N. 3 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 15 febbraio 2019
Ricorso per conflitto di attribuzione tra enti depositato in cancelleria il 15 febbraio 2019 (della Regione Emilia-Romagna) . Opere pubbliche - Progettazione preliminare degli interventi di potenziamento del sistema autostradale e tangenziale di Bologna del c.d. "passante nord di Bologna" di cui all'accordo del 15 aprile 2016, sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal Comune di Bologna e dalla Societa' Autostrade per l'Italia spa - Omessa riconvocazione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, della Conferenza di Servizi gia' in corso e rinviata con nota n. 13005 del 17 agosto 2018 - Unilaterale nuova progettazione preliminare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Mancata condivisione con la Regione degli elaborati della nuova formulazione progettuale prospettata nel comunicato stampa del 10 dicembre 2018. - Omessa riconvocazione della Conferenza di servizi, relativa al c.d. "passante nord di Bologna", rinviata con nota n. 13005 del 17 agosto 2018; unilaterale nuova progettazione preliminare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; mancata condivisione con la Regione Emilia-Romagna degli elaborati contenenti la nuova formulazione progettuale prospettata nel comunicato stampa del 10 dicembre 2018.(GU n.14 del 3-4-2019 )
Ricorso per conflitto di attribuzione della Regione
Emilia-Romagna, in persona del presidente della giunta regionale pro
tempore Stefano Bonaccini, autorizzato con deliberazione della giunta
regionale 4 febbraio 2019, n. 181 (all. 1), rappresentata e difesa,
come da procura speciale a margine del presente atto, dall'avv. prof.
Giandomenico Falcon (c.f. FLC GDM 45C06L 736E, telefax 049-8776503,
indirizzo PEC giandomenico.falcon@ ordineavvocatipadova.it) di Padova
e dall'avv. Andrea Manzi (c.f. MNZ NDR 64T26 I804V, n. fax
06-3211370, indirizzo PEC andreamanzi@ordineavvocatiroma.org) di
Roma, con domicilio eletto nello studio di quest'ultimo in Roma, via
Confalonieri, n. 5,
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, per la
dichiarazione che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero
delle infrastrutture, nelle circostanze descritte nel presente
ricorso e in violazione del principio costituzionale di leale
collaborazione e, anche in connessione con esso, delle competenze
costituzionali della Regione Emilia-Romagna, con particolare riguardo
alla competenza in materia di governo del territorio e grandi reti di
trasporto, di:
omettere di riconvocare, per consentire l'esame congiunto
delle richieste ottimizzazioni progettuali, la conferenza di servizi
gia' in corso ma rinviata con la nota n. 13005 del 17 agosto 2018,
con la partecipazione tra l'altro della Regione Emilia-Romagna, della
Citta' metropolitana di Bologna e del Comune di Bologna, in relazione
alla progettazione degli interventi di potenziamento del sistema
autostradale e tangenziale di Bologna - «passante nord di Bologna»,
di cui all'accordo del 15 aprile 2016, sottoscritto dal Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, dalla Regione Emilia-Romagna,
dalla Provincia di Bologna, dal Comune di Bologna e dalla Societa'
Autostrade per l'Italia S.p.A.;
procedere, in luogo della convocazione della conferenza di
servizi e senza alcun coinvolgimento della Regione e degli enti
locali territoriali coinvolti, alla unilaterale progettazione
preliminare degli interventi di potenziamento del sistema
autostradale e tangenziale di Bologna - «passante nord di Bologna»,
in difformita' di quanto previsto nell'accordo del 15 aprile 2016,
sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,
dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal Comune
di Bologna e dalla Societa' Autostrade per l'Italia S.p.A.;
omettere di portare alla stessa conoscenza della Regione gli
elaborati, gia' condivisi con la societa' Autostrade per l'Italia
S.p.A., della nuova formulazione progettuale prospettata nel
comunicato stampa del 10 dicembre 2019, e per la conseguente
statuizione dell'obbligo costituzionale di porre fine a tali
comportamenti ed intraprendere i percorsi procedimentali
costituzionalmente dovuti, coinvolgendo in essi la Regione
Emilia-Romagna.
Fatto
Nell'ambito della Intesa generale quadro tra Governo e Regione
Emilia-Romagna per il congiunto coordinamento e la realizzazione
delle infrastrutture strategiche e dei relativi Atti aggiuntivi,
stipulati in attuazione dell'art. 1 della legge n. 443 del 2001 (c.d.
legge obiettivo), il Nuovo atto aggiuntivo stipulato dalla Regione
con il Governo in data 19 aprile 2013 individua tra priorita' di
breve periodo il «nodo autostradale e stradale di Bologna - passante
autostradale nord» e, come opera connessa, il nodo di Rastignano 2°
lotto.
In data 29 aprile 2014 il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, la Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Bologna, il
Comune di Bologna e la Societa' Autostrade per l'Italia S.p.A. (di
seguito anche ASPI) hanno sottoscritto un accordo per lo sviluppo da
parte della societa' Autostrade per l'Italia della progettazione
preliminare del c.d. Passante nord di Bologna.
In seguito, tuttavia, alle criticita' strutturali delle soluzioni
progettuali proposte dalla societa' Autostrade per l'Italia sotto i
profili territoriale, ambientale, paesaggistico ed economico,
rilevate dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Citta' metropolitana di
Bologna (succeduta alla Provincia) e dal Comune di Bologna, e
conformemente a quanto previsto dall'accordo del 2014, le parti
convenivano sulla necessita' di stipulare un nuovo accordo relativo
al potenziamento in sede del sistema autostradale/tangenziale - nodo
di Bologna.
Tale nuovo accordo veniva effettivamente sottoscritto in data 15
aprile 2016 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla
Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal Comune di
Bologna e dalla Societa' Autostrade per l'Italia S.p.A. Come risulta
dalla Relazione preliminare esso individua un nuovo assetto
complessivo del potenziamento in sede del nodo di Bologna.
In particolare, tale potenziamento, evidentemente indispensabile
per la quantita' e la rilevanza del traffico che in esso circola
nelle diverse direzioni, viene altresi' riconosciuto come occasione
per riorganizzare lo spazio ed il territorio adiacente, con
particolare attenzione alla mitigazione e all'inserimento ambientale,
secondo linee gia' in una linea di massima individuate dallo stesso
accordo.
Seguiva la redazione del progetto preliminare da parte della
societa' Autostrade per l'Italia, in qualita' di concessionaria del
tratto interessato, progetto che e' stato quindi sottoposto a
procedimento di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'art.
23 decreto legislativo n. 152 del 2006, procedimento positivamente
conclusosi, acquisite le valutazioni della Regione Emilia-Romagna di
cui alla d.G.r. n. 1202 del 2 agosto 2017, con decreto del Ministro
per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare n. 133 del 30
marzo 2018, recante parere positivo sulla compatibilita' ambientale
dell'intervento previa osservanza di condizioni ambientali.
Con nota n. 10491 del 17 maggio 2018, la Direzione generale per
la vigilanza sulle concessioni autostradali presso il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, quale soggetto concedente, comunicava
che con il verbale del 16 dicembre 2016 la medesima Direzione
generale aveva rilasciato la validazione tecnica sul progetto in
esame.
A seguito della ricezione, da parte del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, della nota di ASPI n. 6886/EU del 21
marzo 2018, con la quale il concessionario aveva richiesto
l'espletamento della procedura di verifica di conformita'
urbanistica, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della
Repubblica 18 aprile 1994, n. 383 e dall'art. 37 della legge
regionale Emilia-Romagna 24 marzo 2000, n. 20, il Ministero, con
successiva nota n. 9695 del 15 giugno 2018, richiedeva alla Regione
Emilia-Romagna di pronunciarsi in merito all'accertamento della
conformita' urbanistica delle opere in esame, rispetto alle
prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi vigenti
nei comuni interessati. In risposta alla predetta comunicazione
ministeriale, la Regione Emilia-Romagna, con nota n. 463828 del 26
giugno 2018 della Direzione generale cura del territorio e
dell'ambiente, comunicava che il progetto in esame non appariva
pienamente conforme ne' al piano territoriale di coordinamento della
Citta' metropolitana di Bologna, ne' ai piani urbanistici dei Comuni
di Bologna e di San Lazzaro di Savena, e contestualmente trasmetteva
le valutazioni e i pareri pervenuti alla Regione dagli enti
territoriali nell'ambito dell'istruttoria espletata.
Preso atto della segnalata assenza di conformita' deI progetto in
esame ai menzionati atti di pianificazione urbanistico-edilizia, ai
sensi dell'art. 14-ter, comma 7, della legge 7 agosto 1990, n. 241,
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti convocava per il
giorno 13 settembre 2018, con nota n. 11032 del 9 luglio 2018, una
conferenza di servizi ai sensi e per gli effetti del decreto del
Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383, rivolta a
convenire le necessarie modificazioni degli strumenti urbanistici.
Tuttavia, tale conferenza di servizi, gia' convocata, non si
riuniva, in quanto, con successiva nota n. 8823 del 16 agosto 2018,
il Capo del Dipartimento per le infrastrutture e per i sistemi
informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, comunicava che il Gabinetto del Ministro «nel quadro degli
orientamenti programmatici di governo - ha rappresentato
l'opportunita' che la Conferenza di servizi, gia' convocata nei
termini anzidetti, tenga conto delle valutazioni in ordine
all'ottimizzazione del progetto di che trattasi», evidenziando
altresi' che ASPI avrebbe «comunicato che gli approfondimenti
progettuali richiesti saranno completati solo successivamente alla
data individuata per la seduta di Conferenza» ed esprimendo,
pertanto, l'esigenza di disporre il differimento della seduta stessa.
Con nota immediatamente successiva, n. 13005 del 17 agosto 2018,
a firma del direttore generale, il Ministero dei trasporti e delle
infrastrutture comunicava quindi formalmente a tutte le
amministrazioni e a tutti i soggetti privati interessati che, per le
ragioni di cui alla nota n. 8823 del 16 agosto 2018, «la Conferenza
di Servizi prevista per il 13 settembre 2018, e' rinviata in attesa
dell'esito delle valutazioni in corso in ordine all'ottimizzazione
del progetto delle opere di che trattasi, previa verifica
dell'insussistenza di vincoli o ostacoli di natura sostanziale e
procedimentale».
La societa' Autostrade per l'Italia procedeva dunque alle
ulteriori verifiche richieste dal concedente, in esito alle quali la
societa' confermava integralmente le soluzioni progettuali gia'
sottoposte a verifiche di compatibilita' ambientale e di conformita'
urbanistico-edilizia. Tale conclusione determinava quindi il venir
meno della ragione per la quale il Ministero aveva disposto il rinvio
della conferenza di servizio e ne imponeva la riconvocazione.
Cio' nonostante, anziche' provvedere all'attesa convocazione
della conferenza di servizi il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti ha diffuso, attraverso la pagina web del Governo, un
comunicato stampa, presentato sotto la dicitura Dal Mit un nuovo
progetto alternativo per il Passante di Bologna, accompagnata dal
sottotitolo pubblicitario Con nuova soluzione meno traffico, costi
ridotti fino al 67% e meno consumo suolo, (come tuttora puo' leggersi
al sito
www.mit.gov.it/comunicazione/news/dal-mit-un-nuovo-progetto-alternati
vo-per-il-passante-di-bologna) del seguente tenore:
«10 dicembre 2018 - Il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti ha trasmesso al concessionario Autostrade per l'Italia un
nuovo progetto, alternativo al precedente, per il Passante di
Bologna.
L'ipotesi progettuale che il Ministero ha sottoposto al
concessionario punta a tener in debito conto tutte le istanze
provenienti dal territorio e dunque decongestionare davvero il
traffico sulla tangenziale annessa nel nodo di Bologna, ma con una
soluzione meno impattante per l'ambiente e anche molto meno costosa
delle precedenti, a beneficio delle tasche dei cittadini che
viaggiano.
Il progetto precedente del Passante prevedeva la costruzione di
una nuova infrastruttura volta ad aumentare le corsie, per tutto il
tratto interessato, sia dell'autostrada, che non ne ha esigenza, sia
della tangenziale, al fine di alleggerire il traffico e favorire la
circolazione. Il costo previsto era di 722 milioni di euro e i tempi
di realizzazione stimati in 5 anni e 3 mesi.
I tecnici del Ministero propongono invece una soluzione mirata al
problema, con tre possibili scenari, che garantiscono tutti piena
sostenibilita' ambientale, un ridottissimo consumo del suolo e costi
abbattuti anche del 67% rispetto al progetto in valutazione
precedentemente. Un risultato, questo, che si traduce in piu'
rispetto per il territorio e un risparmio reale per i cittadini, che,
come detto, ne trarranno un vantaggio in termini di minori costi da
sostenere in tariffa.
L'idea progettuale prevede la realizzazione di soluzioni volte a
ridurre i rallentamenti del traffico nel nodo di Bologna, e, dunque,
le emissioni; e un miglioramento del Trasporto pubblico locale, sia
tramite il suo potenziamento sia tramite il decongestionamento della
viabilita' di adduzione. La soluzione proposta dal MIT punta a
snellire e rendere fluido l'accesso e l'uscita dalla tangenziale
senza intaccare il flusso di chi invece deve proseguire il viaggio.
Per questo viene prevista la realizzazione di una viabilita' di
servizio affiancata alla complanare, per una lunghezza molto ridotta
rispetto al progetto originario e che, in base alle differenti
ipotesi progettuali, si limita fino a un terzo circa dell'estensione
complessiva del tracciato.
Il progetto elaborato dal Mit e' capace di raccogliere e
convogliare le manovre di ingresso e uscita dalle intersezioni
contigue, lasciando che il traffico passante usufruisca della sede
attuale della tangenziale senza intralcio, e prevedendo, ripetiamo,
un consumo del suolo molto piu' vantaggioso rispetto alla soluzione
precedente».
In realta' si tratta di un progetto di mero allargamento di
singoli spezzoni stradali, del tutto insufficiente a risolvere i
problemi del nodo autostradale di Bologna: ma ovviamente non e'
questo il punto del presente conflitto.
Il punto del presente conflitto e' invece che la Regione ha
dovuto evincere da tale comunicato che il Ministero dei trasporti ha
assunto la decisione unilaterale di non riconvocare la Conferenza di
servizi precedentemente convocata per il 13 settembre 2018, e dunque
in non proseguire il procedimento per la realizzazione dell'opera
concordata, e ha ritenuto invece di procedere alla elaborazione
autonoma ed unilaterale di soluzioni progettuali difformi da quelle
situi ad ora concertate e rispetto ad esse largamente riduttive, e di
pubblicizzare tale c.d. «progetto alternativo per il Passante nord di
Bologna», senza minimamente coinvolgere in esso, e del resto senza
neppure informare, la Regione Emilia-Romagna (ne' ovviamente la
Citta' metropolitana di Bologna e i comuni interessati), la quale lo
ha scoperto come qualunque occasionale visitatore del sito web del
Ministero.
A seguito di cio', in data 11 dicembre 2018, la Regione
Emilia-Romagna, la Citta' Metropolitana di Bologna e il Comune di
Bologna hanno indirizzato al Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti e, per conoscenza, alla Societa' autostrade per l'Italia,
una nota congiunta con la quale invocavano il «rispetto dello spirito
di leale collaborazione istituzionale e ancor di piu' dell'accordo
intervenuto in data 15 aprile 2016» e rammentavano gli impegni
assunti in occasione dell'incontro tenutosi in data 24 ottobre 2018,
nel senso della «preventiva simultanea condivisione di eventuali
proposte alternative al progetto in questione al fine di consentire
un confronto su basi di correttezza ed apertura per il miglior
contemperamento degli interessi».
Poiche' anche tale nota non solo non conseguiva il risultato
auspicato ma addirittura rimaneva senza risposta, il presidente della
regione, su conforme deliberazione della giunta regionale, inviava in
data 28 gennaio 2019 al Presidente del Consiglio dei ministri e al
Ministero dei trasporti una formale richiesta di:
1) revocare la sospensione della Conferenza di servizi
disposta con la nota n. 13005 del 17 agosto 2018 al fine di
consentire, in ossequio al principio costituzionale del giusto
procedimento amministrativo e in conformita' alle vigenti
disposizioni legislative in materia di lavori pubblici, l'esame
congiunto delle ottimizzazioni progettuali richieste con la Regione
Emilia-Romagna, la Citta' metropolitana di Bologna, il Comune di
Bologna, gli altri enti locali e gli altri soggetti privati
interessati, fermo che l'eventuale presentazione di soluzioni
esorbitanti dalla mera ottimizzazione progettuale e tali da
compromettere la sostanza del progetto allo stato esistente
richiedera', in ogni caso, nuove valutazioni da parte di tutte le
amministrazioni appena richiamate;
2) tenuto conto del ruolo valutativo e decisionale
riconosciuto dalla Costituzione alla Regione Emilia-Romagna in ordine
alle opere pubbliche aventi impatto sul proprio territorio sotto i
profili urbanistico-edilizio, ambientale, sociale ed economico e,
piu' in generale, della conseguente esigenza di assicurarne la piena
partecipazione a tutte le necessarie fasi procedimentali preordinate
alla loro realizzazione, trasmettere senza indugio copia alla Regione
della nuova formulazione progettuale prospettata nel richiamato
comunicato stampa, con l'avvertimento che, laddove dall'esame della
documentazione in oggetto dovessero emergere soluzioni progettuali
non conformi alle valutazioni di pertinenza delle scriventi
amministrazioni, le stesse adotteranno ogni atto di legge necessario
ad impedirne la realizzazione;
3) in ogni caso, attivare le procedure di leale
collaborazione, anche mediante la convocazione di un incontro al
massimo livello tra il Ministro e i suoi diretti collaboratori e i
responsabili politici della Regione, della Citta' metropolitana e del
Comune di Bologna, provvedendo altresi', nel minor tempo possibile,
al ripristino delle corrette scansioni procedimentali previste dalla
legge.
La nota del 28 gennaio 2019 indicava in dieci giorni il termine
ragionevole per una risposta alle istanze della Regione.
Poiche' anche tale ulteriore e formale richiesta e' rimasta priva
di ogni riscontro da parte dello Stato, la Regione, ritenendo che le
condotte attive ed omissive tenute dallo Stato, e per esso al
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; in relazione alla
progettazione e alla pianificazione quale infrastruttura strategica
del c.d. passante nord del nodo autostradale/tangenziale di Bologna,
oggetto di accordi attuativi della legge n. 443 del 2001, siano
lesive delle attribuzioni costituzionali della Regione
Emilia-Romagna, propone innanzi a codesta ecc.ma Corte costituzionale
il presente conflitto di attribuzione, facendo valere i seguenti
motivi di
Diritto
Violazione del principio di leale collaborazione, sancito dall'art.
120, secondo comma, Cost. Violazione delle competenze legislative e
amministrative della Regione nelle materie di competenza concorrente
«grandi reti di trasporto» e «governo del territorio», ai sensi
dell'art. 117, terzo comma, e 118 Cost.
I. Premessa. Principio di sussidiarieta' e doveri di leale
collaborazione.
In relazione ai fatti sopra esposti la Regione Emilia-Romagna non
contesta la titolarita', in capo allo Stato, delle competenze che lo
Stato stesso ha attratto in sussidiarieta' mediante la legge n. 443
del 2001 (c.d. legge obiettivo), nel cui perimetro ricadono gli
interventi relativi al nodo autostradale / tangenziale di Bologna -
c.d. passante nord che hanno dato luogo al presente conflitto
costituzionale.
Per quanto, indiscutibilmente, tali interventi siano
riconducibili a funzioni amministrative nelle materie di competenza
regionale concorrente delle grandi reti di trasporto, quanto alla
progettazione e alla esecuzione dei lavori, e al governo del
territorio, quanto alla localizzazione, la Regione e' consapevole
della sussistenza di interessi unitari che giustificano, ai sensi
dell'art. 118, primo comma, Cost., la attrazione in sussidiarieta' di
una parte rilevante di tali funzioni in capo allo Stato, secondo
quello che e' l'insegnamento di codesta Corte costituzionale a
partire dalla sentenza n. 303 del 2003. Cio' che la Regione lamenta,
in questo contesto, e' appunto la violazione delle garanzie che,
sempre secondo la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, presidiano
tale chiamata in sussidiarieta' di funzioni amministrative nelle
materie di competenza regionale, e in particolare la garanzia del
rispetto del principio di leale collaborazione e della intesa, che di
tale principio sono la piu' evidente manifestazione.
Tali garanzie sono il risvolto del fatto che i principi di
sussidiarieta' e di adeguatezza «convivono con il normale riparto di
competenze legislative contenuto nel Titolo V», sicche' la deroga a
tale riparto costituzionale si giustifica solo in presenza delle
condizioni sostanziali e procedimentali individuate dalla sentenza n.
303 (valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione
di funzioni regionali da parte dello Stato proporzionata e non
irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di
costituzionalita'; accordo con la Regione interessata).
Come si ribadisce nella sentenza n. 165 del 2011, «questa Corte
ha affermato, con giurisprudenza costante, che, nei casi di
attrazione in sussidiarieta' di funzioni relative a materie
rientranti nella competenza concorrente di Stato e regioni, e'
necessario, per garantire il coinvolgimento delle regioni
interessate, il raggiungimento di un'intesa, in modo da contemperare
le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze e la garanzia
delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni (ex
plurimis, sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004)».
Giova poi rammentare che la sentenza n. 303 del 2003, oltre ad
aver scritto lo statuto generale della chiamata in sussidiarieta', ha
anche fatto specifica applicazione di tale statuto al procedimento di
progettazione e di esecuzione delle opere pubbliche di interesse
nazionale.
Nella decisione citata, infatti, la Corte, descrivendo i diversi
meccanismi di composizione dei dissensi tra Stato e regioni previsti
dall'art. 3, comma 6, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190,
«Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la
realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi
strategici e di interesse nazionale» in relazione alla progettazione
preliminare di opere di interesse nazionale, a seconda che si
trattasse di opere di interesse interregionale o internazionale,
ovvero -come per le opere costitutive del «Passante Bologna» - di
opere di preminente interesse nazionale o per le quali tale
preminente interesse nazionale concorra con quello regionale, notava
che anche nel primo caso, pur essendo prevalente e decisiva la
volonta' dello Stato, deve comunque essere osservata la leale
collaborazione: «risponde ... allo statuto del principio di
sussidiarieta' e all'istanza unitaria che lo sorregge, che possano
essere definite procedure di superamento del dissenso regionale, le
quali dovranno comunque - come avviene nella specie - informarsi al
principio di leale collaborazione, onde offrire alle regioni la
possibilita' di rappresentare il loro punto di vista e di motivare la
loro valutazione negativa sul progetto» (punto 24 diritto).
Conseguentemente la Corte concludeva nel senso della legittimita'
della previsione legislativa, «salva la possibilita' per la Regione
dissenziente di impugnare la determinazione finale resa con decreto
del Presidente della Repubblica ove essa leda il principio di leale
collaborazione, sul quale deve essere modellato l'intero
procedimento».
In presenza di opere in cui il prevalente interesse nazionale
concorre con un interesse regionale, la Corte osservava invece che la
disciplina legislativa consentiva alla Regione «di "bloccare"
l'approvazione del progetto ad esse relativo, in attesa di una nuova
valutazione in sede di aggiornamento del programma».
In tali ipotesi la necessita' di una intesa «forte» e' stata
confermata dalla successiva giurisprudenza costituzionale, resa sia
in sede di giudizio di legittimita' costituzionale sulle leggi (si
vedano le sentenze numeri 274 del 2013 e 7 del 2016), sia in sede di
conflitto di attribuzione, che codesta Corte costituzionale ha sempre
ritenuto attivabili nei confronti dei comportamenti delle due parti
in relazione alle intese richieste dalla chiamata in sussidiarieta',
anche con specifico riferimento alla legge obiettivo (in tal senso si
veda, ad esempio, la sentenza n. 383 del 2005, che sottolinea
«l'esigenza che il conseguimento di queste intese sia non solo
ricercato in termini effettivamente ispirati alla reciproca leale
collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di stallo»
e precisa che «nei casi limite di mancato raggiungimento dell'intesa,
potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del ricorso a
questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e
regioni»).
Quanto ai conflitti espressamente proposti e decisi con
riferimento alla progettazione di opere incluse nell'ambito della
legge obiettivo, codesta Corte ha accolto con la sentenza n. 233 del
2004 proprio un ricorso della Regione Emilia-Romagna, relativo alla
deliberazione del CIPE del 1° agosto 2003, che approvava ai sensi e
per gli effetti dell'art. 3 del decreto legislativo n. 190 del 2002,
con le prescrizioni proposte dal Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, il progetto preliminare della linea 1 della metropolitana
ad automazione integrale di Bologna, delibera adottata senza che
fosse stato manifestato il necessario consenso della Regione
interessata.
La sentenza dichiara che «non spetta allo Stato, e per esso al
Comitato interministeriale per la programmazione economica, approvare
il progetto in assenza del consenso, della Regione Emilia-Romagna,
ovvero senza il rispetto delle procedure per il superamento del
dissenso regionale», sul rilievo che nel caso di specie era
necessario il consenso della Regione sull'opera o, in ogni caso,
l'osservanza di quanto prescritto dall'art. 3 del decreto legislativo
n. 190 del 2002, la cui violazione costituisce «sicura violazione del
principio di leale collaborazione, la cui osservanza e' tanto piu'
necessaria in un ambito come quello di una procedura che integra
l'esercizio in sussidiarieta' da parte di organi statali di rilevanti
poteri in materie di competenza regionale».
In definitiva, la chiamata in sussidiarieta' giustifica e
richiede una competenza statale, ma tale competenza, secondo gli
insegnamenti di codesta ecc.ma Corte costituzionale, non si traduce
in un esproprio della materia regionale, che costituirebbe la
negazione della responsabilita' costituzionale della Regione per il
Governo del proprio territorio, ma da' luogo ad una titolarita' della
funzione condivisa tra lo Stato e la Regione che si traduce in
specifici ruoli, da esercitare nel quadro di un complessivo obbligo
di collaborazione.
II. Violazione degli obblighi di collaborazione da parte dello Stato.
Facendo applicazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza
costituzionale, il presente conflitto risulta, ad avviso della
Regione, essere egualmente ammissibile e fondato, alla pari di quello
accolto con la sentenza n. 233 del 2004, mirando ad ottenere il
proseguimento di una leale collaborazione gia' iniziata e proseguita
con l'approvazione del progetto preliminare delle opere, e
l'affermazione che non spetta allo Stato di abbandonare il percorso
intrapreso e deciderne uno nuovo e riduttivo senza neppure informarne
la Regione.
Ad avviso della Regione, la violazione degli obblighi di
collaborazione risulta evidente sotto un duplice profilo.
a) Violazione attraverso l'unilaterale e immotivato abbandono delle
intese gia' perfezionate.
Come illustrato in narrativa il Governo, attraverso il Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, ha concluso e stipulato
l'intesa sancita dall'Accordo per lo sviluppo da parte di ASPI della
progettazione preliminare del c.d. Passante nord di Bologna del 29
aprile 2014, sottoscritto dallo stesso Ministero, oltre che dalla
Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal Comune di
Bologna e da Autostrade per l'Italia S.p.A.
Tuttavia, con il suo successivo comportamento il Ministero
dimostra di non considerarsi vincolato all'intesa gia' raggiunta e
conseguentemente, di considerare la posizione espressa dalla Regione
in quell'accordo come un mero parere, non condizionante la successiva
progettazione.
Per contro, dall'esame dell'accordo - a partire dagli obiettivi
(art. 2) e dall'oggetto (art. 3), oltre che dalle premesse - risulta
evidente che esso aveva esattamente lo scopo di individuare d'intesa
e in modo vincolante la soluzione di una criticita' viaria di
interesse comune per lo Stato e per la Regione.
Da questo punto di vista non vi e' differenza, sotto il profilo
logico, rispetto al caso deciso con la sentenza n. 233 del 2004,
perche' in quella ipotesi si e' disatteso un dissenso regionale,
mentre qui si disattende il consenso regionale cristallizzato su una
determinata progettazione, consenso che equivale ad esclusione delle
proposte diverse da quelle concordate.
Di qui la lesione del principio di leale collaborazione, che da',
appunto, copertura alle intese, ma anche la lesione diretta delle
competenze regionali in materia di grandi reti di trasporto e di
governo del territorio, che possono essere esercitate dallo Stato, in
via di sussidiarieta', solo mediante intesa.
La vulnerazione delle attribuzioni regionali risulta ancora piu'
evidente maggiore in considerazione delle specifiche circostanze del
caso, come sopra descritte, che vedono, in primo luogo, lo stallo
indotto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - dopo
l'espressione del consenso dello stesso Governo formalizzato
nell'accordo e nei successivi atti autorizzativi - giustificato, a
quanto e' dato di capire dall'unico elemento disponibile (per la
Regione come per chiunque altro), costituito dal comunicato stampa,
da nuove e diverse valutazioni di puro merito e peraltro relative
anche ad interessi (come quelli urbanistici o relativi al trasporto
pubblico locale) la cui valutazione la Costituzione affida alla
competenza regionale, neppure giustificate da elementi oggettivi
sopravvenuti.
In secondo luogo, tali «nuove idee» alternative elaborate - in
quasi vantata autonomia - dal Ministero intervengono in un momento
finale della progettazione preliminare, a valle dei processi
partecipativi e delle gia' acquisite valutazioni ambientali e
validazioni progettuali, con violazione del principio di buon
andamento dell'amministrazione.
Ancora, la sostituzione della soluzione concordata con la
soluzione alternativa unilaterale interviene in relazione ad opera in
cui lo Stato e la Regione, ai massimi livelli, avevano concordato
nell'Atto aggiuntivo del 19 aprile 2013 all'Intesa quadro, una
priorita' di breve periodo, sicche' la pretesa del Governo di
azzerare la procedura lede specificamente l'interesse regionale, gia'
sancito dai propri atti di pianificazione territoriale, a risolvere
il «nodo» del passante nord di Bologna nei tempi e nei modi richiesti
dalla propria comunita'.
Sotto tale ultimo profilo, l'iniziativa unilaterale del Governo -
volta a contrapporre (e ad imporre) come migliore una propria
soluzione progettuale - comporta menomazione della stessa autonomia
politica della Regione, quale ente territoriale rappresentativo della
comunita' regionale, perche' l'intervento del Governo si atteggia
come una sorta di anomalo intervento sostitutivo per motivi di
merito, giustificato pubblicamente con una migliore capacita' dello
Stato di curare gli interessi della comunita' locale rispetto a
quanto sappiano fare gli enti territoriali, a partire dalla Regione.
Laddove, al contrario, il vantato «risparmio», rispetto all'opera
gia' decisa, si traduce semplicemente nella drastica riduzione delle
risorse che la comunita' nazionale aveva messo a disposizione per la
realizzazione dell'opera maggiore e risolutiva.
b) In ogni caso violazione degli obblighi di leale collaborazione nel
loro complesso, in particolare dei doveri di correttezza, di
informazione e di coinvolgimento in vista di una nuova intesa.
Se anche si potesse ammettere che persino in una fase avanzata
non solo della progettazione tecnica, ma anche nella costruzione di
quell'insieme di idee, progetti, prospettive e iniziative che stanno
alla base del consenso di una comunita' rispetto ad una importante
opera pubblica, e persino dopo che le intese raggiunte sono state
finalizzate in accordi rivolti a vincolare il comportamento delle
parti, creando affidamenti sulle soluzioni raggiunte lo Stato possa
avere titolo ad un ripensamento rivolto a mettere in discussione la
soluzione precedentemente ritenuta congiuntamente la migliore,
risultera' pero' evidente che cio' non puo' fare, per il vincolo
della leale collaborazione, senza coinvolgere in primo luogo e sin
dall'inizio la Regione interessata.
Un conto infatti e' percorrere in comune un percorso di
valutazioni da condividere, e tutto un altro conto e' strappare
l'intero accordo gia' concluso e - con atteggiamento che non si puo'
definire se non «padronale» - progettare da soli e addirittura
presentare pubblicamente, mediante il sito ufficiale, come deciso, un
progetto del tutto diverso, rispetto al quale e' mancata non solo la
condivisione, ma persino l'informazione della Regione e della
comunita' territoriale che essa rappresenta.
Dunque, rispetto all'imperativo di leale collaborazione, la
condotta del Governo non puo' essere qualificata se non grave e
soprattutto illegittimamente violativa dei principi e delle regole
costituzionali del rapporto tra lo Stato e la regione: in quanto
anche ammesso che le soluzioni raggiunte fossero in qualche modo
rivedibili, tale revisione doveva comunque avvenire in modo
rispettoso della leale collaborazione, e quindi, anzitutto,
coinvolgendo la regione fin dalle fasi preliminari del nuovo
procedimento.
Invece, nel presente caso, il Ministero non solo non ha
spontaneamente coinvolto la Regione nello sviluppo della soluzione
alternativa per il nodo autostradale / tangenziale del passante nord
di Bologna, ma e' persino rimasto inerte di fronte alle richieste
informative e di interlocuzione ripetutamente avanzate dalla Regione,
con cio' confermando la volonta' della Stato - gia' rivendicata nel
comunicato-stampa - di procedere unilateralmente alla progettazione
di opera diversa da quella sulla quale e' stata raggiunta l'intesa.
La Regione, ribadito che tale potere unilaterale dello Stato non
sussiste, osserva che il rifiuto del Ministero di trasmettere gli
elaborati progettuali e di interloquire con la Regione, anche quale
rappresentate generale e garante degli enti territoriali del proprio
territorio, nella discussione della soluzione alternativa e' di per
se' e in ogni caso lesivo dell'imperativo costituzionale di lealta'
radicato nell'art. 120, secondo comma, Cost.
La giurisprudenza costituzionale, del resto, ha sempre chiarito
che il principio di leale collaborazione «si traduce nell'onere per
le parti di sostenere un dialogo, e quindi di tenere un comportamento
collaborativo, che consenta di pervenire in termini ragionevoli alla
definizione del procedimento» (sentenza n. 239 del 2013) ed ha
enucleato, quale corollario del principio, un interesse partecipativo
che si pone fin dalle fasi preliminari del procedimento statale.
Si vedano, in tale senso, le sentenze numeri 39 e 239 del 2011,
che menzionano espressamente, tra le ulteriori garanzie della
bilateralita', «la partecipazione della Regione alle fasi
preparatorie del provvedimento statale».
Ancora, la giurisprudenza di codesta Corte ha sempre riconosciuto
come insito nel dovere di lealta' anche l'obbligo di rispondere
motivatamente alle richieste della controparte e di non assumere un
atteggiamento meramente inerte. L'adozione «di una condotta meramente
passiva, che si traduca nell'assenza di ogni forma di collaborazione»
- ha evidenziato la sentenza n. 239 del 2013 - «si risolve in una
inerzia idonea a creare un vero e proprio blocco procedimentale con
indubbio pregiudizio per il principio di leale collaborazione e per
il buon andamento dell'azione amministrativa».
Riassuntivamente, la sentenza n. 239 del 2013, compendiando gli
approdi cui e' pervenuta la giurisprudenza costituzionale in materia
di intese imposte dalla leale collaborazione, ribadisce che tale
giurisprudenza «si basa su un chiaro principio», individuato
«nell'onere per le parti di sostenere un dialogo, e quindi di tenere
un comportamento collaborativo, che consenta di pervenire in termini
ragionevoli alla definizione del procedimento». Tale principio,
secondo la sentenza, e' desumibile «dal richiamo alle intese come
"atti a struttura necessariamente bilaterale"; dalla previsione di
idonee procedure di reiterazione delle trattative, volte a superare
le divergenze, con l'impiego di specifici strumenti di mediazione (ex
plurimis: sentenze n. 121 del 2010; n. 24 del 2007; n. 339 del 2005);
dalla partecipazione della Regione alle fasi preparatorie del
provvedimento statale».
c) Conclusioni.
Alla luce di tali considerazioni risultano illegittime sia
l'abbandono dell'accordo gia' stipulato, sia l'omissione della
riconvocazione della conferenza di servizi una volta cessata la
ragione che ne aveva determinato il rinvio, sia la sostituzione
unilaterale della soluzione progettuale oggetto della intesa con la
soluzione alternativa elaborata segretamente dal Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, sia le condotte successive
consistenti nell'ignorare la legittima richiesta della Regione di
essere coinvolte nelle decisioni e prima ancora informata di ogni
possibile sviluppo progettuale relativo all'opera, in quanto tutte
lesive del principio di leale collaborazione, perche' esse
rappresentano una dichiarata e programmatica preclusione di principio
al confronto che, in quanto tale, nega in radice la bilateralita'
della procedura di intesa ed in definitiva nega la stessa necessita'
dell'intesa.
P.Q.M.
La Regione Emilia-Romagna, come sopra rappresentata e difesa,
chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del
presente ricorso, voglia dichiarare che non spetta allo Stato, e per
esso al Ministero delle infrastrutture, nelle circostanze descritte
nel presente ricorso e in violazione del principio costituzionale di
leale collaborazione e, anche in connessione con esso, delle
competenze costituzionali della Regione Emilia-Romagna, con
particolare riguardo alla competenza in materia di governo del
territorio e grandi reti di trasporto, di:
omettere di riconvocare, per consentire l'esame congiunto
delle richieste ottimizzazioni progettuali, la conferenza di servizi
gia' in corso ma rinviata con la nota n. 13005 del 17 agosto 2018,
con la partecipazione tra l'altro della Regione Emilia-Romagna, della
Citta' metropolitana di Bologna e del Comune di Bologna, in relazione
alla progettazione degli interventi di potenziamento del sistema
autostradale e tangenziale di Bologna - «passante nord di Bologna»,
di cui all'accordo del 15 aprile 2016, sottoscritto dal Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, dalla Regione Emilia-Romagna,
dalla Provincia di Bologna, dal Comune di Bologna e dalla Societa'
Autostrade per l'Italia S.p.A.;
procedere, in luogo della convocazione della conferenza di
servizi e senza alcun coinvolgimento della Regione e degli enti
locali territoriali coinvolti, alla unilaterale progettazione
preliminare degli interventi di potenziamento del sistema
autostradale e tangenziale di Bologna - «passante nord di Bologna»,
in difformita' di quanto previsto nell'accordo del 15 aprile 2016,
sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,
dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal Comune
di Bologna e dalla Societa' Autostrade per l'Italia S.p.A.;
omettere di portare alla stessa conoscenza della Regione gli
elaborati, gia' condivisi con la societa' Autostrade per l'Italia
S.p.A., della nuova formulazione progettuale prospettata nel
comunicato stampa del 10 dicembre 2019,
e conseguentemente voglia statuire l'obbligo costituzionale di
porre fine a tali comportamenti ed intraprendere i percorsi
procedimentali costituzionalmente dovuti, coinvolgendo in essi la
Regione Emilia-Romagna in vista dell'attuazione dell'intesa gia'
raggiunta o in subordine del conseguimento di una nuova intesa.
Si allega:
delibera della giunta regionale 4 febbraio 2019, n. 181.
Padova - Roma, 8 febbraio 2019
Avv. prof. Falcon - Avv. Manzi