N. 36 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 dicembre 2018
Ordinanza del 20 dicembre 2018 del G.I.P. del Tribunale di Grosseto nel procedimento penale a carico di N.G.. Circolazione stradale - Sanzioni amministrative accessorie - Reato di lesioni personali stradali gravi, attenuato ai sensi del comma 7 dell'art. 590-bis codice penale - Revoca della patente di guida a seguito dell'applicazione della pena ex art. 444 codice di procedura penale. - Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 222, comma 2, quarto periodo, come modificato dall'art. 1, comma 6, lettera b), n. 1, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274).(GU n.11 del 13-3-2019 )
TRIBUNALE DI GROSSETO Ufficio del giudice per le indagini preliminari Il giudice per le indagini preliminari Sergio Compagnucci; nel procedimento penale iscritto ai numeri di cui in epigrafe nei confronti di: N.G., in ordine al reato di cui all'art. 590-bis del codice penale; difesa dall'avv. Silvia Tonini del foro di Grosseto; all'udienza in camera di consiglio del 26 novembre 2018, sentite le parti, ha emesso la seguente ordinanza. E' rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 222, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo n. 285 del 1992 (Codice della strada), come novellato dall'art. 1, comma 6, lettera b), n. 1, della legge 23 marzo 2016, n. 41, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede la revoca della patente di guida a seguito della applicazione della pena a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale anche per il reato di lesioni personali stradali gravi, attenuato ai sensi del comma settimo dell'art. 590-bis del codice penale, nei termini e per le ragioni che seguono. 1. Breve descrizione dell'attivita' processuale. N.G., dopo aver ricevuto la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini, ha formulato istanza di patteggiamento in ordine al reato di lesioni personali stradali gravi a lei contestato, relativamente all'incidente stradale avvenuto in Orbetello, il 16 agosto 2016, in cui L.A. aveva riportato una lesione personale da cui era derivata un'incapacita' di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo di giorni quarantaquattro. Alla successiva udienza del 26 novembre 2018 fissata ai sensi dell'art. 447 del codice di procedura penale, una volta raccolto il consenso del pubblico ministero sull'istanza di patteggiamento, e' stata emessa la presente ordinanza. 2. Il controllo sull'istanza di patteggiamento. Soddisfatto il requisito dell'accorto fra le parti, si tratta a questo punto di estendere il controllo sulle altre condizioni richieste ai fini dell'accoglimento dell'istanza, come previsto dall'art. 444, comma 2 del codice di procedura penale. 2.1. La procedibilita' d'ufficio del reato ex art. 590-bis del codice penale. Preliminarmente, considerato che la persona offesa non ha proposto querela, e' necessario affrontare la questione riguardante la procedibilita' del nuovo reato ex art. 590-bis del codice penale, trattandosi di profilo attinente alle cause di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 del codice di procedura penale. L'art. 590-bis e' stato introdotto nel codice penale dalla legge n. 41 del 2016, entrata in vigore il 25 marzo dello stesso anno e intitolata «introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274». Il nuovo testo normativa ha subito posto diverse questioni interpretative, in parte dovute a una tecnica normativa non esemplare; tra le tante, si e' posta anche la questione della natura circostanziale o autonoma della fattispecie introdotta dall'art. 590-bis, comma 1, del codice penale, rispetto al reato di lesioni colpose, questione che assume rilevanza nel presente procedimento in quanto decisiva al fine di stabilire la procedibilita' del delitto, stante l'assenza, come gia' detto, di querela di parte. Ove, infatti, si ritenesse che l'art. 590-bis non abbia introdotto un reato autonomo, bensi' soltanto alcune ipotesi di aggravamento del reato di lesioni colpose ex art. 590 del codice penale, ne discenderebbe la procedibilita' a querela, secondo quanto previsto dall'ultimo comma di tale articolo. Diversamente, laddove si aderisse alla tesi opposta, il reato di lesioni stradali gravi o gravissime, in difetto di una previsione sulla necessita' di querela, risulterebbe procedibile d'ufficio secondo la regola stabilita dall'art. 50, comma 2 del codice di procedura penale. Si ritiene utile muovere da questa