamento  delle  funzioni  regionali  si  evince  da
diversi e concordanti elementi: a) la lunga vicenda  del  contenzioso
che non e' mai stata definita secondo i canoni che questa Corte aveva
individuato fin dal suo insorgere (gia' con la sentenza  n.  118  del
2012 precedentemente richiamata); b) la mancata  ridefinizione  delle
relazioni tra Stato e Regione autonoma  Sardegna  secondo  i  criteri
fissati dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009; c) il  permanere  di
contributi e accantonamenti risalenti a pregressi esercizi finanziari
automaticamente  riproposti  senza  passare   attraverso   l'autonoma
istruttoria  che  dovrebbe  corredare  ciascuna  manovra  di  finanza
pubblica, quando  alle  autonomie  territoriali  venga  richiesto  di
concorrere alla sostenibilita' del debito nazionale e al rispetto dei
vincoli di finanza pubblica (sentenza n. 154 del 2017); d) le  stesse
ammissioni  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato  in  ordine  alla
mancata attuazione - a oltre tre anni dalla sua pubblicazione - della
sentenza n. 77 del 2015 in tema di accantonamenti a carico degli enti
territoriali. 
    4.1.1.-  Circa  la  lunga  vicenda  della  vertenza  entrate,  e'
sintomatico che nel negoziato  tra  le  parti  non  siano  mai  state
dedotte le componenti  dell'entrata  e  della  spesa  necessarie  per
quantificare in modo ragionevole e proporzionato  la  dimensione  del
bilancio  regionale  necessaria  per  il  corretto  esercizio   delle
competenze della Regione autonoma Sardegna. Cio' in contrasto con  la
stessa sentenza n. 118 del 2012, ove si e'  precisato  che  l'accordo
tra le parti «non potra' che  realizzarsi  all'interno  dello  spazio
finanziario delimitato, in modo compensativo, dalle maggiori  risorse
regionali risultanti  dalla  entrata  in  vigore  dell'art.  8  dello
statuto (con decorrenza dal 1° gennaio 2010 per effetto dell'art.  1,
comma 838, della legge n. 296 del 2006) e dalla riduzione della spesa
conseguente alla applicazione del patto di stabilita' 2011 (tabella 1
allegata all'art. 1, comma 131, della legge  n.  220  del  2010).  E'
infatti di palmare evidenza che  proprio  il  principio  inderogabile
dell'equilibrio  in  sede  preventiva  del  bilancio  di   competenza
comporta che non possono rimanere indipendenti e non coordinati,  nel
suo ambito, i profili della spesa e  quelli  dell'entrata.  Le  norme
richiamate costituiscono, nel loro complesso, il quadro normativo  di
riferimento della finanza  regionale  della  Sardegna.  Il  combinato
delle suddette disposizioni in materia di  entrata  e  spesa  compone
dunque la disciplina delle relazioni finanziarie tra Stato e  Regione
autonoma».  Principi,  questi  ultimi,  successivamente  piu'   volte
ribaditi (ex multis, sentenze n. 154 del 2017, n. 188 del 2016  e  n.
19 del 2015). 
    E' evidente che - proprio in ragione della necessaria proporzione
tra  risorse  e  funzioni  -  le  rilevanti  modifiche   alla   parte
finanziaria dello statuto speciale intervenute nel 2006,  la  mancata
attuazione dell'art. 27 della legge n. 42 del 2009,  la  lunga  crisi
finanziaria che ha colpito l'economia nazionale (e, fra le  emergenze
con piu' alta  intensita',  proprio  quella  della  Regione  autonoma
Sardegna, come evidenziato dai dati riportati dalla  ricorrente),  lo
stillicidio di norme che, a vario titolo (contributi, accantonamenti,
riserve, eccetera), hanno inciso sulle  entrate  regionali,  dovevano
essere  adeguatamente  ponderati  nel  complesso  dell'economia   del
bilancio regionale, per verificare se il  coacervo  delle  molteplici
statuizioni legislative consentisse, di anno  in  anno,  un  adeguato
finanziamento delle funzioni assegnate. 
