N. 197 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 giugno 2018

Ordinanza  del  29   giugno   2018   del   Consiglio   di   giustizia
amministrativa per  la  Regione  Siciliana sul  ricorso  proposto  da
Valenti Antonino contro Brancato Fabrizio e Comune di Palermo . 
 
Elezioni - Consigli circoscrizionali - Norme della Regione  Siciliana
  - Estensione dell'applicazione delle disposizioni  dell'articolo  3
  della legge regionale 11 agosto 2016, n. 17, recante  modifiche  di
  norme in materia di composizione del consiglio comunale, anche  per
  l'elezione dei consigli circoscrizionali. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2016, n.  17  (Disposizioni
  in materia di elezione del sindaco e del consiglio  comunale  e  di
  cessazione degli organi comunali. Modifica di norme in  materia  di
  organo di revisione economico-finanziaria degli enti  locali  e  di
  status degli amministratori locali), art. 3, comma 3. 
(GU n.4 del 23-1-2019 )
 
              IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 
                      per la Regione Siciliana 
 
    In sede giurisdizionale ha pronunciato la presente ordinanza  sul
ricorso numero di  registro  generale  977  del  2017,  proposto  da:
Antonino Valenti, rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  Giovanni
Immordino e Giuseppe Immordino, con domicilio eletto presso  il  loro
studio in Palermo, viale Liberta', 171; 
    contro Fabrizio Brancato, non costituito in giudizio; 
    nei confronti Comune di  Palermo,  in  persona  del  sindaco  pro
tempore, non costituito in giudizio; 
    per  la  riforma  della  sentenza  del  Tribunale  amministrativo
regionale Sicilia - Palermo: sezione I  n.  2685/2017,  resa  tra  le
parti, concernente l'annullamento del verbale  dell'ufficio  centrale
elettorale per l'elezione del  Presidente  di  Circoscrizione  e  del
Consiglio circoscrizionale della I Circoscrizione e  dei  consiglieri
della I circoscrizione (Tribunali Castellammare Palazzo Reale - Monte
di Pieta') del  Comune  di  Palermo  dell'11  giugno/5  luglio  2017,
nonche'  dell'atto  di  proclamazione  degli  eletti   al   Consiglio
circoscrizionale nella parte in cui non contempla tra gli  eletti  il
ricorrente in  prime  cure;  e  per  la  conseguente  correzione  dei
risultati elettorali e del verbale dell'ufficio  centrale  e  per  la
proclamazione  dell'odierno  appellato  alla  carica  di  consigliere
circoscrizionale della I Circoscrizione  del  Comune  di  Palermo  in
sostituzione del proclamato eletto Valenti Antonino. 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2018 il cons.
Hadrian  Simonetti,  uditi  per  la  parte  appellante  gli  avvocati
Giovanni Immordino e Giuseppe Immordino; 
    1. Il signor Fabrizio Brancato  si  e'  candidato  alle  elezioni
dell'11 giugno 2017 a consigliere della I circoscrizione  del  Comune
di Palermo, con la lista «SX Sinistra Comune», collegata al candidato
presidente Massimo Castiglia, risultato vincitore.  Avendo  riportato
131 voti di preferenza e una cifra individuale di 922, non  e'  stato
eletto, essendo stato assegnato l'unico seggio spettante  alla  lista
«SX  Sinistra  Comune»  alla  candidata  Tiziana  Venturella  che  ha
riportato 143 voti di preferenza e una cifra individuale di 934. 
    2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale  ha  chiesto
l'annullamento, e la correzione dei risultati con conseguente propria
proclamazione tra  gli  eletti,  del  verbale  dell'ufficio  centrale
elettorale del Comune di Palermo del  5  luglio  2017  e  degli  atti
connessi, con cui sono stati proclamati  eletti  il  presidente  e  i
consiglieri della I circoscrizione, deducendo che l'ufficio  centrale
sarebbe incorso in un grave errore nelle operazioni  di  riparto  dei
seggi, laddove ha individuato in otto anziche' in nove il  numero  di
consiglieri da eleggere. 
    Sulla base  di  questa  premessa  ha  articolato  due  motivi  di
illegittimita' con cui lamenta la violazione degli articoli 4 e 4-ter
della legge regionale n. 35/1997, 3 della legge regionale n.  17/2016
e 5 della legge regionale n. 11/2015,  nonche'  l'eccesso  di  potere
sotto vari profili. 
    Sostiene, nell'insieme, che l'ufficio elettorale sarebbe  incorso
nell'errore  di  non  detrarre  il  seggio  assegnato  al   candidato
presidente  non  eletto  avente  numero  d'ordine   n. 1   (Salvatore
Imperiale) dai  seggi  assegnati  al  gruppo  di  liste  allo  stesso
collegate,  e  che  tale  scelta  avrebbe  provocato  un'applicazione
distorta ed illogica  della  disciplina  regionale,  a  meno  di  non
predicarne l'incostituzionalita' per contrasto con  gli  articoli  1,
comma 1, 2, 3 e 48, comma 2. 
    3. Il Tribunale amministrativo regionale ha  accolto  il  ricorso
sul presupposto che, per effetto dell'art. 3, comma  3,  della  legge
regionale n. 17/2016, sia applicabile  all'elezione  per  i  consigli
circoscrizionali l'intero art. 4 della  legge  regionale  n.  35/1997
dettato per l'elezione del Consiglio comunale, compresa la previsione
di cui al comma 3-ter (inserita nel 2016) ove si prevede che,  sempre
nelle elezioni comunali, il seggio attribuito  al  candidato  sindaco
non eletto piu' votato debba essere detratto da quelli assegnati alle
liste allo stesso collegate. Il giudice di primo  grado  ha  motivato
tale soluzione esegetica anche  sulla  base  di  una  interpretazione
finalistica della normativa elettorale, ritenuta piu' rispettosa  dei
principi di rappresentativita' delle istituzioni e di uguaglianza del
voto. 
    4.  Avverso  la  sentenza  l'originario  eletto,  con  la   lista
«Coraggiosi Palermo»,  Antonino  Valenti,  ha  proposto  il  presente
appello,   lamentandone   l'erroneita'   per   eccesso   di    potere
giurisdizionale e per  violazione  dell'art.  12  delle  preleggi  al
codice civile, essendo, a suo  avviso,  il  Tribunale  amministrativo
regionale pervenuto a tale decisione nonostante che l'interpretazione
formale-letterale della normativa applicabile  escludesse  un  simile
esito. 
    La difesa appellante, attraverso un unico  articolato  motivo  di
appello,  sostiene  infatti  che  alle  elezioni  per  il   Consiglio
circoscrizionale non si applicherebbe  il  comma  3-ter  dell'art.  4
della legge regionale n. 35/1997 ed il meccanismo da esso previsto. 
    Ne' l'applicabilita' di siffatta previsione potrebbe ricavarsi in
via interpretativa, data la distinzione, di ratio e di funzioni,  tra
le circoscrizioni e il comune, retti da sistemi  elettorali  diversi,
imperniati, nel primo caso sul principio  della  partecipazione,  nel
secondo su quello della governabilita'. 
    5. Nessuno si e' costituito per le  altre  parti  e,  all'udienza
pubblica del 25 maggio 2018, la causa e' passata in decisione. 
    6. Il Collegio reputa utile chiarire come, per effetto  del  modo
di procedere dell'ufficio elettorale qui in  contestazione,  nella  I
circoscrizione del Comune di Palermo le liste di maggioranza e quelle
delle (diverse) opposizioni hanno avuto riconosciuti  rispettivamente
cinque seggi, a fronte di una cifra elettorale  pari  in  un  caso  a
3.448 e nell'altro a 2.935, con una differenza quindi all'incirca  di
500 voti. Tale risultato di parita' si raggiunge ove si conteggi  tra
i  cinque  seggi  spettanti  alle  liste  di  maggioranza  anche   il
presidente eletto, che fa parte, in quanto lo presiede, del Consiglio
circoscrizionale. 
    A  fronte  di  questo  dato  iniziale,  la  tesi  dell'originario
ricorrente in primo grado, che si e' candidato in una lista collegata
al  presidente  eletto,  e'  che  l'applicazione   del   sistema   di
determinazione dei seggi previsto  per  le  elezioni  comunali  -  in
particolare della regola di cui all'art. 4, comma 3-ter, della  legge
regionale  n.  35/1997   -   avrebbe   dovuto   comportare,   invece,
l'attribuzione di cinque seggi alle liste di maggioranza, in aggiunta
al seggio spettante al presidente eletto Massimo Castiglia; e di soli
tre seggi alle restanti liste di minoranza,  in  aggiunta  al  seggio
spettante al presidente  non  eletto  maggiormente  votato  Salvatore
Imperiale. 
    Si sarebbe dovuti arrivare a tale risultato, appunto detraendo il
seggio assegnato all'Imperiale da quelli assegnati alle liste  a  lui
collegate, facendo applicazione della regola dettata  per  l'elezione
del Consiglio comunale dall'art. 4,  commi  3-ter  e  7,  della legge
regionale n. 35/1997. 
    In tal modo, le liste collegate al  presidente  eletto  avrebbero
avuto un seggio in piu' a scapito delle  altre  liste,  e  di  questo
seggio in piu' beneficerebbe il ricorrente in  primo  grado  Fabrizio
Brancato. 
    Senonche' proprio l'applicabilita' dell'art. 4, comma  3-ter,  e'
il tema controverso. Tale disposizione si trova inserita  all'interno
dell'art. 4 della piu' volte citata legge regionale  n.  35/1997,  la
cui rubrica (si intende, dell'art. 4) recita «Elezione del  Consiglio
comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti». 
    A tale articolo fa espresso richiamo il successivo art. 4-ter, la
cui rubrica recita «Elezione del consiglio circoscrizionale», e  dove
e'  precisato,  al  comma  1,  che  «Per  l'elezione  del   Consiglio
circoscrizionale trovano applicazione  i  commi  1,  2,  4,  5,  e  7
dell'art. 4», senza pero' fare menzione alcuna anche del comma 3-ter. 
    Quest'ultimo comma e' frutto di  un'aggiunta  molto  recente,  da
parte della legge regionale  n.  17/2016,  recante  «Disposizioni  in
materia di elezione  del  sindaco  e  del  Consiglio  comunale  e  di
cessazione degli organi comunali. Modifica di  norme  in  materia  di
organo di revisione economico-finanziaria  degli  enti  locali  e  di
status degli amministratori locali». L'art.  3  della  legge  17  del
2016, la cui  rubrica  recita  «Modifiche  di  norme  in  materia  di
composizione del  Consiglio  comunale»,  ha  appunto  modificato  gli
articoli 2 e 4 della legge 35 del 1997, nel secondo caso  aggiungendo
il comma 3-ter  e  modificando  il  comma  7,  nella  direzione  gia'
ricordata. 
    7. Fin qui, si dovrebbe  osservare  con  relativa  sicurezza,  le
modifiche parrebbero  avere  interessato,  anche  sulla  base  di  un
criterio testuale, le sole  elezioni  comunali,  tanto  piu'  che  il
ricordato e specifico art. 4-ter della legge del 1997 non ha, invece,
subito modifiche o aggiunte di sorta. 
    E, tuttavia, il quadro e' complicato, e per quanto si vedra' piu'
avanti reso non piu' chiaramente intellegibile, dal fatto  che,  alla
fine dell'art. 3 della legge  regionale  n.  17/2016,  dopo  le  gia'
ricordate modifiche (e integrazioni) agli articoli 2 e 4 della  legge
n. 35/1997, il terzo ed ultimo comma ha  previsto,  con  una  formula
apparentemente di chiusura, che «Le disposizioni di cui  al  presente
articolo   si   applicano   anche   per   l'elezione   dei   consigli
circoscrizionali». 