considerazione preliminare: non esiste una differenza, sotto il profilo antologico, tra l'elemento costitutivo e la circostanza del reato, spettando alla discrezionalita' del legislatore stabilire se un determinato elemento fattuale appartenga alla struttura necessaria ovvero a quella accidentale del reato. Prova di cio' si e' avuta, di recente, dalla trasformazione del fatto lieve, in materia di detenzione illecita di sostanze stupefacenti, da ipotesi circostanziale a reato autonomo: il confronto tra la disposizione previgente e quella attuale dimostra come il fatto materiale da esse disciplinato sia assolutamente sovrapponibile, essendo mutata soltanto la volonta' del legislatore di ritenere autonomo cio' che prima era considerato un fatto circostanziale, volonta' manifestata espressamente attraverso l'inserimento della clausola di riserva nell'incipit della nuova disposizione incriminatrice. D'altra parte, codesta considerazione trova puntuale e oggettiva conferma nella norma sul reato complesso, in cui si legge che il fatto costituente di per se' reato puo' essere considerato dal legislatore come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di altro reato, sancendo in questo modo, da un lato, in via esplicita, l'assoluta sovranita' del legislatore nello stabilire cio' che appartiene alla struttura necessaria del reato e dall'altro, in via implicita, l'assenza di un criterio ontologico in base al quale operare la distinzione tra l'elemento costitutivo e la circostanza aggravante. Se cosi' e' - se cioe' non esiste un criterio oggettivo, sostanziale, tramite cui capire se l'elemento fattuale appartenga al reato in via necessaria o solo accidentalmente, perche' tale distinzione e' in realta' soltanto un effetto della scelta legislativa -, ne consegue che la soluzione della questione in esame sta tutta nell'esatta ricostruzione dell'intenzione del legislatore, titolare esclusivo di quel potere di scelta; ricostruzione effettuabile naturalmente in base ai criteri forniti dall'art 12 delle preleggi. Ed allora, muovendo proprio dai suggerimenti ermeneutici offerti da quest'ultimo articolo, si tratta anzi tutto di esaminare il contenuto letterale della nostra disposizione, non presa singolarmente, ma valutata unitamente all'intera disciplina in cui si inserisce la norma da interpretare, al fine di pervenire alla ragione obiettiva della legge. Sotto il profilo meramente letterale, la norma di cui all'art. 590-bis, comma primo del codice penale, non offre elementi univoci a favore ne' dell'una ne' dell'altra tesi, in quanto non si ravvisano in essa manifestazioni esplicite in merito alla qualificazione della fattispecie. Percio' la volonta' legislativa deve essere desunta dai criteri di natura testuale o topografica, di natura strutturale o di natura teleologica, secondo le preziose indicazioni fornite dalle sezioni unite della Cassazione (sentenza n. 26351 del 2002). Ebbene, quanto ai primi, l'intestazione della legge di riforma («introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali») e la stessa rubrica dell'art. 590-bis, in cui si parla di lesioni personali stradali senza alcuna indicazione terminologica riconducibile al concetto di aggravante, depongono per l'ipotesi della natura autonoma del nuovo reato. Sotto il profilo della struttura della norma incriminatrice, si rileva come l'individuazione del soggetto attivo del delitto attraverso il pronome «chiunque» faccia parimenti propendere per la tesi della natura autonoma del delitto, trattandosi di una tecnica normativa normalmente non utilizzata per la disciplina di ipotesi circostanziali. Va nondimeno riconosciuto come il legislatore abbia utilizzato la stessa tecnica nel confezionare il comma 2 dell'art. 590-bis, qualificato espressamente come aggravante nel successivo art. 590-quater. Ed e' proprio quest'ultima disposizione a fornire un importante elemento a favore della natura autonoma del reato in esame, in quanto tale norma qualifica espressamente come circostanze aggravanti quelle di cui ai commi 2-6, lasciando cosi' intendere che la condotta di cui al primo comma integra un reato autonomo e non gia' una circostanza aggravante. Tale conclusione trova un'importante conferma, sotto il profilo sistematico, in altre disposizioni introdotte dalla legge n. 41/2016; in particolare nelle modifiche apportate agli articoli 224-bis, comma 1, e 552 del codice di rito, nonche' all'art. 222 del nuovo codice della strada, ove si fa esplicito riferimento al delitto di cui all'art. 590-bis del codice penale. Ulteriore argomento a favore della natura autonoma si ricava dalla disposizione di cui all'art. 550, comma 2, lettera e-bis) del codice di procedura penale, aggiunta dalla legge n. 41/2016, che prevede la citazione diretta a giudizio in caso di «lesioni personali stradali, anche se aggravate, a norma dell'art. 590-bis del codice penale»: cio' conferma che le «lesioni personali stradali» integrano un reato autonomo, dato che altrimenti l'inciso «anche se aggravate» non avrebbe ragion d'essere. Infatti, il concetto di «lesioni personali stradali» oggi ha senso solo con riferimento alla previsione di cui all'art. 590-bis, non essendo piu' prevista l'aggravante della violazione delle norme sulla circolazione stradale nell'ambito del reato di lesioni ex art. 590: ne consegue che la disposizione inserita nell'art. 550 del codice di procedura penale, deve necessariamente essere interpretata nel senso che la citazione diretta e' prevista per il reato di lesioni personali stradali ex art. 590, comma 1, del codice penale, «anche se aggravato» ai sensi dei commi successivi. Perfettamente in linea con la tesi della natura autonoma del reato si pone anche la collocazione della disciplina del concorso formale di cui all'ultimo comma dell'art. 590-bis: risulterebbe infatti incongrua la scelta di inserire tale istituto, concernente il concorso di reati, all'interno di un articolo riguardante (secondo la tesi opposta) fattispecie circostanziali. D'altronde, la tesi che qui si sostiene trova ampia conferma anche nei lavori preparatori, in cui si e' fatto esplicito riferimento all'esigenza di prevedere l'autonomia di tale reato per impedirne il bilanciamento con eventuali attenuanti. Si segnala come la tesi qui accolta risulti in linea con una recente sentenza della Cassazione che, nell'occuparsi della specifica questione, ha sostenuto la natura autonoma del reato in esame (cfr., Cass. Pen., sentenza n. 42346 del 2017). Alla luce di tali considerazioni, si deve concludere che il reato oggetto del presente procedimento e' procedibile d'ufficio. 2.2. L'assenza dei presupposti per l'emissione di una sentenza di proscioglimento. Sempre in punto di verifica sull'assenza di condizioni per l'emissione di una sentenza di proscioglimento, si evidenzia come gli atti di indagine confortino l'impostazione accusatoria; in particolare, dai rilievi urgenti operati dalla p.g. nell'immediatezza del fatto e dalla consulenza tecnica dell'ing. Luca Donati, a cui il pubblico ministero ha demandato il compito di accertare l'effettiva dinamica del sinistro, emergono elementi di colpevolezza a carico sia della N., per aver omesso di dare la precedenza al conducente del motociclo proveniente da destra, sia di quest'ultimo per non aver tenuto una velocita' adeguata alle condizioni dei luoghi: entrambe le condotte illecite si pongono in relazione di causalita' con l'evento dannoso, per cui e' ravvisabile la cooperazione colposa, ai sensi dell'art. 113, comma primo del codice penale. 2.3. La qualificazione del fatto e la congruita' della pena. La qualificazione del fatto come reato di lesioni stradali gravi e' corretta. Dalla documentazione sanitaria in atti emerge che il motociclista ha riportato a seguito dell'incidente un trauma toracico chiuso con contusione polmonare e cardiaca, da cui e' derivata l'incapacita' di attendere alle ordinarie occupazioni per giorni quarantaquattro, sicche' e' ravvisabile la lesione grave, ai sensi dell'art. 583, comma 1, n. 1 del codice penale. Risulta altresi' corretta la prospettazione dell'attenuante di cui all'art. 590-bis, comma 7 del codice penale: come gia' anticipato, infatti, gli atti di indagine dimostrano resistenza di un concorso colposo a carico di L.A., il quale, alla guida della moto, se avesse viaggiato alla velocita' consentita in quel tratto di strada avrebbe con alta probabilita' potuto evitare lo scontro, secondo le condivisibili considerazioni formulate dal c.t. del pubblico ministero. Ne consegue che l'imputata non e' la sola responsabile del sinistro, visto che l'evento e' stato cagionato anche dalla cooperazione colposa della persona offesa. La pena proposta dalle parti e' da considerare congrua; l'individuazione della pena base nel minimo di legge si giustifica in relazione alla entita' delle lesioni e alla incensuratezza dell'imputata. La pena e' stata cosi' determinata: pena base (art. 590-bis, comma 1, prima parte del codice penale) = mesi tre di reclusione; ridotta per l'attenuante ex art. 590-bis, comma 7, a mesi uno e giorni quindici di reclusione; infine ridotta per il rito speciale a mesi uno di reclusione. Si puo' accogliere la richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale, cui e' stata subordinata l'istanza di patteggiamento, risultando la N. incensurata e potendosi presumere che la presente condanna costituisca efficace deterrente per il futuro. Ricorrono in definitiva tutte le condizioni per accogliere la richiesta di patteggiamento. 3. La sanzione accessoria e la rilevanza della questione. L'art. 222 del decreto legislativo n. 285 del 1992 (nuovo codice della strada), rubricato «sanzioni amministrative accessorie all'accertamento di reati», modificato dall'art. 1, comma 6, della legge n. 41 del 2016 (recante la «Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274»), ai primi tre commi cosi' recita: «1. Qualora da una violazione delle norme di cui al presente codice derivino danni alle persone, il giudice applica con la sentenza di condanna le sanzioni amministrative pecuniarie previste, nonche' le sanzioni amministrative accessorie della sospensione o della revoca della patente. 2. Quando dal fatto derivi una lesione personale colposa la sospensione della patente e' da quindici giorni a tre mesi. Quando dal fatto derivi una lesione personale colposa grave o gravissima la sospensione della patente e' fino a due anni. Nel caso di omicidio colposo la sospensione e' fino a quattro anni. Alla condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale consegue la revoca della patente di guida. La disposizione del quarto periodo si applica anche nel caso in cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena. Il cancelliere del giudice che ha pronunciato la sentenza divenuta irrevocabile ai sensi dell'art. 648 del codice di procedura penale, nel termine di quindici giorni, ne trasmette copia autentica al prefetto competente per il luogo della commessa violazione, che emette provvedimento di revoca della patente e di inibizione alla guida sul territorio nazionale, per un periodo corrispondente a quello per il quale si applica la revoca della patente, nei confronti del soggetto contro cui e' stata pronunciata la sentenza». La suprema Corte, con la sentenza n. 36759 del 2018, ha avuto l'occasione di precisare che in ordine ai fatti di lesioni personali stradali gravi o gravissime, commessi dopo l'entrata in vigore della legge n. 41 del 2016, si applica la revoca della patente di guida, come stabilito dal quarto periodo del secondo comma, appena riportato; mentre la sanzione accessoria della sospensione della patente prevista dal secondo e dal terzo periodo «opera per gli altri casi, pure previsti dal codice della strada, in cui si verificano danni alla persona (arg. ex art. 222, comma 1 del decreto legislativo n. 285 del 1992)». Nel nostro caso, pertanto, poiche' l'incidente stradale si e' verificato sotto la vigenza della nuova normativa, all'applicazione della pena a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, segue la revoca della patente di guida (cfr., Cass. Pen., sez. 4, n. 36079 del 16 marzo 2017, ric. P.G. C. App. Sassari in proc. Spanu, non mass.); tale sanzione dev'essere applicata dal giudice penale che emette la sentenza suddetta, d'ufficio anche se le parti non l'hanno considerata nella proposta di patteggiamento (cfr., in tal senso, Cass. Pen., sez. IV, 9,12.2003, PG in proc. Augusto, Rv. 227910): di qui la rilevanza della questione nei termini che si vanno ad indicare. 4. Sulla non manifesta infondatezza della questione. Come gia' detto, l'art. 222 del codice della strada, ai periodi quarto e quinto del comma 2, prevede che alla condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale consegue la revoca della patente di guida. Il successivo comma 3-ter, primo periodo, stabilisce inoltre, per i medesimi casi, il divieto quinquennale di conseguire una nuova patente di guida. L'articolo e' stato cosi' modificato dalla legge n. 41 del 2016, entrata in vigore il 25 marzo dello stesso anno ed emanata sotto la spinta dell'opinione pubblica che chiedeva un inasprimento delle pene per i responsabili di gravi incidenti stradali. Prima della novella in esame, per il caso di omicidio colposo aggravato a seguito della violazione delle norme del codice stradale, era prevista la sospensione della patente fino a quattro anni, mentre per i casi di lesioni gravi o gravissime la sospensione non poteva superare i due anni. La disciplina previgente, dunque, consentiva al giudice penale, all'atto dell'applicazione della sanzione accessoria, di commisurarne la durata in relazione alla gravita' del reato, desumibile, questa, sia dall'entita' delle lesioni prodotte, sia dal grado di colpa del responsabile. Con la riforma indicata, il legislatore ha previsto invece la revoca della patente di guida in tutti i casi di condanna o di patteggiamento in ordine sia al reato di omicidio colposo stradale sia a quello di lesioni stradali, senza distinguere, in quest'ultima ipotesi, tra lesioni gravi e gravissime. Ed e' proprio tale scelta legislativa che qui si ritiene illegittima, perche' in violazione dei principi di uguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione. La legge vigente, infatti, in merito alla revoca della patente di guida, prevede una disciplina unica e indifferenziata per queste ipotesi: a) omicidio stradale colposo di cui all'art. 589-bis, comma primo del codice penale; b) lesioni stradali gravissime, a prescindere dalla ricorrenza delle aggravanti di cui ai commi 2-6 dell'art. 590-bis o dell'attenuante di cui al comma 7; c) lesioni stradali gravi, a prescindere dalla ricorrenza delle aggravanti di cui ai commi 2-5 dell'art. 590-bis o dell'attenuante di cui al comma 7. In ciascuna di esse, alla sentenza di condanna o di patteggiamento conseguono la revoca della patente di guida e il divieto di conseguirne una nuova per un periodo di cinque anni. Si tratta a ben vedere di un trattamento sanzionatorio fortemente afflittivo, tenuto conto della significativa importanza che la possibilita' di servirsi di un veicolo a motore rappresenta normalmente per la generalita' delle persone, non di rado anche in relazione a specifiche esigenze lavorative. Tale trattamento sanzionatorio, riguardando in forma unica e indifferenziata un ventaglio di ipotesi significativamente diverse in termini sia di offesa che di colpa, opera nella sostanza una discriminazione illegittima a discapito di quella meno grave. Ed in effetti la norma vigente non tiene conto delle significative differenze che possono correre tra le varie ipotesi disciplinate in modo unitario. Si pensi al caso oggetto di questo procedimento, in cui, sotto il profilo oggettivo, le lesioni hanno comportato un periodo di malattia di poco superiore ai quaranta giorni e, sotto quello soggettivo, l'imputato non e' risultato come l'unico responsabile dell'incidente; di contro, si pensi al caso in cui la vittima abbia riportato lesioni gravissime (ad esempio, uno stato di paraplegia) e l'unico responsabile del sinistro debba rispondere di plurime violazioni del codice stradale, ivi compresa quella di cui all'art. 186, lettera c). Ebbene, nonostante la microscopica diversita' di queste due ipotesi in termini tanto di gravita' dell'offesa arrecata alla vittima quanto del grado della colpa del responsabile, la disciplina vigente prevede la stessa sanzione della revoca della patente di guida, con inevitabile discriminazione della fattispecie meno grave, rispetto alla quale la misura sanzionatoria si rivela assolutamente sproporzionata. Come noto, il principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione puo' essere violato sia nella ipotesi di trattamento differenziato di situazioni sostanzialmente identiche, sia in quella di trattamento identico di situazioni sostanzialmente diverse. A tal riguardo, si richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 53 del 1958 che, seppur risalente, merita di essere segnalata per la speciale chiarezza con cui fu illustrato il fondamento della seconda forma di violazione del principio di uguaglianza teste indicata. In tale occasione la Corte, nel ribadire il proprio orientamento secondo cui l'obbligo del legislatore di trattare in modo eguale i cittadini non esclude che esso possa dettare norme diverse per regolare situazioni diverse, adeguando la disciplina giuridica ai differenti aspetti della vita sociale, ebbe modo di precisare che tale «interpretazione contiene implicita l'affermazione (che, piu' che un'ulteriore elaborazione del principio, ne costituisce un aspetto), che a situazioni diverse non puo' essere imposta un'identica disciplina legislativa. Una legge che pareggiasse situazioni che sono oggettivamente diverse, violerebbe, del pari, il principio dell'uguaglianza e contrasterebbe con le ripetute affermazioni della Corte, secondo le quali e' da ritenere costituzionalmente legittimo il diverso regolamento legislativo di situazioni diverse. La diversita' delle due ipotesi e', in realta', una diversita' meramente apparente, che non toglie la loro sostanziale identita', la quale, percio', esige una concorde soluzione del problema di legittimita' costituzionale, che esse possono proporre in riferimento al principio contenuto nell'art. 3 della Costituzione. Vero e' che la giurisprudenza di questa Corte ha anche costantemente affermato che la valutazione delle diverse situazioni e' riservata al potere discrezionale del legislatore e sottratta percio' al giudizio di legittimita' costituzionale. Ma e' anche vero che non si contraddice a queste affermazioni, ne' si compiono valutazioni di natura politica, e nemmeno si controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore, se si dichiara che il principio dell'eguaglianza e' violato, quando il legislatore assoggetta ad una indiscriminata disciplina situazioni che esso stesso considera e dichiara diverse.». Ebbene, si ritiene che tale incongruenza sia ravvisabile nel nostro caso. E infatti lo stesso legislatore a considerare di rilevante diversita' i casi, rispettivamente, del reato di lesioni stradali gravi, in cui venga riconosciuta l'attenuante ex art. 590-bis, settimo comma del codice penale, da un lato, e, dall'altro, i casi del reato di lesioni stradali gravissime, aggravato ai sensi dell'art. 590-bis, commi 2-6, e di omicidio colposo ex art. 589-bis, primo comma; nello specifico, tale diversita' si desume dalle rispettive pene detentive: da tre mesi a un anno, riducibile della meta', nella prima ipotesi, a fronte di una pena da quattro a sette anni per il reato di lesioni stradali gravissime ex art. 590-bis, comma 2, e da due a sette anni per l'omicidio stradale non aggravato. Il fatto che il legislatore abbia previsto una sanzione penale cosi' diversa per le ipotesi sopra specificate (il minimo edittale dell'ipotesi meno grave, ridotto della meta' per l'attenuante ad effetto speciale, e' trentadue volte inferiore al minimo edittale previsto per le lesioni gravissime ex art. 590-bis, comma 2) prova che egli le considera non assimilabili in termini di gravita': ne consegue la irragionevolezza della scelta di assoggettare alla stessa sanzione della revoca della patente ipotesi riconosciute come sostanzialmente diverse. Ne' d'altra parte si puo' ritenere che la revoca della patente trovi giustificazione nella specifica funzione della sanzione amministrativa in esame. La Corte costituzionale ha avuto modo di precisare che la revoca della patente di cui all'art. 120 del codice stradale non ha natura sanzionatoria, ne' costituisce conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale (cfr., sentenza n. 22 del 2018). Tale affermazione non puo' tuttavia essere estesa anche alla revoca della patente di guida prevista dall'art. 222, comma secondo, quarto periodo, poiche' in questo caso la sanzione costituisce un effetto automatico della condanna (o dell'emissione della sentenza di patteggiamento) in ordine ai reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis, che presuppongono necessariamente la violazione di una norma del codice stradale. Si tratta dunque, nel nostro caso, di una sanzione di natura interdittiva che risponde alla duplice finalita' retributivo-punitiva, da un lato, e preventivo-dissuasiva dall'altro. D'altra parte, la principale finalita' di prevenzione e dissuasione di tale sanzione si evince chiaramente dagli interventi dei relatori di maggioranza nel corso dei lavori preparatori alla novella normativa. Cio' detto, si tratta allora di capire se la previsione della revoca della patente di guida anche per il caso di condanna (o di emissione della sentenza di patteggiamento) in ordine al reato di lesioni personali stradali gravi, attenuato ai sensi del comma settimo dell'art. 590-bis, possa trovare giustificazione nelle specifiche finalita' appena indicate. Ebbene, quanto alla finalita' retributivo-punitiva, logica vuole che la sanzione sia commisurata alla gravita' della infrazione, desumibile, questa, sia dalla gravita' dell'offesa sia dal grado di colpa del responsabile. Ne consegue l'irragionevolezza della nuova previsione in relazione ad entrambi i parametri indicati: sotto il primo profilo, infatti, la lesione personale grave determina un'offesa sensibilmente inferiore rispetto alla lesione personale gravissima o addirittura all'omicidio stradale (pensiamo alla lesione da cui sia derivata una malattia della durata di quarantaquattro giorni, come nel nostro caso, a fronte della morte della vittima o di una lesione che abbia provocato una invalidita' permanente assoluta). Ma analoghe considerazioni valgono anche per la valutazione della colpa del responsabile, dato che nell'ipotesi di lesioni personali gravi, attenuata ai sensi del comma settimo, il grado di colpa del responsabile e' significativamente inferiore rispetto a quello ravvisabile in capo al soggetto accusato di lesioni personali gravissime, aggravate ai sensi dei commi 2-6 dell'art. 590-bis. La previsione della stessa sanzione della revoca della patente per ipotesi cosi' diverse non puo' dunque giustificarsi in relazione alla finalita' retributiva della stessa. Ma analoga conclusione vale per la finalita' preventivo-dissuasiva. Come e' stato autorevolmente sostenuto in dottrina, la previsione di una sanzione sproporzionata produce quasi sempre effetti opposti a quelli voluti, risolvendosi di fatto in un'imposizione ingiusta e arbitraria, vissuta come tale dal sottoposto. D'altra parte, se la revoca della patente ha lo scopo, oltre che di punire il responsabile, anche di interdire dalla guida quei soggetti che abbiano dimostrato nei fatti la propria pericolosita', e' ragionevole che la sanzione sia rapportata alla gravita' della colpa, essendo il livello di pericolosita' direttamente proporzionale al grado di essa. La disposizione in esame, invece, prevede la stessa sanzione rispetto ad ipotesi significativamente diverse sotto il profilo del grado di colpa: basti pensare che la fattispecie oggetto di questo procedimento, in cui l'evento si e' verificato anche a causa del concorso colposo della persona offesa, e' equiparata, quanto alla revoca della patente di guida, a quella di un soggetto che si sia posto alla guida in stato di ebbrezza alcolica e, procedendo contromano, abbia provocato un incidente da cui siano derivate lesioni gravissime. Dunque, le specifiche finalita' della sanzione in esame non giustificano affatto la previsione di un trattamento identico per tutte le ipotesi indicate, ma anzi finiscono coll'evidenziare la macroscopica incongruenza di una scelta che non tiene conto delle sostanzialita' diversita' tra di esse. Sotto altro profilo, si evidenzia come l'accoglimento della presente questione non lascerebbe priva di sanzione amministrativa la fattispecie oggetto di questo procedimento. Con la dichiarazione di parziale illegittimita' costituzionale della norma, infatti, in caso di lesioni personali stradali gravi, attenuate ai sensi dell'art. 590-bis, comma 7 del codice penale, si applicherebbe la disposizione di cui all'art. 222, comma 2, secondo periodo, che prevede, come gia' visto, la sospensione della patente di guida fino a due anni - una sanzione, questa, proporzionata alla gravita' dell'illecito desumibile dall'entita' dell'offesa e dal grado della colpa, e percio' idonea ad eliminare la sperequazione normativa denunciata. Come gia' segnalato in precedenza, la Corte di cassazione ha precisato che la sospensione della patente, ai sensi dell'art. 222, comma 7, secondo periodo, si applica in tutti i casi di lesioni personali conseguenti alla violazione delle norme del codice stradale (sentenza n. 36759/18, cit.), sicche' la stessa sanzione sarebbe certamente applicabile anche al caso di lesioni personali stradali gravi, attenuate ai sensi dell'art. 590-bis, comma 7, ove tale specifica ipotesi non rientrasse piu' nel campo applicativo del comma quarto del medesimo art. 222 a seguito della pronuncia di parziale incostituzionalita' che qui si sollecita.
P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e seguenti della legge n. 87 del 1953; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 222, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo n. 285 del 1992 (Codice della strada), come novellato dall'art. 1, comma 6, lettera b), n. 1 della legge 23 marzo 2016, n. 41, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede la revoca della patente di guida a seguito della applicazione della pena a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale anche per il reato di lesioni personali stradali gravi, attenuato ai sensi del comma settimo dell'art. 590-bis del codice penale; Sospende il giudizio in corso e dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia notificata alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere. Grosseto, 26 novembre 2018 Il giudice: Compagnucci