    Se,  infatti,  possono  essere   adottate,   senza   violare   la
Costituzione, riduzioni delle  risorse  spettanti  alle  Regioni,  il
limite intrinseco di tale processo riduttivo e'  l'impossibilita'  di
svolgere correttamente le funzioni  e  «[c]io'  vale  tanto  piu'  in
presenza di  un  sistema  di  finanziamento  che  non  e'  mai  stato
interamente e organicamente coordinato con il riparto delle funzioni,
cosi'  da  far  corrispondere  il  piu'   possibile,   come   sarebbe
necessario, esercizio di funzioni e relativi oneri finanziari  da  un
lato, disponibilita' di risorse, in termini  di  potesta'  impositiva
(correlata alla capacita' fiscale della collettivita'  regionale),  o
di devoluzione di  gettito  tributario,  o  di  altri  meccanismi  di
finanziamento, dall'altro. Piu' in  generale,  la  giurisprudenza  di
questa Corte ha ammesso che la legge dello Stato  possa,  nell'ambito
di manovre di finanza pubblica,  anche  determinare  riduzioni  nella
disponibilita' finanziaria delle Regioni, purche' appunto non tali da
produrre uno squilibrio incompatibile  con  le  esigenze  complessive
della spesa regionale (cfr. sentenze n. 307 del 1983, n.123 del  1992
e n. 370 del 1993)» (sentenza n. 138 del 1999). 
    E' stato affermato da questa Corte (sentenza n. 154 del 2017) che
la proporzionalita' e la conseguente conformita' a  Costituzione  dei
prelievi a carico  delle  autonomie  territoriali  sono  strettamente
dipendenti dal sincronico raffronto con le singole manovre di finanza
pubblica che li dispongono, dovendosi evitare  -  come  avvenuto  nel
caso  in  esame  -  il  consolidamento  automatico  di  contributi  e
accantonamenti assunti in contesti  economici  inerenti  a  pregressi
esercizi. 
    4.1.2.- In relazione alla mancata ridefinizione  delle  relazioni
finanziarie tra Stato e Regione autonoma Sardegna  secondo  i  canoni
fissati dall'art. 27 della legge n.  42  del  2009,  va  sottolineato
come, a quasi dieci anni dall'emanazione di tale legge,  il  problema
dell'insularita' non sia mai stato preso in considerazione ai fini di
ponderare complessivamente  le  componenti  di  entrata  e  di  spesa
dell'autonomia territoriale ricorrente. Eppure lo schema di revisione
delle relazioni finanziarie tra Stato  e  Regione  autonoma  Sardegna
previsto dall'art. 27  detta  -  come  appresso  piu'  analiticamente
specificato - criteri sufficientemente chiari per risolvere questioni
a tutt'oggi ancora non definite. 
    4.1.3.- Per quel che  riguarda,  infine,  la  restituzione  degli
accantonamenti in conformita' alle statuizioni della sentenza  n.  77
del 2015, e' biasimevole che detta sentenza  non  sia  stata  a  oggi
attuata. 
    Tale  pronuncia  aveva  fornito  una  lettura  costituzionalmente
orientata  dell'art.  16,  comma  3,  del  d.l.  n.  95   del   2012,
interpretazione assolutamente  incompatibile  con  il  consolidamento
negli esercizi successivi di tali accantonamenti. 
    Quanto alla natura degli accantonamenti questa Corte aveva  avuto
modo di precisare, proprio  con  tale  pronuncia,  che  «[p]er  mezzo
dell'accantonamento  [...]  poste   attive   che   permangono   nella
titolarita' della  Regione,  cui  infatti  spettano  in  forza  degli
statuti e della normativa di attuazione (sentenza n.  23  del  2014),
sono  sottratte   a   un'immediata   disponibilita'   per   obbligare
l'autonomia speciale  a  ridurre  di  un  importo  corrispondente  il
livello delle spese. Una volta chiarito che il contributo  imposto  a
tal fine  alle  ricorrenti  e'  legittimo,  si  deve  concludere  che
l'accantonamento transitorio delle  quote  di  compartecipazione,  in
attesa che sopraggiungano le norme di attuazione cui rinvia l'art. 27
della legge n. 42 del 2009, costituisce il mezzo procedurale  con  il
quale le autonomie speciali, anziche' essere private  definitivamente
di quanto loro compete,  partecipano  al  risanamento  delle  finanze
pubbliche, impiegando a tal fine le risorse che lo  Stato  trattiene.
Le quote accantonate rimangono, in tal modo, nella titolarita'  della
Regione  e  sono   strumentali   all'assolvimento   di   un   compito
legittimamente gravante sul sistema regionale.  Naturalmente  non  e'
questa una situazione che si possa protrarre  senza  limite,  perche'
altrimenti   l'accantonamento   si   tramuterebbe   di    fatto    in
appropriazione». 
    La connaturata provvisorieta' temporale e quantitativa  e'  stata
poi  ulteriormente  chiarita:  «[i]n  sostanza,  l'accantonamento  ha
natura  intrinsecamente  provvisoria  e  la  sua   utilizzazione   si
giustifica solo con riguardo a quelle situazioni  che  per  obiettive
difficolta'  non  possono  essere   definite   contestualmente   alla
redazione  dei   bilanci   di   previsione.   Esso   si   differenzia
dall'istituto del contributo delle autonomie speciali - come definito
nella sentenza n. 19 del 2015 - per il raggiungimento degli obiettivi
del patto di  stabilita',  previsti  dagli  ordinamenti  nazionale  e
comunitario, proprio per il  carattere  di  necessaria  temporaneita'
[...] strettamente correlato a situazioni  di  innovazione  normativa
che presentano una complessita' analitica obiettiva e non si prestano
a definizioni istantanee finanziariamente univoche» (sentenza n.  188
del 2016). 
    4.1.3.1.- Non puo' quindi  essere  accolta  l'argomentazione  del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  secondo  cui  la  mancata
attuazione della sentenza n. 77 del 2015  dipenderebbe  dall'"effetto
dirompente" di tale attuazione e  dal  coinvolgimento  indistinto  di
tutte   le   autonomie   speciali   nella   manovra   inerente   agli
accantonamenti, oggetto di interpretazione adeguatrice da parte della
giurisprudenza di questa Corte. 
    Secondo il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  l'attuazione
della sentenza n. 77 del 2015 dovrebbe essere assicurata nel rispetto
dell'art. 81 Cost. e dei saldi di finanza pubblica. 
    L'argomentazione e' inconferente, sia in relazione all'ampio arco
temporale trascorso dalla data della pronuncia, sia con  riguardo  al
principio dell'equilibrio tendenziale che deve ispirare la disciplina
e la gestione del bilancio pubblico. 
    E' ben vero che tutti gli enti  facenti  parte  della  cosiddetta
finanza  pubblica  allargata  devono  concorrere  -  secondo   quanto
stabilito dagli artt. 81 e 97, primo comma,  Cost.  -  all'equilibrio
complessivo del sistema e alla sostenibilita' del  debito  nazionale,
ma questa Corte ha gia' chiarito (sentenze n. 101 del 2018 e 247  del
2017) che l'art. 97, primo comma, Cost., nella vigente  formulazione,
si compone di due precetti ben distinti: quello contenuto  nel  primo
periodo riguarda l'equilibrio individuale degli  enti  facenti  parte
della finanza pubblica allargata, mentre quello del  secondo  periodo
riguarda  l'equilibrio  complessivo  di   quest'ultima,   in   quanto
finalizzato ad assicurare la sostenibilita' del debito nazionale.  E'
evidente  che  l'equilibrio  complessivo  deve  essere  coerentemente
coordinato con analogo equilibrio dei singoli bilanci che  compongono
il cosiddetto bilancio consolidato dello Stato. 
    In sostanza, l'equilibrio complessivo  -  a  meno  di  non  voler
pregiudicare con una sproporzionata compressione  l'autonomia  di  un
singolo ente territoriale - deve essere congruente e  coordinato  con
l'equilibrio della singola  componente  aggregata  se  non  si  vuole
compromettere  la  programmazione  e  la  scansione  pluriennale  dei
particolari obiettivi che compongono la politica  della  Regione.  E'
stato in  proposito  precisato  che  «il  principio  della  copertura
consiste nell'assoluto equilibrio tra risorse e spese,  sia  in  fase
previsionale  che  durante  l'intero  arco  di  realizzazione   degli
interventi» (sentenza  n.  101  del  2018).  E  quindi  il  superiore
interesse alla realizzazione dell'equilibrio della  finanza  pubblica
allargata trova il  suo  limite  nella  correlata  esigenza  di  sana
gestione finanziaria dell'ente che vi e' soggetto e  -  con  riguardo
alle  autonomie  territoriali,  categoria   di   appartenenza   della
ricorrente   -   nell'esigenza   di   garantire   adeguatamente    il
finanziamento delle funzioni assegnate. 
    Questa Corte ha piu' volte messo  in  luce  la  peculiarita'  del
diritto del bilancio,  il  quale  regola  una  materia  dinamica,  in
continuo divenire, ancor piu' accentuato dalle rapide  trasformazioni
dell'economia globalizzata, e ha quindi adeguato il proprio sindacato
sulle  leggi  finanziarie  a   tale   incomprimibile   scenario,   in
particolare elaborando il  principio  dell'equilibrio  tendenziale  o
dinamico, inteso come  indefessa  prospettiva  di  adeguamento  della
"bilancia finanziaria" verso  un  punto  di  armonica  simmetria  tra
entrate e spese. Armonica simmetria che deve essere perseguita sia in
sede legislativa, sia in sede amministrativa, secondo  i  canoni  del
nostro ordinamento. 
    Per questo e' stato gia' affermato il principio, secondo cui  gli
oneri conseguenti alle pronunzie di incostituzionalita'  adottate  in
subiecta materia  possono  essere  traslati  su  esercizi  successivi
laddove quello in corso non consenta proficue rimodulazioni  conformi
all'art. 81 Cost. e agli  altri  precetti  costituzionali  di  ordine
finanziario (sentenze n. 188 del 2016 e n. 155 del 2015). 
    E tuttavia le diacroniche rimodulazioni derivanti dalle pronunzie
di questa Corte non possono essere rinviate  ad  libitum,  ma  devono
essere adottate tempestivamente e comunque entro la prima manovra  di
finanza   pubblica   utile,   perche'   altrimenti   gli    interessi
costituzionalmente tutelati  rimarrebbero  nella  sostanza  privi  di
garanzia. 
    Siffatte   pronunzie,   adottate   nella   materia   finanziaria,
ingenerano nei soggetti destinatari un obbligo a ottemperare che  non
contrasta con la naturale ampia discrezionalita' in sede  legislativa
nel  determinare  le  politiche  finanziarie,   ma   la   circoscrive
parzialmente  entro  il  limite  della  doverosa  conformazione  alle
statuizioni del giudice costituzionale. 
    Cosi', ad esempio, in presenza di  un  difetto  di  copertura  di
spese obbligatorie accertato in sede di giudizio  costituzionale,  e'
stato statuito che la doverosita' dell'adozione di appropriate misure
da parte della Regione -  pur  rimanendo  ferma  la  discrezionalita'
della   stessa    nell'adozione    della    propria    programmazione
economico-finanziaria  -  viene  a   costituire   un   limite   nella
determinazione  delle  politiche  di  bilancio  di  futuri  esercizi,
circoscrivendone la portata attraverso il «rispetto del principio  di
priorita' dell'impiego delle risorse disponibili»  (sentenza  n.  266
del 2013) per coprire le spese derivanti dalle pronunce  del  giudice
costituzionale (in tal senso anche sentenze n. 188 del 2016 e n.  250
del 2013). 
    E'  proprio  il  meccanismo  della   "priorita'   di   intervento
finanziario" a connotare il principio dell'equilibrio  dinamico  come
giusto contemperamento, nella materia  finanziaria,  tra  i  precetti
dell'art.  81   Cost.,   la   salvaguardia   della   discrezionalita'
legislativa e l'effettivita' dei vincoli costituzionali. 
    4.2.- La norma impugnata e' costituzionalmente illegittima  anche
sotto il  profilo  dell'intrinseca  irragionevolezza  per  incoerenza
rispetto alla  finalita'  perseguita,  poiche'  l'esigua  consistenza
dello stanziamento da essa previsto entra in  patente  contraddizione
con l'obiettivo, sostenuto dal resistente, di «definire i complessivi
rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione autonoma  Sardegna  che
tenga conto delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del  2015
e n. 154 del 2017, anche in considerazione del ritardo nello sviluppo
economico dovuto all'insularita'». 