    Una tale formulazione  pecca  peraltro  sicuramente  per  eccesso
ovvero dimostra un'eccedenza rispetto allo  scopo,  se  e'  vero  che
sicuramente all'elezione  dei  consigli  circoscrizionali  non  trova
invece  applicazione  l'art.  2  della  legge  n.  35/1997,  cui   fa
riferimento espresso il comma 1 dell'art. 3 della legge regionale  n.
17/2016, che disciplina le modalita' di elezione del  sindaco  e  del
Consiglio comunale nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti. 
    Di conseguenza, quanto meno sotto tale aspetto, non e'  vero  che
(tutte) le disposizioni di cui all'art. 3 della  legge  regionale  n.
17/2016 si applicano per l'elezione dei consigli circoscrizionali, il
che rivela gia' una prima imprecisione del  legislatore.  Dopodiche',
per quanto attiene all'art. 4 della legge regionale  n.  35/1997,  le
modifiche apportatevi da ultimo dal comma 2 dell'art. 3  della  legge
regionale  n.  17/2016  investono  specificamente  le  modalita'   di
determinazione dei seggi da attribuire alle  liste,  ridisegnando  il
premio di maggioranza, alla lista o al gruppo di liste  collegate  al
candidato proclamato eletto, e introducendo per  la  prima  volta  il
meccanismo di  detrazione  di  cui  si  e'  gia'  discorso,  ispirato
anch'esso ad una logica di correzione, ovvero  di  razionalizzazione,
del risultato elettorale in chiave maggioritaria. 
    Si tratta, con ogni  evidenza,  di  disposizioni  elettorali  che
presentano immediati e qualificanti riflessi sulla forma  di  governo
(a livello di ente) locale, perseguendo una logica maggioritaria  che
si ritrova  anche,  seppure  con  modalita'  non  coincidenti,  nella
legislazione statale sull'elezione dei consigli comunali (v. art. 73,
commi 10 e 11, della legge n. 267/2000  e,  anche  per  un  cenno  al
meccanismo di cd. prededuzione, Consiglio di Stato, III, sentenza  n.
1055 del 2018). 
    Sicche' non puo' dirsi casuale il fatto che  l'art.  4-ter  della
legge regionale n. 35/1997, nel disciplinare l'elezione del Consiglio
circoscrizionale, facesse in origine  e  faccia  ancora  testualmente
rinvio solamente ad alcune (ma non a tutte le) disposizioni dell'art.
4 della medesima legge, non menzionando in particolare il comma 6 sul
premio di maggioranza, come anche il comma 3-ter  sul  meccanismo  di
detrazione qui in discussione. 
    Con la precisazione ulteriore che, se  la  mancata  menzione  del
comma 3-ter potrebbe trovare la  sua  possibile  giustificazione  nel
mancato  coordinamento,   ovvero   aggiornamento,   dell'art.   4-ter
(aggiunto nel 2011) con la novella del  2016;  non  altrettanto  puo'
dirsi per il  comma  6  e  per  il  premio  di  maggioranza  in  esso
disciplinato, che era  gia'  in  vigore  nel  2011,  per  quanto  con
modalita' differenti da quelle da  ultimo  vigenti,  e  che,  dunque,
consapevolmente il legislatore  regionale  a  tale  data  (nel  2011)
decise  di  non  (voler)   applicare   all'elezione   del   Consiglio
circoscrizionale. 
