N. 55 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 dicembre 2018
Ordinanza del 3 dicembre 2018 del Giudice di sorveglianza di Padova nel procedimento di sorveglianza nei confronti di C.G.. Ordinamento penitenziario - Benefici penitenziari - Condannati a pene detentive temporanee per il delitto di cui all'art. 630 cod. pen. (Sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione) che abbiano cagionato la morte del sequestrato - Divieto di concessione dei benefici indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis della legge n. 354 del 1975, se non abbiano effettivamente espiato almeno due terzi della pena. - Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), art. 58-quater, comma 4.(GU n.16 del 17-4-2019 )
UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI PADOVA 1. Con richiesta pervenuta in data 20 agosto 2018 G.C., il detenuto presso la Casa di reclusione di Padova in espiazione del cumulo emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma in data 27 aprile 2016, ha chiesto la concessione di un permesso premio presso l'abitazione della madre per coltivare gli affetti familiari, in particolare con il figlio D. portatore di grave patologia invalidante. 2. C. sta espiando una pena complessiva di anni venti mesi due di reclusione e mesi cinque di arresto di cui anni diciotto per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione aggravato dalla morte del sequestrato ex art. 630, terzo comma del codice penale (1) , reato ricompreso nell'art. 4-bis, primo comma, ordinamento penitenziario. In relazione al predetto reato, con ordinanza 17 settembre 2014 il Tribunale di sorveglianza di Venezia ha riconosciuto la collaborazione attiva ex art. 58-ter, comma 1 dell'ordinamento penitenziario, dando atto che i fatti erano stati accertati compiutamente, senza zone d'ombra, anche grazie alla collaborazione del detenuto: C. aveva fatto ritrovare il corpo in zona montuosa in tempi brevi e indicato i nomi dei complici; il suo contributo aveva consentito l'individuazione della principale imputata, ideatrice del sequestro e frequentatrice della vittima, condannata in separato giudizio ad anni trenta di reclusione. 3. La pena ha avuto inizio il 4 giugno 2009; il fine pena e' al 30 aprile 2028. Il detenuto ha espiato ad oggi la pena effettiva di anni nove mesi cinque e giorni venticinque. Considerando i seicentotrenta giorni di liberazione anticipata concessi il detenuto ha espiato ad oggi la pena di anni undici mesi tre di reclusione. 4. Deve essere affrontata la preliminare questione di ammissibilita' dell'istanza di permesso premio alla stregua della disposizione di cui all'art. 58-quater, quarto comma dell'ordinamento penitenziario, nella parte in cui prevede che i condannati a pena temporanea per i delitti di cui agli articoli 289-bis e 630 del codice penale «che abbiano cagionato la morte del sequestrato» non sono ammessi ad alcuno dei benefici indicati nel primo comma dell'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario, se non hanno effettivamente espiato almeno i due terzi della pena irrogata. Non trova infatti applicazione, nel caso in esame, la disposizione di cui all'art. 58-ter, comma 1 dell'ordinamento penitenziario (secondo la quale in caso di accertamento della collaborazione attiva vengono meno i limiti temporali di concessione dei permessi premio previsti per i reati di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario) rispetto alla quale l'art. 58-quater, comma 4 dell'ordinamento penitenziario, si pone come norma speciale che stabilisce per i soli delitti di cui agli articoli 630 e 289-bis del codice penale, autonomi e specifici limiti di pena non derogabili (2) . Cio' premesso, l'istanza di permesso premio ex art. 30-ter dell'ordinamento penitenziario, risulta inammissibile per il limite temporale previsto dall'art. 58-quater, comma 4 dell'ordinamento penitenziario. Alla stregua della suddetta disposizione, per poter aspirare ai permessi premio C. deve aver espiato effettivamente due terzi della pena irrogata e pertanto, nel caso in esame, anni dodici di reclusione, senza che si possa tenere conto dei seicentotrenta giorni di liberazione anticipata di cui ha beneficiato, atteso l'utilizzo del termine «effettivamente». Tenuto conto che la pena e' iniziata in data 4 giugno 2009, per poter avere accesso alla misura richiesta il detenuto dovrebbe attendere la data del 3 giugno 2021, data in cui avra' appunto espiato effettivamente anni dodici di reclusione. 