    Relativamente a tale profilo, va ricordato che  questa  Corte  ha
desunto dall'art. 3 Cost.  un  canone  di  razionalita'  della  legge
svincolato da una normativa  di  raffronto,  essendo  sufficiente  un
sindacato di conformita' a criteri di coerenza logica, teleologica  e
storico-cronologica (sentenza  n.  87  del  2012).  Il  principio  di
ragionevolezza «e' dunque leso quando si accerti l'esistenza  di  una
irrazionalita'   intra   legem,   intesa   come   "contraddittorieta'
intrinseca tra la complessiva finalita' perseguita dal legislatore  e
la disposizione espressa dalla norma censurata" (sentenza n. 416  del
2000). [In questi casi] il giudizio di ragionevolezza  [consiste]  in
un "apprezzamento di  conformita'  tra  la  regola  introdotta  e  la
'causa' normativa che la deve assistere" (sentenze n. 89 del  1996  e
n. 245 del 2007)» (sentenza n. 86 del 2017). 
    E non v'e' dubbio, con riguardo al caso di specie, che la  misura
dello stanziamento di  euro  15.000.000,00  risulta  contraddittoria,
proprio  sotto  il  profilo  della  coerenza  logica,  teleologica  e
storico-cronologica, rispetto ai lunghi tempi dell'irrisolta vertenza
e alla dimensione finanziaria degli obiettivi richiamati dalla norma,
ovvero assicurare una sistemazione provvisoria alla «definizione  dei
complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione  Sardegna».
Detta definizione, con riguardo alle componenti espressamente  citate
(attuazione della sentenza n. 77 del 2015; riequilibrio  delle  nuove
funzioni assegnate e le nuove entrate tributarie  attribuite  con  la
novella "decostituzionalizzata" del 2006), risulta finalisticamente e
logicamente incoerente. 
    4.3.- Nei limiti consentiti dalla natura del ricorso, che -  come
gia'  precisato  -circoscrivono  il  petitum  sulla  base  dei   vizi
costituzionali della  norma  impugnata,  occorre  ora  precisare  gli
effetti della presente pronuncia al fine di evitare che nel  triennio
di riferimento il necessario concorso della Regione autonoma Sardegna
agli  obiettivi  di  finanza  pubblica  comprima,  oltre  la   misura
consentita, l'autonomia finanziaria della stessa. Tale obiettivo deve
essere  raggiunto  attraverso  una  diversa  modulazione  dei  flussi
finanziari tra lo Stato e la Regione che tenga conto, nella  sostanza
e non  solo  nella  formale  petizione  di  principio,  dell'esigenza
attuativa della sentenza n. 77 del 2015, del ritardo  dello  sviluppo
economico dovuto all'insularita' e dell'evoluzione  -  previsti  gia'
dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009 - dei  «complessivi  rapporti
finanziari tra Stato e Regione». 
    Fermo restando l'istituto dell'accordo come principale  strumento
attuativo del principio di leale collaborazione tra Stato e autonomia
speciale  nella  materia   finanziaria   e   -   conseguentemente   -
impregiudicata la possibilita' che la trattativa tra Stato e  Regione
autonoma   Sardegna   possa   riprendere    con    immediato    esito
costituzionalmente conforme, deve essere comunque assicurato  per  il
triennio  2018-2020  un  tempestivo,  ragionevole   e   proporzionato
contributo dello Stato, che anticipi, nel corso dell'esercizio  2019,
gli effetti dell'accordo in itinere nel caso in cui quest'ultimo  non
venga stipulato con analoga tempestivita'. 
    Nella determinazione di tale concorso gli elementi da  sottoporre
a ragionevole e proporzionata ponderazione - al fine di concretizzare
il principio di leale cooperazione tra Stato  ed  enti  territoriali,
conciliando  le  istanze  di  politica  economica  generale  con   la
struttura regionalista  del  nostro  ordinamento  -  sono  ricavabili
direttamente dalla vigente legislazione  e  dalla  giurisprudenza  di
questa Corte. 
    Essi possono essere cosi' sinteticamente riassunti. 