    8. Di questa scelta del legislatore regionale del  2011,  che  al
Collegio  appare  esser  stata  allora  consapevole   e   chiaramente
decifrabile, si possono offrire spiegazioni  legate  alla  differente
natura del Consiglio comunale e di quello circoscrizionale. Il  primo
funzionale con le proprie deliberazioni al pieno dispiegarsi  di  una
funzione di governo locale che, come noto, nel nuovo titolo  V  della
Costituzione ha assunto una rilevanza crescente, secondo la  consueta
dialettica tra maggioranza  e  minoranza/e;  il  secondo  da  sempre,
quanto meno a far data dalla legge 278 del 1976,  concepito  come  un
organo assembleare con funzioni per lo piu' consultive,  cui  non  di
rado si affiancano compiti delegati anche di amministrazione  attiva,
al crocevia tra la partecipazione e il decentramento. 
    All'insegna, dunque, di una differenza di fondo  tra  organi  che
l'art. 4-ter era sembrato - e  ancora  sembrerebbe,  ad  una  lettura
distesa del testo - registrare e  confermare,  attraverso  un  rinvio
alle sole disposizioni dettate per l'elezione del Consiglio comunale,
giudicate compatibili con l'elezione del Consiglio circoscrizionale. 
    Di questo criterio di misurata e  ponderata  compatibilita',  che
rifletteva le vedute differenze sostanziali, non vi e' piu'  traccia,
quanto meno sul piano formale, nell'intervento del 2016,  essendo  il
comma 3 dell'art. 3 della legge regionale  n.  17/2016  all'apparenza
ispirato ad un criterio di segno opposto, di integrale  e  sbrigativo
rinvio. 
    9.  Se  questa  fosse  la  conclusione  desumibile   dal   quadro
normativo,  se  ne  dovrebbe  ricavare  (piu'  di)  un  dubbio  sulla
ragionevolezza  dell'art.  3,  comma  3,  della  legge  regionale  n.
17/2016,  come  anche  della  sua  coerenza  con  il   principio   di
rappresentativita', nella  misura  in  cui  finisce  per  equiparare,
sottoponendoli  ad  eguale  disciplina,  senza  che   se   ne   colga
distintamente la ragione, istituti e realta' disomogenei, quali  sono
il Consiglio comunale e quello circoscrizionale. 
    Ma, prima ancora, dell'art. 3, comma 3, appena citato, sfugge  al
Collegio la razionalita' intrinseca ovvero, in altri termini, la  sua
stessa intellegibilita' e coerenza. Nel senso che l'imprecisione  cui
gia' si e' fatto cenno, e che e' all'origine di  qualunque  sindacato
di ragionevolezza, qui si presenta in  forma  particolarmente  acuta,
sia per la non comune  vaghezza  di  una  disposizione  che,  facendo
irruzione in un testo normativo che si  occupa  di  composizione  del
consiglio comunale, richiama frettolosamente non meglio  identificate
altre disposizioni, talune delle quali di sicuro non pertinenti;  sia
perche' tutto questo avviene in un ambito,  quello  elettorale,  dove
piu' forte e' il sentimento di certezza e di  coerenza  che  dovrebbe
guidare l'interprete e rassicurare insieme eletti ed elettori. 
    Laddove, invece, la disposizione in parola  evoca  l'immagine  di
quel «gregge privo di pastore» raffigurata nella sentenza della Corte
costituzionale n. 204 del 1982 (al punto 11.1.). 
    10. E, difatti, per come sono scritte le norme (l'art.  3,  comma
3, della legge regionale  n.  17/2016  e  l'art.  4-ter  della  legge
regionale n. 35/1997), deve constatarsi la possibilita' obiettiva  di
piu' interpretazioni diverse, in un  certo  senso  equivalenti  l'una
all'altra,  e  tutte  ugualmente   plausibili   secondo   il   canone
dell'interpretazione costituzionalmente orientata, a seconda  che  si
privilegi ora la  governabilita'  ora  la  rappresentativita',  quale
conseguenza di un'intima contraddizione, al cospetto delle  quali  si
puo' dubitare persino che il giudice sia ancora chiamato a  risolvere
un  problema  interpretativo  e  non  a  sciogliere,  rivelandone  la
soluzione, un problema di politica legislativa; nell'esercizio di una
funzione non piu' di solo intelletto ma di volonta'. 
    Si potrebbe obiettare,  in  termini  piu'  rassicuranti,  che  la
ricostruzione del contenuto della  legge  sia  pur  sempre  possibile
attraverso l'integrazione, della singola o delle  singole  norme  nel
sistema, assumendone la coerenza d'insieme, e che il giudice  sarebbe
chiamato a esplicitare valutazioni gia' implicite. 
    10. Ed e' questa la via percorsa dal giudice di primo grado,  con
la sentenza impugnata, lungo i consueti  binari  dell'interpretazione
costituzionalmente  orientata,  in  questo  caso  (in  funzione)  dei
principi di rappresentativita' delle istituzioni e di uguaglianza del
voto  di  cui  agli  articoli  1  e  48  Costituzione,  muovendo  dal
presupposto - esso stesso, tuttavia, revocabile in dubbio - che debba
essere assicurato, anche a livello di Consiglio circoscrizionale,  un
meccanismo in grado di garantire al presidente eletto la  maggioranza
in Consiglio e quindi la «governabilita'». 
    Anche senza interrogarsi funditus sulla latitudine, da piu' parti
ritenuta eccessiva, che e' in generale andata  assumendo  la  tecnica
della interpretazione cd. costituzionalmente orientata o adeguatrice,
e che pure trova nella giurisprudenza della Corte  costituzionale  un
indubbio riscontro, in termini di dovere piuttosto  che  di  facolta'
del giudice (v., per tutte, l'ordinanza n. 63 del  1989);  di  questa
tecnica reputa il Collegio che si debba fare un  uso  sorvegliato  in
materia (di legge) elettorale, ribadendo che grava sul legislatore un
dovere primario di clari loqui. 
    L'art. 3, comma 3, della legge regionale n. 17/2016 viola  questo
dovere e pecca per mancanza di proporzione rispetto all'obiettivo che
si puo' supporre possa avere avuto di mira il legislatore. 
    Assumendo pure che il legislatore siciliano, nell'esercizio della
sua  potesta'  primaria  (ma  non  illimitata,  come  dimostra  Corte
costituzionale, 107 del 1976) in materia di  enti  locali  (art.  14,
lettera  o),  dello  Statuto),  volesse  avvicinare  l'elezione   del
Consiglio circoscrizionale a quella del Consiglio  comunale,  avrebbe
dovuto  seguire  un  criterio  intellegibile   di   coerenza   e   di
compatibilita'. 
    Qualora poi avesse voluto (e potuto) rendere i due  consigli  del
tutto omogenei nelle loro modalita' di funzionamento,  innovando  non
di poco rispetto alla storia e rispetto  alla  disciplina  del  2011,
avrebbe dovuto farlo in modo inequivoco, meglio ancora se  attraverso
la  modifica  ovvero  l'aggiornamento  dell'art.  4-ter  della  legge
regionale n. 35/1997. 
    In assenza di questi elementi, non solo la disposizione di rinvio
dell'art.  3,  comma  3,  si  dimostra  manifestamente  inadeguata  e
arbitraria, ma pone seri dubbi sulla  sua  conformita'  anche  ad  un
diverso parametro di costituzionalita', offerto dall'art. 101,  comma
2, Costituzione. 
    Se infatti il giudice deve essere soggetto soltanto  alla  legge,
quantunque nella piu' ampia lettura che di  questo  lemma  e'  venuta
offrendo nel tempo la dottrina costituzionalistica, e' necessario che
la legge sia decifrabile attraverso  una  funzione  (tendenzialmente,
soltanto) conoscitiva nel cui esercizio  si  riaffermi  al  fondo  il
legame tra la funzione  giurisdizionale  e  la  sovranita'  popolare.
Tanto piu' al cospetto di una legge  elettorale,  come  nel  caso  di
specie, dove e' necessario che quel legame sia piu' profondo e che il
margine di interpretazione sia definito con maggiore certezza. 
    Il che vale a privilegiare - ad avviso di questo Collegio, quanto
meno nel  presente  ambito  -  il  promovimento  della  questione  di
legittimita'  costituzionale   della   disposizione   che   non   sia
razionalmente  intellegibile,  piuttosto  che  la  ricerca   di   una
interpretazione costituzionalmente  orientata,  oltre  tutto  in  una
direzione non definita e non  scevra  da  valutazioni  opinabili  che
debbono essere lasciate alla volonta' politica. 
    Una simile questione, preordinata ad una pronuncia che in ragione
del principio di ragionevolezza e  di  soggezione  del  giudice  alla
legge, espunga dall'ordinamento un disposto  normativo  -  l'art.  3,
comma 3, della legge regionale n. 17/2016 - indecifrabile e  comunque
irrazionale, sia sul piano della razionalita' formale che  nel  senso
della razionalita' pratica (Corte costituzionale, sentenza n. 113 del
2015 e 172 del 1996), oltre ad essere  non  manifestamente  infondata
per tutte le ragioni sin qui evidenziate,  non  potendosi  in  questo
caso percorrere la via di un'interpretazione  adeguatrice,  e'  anche
rilevante ai fini della decisione. 
    Ove infatti non si dovesse fare applicazione dell'art.  3,  comma
3, della legge regionale  n.  17/2016,  la  presente  causa  andrebbe
risolta alla luce del chiaro disposto  dell'art.  4-ter  della  legge
regionale n. 35/1997, che non prevede ne' richiama  alcun  meccanismo
di  detrazione  o  prededuzione  dei  seggi  e  la  cui  applicazione
condurrebbe  alla  conferma  del  risultato   elettorale   originario
favorevole all'odierno appellante Antonino Valenti. 
    11. Alla luce delle considerazioni che precedono, il giudizio  va
quindi sospeso in attesa della definizione del  giudizio  incidentale
di legittimita'  costituzionale,  disponendosi  la  rimessione  della
questione alla Corte costituzionale.   
 
                               P.Q.M. 
 
    Il  Consiglio  di  giustizia  amministrativa   per   la   Regione
Siciliana, in sede giurisdizionale, non definitivamente  pronunciando
sull'appello, visti gli articoli  134  Costituzione,  1  della  legge
costituzionale n. 1/1948, 23 e ss. della legge n. 87/1953  e  79  del
decreto legislativo n. 104/2010: 
        1) dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della  legge
regionale 11 agosto 2016, n. 17 (Disposizioni in materia di  elezione
del sindaco e del Consiglio comunale e  di  cessazione  degli  organi
comunali. Modifica  di  norme  in  materia  di  organo  di  revisione
economico-finanziaria  degli  enti   locali   e   di   status   degli
amministratori locali) quanto al  comma  3  dove  si  legge  che  «Le
disposizioni del presente articolo si applicano anche per  l'elezione
dei consigli circoscrizionali», in riferimento agli articoli 3 e 101,
comma 2, della Costituzione,  ai  sensi  e  nei  termini  di  cui  in
motivazione; 
        2) dispone la sospensione del giudizio di appello in oggetto,
ordinando  l'immediata  trasmissione  degli  atti  e  della  presente
ordinanza alla Corte costituzionale; 
        3) dispone altresi' che a cura della segreteria  la  presente
ordinanza sia  notificata  alle  parti,  nonche'  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti  della  Camera  dei
deputati  e  del   Senato   della   Repubblica,   e   al   presidente
dell'Assemblea regionale siciliana. 
 
    Cosi' deciso in Palermo nella Camera di consiglio del  giorno  25
maggio 2018 con l'intervento dei magistrati: 
 
        Rosanna De Nictolis, Presidente; 
        Hadrian Simonetti, consigliere, estensore; 
        Carlo Modica de Mohac, consigliere; 
        Giuseppe Barone, consigliere; 
        Giuseppe Verde, consigliere. 
 
                     Il Presidente: De Nictolis 
 
 
                                               L'estensore: Simonetti