5. Si ritiene in questa sede di sollevare incidente di legittimita' costituzionale dell'art. 58-quater, comma 4 dell'ordinamento penitenziario, in relazione agli articoli 3 e 27 della Costituzione sotto i seguenti profili: 1) disparita' e irragionevolezza di trattamento rispetto ai condannati all'ergastolo per il medesimo reato alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 149 del 2018; 2) disparita' di trattamento in relazione ai condannati per reati di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario, in particolare ove abbiano collaborato con la giustizia ex art. 58-ter, comma 1 dell'ordinamento penitenziario; 3) irragionevolezza intrinseca della disciplina rispetto alla necessaria funzione rieducativa della pena. 5.1. Si ritiene l'incostituzionalita' del disposto di cui all'art. 58-quater dell'ordinamento penitenziario, nella parte in cui prevede per i condannati a pena temporanea il divieto di concessione del permesso premio derivante dalla mancata espiazione di due terzi «effettivi» della pena temporanea irrogata ex art. 630, terzo comma del codice penale, in relazione all'art. 3 della Costituzione in relazione ai condannati alla pena dell'ergastolo. E' noto che con sentenza n. 149 del 21 giugno 2018 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 58-quater, quarto comma dell'ordinamento penitenziario, nella parte in cui imponeva ai condannati all'ergastolo per i delitti di cui agli articoli 289-bis e 630 del codice penale, che avessero cagionato la morte del sequestrato di aver effettivamente espiato almeno ventisei anni. Per effetto della pronuncia della Corte costituzionale il condannato alla pena dell'ergastolo per il reato di cui all'art. 630, terzo comma del codice penale, che abbia cagionato la morte del sequestrato puo' oggi accedere al beneficio in esame dopo l'espiazione di pena di dieci anni, riducibili sino a circa otto anni grazie alla liberazione anticipata. E' del tutto evidente la disparita' e l'irragionevolezza di trattamento che si e' venuta a creare tra i condannati all'ergastolo, che appunto possono ora aspirare al beneficio dopo l'espiazione di dieci anni di reclusione (riducibili a otto circa grazie appunto alla liberazione anticipata), e i condannati alla meno grave pena temporanea che possono accedere al beneficio solo dopo aver espiato effettivamente due terzi della pena (senza tenere conto della liberazione anticipata), in particolare in caso di pene superiori ai quindici anni per cui i condannati possono accedere al beneficio solo dopo aver espiato non meno di anni dieci (dai dieci in su, sino a venti in caso di condanna ad anni trenta di reclusione). Venendo al caso in esame, l'irragionevolezza della disciplina e' evidente: se C. avesse riportato in relazione al reato di cui all'art. 630, comma 3 del codice penale, la condanna piu' pesante dell'ergastolo, la sua richiesta di permesso premio sarebbe gia' ammissibile, avendo espiato oltre dieci anni di pena tenuto conto anche della liberazione anticipata (precisamente, anni undici mesi due e giorni ventidue cosi' conteggiati). A fronte di una condanna a pena significativamente piu' mite (anni diciotto di reclusione) egli si trova irragionevolmente a vedere sbarrata la richiesta di permesso premio sino al 3 giugno 2021 proprio dalla disposizione normativa censurata, come sopra evidenziato. E' del resto la stessa consulta, investita esclusivamente della questione di legittimita' della norma in esame nella parte in cui si riferisce ai condannati alla pena all'ergastolo e non ai condannati a pena temporanea, che nella sentenza piu' volte richiamata evidenziava i profili di disparita' di trattamento che si sarebbero venuti a creare in seguito alla pronuncia di incostituzionalita' proprio con riferimento ai condannati a pene temporanee: «Questa Corte e' consapevole che la presente pronuncia potrebbe a sua volta creare disparita' di trattamento rispetto alla disciplina - non sottoposta in questa sede a scrutinio di legittimita' - dettata dallo stesso art. 58-quater, comma 4 dell'ordinamento penitenziario, in relazione ai condannati a pena detentiva temporanea per i delitti di cui agli articoli 289-bis e 630 del codice penale, che abbiano cagionato la morte del sequestrato. Tuttavia tale consapevolezza non puo' costituire ostacolo alla dichiarazione di illegittimita' della disciplina qui esaminata ... Spettera' al legislatore individuare gli opportuni rimedi alle eventuali disparita' di trattamento che si dovessero produrre in conseguenza della presente pronuncia.». 5.2. La persona condannata a pena temporanea in relazione al reato di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario, e non sottoposte al regime di cui all'art. 58-quater dell'ordinamento penitenziario, possono di regola essere ammesse al permesso premio dopo l'espiazione di meta' della pena, comunque non oltre dieci anni (art. 30-ter, comma 4, lettera c) dell'ordinamento penitenziario), ovvero un quarto della pena nel caso di accertamento della collaborazione attiva (art. 58-ter, comma 1 dell'ordinamento penitenziario), pena sempre riducibile per effetto della liberazione anticipata. Come evidenziato, la persona condannata a pena temporanea per il reato di cui all'art. 630, comma 3 del codice penale, anche laddove abbia collaborato con la giustizia come nel caso di C., non puo' accedere al beneficio se non dopo aver espiato effettivamente due terzi della pena, senza pertanto che la pena sia riducibile per effetto della liberazione anticipata e senza che operi lo sbarramento dei dieci anni di reclusione (pertanto, in ipotesi di condanna ad anni trenta, solo dopo l'espiazione di venti anni di pena). E' evidente l'irragionevole disparita' di trattamento tra i condannati per i reati di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario, che abbiano collaborato con la giustizia per i quali e' sufficiente aver espiato un quarto di pena per poter accedere al permesso premio rispetto a chi si sia reso autore del reato di cui all'art. 630, terzo comma del codice penale, il quale, pur avendo prestato collaborazione attiva, deve aver espiato effettivamente due terzi della pena detentiva. Appare in ogni caso irragionevole rispetto ai condannati per i reati di cui all'art. 4-bis, comma 1 dell'ordinamento penitenziario, la disciplina prevista dall'art. 58-quater, quarto comma dell'ordinamento penitenziario, in relazione ai condannati a pena temporanea per il reato di cui all'art. 630, terzo comma del codice penale, peggiorativa sia in punto di entita' di pena da espiare (due terzi anziche' meta', senza lo sbarramento dei dieci anni) che in punto di possibilita' di tenere conto della liberazione anticipata, ritenendosi pertinenti al riguardo le considerazioni svolte dal giudice rimettente e dalla Corte costituzionale nella gia' citata sentenza n. 149/2018. Si riassumono qui i passaggi principali: l'art. 58-quater dell'ordinamento penitenziario, costituisce di per se' l'emblema del disegno normativo ispirato ad una rigida filosofia restrittiva e massimamente retributiva dell'esecuzione delle sanzioni penali, a discapito delle logiche risocializzanti, e stenta a trovare ragioni giustificative in uno scenario costituzionale che debba fondarsi sul rispetto di tale funzione rieducativa; vanno richiamati i noti approdi della giurisprudenza costituzionale circa «... l'ineliminabile funzione rieducativa della pena, sancita dall'art. 27, terzo comma della Costituzione e confermata dalla giurisprudenza di questa Corte, che ha escluso l'ammissibilita', nel nostro ordinamento penitenziario, della prevalenza assoluta delle esigenze di prevenzione sociale su quelle di recupero dei condannati. Nella materia dei benefici penitenziari, e' criterio "costituzionalmente vincolante" quello che esclude "rigidi automatismi e richiede sia resa possibile invece una valutazione individualizzante caso per caso" (sentenza n. 436 del 1999). Se si esclude radicalmente il ricorso a criteri individualizzanti, "l'opzione repressivo finisce per relegare nell'ombra il profilo rieducativo" (sentenza n. 257 del 2006; in senso conforme sentenza n. 79 del 2007) e si instaura di conseguenza un automatismo sicuramente in contrasto con i principi di proporzionalita' ed individualizzazione della pena (sentenza n. 255 del 2006) ...» (sentenza n. 189 del 2010); sul piano delle condizioni temporali di accesso a benefici penitenziari e misure alternative, la previsione dell'art. 58-quater, quarto comma dell'ordinamento penitenziario, rappresenta un'eccezione in peius rispetto ad un regime gia' connotato di specialita' peggiorativa: piu' precisamente, a fronte della nota distinzione esecutiva e penitenziaria tra "reati comuni" e "reati ex art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario", diade che si risolve, tra le altre cose, nella previsione di condizioni temporali di accesso piu' gravose per il gruppo dei secondi rispetto ai primi, la previsione eccezionale che qui si analizza rappresenta un unicum che si colloca in una posizione ulteriormente diversa da quella gia' speciale; si consideri, infatti, che il delitto previsto dall'art. 630 del codice penale, rientra gia' nella categoria di cui al primo comma dell'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario, quindi nel regime speciale, ragione per cui lo specifico trattamento ulteriormente peggiorativo che l'art. 58-quater, quarto comma dell'ordinamento penitenziario, riservato solo al condannato per il terzo comma della suindicata norma punitiva, anche laddove abbia visto riconosciuta la collaborazione attiva ex art. 58-ter dell'ordinamento penitenziario, si pone come un'ulteriore eccezione, con ricadute concrete di particolare incisivita'; tale eccezione - o meglio «ultra-eccezione» rispetto ad una previsione gia' speciale - non pare costituzionalmente sorretta da un autonomo criterio di ragionevolezza nel quadro del rispetto del principio di eguaglianza ex art. 3 della Costituzione, un criterio cioe' ulteriore ed aggiuntivo rispetto a quello che gia' sorregge il regime speciale; come osservato dalla Corte nella sentenza citata, l'aver circoscritto la portata della preclusione a due sole figure delittuose (articoli 289-bis e 630 del codice penale, in caso di morte del sequestrato), e quindi a due «tipi di autore», riporta al noto pensiero, critico, gia' espresso dalla Corte sul medesimo tema: «la tipizzazione per titoli di reato non appare consona ai principi di proporzione e di individualizzazione della pena che caratterizzano il trattamento penitenziario, mentre appare preoccupante la tendenza alla configurazione normativa di "tipi d'autore", per i quali la rieducazione non sarebbe possibile o potrebbe non essere perseguita ...» (sentenza n. 306 del 1993); rispetto a cio', con la norma censurata il legislatore presuppone - su un piano di valutazione di tipo soggettivo - che solo il condannato per il delitto di cui all'art. 630, terzo comma del codice penale, o quello di cui all'art. 289-bis, terzo comma del codice penale, esprima in chiave criminologica un «tipo d'autore» peggiore perche' piu' pericoloso di quello gia' soggettivamente individuato dall'art. 4-bis, in rapporto alle varie tipologie delittuose evocate da tale disposizione; del pari - su un piano di valutazione di tipo oggettivo - la norma suppone in termini assoluti ed astratti che la stessa fattispecie delittuosa di cui all'art. 630, terzo comma del codice penale, o quella di cui all'art. 289-bis, terzo comma del codice penale, si connoti ex se' per una maggiore, ed estrema, pericolosita' rispetto ad altre. Solo una riscontrata maggiore pericolosita' e/o disvalore penale, e cioe' una diversita' di situazioni soggettive od oggettive, potrebbe infatti giustificare una diversita' di trattamento, difettando la quale appare evidente la violazione dell'art. 3 della Costituzione che a parita' di situazioni impone identico trattamento; la presunzione di maggiore gravita'/disvalore attribuita oggettivamente al delitto di cui all'art. 630, terzo comma del codice penale, o soggettivamente al condannato per tale fatto - tanto da meritarsi un trattamento penitenziario deteriore - connotata da automatismo e' pertanto irragionevole in quanto contrastante con gli articoli 3 e 27 della Costituzione. 5.3. La persona condannata alla pena temporanea di anni diciotto puo' essere di regola ammessa: al permesso premio dopo l'espiazione di anni quattro mesi sei (pari ad un quarto della pena) nel caso di reati comuni ovvero dopo l'espiazione di anni nove (pari a meta' della pena) per i reati di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario, pene riducibili per effetto della liberazione anticipata rispettivamente a circa anni tre mesi sette ovvero anni sette mesi due; alla semi liberta' dopo l'espiazione di anni nove (pari a meta' della pena) ovvero, per i reati di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario, dopo l'espiazione di anni dodici (pari a due terzi della pena), pene comunque riducibili per effetto della liberazione anticipata a circa anni sette mesi due e anni otto mesi cinque; alla liberazione condizionale dopo l'espiazione di anni tredici ex art. 176 del codice penale (meta' della pena con rimanente non superiore a cinque anni), anche ove trattasi di reati ex art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario (per i quali e' prevista la soglia di due terzi di pena salvi i maggior limiti previsti dall'art. 176 del codice penale), pena riducibile per effetto della liberazione anticipata a circa anni dieci di reclusione. La persona condannata a diciotto anni per il reato di cui all'art. 630, terzo comma del codice penale, per effetto della disposizione normativa invocata non puo' accedere ai permessi premio e alla semiliberta' se non dopo aver espiato effettivamente anni dodici di reclusione (ben oltre le soglie previste per gli altri condannati). Diversamente, e paradossalmente, potrebbe accedere alla liberazione condizionale ex art. 176 del codice penale, dopo l'espiazione di anni tredici, riducibili tuttavia a circa anni dieci per effetto della liberazione anticipata. La disciplina che ne esce, come gia' osservato dalla consulta con riferimento ai condannati a pena dell'ergastolo ma con considerazioni che appaiono riferibili anche ai condannati a pene temporanee particolarmente lunghe per il reato ex art. 630, comma 3 del codice penale, come nel caso in esame, si pone in contrasto con il principio sotteso all'intera disciplina dell'ordinamento penitenziario della «progressione trattamentale e flessibilita' della pena», ovvero del graduale reinserimento del condannato nel contesto sociale durante l'intero arco dell'esecuzione di pene e cio' in attuazione del canone costituzionale della finalita' rieducativa della pena. Come ha osservato la Corte costituzionale con la sentenza citata, tale principio si attua «... nell'ambito di un percorso ideale le cui prime tappe sono rappresentate dall'ammissione al lavoro all'esterno ed alla concessione di permessi premio, istituti volti a stimolare la regolare condotta del detenuto, attestata dall'avere questi manifestato costante senso di responsabilita' e correttezza nel comportamento personale, nelle attivita' organizzate negli istituti nella eventuale attivita' lavorativa culturali ... uno strumento spesso insostituibile per evitare che la detenzione impedisca del lutto di coltivare interessi affettivi, culturali e di lavoro, funzionale a perseguire efficacemente quel progressivo inserimento armonico della persona nella societa' che costituisce l'essenza della finalita' rieducativa. Il percorso di progressivo reinserimento sociale dell'ergastolano prosegue poi, in caso di esito positivo di questi primi esperimenti, con la sua ammissione al piu' incisivo beneficio della semiliberta' che comporta l'autorizzazione a trascorrere parte del giorno fuori dall'istituto per partecipare ad attivita' lavorative istruttive comunque utili al reinserimento sociale ed e' destinato ad avere il suo culmine nella concessione della liberazione condizionale subordinata all'accertamento che il condannato abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro del suo ravvedimento e caratterizzata da integrare sospensione dell'esecuzione della pena residua ... La disciplina sovverte irragionevolmente la logica gradualistica consentendo che il condannato possa teoricamente accedere alla liberazione condizionale per effetto delle detrazioni maturata titolo di liberazione anticipata in un momento anteriore a quello in cui sara' possibile accedere permessi premio, al lavoro all'esterno e alla semiliberta', benefici questi ultimi concepiti dal legislatore come attualmente prodromici rispetto alla liberazione condizionale, che comporta la completa uscita dal carcere del condannato. Con il connesso rischio che la semiliberta' - pur in presenza di una continua e fattiva partecipazione all'opera di rieducazione in carcere - venga in concreto negata al condannato stesso ... proprio in ragione dell'assenza di sue previe positive esperienze al di fuori delle mura penitenziarie sulla base del costante insegnamento della giurisprudenza di legittimita' secondo cui la semiliberta' - in quanto misura alternativa alla detenzione che consente al detenuto di trascorrere parte del giorno all'esterno, sia pure in attivita' lavorative socializzanti - non puo' essere deliberata se non all'esito di previe e positive esperienze di concessioni di altre misure alternative meno impegnative, nel medesimo contesto territoriale di fruizione della semiliberta', principio che potrebbe essere esteso, a maggior ragione, alla stessa liberazione condizionale alla quale il condannato potrebbe teoricamente accedere gia' prima dei ventisei anni ...». 5.4. Appaiono pertinenti anche alla fattispecie in esame le considerazioni della Corte costituzionale in merito al fatto che la disposizione normativa censurata non consenta di valorizzare la liberazione anticipata come pena scontata ai fini del raggiungimento della soglia di ammissibilita' del permesso premio: «... A tale profilo di irragionevolezza intrinseca della disciplina nel prisma della funzione rieducativa della pena puo', d'altra parte, aggiungersi l'ulteriore considerazione che la disposizione censurata sterilizzando ogni effetto pratico delle detrazioni di pena a titolo di liberazione anticipata ... riduce fortemente ... l'incentivo a partecipare all'opera di rieducazione, in cui si sostanzia la ratio dello stesso istituto della liberazione anticipata ... In tal modo la disciplina ... finisce per frustare la finalita' essenziale della liberazione anticipata la quale costituisce un tassello essenziale del vigente ordinamento e della filosofia della risocializzazione che ne sta alla base; filosofia che a sua volta costituisce diretta attuazione del principio costituzionale dell'art. 27 della Costituzione ...». 6. La «rigidita' contabile» dell'attuale art. 58-quater, quarto comma dell'ordinamento penitenziario, non consente un'interpretazione costituzionalmente orientata che permetta in qualche modo, in una valutazione individualizzante e complessiva di tutti gli elementi che caratterizzano il caso concreto, superamento di tale preclusione. Ove fosse espunta dall'ordinamento la norma qui censurata troverebbe applicazione la disciplina generale con i limiti di pena previsti dal combinato disposto degli articoli 4-bis, 30-ter e 58-ter, comma 1 dell'ordinamento penitenziario. 7. La questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 58-quater, quarto comma dell'ordinamento penitenziario, e' rilevante posto che nel caso concreto il magistrato adito dal detenuto per la concessione del permesso premio, nell'espletamento della funzione giurisdizionale decisoria che gli compete, si trova nell'impossibilita' di valutare nel merito l'istanza del condannato, benche' in presenza di tutti gli altri requisiti di ammissibilita'. Come gia' evidenziato, C. ha riportato l'accertamento della collaborazione attiva e ha espiato la porzione di pena prevista dall'art. 30-ter, lettera b) dell'ordinamento penitenziario, pari ad un quarto della pena (ha peraltro espiato meta' della pena prevista dall'art. 30-ter, lettera c) dell'ordinamento penitenziario, in relazione ai reati ex art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario). Ed invero, l'unica condizione ostativa alla valutazione di ammissibilita' della misura e' la norma censurata che impone un'espiazione di almeno due terzi della pena temporanea irrogata e, in piu', «effettiva» (senza cioe' l'operativita' della riduzione a titolo di liberazione anticipata). 7.1. Peraltro va osservato che nel caso in esame ricorrerebbero allo stato le condizioni di accoglimento della richiesta posto che, come risulta dagli atti e in particolare dalle relazioni di sintesi del 16 aprile 2014 e dall'aggiornamento del 18 maggio 2017: nel corso della lunga detenzione la condotta in carcere e' sempre stata regolare ad eccezione di una lite intercorsa con un compagno di lavoro, come da relazione di servizio del 22 luglio 2016; C. ha invero fruito di seicentotrenta giorni di liberazione anticipata; la condotta e' stata altresi' partecipativa rispetto alle offerte trattamentali: ha terminato il corso di scuola media inferiore, ha svolto attivita' lavorativa presso call center della Cooperativa Giotto, ha svolto nell'ambito della sezione di appartenenza attivita' lavorativa alle dipendenze dell'amministrazione in qualita' di addetto alla somministrazione del vitto ed alle pulizie, successivamente alla MOF ed al casellario; e' stato quindi ammesso alla frequenza del corso di formazione professionale «Ricostruisco» promosso dal CPIA e dalla scuola edile di Padova; risulta altresi' avviato un processo di rivisitazione critica del reato: C. si assume la responsabilita' dei gesti illeciti messi in atto, anche in relazione al decesso della vittima sequestrata, esito che pero' a suo dire non era programmato; riferisce di aver preso parte al reato in un momento in cui la situazione economica della sua famiglia era disperata; non cerca in questa spiegazione una giustificazione e pare avere intrapreso un percorso di riflessione che lo ha portato ad un riconoscimento autentico della propria responsabilita' e della gravita' degli agiti commessi, oltre che delle conseguenze tragiche e dolorose per la famiglia della vittima, alla quale ha ritenuto doveroso scrivere una lettera di scuse; ha tentato di risarcire il danno cagionato ai familiari della vittima: non appena il lavoro gli ha consentito di rendersi economicamente indipendente, ha formulato ai medesimi un'offerta di risarcimento come previsto dalla sentenza di condanna; a fronte del rifiuto C. ha effettuato alcune donazioni ad enti benefici con il proposito di attuare azioni riparative a fronte del danno provocato; nella missiva inviata al magistrato di sorveglianza del 30 luglio 2018, ha evidenziato la propria volonta' di intraprendere la mediazione penale per avvicinare i familiari della vittima; il condannato esprime senso di colpa per la sofferenza che ha causato e sta causando alla propria famiglia, costretta ad affrontare una serie di difficolta' (emotive, di gestione ed anche economiche) legate alla commissione da parte sua dei suindicati reati ed alla carcerazione che ne e' derivata; C. incontra altresi' i volontari dei gruppi di ascolto che riportano note positive al riguardo, sia per la correttezza finora mostrata che per la sensibilita' dimostrata nei confronti di altri detenuti; il detenuto mantiene rapporti costanti con i familiari, in particolare la madre e i figli J. e D.; ha fruito di diversi permessi di necessita' finalizzati ad incontrare il figlio D., impossibilitato ad effettuare visite in istituto, stante le gravi condizioni di disabilita' da cui e' afflitto; il 30 maggio 2015 il condannato e' stato declassificato dalla categoria «AS» e, in virtu' della collaborazione fornita all'autorita' giudiziaria, e' stato allocato nel circuito protetto di media sicurezza; la nota della Questura di Ravenna dell'8 agosto 2018, ripercorrendo i precedenti penali e di polizia del detenuto, evidenzia l'assenza di elementi che lo colleghino alla criminalita' organizzata; la relazione di sintesi gia' in data 16 ottobre 2014 si esprimeva in termini favorevoli alla concessione di permessi premio a casa per contribuire nell'accudimento del figlio disabile e nel sostegno all'altro figlio, ancora minorenne, ora in una fase di crescita estremamente delicata: «si ritiene che la fruizione di esperienze premiali, valutata la sussistenza dei presupposti oggettivi, possa rappresentare un supporto per alleviare tali difficolta', tenuto conto anche della presenza di una rete di sostegno da parte dei servizi territoriali»; con nota del 1° ottobre 2014 l'Uepe di Bologna e Ferrara si esprimeva in termini favorevoli non solo alla concessione di permessi a casa ma anche per la fruizione eventuale di una misura alternativa; l'aggiornamento alla relazione di sintesi del 18 maggio 2017 confermava le conclusioni della precedente relazione; il direttore del carcere, vista la situazione familiare e la regolare fruizione di permessi di necessita', ha espresso parere favorevole alla concessione del permesso premio in esame. 8. Per le ragioni esposte si ritiene che l'unica strada da percorrere sia quella dell'incidente di costituzionalita' poiche' solo la rimozione dal sistema della previsione normativa, cosi' come residuata dalla predetta pronuncia di incostituzionalita', consentirebbe il rispetto degli articoli 3 e 27 della Costituzione, ed avrebbe l'effetto di riportare la fattispecie in esame nella portata della disciplina generale prevista dal combinato disposto degli articoli 4-bis, 30-ter e 58-ter, comma 1 dell'ordinamento penitenziari, consentendo l'integrazione del presupposto temporale di un quarto della pena per l'accesso al beneficio richiesto ex art. 58-ter, comma 1 dell'ordinamento penitenziario, essendogli stata riconosciuta la collaborazione attiva. Da tali considerazioni discende la competenza del giudice rimettente a sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 58-quater rilevante quanto alla domanda presentata dal condannato ex art. 30-ter dell'ordinamento penitenziario, dubitandosi che la disciplina derogatoria di cui all'art. 58-quater, quarto comma dell'ordinamento penitenziario, nei confronti dei condannati a pena detentiva temporanea per il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione che abbiano cagionato la morte della vittima, sia compatibile, da un lato, con l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della possibile irragionevolezza e della disparita' di trattamento sia rispetto ai condannati per il medesimo reato alla pena dell'ergastolo, sia rispetto ai condannati alla medesima pena per gli altri reati, in particolare ove, trattandosi di reati di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario, abbiano vista accertata la collaborazione attiva ex art. 58-ter, comma 1 dell'ordinamento penitenziario, e, dall'altro, con l'art. 27, terzo comma della Costituzione, sotto il profilo di una possibile irragionevolezza intrinseca della disciplina rispetto alla necessaria funzione rieducativa della pena. (1) Sentenza del Gup di Bologna 22 novembre 2010 come riformata dalla Corte d'assise di appello di Bologna del 30 novembre 2011 che lo ha visto condannato a complessivi anni venti di reclusione per i reati di cui agli articoli 81 del cpv codice penale, 630, comma 3, 624, 625 n. 7, 61 n. 2, comma 412 del codice penale, con pena cosi' determinata: pena base anni ventisette per il reato di cui all'art. 630, comma 3, codice penale, pena aumentata per la continuazione ad anni trenta, quindi ridotta per il rito abbreviato ad anni venti. (2) Sulla base di queste considerazioni il Tribunale di sorveglianza di Venezia con ordinanza in data 27 gennaio 2017 ha infatti rigettato il reclamo presentato dal detenuto avverso i1 provvedimento con il quale il magistrato di sorveglianza dichiarava inammissibile la richiesta di permesso premio per mancanza del requisito temporale previsto dall'art. 58-quater, comma 4 dell'ordinamento penitenziario, relativo ai due terzi della pena effettiva oggetto di condanna evidenziando che nel caso in esame non assumeva alcuna rilevanza il fatto che il reclamante avesse ottenuto l'accertamento della collaborazione attiva ex art. 58-ter, comma 1 dell'ordinamento penitenziario, stante il rapporto di specialita' che legava le due disposizioni; osservava il Tribunale che «Le disposizioni di cui agli articoli 58-ter e 58-quater, comma 4 dell'ordinamento penitenziario, sono state introdotte con la stessa legge (decreto-legge 23 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203) e quindi risponde alla volonta' del legislatore da un lato introdurre una deroga ai limiti temporali di concessione di benefici per i delitti di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario (quali quelli introdotti dalla stessa novella all'art. 30-ter, comma 4 dell'ordinamento penitenziario, per i permessi premio) nel caso di accertamento della collaborazione attiva (art. 58-ter dell'ordinamento penitenziario), dall'altro escludere questa ultima norma di favore nel casa dei condannati per i reati di sequestro di persona a scopo di estorsione od eversiva che abbiano cagionato la morte del sequestrato. La ricostruzione delle vicende normative delle citate disposizioni consente di qualificare l'art. 58-quater, comma 4 dell'ordinamento penitenziario, come norma speciale rispetto la previsione dell'art. 58-ter dell'ordinamento penitenziario, che stabilisce per i delitti di cui agli articoli 630 e 289-bis del codice penale, autonomi e specifici limiti di pena non derogabili. Il legislatore per questi delitti ha ritenuto subvalente la collaborazione attiva rispetto la valutazione della gravita' del bene giuridico offeso.
P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e seguenti, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 58-quater, quarto comma della legge 26 luglio 1975, n. 354, in relazione agli articoli 3 e 27, terzo comma della Costituzione, nella parte in cui prevede che i condannati a pene detentive temporanee per il delitto di cui all'art. 630 del codice penale, che abbiano cagionato la morte del sequestrato, non siano ammessi ad alcuno dei benefici indicati nel primo comma dell'art. 4-bis se non abbiano effettivamente espiato almeno due terzi della pena. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Sospende il procedimento in corso sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza di trasmissione degli atti sia notificata all'interessato, al difensore, al pubblico ministero nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Padova, 3 dicembre 2018 Il Magistrato di Sorveglianza: Cesaro