N. 1 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 ottobre 2017

Ordinanza   dell'11   ottobre 2017   della   Commissione   tributaria
provinciale di Vicenza sul ricorso proposto  da  Rizzo  Paola  contro
Agenzia delle entrate - Direzione provinciale di Vicenza. 
 
Imposte  e  tasse  -  Previdenza  complementare  -  Dipendenti  delle
  pubbliche amministrazioni - Previsione che, sino all'emanazione del
  decreto legislativo di attuazione dell'articolo 1, comma 2, lettera
  p), della legge 23 agosto 2004, n. 243, si applica esclusivamente e
  integralmente la previgente normativa. 
- Decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 (Disciplina delle forme
  pensionistiche complementari), art. 23, comma 6. 
(GU n.5 del 30-1-2019 )
 
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE 
                             DI VICENZA 
                              Sezione 2 
 
    riunita con l'intervento dei signori: 
        Block Maurizio, Presidente; 
        Spadaro Giorgio, relatore; 
        De Biase Frezza Costanza, giudice; 
    ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 512/2016,  spedito
il 10 giugno 2016, avverso diniego rimborso Irpef-altro 2014,  contro
Agenzia  entrate  -  Dir.  Provin.  Uff.  controlli-legale   Vicenza,
proposto dai ricorrenti Rizzo Paola, via Gobbi,  30,  sc  A  -  36061
Bassano del Grappa (VI), difeso da Cuocci Felice, piazza  Martiri  di
via Fani, 21 - 76125 Trani (BT), difeso da De Benedictis Flavio,  via
Carlo Cattaneo, 16 - 70056 Molfetta (BA); 
 
                               Osserva 
 
    La controversia riguarda il rifiuto tacito  che  l'Agenzia  delle
entrate  di  Vicenza  ha  posto  all'istanza   di   rimborso   IRPEF,
addizionali comunale e regionale, per  l'anno  2014,  presentata,  in
data 9 ottobre 2015,  dalla  signora  Rizzo  Paola,  rappresentata  e
difesa, anche disgiuntamente, dall'avv. Felice Cuocci e dall'avv.  De
Benedictis. 
    In particolare, la richiesta della contribuente e' correlata alla
asserita maggiore imposta versata, sommando  al  reddito  complessivo
prodotto, l'ammontare dell'imponibile erogato dal Fondo pensioni pari
ad € 819,00 a titolo di IRPEF, ad € 788,00 a titolo  di  restituzione
bonus IRPEF, ad € 99,74 a titolo di addizionale regionale ed €  64,87
a titolo di addizionale comunale. 
    La ricorrente,  ha  assunto  di  essere  stata  iscritta  dal  16
dicembre  2009  al  30  giugno  2014  al  Fondo  nazionale   pensione
complementare per i lavoratori della scuola (Fondo scuola ESPERIA), e
di avere maturato, a tale titolo, una posizione lorda individuale  di
€ 8.108,7; posizione, per la quale ha  chiesto  la  liquidazione  per
riscatto volontario, subendo una ritenuta alla fonte di € 1.865,01  a
titolo di tassazione ordinaria, per il fatto che il  predetto  Fondo,
ha proceduto ai sensi del combinato disposto del comma 6 dell'art. 23
del decreto legislativo n. 252/2005 e della lettera d-ter del comma 1
dell'art. 52 del TUIR nella versione in vigore antecedentemente  alla
abrogazione ad opera del citato decreto legislativo n. 252/2005. 
    In tale contesto, ha eccepito: 
        1) l'illegittima applicazione della norma meno favorevole  al
caso  di  specie,  atteso  che  il   differente   regime   impositivo
applicabile alle prestazioni di previdenza complementare  erogate  ai
dipendenti di una pubblica  amministrazione  iscritti  ad  una  forma
pensionistica   di   natura    negoziale,    risulterebbe    abrogata
dall'avvenuta scadenza del termine del 6  ottobre  2005  fissato  dal
comma 1 dell'art. 1 della legge  n.  243/2004  per  l'emanazione  del
decreto  legislativo  di  riforma  della  disciplina  fiscale   della
previdenza   complementare    dei    dipendenti    delle    pubbliche
amministrazioni. Norma che, diversamente interpretando,  risulterebbe
in contrasto  con  i  fondamentali  principi  costituzionali  ed,  in
particolare, con gli articoli 2, 3 e 53 della Costituzione; 
        2)  la  manifesta   irragionevolezza   nella   modalita'   di
tassazione da parte del legislatore,  derivante  dalla  maggiorazione
dell'onere tributario, a seconda della natura pubblica o privata  del
datore di lavoro. 
    Per questi motivi,  ha  chiesto  l'accoglimento  dell'istanza  di
rimborso e la corresponsione dell'importo complessivo di €  1.771,61;
in  subordine  ha  chiesto  sollevarsi  questione   di   legittimita'
costituzionale della norma di cui all'art. 23, comma  6  del  decreto
legislativo n. 252/2005 per contrasto con gli  articoli  2,  3  e  53
della Costituzione. 
    L'Agenzia delle entrate, costituita in  giudizio,  ha  contestato
analiticamente ogni eccezione e deduzione di  controparte,  ribadendo
la piena legittimita' del proprio operato. 
    In particolare, sui singoli rilievi,  ha  contro  dedotto  quanto
segue: 
        1) la riforma della previdenza complementare,  contenuta  nel
decreto  legislativo  n.  252/2005,  pur  prevedendo  una  tassazione
sostitutiva agevolata mediante l'applicazione di  una  ritenuta  alla
fonte a titolo di imposta, non ha trovato  applicazione  nel  settore
pubblico; 
        2) l'assoggettamento  a  tassazione  ordinaria  non  sarebbe,
comunque,  discriminante  in  quanto  anche  il  riscatto  volontario
erogato ai  dipendenti  di  datori  di  lavoro  privato  e'  prevista
l'imposta sostitutiva di cui all'art. 14 del decreto  legislativo  n.
252/2005. 
    Per questi motivi,  ha  chiesto  il  rigetto  del  ricorso  e  la
condanna alla rifusione delle spese di giudizio. 
    Il Collegio, riunito per la  trattazione,  sentite  le  parti  in
pubblica udienza, rileva quanto segue. 
    Con il primo rilievo.  Parte  ricorrente,  ricordato  che  per  i
dipendenti di una  pubblica  amministrazione  iscritti  a  una  forma
pensionistica di natura negoziale il decreto legislativo n.  252/2005
ha previsto un regime transitorio di applicazione delle  disposizioni
tributarie contenute nel decreto legislativo n. 47/2000,  invece  del
piu'  favorevole  regime  fiscale  introdotto  dal  predetto  decreto
legislativo n. 252, contesta l'illegittima applicazione di una  norma
meno favorevole al caso di specie, senza tenere conto,  fra  l'altro,
che   il   differente   regime   impositivo   risulterebbe   abrogato
dall'avvenuta scadenza del termine del 6  ottobre  2005  fissato  dal
comma 1 dell'art. 1 della legge  n.  243/2004  per  l'emanazione  del
decreto  legislativo  di  riforma  della  disciplina  fiscale   della
previdenza   complementare    dei    dipendenti    delle    pubbliche
amministrazioni. Assume, al riguardo, che la  scelta  legislativa  di
tassare in modo totalmente differente e penalizzante una  prestazione
di previdenza complementare percepita da  un  aderente  a  una  forma
pensionistica collettiva per  la  sola  circostanza  che  il  proprio
datore di lavoro fosse una pubblica amministrazione e non un soggetto
di  diritto   privato,   sarebbe   manifestamente   irragionevole   e
discriminatoria in  quanto  palesemente  contraria  al  principio  di
capacita' contributiva di cui all'art. 53 della  Costituzione,  quale
specificazione settoriale del piu' ampio principio di uguaglianza  di
cui all'art. 3 della stessa Costituzione. 
    Assume, altresi', che il combinato disposto del comma 6 dell'art.
23 del decreto legislativo n. 252/2005  e  della  lettera  d-ter  del
comma  1  dell'art.  52  del   TUIR   (nella   versione   in   vigore
antecedentemente  all'abrogazione  ad  opera  del  succitato  decreto
legislativo n. 252/2005)  risulterebbe  palesemente  incostituzionale
laddove sottopone a tassazione ordinaria e progressiva un  reddito  a
formazione  pluriennale  ed  a  carattere  straordinario,  quale   il
riscatto c.d. volontario della posizione  individuale  erogato  a  un
dipendente  pubblico  iscritto  a  un  fondo  pensione  di   cui   e'
destinatario,  per  contrasto  con   i   fondamentali   principi   di
solidarieta'  sociale  di  cui  all'art.  2  della  Costituzione,  di
eguaglianza di cui all'art.  3  della  Costituzione  e  di  capacita'
contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione. 
    Assume,  infine,  che  l'illegittimita'  costituzionale  di  tale
regime tributario sarebbe ancora piu' lampante se si considera che la
posizione di previdenza  complementare  dell'odierna  ricorrente  (al
pari  di  qualunque  altro  lavoratore  dipendente   della   pubblica
amministrazione iscritto a una forma pensionistica  complementare  di
cui e' destinatario) si forma anche in virtu' della destinazione  del
trattamento di fine rapporto maturando, con  la  conseguenza  che  si
verifica l'assurda situazione per cui, se un dipendente pubblico  non
aderisce a una forma pensionistica collettiva, non destinando  quindi
a previdenza complementare il trattamento di fine rapporto maturando,
al momento della cessazione volontaria del rapporto di lavoro o della
scadenza del rapporto di lavoro a tempo determinato,  il  trattamento
di fine rapporto erogato in suo favore dal  datore  di  lavoro  sara'
soggetto alla piu' favorevole imposizione separata di cui all'art. 19
del TUIR (ovvero facendo concorrere  l'indennita'  di  fine  rapporto
alla formazione del reddito complessivo dell'anno  in  cui  e'  stata
percepita solo se cio' risulti piu' favorevole per il contribuente ex
art. 17 comma 3 del TUIR). 
    Tutto  cio'  posto,  il  Collegio,  esaminata  la  questione   di
legittimita' costituzionale della vicenda, ritiene non manifestamente
infondato  e  rilevante  nel  presente  giudizio  la   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  23,  comma  6  del   decreto
legislativo n. 252/2005, in relazione all'art. 52, comma  1,  lettera
D)-ter del Testo Unico delle imposte  sui  redditi,  con  riferimento
agli articoli 3 e 53 della Costituzione. 
    Il Fondo di  previdenza  complementare  per  i  lavoratori  della
scuola, c.d. fondo scuola Espero,  infatti,  nasce  a  seguito  della
riforma  pensionistica  contenuta  nella  legge  n.  335/95  che   ha
introdotto, tra l'altro, il sistema contributivo, ed e' destinato  ai
lavoratori  del  comparto  scuola,  sia   con   contratto   a   tempo
indeterminato che determinato che vi aderiscono volontariamente. 
    La riforma introdotta  dalla  legge  n.  243/2004,  per  espressa
disposizione normativa (art. 1, comma 2, lettera p),  effettivamente,
non ha trovato immediata  applicazione  nei  confronti  del  pubblico
impiego,  in  quanto  espressamente  rinviata  alla  conclusione  del
procedimento concertativo con le  regioni  e  le  parti  sociali  che
avrebbe dovuto portare alla emanazione  di  un  apposito  decreto  di
armonizzazione. Recitano, infatti, gli articoli 1, commi 1 e 2, della
legge n. 243/2004, quanto segue: 
    «1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro dodici  mesi  dalla
data di entrata in vigore della presente legge, uno  o  piu'  decreti
legislativi  contenenti  norme  intese  a:  a)  liberalizzare  l'eta'
pensionabile; b) eliminare progressivamente il divieto di cumulo  tra
pensione e redditi da lavoro; c) sostenere e favorire lo sviluppo  di
forme pensionistiche complementari; d) rivedere  il  principio  della
totalizzazione dei periodi assicurativi  estendendone  l'operativita'
anche alle ipotesi in cui si raggiungano i requisiti  minimi  per  il
diritto alla pensione in uno dei fondi presso cui sono accreditati  i
contributi. 
    2. Il Governo, nell'esercizio della delega di  cui  al  comma  1,
fatte salve le competenze delle regioni a statuto  speciale  e  delle
Province autonome di Trento  e  di  Bolzano,  previste  dai  relativi
statuti, dalle norme di attuazione del titolo V della parte II  della
Costituzione, si atterra' ai seguenti principi e criteri direttivi: 
        (....) 
        p) applicare i principi e i criteri direttivi di cui al comma
1 e al presente comma e le disposizioni relative  agli  incentivi  al
posticipo del pensionamento di cui ai  commi  da  12  a  17,  con  le
necessarie   armonizzazioni,   al   rapporto   di   lavoro   con   le
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del  decreto  legislativo
30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni,  previo  confronto
con le organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative
dei datori e dei prestatori di lavoro, le regioni, gli enti locali  e
le autonomie funzionali, tenendo conto delle specificita' dei singoli
settori, e dell'interesse pubblico  connesso  all'organizzazione  del
lavoro e  all'esigenza  di  efficienza  dell'apparato  amministrativo
pubblico;» 
    Le norme di cui  al  decreto  legislativo  n.  252/2005,  recante
disposizioni attuative della  predetta  legge  delega,  all'art.  21,
comma 8, dispongono che «Fatto salvo  quanto  previsto  all'art.  23,
comma 5, e' abrogato il decreto legislativo 21 aprile 1993, n.  124».
Mentre all'art. 23, comma 6, precisano che «Fino  all'emanazione  del
decreto legislativo di attuazione dell'art. 1, comma 2,  lettera  p),
della legge 23 agosto 2004, n. 243,  ai  dipendenti  delle  pubbliche
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2 del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, si applica  esclusivamente  ed  integralmente  la
previgente normativa». 
    Ne discende che il combinato disposto di questi due commi esclude
l'applicazione, al rapporto di lavoro pubblico,  del  regime  fiscale
piu' favorevole introdotto dallo stesso decreto legislativo,  creando
due   regimi   impositivi   ed   una   disparita'   di    trattamento
costituzionalmente rilevante (art. 3,  53  Cost.),  laddove  il  c.d.
riscatto volontario di una posizione individuale  accumulata  dal  1°
gennaio 2007 in poi, se erogato a favore di  dipendenti  del  settore
privato iscritti a una forma pensionistica di natura negoziale di cui
sono destinatari, beneficia della favorevole imposizione  sostitutiva
di cui all'art. 14 del decreto legislativo  n.  252/2005,  mentre  il
medesimo riscatto erogato a favore di dipendenti pubblici subisce una
differente e penalizzante  imposizione  ordinaria  che  si  configura
nella   maggiorazione   dell'onere   tributario,   derivante    dalla
applicazione dell'art. 52, comma 1, lettera d-ter del TUIR. 
    In  definitiva,  il  decreto  legislativo  n.  252/2005,  recante
disposizioni  attuative  della  predetta  legge  di  delega,  risulta
carente di una disciplina generale di armonizzazione con  il  settore
pubblico, laddove l'art. 21,  comma  8  del  decreto  legislativo  n.
252/2005  prevede  l'abrogazione  della  precedente   disciplina   di
previdenza  complementare  contenuta  nel  decreto   legislativo   n.
124/1993, mentre al successivo art. 23, comma  5  precisa  che  «Fino
all'emanazione del decreto legislativo  di  attuazione  dell'art.  1,
comma 2,  lettera  p),  della  legge  23  agosto  2004,  n.  243,  ai
dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'art.  1,  comma
2, del  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165,  si  applica
esclusivamente ed integralmente la previgente normativa.». 
    Ne discende  che  il  combinato  disposto  di  questi  due  commi
esclude,  irragionevolmente,   al   rapporto   di   lavoro   pubblico
contrattualizzato, il regime fiscale piu' favorevole introdotto dallo
stesso decreto legislativo, creando due  sistemi  impositivi  ed  una
disparita'  di  trattamento  che  appare   irragionevole   e   quindi
costituzionalmente rilevante in  violazione  dell'art.  3  Cost.,  in
quanto lesivo del principio di uguaglianza tra lavoratori del settore
pubblico e privato ed art. 53 Cost. in quanto una medesima  fonte  di
capacita' contributiva viene sottoposta  a  due  diverse  imposizioni
fiscali. 
    La questione e' altresi' rilevante in quanto la risoluzione della
controversia  in  senso  favorevole  o  sfavorevole  al  contribuente
dipende  dell'applicazione,   o   meno,   della   norma   della   cui
costituzionalita' si dubita. 
    Se ne rimette quindi l'esame alla Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Letto l'art. 23,  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara  non
manifestamente  infondata  e  rilevante  nel  presente  giudizio   la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23,  comma  6  del
decreto legislativo n. 252/2005 per contrasto con gli articoli 3 e 53
della Costituzione. 
    Dispone  la  sospensione   del   presente   procedimento   e   la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti e  al
Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti  dei
due rami del Parlamento. 
        Vicenza, 21 ottobre 2016 
 
                        Il Presidente: Block 
 
 
                                Il giudice estensore: De Biase Frezza