    Partendo dall'andamento storico delle entrate e delle spese della
Regione, antecedente alla entrata in vigore della  legge  n.  42  del
2009, la rimodulazione deve tener conto: a) della  «dimensione  della
finanza» della  Regione  Sardegna  «rispetto  alla  finanza  pubblica
complessiva» (art. 27 della legge n. 42 del 2009); b) delle «funzioni
[...] effettivamente esercitate e dei relativi oneri» (art. 27  della
legge n. 42 del 2009); c)  degli  «svantaggi  strutturali  permanenti
[...], dei costi  dell'insularita'  e  dei  livelli  di  reddito  pro
capite» (art. 27 della legge n. 42 del 2009); d) del valore medio dei
contributi alla stabilita' della finanza pubblica  allargata  imposti
agli  enti   pubblici   regionali   nel   medesimo   arco   temporale
(coerentemente con l'art. 97, primo comma, secondo  periodo,  Cost.);
e)  del  finanziamento  dei  livelli  essenziali  delle   prestazioni
concernenti i diritti civili e  sociali  (art.  117,  secondo  comma,
lettera m, Cost. e art. 27 della  legge  n.  42  del  2009);  f)  del
principio  dell'equilibrio  tendenziale  o  dinamico  per  quel   che
riguarda  la  tempestiva  copertura  del  contributo  afferente  agli
esercizi 2019 e 2020 e a  quella  ex  post  dell'esercizio  2018  (ex
multis, sentenze n. 10 del 2016, n. 155 del 2015 e n. 10 del 2015). 
    Detto  processo  di  rimodulazione  deve  essere  ispirato   alla
chiarezza  e  trasparenza  dei  meccanismi  adottati  per  realizzare
l'intervento riequilibratore (sentenza n. 61 del 2018). 
    5.-  Se   dalla   fattispecie   in   esame   emergono   in   modo
incontrovertibile,  sulla   base   degli   elementi   precedentemente
menzionati,  i  vizi  di  costituzionalita'  della  norma  impugnata,
nondimeno - al fine di evitare il ripetersi di vertenze cosi'  lunghe
e complesse in grado di minare sia l'equilibrio macroeconomico  della
finanza pubblica allargata, sia quello del singolo ente  territoriale
che vi partecipa - e' necessario ribadire, per entrambe le parti -  e
piu' in generale per il regime delle relazioni  finanziarie  tra  gli
enti del settore pubblico allargato -, la necessita'  di  trasparenza
dei rispettivi bilanci, ove la dimensione finanziaria del  contendere
deve  essere  rappresentata  in  modo  intelligibile  attraverso   il
rispetto  di  quelle  che  la  direttiva  europea  2011/85/UE  dell'8
novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di  bilancio  degli
Stati membri, attuata dall'Italia con il decreto legislativo 4  marzo
2014, n.  54  (Attuazione  della  direttiva  2011/85/UE  relativa  ai
requisiti per i quadri di  bilancio  degli  Stati  membri),  denomina
«regole di bilancio numeriche». In proposito e' stato gia'  affermato
che  «nel  settore  della  finanza  pubblica  allargata  le   partite
creditorie e debitorie afferenti alle  relazioni  tra  enti  pubblici
[...] debbano essere rappresentate nei  rispettivi  bilanci  in  modo
preciso, simmetrico, speculare e tempestivo»  (sentenza  n.  252  del
2015). 
    6.-  Nei  termini  precedentemente  fissati,  le   questioni   di
legittimita' costituzionale devono essere accolte in riferimento agli
artt.  3,   sotto   il   profilo   della   ragionevolezza   e   della
proporzionalita', 5 e 116 Cost., nonche'  agli  artt.  7  e  8  dello
statuto reg. Sardegna e al  principio  di  leale  collaborazione.  La
disposizione  impugnata  deve  essere   conseguentemente   dichiarata
costituzionalmente illegittima nella parte in cui  non  prevede,  nel
triennio 2018-2020, adeguate  risorse  per  consentire  alla  Regione
autonoma Sardegna  una  fisiologica  programmazione  nelle  more  del
compimento,  secondo  i  canoni  costituzionali,   della   trattativa
finalizzata alla stipula dell'accordo di finanza pubblica. 
    Rimangono assorbite le ulteriori censure proposte  dalla  Regione
ricorrente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  851,
della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2018  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2018-2020), nella parte in cui,  nel  triennio  2018-2020  e
nelle more della definizione dell'accordo di  finanza  pubblica,  non
riconosce  alla   Regione   autonoma   Sardegna   adeguate   risorse,
determinate secondo i criteri di cui in motivazione. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 gennaio 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA