N. 4 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 settembre 2018

Ordinanza del 21 settembre 2018 della Corte d'appello di  Trento  nel
procedimento penale a carico di B. A.. 
 
Reati e pene -  Introduzione  dell'art.  570-bis  del  codice  penale
  (Violazione degli obblighi  di  assistenza  familiare  in  caso  di
  separazione o di scioglimento del matrimonio) e  abrogazione  degli
  artt. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970,  n.  898  e  3  della
  legge 8  febbraio  2006,  n.  54  -  Denunciata  abrogazione  della
  previsione  incriminatrice  della  violazione  degli  obblighi   di
  assistenza familiare da parte del genitore non coniugato. 
- Decreto  legislativo  1°  marzo  2018,  n.  21   (Disposizioni   di
  attuazione del principio di delega della riserva  di  codice  nella
  materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della
  legge 23 giugno 2017, n. 103), artt. 2, comma 1, lettera c),  e  7,
  comma 1, lettere b) e o). 
(GU n.5 del 30-1-2019 )
 
                     CORTE DI APPELLO DI TRENTO 
                           Sezione penale 
 
    La Corte, composta dai signori magistrati: 
        dott. Luciano Spina, Presidente rel.; 
        dott. Carmelo Sigillo, consigliere; 
        dott. Ettore Di Fazio, consigliere. 
 
                              Ordinanza 
 
    Rilevato che la Corte e' stata investita del  processo  penale  a
carico di B. A. nato a ... il ..., in ordine al reato di cui all'art.
12-sexies della legge 1°  dicembre  1970,  n.  898,  come  richiamato
dall'art. 3 della legge  8  febbraio  2006,  n.  54  su  appello  del
difensore dell'imputato, il quale ha impugnato la sentenza di data 31
maggio 2016, n. 231/16 in ordine al capo  con  cui  il  Tribunale  di
Rovereto  ha  dichiarato  la  colpevolezza  del  prevenuto   per   il
contestato  delitto  e  lo  ha  condannato  -  riunito  il  reato  in
continuazione con quello per il quale  e'  intervenuta  sentenza  del
Tribunale di Rovereto n. 14/86 del 6 marzo 2014 - alla pena  di  mesi
due di reclusione, con rideterminazione della  pena  finale  in  mesi
cinque di reclusione; 
    Considerato che nelle more del proposto  gravame  e'  entrato  in
vigore il decreto legislativo 1° marzo 2018,  n.  21,  il  quale,  in
attuazione della  legge  23  giugno  2017,  n.  103,  contenente  tra
l'altro, la delega al Governo ad attuare il principio  della  riserva
di codice nella materia penale ha espressamente abrogato gli articoli
12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898  e  3  della  legge  8
febbraio 2006, n. 54, inserendo  contestualmente  nel  codice  penale
l'art. 570-bis e che nella nuova  previsione  incriminatrice  risulta
esclusa la condotta illecita del genitore  non  coniugato  («Le  pene
previste, dall'art. 570  si  applicano  al  coniuge  che  si  sottrae
all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto  in
caso di  scioglimento,  di  cessazione  degli  effetti  civili  o  di
nullita' del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica
in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso  dei
figli»); 
    Vista  la  richiesta  preliminare  del  Procuratore  Generale  di
sollevare questione di legittimita' costituzionale degli articoli  2,
comma 1, lettera c) e 7 comma  1,  lettere  b)  e  o)  della  decreto
legislativo 1° marzo 2018, n. 21 nella parte in cui  e'  abrogata  la
previsione  incriminatrice  della  violazione   degli   obblighi   di
assistenza familiare da parte del genitore non coniugato; 
    Sentite le parti, all'esito della discussione la Corte ha  deciso
come da dispositivo. 
 
                               Osserva 
 
La questione di costituzionalita' sollevata appare non manifestamente
infondata. 
    Con la legge 23 giugno 2017, n. 103, intesa ad  operare  incisive
modifiche  del  codice  penale,  di  quello  di  procedura  penale  e
dell'ordinamento penitenziario, veniva, fra l'altro, attribuita,  nel
comma 82, delega al Governo ad adottare decreti  legislativi  per  la
riforma  della  disciplina  di'  varie  materie,   tra   cui   quella
dell'ordinamento penitenziario  e,  in  particolare,  nel  successivo
comma 85, venivano individuati i profili  e  i  relativi  principi  e
criteri direttivi cui attenersi. 
    Nella lettera q) del comma  da  ultimo  citato  era  indicato  il
profilo della «attuazione, sia pure tendenziale, del principio  della
riserva di codice nella materia penale, attraverso l'inserimento  nel
codice  penale  di  tutte  le  fattispecie  criminoso   previste   da
disposizioni di legge in vigore che  abbiano  a  diretto  oggetto  di
tutela beni di rilevanza costituzionale» mentre principio e  criterio
direttivo da seguire erano espressamente indicati nella finalita'  di
«una migliore conoscenza dei  precetti  e  delle  sanzioni  e  quindi
dell'effettivita' della funzione rieducativa della pena». 
    Nell'esercizio delle deleghe attribuite dalla legge  n.  103/2017
il Governo emanava, tra gli altri, il decreto legislativo n.  21/2018
per l'attuazione della riserva di codice nella materia  penale  e  in
particolare, «trasferiva» in unico articolo del codice penale le gia'
esistenti previsioni incriminatrici della sottrazione  agli  obblighi
di assistenza familiare. 
    Tale operazione veniva realizzata: 
        a) abrogando, con l'art. 7, comma 1,  lettera  b  e  o),  del
decreto legislativo: 
          l'art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (c.d.
legge sul divorzio), che applicava le pene previste dall'art. 570 del
codice penale al coniuge (divorziato) che si sottraeva all'obbligo di
corresponsione, all'altro  (ex)  coniuge  e  ai  figli,  dell'assegno
stabilito  dall'autorita'  giudiziaria  in  sede  di   pronuncia   di
scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio; 
          l'art.  3  della  legge   8   febbraio   2006   (intitolata
Disposizioni in materia di separazione e  affidamento  condiviso  dei
figli), che estendeva (con l'art. 3) la previsione incriminatrice del
citato art.  12-sexies  alle  violazioni  degli  obblighi  di  natura
economica in essa previsti, precisando (nell'art.  4,  comma  2)  che
tale disposizione si applicava, oltre che nelle gia' previste ipotesi
di scioglimento e di cessazione degli effetti civili del  matrimonio,
anche in caso di  nullita'  dei  medesimo,  nonche'  ai  procedimenti
relativi ai figli di genitori non coniugati: 
        b) inserendo nel codice penale, con l'art. 2, comma 1,  lett.
c) del medesimo decreto legislativo: 
          l'art. 570-bis codice penale intitolato  «Violazione  degli
obblighi  di  assistenza  familiare  in  caso  di  separazione  o  di
scioglimento  del  matrimonio»,  che,  per  esplicito   suo   dettato
incrimina e punisce con le pene previste dall'art. 570 codice  penale
le violazioni dell'obbligo di  natura  economica  stabilito  in  sede
giudiziaria nei casi di scioglimento,  di  cessazione  degli  effetti
civili o di nullita' del matrimonio nonche' in quelli di  separazione
dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli. 
    Sul punto, deve rilevarsi che  con  riferimento  alla  previgente
disposizione normativa di cui all'art. 3 della legge n.  54/2006,  la
recente giurisprudenza della Corte di cassazione ha ritenuto, secondo
una lettura  combinata  sistematica  e  costituzionalmente  orientata
delle disposizioni normative contenute nella  legge  n.  54/2006,  di
equiparare, anche dal punto di vista penale, la tutela apprestata  in
favore dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli nati in
costanza di matrimonio. 
    E' quindi da considerare diritto vivente il principio secondo  il
quale il reato  di  omesso  versamento  l'assegno  periodico  per  il
mantenimento, educazione e istruzione dei figli,  previsto  dall'art.
12-sexies legge 1° dicembre 1970,  n.  898  (richiamato  dall'art.  3
della legge 8 febbraio 2006, n. 54), e' configurabile  non  solo  nel
caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero  di  scioglimento,
di cessazione degli effetti civili o di nullita' del  matrimonio,  ma
anche in quello di violazione  degli  obblighi  di  natura  economica
derivanti  dalla  cessazione   del   rapporto   di   convivenza.   In
particolare, la Corte di cassazione ha precisato che,  alla  luce  di
un'interpretazione sistematica della disciplina sul tema delle unioni
civili e della responsabilita' genitoriale nei confronti  dei  figli,
introdotta  dalla  legge  20  maggio  2016,  n.  76  e  dal   decreto
legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, che ha inserito l'art.  337-bis
del codice civile, l'art. 4, comma secondo, legge n. 54 del 2006,  in
base al quale  le  disposizioni  introdotte  si  applicano  anche  ai
procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, deve essere
interpretato con riferimento a tutte le disposizioni  previste  dalla
legge  citata,  comprese  quelle  che  attengono  al  diritto  penale
sostanziale, in  quanto  una  diversa  soluzione  determinerebbe  una
diversita' di trattamento, accordando una piu' ampia e severa  tutela
penale ai soli figli di genitori coniugati  rispetto  a  quelli  nati
fuori dal matrimonio (cfr. Cass. n. 25267/2017). 
    In tal caso la Cassazione ha  valorizzato  l'indirizzo  normativo
volto a perequare la posizione dei figli nati da genitori conviventi,
rispetto alla prole nata in  costanza  di  matrimonio,  sottolineando
come gli obblighi dei genitori, nascendo dal rapporto di  filiazione,
non subiscono alcuna modifica a seconda che sia o meno intervenuto il
matrimonio. In quest'ottica, si  e'  ritenuto  che  l'interpretazione
sistematica degli articoli 3 e 4 legge n. 54 del 2006 doveva  deporre
nel  senso  della  totale  equiparazione   anche   della   disciplina
penalistica  posta   a   presidio   dell'esatto   adempimento   delle
obbligazioni statuite a carico  dei  genitori  in  favore  dei  figli
all'esito della cessazione della convivenza. 
    Tale indirizzo e' stato confermato dalla Corte di cassazione  con
la recente sentenza n. 12393/2018 che ha precisato che  «In  tema  di
reati contro la famiglia, il reato di omesso versamento  dell'assegno
periodico per il mantenimento, educazione  e  istruzione  dei  figli,
previsto  dell'art.  12-sexies,  legge  l  dicembre  1970,   n.   898
(richiamato  dall'art.  3,  legge  8  febbraio  2006,  n.   54),   e'
configurabile  non  solo  nel  caso  di  separazione   dei   genitori
coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili
o di nullita' del matrimonio, ma anche in quello di violazione  degli
obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del  rapporto
di' convivenza. (In  motivazione,  la  Corte  ha  precisato  che  gli
337-bis. e  ss.  cod.  civ.,  richiamati  dall'art.  155  cod.  civ.,
integrano il precetto penale riempiendo di contenuto gli obblighi  di
assistenza in esso menzionati in virtu' di un meccanismo  applicabile
anche ai figli di genitori non coniugati, ai sensi dell'art. 4, comma
2, legge n. 54 del 2006)». 
    Dalla   combinata   lettura    delle    norme    denunciate    di
incostituzionalita' si desume invece, che sono  stati  esclusi  dalla
punizione penale le omissioni di obblighi economici disposti, in sede
giudiziaria, in favore di figli del matrimonio. 
    Ogni eventuale dubbio in proposito  e'  superato  dalla  testuale
individuazione del soggetto attivo del reato di  nuova  formulazione,
che e' il coniuge. Infatti, mentre l'abrogata normativa stabiliva che
colpevole  del  reato  poteva  essere  chiunque  fosse  onerato   del
contributo di  mantenimento  in  favore  dei  figli,  la  riforma  in
questione introduce un reato proprio, che, puo' essere commesso  solo
da chi sia, o sia stato, unito in matrimonio con l'altro genitore del
figlio beneficiato dall'assegno di mantenimento. 
    Conseguentemente, il genitore di  figli  avuti  con  persona  non
unita in matrimonio va ora esente da ogni responsabilita'  penale  in
caso di sua sottrazione agli obblighi di  mantenimento  della  prole,
ne' e' possibile alcuna interpretazione costituzionalmente  orientata
della norma in questione, nella  parte  censurata,  contrariamente  a
quanto era possibile effettuare rispetto alla previgente formulazione
dell'art. 3 della legge n. 54/2006, per il  chiaro  tenore  letterale
della stessa. 
    Risulta, dunque, essere stata operata  dal  legislatore  delegato
una abrogazione, non solo formale  e  funzionale  alla  realizzazione
della riserva di codice, ma sostanziale di una parte della previgente
previsione incriminatrice. 
    E' da escludersi che siffatto potere fosse attribuito dalla legge
delega, non solo in  considerazione  dell'inequivocabile  mandato  di
(mero) trasferimento nell'unicita'  organica  del  codice  penale  di
fattispecie criminoso disseminate in leggi speciali, ma  anche,  come
gia' osservato, in virtu' della esplicitata finalita' di una migliore
conoscenza   dei   precetti   e   delle    sanzioni    in    funzione
dell'effettivita'  della   funzione   rieducativa   della   pena   in
conformita' ai principi costituzionali. 
    Il riscontro al rilievo da  ultimo  svolto  e'  costituito  dalla
medesima relazione illustrativa dello Schema del decreto  legislativo
in questione. 
    In essa e affermato che lo schema  e'  stato  basato  sui  lavori
della Commissione Marasca, istituita con decreto del  Ministro  della
giustizia del 3 maggio 2016, in esito ai quali era stato  predisposto
un progetto che prevedeva «un riordino  della  materia  penale  ferme
restando le  scelte  incriminatrici  gia'  operate  dal  Legislatore»
dovendosi «escludere che l'attivita'  delegata  possa  consistere  in
modifiche alle fattispecie criminose vigenti, contenute  in  contesti
diversi dal codice penale». 
    Osserva ancora la Corte che, in linea teorica, il fatto rubricato
originariamente quale violazione degli articoli 12-sexies e 3  citati
potrebbe essere riqualificato quale  reato  previsto  dall'art.  570,
comma 2 n. 2 dell'art. 570 codice penale, che puo' essere commesso da
«chiunque», ma, per la sua integrazione oltre alla condotta  omissiva
del mantenimento, occorre l'evento  della  conseguente  mancanza  dei
mezzi di  sussistenza,  evento  non  necessariamente  correlato  agli
inadempimenti in questione e che,  dunque,  deve  essere,  oltre  che
verificato in fatto, contestato dal pubblico ministero (contestazione
che non e' avvenuta nel caso di specie) e ritenuto dai Giudice. 
    Deve essere poi evidenziata l'assenza  di  una  querela  in  atti
sporta dalla persona offesa quale esercente la potesta' sui due figli
minori, al fine di ritenere integrata  l'ipotesi  delittuosa  di  cui
all'art. 570, comma 1 codice penale per aver eventualmente l'imputato
violato  i  doveri  corrispondenti   alla   propria   responsabilita'
genitoriale,  anche  se  deve  comunque  evidenziarsi  la  diversita'
ontologica tra tale fattispecie incriminatrice  (che  presuppone  una
condotta - contraria all'ordine o  alla  morale  delle  famiglie")  e
l'ipotesi dell'art. 570-bis codice penale, come  era  per  l'abrogata
ipotesi di cui all'art. 12-sexies (che punisce il mero  inadempimento
di obblighi di natura economica). diversita' che  e'  confermata  dal
mantenimento nell'ordinamento giuridico del citato  art.  570  codice
penale. nonostante l'introduzione dell'art. 570-bis c.p. 
    In tale contesto, per quanto riguarda il  denunciato  eccesso  di
delega, rileva la giurisprudenza della Corte  costituzionale  secondo
la quale «il difetto di delega, se esistente, comporta  un  esercizio
illegittimo da  parte  del  Governo  della  funzione  legislativa»  e
«l'abrogazione  della  fattispecie  criminosa  mediante  un   decreto
legislativo, adottato in carenza o in eccesso di delega, si  porrebbe
in contrasto con l'art. 25, secondo comma, Cost. che demanda  in  via
esclusiva  al  Parlamento,  in  quanto  rappresentativo   dell'intera
collettivita' nazionale, la scelta dei fatti da sottoporre a  pena  e
delle sanzioni loro applicabili, precludendo  al  Governo  scelte  di
politica criminale autonome o contrastanti con quelle del legislatore
delegante» (cfr. Corte costituzionale n. 5/2014). 
    La citata sentenza  precisa  che,  in  tal  caso,  la  normazione
adottata in sede delegata si pone in specifico contrasto  con  l'art.
76 Cost. che ammette l'esercizio della funzione legislativa da  parte
del Governo ma solo su delega del Parlamento per oggetti  definiti  e
nell'ambito dei principi e criteri direttivi fissati dal delegante. 
    Lo stesso Giudice delle leggi ha attribuito a se' medesimo potere
di verifica  sull'esercizio  da  parte  del  Governo  della  funzione
legislativa delegata quale strumento di  garanzia  del  rispetto  del
principio della riserva di legge in materia penale. 
La questione di costituzionalita' e'  anche  rilevante  nel  presente
processo. 
    Per le considerazioni operate in ordine all'addebito  rivolto  in
fatto all'imputato (omesso versamento di contributi  di  mantenimento
in favore di figli minori nati fuori  del  matrimonio)  e  alla  piu'
riduttiva  previsione  incriminatrice  contenuta  nell'art.   570-bis
codice penale (non applicabile ai genitori non coniugati) esclusa  la
possibilita' di una interpretazione costituzionalmente orientata - e'
evidente come le norme qui impugnate abbiano rilevanza giuridica. 
    Nel caso di caducazione delle disposizioni abrogative  del  reato
di cui  all'art.  12-sexies,  si  pone  peraltro  il  problema  della
ammissibilita'   di   una   questione   di   costituzionalita'    che
comporterebbe pronuncia in malem partem, tanto piu' in campo penale. 
    Osserva sul punto il Collegio che e' la stessa sentenza n. 5  del
2014  della  Corte  costituzionale  ad  affrontare  e  risolvere   la
problematica. Tale pronuncia, richiamando la precedente  sentenza  n.
28 del 2010,  pone  la  distinzione  tra  controllo  di  legittimita'
costituzionale ed effetti delle sentenze di accoglimento nel processo
principale. 
    Quanto al primo tema, la Corte ha escluso  c  predetto  controllo
possa soffrire limitazioni purche' la norma impugnata sia applicabile
nel processo d'origine. 
    Quanto al secondo profilo,  si  ricorda  che  la  Corte,  con  la
sentenza  n.  294  del  2011,  ha  espressamente   affermato   essere
ininfluenti gli ipotetici effetti  che  potrebbero  derivare  per  le
parti in causa da una pronuncia sulla costituzionalita'  della  legge
ai fini della valutazione sulla rilevanza nel processo a  quo,  salvo
restando che spettera' al giudice del merito  valutare  le  eventuali
conseguenze  applicative  che  potranno  derivare  da  una  eventuale
pronuncia di accoglimento. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale relativamente agli articoli 2,  comma  1,
lettera c) e 7 comma 1, lettere b) e o)  del  decreto  legislativo 1°
marzo 2018, n. 21 nella  parte  in  cui  e'  abrogata  la  previsione
incriminatrice  della  violazione  degli   obblighi   di   assistenza
familiare da parte del genitore non coniugato, per contrasto con  gli
articoli 25 e 76 della Costituzione, nei termini  e  per  le  ragioni
indicate nella parte motiva; 
    Sospende il giudizio in corso e  dispone  la  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale; 
    Dispone che la presente ordinanza, unitamente  alla  motivazione,
sia notificata all'imputato, al difensore dell'imputato, al  pubblico
ministero nonche' al Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  sia
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza. 
        Trento, 21 settembre 2018 
 
                   Il Presidente estensore: Spina