N. 59 ORDINANZA 20 febbraio - 20 marzo 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Circolazione   stradale -   Reato   di   guida   sotto    l'influenza
  dell'alcool - Sostituzione della pena  inflitta  con  i  lavori  di
  pubblica  utilita'  disposta  contestualmente   all'emissione   del
  decreto penale di condanna. 
- Decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della
  strada), art. 186, comma 9-bis. 
-   
(GU n.13 del 27-3-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
  
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 186,  comma
9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285  (Nuovo  codice
della strada), promosso dal giudice per le indagini  preliminari  del
Tribunale ordinario di Torino, nel procedimento penale a carico di T.
B., con ordinanza del  12  dicembre  2017,  iscritta  al  n.  49  del
registro ordinanze 2018, pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 6 febbraio  2019  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon. 
    Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale
ordinario di Torino, con ordinanza iscritta al  n.  49  del  registro
ordinanze 2018, ha sollevato, in  riferimento  agli  artt.  3  e  25,
secondo  comma,  della  Costituzione,   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), «nella parte in  cui
non prevede che, qualora la sostituzione della pena  inflitta  con  i
lavori   di   pubblica   utilita'   sia   disposta    contestualmente
all'emissione del decreto penale di condanna, i parametri  sulla  cui
base effettuare il ragguaglio  della  sanzione  irrogata  con  quella
sostitutiva,  quanto  alla  porzione  di  pena  imputabile  a  quella
detentiva rideterminata ai sensi dell'art. 459 comma  1  bis  c.p.p.,
siano individuati sulla scorta dei  medesimi  indici  utilizzati  dal
giudice per effettuare la conversione»; 
    che le questioni di legittimita'  costituzionale  sono  sollevate
nell'ambito di un procedimento penale nel quale il pubblico ministero
ha chiesto al giudice per le indagini preliminari l'emissione  di  un
decreto  penale  di  condanna,  a  carico  di   un   imputato   della
contravvenzione di cui all'art.  186,  commi  1,  2,  lettera  b),  e
2-sexies,  del  d.lgs.  n.  285  del  1992,  rubricato  «Guida  sotto
l'influenza dell'alcool», in una situazione in cui  ricorrerebbero  i
presupposti per la sostituzione della pena con il lavoro di  pubblica
utilita', ai sensi del comma 9-bis del medesimo articolo, secondo  il
parametro ivi indicato, per cui  un  giorno  di  lavoro  di  pubblica
utilita' corrisponde a 250 euro di pena pecuniaria; 
    che il rimettente - richiamando la  disciplina  del  procedimento
per decreto, prevista dal  Titolo  V  del  Libro  VI  del  codice  di
procedura penale, dettata per i  casi  in  cui  «si  debba  applicare
soltanto una pena pecuniaria, anche se inflitta  in  sostituzione  di
una pena detentiva» - precisa che, in seguito alla riforma introdotta
dall'art. 1, comma 53, della legge 23 giugno 2017, n. 103  (Modifiche
al codice penale, al codice di  procedura  penale  e  all'ordinamento
penitenziario), il nuovo art.  459,  comma  1-bis,  cod.  proc.  pen.
stabilisce che la pena pecuniaria irrogata in sostituzione di  quella
detentiva sia determinata in un ammontare compreso tra 75 e 225  euro
per ogni giorno di pena detentiva; 
    che l'entrata in vigore di tale norma  avrebbe  «determinato  una
situazione di notevole incertezza» in relazione  alla  previsione  di
cui all'art. 186, comma 9-bis,  del  d.lgs.  n.  285  del  1992,  che
consente al giudice di sostituire  la  pena  detentiva  e  pecuniaria
inflitta, «anche  con  il  decreto  di  condanna»,  con  la  sanzione
sostitutiva  del  lavoro  di  pubblica  utilita',  secondo  parametri
differenti, in base ai quali il lavoro di pubblica  utilita'  ha  una
durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e la
pena pecuniaria viene convertita ragguagliando 250 euro a  un  giorno
di lavoro di pubblica utilita'; 
    che, ad avviso del giudice a quo, si determinerebbe in  tal  modo
una disparita' di trattamento ingiustificata fra situazioni analoghe,
in violazione dell'art. 3 Cost., giacche' il calcolo per stabilire la
durata del lavoro  di  pubblica  utilita'  avverrebbe  con  parametri
disomogenei rispetto a quelli fissati per la conversione  della  pena
detentiva in quella pecuniaria; 
    che la lesione del principio di eguaglianza risulterebbe evidente
confrontando i casi in cui la sostituzione della pena  detentiva  con
il  lavoro  di  pubblica   utilita'   e'   disposta   contestualmente
all'emissione del decreto penale di condanna con quelli in  cui  tale
sostituzione e' rimessa alla fase, solo eventuale, di opposizione; 
    che nella  prima  ipotesi,  infatti,  il  giudice  provvede  alla
sostituzione della pena  detentiva,  prima  con  la  pena  pecuniaria
secondo il parametro - che potrebbe anche essere pari a euro  75  per
ogni giorno di pena detentiva - indicato nel  comma  1-bis  dell'art.
459 cod. proc. pen., e successivamente  con  il  lavoro  di  pubblica
utilita' secondo il parametro dettato dall'art. 186, comma 9-bis, del
d.lgs. n. 285 del 1992, ottenendosi  in  tal  modo,  a  giudizio  del
rimettente,  un  risultato  sanzionatorio  eccessivamente  mite,   in
contrasto con i criteri di ragionevolezza  e  proporzionalita'  della
pena, e in controtendenza rispetto alle  «scelte  normative  di  piu'
recente introduzione»  in  materia  di  sicurezza  stradale,  che  si
caratterizzerebbero «per interventi improntati ad una sempre maggiore
severita'»; 
    che, invece, una volta emesso il decreto penale di condanna senza
la sostituzione  della  pena  inflitta  con  il  lavoro  di  pubblica
utilita',  l'unica  possibilita'  per  l'indagato  di  ottenere  tale
sostituzione sarebbe quella di proporre opposizione, con  conseguente
applicazione, in quel giudizio, del medesimo criterio di  conversione
previsto dal piu' volte citato art. 186, comma 9-bis, ma in relazione
ad una  pena  detentiva  calcolata  senza  applicare  la  diminuzione
prevista per il rito speciale; 
    che, secondo il giudice rimettente, il trattamento  sanzionatorio
applicabile finirebbe cosi' per risultare diverso,  per  la  medesima
fattispecie, solo in dipendenza del fatto che la sostituzione con  il
lavoro di pubblica  utilita'  sia  disposta  contestualmente  o  meno
all'emissione del decreto penale di condanna; 
    che l'assetto normativo delineatosi in seguito  alla  entrata  in
vigore dell'art. 459, comma 1-bis, cod. proc. pen.  violerebbe  anche
il principio della determinatezza della pena,  di  cui  all'art.  25,
secondo  comma,  Cost.,  incidendo  in   particolare   sulla   esatta
individuazione  della  durata   della   sanzione   sostitutiva,   non
garantendo   al   singolo   la   possibilita'   di   autodeterminarsi
liberamente, a fronte di una insuperabile  incertezza  in  ordine  al
regime sanzionatorio applicabile nei casi  in  cui  l'istituto  della
sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica  utilita'
operi, o non, contemporaneamente alla conversione della pena  di  cui
all'art. 459, comma 1-bis, cod. proc. pen.; 
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate  inammissibili  o,
in subordine, non fondate; 
    che, per l'interveniente, le questioni  sarebbero  inammissibili,
perche' la norma del codice di procedura penale e quella  del  codice
della strada operano su piani nettamente distinti, che non potrebbero
dar luogo alle interferenze prospettate dal rimettente; 
    che la disposizione di cui all'art. 459, comma 1-bis, cod.  proc.
pen. costituirebbe norma di carattere generale destinata a operare in
tutte le fattispecie in cui trovi applicazione l'istituto del decreto
penale di condanna, mentre la disposizione contenuta nel comma  9-bis
dell'art. 186 del d.lgs. n. 285 del 1992 si atteggerebbe quale  norma
speciale; 
    che  il  legislatore  del  codice  della  strada,  infatti,   nel
prevedere al terzo periodo dell'art. 186,  comma  9-bis,  che,  «[i]n
deroga a quanto previsto dall'articolo 54 del decreto legislativo  n.
274  del  2000,  il  lavoro  di  pubblica  utilita'  ha  una   durata
corrispondente a quella della sanzione  detentiva  irrogata  e  della
conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 euro ad un giorno
di lavoro di pubblica utilita'», avrebbe espressamente inteso  creare
una disciplina speciale anche  per  quanto  riguarda  la  conversione
della sanzione, in deroga all'istituto generale della conversione  in
lavoro di pubblica  utilita'  previsto  dal  decreto  legislativo  28
agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice
di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24  novembre  1999,  n.
468); 
    che l'Avvocatura generale dello Stato ritiene quindi  erroneo  il
presupposto da cui muove il rimettente, dal momento che, anche  prima
della novella del 2017, al regime generale di conversione delle  pene
sostitutive si contrapponeva quello speciale previsto  dall'art.  186
del d.lgs. n. 285 del 1992. 
    Considerato che  il  giudice  per  le  indagini  preliminari  del
Tribunale ordinario di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt.
3 e 25, secondo comma, della Costituzione, questioni di  legittimita'
costituzionale dell'art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), «nella parte in  cui
non prevede che, qualora la sostituzione della pena  inflitta  con  i
lavori   di   pubblica   utilita'   sia   disposta    contestualmente
all'emissione del decreto penale di condanna, i parametri  sulla  cui
base effettuare il ragguaglio  della  sanzione  irrogata  con  quella
sostitutiva,  quanto  alla  porzione  di  pena  imputabile  a  quella
detentiva, rideterminata ai sensi dell'art. 459 comma 1  bis  c.p.p.,
siano individuati sulla scorta dei  medesimi  indici  utilizzati  dal
giudice per effettuare la conversione»; 
    che  le  questioni   sollevate   sono,   per   plurime   ragioni,
manifestamente inammissibili; 
    che, in primo luogo, dall'ordinanza di rimessione non  si  ricava
ne'  l'ammontare  della  pena  detentiva   richiesta   dal   pubblico
ministero, ne' quale specifico valore di conversione della stessa  in
pena pecuniaria sia stato utilizzato (l'art. 459,  comma  1-bis,  del
codice di procedura penale prevede un valore giornaliero variabile da
75 a 225 euro di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva); 
    che tali elementi sarebbero stati  decisivi  per  conoscere,  nel
caso di specie, rispetto alla pena applicata in concreto,  i  termini
della conversione della pena detentiva in  pena  pecuniaria,  nonche'
quelli della sostituzione con il lavoro di pubblica utilita'; 
    che la mancanza degli elementi in parola si traduce in un difetto
di  motivazione  sulla  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale (da  ultimo,  sentenze  n.  224  e  n.  42  del  2018;
ordinanze n. 191 e n. 85 del 2018), sollevate anche  sul  presupposto
di un'asserita disparita' di trattamento  sanzionatorio  confrontando
le ipotesi in cui la sostituzione con il lavoro di pubblica  utilita'
sia disposta contestualmente o meno all'emissione del decreto  penale
di condanna; 
    che, inoltre, il rimettente non spiega le ragioni  per  le  quali
ritiene di dover  disporre,  necessariamente  e  preliminarmente,  la
conversione della pena detentiva richiesta dal pubblico ministero  in
pena pecuniaria, e di dover successivamente  operare,  sull'ammontare
risultante  dalla  somma  di  quest'ultima  con  la  pena  pecuniaria
originaria, la sostituzione  con  il  lavoro  di  pubblica  utilita',
secondo i parametri di cui all'art. 186, comma 9-bis, del  d.lgs.  n.
285 del 1992,  considerato  che  la  disposizione  censurata  prevede
espressamente che il lavoro  di  pubblica  utilita'  ha  una  «durata
corrispondente a quella della sanzione  detentiva  irrogata  e  della
conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 euro ad un giorno
di lavoro di pubblica utilita'»; 
    che poi, cosi' operando,  il  giudice  a  quo  non  si  confronta
realmente con la giurisprudenza di legittimita', che pure cita (Corte
di cassazione, sezione quarta penale, sentenza  10  maggio  2017,  n.
27519), secondo la quale  la  conversione  della  pena  detentiva  in
quella pecuniaria, da una parte, e la sostituzione della pena nel suo
complesso  con  il   lavoro   di   pubblica   utilita',   dall'altra,
costituiscono strumenti distinti di  adeguamento  della  sanzione  al
caso  concreto  e  alle  caratteristiche   personali   dell'imputato,
corrispondenti  a  diversificate  e   non   sovrapponibili   esigenze
afferenti alla funzione rieducativa della pena,  sicche',  una  volta
adottata una opzione sanzionatoria, non sarebbe possibile al giudice,
per esigenze di coerenza e razionalita' del  sistema,  sovrapporre  a
quella una scelta diversa e ulteriore; 
    che, pertanto, le  questioni  sono  manifestamente  inammissibili
anche per l'erronea e incompleta ricostruzione del quadro normativo e
giurisprudenziale di riferimento, che mina  irrimediabilmente  l'iter
logico-argomentativo posto a fondamento della valutazione  della  non
manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale
sollevate (ex plurimis, ordinanze n. 136 del 2018 e n. 88 del 2017); 
    che, infine, il giudice a quo neppure considera che - seguendo il
percorso interpretativo da lui proposto, secondo  il  quale  si  deve
necessariamente  provvedere  prima  alla   conversione   della   pena
detentiva in pena pecuniaria ex art. 459,  comma  1-bis,  cod.  proc.
pen. e poi alla conversione della  stessa  in  giorni  di  lavoro  di
pubblica utilita' ex art. 186, comma 9-bis, del  d.lgs.  n.  285  del
1992 - l'auspicata applicazione, anche nell'ipotesi di cui al  citato
art. 186, comma 9-bis, dei  parametri  di  conversione  indicati  nel
comma  1-bis  dell'art.  459  cod.  proc.  pen.   determinerebbe   un
inammissibile effetto in malam partem in termini di risultato  finale
di durata dei giorni di lavoro di pubblica utilita'. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 186, comma 9-bis,  del  decreto
legislativo 30 aprile 1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della  strada),
sollevate, in riferimento agli artt. 3 e  25,  secondo  comma,  della
Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari  del  Tribunale
ordinario di Torino, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 marzo 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA