N. 34 SENTENZA 6 febbraio - 6 marzo 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Giustizia   amministrativa - Domanda   di   equa   riparazione    per
  irragionevole  durata  del  processo - Istanza  di   prelievo   nel
  giudizio   amministrativo   presupposto   quale    condizione    di
  proponibilita'  della  domanda  di  equa  riparazione  nei  giudizi
  pendenti alla data del 16 settembre 2010. 
- Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo
  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita',  la
  stabilizzazione  della   finanza   pubblica   e   la   perequazione
  tributaria), art. 54, comma 2, convertito, con modificazioni, nella
  legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall'art. 3, comma 23,
  dell'Allegato 4 al  decreto  legislativo  2  luglio  2010,  n.  104
  (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18  giugno  2009,  n.  69,
  recante  delega  al  governo   per   il   riordino   del   processo
  amministrativo) e dall'art. 1, comma 3, lettera a), numero  6,  del
  decreto  legislativo  15  novembre  2011,  n.   195   (Disposizioni
  correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010,  n.
  104,  recante  codice   del   processo   amministrativo   a   norma
  dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69). 
-   
(GU n.11 del 13-3-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
  
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 54, comma 2,
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 6  agosto  2008,  n.  133,
come modificato dall'art.  3,  comma  23,  Allegato  4,  del  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del  processo  amministrativo),  e  dall'art.  1,  comma  3,
lettera a), n. 6, del decreto legislativo 15 novembre  2011,  n.  195
(Disposizioni correttive ed  integrative  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, recante codice  del  processo  amministrativo  a
norma dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n.  69),
promossi dalla Corte di cassazione, sezione  sesta  civile,  con  una
ordinanza del 3 novembre, una del 15 novembre, due del  16  novembre,
tre del 23 novembre, quattro del 27 novembre, una  del  28  novembre,
una del 21 dicembre 2017, una del 29 gennaio  2018;  dalla  Corte  di
appello di Napoli con una ordinanza del 12 maggio 2017 e dalla  Corte
di cassazione con una ordinanza del 28 maggio  2018,  rispettivamente
iscritte al n. 187 del registro ordinanze 2017 e ai numeri  da  16  a
27, 55, 87 e 144 del  registro  ordinanze  2018  e  pubblicate  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 1, 7, 14, 24 e  41,  prima
serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visti gli atti di costituzione di Giancarlo Esposito,  di  Cosimo
D'Argenio, di Raffaele Bozzi, di Giuseppe Angelo Panarello, di  Lucio
Iasiello e altri, di Gianfranco Surace, di Gino Mattiuzzo e di  Mauro
Ponzo e altri, questi ultimi due fuori termine, nonche' gli  atti  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 5  febbraio  e  nella  camera  di
consiglio del 6 febbraio  2019  il  Giudice  relatore  Mario  Rosario
Morelli; 
    uditi gli avvocati Giovanni Romano per Giancarlo Esposito, Cosimo
D'Argenio e per Raffaele  Bozzi,  Bruno  Forte  per  Giuseppe  Angelo
Panarello, Ester Perifano per Lucio Iasiello e altri, Andrea Saccucci
per Gianfranco Surace e l'avvocato dello Stato  Massimo  Salvatorelli
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con quindici ordinanze di contenuto sostanzialmente  identico
- emesse in relazione ad altrettanti ricorsi per  cassazione  avverso
sentenze  di  Corti  di  appello  che,  in  ragione   della   mancata
presentazione   di   una   «istanza   di   prelievo»   nei   processi
amministrativi  presupposti,  avevano  dichiarato  improponibili   le
corrispondenti domande di equa riparazione per  irragionevole  durata
dei processi medesimi - l'adita Corte di cassazione, sezione  seconda
civile, ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza,  «in
riferimento all'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione  e  ai
parametri interposti degli artt. 6, par. 1, 13 e 46,  par.  1,  della
Convenzione [...] per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n.  848»,  ha
sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  54,
comma 2, del decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella  legge
6 agosto 2008,  n.  133,  come  modificato  dall'art.  3,  comma  23,
dell'Allegato  4  al  decreto  legislativo  2  luglio  2010,  n.  104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo), in vigore dal 16  settembre  2010,  e  dall'art.  1,
comma 3, lettera a), n. 6, del decreto legislativo 15 novembre  2011,
n. 195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo
2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo  amministrativo  a
norma dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69). 
    Secondo la Corte rimettente, il denunciato comma 2  dell'art.  54
del d.l. n. 112 del 2008, come  sopra  convertito  e  successivamente
modificato - con il disporre che «[l]a domanda  di  equa  riparazione
non e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice  amministrativo
in cui si assume essersi verificata la violazione di cui all'articolo
2, comma 1, della legge 24 marzo 2001,  n.  89  [Previsione  di  equa
riparazione  in  caso  di  violazione  del  termine  ragionevole  del
processo  e  modifica  dell'articolo  375  del  codice  di  procedura
civile], non  e'  stata  presentata  l'istanza  di  prelievo  di  cui
all'articolo 71, comma 2,  del  codice  del  processo  amministrativo
[Allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010], ne' con riguardo  al  periodo
anteriore alla sua presentazione» - si porrebbe in contrasto  con  le
evocate   disposizioni   convenzionali   (come   interpretate   dalla
giurisprudenza della Corte  EDU,  in  particolare  nelle  sentenze  2
giugno 2009 Daddi contro Italia, 22 febbraio  2016,  Olivieri  contro
Italia) e, per interposizione, con l'art. 117,  primo  comma,  Cost.,
poiche' il diritto della parte ad ottenere l'equa riparazione per  la
violazione  dell'art.  2,  comma  1,  della  legge  n.  89  del  2001
(cosiddetta "legge Pinto") risulterebbe impedito dal  prescritto  (ed
ineludibile)    assolvimento    della    suddetta    condizione    di
proponibilita', ancorche' l'istanza di  prelievo  non  sia  idonea  a
consentire una efficace accelerazione della decisione  di  merito  in
ordine ai ricorsi formulati ai sensi dell'art. 3 della  legge  n.  89
del 2001. 
    1.1.- Nei giudizi incidentali promossi dalle  ordinanze  iscritte
ai numeri 16, 17, 18, 23, 24 e 25 r.o. 2018, si sono costituite - con
distinti atti di analogo contenuto - le parti private ricorrenti  nei
processi a quibus, le quali hanno tutte concluso  per  la  fondatezza
della questione sollevata e,  nei  giudizi  relativi  alle  ordinanze
numeri 16, 17 e 18 e 25, hanno ulteriormente illustrato  con  memoria
tale conclusione. 
    La  memoria  della  parte  ricorrente  nel  giudizio  da   ultimo
indicato,  a  conforto   dell'asserita   natura   "sistemica"   della
violazione accertata dalla sentenza della Corte EDU Olivieri e altri,
ha, in particolare, sottolineato come «il Comitato dei  ministri  del
Consiglio d'Europa, organo deputato alla supervisione sull'esecuzione
delle sentenze rese dalla Corte europea ai sensi dell'art.  46,  par.
2, CEDU, [abbia] ritenuto di applicare all'esecuzione della  sentenza
Olivieri una procedura c.d.  rafforzata  ("enhanced  procedure"),  in
quanto rientrante nella categoria dei c.d. "leading cases"», ed abbia
conseguentemente invitato il Governo italiano a fornire  informazioni
sulle misure adottate al  fine  di  porre  rimedio  alla  riscontrata
«ineffettivita' del "rimedio Pinto"» nei casi di eccessiva durata  di
processi amministrativi. 
    1.1.1.- Nei giudizi incidentali iscritti ai numeri 20 e 21 r.  o.
2018, le parti ricorrenti si sono costituite tardivamente. 
    1.2.-  In  tutti  i  riferiti  quindici  giudizi  incidentali  e'
intervenuto - con relativi atti (di identico  contenuto)  ritualmente
depositati - il Presidente del Consiglio  dei  ministri  per  tramite
dell'Avvocatura generale dello Stato. 
    L'Avvocatura ha preliminarmente eccepito l'inammissibilita' della
questione  con  riferimento  all'art.  46  della  CEDU  (per  la  non
vincolativita' di «un ipotetico principio di diritto» enunciato dalla
Corte EDU «in altri giudizi tra  altri  soggetti»);  e,  nei  giudizi
incidentali relativi alle ordinanze numeri 16, 17, 18 e 55 r.o. 2018,
ha ulteriormente  eccepito  l'inammissibilita'  della  questione  per
difetto di motivazione sulla rilevanza, in quanto «in punto di  fatto
il  giudizio  amministrativo  dal  quale  la   pretesa   indennitaria
scaturisce aveva avuto esito ben diverso dagli altri casi esaminati»,
essendosi concluso con «decreto decisorio  di  perenzione  a  seguito
della mancata  manifestazione  di  interesse  alla  prosecuzione  del
giudizio da parte del ricorrente». 
    Nel merito, ha concluso per la non  fondatezza  della  questione,
argomentando che l'istanza di  prelievo  «non  differisce  il  dovere
dello Stato di pronunciare sulla domanda ne' impone un onere  gravoso
e sproporzionato sulle parti, essendo richiesta ai loro difensori una
minima diligenza  professionale»;  e  sostenendo  che  «l'ordinamento
nazionale   non    e'    tenuto    ad    adeguarsi    pedissequamente
all'interpretazione fornita dalla Corte  di  Strasburgo  delle  norme
CEDU, essendo sempre riconosciuto al Legislatore, al Giudice comune e
a [questa] Corte un  "margine  di  apprezzamento  e  di  adeguamento"
nazionale,  che  consenta   di   tener   conto   delle   peculiarita'
dell'ordinamento giuridico in cui la norma convenzionale e' destinata
ad inserirsi ed, in particolare,  di  operare  delle  valutazioni  di
sistema   dei   profili    costituzionali,    politici,    economici,
amministrativi e sociali». 
    2.- Anche la Corte di appello di  Napoli,  prima  sezione  civile
bis, con ordinanza r. o. n. 87  del  2018,  ha  sollevato  pressoche'
identica questione di legittimita' costituzionale «dell'art. 54,  co.
2, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in l. 6 agosto 2008, n. 133
come modificata dall'art. 3  comma  23  dell'allegato  4  del  d.lgs.
104/2010 e, successivamente, dall'art. 1 comma 3 lett. a) n.  6)  del
d.lgs. 195/2011», in riferimento all'art. 11, oltreche' all'art. 117,
primo comma, Cost., evocando, quanto a quest'ultimo parametro, i soli
artt. 6, paragrafo 1, e 13 (e non pure l'art. 46)  della  CEDU,  come
norme interposte. 
    2.1.- E' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, la  quale  si  e'
limitata,  in  questo  caso,  ad  eccepire  l'inammissibilita'  della
questione  «per  irrilevanza  o,  quanto  meno,   per   insufficiente
motivazione in ordine alla rilevanza». E cio'  per  avere,  la  Corte
rimettente, dato per scontata l'applicabilita'  del  denunciato  art.
54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, in relazione  ad  un  processo
presupposto gia' definito alla data di entrata in vigore della  legge
28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'
2016)», «nonostante il chiaro tenore dell'articolo  6,  comma  2-bis,
[recte: 2-ter], della legge 89 del 2001, introdotto  dalla  legge  n.
208 del 2015 [id est dal suo art. 1, comma 777, lettera m)]», per  il
quale il comma 2 dell'art. 54 del d.l. n. 112 del  2008  «si  applica
solo nei processi amministrativi la cui durata  al  31  ottobre  2016
ecceda i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis [della  legge  n.
89 del 2001]». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte  di  cassazione,  sezione  seconda  civile,  con  le
quindici ordinanze di cui si e' in narrativa detto,  e  la  Corte  di
appello di Napoli, prima sezione civile  bis,  con  altra  (ivi  pure
riferita) ordinanza - che,  stante  la  sostanziale  coincidenza  del
petitum,  puo'  alle  prime  riunirsi   per   essere,   con   queste,
unitariamente decisa - sollevano sostanzialmente  identica  questione
incidentale di legittimita' costituzionale dell'art. 54, comma 2, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, nel
testo quale risulta dalla successiva  modifica  di  cui  all'art.  3,
comma 23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2  luglio  2010,  n.
104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo), in  vigore  dal  16  settembre  2010,  a  sua  volta
modificato dall'art. 1, comma 3, lettera a), numero  6,  del  decreto
legislativo 15 novembre 2011,  n.  195  (Disposizioni  correttive  ed
integrative al decreto legislativo 2 luglio  2010,  n.  104,  recante
codice del processo amministrativo a norma dell'articolo 44, comma 4,
della legge 18 giugno 2009, n. 69). 
    E cio' per contrasto, secondo la Corte di cassazione, con  l'art.
117, primo comma, della Costituzione,  in  relazione  agli  artt.  6,
paragrafo  1,  13  e  46,  paragrafo  1,  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n.  848.  Ovvero  per  violazione,
secondo la Corte di  appello  di  Napoli,  dell'art.  11,  unitamente
all'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in  relazione  agli  artt.  6,
paragrafo 1, e 13 (e non pure all'art. 46) della CEDU. 
    2.- La disposizione che  viene  ora  al  vaglio  di  legittimita'
costituzionale e' stata, nel tempo, piu' volte modificata. 
    Nella sua formulazione originaria, essa, infatti, richiedeva - ai
fini della proponibilita'  della  domanda  di  equa  riparazione  per
irragionevole  durata  del  processo   -   l'avvenuta   presentazione
dell'istanza di prelievo, allora disciplinata dall'art. 51 del  regio
decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura  dinanzi
alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), «nei  sei  mesi
antecedenti alla scadenza dei termini di durata di  cui  all'articolo
4, comma 1-ter, lett. b)». 
    Con la legge di conversione (n. 133 del  2008)  quel  riferimento
temporale veniva eliminato e la previa presentazione dell'istanza  di
prelievo diveniva cosi' condizione di proponibilita' della domanda di
equa riparazione anche per i giudizi pendenti alla  data  (25  giugno
2008) di entrata in vigore del d.l. n.  112  del  2008,  in  rapporto
all'intero svolgimento del giudizio presupposto e, dunque, anche  per
la frazione di tempo anteriore alla presentazione dell'istanza. 
    L'Allegato 4 (Norme di coordinamento e abrogazioni) al d.lgs.  n.
104 del 2010 - in vigore dal 16 settembre 2010 -  ha  poi  sostituito
(con l'art. 3, comma 23) le parole «un'istanza ai sensi  del  secondo
comma dell'articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»  con
«l'istanza di prelievo di cui all'articolo 81, comma  1,  del  codice
del processo amministrativo, ne' con riguardo  al  periodo  anteriore
alla sua presentazione». E, in ulteriore prosieguo, il d.lgs. n.  195
del 2011, correttivo del d.lgs. n. 104 del  2010,  ha  sostituito  le
parole «81, comma 1», con «71, comma 2». 
    A seguito delle ricordate modifiche,  la  disposizione  dell'art.
54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, in  vigore  dal  16  settembre
2010, risulta, dunque, del seguente testuale tenore: «La  domanda  di
equa riparazione non  e'  proponibile  se  nel  giudizio  dinanzi  al
giudice  amministrativo  in  cui  si  assume  essersi  verificata  la
violazione di cui all'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001,  n.
89, non e' stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'articolo
71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con riguardo
al periodo anteriore alla sua presentazione». 
    2.1.- Come ricorda la Corte di cassazione, sul punto,  il  quadro
normativo e' stato ulteriormente modificato dalla legge  28  dicembre
2015, n. 208, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (Legge  di  stabilita'  2016)»,  in
vigore  dal  1°  gennaio  2016,  che  essa  rimettente  ritiene   non
applicabile ai giudizi a quibus, relativi  a  domande  di  indennizzo
concernenti la durata di  processi  definiti  prima  dell'entrata  in
vigore di tale novum ius. 
    L'art. 1, comma 777, lettere a), b) ed m), della  predetta  legge
n. 208 del 2015, rispettivamente: 
    -  introduce  nel  testo  della  legge  24  marzo  2001,  n.   89
(Previsione di equa riparazione in caso  di  violazione  del  termine
ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del  codice  di
procedura civile), cosiddetta "legge Pinto",  il  nuovo  art.  1-ter,
comma  3,  che  rimodula  l'istanza   di   prelievo   come   «rimedio
preventivo»,  da  presentarsi  «almeno  sei  mesi  prima  che   siano
trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma  2-bis»  (e,  cioe',
tre anni per il primo grado e due anni per il secondo grado); 
    - riscrive l'art. 2, comma 1, della "legge Pinto", stabilendo che
«[e'] inammissibile la  domanda  di  equa  riparazione  proposta  dal
soggetto che non ha esperito i rimedi preventivi della  irragionevole
durata del processo di cui all'articolo 1-ter»; 
    - aggiunge all'art. 6 (Norma transitoria) della "legge Pinto"  il
comma 2-bis - prevedendo che «[n]ei processi  la  cui  durata  al  31
ottobre 2016 ecceda i termini ragionevoli [...]  non  si  applica  il
comma  1  dell'articolo  2»  (quanto  alle  conseguenze  del  mancato
esperimento del rimedio preventivo) - e il  comma  2-ter,  disponendo
che «il comma 2 dell'articolo 54 del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112 [...] si applica solo nei processi amministrativi la  cui  durata
al 31 ottobre 2016 ecceda i termini  di  cui  all'articolo  2,  comma
2-bis». 
    3.- E' preliminare l'esame  dell'eccezione  di  inammissibilita',
formulata dell'Avvocatura dello Stato nel  (solo)  giudizio  relativo
all'ordinanza della Corte di appello  di  Napoli,  che  coinvolge  la
ricordata sopravvenienza normativa ed e', in  tesi,  riferibile  alla
questione come sollevata in tutti i procedimenti a quibus. 
    Sostiene, infatti, l'Avvocatura che il legislatore del 2015,  con
la disposizione di cui al citato art. 6, comma  2-bis,  della  "legge
Pinto", «abbia inteso abrogare la condizione di  proponibilita'»,  di
cui all'art. 54 del d.l. n.  112  del  2008,  «con  riferimento  alle
domande  di  equa  riparazione  proposte  in  relazione  a   processi
amministrativi definiti prima  dell'entrata  in  vigore  della  legge
208/2015». Cio', a suo avviso, desumendosi dal fatto che  detto  art.
6, comma 2-bis, avrebbe sostituito «alla condizione di proponibilita'
costituita dall'istanza di prelievo  tout  court,  la  condizione  di
proponibilita'  dell'istanza  di  prelievo  proposta  in   un   certo
termine», dando  cosi'  luogo  ad  una  sorta  di  «neutralizzazione»
dell'art. 54, comma 2, della legge n. 133 del 2008. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    In linea di principio, l'abrogazione (ancor piu', come in  questo
caso, implicita) di una  norma  opera  ex  nunc  e  non  e',  quindi,
sostenibile che possa  derivarne  la  prospettata  «neutralizzazione»
degli effetti verificatisi, ratione temporis,  fin  quando  la  norma
abrogata sia stata in vigore. 
    Il tenore letterale della disposizione di cui all'art.  6,  comma
2-bis, della legge n. 89 del 2001 chiaramente, del resto, ne  implica
l'applicabilita' (solo) pro futuro. 
    Ai sensi di detta norma, l'ammissibilita' della domanda  di  equa
riparazione per l'eccessiva durata di processi amministrativi e' ora,
infatti, condizionata dalla  intervenuta  proposizione  del  «rimedio
preventivo» dell'istanza di prelievo «almeno sei  mesi  prima»  della
scadenza del termine di ragionevole durata del processo. 
    Ed e' evidente che una tale condizione - riscritta ora  nei  piu'
incisivi termini di un onere di diligenza posto a carico della  parte
chiamata a cooperare con il giudice al fine di evitare il superamento
del termine di  ragionevole  durata  del  processo  -  non  puo'  che
riferirsi a processi ancora pendenti, la cui  ragionevole  durata  si
protragga per il tempo necessario a consentire alle parti di proporre
l'istanza di prelievo nel termine introdotto dalla legge n.  208  del
2015. 
    Il che, appunto, spiega perche', ai sensi  del  successivo  comma
2-ter dello stesso art. 6 della  legge  n.  89  del  2001,  la  cosi'
riformulata condizione  di  proponibilita'  si  applichi  (solo)  nei
processi  amministrativi  che  eccedano  (nel  grado)  il  rispettivo
termine di ragionevole durata al 31 ottobre 2016, in data, quindi, di
oltre sei mesi successiva a quella (1° gennaio 2016)  di  entrata  in
vigore della legge n. 208 del 2015. 
    In tutti i giudizi  a  quibus  la  domanda  di  equa  riparazione
risulta proposta in relazione a  processi  definiti  antecedentemente
alla indicata data del 31 ottobre 2016, ai quali,  pertanto,  non  si
applica il nuovo art. 1-ter della legge n. 89 del 2001 e per i  quali
non possono ritenersi, per quanto detto, "sterilizzati"  gli  effetti
(di improponibilita') derivanti  dalla  pregressa  normativa  oggetto
della sollevata questione di  legittimita'  costituzionale,  che  e',
ratione temporis, dunque, rilevante e, per tale profilo, ammissibile. 
