N. 55 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 dicembre 2018

Ordinanza del 3 dicembre 2018 del Giudice di sorveglianza  di  Padova
nel procedimento di sorveglianza nei confronti di C.G.. 
 
Ordinamento penitenziario - Benefici penitenziari - Condannati a pene
  detentive temporanee per il delitto di cui all'art. 630  cod.  pen.
  (Sequestro di persona a  scopo  di  rapina  o  di  estorsione)  che
  abbiano cagionato la morte del sequestrato - Divieto di concessione
  dei benefici indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis  della  legge  n.
  354 del 1975, se non  abbiano  effettivamente  espiato  almeno  due
  terzi della pena. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento  penitenziario
  e sulla  esecuzione  delle  misure  privative  e  limitative  della
  liberta'), art. 58-quater, comma 4. 
(GU n.16 del 17-4-2019 )
 
                  UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI PADOVA 
 
    1. Con richiesta pervenuta  in  data  20  agosto  2018  G.C.,  il
detenuto presso la Casa di reclusione di  Padova  in  espiazione  del
cumulo emesso dalla Procura della Repubblica presso il  Tribunale  di
Parma in data 27  aprile  2016,  ha  chiesto  la  concessione  di  un
permesso premio presso l'abitazione della  madre  per  coltivare  gli
affetti familiari, in particolare con il figlio D. portatore di grave
patologia invalidante. 
    2. C. sta espiando una pena complessiva di anni venti mesi due di
reclusione e mesi cinque di arresto di cui anni diciotto per il reato
di sequestro di persona a scopo di estorsione aggravato  dalla  morte
del sequestrato ex art. 630, terzo comma  del  codice  penale  (1)  ,
reato  ricompreso   nell'art.   4-bis,   primo   comma,   ordinamento
penitenziario. 
    In relazione al predetto reato, con ordinanza 17  settembre  2014
il  Tribunale  di  sorveglianza  di  Venezia   ha   riconosciuto   la
collaborazione  attiva  ex  art.  58-ter,  comma  1  dell'ordinamento
penitenziario,  dando  atto  che  i  fatti  erano   stati   accertati
compiutamente, senza zone d'ombra, anche grazie  alla  collaborazione
del detenuto: C. aveva fatto ritrovare il corpo in zona  montuosa  in
tempi brevi e indicato i nomi dei complici; il suo  contributo  aveva
consentito l'individuazione della principale imputata, ideatrice  del
sequestro e frequentatrice  della  vittima,  condannata  in  separato
giudizio ad anni trenta di reclusione. 
    3. La pena ha avuto inizio il 4 giugno 2009; il fine pena  e'  al
30 aprile 2028. 
    Il detenuto ha espiato ad oggi la pena  effettiva  di  anni  nove
mesi cinque e giorni venticinque. 
    Considerando i seicentotrenta giorni  di  liberazione  anticipata
concessi il detenuto ha espiato ad oggi la pena di anni  undici  mesi
tre di reclusione. 
    4.  Deve  essere   affrontata   la   preliminare   questione   di
ammissibilita' dell'istanza di permesso  premio  alla  stregua  della
disposizione di cui all'art. 58-quater, quarto comma dell'ordinamento
penitenziario, nella parte in cui prevede che  i  condannati  a  pena
temporanea per i delitti di cui  agli  articoli  289-bis  e  630  del
codice penale «che abbiano cagionato la morte  del  sequestrato»  non
sono  ammessi  ad  alcuno  dei  benefici  indicati  nel  primo  comma
dell'art.  4-bis  dell'ordinamento  penitenziario,   se   non   hanno
effettivamente espiato almeno i due terzi della pena irrogata. 
    Non  trova  infatti  applicazione,  nel   caso   in   esame,   la
disposizione  di  cui  all'art.  58-ter,  comma  1   dell'ordinamento
penitenziario  (secondo  la  quale  in  caso  di  accertamento  della
collaborazione attiva vengono meno i limiti temporali di  concessione
dei permessi premio previsti  per  i  reati  di  cui  all'art.  4-bis
dell'ordinamento penitenziario) rispetto alla quale l'art. 58-quater,
comma 4 dell'ordinamento penitenziario, si pone come  norma  speciale
che stabilisce per i soli delitti di cui agli articoli 630 e  289-bis
del codice penale, autonomi e specifici limiti di pena non derogabili
(2) . 
    Cio' premesso,  l'istanza  di  permesso  premio  ex  art.  30-ter
dell'ordinamento penitenziario, risulta inammissibile per  il  limite
temporale previsto  dall'art.  58-quater,  comma  4  dell'ordinamento
penitenziario. 
    Alla stregua della suddetta disposizione, per poter  aspirare  ai
permessi premio C. deve aver espiato effettivamente due  terzi  della
pena  irrogata  e  pertanto,  nel  caso  in  esame,  anni  dodici  di
reclusione, senza che si possa tenere conto dei seicentotrenta giorni
di liberazione anticipata di cui ha  beneficiato,  atteso  l'utilizzo
del termine «effettivamente». 
    Tenuto conto che la pena e' iniziata in data 4 giugno  2009,  per
poter avere  accesso  alla  misura  richiesta  il  detenuto  dovrebbe
attendere la data del 3  giugno  2021,  data  in  cui  avra'  appunto
espiato effettivamente anni dodici di reclusione. 
    5.  Si  ritiene  in  questa  sede  di  sollevare   incidente   di
legittimita'   costituzionale   dell'art.    58-quater,    comma    4
dell'ordinamento penitenziario, in relazione agli  articoli  3  e  27
della Costituzione sotto i seguenti profili: 
        1) disparita' e irragionevolezza di trattamento  rispetto  ai
condannati all'ergastolo  per  il  medesimo  reato  alla  luce  della
sentenza della Corte costituzionale n. 149 del 2018; 
        2) disparita' di trattamento in relazione ai  condannati  per
reati  di  cui  all'art.  4-bis  dell'ordinamento  penitenziario,  in
particolare ove abbiano collaborato con la giustizia ex art.  58-ter,
comma 1 dell'ordinamento penitenziario; 
        3) irragionevolezza intrinseca della disciplina rispetto alla
necessaria funzione rieducativa della pena. 
    5.1.  Si  ritiene  l'incostituzionalita'  del  disposto  di   cui
all'art. 58-quater dell'ordinamento penitenziario, nella parte in cui
prevede per i condannati a pena temporanea il divieto di  concessione
del permesso premio derivante dalla mancata espiazione di  due  terzi
«effettivi» della pena temporanea irrogata ex art. 630,  terzo  comma
del codice penale, in relazione  all'art.  3  della  Costituzione  in
relazione ai condannati alla pena dell'ergastolo. 
    E' noto che con sentenza n. 149  del  21  giugno  2018  la  Corte
costituzionale   ha   dichiarato   l'illegittimita'    costituzionale
dell'art. 58-quater,  quarto  comma  dell'ordinamento  penitenziario,
nella parte in cui imponeva ai condannati all'ergastolo per i delitti
di cui agli articoli 289-bis e 630 del codice  penale,  che  avessero
cagionato la morte del sequestrato  di  aver  effettivamente  espiato
almeno ventisei anni. 
    Per  effetto  della  pronuncia  della  Corte  costituzionale   il
condannato alla pena dell'ergastolo per il reato di cui all'art. 630,
terzo comma del codice penale,  che  abbia  cagionato  la  morte  del
sequestrato  puo'  oggi  accedere  al   beneficio   in   esame   dopo
l'espiazione di pena di dieci anni, riducibili sino a circa otto anni
grazie alla liberazione anticipata. 
    E' del tutto  evidente  la  disparita'  e  l'irragionevolezza  di
trattamento che si e' venuta a creare tra i condannati all'ergastolo,
che appunto possono ora aspirare al beneficio  dopo  l'espiazione  di
dieci anni di reclusione (riducibili a otto circa grazie appunto alla
liberazione  anticipata),  e  i  condannati  alla  meno  grave   pena
temporanea che possono accedere al beneficio solo dopo  aver  espiato
effettivamente  due  terzi  della  pena  (senza  tenere  conto  della
liberazione anticipata), in particolare in caso di pene superiori  ai
quindici anni per cui i condannati possono accedere al beneficio solo
dopo aver espiato non meno di anni dieci (dai dieci  in  su,  sino  a
venti in caso di condanna ad anni trenta di reclusione). 
    Venendo al caso in esame, l'irragionevolezza della disciplina  e'
evidente: se C.  avesse  riportato  in  relazione  al  reato  di  cui
all'art. 630, comma 3 del codice penale,  la  condanna  piu'  pesante
dell'ergastolo, la sua richiesta  di  permesso  premio  sarebbe  gia'
ammissibile, avendo espiato oltre dieci anni  di  pena  tenuto  conto
anche della liberazione anticipata (precisamente,  anni  undici  mesi
due e giorni ventidue cosi' conteggiati). 
    A fronte di una condanna  a  pena  significativamente  piu'  mite
(anni diciotto di  reclusione)  egli  si  trova  irragionevolmente  a
vedere sbarrata la richiesta di permesso premio sino al 3 giugno 2021
proprio  dalla   disposizione   normativa   censurata,   come   sopra
evidenziato. 
    E' del resto la stessa consulta, investita  esclusivamente  della
questione di legittimita' della norma in esame nella parte in cui  si
riferisce ai condannati alla pena all'ergastolo e non ai condannati a
pena temporanea, che nella sentenza piu' volte richiamata evidenziava
i profili di disparita' di trattamento  che  si  sarebbero  venuti  a
creare in seguito alla pronuncia di incostituzionalita'  proprio  con
riferimento  ai  condannati  a  pene  temporanee:  «Questa  Corte  e'
consapevole che la presente pronuncia potrebbe  a  sua  volta  creare
disparita' di trattamento rispetto alla disciplina -  non  sottoposta
in questa sede a scrutinio di legittimita'  -  dettata  dallo  stesso
art. 58-quater, comma 4 dell'ordinamento penitenziario, in  relazione
ai condannati a pena detentiva temporanea per i delitti di  cui  agli
articoli 289-bis e 630 del codice penale, che  abbiano  cagionato  la
morte  del  sequestrato.  Tuttavia  tale  consapevolezza   non   puo'
costituire  ostacolo  alla  dichiarazione  di  illegittimita'   della
disciplina qui esaminata ... Spettera' al legislatore individuare gli
opportuni rimedi alle eventuali  disparita'  di  trattamento  che  si
dovessero produrre in conseguenza della presente pronuncia.». 
    5.2. La persona condannata a  pena  temporanea  in  relazione  al
reato di cui all'art. 4-bis  dell'ordinamento  penitenziario,  e  non
sottoposte al  regime  di  cui  all'art.  58-quater  dell'ordinamento
penitenziario, possono di regola essere ammesse  al  permesso  premio
dopo l'espiazione di meta' della pena, comunque non oltre dieci  anni
(art. 30-ter, comma 4, lettera  c)  dell'ordinamento  penitenziario),
ovvero  un  quarto  della  pena  nel  caso  di   accertamento   della
collaborazione  attiva  (art.  58-ter,   comma   1   dell'ordinamento
penitenziario), pena sempre riducibile per effetto della  liberazione
anticipata. 
    Come evidenziato, la persona condannata a pena temporanea per  il
reato di cui all'art. 630, comma 3 del codice penale,  anche  laddove
abbia collaborato con la giustizia come nel  caso  di  C.,  non  puo'
accedere al beneficio se non dopo  aver  espiato  effettivamente  due
terzi della pena, senza pertanto  che  la  pena  sia  riducibile  per
effetto della liberazione anticipata e senza che operi lo sbarramento
dei dieci anni di reclusione (pertanto, in  ipotesi  di  condanna  ad
anni trenta, solo dopo l'espiazione di venti anni di pena). 
    E' evidente  l'irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra  i
condannati  per  i  reati  di  cui  all'art.  4-bis  dell'ordinamento
penitenziario, che abbiano collaborato con la giustizia per  i  quali
e' sufficiente aver espiato un quarto di pena per poter  accedere  al
permesso premio rispetto a chi si sia reso autore del  reato  di  cui
all'art. 630, terzo comma del codice penale,  il  quale,  pur  avendo
prestato collaborazione attiva, deve aver espiato effettivamente  due
terzi della pena detentiva. 
    Appare in ogni caso irragionevole rispetto ai  condannati  per  i
reati di cui all'art. 4-bis, comma 1 dell'ordinamento  penitenziario,
la   disciplina   prevista   dall'art.   58-quater,   quarto    comma
dell'ordinamento penitenziario, in relazione  ai  condannati  a  pena
temporanea per il reato di cui all'art. 630, terzo comma  del  codice
penale, peggiorativa sia in punto di entita' di pena da espiare  (due
terzi anziche' meta', senza lo sbarramento dei  dieci  anni)  che  in
punto di possibilita' di tenere conto della  liberazione  anticipata,
ritenendosi pertinenti  al  riguardo  le  considerazioni  svolte  dal
giudice rimettente e dalla Corte  costituzionale  nella  gia'  citata
sentenza n. 149/2018. 
    Si riassumono qui i passaggi principali: 
        l'art. 58-quater dell'ordinamento penitenziario,  costituisce
di per se' l'emblema del disegno normativo  ispirato  ad  una  rigida
filosofia  restrittiva  e  massimamente  retributiva  dell'esecuzione
delle sanzioni penali, a discapito delle logiche  risocializzanti,  e
stenta   a   trovare   ragioni   giustificative   in   uno   scenario
costituzionale che debba  fondarsi  sul  rispetto  di  tale  funzione
rieducativa; 
        vanno  richiamati  i  noti   approdi   della   giurisprudenza
costituzionale circa «... l'ineliminabile funzione rieducativa  della
pena,  sancita  dall'art.  27,  terzo  comma  della  Costituzione   e
confermata dalla giurisprudenza  di  questa  Corte,  che  ha  escluso
l'ammissibilita',  nel  nostro   ordinamento   penitenziario,   della
prevalenza assoluta delle esigenze di prevenzione sociale  su  quelle
di recupero dei condannati. Nella materia dei benefici  penitenziari,
e'  criterio  "costituzionalmente  vincolante"  quello  che   esclude
"rigidi  automatismi  e  richiede  sia  resa  possibile  invece   una
valutazione individualizzante caso per caso"  (sentenza  n.  436  del
1999).  Se   si   esclude   radicalmente   il   ricorso   a   criteri
individualizzanti,  "l'opzione  repressivo   finisce   per   relegare
nell'ombra il profilo rieducativo" (sentenza  n.  257  del  2006;  in
senso conforme sentenza n. 79 del 2007) e si instaura di  conseguenza
un  automatismo  sicuramente  in  contrasto   con   i   principi   di
proporzionalita' ed individualizzazione della pena (sentenza  n.  255
del 2006) ...» (sentenza n. 189 del 2010); 
        sul piano delle condizioni temporali di  accesso  a  benefici
penitenziari e misure alternative, la previsione dell'art. 58-quater,
quarto comma dell'ordinamento penitenziario, rappresenta un'eccezione
in  peius  rispetto  ad  un  regime  gia'  connotato  di  specialita'
peggiorativa: piu' precisamente,  a  fronte  della  nota  distinzione
esecutiva e penitenziaria tra "reati comuni" e "reati ex  art.  4-bis
dell'ordinamento penitenziario", diade che si risolve, tra  le  altre
cose, nella  previsione  di  condizioni  temporali  di  accesso  piu'
gravose per il gruppo dei secondi rispetto ai  primi,  la  previsione
eccezionale che qui si analizza rappresenta un unicum che si  colloca
in una posizione ulteriormente diversa da quella gia' speciale; 
        si consideri, infatti, che il delitto previsto dall'art.  630
del codice penale, rientra gia' nella categoria di cui al primo comma
dell'art. 4-bis dell'ordinamento  penitenziario,  quindi  nel  regime
speciale, ragione per  cui  lo  specifico  trattamento  ulteriormente
peggiorativo che  l'art.  58-quater,  quarto  comma  dell'ordinamento
penitenziario, riservato solo al condannato per il terzo comma  della
suindicata norma punitiva, anche laddove abbia visto riconosciuta  la
collaborazione attiva ex art. 58-ter dell'ordinamento  penitenziario,
si  pone  come  un'ulteriore  eccezione,  con  ricadute  concrete  di
particolare incisivita'; 
        tale eccezione - o meglio «ultra-eccezione» rispetto  ad  una
previsione gia' speciale - non pare costituzionalmente sorretta da un
autonomo criterio di  ragionevolezza  nel  quadro  del  rispetto  del
principio di eguaglianza ex art. 3 della  Costituzione,  un  criterio
cioe' ulteriore ed aggiuntivo rispetto a quello che gia' sorregge  il
regime speciale; 
        come osservato dalla  Corte  nella  sentenza  citata,  l'aver
circoscritto  la  portata  della  preclusione  a  due   sole   figure
delittuose (articoli 289-bis e 630 del  codice  penale,  in  caso  di
morte del sequestrato), e quindi a due «tipi di autore»,  riporta  al
noto pensiero, critico, gia' espresso dalla Corte sul medesimo  tema:
«la tipizzazione per titoli di reato non appare consona  ai  principi
di proporzione e di individualizzazione della pena che caratterizzano
il trattamento penitenziario, mentre appare preoccupante la  tendenza
alla configurazione normativa di "tipi  d'autore",  per  i  quali  la
rieducazione non sarebbe possibile o potrebbe non  essere  perseguita
...» (sentenza n. 306 del 1993); 
        rispetto a  cio',  con  la  norma  censurata  il  legislatore
presuppone - su un piano di valutazione di tipo soggettivo - che solo
il condannato per il delitto di cui all'art.  630,  terzo  comma  del
codice penale, o quello di cui  all'art.  289-bis,  terzo  comma  del
codice penale, esprima in chiave  criminologica  un  «tipo  d'autore»
peggiore perche'  piu'  pericoloso  di  quello  gia'  soggettivamente
individuato  dall'art.  4-bis,  in  rapporto  alle  varie   tipologie
delittuose evocate da tale disposizione; del pari - su  un  piano  di
valutazione di tipo oggettivo - la norma suppone in termini  assoluti
ed astratti che la stessa fattispecie delittuosa di cui all'art. 630,
terzo comma del codice penale, o  quella  di  cui  all'art.  289-bis,
terzo comma del codice penale, si connoti ex se' per una maggiore, ed
estrema,  pericolosita'  rispetto  ad  altre.  Solo  una  riscontrata
maggiore pericolosita' e/o disvalore penale, e cioe'  una  diversita'
di situazioni soggettive od oggettive, potrebbe infatti  giustificare
una diversita' di trattamento, difettando la quale appare evidente la
violazione dell'art. 3 della Costituzione che a parita' di situazioni
impone identico trattamento; 
        la  presunzione  di  maggiore  gravita'/disvalore  attribuita
oggettivamente al delitto di cui all'art. 630, terzo comma del codice
penale, o soggettivamente al condannato per tale  fatto  -  tanto  da
meritarsi un  trattamento  penitenziario  deteriore  -  connotata  da
automatismo e' pertanto irragionevole in quanto contrastante con  gli
articoli 3 e 27 della Costituzione. 
    5.3. La persona condannata alla pena temporanea di anni  diciotto
puo' essere di regola ammessa: 
        al permesso premio dopo l'espiazione di anni quattro mesi sei
(pari ad un quarto della pena) nel caso di reati comuni  ovvero  dopo
l'espiazione di anni nove (pari a meta' della pena) per  i  reati  di
cui all'art. 4-bis dell'ordinamento  penitenziario,  pene  riducibili
per effetto della liberazione anticipata rispettivamente a circa anni
tre mesi sette ovvero anni sette mesi due; 
        alla semi liberta' dopo l'espiazione di  anni  nove  (pari  a
meta'  della  pena)  ovvero,  per  i  reati  di  cui  all'art.  4-bis
dell'ordinamento penitenziario,  dopo  l'espiazione  di  anni  dodici
(pari a due terzi della pena), pene comunque riducibili  per  effetto
della liberazione anticipata a circa anni sette mesi due e anni  otto
mesi cinque; 
        alla  liberazione  condizionale  dopo  l'espiazione  di  anni
tredici ex art. 176 del codice penale (meta' della pena con rimanente
non superiore a cinque anni), anche ove trattasi  di  reati  ex  art.
4-bis dell'ordinamento penitenziario (per  i  quali  e'  prevista  la
soglia di due terzi di pena salvi i maggior limiti previsti dall'art.
176 del codice penale), pena 
        riducibile per effetto della liberazione anticipata  a  circa
anni dieci di reclusione. 
    La persona condannata  a  diciotto  anni  per  il  reato  di  cui
all'art. 630, terzo  comma  del  codice  penale,  per  effetto  della
disposizione normativa invocata non puo' accedere ai permessi  premio
e alla semiliberta' se non  dopo  aver  espiato  effettivamente  anni
dodici di reclusione (ben oltre le  soglie  previste  per  gli  altri
condannati). Diversamente, e paradossalmente, potrebbe accedere  alla
liberazione  condizionale  ex  art.  176  del  codice  penale,   dopo
l'espiazione di anni tredici, riducibili tuttavia a circa anni  dieci
per effetto della liberazione anticipata. 
    La disciplina che ne esce, come gia' osservato dalla consulta con
riferimento ai condannati a pena dell'ergastolo ma con considerazioni
che  appaiono  riferibili  anche  ai  condannati  a  pene  temporanee
particolarmente lunghe per il reato ex art. 630, comma 3  del  codice
penale, come nel caso in esame, si pone in contrasto con il principio
sotteso all'intera disciplina  dell'ordinamento  penitenziario  della
«progressione trattamentale e flessibilita' della pena»,  ovvero  del
graduale reinserimento del condannato nel  contesto  sociale  durante
l'intero arco dell'esecuzione di pene e cio' in attuazione del canone
costituzionale della finalita' rieducativa della pena. 
    Come ha osservato la Corte costituzionale con la sentenza citata,
tale principio si attua «... nell'ambito di un percorso ideale le cui
prime tappe sono rappresentate dall'ammissione al lavoro  all'esterno
ed alla concessione di permessi premio, istituti volti a stimolare la
regolare  condotta  del   detenuto,   attestata   dall'avere   questi
manifestato costante  senso  di  responsabilita'  e  correttezza  nel
comportamento personale, nelle attivita' organizzate  negli  istituti
nella eventuale attivita'  lavorativa  culturali  ...  uno  strumento
spesso insostituibile per evitare che  la  detenzione  impedisca  del
lutto di  coltivare  interessi  affettivi,  culturali  e  di  lavoro,
funzionale a perseguire efficacemente  quel  progressivo  inserimento
armonico della persona nella societa' che costituisce l'essenza della
finalita'  rieducativa.  Il  percorso  di  progressivo  reinserimento
sociale dell'ergastolano prosegue poi, in caso di esito  positivo  di
questi primi esperimenti, con la  sua  ammissione  al  piu'  incisivo
beneficio  della  semiliberta'  che   comporta   l'autorizzazione   a
trascorrere parte del giorno fuori dall'istituto per  partecipare  ad
attivita'  lavorative  istruttive  comunque  utili  al  reinserimento
sociale ed e' destinato ad avere il  suo  culmine  nella  concessione
della liberazione condizionale subordinata  all'accertamento  che  il
condannato abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere  sicuro
del  suo  ravvedimento  e  caratterizzata  da  integrare  sospensione
dell'esecuzione della pena residua ... 
    La disciplina sovverte irragionevolmente la logica  gradualistica
consentendo  che  il  condannato  possa  teoricamente  accedere  alla
liberazione condizionale per effetto delle detrazioni maturata titolo
di liberazione anticipata in un momento anteriore  a  quello  in  cui
sara' possibile accedere permessi premio,  al  lavoro  all'esterno  e
alla semiliberta', benefici questi ultimi concepiti  dal  legislatore
come attualmente prodromici rispetto alla  liberazione  condizionale,
che comporta la completa uscita dal carcere del  condannato.  Con  il
connesso rischio che  la  semiliberta'  -  pur  in  presenza  di  una
continua  e  fattiva  partecipazione  all'opera  di  rieducazione  in
carcere - venga in concreto negata al condannato stesso  ...  proprio
in ragione dell'assenza di sue previe positive esperienze al di fuori
delle mura penitenziarie sulla base del costante  insegnamento  della
giurisprudenza di legittimita'  secondo  cui  la  semiliberta'  -  in
quanto misura alternativa alla detenzione che consente al detenuto di
trascorrere parte del  giorno  all'esterno,  sia  pure  in  attivita'
lavorative  socializzanti  -  non  puo'  essere  deliberata  se   non
all'esito di previe e positive esperienze  di  concessioni  di  altre
misure  alternative   meno   impegnative,   nel   medesimo   contesto
territoriale di fruizione della semiliberta', principio che  potrebbe
essere  esteso,  a   maggior   ragione,   alla   stessa   liberazione
condizionale alla quale il condannato potrebbe teoricamente  accedere
gia' prima dei ventisei anni ...». 
    5.4. Appaiono pertinenti  anche  alla  fattispecie  in  esame  le
considerazioni della Corte costituzionale in merito al fatto  che  la
disposizione normativa  censurata  non  consenta  di  valorizzare  la
liberazione anticipata come pena scontata ai fini del  raggiungimento
della soglia di ammissibilita'  del  permesso  premio:  «...  A  tale
profilo di irragionevolezza intrinseca della  disciplina  nel  prisma
della  funzione  rieducativa  della   pena   puo',   d'altra   parte,
aggiungersi l'ulteriore considerazione che la disposizione  censurata
sterilizzando ogni effetto pratico delle detrazioni di pena a  titolo
di liberazione anticipata ... riduce  fortemente  ...  l'incentivo  a
partecipare all'opera di rieducazione, in cui si sostanzia  la  ratio
dello stesso istituto della liberazione anticipata ... 
    In tal modo la disciplina ... finisce per frustare  la  finalita'
essenziale della  liberazione  anticipata  la  quale  costituisce  un
tassello essenziale del vigente ordinamento e della  filosofia  della
risocializzazione che ne sta alla base; filosofia  che  a  sua  volta
costituisce diretta attuazione del principio costituzionale dell'art.
27 della Costituzione ...». 
    6. La «rigidita' contabile» dell'attuale art.  58-quater,  quarto
comma dell'ordinamento penitenziario, non consente un'interpretazione
costituzionalmente orientata che permetta in  qualche  modo,  in  una
valutazione individualizzante e complessiva di tutti gli elementi che
caratterizzano il caso concreto, superamento di tale preclusione. 
    Ove  fosse  espunta  dall'ordinamento  la  norma  qui   censurata
troverebbe applicazione la disciplina generale con i limiti  di  pena
previsti dal  combinato  disposto  degli  articoli  4-bis,  30-ter  e
58-ter, comma 1 dell'ordinamento penitenziario. 
    7.  La  questione  di  illegittimita'  costituzionale   dell'art.
58-quater, quarto comma dell'ordinamento penitenziario, e'  rilevante
posto che nel caso concreto il magistrato adito dal detenuto  per  la
concessione del permesso  premio,  nell'espletamento  della  funzione
giurisdizionale    decisoria    che    gli    compete,    si    trova
nell'impossibilita' di valutare nel merito l'istanza del  condannato,
benche' in presenza di tutti gli altri requisiti di ammissibilita'. 
    Come gia'  evidenziato,  C.  ha  riportato  l'accertamento  della
collaborazione attiva e ha  espiato  la  porzione  di  pena  prevista
dall'art. 30-ter, lettera b) dell'ordinamento penitenziario, pari  ad
un quarto della pena (ha peraltro espiato meta' della  pena  prevista
dall'art.  30-ter,  lettera  c)  dell'ordinamento  penitenziario,  in
relazione ai reati ex art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario). 
    Ed  invero,  l'unica  condizione  ostativa  alla  valutazione  di
ammissibilita'  della  misura  e'  la  norma  censurata  che   impone
un'espiazione di almeno due terzi della pena temporanea  irrogata  e,
in piu', «effettiva» (senza cioe' l'operativita'  della  riduzione  a
titolo di liberazione anticipata). 
    7.1. Peraltro va osservato che nel caso in  esame  ricorrerebbero
allo stato le condizioni di accoglimento della richiesta  posto  che,
come risulta dagli atti e in particolare dalle relazioni  di  sintesi
del 16 aprile 2014 e dall'aggiornamento del 18 maggio 2017: 
        nel corso della lunga detenzione la condotta  in  carcere  e'
sempre stata regolare ad eccezione di  una  lite  intercorsa  con  un
compagno di lavoro, come da relazione di servizio del 22 luglio 2016;
C.  ha  invero  fruito  di  seicentotrenta  giorni   di   liberazione
anticipata; 
        la condotta e' stata  altresi'  partecipativa  rispetto  alle
offerte  trattamentali:  ha  terminato  il  corso  di  scuola   media
inferiore, ha svolto attivita' lavorativa presso  call  center  della
Cooperativa  Giotto,  ha  svolto   nell'ambito   della   sezione   di
appartenenza      attivita'      lavorativa      alle      dipendenze
dell'amministrazione in qualita' di addetto alla somministrazione del
vitto ed alle pulizie, successivamente alla MOF ed al casellario;  e'
stato  quindi  ammesso  alla  frequenza  del  corso   di   formazione
professionale «Ricostruisco» promosso dal CPIA e dalla  scuola  edile
di Padova; 
        risulta altresi' avviato un processo di rivisitazione critica
del reato: C. si assume la responsabilita' dei gesti  illeciti  messi
in atto, anche in relazione al  decesso  della  vittima  sequestrata,
esito che pero' a suo dire non era  programmato;  riferisce  di  aver
preso parte al reato in un momento in  cui  la  situazione  economica
della sua famiglia era disperata; non cerca in questa spiegazione una
giustificazione e pare avere intrapreso un  percorso  di  riflessione
che lo ha  portato  ad  un  riconoscimento  autentico  della  propria
responsabilita' e della gravita'  degli  agiti  commessi,  oltre  che
delle conseguenze tragiche e dolorose per la famiglia della  vittima,
alla quale ha ritenuto doveroso scrivere una lettera di scuse; 
        ha tentato di risarcire il danno cagionato ai familiari della
vittima:  non  appena  il  lavoro  gli  ha  consentito  di   rendersi
economicamente indipendente, ha formulato ai medesimi  un'offerta  di
risarcimento come previsto dalla sentenza di condanna; a  fronte  del
rifiuto C. ha effettuato alcune donazioni ad  enti  benefici  con  il
proposito di attuare azioni riparative a fronte del danno  provocato;
nella missiva inviata al magistrato di  sorveglianza  del  30  luglio
2018,  ha  evidenziato  la  propria  volonta'  di  intraprendere   la
mediazione penale per avvicinare i familiari della vittima; 
        il condannato esprime senso di colpa per la sofferenza che ha
causato e sta causando alla propria famiglia, costretta ad affrontare
una serie di difficolta' (emotive, di gestione ed  anche  economiche)
legate alla commissione da parte sua dei  suindicati  reati  ed  alla
carcerazione che ne e' derivata; C. incontra altresi' i volontari dei
gruppi di ascolto che riportano note positive al riguardo, sia per la
correttezza finora mostrata che per la  sensibilita'  dimostrata  nei
confronti di altri detenuti; 
        il detenuto mantiene rapporti costanti con  i  familiari,  in
particolare la madre e i figli J. e D.; ha fruito di diversi permessi
di necessita' finalizzati ad incontrare il figlio D., impossibilitato
ad effettuare visite in  istituto,  stante  le  gravi  condizioni  di
disabilita' da cui e' afflitto; 
        il 30 maggio 2015 il condannato e' stato declassificato dalla
categoria  «AS»   e,   in   virtu'   della   collaborazione   fornita
all'autorita' giudiziaria, e' stato allocato nel circuito protetto di
media sicurezza; 
        la  nota  della  Questura  di  Ravenna  dell'8  agosto  2018,
ripercorrendo  i  precedenti  penali  e  di  polizia  del   detenuto,
evidenzia l'assenza di elementi che lo colleghino  alla  criminalita'
organizzata; 
        la relazione di sintesi gia'  in  data  16  ottobre  2014  si
esprimeva in termini favorevoli alla concessione di permessi premio a
casa per contribuire  nell'accudimento  del  figlio  disabile  e  nel
sostegno all'altro figlio, ancora  minorenne,  ora  in  una  fase  di
crescita estremamente delicata:  «si  ritiene  che  la  fruizione  di
esperienze  premiali,  valutata  la   sussistenza   dei   presupposti
oggettivi,  possa  rappresentare  un  supporto  per  alleviare   tali
difficolta', tenuto  conto  anche  della  presenza  di  una  rete  di
sostegno da parte dei servizi territoriali»; 
        con nota del 1° ottobre 2014 l'Uepe di Bologna e  Ferrara  si
esprimeva in termini favorevoli non solo alla concessione di permessi
a casa ma anche per la fruizione eventuale di una misura alternativa; 
        l'aggiornamento alla relazione di sintesi del 18 maggio  2017
confermava le conclusioni della precedente relazione; 
        il direttore del carcere, vista la situazione familiare e  la
regolare fruizione di permessi  di  necessita',  ha  espresso  parere
favorevole alla concessione del permesso premio in esame. 
    8. Per le ragioni  esposte  si  ritiene  che  l'unica  strada  da
percorrere sia quella  dell'incidente  di  costituzionalita'  poiche'
solo la rimozione dal sistema della previsione normativa, cosi'  come
residuata   dalla   predetta   pronuncia   di    incostituzionalita',
consentirebbe il rispetto degli articoli 3 e 27  della  Costituzione,
ed avrebbe l'effetto di  riportare  la  fattispecie  in  esame  nella
portata della disciplina generale  prevista  dal  combinato  disposto
degli articoli 4-bis,  30-ter  e  58-ter,  comma  1  dell'ordinamento
penitenziari, consentendo l'integrazione del presupposto temporale di
un quarto della pena per l'accesso al  beneficio  richiesto  ex  art.
58-ter, comma  1  dell'ordinamento  penitenziario,  essendogli  stata
riconosciuta la collaborazione attiva. 
    Da  tali  considerazioni  discende  la  competenza  del   giudice
rimettente a sollevare la questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 58-quater rilevante  quanto  alla  domanda  presentata  dal
condannato ex art. 30-ter dell'ordinamento penitenziario, dubitandosi
che la disciplina derogatoria di cui all'art. 58-quater, quarto comma
dell'ordinamento penitenziario, nei confronti dei condannati  a  pena
detentiva temporanea per il delitto di sequestro di persona  a  scopo
di estorsione che abbiano  cagionato  la  morte  della  vittima,  sia
compatibile, da un lato, con l'art. 3 della  Costituzione,  sotto  il
profilo  della  possibile  irragionevolezza  e  della  disparita'  di
trattamento sia rispetto ai condannati per  il  medesimo  reato  alla
pena dell'ergastolo, sia rispetto ai condannati  alla  medesima  pena
per gli altri reati, in particolare ove, trattandosi di reati di  cui
all'art.  4-bis   dell'ordinamento   penitenziario,   abbiano   vista
accertata  la  collaborazione  attiva  ex  art.   58-ter,   comma   1
dell'ordinamento penitenziario, e, dall'altro, con l'art.  27,  terzo
comma  della  Costituzione,  sotto  il  profilo  di   una   possibile
irragionevolezza intrinseca della disciplina rispetto alla necessaria
funzione rieducativa della pena. 

(1) Sentenza del Gup di Bologna 22 novembre 2010 come riformata dalla
    Corte d'assise di appello di Bologna del 30 novembre 2011 che  lo
    ha visto condannato a complessivi anni venti di reclusione per  i
    reati di cui agli articoli 81 del cpv codice penale,  630,  comma
    3, 624, 625 n. 7, 61 n. 2, comma 412 del codice penale, con  pena
    cosi' determinata: pena base anni ventisette per il reato di  cui
    all'art. 630, comma 3,  codice  penale,  pena  aumentata  per  la
    continuazione  ad  anni  trenta,  quindi  ridotta  per  il   rito
    abbreviato ad anni venti. 

(2) Sulla base di queste considerazioni il Tribunale di  sorveglianza
    di Venezia con ordinanza in  data  27  gennaio  2017  ha  infatti
    rigettato  il  reclamo  presentato  dal   detenuto   avverso   i1
    provvedimento  con  il  quale  il  magistrato   di   sorveglianza
    dichiarava inammissibile la  richiesta  di  permesso  premio  per
    mancanza del requisito temporale  previsto  dall'art.  58-quater,
    comma 4 dell'ordinamento penitenziario,  relativo  ai  due  terzi
    della pena effettiva oggetto di  condanna  evidenziando  che  nel
    caso in esame non assumeva  alcuna  rilevanza  il  fatto  che  il
    reclamante avesse ottenuto  l'accertamento  della  collaborazione
    attiva ex art. 58-ter, comma  1  dell'ordinamento  penitenziario,
    stante il rapporto di specialita' che legava le due disposizioni;
    osservava il Tribunale che «Le disposizioni di cui agli  articoli
    58-ter e 58-quater, comma 4 dell'ordinamento penitenziario,  sono
    state introdotte con la stessa  legge  (decreto-legge  23  maggio
    1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991,  n.  203)  e
    quindi  risponde  alla  volonta'  del  legislatore  da  un   lato
    introdurre una deroga  ai  limiti  temporali  di  concessione  di
    benefici per i delitti di  cui  all'art.  4-bis  dell'ordinamento
    penitenziario  (quali  quelli  introdotti  dalla  stessa  novella
    all'art. 30-ter, comma 4 dell'ordinamento  penitenziario,  per  i
    permessi premio) nel caso di  accertamento  della  collaborazione
    attiva (art. 58-ter dell'ordinamento  penitenziario),  dall'altro
    escludere questa ultima norma di favore nel casa  dei  condannati
    per i reati di sequestro di persona  a  scopo  di  estorsione  od
    eversiva che abbiano  cagionato  la  morte  del  sequestrato.  La
    ricostruzione delle vicende normative delle  citate  disposizioni
    consente   di   qualificare    l'art.    58-quater,    comma    4
    dell'ordinamento penitenziario, come norma speciale  rispetto  la
    previsione dell'art. 58-ter dell'ordinamento  penitenziario,  che
    stabilisce per i delitti di cui agli articoli 630 e  289-bis  del
    codice  penale,  autonomi  e  specifici  limiti   di   pena   non
    derogabili.  Il  legislatore  per  questi  delitti  ha   ritenuto
    subvalente la collaborazione attiva rispetto la valutazione della
    gravita' del bene giuridico offeso. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e  seguenti,  legge
11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 58-quater, quarto  comma  della
legge 26 luglio 1975, n. 354, in relazione  agli  articoli  3  e  27,
terzo comma della Costituzione, nella parte  in  cui  prevede  che  i
condannati a pene detentive temporanee per il delitto di cui all'art.
630  del  codice  penale,  che  abbiano  cagionato   la   morte   del
sequestrato, non siano ammessi ad alcuno dei  benefici  indicati  nel
primo comma dell'art. 4-bis se  non  abbiano  effettivamente  espiato
almeno due terzi della pena. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Sospende il procedimento in corso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale. 
    Ordina che a cura della  cancelleria  la  presente  ordinanza  di
trasmissione degli atti sia notificata all'interessato, al difensore,
al  pubblico  ministero  nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
 
      Padova, 3 dicembre 2018 
 
                Il Magistrato di Sorveglianza: Cesaro