N. 8 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 settembre 2018
Ordinanza del 17 settembre 2018 del Tribunale di Roma sul ricorso proposto da P.G., P.A. e P.S.D. contro Asl Roma 1 e Amtrust Europe Ltd (gia' IGI Insurance Company Ltd). Procedimento civile - Patrocinio a spese dello Stato - Effetti dell'ammissione - Onorari dovuti all'ausiliario del giudice - Prenotazione a debito, a domanda, se non e' possibile la ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell'ammissione. - Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 ("Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)"), art. 131, comma 3.(GU n.6 del 6-2-2019 )
TRIBUNALE DI ROMA Sezione XIII RG. n. 62804-17. Ordinanza di rimessione alla Corte costituzione per non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 131 n. 3 del Testo unico spese di giustizia nella corretta interpretazione - ritenuta diritto vivente - di cui alla Circolare 8 giugno 2016 (Quesiti relativi all'interpretazione dell'art. 131, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 30 maggio 2002 e successive modificazioni) del Ministero della giustizia, Dipartimento per gli affari di giustizia, Dipartimento per gli affari di giustizia DAG 08/06/2016.0107514.U. Accertamento tecnico preventivo n. 696-bis S. D. P., G. P. e A. P. (avv. Nicola Ciconte) c. Asl RM 1 (avv.to Gloria Di Gregorio + AM Trust Europe Ltd (avv. Stefano Rossi). Il giudice, dott. Massimo Moriconi, letti gli atti del procedimento ex art. 696-bis cpc supra epigrafato. Osserva 1- Con ricorso del 13 ottobre 2017 i ricorrenti S. D. P., G. P. e A. P. premesso di essere il primo il marito e gli altri i figli di A. F., deceduta il 29 giugno 2015, lamentavano che il decesso della loro congiunta si era verificato a causa di errori medico-sanitari addebitabili al personale medico dell'Azienda ospedaliera che non avevano tempestivamente diagnosticato lo stadio iniziale del tumore polmonare dal quale la predetta era affetta. Richiedevano quindi, in vista del giudizio di risarcimento dei danni, anche sotto il profilo della perdita di chances di sopravvivenza della loro parente, da incardinare nel caso in cui non fosse possibile raggiungere un accordo, che il giudice adito ai sensi e per gli effetti dell'art. 696-bis cpc nominasse un consulente tecnico di ufficio. Instaurato il contraddittorio con la ASL RM1 e l'Assicurazione AM Trust Europe LTD (i quali, costituitisi, respingevano, con motivate comparse difensive, ogni addebito (1) ) il giudice, al fine dell'esperimento di un tentativo di conciliazione tra le parti, formulava i quesiti di cui all'ordinanza del 12 aprile 2018 convocando i due consulenti tecnici (medico legale e specialista oncologo) per l'udienza del 24 settembre 2018. A tale udienza, presenti i consulenti, emergeva la circostanza che i ricorrenti godevano del Gratuito patrocinio a spese dello Stato in virtu' di delibera del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma in data 19 giugno 2017. Il giudice, prospettandosi la certezza che lo svolgimento dell'impegnativo lavoro che andava a richiedere ai due professionisti C.T.U. sarebbe stato, per le ragioni di seguito illustrate, surrettiziamente a titolo gratuito, si riservava di provvedere. 2- La ragione che muove lo scrivente a sottoporre al Giudice delle leggi la questione di legittimita' costituzionalita' dell'art. 131 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (2) in riferimento agli articoli 1, 3 (in riferimento all'art. 83 del TU spese di giustizia), 4, 24, 35 primo comma, 36 della Costituzione, attinge alla ritenuta irragionevolezza dell'accettazione, alla quale impinge il diritto vivente, del principio che i consulenti tecnici del giudice debbano e possano lavorare gratuitamente nei casi in cui, ammessa la parte al Gratuito patrocinio a spese dello Stato, non vi siano altri soggetti sui quali legalmente possa farsi gravare il loro diritto al compenso per il lavoro svolto. Vi sono svariati casi nei quali tale ultima situazione si verifica, ma per circoscrivere, anche in termini di rilevanza, il discorso, e' sufficiente rimanere nell'ambito del procedimento di cui all'art. 696-bis, che ci occupa, dove non e' oggettivamente possibile porre a carico le spese (e' indifferente se fondo spese o liquidazione finale) su soggetto diverso dal ricorrente, e cio' per la semplice ragione che il procedimento in questione non e' destinato a concludersi con una pronuncia del giudice di regolazione delle spese ai sensi dell'art. 91 cpc, cosicche' le stesse non possono che fare carico sulla parte che ha promosso il ricorso (salva la statuizione che intervenga al riguardo all'esito del successivo giudizio di merito la cui esistenza peraltro, e' bene dirlo per evitare deviazioni dal tema, e' solo eventuale). La questione e' quindi rilevante in questo giudizio - che a causa delle precise, conferenti e motivate prese di posizione dell'ente resistente, non ha ragionevoli probabilita' di conciliazione (3) - perche' solo attraverso la pronuncia di incostituzionalita' che si invoca potra' essere rimosso l'ostacolo che si frappone all'unica possibilita' che, in questo procedimento i consulenti nominati possano ricevere un compenso. Ai quali, diversamente, dovra' essere richiesto, in modo aperto, e non occultato dietro l'invito a presentare improbabili richieste di liquidazione al giudice a quindi all'Erario, di lavorare gratuitamente per la giustizia. Infatti, sia pure disposta la prenotazione a debito e sia pure emesso da parte del giudice il decreto di liquidazione, per le ragioni di seguito esposte e' ineluttabile che il Ministero della giustizia e per esso i dirigenti di cancelleria che rispettano le istruzione gerarchiche del Ministero, non daranno, come non danno - circostanza ubiquamente nota - seguito al provvedimento di liquidazione. Ne' e' altresi' sostenibile per evitare la censura che rispettosamente si affida alla Corte delle leggi, che sia onere nel C.T.U. adire, contro il cennato provvedimento generale del Ministero della giustizia ricorso al giudice amministrativo, per l'annullamento e cio' non tanto (e non solo) per la evidente fuorvianza dell'onere che si addosserebbe ad un soggetto che non ha neppure la possibilita' di rifiutare l'incarico, ma per l'assorbente ragione che non si ravvisa, in tale eventuale ricorso al Tribunale amministrativo regionale, un fumus di fondatezza. 3- Come e' noto, alla Corte costituzionale e' stato piu' volte richiesto il vaglio di costituzionalita' in ordine alla norma in oggetto. Per il fondato sospetto che in una molteplicita' di situazioni (ATP, volontaria giurisdizione, etc.) il lavoro del consulente tecnico di ufficio nell'ambito del rito civile fosse, ontologicamente, destinato a non trovare remunerazione. E la Corte costituzionale ha ripetutamente ritenuto infondato il sospetto dei giudici remittenti. Il giudice e' consapevole che se dedotta la questione d'incostituzionalita' negli stessi precedenti termini, la giurisprudenza della Corte la sanzionerebbe con l'inammissibilita'. La presente ordinanza quindi intende introdurre prospettive e profili diversi di interpretazione della norma rimessa e del quadro di riferimento, alla luce dei quali si auspica che la Corte, anche al di la' della strada maestra della dichiarazione di incostituzionalita', possa, quanto meno, licenziare un provvedimento, per l'autorevolezza del Soggetto promanante, di non minore efficacia generale (quale una sentenza interpretativa di accoglimento mediante la quale la Corte, chiamata a pronunciarsi sul significato attribuito dal giudice a quo alla disposizione di legge oggetto della questione, accertata la fondatezza della questione, dichiari la illegittimita' costituzionale della disposizione nel solo significato difforme da Costituzione); idoneo a risolvere la grave e incresciosa situazione determinatasi sul territorio nazionale che e' come si e' detto, che i consulenti tecnici del giudice, ove non vi siano parti (diverse dallo Stato) paganti, lavorano gratis. Occorre quindi in primo luogo ripercorrere la vicenda normativa e le sue interpretazioni. L'art. 131 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 distingue, ai fini del pagamento, gli onorari «dovuti al consulente tecnico di parte e all'ausiliario del magistrato» che «sono prenotati a debito, anche nel caso di transazione della lite, se non e' possibile la ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell'ammissione». Le «indennita' e le spese di viaggio spettanti a testimoni, a notai, a consulenti tecnici di parte e ausiliari del magistrato, nonche' le spese sostenute per l'adempimento dell'incarico da parte di questi ultimi» sono invece prenotate a debito. Oltre che con precedenti pronunce (sentenza n. 287 del 2008, ordinanza n. 209 del 2008, la Corte costituzionale non accoglieva le censure con l'ordinanza n. 12 del 2013 (come nella di poco successiva Corte costituzionale, 16 maggio 2013, n. 88) sulla base dei seguenti argomenti: 1. non risultano giustificati i dubbi espressi dal rimettente in ordine alla individuabilita' di una parte soccombente in relazione ad un giudizio del tipo ora sottoposto alla sua attenzione, e sono manifestamente infondati i connessi dubbi in ordine alla concreta possibilita' per il consulente tecnico di vedersi corrisposti i propri compensi; che, infatti, questi o graveranno sui soggetti di cui al citato art. 131 del decreto legislativo n. 115 del 2002 ovvero, laddove sia impossibile ripeterli da costoro, se ne potra' chiedere la prenotazione a debito, con successiva liquidazione a carico dell'Erario; 2. aggiungendo che non sussiste, come piu' volte affermato in via generale dalla stessa Corte, disparita' di trattamento, in materia di spese in giudizi in cui vi e' stata ammissione al patrocinio a spese dello Stato, rispetto ai soggetti operanti con distinti compiti, attribuzioni e funzioni, nell'ambito dei singoli giudizi, ovvero nell'ambito dei giudizi civili o penali; perche' la ontologica eterogeneita' dei soggetti ovvero dei modelli processuali posti a confronto non consente di istituire fra gli stessi un valido rapporto di comparazione, in un ambito di discrezionalita' del legislatore di modulare diversamente le diverse fattispecie; 3. e, specificamente quanto all'ATP, ricordando l'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimita' in base al quale le spese giudiziali relative all'accertamento tecnico preventivo sono ordinariamente liquidabili, in base al principio della soccombenza, o al termine del relativo procedimento, ogniqualvolta il ricorso introduttivo non sia stato accolto (Corte di cassazione, sentenza 29 marzo 1996, n. 2937), ovvero al termine del conseguente giudizio di merito (Corte di cassazione, sentenza 23 dicembre 1993, n. 12759); successivamente ai provvedimenti della Corte il Ministero della giustizia ha emanato un provvedimento di carattere generale, quello indicato in epigrafe, che in virtu' del rapporto gerarchico esistente nella pubblica amministrazione, ha prodotto l'esito che le diramazioni del Ministero deputate a dare corso ai decreti di liquidazione dei giudici a favore dei CTU nelle cause e nei procedimenti dove, in presenza di ammissione al G.P. e prenotazione a debito, non vi sia alcuna parte nei cui confronti sia possibile ottenere (in punto di diritto o di fatto) il pagamento, si rifiutano di farlo, ritenendo l'eventuale pagamento da parte e a carico dello Stato atto contra legem. Allo stato pertanto e' lecito affermare, quanto meno quale fotografia della realta' italiana, che i Consulenti tecnici di ufficio dei giudici nazionali, nelle condizioni dette, sanno, accettando l'incarico, di lavorare gratis (4) . Ad avviso del remittente le conclusioni alle quale giunge il Ministero della giustizia con la circolare 8 giugno 2016 sono, secondo lo ius conditum, condivisibili. A tale fine e' necessario ben focalizzare il significato dell'espressione prenotazione a debito. Secondo l'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002: «prenotazione a debito» e' l'annotazione a futura memoria di una voce di spesa, per la quale non vi e' pagamento, ai fini dell'eventuale successivo recupero; mentre «anticipazione» e' il pagamento di una voce di spesa che, ricorrendo i presupposti previsti dalla legge, e' recuperabile. L'art. 131 prevede che: a. per effetto dell'ammissione al G.P. e relativamente alle spese a carico della parte ammessa, alcune sono prenotate a debito, altre sono anticipate dall'erario; b. gli onorari dovuti al consulente tecnico di parte e all'ausiliario del magistrato, sono prenotati a debito, a domanda, anche nel caso di transazione della lite, se non e' possibile la ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell'ammissione. In relazione a quanto precede, il Ministero nella circolare di cui in epigrafe osserva esattamente: «questa Direzione generale, pur consapevole delle criticita' operative segnalate con riferimento all'applicazione dell'art. 131, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ritiene di non poter tuttavia condividere la suesposta conclusione, in considerazione sia della chiarezza del disposto normativo di riferimento, sia della costante interpretazione dello stesso fornita da parte della Corte costituzionale: quest'ultima infatti, precisando nell'ordinanza da ultimo citata che il consulente non soddisfatto nelle sue pretese dalla parte soccombente nel processo possa «chiedere la prenotazione a debito, con successiva liquidazione a carico dell'Erario», non ha fatto altro che ricordare che tale liquidazione segue necessariamente la richiesta di prenotazione a debito da parte del consulente, ma non ha certo introdotto un automatismo tra la prenotazione a debito e la liquidazione, che e' (e dunque rimane) meramente eventuale, essendo normativamente condizionata all'effettivo recupero della somma prenotata a debito da parte dell'ufficio giudiziario (ed infatti, come ricordato in apertura, la norma dell'art. 3, lettera s), definisce «prenotazione a debito» l'annotazione «a futura memoria di una voce di spesa, per la quale non vi e' pagamento, ai fini dell'eventuale successivo recupero»). La norma di cui all'art. 131 n. 3 integra in definitiva una disposizione erronea che non e' possibile correggere in via interpretativa da parte del giudice ordinario (5) . Invero, la norma assimila alle «spese» non sopportate dallo Stato (per le quali la definizione prenotazione a debito e' perfettamente calzante), «spese» (onorari da pagare ai CTU) che per definizione (art. 3, lettera S, TU cit.), non implicano, come quelle su riportate, un mancato introito per lo Stato, ma evocano caso mai una spesa (in senso attivo), a carico dello Stato. Invero, secondo la testuale previsione della legge (art. 131 n. 2), sono spese prenotate a debito: a) il contributo unificato nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo tributario; b) l'imposta di bollo, ai sensi dell'art. 17, decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, nel processo contabile; c) le spese forfettizzate per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile; d) l'imposta di registro ai sensi dell'art. 59, comma 1, lettere a) e b), decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nel processo civile e amministrativo; e) l'imposta ipotecaria e catastale ai sensi dell'art. 16, comma 1, lettera e), decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347; f) i diritti di copia. Tutti quindi mancati introiti dello Stato, per i quali si prenota a debito l'eventuale futura riscossione. Per contro la disciplina (normativa, art. 131 n. 3) chiama surrettiziamente prenotate a debito voci di spesa che semmai (nell'interpretazione gia' proposta dalla Corte) integrerebbero anticipazioni. La norma e' invero suscettibile di due sole interpretazioni: 1) o si tratta di un'anticipazione da parte dello Stato, sia pure, condizionatamente all'impossibile ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell'ammissione (art. 131 n. 3). Ma in questo caso vi e' l'ostacolo insormontabile (per il giudice ordinario) della testuale (e contraria) denominazione operata dalla legge di prenotazione a debito, che e' cosa diversa dall'anticipazione. Prenotazione a debito, giova ripeterlo, e' secondo la legge (art. 3 testo unico cit.), l'annotazione a futura memoria di una voce di spesa, per la quale non vi e' pagamento; 2) ovvero, e per contro, si tratta di cio' che la legge dice testualmente, cioe' di una prenotazione a debito. Ma in questo caso e' escluso che l'Erario possa pagare, perche' lo Stato, con la prenotazione a debito, come si e' visto, non paga, semplicemente non riscuote (per lo meno all'attuale). Ne' si vede come si possa uscire dall'empasse senza un autorevole e definitivo contributo attivo (sentenza di incostituzionalita' o di accoglimento interpretativo) della Corte. Per il che non sembra possa essere di ostacolo, l'eventuale argomento della discrezionalita' del legislatore. La quale, come da giurisprudenza della stessa Corte, si deve misurare con altri principi, ed in particolare con quello di ragionevolezza e del rispetto della coerenza interna del sistema normativo. Per quanto riguarda il remittente, il discorso finisce qui. Solo per completezza, si aggiungono due notazioni. Una generale e l'altra specifica al caso in esame. 1. Il consulente tecnico di ufficio nel giudizio penale riceve i compensi anticipati dall'Erario. Orbene, se e' indubbio che diversi sono i campi e le procedure, che altro e' il penale rispetto al civile, e' tuttavia difficilmente sostenibile che sia ragionevole che nel penale il consulente del giudice riceva il compenso e nel civile debba lavorare gratis. Altro sarebbe (ed in questo senso l'invocata sentenza della Corte ben potrebbe sciogliere il nodo, oggi non solubile dal giudice ordinario) che il diritto vigente prevedesse (il che - come si e' visto - non e') che nel solo civile, diversamente dal penale, lo Stato anticipasse si', ma solo dopo che si fosse dimostrato vano il tentativo del consulente del giudice la ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell'ammissione. Diversificazione accettabile, perche', non intrinsecamente irragionevole, ben potrebbe rientrare nella discrezionalita' del legislatore. 2. La struttura del procedimento ex art. 696-bis. Vale ricordare che per questo procedimento cautelare: non si configura, neppure in astratto la soccombenza (salvo le patologie dei ricorsi inammissibili et similia) la quale a sua volta postula una domanda che possa essere accolta o rigettata. Il giudice che lo ammette, nomina un consulente che svolge la sua opera e il procedimento semplicemente si conclude con la conciliazione (senza la relazione del consulente) ed il verbale relativo, ovvero, in caso di mancato accordo, con il deposito della relazione; mentre rimangono del tutto fuori gioco le disposizioni di cui agli articoli 696-sexies e 696-octies cpc per la elementare ragione che difetta un'ordinanza di accoglimento della domanda; non essendo prevista la soccombenza non e' ontologicamente configurabile la regolamentazione delle spese; che e' rimandata ad una fase successiva che tuttavia non essendo necessaria (come per esempio per il sequestro) puo' del tutto mancare (come di fatto e sovente accade in caso di consulenza negativa per il ricorrente; nell'inerzia della controparte che non abbia interesse a riaprire il gioco). Venendo meno in tal caso la possibilita' di regolare nella fase di merito anche le spese del procedimento ex art. 696-bis, comprese quelle della CTU. (1) Premettendo anche eccezioni preliminari che, stante la natura e l'obiettivo del procedimento, non sono impeditive allo svolgimento del tentativo di conciliazione. (2) Testo unico spese di giustizia, art. 131 3 ° Gli onorari dovuti al consulente tecnico di parte e all'ausiliario del magistrato, sono prenotati a debito, a domanda, anche nel caso di transazione della lite, se non e' possibile la ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell'ammissione. (3) A prescindere dal piu' generale e penetrante rilievo che essendo ancora assente una norma, piu' volte invocata, nell'ambito delle lacune del decreto legislativo n. 28/2010, dai piu' accorti operatori del settore, che esoneri, salvi i casi di dolo o colpa grave, il funzionario di ente soggetto al controllo della Corte dei conti, che sia adoperato con successo per il raggiungimento di un accordo, dal rischio di azione di danno erariale; con il che sono votate a naufragio tutte le iniziative conciliative in qualsivoglia modo e sede confezionate. (4) Consapevolezza sgradevole e inquietante perche', seppure nessuno e men che meno lo scrivente, lo voglia pensare, potrebbe taluno sospettare che sia umano, seppure non corretto, che nella definizione dell'incarico ricevuto, il CTU sia tentato di propendere per la tesi che maggiormente allontana il rischio di restare senza compenso. (5) La pratica dell'interpretazione costituzionalmente orientata, avviata su impulso della stessa Corte costituzionale, qualche decennio addietro, oltre a presentare inconvenienti (rectius: rischi) di carattere generale, tot capita tot sententiae, potendo causare un corto circuito con la funzione di verifica e decisione accentrata voluta dal legislatore Costituente; in questo caso sarebbe, in tutta evidenza, un telum imbelle sine ictu, non essendovi alcuna possibilita' che l'opinione espressa da un giudice ordinario in un procedimento civile nel quale il Ministero della giustizia non e' neppure parte, lo induca a un revirment.
P.Q.M. A scioglimento della riserva, il Tribunale di Roma nella persona del giudice remittente: dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 131 n. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 in riferimento agli articoli 1, 3, 4, 24, 35 primo comma, 36 della Costituzione; sospende il procedimento e manda alla cancelleria di comunicare la presente ordinanza al Presidente della Corte costituzionale, alle Parti del presente giudizio e ai due Consulenti tecnici di ufficio, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, ai sensi dell'art. 23, ultimo comma, legge n. 87/1953. Alla Corte costituzionale dovranno altresi' essere trasmesse le prove delle notifiche ai restanti soggetti. Roma, 17 settembre 2018 Il Giudice: Moriconi