    4.-  Del  pari  non   fondata   e'   l'ulteriore   eccezione   di
inammissibilita' - formulata dall'Avvocatura dello Stato nei  giudizi
relativi alle ordinanze numeri 16, 17, 18, 55 r.o.  del  2018  -  per
asserito difetto di motivazione sulla  rilevanza,  in  ragione  della
circostanza della intervenuta perenzione dei processi  amministrativi
cui si riferiva la pretesa indennitaria. 
    Nelle citate ordinanze la Corte di cassazione rimettente, ai fini
della rilevanza della sollevata questione, non ha  mancato,  infatti,
di motivare espressamente sulla ininfluenza della omessa  istanza  di
fissazione  dell'udienza  nel   giudizio   amministrativo   e   della
susseguente intervenuta dichiarazione di perenzione del ricorso. 
    E cio' in coerenza, del resto, alla giurisprudenza  della  stessa
Corte di legittimita', per cui, in materia di  equa  riparazione  per
durata irragionevole del processo, la dichiarazione di perenzione del
giudizio da parte del giudice amministrativo non consente di ritenere
insussistente il danno per disinteresse della parte  a  coltivare  il
processo, in quanto, altrimenti, verrebbe  a  darsi  rilievo  ad  una
circostanza  sopravvenuta  -  la  dichiarazione  di  estinzione   del
giudizio - successiva rispetto al superamento del  limite  di  durata
ragionevole del processo (Corte di cassazione, sezione sesta  civile,
sottosezione 2, sentenza 5  agosto  2016,  n.  16404;  sezione  sesta
civile, sottosezione 2, sentenza 9 luglio 2015, n. 14386). 
    5.-  La  non  deducibilita',  nella  specie,  di  una  violazione
dell'art. 46, paragrafo 1, CEDU, ancorche'  eccepita  dall'Avvocatura
dello Stato come ulteriore profilo di  inammissibilita',  non  rileva
come tale, attenendo piu'  propriamente  al  merito  della  questione
sollevata con le riferite ordinanze della Corte di cassazione. 
    6.- La questione che viene ora in esame e' fondata. 
    La disposizione di cui all'art. 54, comma 2, del d.l. n. 112  del
2008 - nel  testo,  come  convertito  e  successivamente  modificato,
applicabile ratione temporis in tutti  i  giudizi  a  quibus  -viola,
infatti, l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli  artt.  6,
paragrafo 1, e 13 CEDU, restando assorbita ogni altra censura. 
    6.1.- Secondo la  costante  giurisprudenza  della  Corte  EDU,  i
rimedi preventivi, volti ad evitare che la  durata  del  procedimento
diventi  eccessivamente  lunga,  sono  ammissibili,   o   addirittura
preferibili, eventualmente in combinazione con quelli indennitari, ma
cio' solo se "effettivi" e, cioe', nella misura in cui velocizzino la
decisione da parte del giudice  competente  (cosi',  in  particolare,
Corte europea dei diritti dell'uomo, grande Camera, sentenza 29 marzo
2006, Scordino contro Italia). 
    Con piu' specifico riferimento alla disposizione  ora  in  esame,
con sentenza del 2 giugno 2009, Daddi contro Italia, detta Corte, pur
dichiarando il ricorso inammissibile per il mancato  esperimento  del
rimedio giurisdizionale interno, aveva preannunciato che  una  prassi
interpretativa ed applicativa dell'art. 54, comma 2, del d.l. n.  112
del 2008, nel testo antecedente alla modifica di cui al d.lgs. n. 104
del  2010  -  che  avesse  avuto  come  effetto  quello  di   opporsi
all'ammissibilita' dei ricorsi ex lege Pinto (relativi alla durata di
un processo amministrativo conclusosi prima del 25 giugno 2008),  per
il solo fatto della mancata presentazione di un'istanza di prelievo -
avrebbe privato sistematicamente alcune categorie di ricorrenti della
possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. 
    Piu' di recente, con la sentenza 22  febbraio  2016,  Olivieri  e
altri  contro  Italia,  la  Corte  EDU  ha  affrontato  il   problema
dell'effettivita' del rimedio nazionale  ex  lege  n.  89  del  2001,
soggetto alla condizione di proponibilita' dell'art. 54, comma 2, del
d.l.  n.  112  del   2008.   Ed   esaminando   diacronicamente   tale
disposizione, fino al testo scaturito dalle modifiche  apportate  dal
d.lgs. n. 104 del 2010, ha conclusivamente ritenuto che la  procedura
nazionale per lamentare la durata eccessiva di un giudizio dinanzi al
giudice  amministrativo,  risultante  dal  combinato  disposto  della
"legge  Pinto"  con  la  disposizione  stessa,   non   possa   essere
considerata un rimedio effettivo ai sensi dell'art.  13  della  CEDU.
Cio' soprattutto sul rilievo che il sistema giuridico  nazionale  non
prevede alcuna condizione volta a garantire l'esame  dell'istanza  di
prelievo. 
    6.2.- Con il principio enunciato da tale ultima decisione  -  che
questa Corte, con la recente sentenza n. 88 del 2018, ha  considerato
in linea con la «costante giurisprudenza della Corte EDU» -  si  pone
appunto in contrasto la censurata disposizione nazionale. 
    Ed infatti - mentre per  la  giurisprudenza  europea  il  rimedio
interno  deve  garantire  la  durata  ragionevole  del   giudizio   o
l'adeguata riparazione della violazione del precetto convenzionale ed
il rimedio preventivo  e'  tale  se  efficacemente  sollecitatorio  -
l'istanza di prelievo, cui fa riferimento l'art.  54,  comma  2,  del
d.l. n.  112  del  2008  (prima  della  rimodulazione,  come  rimedio
preventivo, operatane dalla legge n. 208 del 2015),  non  costituisce
un adempimento necessario ma una mera  facolta'  del  ricorrente  (ex
art. 71, comma 2, del codice del processo  amministrativo,  la  parte
«puo'» segnalare al  giudice  l'urgenza  del  ricorso),  con  effetto
puramente dichiarativo di un interesse gia' incardinato nel  processo
e  di  mera  "prenotazione  della  decisione"  (che   puo'   comunque
intervenire oltre il termine di ragionevole  durata  del  correlativo
grado di giudizio), risolvendosi in un adempimento formale,  rispetto
alla cui violazione la, non ragionevole e non proporzionata, sanzione
di improponibilita'  della  domanda  di  indennizzo  risulta  non  in
sintonia ne'  con  l'obiettivo  del  contenimento  della  durata  del
processo ne' con quello indennitario per il  caso  di  sua  eccessiva
durata. 
    6.3.- Antecedentemente alle richiamate sentenze della Corte  EDU,
la stessa  giurisprudenza  interna  (con  riferimento  al  previgente
sistema normativo) aveva, del resto, affermato che, in tema  di  equa
riparazione ex lege n. 89 del  2001,  la  lesione  del  diritto  alla
definizione del processo in un termine ragionevole, di  cui  all'art.
6, paragrafo 1, CEDU, andava riscontrata, anche per le cause  davanti
al giudice amministrativo,  con  riferimento  al  periodo  intercorso
dall'istaurazione del  relativo  procedimento,  senza  che  una  tale
decorrenza del termine ragionevole  di  durata  della  causa  potesse
subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell'istanza
di prelievo o alla sua ritardata presentazione (Corte di  cassazione,
sezioni  unite  civili,  sentenza  23  dicembre  2005,  n.  28507   e
successive conformi fino a sezione prima civile, sentenza 20  gennaio
2011, n. 1359). 
    6.4.- E' poi pur vero che la mancata  presentazione  dell'istanza
di prelievo puo' costituire - come deduce l'Avvocatura dello Stato  -
elemento indiziante di una sopravvenuta carenza, o di  non  serieta',
dell'interesse della parte alla decisione del ricorso. 
    Un  tale  elemento  puo'   assumere   rilievo   ai   fini   della
quantificazione dell'indennizzo ex lege n. 89 del 2001, ma  non  puo'
viceversa condizionare la  stessa  proponibilita'  della  correlativa
domanda, senza con cio' venire in contrasto con l'esigenza del giusto
processo, per il profilo  della  sua  ragionevole  durata,  garantita
dagli evocati parametri convenzionali, la  cui  violazione  comporta,
appunto, per interposizione, quella dell'art. 117, primo comma, Cost. 
    6.5.-  Va,  dunque,  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
della norma denunciata. 
      
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 54,  comma  2,
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 6  agosto  2008,  n.  133,
come modificato dall'art. 3, comma 23,  dell'Allegato  4  al  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del processo amministrativo) e dall'art. 1, comma 3, lettera
a), numero 6, del  decreto  legislativo  15  novembre  2011,  n.  195
(Disposizioni correttive ed  integrative  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, recante codice  del  processo  amministrativo  a
norma dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA