N. 72 SENTENZA 20 febbraio - 5 aprile 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica ‒  Istituzione  dei  "distretti  del
  cibo" e definizione di criteri, modalita' e procedure per  la  loro
  creazione. 
- Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2018-2020), art. 1, comma 499. 
-   
(GU n.15 del 10-4-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
499, della legge 27 dicembre 2017, n.  205  (Bilancio  di  previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il
triennio  2018-2020),  promosso  dalla  Regione  Veneto  con  ricorso
notificato il 27 febbraio 2018, depositato in cancelleria il 6  marzo
2018, iscritto al n. 21 del registro ricorsi 2018 e pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  16,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  19  febbraio  2019  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    uditi gli avvocati Ezio Zanon  e  Andrea  Manzi  per  la  Regione
Veneto e l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 27 febbraio 2018 e depositato il  6
marzo 2018 (reg. ric. n. 21 del 2018), la Regione Veneto ha promosso,
tra le altre, questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,
comma 499,  della  legge  27  dicembre  2017,  n.  205  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2018  e  bilancio
pluriennale   per   il   triennio   2018-2020),    che    sostituisce
integralmente, a decorrere dal 1° gennaio 2018, l'art. 13 del decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 228  (Orientamento  e  modernizzazione
del settore agricolo, a norma dell'articolo 7  della  legge  5  marzo
2001, n. 57), in riferimento agli artt. 5, 117, terzo e quarto comma,
118 e 120 della Costituzione, sotto il profilo della  violazione  del
principio di leale collaborazione,  e  in  riferimento  all'art.  119
Cost., per lesione dell'autonomia finanziaria delle Regioni. 
    2.- La Regione ricorrente premette che la novella legislativa  si
pone l'obiettivo di tutelare, attraverso l'istituzione dei cosiddetti
«distretti del cibo», un interesse pubblico di cui le Regioni  devono
tenere conto nel programmare, «nella  prossimita'  territoriale»,  le
loro politiche di sviluppo. In particolare, la  norma  -  secondo  la
Regione Veneto - sarebbe diretta «a rafforzare il sostegno alle forme
organizzative locali». 
    Il novellato art. 13 del d.lgs. n. 228 del  2001  riconduce  alla
categoria dei distretti del cibo i «distretti rurali» e i  «distretti
agroalimentari di qualita'» gia' introdotti nella versione originaria
dello stesso articolo. La nuova disciplina  include  nell'ambito  dei
distretti del cibo anche  una  serie  di  altri  «sistemi  produttivi
locali», tutti accomunati dallo svolgimento di attivita'  agricole  e
agroalimentari. Il comma 3 della disposizione  in  esame  attribuisce
alle Regioni il compito di individuare  i  distretti  del  cibo,  con
l'ulteriore  previsione   della   necessita'   di   provvedere   alla
comunicazione dell'individuazione  di  tali  distretti  al  Ministero
delle politiche agricole alimentari e  forestali  (d'ora  in  avanti:
MIPAAF), specificando inoltre che presso il MIPAAF e'  costituito  il
«Registro nazionale dei distretti del cibo». 
    Secondo la Regione ricorrente, il comma 4 del  medesimo  art.  13
disporrebbe - «al fine di sostenere gli interventi per la creazione e
il consolidamento dei distretti» - l'applicazione delle  disposizioni
gia' previste nel  decreto  del  Ministro  delle  politiche  agricole
alimentari e forestali 8 gennaio 2016 (Criteri, modalita' e procedure
per  l'attuazione  dei  Contratti  di  filiera  e  dei  Contratti  di
distretto e relative misure  agevolative  per  la  realizzazione  dei
Programmi). Come  riporta  la  Regione,  tale  decreto  -  che  viene
richiamato testualmente nella parte in cui definisce i  contratti  di
distretto - e' stato adottato in attuazione dell'art.  66,  comma  1,
della legge 27 dicembre 2002, n. 289, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2003)», al quale l'art. 13, comma 4, del  d.lgs.  n.  228
del 2001 rinvia. Nella ricostruzione  effettuata  dalla  Regione,  si
sostiene in particolare che gli interventi  per  la  creazione  e  il
consolidamento   dei   distretti    sarebbero    «finalizzati    alla
realizzazione di programmi di investimenti, che vengono agevolati con
un ammontare delle spese ammissibili compreso  tra  4  milioni  e  50
milioni  di  euro  (limite  finanziario   complessivo   fissato   con
deliberazione del  CIPE  come  disciplinato  dalla  richiamata  norma
dell'art. 66, comma 1, della L. n. 289 del 2002)». 
    Tutto cio' premesso, la Regione Veneto  lamenta  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 499, della legge n. 205  del  2017,
nella parte in cui - nel  devolvere  ad  un  successivo  decreto  del
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi
di concerto con il Ministro dello sviluppo economico  entro  sessanta
giorni  dall'entrata  in  vigore  della  legge,  la  definizione  dei
criteri, delle modalita' e delle  procedure  per  l'attuazione  degli
interventi indicati nel comma 4 dell'art. 13 del d.lgs.  n.  228  del
2001 - prevede, al nuovo comma 5 del citato art. 13 del d.lgs. n. 228
del 2001, che,  a  questo  scopo,  la  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano venga soltanto «sentita», e non sia invece  necessario  il
raggiungimento di un'apposita intesa. 
    Cosi' facendo,  il  legislatore  statale  non  avrebbe  garantito
l'«adeguato coinvolgimento» delle  Regioni,  ledendo  il  riparto  di
competenze di cui agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118  Cost.,
nonche' il principio di leale collaborazione di cui agli  artt.  5  e
120 Cost. 
    Secondo la ricorrente, la norma impugnata  sarebbe  riconducibile
alla materia «agricoltura» di competenza  regionale  residuale  (sono
richiamate le sentenze n. 261 del 2017, n. 60, n.  38  e  n.  16  del
2015, n. 62 del 2013, n. 116 del 2006, n. 282 e n.  12  del  2004)  e
alla materia di competenza concorrente «alimentazione». 
    La Regione evidenzia  poi  che,  in  quella  che  viene  definita
«un'analoga fattispecie», la Corte costituzionale, con la sentenza n.
165  del  2007,  avrebbe  dichiarato  costituzionalmente  illegittime
alcune previsioni relative  ai  «distretti  produttivi»  disciplinati
dall'art. 1, commi 366 e 368, della legge 23 dicembre 2005,  n.  266,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge  finanziaria  2006)»,  a  causa  della
mancata previsione della previa intesa con la  Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e  le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano. 
    Secondo la Regione Veneto, dunque, nel caso di specie saremmo  in
presenza di disposizioni  statali  a  loro  volta  costituzionalmente
illegittime poiche', «pur riguardando competenze di tipo residuale  e
concorrente, non prevedono alcuna Intesa per l'emanazione del decreto
del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali,  bensi'
un  semplice  parere»,  in  violazione   del   principio   di   leale
collaborazione (vengono a tal proposito richiamate le sentenze n. 251
e n. 7 del 2016, n. 232 del 2011 e n. 278 del 2010). 
    3.- La Regione ricorrente censura ulteriormente  la  disposizione
impugnata in riferimento all'art. 119 Cost. In particolare,  sostiene
che,  in  assenza  della  previsione   di   un'intesa,   un   decreto
ministeriale che preveda la ripartizione di risorse  finanziarie  non
potrebbe intervenire in  ambiti  materiali  rimessi  alla  competenza
delle Regioni, perche' cio' realizzerebbe  una  forma  di  intervento
finanziario   non   riconducibile   ad   alcuna    delle    modalita'
costituzionalmente consentite dallo stesso art. 119  Cost.  (viene  a
tal proposito citata la sentenza n. 49 del 2004). 
    4.- Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  nell'atto  di
costituzione, non ha effettuato  alcuna  osservazione  rispetto  alle
censure rivolte nei confronti dell'art. 1, comma 499, della legge  n.
205 del 2017. 
    5.- Con memoria depositata il 29 gennaio 2019, la Regione Veneto,
insistendo per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della
disposizione  impugnata,  ha  precisato  che  la  mancata  previsione
dell'intesa determina «un evidente deficit  partecipativo  a  scapito
delle Regioni, che, in un ambito  materiale  afferente  a  competenza
affidata alle loro cure (agricoltura), risultano coinvolte unicamente
mediante un  intervento  di  natura  consultiva».  Nella  memoria  si
sottolinea inoltre come anche il comma 2 della disposizione impugnata
riconosca in capo alle Regioni - chiamate ad individuare i  distretti
del cibo - un ruolo centrale nell'ambito in oggetto.  Ruolo  centrale
che non sarebbe coerente con la previsione,  in  sede  di  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano, del solo parere, che  determinerebbe
«un coordinamento troppo esile, inidoneo a  garantire  il  necessario
apporto  collaborativo  regionale   e   un   proficuo   coordinamento
interistituzionale». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il  ricorso  indicato  in  epigrafe,  la  Regione  Veneto
impugna varie disposizioni della  legge  27  dicembre  2017,  n.  205
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2018  e
bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020). 
    Restando  riservata  a  separate  pronunce  la  decisione   delle
ulteriori questioni di legittimita' costituzionale  promosse  con  il
medesimo ricorso, lo scrutinio di questa Corte e' qui  limitato  alle
questioni relative all'art.  1,  comma  499,  della  suddetta  legge,
promosse in riferimento agli artt. 5, 117, terzo e quarto comma,  118
e 120 della Costituzione,  sotto  il  profilo  della  violazione  del
principio di leale collaborazione, nonche'  in  riferimento  all'art.
119 Cost., in relazione all'autonomia finanziaria della Regione. 
    1.1.- Le questioni qui esaminate riguardano  il  citato  art.  1,
comma 499, della legge n. 205 del 2017, nella parte  in  cui  prevede
che i criteri, le modalita' e le procedure per attuare gli interventi
di creazione e consolidamento dei  cosiddetti  «distretti  del  cibo»
siano definiti con decreto  del  Ministro  delle  politiche  agricole
alimentari e forestali, di concerto con il  Ministro  dello  sviluppo
economico, «sentita la Conferenza permanente per i  rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano». 
    Ad  avviso   della   ricorrente,   la   disposizione   impugnata,
intervenendo  in  ambiti  materiali  rimessi  alla  competenza  delle
Regioni - sono evocate le materie "agricoltura" e  «alimentazione»  -
violerebbe innanzitutto gli artt. 5, 117, terzo e quarto comma, 118 e
120 Cost., sotto il profilo della  lesione  del  principio  di  leale
collaborazione. In particolare, nel caso di specie,  le  disposizioni
costituzionali  e  il  principio  evocati  richiederebbero   che   la
disposizione di legge, attribuendo  a  un  decreto  ministeriale  gli
interventi di creazione e consolidamento  dei  cosiddetti  «distretti
del cibo», preveda che tale decreto, anziche' da un mero parere,  sia
preceduto da un'intesa stipulata in sede di Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di  Trento
e di Bolzano. 
    La Regione Veneto ritiene che la disposizione impugnata si  ponga
anche in contrasto con l'art. 119 Cost., perche',  in  assenza  della
necessaria intesa, un decreto ministeriale non potrebbe prevedere  il
«riparto di risorse finanziarie» in  ambiti  materiali  asseritamente
rimessi alla competenza delle Regioni. 
    2.-  La  disposizione  impugnata  si  inserisce  in  un  contesto
normativo che gia' conosce una disciplina statale in tema di  sistemi
produttivi  locali  caratterizzati  dalla  presenza  di  imprese  che
svolgono attivita' agricole e agroalimentari. 
    Nella sua versione originaria, l'art. 13 del decreto  legislativo
18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e  modernizzazione  del  settore
agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo  2001,  n.  57)
aveva infatti individuato,  quali  tipologie  di  sistemi  produttivi
locali, i cosiddetti «distretti rurali» e i «distretti agroalimentari
di qualita'», accanto  ai  gia'  istituiti  «distretti  industriali»,
previsti  dalla  legge  5  ottobre  1991,  n.  317  (Interventi   per
l'innovazione e lo  sviluppo  delle  piccole  imprese).  I  distretti
rurali, secondo il testo originario del d.lgs. n. 228 del 2001,  sono
«i sistemi produttivi locali di cui all'articolo 36, comma  1,  della
legge  5  ottobre  1991,  n.   317,   e   successive   modificazioni,
caratterizzati  da  un'identita'  storica  e  territoriale   omogenea
derivante dall'integrazione fra attivita' agricole e altre  attivita'
locali, nonche' dalla produzione di beni  o  servizi  di  particolare
specificita', coerenti con le tradizioni e le  vocazioni  naturali  e
territoriali».  I  distretti  agroalimentari  di   qualita'   vengono
definiti  quali  «sistemi  produttivi  locali,  anche   a   carattere
interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica  e
da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole
e agroalimentari, nonche' da una  o  piu'  produzioni  certificate  e
tutelate ai sensi della vigente normativa  comunitaria  o  nazionale,
oppure da produzioni tradizionali o tipiche». 
    Conformemente a quanto previsto dalla legge n. 317 del  1991  per
la generalita' dei sistemi produttivi locali, anche il d.lgs. n.  228
del  2001  attribuisce  alle  Regioni  il   compito   di   provvedere
all'individuazione   dei   distretti   rurali   e    dei    distretti
agroalimentari. 
    La legge n. 205 del 2017, novellando la  disposizione  censurata,
riconduce gli appena ricordati distretti rurali e  agroalimentari  di
qualita' ad una nuova categoria, i cosiddetti «distretti  del  cibo»,
che a loro volta ricomprendono ulteriori sistemi  produttivi  locali,
tutti caratterizzati, come  detto,  dalla  presenza  di  imprese  che
variamente esercitano attivita' agricole e agroalimentari  (art.  13,
comma 2, del d.lgs. n. 228 del 2001,  come  modificato  dall'art.  1,
comma 499, della legge n. 205 del 2017). 
    Ai sensi della disciplina attualmente vigente, la  legge  statale
provvede alla istituzione dei distretti del cibo, mentre  le  Regioni
sono chiamate alla loro «individuazione», dovendo altresi' provvedere
a  darne  comunicazione  al  Ministero   delle   politiche   agricole
alimentari e forestali (d'ora in avanti: MIPAAF), presso il quale  e'
costituito il relativo registro nazionale. 
    Il comma 4 del novellato art. 13 prevede, inoltre, che «[a]l fine
di sostenere gli interventi per la creazione e il consolidamento  dei
distretti del cibo si applicano le disposizioni relative ai contratti
di distretto di cui all'articolo 66, comma 1, della legge 27 dicembre
2002, n. 289». 
    I contratti di distretto  sono  contratti  tra  il  MIPAAF  e  le
imprese facenti parte dei distretti, volti ad agevolare le  attivita'
agricole e agroalimentari. Sono cosi' estese ai distretti del cibo le
misure di favore gia' previste per i distretti agroalimentari appunto
ai sensi dell'art. 66, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge  finanziaria  2003)»  e  del  relativo
decreto  ministeriale  di  attuazione  (decreto  del  Ministro  delle
politiche agricole alimentari e forestali  8  gennaio  2016,  recante
«Criteri, modalita' e procedure per  l'attuazione  dei  Contratti  di
filiera e dei Contratti di distretto e  relative  misure  agevolative
per la realizzazione dei Programmi»). 
    Va precisato che, contrariamente a quanto  assume  la  ricorrente
(peraltro  fuorviata  da  una  imprecisa  formulazione  legislativa),
l'art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 228 del 2001 (come novellato  dalla
disposizione censurata) non rinvia al citato d.m. 8 gennaio 2016,  ma
a un nuovo  provvedimento  ministeriale  di  attuazione,  che  dovra'
contenere i criteri, le modalita' e  le  procedure  per  l'attuazione
degli  interventi  volti  alla  creazione  e  al  consolidamento  dei
distretti del cibo. 
    Tale nuovo provvedimento del Ministro  delle  politiche  agricole
alimentari e forestali, di concerto con il  Ministro  dello  sviluppo
economico, deve essere adottato,  come  stabilisce  il  comma  5  del
novellato art. 13, solo  «sentita  la  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano».  Oggetto  della  censura  della  ricorrente  e'  proprio
l'asserita inadeguatezza del previsto  parere  sul  provvedimento  da
adottare, che costituirebbe strumento di insufficiente coinvolgimento
dell'autonomia  regionale,  in  materie,  quali   l'"agricoltura"   e
l'«alimentazione»,   che   alle   Regioni    spettano    ai    sensi,
rispettivamente, del quarto e del terzo comma dell'art. 117 Cost. 
    3.- Va preliminarmente dichiarata inammissibile la censura che la
ricorrente muove alla disposizione impugnata per asserita  violazione
dell'art. 119 Cost.  in  relazione  all'autonomia  finanziaria  delle
Regioni. 
    La ricorrente si  limita  infatti  a  segnalare  che,  nonostante
l'assenza della previsione  di  un'intesa,  il  decreto  ministeriale
previsto dall'art. 13, comma 5, del d.lgs. n. 228 del 2001 atterrebbe
«anche al riparto di risorse finanziarie» e interverrebbe «in  ambiti
materiali rimessi alla competenza delle Regioni»,  realizzando  cosi'
«una forma di intervento  finanziario  non  riconducibile  ad  alcuna
delle modalita' costituzionalmente consentite dal suddetto  art.  119
Cost.». 
    La Regione, tuttavia, formula una censura del tutto apodittica  e
non spiega per quale motivo ricavi dalla disposizione censurata,  che
non ne fa menzione, la previsione  di  un  «riparto  di  risorse»  di
natura finanziaria (non e' neppure chiarito se  fra  lo  Stato  e  le
Regioni o fra le Regioni). 
    In relazione a tale specifica censura, il ricorso  non  raggiunge
percio' quella soglia  minima  di  chiarezza  e  completezza  cui  la
giurisprudenza  di  questa  Corte  subordina  l'ammissibilita'  delle
impugnative proposte nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  in
via principale (ex multis, sentenze n. 245 del 2017, n. 3 del 2016  e
n. 252 del 2015). 
    4.- E' fondata la questione proposta per violazione del principio
di leale collaborazione. 
    L'elenco delle  finalita'  che  il  legislatore  statale  intende
perseguire attraverso l'istituzione dei distretti del cibo (art.  13,
comma  1,  del  d.lgs.  n.  228  del  2001,  come  modificato   dalla
disposizione impugnata) mostra che la disciplina  statale  interviene
in un vasto ambito di materie, interessando competenze  non  soltanto
statali, ma anche concorrenti e regionali. 
    Le finalita' in parola incrociano varie attribuzioni materiali di
competenza elencate dall'art. 117 Cost. 
    Cosi', la disposizione richiama  l'obbiettivo  di  promuovere  lo
sviluppo territoriale, la coesione e l'inclusione sociale, quello  di
favorire l'integrazione delle attivita' caratterizzate da prossimita'
territoriale, la finalita' di garantire la sicurezza  alimentare,  di
diminuire l'impatto ambientale delle produzioni, di ridurre lo spreco
alimentare e di salvaguardare il territorio  e  il  paesaggio  rurale
attraverso il sostegno  alle  attivita'  agricole  e  agroalimentari.
Inoltre, l'art. 1, comma 499, della legge n. 205 del 2017 contiene un
insistito riferimento ai sistemi produttivi locali caratterizzati  da
una elevata concentrazione di piccole  e  medie  imprese  agricole  e
agroalimentari,  rivelando  l'obbiettivo  di  favorire  lo   sviluppo
economico  e  industriale  territoriale,   espressione   di   sintesi
suscettibile di per se' di  rinviare  a  una  pluralita'  di  materie
(cosi' gia' la sentenza n. 165 del 2007). 
    Ciascuno  di  questi  obbiettivi   deve   essere   ricondotto   o
all'esercizio di una competenza esclusiva  dello  Stato  (ad  esempio
alla tutela dell'ambiente e  dell'ecosistema  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera s,  Cost.),  oppure  a  competenze  di  natura
concorrente in materia di «alimentazione» (sentenze n. 168 del  2008,
n. 213 del 2006 e n. 467 del 2005) e di «sostegno all'innovazione per
i settori produttivi» (sentenze n. 74 del 2018 e n. 165 del 2007). Vi
e' altresi' incidenza  sulla  materia  "agricoltura",  di  competenza
regionale residuale (sentenze n. 261 del 2017, n.  60  e  n.  38  del
2015). 
    L'intreccio fra ambiti  materiali  diversi  che  caratterizza  la
disciplina in esame non  puo'  essere  composto  facendo  ricorso  al
criterio  della  prevalenza,  applicabile  soltanto  quando   risulti
evidente l'appartenenza del nucleo essenziale della disciplina stessa
ad una materia piuttosto che a un'altra (ex plurimis, sentenze n. 198
e n. 137 del 2018; n. 261, n. 170 e n. 114 del 2017; n. 287 e n.  251
del 2016), mentre nel caso di specie nessuno degli ambiti  materiali,
ne' dal punto  di  vista  qualitativo,  ne'  da  quello  quantitativo
(sentenze n. 21 e n. 1 del 2016,  n.  140  del  2015),  manifesta  un
rilievo prevalente sugli altri. 
    Versandosi percio' in un caso in cui la legge statale  interviene
in  un  ambito  caratterizzato  da  inscindibile  sovrapposizione   o
intreccio di competenze («nodo inestricabile», secondo  l'espressione
utilizzata dalla  sentenza  n.  21  del  2016),  e'  ineludibile,  in
applicazione   del   principio   di    leale    collaborazione,    la
predisposizione, da  parte  della  legge  statale  -  pur  pienamente
legittimata   a   intervenire   -   di   un'adeguata   modalita'   di
coinvolgimento delle Regioni,  con  l'obiettivo  di  contemperare  le
ragioni dell'esercizio unitario delle competenze in questione con  la
garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle autonomie. 
    Nel caso di specie, strumento adeguato non e' il parere  in  sede
di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano, poiche' una tale previsione
si esaurisce nell'attribuzione  alla  Conferenza  di  un  mero  ruolo
consultivo in relazione al contenuto di un atto predeterminato da  un
altro soggetto (sentenza n. 171 del 2018). E' invece  necessario  che
il decreto ministeriale volto a dare attuazione  alla  legge  statale
sia preceduto dall'intesa in sede  di  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
di  Bolzano,  poiche'   solo   quest'ultima   garantisce   il   reale
coinvolgimento  delle  autonomie  regionali  nella  definizione   del
contenuto dell'atto (analogamente, sentenza n. 261 del 2017). 
    E' percio' costituzionalmente illegittimo l'art.  1,  comma  499,
della legge n. 205 del 2017, nella parte in cui,  sostituendo  l'art.
13, comma 5, del d.lgs. n. 228 del 2001, stabilisce  che  il  decreto
del Ministro delle politiche agricole alimentari  e  forestali  dallo
stesso previsto sia adottato «sentita la» Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano, anziche' «previa intesa in sede di» detta Conferenza. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  delle  ulteriori
questioni di legittimita'  costituzionale  promosse  con  il  ricorso
indicato in epigrafe; 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
499, della legge 27 dicembre 2017, n.  205  (Bilancio  di  previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il
triennio 2018-2020), nella parte in cui, sostituendo l'art. 13, comma
5, del decreto legislativo 18 maggio 2001,  n.  228  (Orientamento  e
modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo  7  della
legge 5 marzo 2001, n. 57), stabilisce che il  decreto  del  Ministro
delle politiche agricole alimentari e forestali dallo stesso previsto
sia adottato «sentita la» Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le Regioni e le Province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,
anziche' «previa intesa in sede di» detta Conferenza; 
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art.1, comma 499, della legge n.  205  del  2017,
nella parte in cui sostituisce l'art. 13, comma 5, del d.lgs. n.  228
del 2001, promossa, in riferimento all'art. 119  della  Costituzione,
dalla Regione Veneto con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA