N. 32 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 febbraio 2019

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria  il  25  febbraio  2019  (della  Regione  autonoma  della
Sardegna). 
 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  bilancio  2019   -
  Istituzione di un fondo finalizzato nell'ambito degli  accordi  tra
  lo Stato e le Regioni a statuto speciale di cui al comma 875  della
  legge n. 145 del 2018 a investimenti per la messa in sicurezza  del
  territorio  e  delle  strade  -  Previsione,  in  caso  di  mancata
  conclusione degli accordi entro il termine del 15 marzo 2019, della
  destinazione delle somme ad altri interventi. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di bilancio 2019 -  Concorso
  delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e  Sardegna  al  raggiungimento
  degli obiettivi di finanza pubblica -  Ridefinizione  dei  rapporti
  finanziari  con  lo  Stato  mediante  la  conclusione  di   accordi
  bilaterali -  Determinazione  in  via  provvisoria,  negli  importi
  indicati, del contributo complessivo alla finanza pubblica per  gli
  anni dal 2019 al 2021, in caso di mancata conclusione degli accordi
  entro il termine previsto. 
- Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2019-2021), art. 1, comma 126,  primo,  secondo  e  terzo  periodo;
  comma 875 e Tabella 8. 
Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Misure  di  semplificazione  in
  materia contabile in  favore  degli  enti  locali  -  Modifica  del
  termine per la stipula degli accordi di finanza pubblica di cui  al
  comma 126 della legge n. 145 del 2018. 
- Decreto-legge 14 dicembre 2018, n.  135  (Disposizioni  urgenti  in
  materia di sostegno e semplificazione  per  le  imprese  e  per  la
  pubblica amministrazione),  convertito,  con  modificazioni,  nella
  legge 11 febbraio 2019, n. 12, art. 11-bis, comma 10, lettera a). 
(GU n.18 del 2-5-2019 )
    Ricorso per  la  Regione  autonoma  della  Sardegna  (cod.  fisc.
80002870923) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), viale Trento, n.
69, in persona del Presidente  pro  tempore  Francesco  Pigliaru,  in
forza di procura speciale a margine del presente atto rappresentata e
difesa dall'avv. Alessandra Camba (cod. fisc. CMBLSN57D49B354X; posta
elettronica  certificata:   acamba@pec.regione.sardegna.it   -   fax:
070.6062418)  e  dal  prof.  avv.  Massimo   Luciani   (cod.   fisc.:
LCNMSM52L23H501G; fax:  06.90236029;  posta  elettronica  certificata
massimoluciani@ordineavvocatiroma.org),   elettivamente   domiciliata
presso lo studio del secondo in  00153  Roma,  lungotevere  Raffaello
Sanzio, n. 9; 
    Contro Presidente del Consiglio  dei  ministri,  in  persona  del
Presidente  del  Consiglio  pro  tempore,  rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la  cui  sede  in  00186
Roma, via dei Portoghesi n.  12,  e'  domiciliato  ex  lege,  per  la
dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma
126, primo periodo, (limitatamente alle parole «, finalizzato» e alle
parole «, a investimenti per la messa in sicurezza del  territorio  e
delle strade»), secondo e terzo  periodo;  dell'art.  1,  comma  875,
limitatamente alle parole da «e che garantiscano, in ogni caso»  fino
alla fine del comma; della Tabella 8 della legge 30 dicembre 2018, n.
145,  recante  «bilancio  di  previsione  dello  Stato   per   l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il  triennio  2019-2021»,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 2018, n.  302,  S.O.,
nonche' dell'art. 11-bis, comma 10, lettera a), del decreto-legge  14
dicembre 2018,  n.  135,  convertito  in  legge,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, legge 11 febbraio 2019, n. 12, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 12 febbraio 2019, n. 36. 
 
                                Fatto 
 
    1.- Oggetto del presente giudizio sono, in parte qua, i commi 126
e 875 (in una con la Tabella 8) della legge 30 dicembre 2018, n. 145,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 2018, n. 302, S.O. 
    Per comodita' d'esposizione e' opportuno illustrare anzitutto  il
comma 875, il quale disciplina i rapporti economico-finanziari tra lo
Stato e le Regioni Sardegna e Friuli-Venezia Giulia. 
    Vi si prevede che, «al fine di assicurare il necessario  concorso
delle regioni Friuli-Venezia  Giulia  e  Sardegna  al  raggiungimento
degli obiettivi di finanza pubblica, entro il 31  gennaio  2019  sono
ridefiniti i complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e  ciascuno
dei predetti  enti,  mediante  la  conclusione  di  appositi  accordi
bilaterali, che  tengano  conto  anche  delle  sentenze  della  Corte
costituzionale n. 77 del 13 maggio 2015, n. 154 del 4 luglio  2017  e
n. 103 del 23 maggio 2018  e  che  garantiscano,  in  ogni  caso,  il
concorso complessivo alla finanza pubblica di cui al secondo periodo.
In caso  di  mancata  conclusione  degli  accordi  entro  il  termine
previsto dal primo periodo, in applicazione dei principi fondamentali
di coordinamento della finanza pubblica previsti dagli articoli  117,
terzo comma, e 119, primo comma, della  Costituzione,  il  contributo
complessivo alla finanza pubblica per gli anni dal 2019  al  2021  e'
determinato in via provvisoria negli importi indicati nella tabella 8
allegata alla presente legge, quale concorso al pagamento degli oneri
del debito pubblico, salva diversa intesa con ciascuno  dei  predetti
enti entro l'esercizio finanziario di riferimento. Gli importi  della
predetta  tabella  8  possono  essere  modificati,  a  invarianza  di
concorso  complessivo  alla  finanza   pubblica,   mediante   accordi
stipulati tra le regioni interessate entro il 30  aprile  di  ciascun
anno, da comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze  entro
il 31 maggio del medesimo anno. L'importo del concorso  previsto  dai
periodi precedenti e' versato al bilancio  dello  Stato  da  ciascuna
autonomia speciale entro il 30 giugno di ciascun anno; in mancanza di
tale versamento,  il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  e'
autorizzato  a  recuperare  gli  importi  a  valere  sulle  quote  di
compartecipazione ai tributi erariali. Per la regione  Friuli-Venezia
Giulia resta ferma la disposizione dell'art. 1,  comma  151,  lettera
a), della legge 13 dicembre 2010, n. 220». 
    L'art.  11-bis,  comma  10,  lettera  c),  del  decreto-legge  14
dicembre 2018, n. 135, come  novellato  dalla  legge  di  conversione
approvata in via definitiva dalla  Camera  dei  deputati  in  data  7
febbraio 2019, ha modificato il comma in esame, sostituendo le parole
«31 gennaio 2019» con le seguenti: «15 marzo 2019». 
    La disposizione ora riportata  reitera,  in  buona  sostanza,  il
contenuto di analoghe previsioni contenute nelle precedenti leggi  di
bilancio. In particolare, si prevede la possibilita' per lo  Stato  e
la Regione Sardegna (al  quale  ci  si  riferira'  di  seguito  anche
semplicemente come «Regione», non essendo qui  toccata  la  posizione
della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia)  di  stipulare  un   «accordo
bilaterale»  che  definisca  il  concorso  regionale   alla   finanza
pubblica. Tuttavia,  ove  il  termine  decorra  senza  che  le  parti
addivengano all'accordo (e di chiunque sia la  responsabilita'  della
mancata convergenza di volonta'), il concorso alla  finanza  pubblica
e' determinato nella cifra indicata dalla Tabella  8,  allegata  alla
legge di bilancio. Essa puo' essere modificata, ma a  condizione  che
rimanga invariato il «concorso complessivo» alla finanza pubblica. Si
prevede, altresi', che la regione versi allo Stato il  contributo  di
finanza pubblica entro il 30 giugno e che, in difetto, lo Stato possa
operare attraverso i c.d. «accantonamenti», ovverosia trattenendo  le
somme dovute a titolo di compartecipazione ai tributi erariali. 
Il contenuto della tabella 8, infine, e' il seguente: 
 
    in milioni di euro 
                                       2019     2020    2021 
    Friuli-Venezia Giulia               716      836     836 
    Sardegna                            536      536     536 
    Totale                            1.252    1.372   1.372 
 
    2.- Quanto  al  comma  126,  esso  istituisce  e  disciplina  uno
speciale fondo destinato agli interventi per la  messa  in  sicurezza
del territorio e delle strade. 
    Vi si prevede  che  «Nello  stato  di  previsione  del  Ministero
dell'economia e delle finanze e' istituito un fondo,  alimentato  con
le risorse residue del  fondo  di  cui  al  comma  122,  finalizzato,
nell'ambito degli accordi  tra  lo  Stato  e  le  regioni  a  statuto
speciale di cui  al  comma  875,  a  investimenti  per  la  messa  in
sicurezza  del  territorio  e  delle  strade.  In  caso  di   mancata
conclusione, in tutto o in parte, degli accordi di cui al  comma  875
entro il termine del 31 gennaio 2019, le somme del fondo  di  cui  al
primo  periodo  non  utilizzate  sono  destinate,  con  decreto   del
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'economia e delle finanze, previa intesa in  sede  di  Conferenza
unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28  agosto  1997,
n. 281, da raggiungere entro il 20 febbraio 2019, ad  incrementare  i
contributi di cui ai commi 134 e  139,  includendo  trai  destinatari
anche le province e le citta' metropolitane, nonche' i contributi  di
cui al comma 107. In caso di mancata intesa il  decreto  e'  comunque
emanato entro il 10 marzo 2019». 
    Anche questo comma e' stato modificato  dall'art.  11-bis,  comma
10, lettera a), del decreto-legge 14  dicembre  2018,  n.  135,  come
introdotto dalla legge di conversione  approvata  in  via  definitiva
dalla Camera dei deputati in data 7 febbraio 2019, nel senso  che  il
termine, inizialmente fissato al «31 gennaio 2019» e' stato  spostato
al «15 marzo 2019». 
    2.1.- Il fondo oggetto del comma in esame e'  alimentato  con  le
«risorse residue» del fondo di cui  al  comma  122.  Quest'ultimo  e'
destinatario di una dotazione «di 2.780 milioni di  euro  per  l'anno
2019, di 3.180,2 milioni di euro per l'anno 2020, di 1.255 milioni di
euro per l'anno 2021, di 1.855 milioni di euro per  l'anno  2022,  di
2.255 milioni di euro per l'anno 2023, di 2.655 milioni di  euro  per
l'anno 2024, di 2.755 milioni di  euro  per  l'anno  2025,  di  2.590
milioni di euro per l'anno 2026, di 2.445 milioni di euro per  l'anno
2027, di 2.245 milioni di euro per ciascuno degli anni  dal  2028  al
2031, di 2.195 milioni di euro per l'anno 2032, di 2.150  milioni  di
euro per l'anno 2033 e di 1.500 milioni di  curo  annui  a  decorrere
dall'anno 2034» (cosi' il comma 122) ed e' destinato «oltre  che  per
le finalita' previste dai commi 556, 826,  843  e  890,  al  rilancio
degli investimenti degli enti territoriali» (comma 123). 
    Il comma 556 si limita a prevedere che «il fondo di cui al  comma
122 e' ridotto di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021  e
2022, di 300 milioni di euro per ciascuno  degli  anni  dal  2023  al
2025, di 400 milioni di euro per ciascuno  degli  anni  dal  2026  al
2031, di 300 milioni di euro per l'anno 2032 e di 200 milioni di euro
per l'anno 2033». 
    Il comma 826 opera un'ulteriore decurtazione al fondo di  cui  al
comma 122 per le annualita' dal 2020 al 2028, al fine di finanziare i
costi  derivanti   dall'esecuzione   della   sentenza   della   Corte
costituzionale, n.  247  del  2017,  che,  attraverso  una  pronuncia
interpretativa di rigetto, ha ripristinato le prerogative degli  enti
locali nell'utilizzo degli avanzi di amministrazione. 
    Il comma 843 attinge al fondo di cui al comma 122  per  ulteriori
2.496,2 milioni di euro per gli anni  2019  e  2020,  al  fine  della
copertura degli oneri per la  riduzione  del  concorso  alla  finanza
pubblica delle regioni ordinarie. 
    Infine, il comma 890  sottrae  al  fondo  di  cui  al  comma  122
ulteriori 250 milioni di euro nelle annualita' dal 2019 al  2032  per
la copertura degli oneri di finanziamento in  favore  delle  province
delle Regioni ordinarie, destinati a piani di sicurezza per scuole  e
strade. 
    2.2.- Una volta detratto quanto previsto dai commi 556, 826,  843
e 890, le «somme residue» a disposizione ammontano a 33,8 milioni  di
euro per l'anno 2019. 
    In caso di mancata stipula dell'accordo  «in  tutto  o  in  parte
[...] entro il 31 gennaio 2019», queste somme sono  stornate  per  un
diverso impiego. 
    Segnatamente, sono destinate ad aumentare  i  contributi  statali
gia' previsti ai commi 107, 134 e 139 dell'art. 1 della legge n.  135
del 2018 in favore dei comuni (commi  107  e  139)  e  delle  regioni
ordinarie (comma 134), con l'avvertenza che anche le  province  e  le
citta' metropolitane possono beneficiarne. 
    3.- Per completezza si deve  osservare  che  la  regolazione  dei
rapporti finanziari dello Stato con la Regione  Sardegna  (e  con  la
Regione Friuli-Venezia Giulia) rappresenta un unicum nella  legge  di
bilancio. 
    Come si e' gia'  avuto  modo  di  accennare,  infatti,  in  altre
disposizioni della legge di bilancio, lo Stato: 
        ha dato attuazione all'accordo sottoscritto  il  16  novembre
2018 tra il Ministro dell'economia e delle finanze  e  il  Presidente
della Regione autonoma Valle d'Aosta (commi 877, 878 e 879); 
        ha dato attuazione all'accordo sottoscritto  il  19  dicembre
2018 tra il Ministro dell'economia  e  delle  finanze  e  la  Regione
siciliana (commi da 881 a 886); 
        ha previsto stanziamenti in favore delle Province autonome di
Trento e Bolzano (comma 887); 
        ha dato esecuzione alle pronunce della  Corte  costituzionale
in tema di finanza locale (comma 832); 
        ha previsto misure di  favore  nei  confronti  delle  Regioni
ordinarie (comma 843) e degli enti locali (commi 107, 134 e 139). 
    Le  disposizioni  indicate  in  epigrafe   sono   illegittime   e
gravemente lesive delle attribuzioni costituzionali della ricorrente,
che ne chiede la declaratoria d'incostituzionalita'  per  i  seguenti
motivi di 
 
                               Diritto 
 
    1.- Premessa. Le disposizioni censurate (e,  in  particolare,  il
comma 875 e la Tabella 8) si inseriscono nella complessa vicenda  dei
rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione  Sardegna,  piu'  volte
scrutinata da codesta eccellentissima Corte  e  nota  come  «vertenza
entrate», che ha visto le attribuzioni  costituzionali  e  statutarie
regionali vulnerate a piu'  riprese  e  per  differenti  profili  dal
legislatore statale. 
    La regione ricorrente ha dovuto riscontrare che anche nella  piu'
recente legge  di  bilancio  lo  Stato,  invece  di  ripristinare  la
legalita' costituzionale violata, ha nuovamente leso la sua autonomia
finanziaria, protraendo e aggravando anche per il nuovo  triennio  di
programmazione economico-finanziaria gli effetti incostituzionali che
si erano gia' prodotti. 
    Tale circostanza e' ancor piu' grave, alla luce del fatto che  lo
Stato ha pattuito con l'Unione europea margini  finanziari  espansivi
(il fatto e' notorio, cfr.  anche  la  recentissima  ordinanza  della
Corte costituzionale, n. 17 del 2019) e che  il  legislatore  statale
(facendo seguito agli accordi stipulati dall'Esecutivo) ha accolto le
richieste di altre autonomie speciali (si vedano i commi  877  -  879
della legge di bilancio per la Regione Valle d'Aosta e 881 - 886  per
la Regione Siciliana). A tal proposito e al  fine  di  sgomberare  il
campo da ogni equivoco, si precisa  che  la  ricorrente  non  intende
certo dolersi delle misure favorevoli  avviate  nei  confronti  delle
altre autonomie speciali: contenuto del presente gravame  non  e'  la
contestazione del trattamento favorevole riservato ad altre autonomie
(che di per se' non incide sulle  attribuzioni  costituzionali  della
ricorrente), ma la rivendicazione delle  attribuzioni  costituzionali
d'autonomia della Regione Sardegna, compromesse, una volta  di  piu',
da un trattamento in malam partem. 
    1.1.-  Prima  di  illustrare  i  motivi  di  ricorso,  pero',  e'
necessario riepilogare sinteticamente  le  vicende  principali  della
«vertenza entrate». 
    Nel corso dell'estate del 2005, come risulta dal carteggio tra la
Ragioneria  generale  dello  Stato  e  la   Regione,   il   Ministero
dell'economia e delle finanze prendeva atto della necessita'  di  una
revisione   dell'ordinamento   finanziario   regionale   disciplinato
dall'art. 8 dello Statuto di autonomia, al fine di rendere attuale lo
strumento  di  garanzia  dell'autonomia  economico-finanziaria  della
regione, diventato obsoleto a seguito delle riforme della  fiscalita'
che  avevano  reso  parzialmente   inoperativo   il   meccanismo   di
compartecipazione alle entrate erariali vigente illo tempore. 
    Proprio in considerazione della palese insufficienza  del  quadro
finanziario delle entrate regionali, riconosciuta espressamente dalla
Ragioneria generale dello Stato, con l'art. 1, comma 834, della legge
n. 296 del 2006 il Parlamento modificava l'art. 8  dello  Statuto  di
autonomia,  aumentando  i  canali  di  compartecipazione  fissa  alle
entrate. 
    Contestualmente, lo Stato devolveva  alla  regione  ulteriori  25
milioni  di  euro  (comma  835),  ma  le  imponeva  il  finanziamento
integrale del sistema sanitario nazionale sul territorio sardo «senza
alcun apporto a carico  del  bilancio  dello  Stato»  (comma  836)  e
trasferiva all'ente anche «le funzioni relative al trasporto pubblico
locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le funzioni
relative alla continuita' territoriale» (comma 837). 
    Il comma 838 fissava un «tetto» progressivo agli oneri aggiuntivi
a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione del nuovo  art.  8
dello Statuto per le annualita' 2007 (344 milioni di euro), 2008 (371
milioni di euro) e 2009 (482 milioni di euro), specificando  che  «la
nuova compartecipazione della regione Sardegna  al  gettito  erariale
entra a regime dall'anno 2010». 
    1.2.- Successivamente all'entrata in vigore del riformato art.  8
dello Statuto, sorgeva una vasta controversia tra  la  Regione  e  lo
Stato, concernente l'esecuzione dello stesso art. 8. 
    In buona sostanza, il contenzioso, in sintesi,  ha  riguardato  i
seguenti profili: 
        a) l'inerzia e/o il rifiuto dello Stato di dare esecuzione al
riformato art. 8 attraverso la stipula di un  accordo  relativo  alla
capacita' di spesa regionale nel contesto del  «Patto  di  stabilita'
interno/territoriale». A  questo  proposito  l'eccellentissima  Corte
(pur dichiarando inammissibile un conflitto  proposto  dalla  regione
avverso la nota  ministeriale  che  negava  l'accordo  sul  patto  di
stabilita' ampliando la capacita' di spesa della regione) ha  accolto
le tesi della regione, affermando che la riforma  dell'art.  8  dello
Statuto non puo' che riverberarsi immediatamente sull'equilibrio  del
bilancio regionale, tanto sul lato delle entrate,  quanto  su  quello
della spesa (cfr. sentenza della Corte  costituzionale,  n.  118  del
2012); 
        b)  l'inerzia  e/o  il  rifiuto  dello  Stato  di   liquidare
concretamente alla regione le maggiori somme derivanti dal  rinnovato
regime  di  compartecipazione,  se  non  previa  adozione  di   norme
d'attuazione statutaria. Per questo profilo  l'eccellentissima  Corte
costituzionale, pur nel dichiarare inammissibile un conflitto avverso
l'inerzia serbata dallo Stato nel liquidare  integralmente  tutte  le
somme dovute, ha rivolto a quest'ultimo un severo monito affinche' si
attivasse con particolare sollecitudine per dare piena esecuzione  al
novellato art. 8 (cfr.  Corte  costituzionale,  sentenza  n.  95  del
2013); 
        c) la possibilita' per la regione di indicare come  attivita'
di bilancio in conto competenza le  maggiori  entrate  derivanti  dal
riformato  art.  8.  A  tal  proposito,  l'eccellentissima  Corte  ha
dichiarato inammissibile il ricorso proposto dallo Stato avverso  una
disposizione di  legge  regionale  che  consentiva  alla  regione  di
indicare  in  bilancio  quelle  somme  (cfr.  Corte   costituzionale,
sentenza n. 99 del 2012); 
        d) l'inclusione di alcune  specifiche  tipologie  di  entrate
nella clausola residuale di cui alla riformata lettera m) dell'art. 8
(che assegna alla  regione  i  «sette  decimi  di  tutte  le  entrate
erariali, dirette o indirette, comunque denominate, ad  eccezione  di
quelle di spettanza di altri enti pubblici»; su questo profilo,  come
si  dira'  di  seguito,  sono  intervenute  le   norme   d'attuazione
statutaria,  a  seguito  di   accordo   in   sede   di   «commissione
paritetica»); 
        e)  l'imposizione,  da  parte  del  legislatore  statale,  di
contributi di finanza pubblica in capo alla Regione Sardegna, in  via
unilaterale nonche' nelle more dell'effettiva entrata  a  regime  del
nuovo sistema di compartecipazione. A tal proposito l'eccellentissima
Corte costituzionale ha affermato che, nei confronti delle  autonomie
speciali, oneri nelle orme di generali contributi di finanza pubblica
possono essere imposti esclusivamente attraverso il metodo  pattizio,
che deve essere sempre osservato. Inoltre, la Corte ha stabilito che,
nell'esercizio della competenza legislativa concorrente in materia di
«coordinamento  della  finanza  pubblica»,  lo  Stato  puo'  disporre
unilateralmente obblighi di finanza pubblica solo se sono  rispettati
i seguenti limiti: 
i vincoli di spesa devono avere ad oggetto non la generale  autonomia
finanziaria regionale, bensi' un ben specifico settore delle funzioni
pubbliche regionali, nel quale  si  intende  conseguire  risparmi  di
spesa partitamente indicati (Corte costituzionale,  sentenza  n.  154
del 2017); 
non sono imponibili limiti di  finanza  pubblica  per  i  settori  di
attivita' alla quale lo Stato non concorre  almeno  in  parte  (Corte
costituzionale, sentenze numeri 341 del 2009 e 133 del 2010); 
il  vincolo  deve  comunque  consentire  l'esercizio   dell'autonomia
regionale  nell'allocazione  delle  risorse,  pur  nel  rispetto  del
generale obiettivo di risparmio (Corte costituzionale, sentenza n. 82
del 2007); 
il vincolo deve essere temporalmente limitato (Corte  costituzionale,
sentenza n. 199 del 2012); 
non  sono  consentite  proroghe  dei  vincoli  e   l'estensione   dei
contributi di finanza pubblica puo' intervenire solo  attraverso  una
nuova e integrale valutazione dei rapporti finanziari tra lo Stato  e
la Regione relativi al settore specifico per il quale  rileva  (Corte
costituzionale, sentenza n. 154 del 2017); 
lo Stato puo' anticipare gli effetti positivi di tali  contributi  di
finanza pubblica attraverso i c.d. «accantonamenti»,  ma  tali  somme
devono comunque considerarsi  nella  disponibilita'  contabile  delle
regioni e gli stessi accantonamenti  non  possono  protrarsi  per  un
periodo   di   tempo   eccessivo   e   irragionevole   (cfr.    Corte
costituzionale, sentenza n. 77 del 2015); 
deve  sempre  essere  consentita  alle  parti  la   possibilita'   di
intraprendere la via pattizia per  regolare,  anche  a  esercizio  di
bilancio inoltrato, i rapporti  di  finanza  pubblica  tra  le  parti
(Corte costituzionale, sentenza n. 19 del 2015); 
non sono consentite,  se  non  negli  esatti  limiti  indicati  dallo
Statuto e dalle norme di  attuazione  statutaria,  riserve  erariali,
ovverosia prelievi diretti  a  valere  sulle  risorse  compartecipate
(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 241 del 2012); 
gli accordi di  finanza  pubblica  devono  essere  rispettati  (Corte
costituzionale, sentenza n. 154 del 2017). 
    1.3.- Dopo le numerose e significative sollecitazioni di  codesta
eccellentissima Corte, il Ministero dell'economia e delle  finanze  e
la Regione Sardegna  hanno  stipulato  in  data  21  luglio  2014  un
«accordo in materia di finanza pubblica», con il quale si  regolavano
i seguenti elementi del rapporto economico-finanziario  tra  Stato  e
Regione: 
        i) fissazione del livello  massimo  di  spesa  regionale  per
l'anno 2013 (art. 1, comma 1); 
        ii) certificazione  del  rispetto  del  patto  di  stabilita'
regionale per l'anno 2013 (art. 1, comma 2); 
        iii)  determinazione  dell'obiettivo  programmatico  per   la
finanza regionale per l'anno 2014 (art. 2); 
        iv) determinazione del vincolo di bilancio per la regione  ai
sensi dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012  e  corrispondente  non
applicabilita', per la Sardegna, delle non  compatibili  disposizioni
di legge in materia di patto di stabilita' (art. 3); 
        v) determinazione del  sistema  di  controllo  sulla  finanza
regionale (monitoraggio, certificazione e relative sanzioni (art. 4); 
        vi) composizione stragiudiziale del contenzioso in materia di
finanza pubblica o, in caso di definizione  giudiziaria,  limitazione
degli effetti positivi a favore della regione per un  triennio  (art.
5); 
        vii) recepimento, da parte della regione, delle  disposizioni
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili (art. 6). 
    Alcune clausole dell'accordo  sono  state  recepite  dallo  Stato
tramite  la  loro  trasposizione  nell'art.  42,  commi   9-12,   del
decreto-legge n. 133 del 2014. Ivi si dispone quanto segue: 
        «9. Al fine di  assicurare  il  concorso  agli  obiettivi  di
finanza  pubblica,  in  applicazione  della   normativa   vigente   e
dell'Accordo  sottoscritto  il  21  luglio  2014  fra   il   Ministro
dell'economia  e  delle  finanze  ed  il  Presidente  della   regione
Sardegna, l'obiettivo di patto di stabilita'  interno  della  regione
Sardegna, di cui al comma 454 dell'art. 1  della  legge  24  dicembre
2012, n. 228, e' determinato in 2.696  milioni  di  euro  per  l'anno
2014. Dall'obiettivo 2014 sono escluse le sole spese  previste  dalla
normativa statale vigente e le spese  per  i  servizi  ferroviari  di
interesse regionale e locale erogati da Trenitalia S.p.a. 
        10. A decorrere dall'anno 2015 la regione  Sardegna  consegue
il pareggio di bilancio come definito dall'art. 9 della legge n.  243
del 2012. A decorrere dal 2015 alla Regione Sardegna non si applicano
il limite di spesa di cui al comma 454 dell'art.  1  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228 e  le  disposizioni  in  materia  di  patto  di
stabilita' interno in contrasto con il pareggio di bilancio di cui al
primo  periodo.  Restano  ferme  le  disposizioni   in   materia   di
monitoraggio, certificazione e sanzioni previsti dai commi 460, 461 e
462 dell'art. 1 della citata legge 24 dicembre 2012, n. 228. 
        11. Non si applica  alla  regione  Sardegna  quanto  disposto
dagli ultimi due periodi del comma 454 dell'art.  1  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228. 
        12. La regione Sardegna nel 2014  non  puo'  impegnare  spese
correnti, al netto delle spese per la sanita',  in  misura  superiore
all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati  nel
triennio 2011-2013. Nell'ambito della certificazione di cui al  comma
461 dell'art. 1 della legge 24 dicembre  2012,  n.  228,  la  regione
comunica al Ministero dell'economia e delle finanze il  rispetto  del
predetto limite». 
    Successivamente, nel dicembre del 2015, lo  Stato  e  la  Regione
sono addivenuti a una seconda intesa, recante «accordo [...]  per  il
coordinamento della finanza pubblica nell'ambito del procedimento  di
attuazione dell'art. 8 della legge costituzionale 26  febbraio  1948,
n. 3». Con tale intesa lo Stato e la Regione hanno  eliminato  alcuni
residui  elementi  d'incertezza   concernenti   il   catalogo   delle
compartecipazioni erariali  di  cui  all'art.  8  dello  Statuto  (in
particolare per quanto concerne le  entrate  derivanti  da  giochi  e
scommesse e la compensazione per  la  perdita  di  gettito  derivante
dalla soppressione della tassa sulle concessioni governative  per  le
patenti di guida; cfr. articoli 1 e 2 dell'intesa) e hanno  convenuto
che «il saldo del maggior gettito spettante alla Regione per gli anni
dal 2010 al 2015 in conseguenza dell'adozione del decreto legislativo
di attuazione dell'art. 8 della l. cost.  26  febbraio  1948,  n.  3,
rispetto all'importo gia' attribuito, e' erogato alla medesima  in  4
annualita' costanti a decorrere dall'anno 2016» (art. 3). 
    Contestualmente, la «commissione paritetica» ai  sensi  dell'art.
56 dello Statuto regionale ha licenziato  il  testo  delle  norme  di
attuazione del novellato art. 8 dello Statuto speciale, recepito  dal
decreto legislativo  n.  114  del  2016,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale 27 giugno 2016, n. 148. 
    1.4.- Nelle more della stipula dell'accordo,  pero',  la  Regione
Sardegna e' stata sottoposta a contributi di finanza pubblica  sempre
crescenti, alcuni dei quali imposti non  in  via  temporanea,  bensi'
senza limiti di tempo. 
    In  particolare,  non  prevedono  limiti  di  tempo  i   seguenti
accantonamenti: 
        l'art. 15, comma 22, del decreto-legge n. 95 del 2012, l'art.
1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 e l'art. 1, comma 481 della
legge n. 147 del 2013 hanno  determinato  per  il  periodo  2012-2017
contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 475.998.000; 
        l'art. 16, comma 3, del  decreto-legge  n.  95  del  2012  ha
determinato per il periodo 2012-2017 contributi di  finanza  pubblica
pari a complessivi € 1.428.404.000; 
        l'art. 28, comma 3, del decreto-legge  n.  201  del  2011  ha
determinato per il periodo 2012-2017 contributi di  finanza  pubblica
pari a complessivi € 903.303.000. 
    Sono invece temporanei (con scadenza nell'anno 2018 compreso),  i
seguenti accantonamenti: 
        l'art. 1, comma 526, della legge n. 147 del 2013  ha  imposto
contributi di finanza pubblica pari a complessivi €  229.604.000  per
il periodo 2014-2017; 
        l'art. 1, comma 400, della legge n. 190 del 2014  ha  imposto
contributi di finanza pubblica pari a complessivi €  291.000.000  per
il periodo 2015-2017. 
    1.5.-  Nonostante  l'apparente  chiusura  in  via  pattizia,   la
«vertenza entrate» si e' immediatamente riaperta,  e  non  certo  per
responsabilita' dell'odierna ricorrente. 
    Appena diciasette mesi dopo la stipula e quindici  mesi  dopo  il
suo recepimento  da  parte  del  legislatore  statale,  la  legge  di
bilancio per l'anno 2016 (legge n. 208 del 2015), al  comma  680,  ha
imposto nuovi contributi di finanza pubblica a carico  della  Regione
Sardegna,  senza  far  precedere  tale  imposizione  dalla  revisione
dell'accordo di finanza pubblica. 
    Con  la  legge  di  bilancio  successiva,  poi,   lo   Stato   ha
ulteriormente definito e aggravato tale obbligo. 
    La  regione,  ritenendo  che  fosse  stata   cosi'   violata   la
Costituzione, anche in riferimento all'accordo  di  finanza  pubblica
stipulato in data 21  luglio  2014  e  successivamente  recepito  dal
legislatore regionale, impugnava l'art. 1, comma 680, della legge  n.
208 del 2015, nonche' l'art. 1, commi 392 sgg., della  legge  n.  232
del 2016. 
    In particolare, deduceva la regione, la clausola di cui  all'art.
3 dell'accordo di finanza pubblica del 21 luglio 2014  (a  tenor  del
quale «a decorrere  dall'anno  2015  [...]  la  Regione  Sardegna  si
impegna a garantire il pareggio di bilancio come definito dall'art. 9
della legge n. 243 del 2012») aveva determinato il  modo  in  cui  la
regione contribuisce al raggiungimento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica nazionali.  Per  tale  motivo  la  regione  confidava  nella
stabilita' del quadro regolatorio dei rapporti  economico-finanziari,
con esclusione di nuovi oneri  imposti  dallo  Stato  per  almeno  un
triennio (periodo  che  rappresenta  l'arco  di  tempo  di  ordinaria
programmazione di bilancio  ai  sensi  della  legge  di  contabilita'
pubblica). 
    Nella sentenza  n.  154  del  2017,  l'eccellentissima  Corte  ha
chiarito quale sia il regime dei rapporti di finanza pubblica tra  lo
Stato e la Regione Sardegna a seguito della  stipula  del  menzionato
accordo di finanza pubblica. 
    In estrema sintesi, in quella sentenza e' stato affermato che: 
        l'accordo del  21  luglio  2014  «non  escludeva  affatto  la
possibilita'  di  imporre   ulteriori   contributi   al   risanamento
finanziario, purche'  fosse  rispettato  il  metodo  pattizio,  nella
specie garantito con la previsione di apposite intese  da  concludere
con tutte le autonomie speciali, inclusa la Regione Sardegna»; 
        per tale ragione, il legislatore  statale  puo'  chiamare  le
regioni autonome, compresa  la  ricorrente,  a  nuovi  contributi  di
finanza pubblica, ma solo «previa intesa» con le medesime autonomie; 
        fissato l'obiettivo di finanza pubblica da raggiungere  anche
con il coinvolgimento delle autonomie  speciali,  queste  ultime  non
hanno «potesta' di deviare rispetto al comune percorso definito dalla
Costituzione» e, dunque, di sottrarsi all'interlocuzione con lo Stato
al fine di concordare il proprio contributo di finanza  pubblica,  in
quanto «il  principio  di  leale  collaborazione  [...]  richiede  un
confronto autentico, orientato al  superiore  interesse  pubblico  di
conciliare l'autonomia finanziaria delle regioni con  l'indefettibile
vincolo di concorso di ciascun soggetto ad  autonomia  speciale  alla
manovra di stabilita', sicche'  su  ciascuna  delle  parti  coinvolte
ricade  un  preciso  dovere  di  collaborazione  e  di   discussione,
articolato nelle necessarie fasi dialogiche»; 
        l'accordo di finanza pubblica  tra  lo  Stato  e  la  Regione
Sardegna «va ascritto  al  cosiddetto  coordinamento  dinamico  della
finanza pubblica, concernente le singole misure finanziarie  adottate
per il governo  di  quest'ultima,  come  tali  soggette  a  periodico
adeguamento». 
    1.6.- Alla luce di tali statuizioni, gia' prima  dell'entrata  in
vigore della legge n. 208 del 2015, la Regione Sardegna chiedeva allo
Stato di addivenire alla stipula  di  un  nuovo  accordo  di  finanza
pubblica,  specificamente  rivolto  al  triennio   2017-2019   o   al
successivo triennio 2018-2020. 
    In particolare, per  limitarsi  alle  interlocuzioni  intervenute
nell'ultimo anno, si puo' ricordare che, con nota del 24 marzo  2017,
prot. n. 2111, indirizzata al Presidente del Consiglio e ai  Ministri
dell'economia e delle finanze, per la coesione territoriale e per gli
affari regionali, il  Presidente  della  regione  ricordava  che  nei
giorni 16 febbraio e 17 marzo  2017  si  erano  avute  interlocuzioni
tecniche tra l'assessore regionale al bilancio e  il  sottosegretario
di Stato con delega agli affari regionali  al  fine  di  definire  le
linee di una nuova intesa tra  Stato  e  Regione  che  subentrasse  a
quella stipulata in data 21  luglio  2014,  destinata  a  esaurire  i
propri effetti con l'esercizio di bilancio 2017. A tal proposito,  la
regione chiedeva che si tenesse una  riunione  al  fine  di  definire
l'accordo di  finanza  pubblica  per  il  successivo  triennio.  Tale
richiesta e' rimasta inevasa. 
    La medesima richiesta e' stata rinnovata con nota prot.  n.  1010
del 5 aprile 2017 dell'Assessore regionale al  bilancio,  indirizzata
al  sottosegretario  di  Stato  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri. 
    Successivamente, con nota prot.  3930  del  12  giugno  2017,  il
Presidente della regione ha  nuovamente  prospettato  al  Governo  la
necessita' di addivenire a un'intesa  in  materia  di  contributo  di
finanza pubblica, facendo presente che: 
        «la Sardegna, diversamente dalle altre regioni italiane,  non
ha ancora ripreso un sentiero di crescita  economica  dopo  la  forte
crisi che ha  investito  l'Italia  dal  2009  e  mostra  la  maggiore
riduzione del PIL tra tutte le aree territoriali (-11.3% tra il  2008
e il 2015)»; 
        «a  partire  dal  2012  (primo  anno  di  applicazione  degli
accantonamenti  di  finanza  pubblica)  sono  stati  sottratti   alla
disponibilita' della regione 3,3 miliardi di euro di entrate  proprie
stabilite dalle norme statutarie»; 
        «a legislazione  vigente  permangono  contributi  di  finanza
pubblica, sotto la forma di accantonamenti  a  valere  sulle  entrate
tributarie  erariali  compartecipate,   dichiarati   incostituzionali
perche' si protraggono senza un limite temporale o istituiti  per  il
contenimento della spesa sanitaria che la Regione  Sardegna  finanzia
in proprio»; 
        «a partire dal  2018  la  Sardegna  chiede  di  rientrare  in
possesso di tali quote di entrate spettanti alla regione, in modo  da
superare il regime  degli  accantonamenti  nel  quadro  di  un  nuovo
accordo di finanza pubblica che tenga conto della capacita' fiscale e
contributiva dei diversi territori italiani». 
        Infine, con successiva nota prot. n. 5870  del  1°  settembre
2017, il Presidente della regione rivolgeva nuovamente un appello  al
Governo,  al  fine  di  recepire  (almeno  alcune  del)le   richieste
regionali, tenendo in conto (almeno alcune del)le statuizioni rese da
codesta eccellentissima  Corte  nel  vasto  contenzioso  in  tema  di
finanza pubblica intervenuto tra  le  parti  del  presente  giudizio.
Anche quell'appello e' rimasto inascoltato. 
    1.7.- Successivamente,  l'art.  1,  comma  851,  della  legge  27
dicembre 2017, n. 205, ha disposto che «[n]ell'anno 2019, nelle  more
della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato  e
la Regione Sardegna che tenga  conto,  tra  l'altro,  delle  sentenze
della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017, anche in
considerazione  del   ritardo   nello   sviluppo   economico   dovuto
all'insularita', e' riconosciuto alla Regione Sardegna un  contributo
pari a 15 milioni di  euro.».  Anche  questa  disposizione  e'  stata
impugnata dalla ricorrente, per violazione delle sue attribuzioni  in
materia finanziaria, nonche' per violazione del  principio  di  leale
collaborazione. 
    L'eccellentissima Corte costituzionale ha accolto il ricorso  con
la recentissima e  fondamentale  sentenza  n.  6  del  2019,  che  ha
dichiarato «l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  851,
della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2018  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2018-2020), nella parte in cui,  nel  triennio  2018-2020  e
nelle more della definizione dell'accordo di  finanza  pubblica,  non
riconosce  alla   Regione   autonoma   Sardegna   adeguate   risorse,
determinate secondo i criteri di cui in motivazione». 
    Si tornera' su quest'ultima decisione infra. Sin d'ora, pero', si
deve ricordare che, con tale sentenza, codesta eccellentissima  Corte
ha affermato che il legislatore  statale,  nel  regolare  i  rapporti
finanziari con la Regione Sardegna: 
        non  puo'  ritardare  l'esatta  e  piena   esecuzione   delle
precedenti sentenze della medesima Corte; 
        nelle more  della  stipula  dell'intesa  non  solo  non  puo'
imporre ingiustificati  sacrifici  alla  ricorrente,  ma  deve  anche
anticipare gli  effetti  della  stipulanda  intesa,  sulla  base  dei
criteri  definiti  desumibili  dalla  Costituzione  e  dai   principi
fondamentali dei rapporti economico-finanziari  tra  lo  Stato  e  le
Autonomie speciali; 
        deve  ispirare   tanto   gli   atti   amministrativi   e   le
interlocuzioni con la regione quanto gli atti legislativi ai principi
di chiarezza e trasparenza nell'elaborazione e  rappresentazione  dei
dati finanziari e di bilancio. 
    Questi  principi,  come  si  vedra',  sono  stati  di  bel  nuovo
disattesi dalla legge n. 145 del 2018. 
    2.- Quanto all'art. 1, comma 875, della legge n.  145  del  2018,
limitatamente alle parole da «e che garantiscano, in ogni caso»  alla
fine del comma, e all'annessa tabella 8. 
    Violazione degli articoli 7 e 8 della legge costituzionale  n.  3
del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna; violazione  degli
articoli 117 e 119 della  Costituzione  in  riferimento  all'art.  10
della legge costituzionale n. 3 del 2001; violazione del principio di
ragionevolezza  ex  art.  3   della   Costituzione,   del   principio
dell'equilibrio dinamico di bilancio ex art. 81  della  Costituzione,
del principio del buon andamento della  pubblica  amministrazione  ex
art. 97 della Costituzione, del principio di leale collaborazione  ex
art. 117 della Costituzione e dell'art. 136  della  Costituzione,  in
riferimento agli articoli 7 e 8 della legge costituzionale n.  3  del
1948, recante Statuto speciale per la Sardegna, nonche' agli articoli
117  e  119  della   Costituzione   e   all'art.   10   della   legge
costituzionale, n. 3 del 2001. Come si e' gia'  detto  in  narrativa,
l'art. 1, comma 875, della legge n. 145  del  2018,  in  una  con  la
tabella n. 8, disciplina  il  contributo  delle  Regioni  Sardegna  e
Friuli-Venezia  Giulia  alla  finanza  pubblica   per   il   triennio
2017-2019. 
    2.1.- Detta  disposizione  ha  una  ben  singolare  impostazione:
esordisce affettando un formale ossequio  al  principio  dell'accordo
tra lo Stato e le due  Regioni,  ma  subito  precisa  che,  comunque,
l'accordo deve «garantire in ogni caso, il concorso complessivo  alla
finanza pubblica di cui al secondo periodo» del medesimo comma. 
    Il secondo comma disciplina l'eventualita' in cui  le  parti  non
pervengano alla stipula dell'accordo  «entro  il  31  gennaio  2019»,
circostanza che si e' puntualmente verificata. 
    Sulle ragioni per le quali  non  si  e'  stipulato  l'accordo  si
tornera' infra (sub par. 2.5). 
    Subito, pero', si devono illustrare gli  effetti  prodotti  dalla
previsione in esame. 
    Dispone il secondo  periodo  dell'art.  875  che  «il  contributo
complessivo alla finanza pubblica per gli anni dal 2019  al  2021  e'
determinato in via provvisoria negli importi indicati nella tabella 8
allegata alla presente legge, quale concorso al pagamento degli oneri
del debito pubblico, salva diversa intesa con ciascuno  dei  predetti
enti  entro  l'esercizio  finanziario  di  riferimento».  Il  periodo
successivo aggiunge che «gli importi della predetta tabella 8 possono
essere modificati, a invarianza di concorso complessivo alla  finanza
pubblica, mediante accordi stipulati tra le regioni interessate entro
il  30  aprile  di  ciascun  anno,   da   comunicare   al   Ministero
dell'economia e delle finanze entro il 31 maggio del medesimo anno». 
    Come si vede, la  legge  consente  alle  parti  di  stipulare  un
accordo di  finanza  pubblica,  ma  tale  accordo  e'  formalmente  e
sostanzialmente  vincolato  nel  quantum.  L'intesa  con  le  regioni
autonome, dunque, ove sia adottata, e' preordinata  al  solo  riparto
dell'onere tra le autonomie, alle quali, pero', non  e'  riconosciuto
alcun potere di intervento sul quantum complessivo del contributo. 
    Tale modus procedendi e' illegittimo,  in  quanto  violativo  del
principio di leale collaborazione, nella misura  in  cui,  di  fatto,
azzera gli spazi disponibili al confronto tra lo Stato e  le  Regioni
sul contributo regionale alla finanza pubblica.  La  soppressione  di
ogni spazio di autonomia economico-finanziaria determina ipso iure la
violazione degli articoli 7 e 8 dello Statuto regionale e  117  della
Costituzione, anche in riferimento alla clausola di  salvaguardia  di
cui all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001,  in  quanto
rappresenta   un'ingiustificata   e   irragionevole   lesione   delle
attribuzioni regionali in materia finanziaria ed esorbita dall'ambito
competenziale dello Stato che, ai sensi dell'art. 117, comma 3, della
Costituzione, deve limitarsi a dettare i principi fondamentali  della
materia  «coordinamento  della   finanza   pubblica»,   senza   poter
determinare iussu principis, addirittura numericamente, il  contenuto
delle  relazioni   finanziarie   con   le   regioni.   La   manifesta
impossibilita' per la regione di  addivenire  a  un  accordo  che  le
riconosca maggiori  spazi,  determinata  dal  contributo  di  finanza
pubblica  previsto  unilateralmente  dal  legislatore  statale,  poi,
determina  anche  la  violazione  delle  attribuzioni  amministrative
regionali in materia finanziaria, tutelate non solo dagli articoli  7
e 8 dello Statuto, ma anche dall'art. 119 della Costituzione,  ancora
in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. 
    Quanto  sin  qui  dedotto  trova  conferma  nella  giurisprudenza
costituzionale intervenuta in materia. 
    Nella sentenza n. 154 del  2017,  codesta  eccellentissima  Corte
costituzionale ha stabilito che: 
        va  «ribadito  che  -  ancora  per  costante   giurisprudenza
costituzionale - i rapporti finanziari tra lo Stato  e  le  autonomie
speciali sono regolati dal principio dell'accordo, inteso,  tuttavia,
come vincolo di metodo (e non gia' di risultato)  e  declinato  nella
forma della leale collaborazione (sentenze n. 88 del 2014, n.  193  e
n. 118 del 2012)»; 
        «tale  meccanismo  puo'  essere  derogato   dal   legislatore
ordinario, fino a che  gli  statuti  o  le  norme  di  attuazione  lo
consentono (sentenza n. 23 del 2014; seguita dalle sentenze n. 19, n.
46, n. 77, n. 82, n. 238, n. 239 e n. 263 del 2015, n. 40  e  n.  155
del 2016)»; 
        «Lo Stato, dunque, puo'  imporre  contributi  al  risanamento
della finanza pubblica a carico delle  Regioni  a  statuto  speciale,
quantificando, come nella specie, l'importo complessivo del concorso,
e  rimettendo  alla  stipula  di  accordi  bilaterali  con   ciascuna
autonomia, non solo la definizione dell'importo gravante su  ciascuna
di esse, ma, eventualmente, la  stessa  riallocazione  delle  risorse
disponibili, anche a esercizio inoltrato (sentenza n. 19 del 2015)». 
    Alla luce di tali affermazioni  di  principio,  l'eccellentissima
Corte e' pervenuta a un'interpretazione costituzionalmente  orientata
della disposizione scrutinata con la predetta  sentenza  n.  154  del
2017, affermando ch'essa si  sarebbe  dovuta  leggere  nel  senso  di
consentire  allo  Stato  e  alle  Regioni  autonome  interessate   di
modificare anche il quantum complessivo del contributo  richiesto  al
comparto delle autonomie. 
    Tale possibilita' ermeneutica, pero',  non  e'  consentita  dalla
previsione qui impugnata, che, come  si  e'  visto,  a  piu'  riprese
insiste sull'invarianza  del  gettito  complessivo  nel  triennio  di
programmazione. 
    Per  vero,  lo  stesso  orientamento  era  stato   gia'   seguito
dall'eccellentisima Corte, nella sentenza n. 19 del 2015, nella quale
si era affermato che la  determinazione  unilaterale  preventiva  del
contributo  delle  autonomie  speciali  alla  manovra   puo'   essere
«conforme  a  Costituzione»,  purche'  siano  rispettati  i  «termini
appresso specificati  relativamente  al  carattere  delle  trattative
finalizzate all'accordo». 
    Tali termini sono i seguenti: 
        i)  deve  sussistere  un  «margine  di  negoziabilita'»   del
contributo delle Regioni autonome; 
        ii) tale margine di negoziabilita' non puo'  limitarsi  (come
accade nel caso di specie) «ad una rimodulazione interna tra le varie
componenti  presenti  nella  citata  tabella  relative  alle  diverse
autonomie  speciali,  con  obbligo  di  integrale  compensazione  tra
variazioni attive e passive», per l'ovvia  considerazione  che  «ogni
margine di accordo comportante un miglioramento individuale  dovrebbe
essere compensato da un  acquiescente  reciproco  aggravio  di  altro
ente, difficilmente realizzabile», sicche' «il  meccanismo  normativo
[...]   sarebbe   sostanzialmente    svuotato    dalla    prevedibile
indisponibilita' di tutti gli enti interessati ad accollarsi  l'onere
dei miglioramenti destinati ad  altri  e,  conseguentemente,  sarebbe
lesivo  del  principio  di  leale  collaborazione  e   dell'autonomia
finanziaria regionale»; 
        iii) «lo strumento  dell'accordo»,  invece,  deve  servire  a
«determinare nel loro complesso punti controversi o indefiniti  delle
relazioni  finanziarie  tra  Stato  e  Regioni,  sia  ai   fini   del
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nel  rispetto  dei
vincoli europei, sia al fine di evitare che  il  necessario  concorso
delle  regioni  comprima  oltre  i  limiti   consentiti   l'autonomia
finanziaria ad esse spettante»; 
        iv) proprio a  tale  proposito  la  Corte  ha  richiamato  la
«prassi» e la «morfologia degli ultimi accordi  stipulati  in  questa
materia tra Governo ed autonomie speciali (Accordo tra il  Governo  e
la Regione Trentino Alto Adige e le Province autonome di Trento e  di
Bolzano del 15 ottobre 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia  e
delle finanze e la Regione siciliana del 9 giugno 2014;  Accordo  tra
il Ministro dell'economia e  delle  finanze  e  la  Regione  autonoma
Sardegna del 21 luglio 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia  e
delle finanze e la Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  del  28
ottobre 2014)»; 
        v) «il contenuto degli accordi, oltre che  la  riduzione  dei
programmi in  rapporto  al  concorso  della  regione  interessata  ad
obiettivi di finanza pubblica, puo' e  deve  riguardare  anche  altri
profili di natura contabile quali, a titolo esemplificativo, le fonti
di entrata fiscale, la cui  compartecipazione  sia  quantitativamente
controversa, l'accollo di  rischi  di  andamenti  difformi  tra  dati
previsionali  ed  effettivo  gettito  dei  tributi,  le  garanzie  di
finanziamento integrale di spese essenziali, la ricognizione  globale
o parziale dei rapporti finanziari tra i due livelli di governo e  di
adeguatezza delle risorse rispetto alle funzioni svolte  o  di  nuova
attribuzione, la verifica di congruita' di dati  e  basi  informative
finanziarie  e   tributarie,   eventualmente   conciliandole   quando
risultino palesemente difformi,  ed  altri  elementi  finalizzati  al
percorso di necessaria  convergenza  verso  gli  obiettivi  derivanti
dall'appartenenza all'Unione europea»; 
        vi) in conclusione,  «l'oggetto  dell'accordo  e'  costituito
dalle diverse componenti delle relazioni finanziarie  che,  nel  loro
complesso,  comprendono  e  trascendono  la   misura   del   concorso
regionale». 
    Nel caso di specie, come gia' detto, non ci sono  spazi  per  una
rimodulazione dei carichi finanziari previsti in capo  alle  regioni,
sicche' la disposizione in  esame  non  puo'  che  essere  dichiarata
illegittima per i segnalati  vizi.  Si  aggiunga  che  il  comma  875
nemmeno consente alla regione  di  recuperare  spazi  d'autonomia  in
ambiti diversi rispetto a quello dei  rapporti  economico-finanziari,
ad esempio nel campo  dell'imposizione  tributaria  o  della  finanza
locale, come l'eccellentissima Corte  ha  suggerito  al  legislatore,
menzionando le «diverse componenti delle relazioni  finanziarie»  che
«trascendono la misura del concorso regionale». 
    In conclusione, la via pattizia  e'  formalmente  menzionata,  ma
sostanzialmente  impedita  dal  comma  impugnato,  che  deve   essere
annullato in una con l'annessa «Tabella 8». 
    2.2.- Come si e' visto in narrativa,  il  contributo  di  finanza
pubblica  previsto  dalla  disposizione  in  esame  e'  temporalmente
definito e limitato a un  triennio.  Anche  in  questo  caso,  pero',
dietro la forma del  dictum  legislativo  si  cela  una  ben  diversa
sostanza della configurazione dei rapporti finanziari tra lo Stato  e
la ricorrente. 
    Le Regioni e le Province autonome sono onerate dei contributi  di
finanza pubblica aggravati dalla  previsione  degli  «accantonamenti»
(ovverosia delle  trattenute  operate  dallo  Stato  a  valere  sulle
entrate erariali compartecipate) sin dal 2011. I  contributi  imposti
alla regione sono costantemente aumentati. Si e'  passati  dai  circa
160 milioni di euro previsti tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012
(cfr. art. 28, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011;  art.  35,
comma 4, del decreto-legge n. 1 del  2012;  art.  4,  comma  11,  del
decreto-legge n. 16 del 2012) agli oltre 684 milioni di euro  imposti
nel 2018. Cio' sta a significare che il  legislatore  statale,  anche
attraverso tecniche legislative piu' volte stigmatizzate  da  codesta
eccellentissima Corte costituzionale (come l'allungamento,  anno  per
anno, della durata dei contributi inizialmente  imposti:  cfr.  Corte
costituzionale, sentenza n. 154 del 2017, par. 4.6.2.2) ha  eluso  il
principio della temporaneita' dei  contributi  di  finanza  pubblica.
Tale elusione si produce e si aggrava ulteriormente anche nel caso di
specie, in quanto  protrae  i  contributi  di  finanza  pubblica  per
ulteriori 3 anni, sino al  2020,  per  un  ammontare  particolarmente
elevato. 
    Risulta violato - si ribadisce - il  principio  di  temporaneita'
delle imposizioni economico-finanziarie. Tale circostanza costituisce
elemento  sintomatico  della  violazione  degli  articoli  117  della
Costituzione e 7 e 8 dello Statuto sardo. 
    Per costante giurisprudenza costituzionale, lo Stato puo' imporre
in via autoritativa contributi straordinari di finanza pubblica  alle
regioni ordinarie e alle autonomie speciali, ma solo in  presenza  di
un'ulteriore condizione: che il contributo richiesto sia imposto  per
un periodo di tempo limitato e ragionevole. Nella sentenza n. 193 del
2012, ad esempio, codesta  eccellentissima  Corte  costituzionale  ha
ricordato di essersi «espressa  sulla  non  incompatibilita'  con  la
Costituzione delle misure disposte con l'art. 14, commi 1  e  2,  del
decreto-legge n. 78 del  2010,  sul  presupposto  -  richiesto  dalla
propria costante giurisprudenza - che [sono legittime] le  norme  che
"si  limitino  a  porre  obiettivi  di  riequilibrio  della   finanza
pubblica,  intesi  nel   senso   di   un   transitorio   contenimento
complessivo, anche se  non  generale,  della  spesa  corrente  e  non
prevedano  in  modo  esaustivo   strumenti   o   modalita'   per   il
perseguimento dei suddetti obiettivi"  (sentenza  n.  148  del  2012;
conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n. 326 del 2010)». 
    Ove tale limite non sia  rispettato,  il  contributo  di  finanza
pubblica imposto alle regioni costituisce disposizione «di dettaglio»
in una materia affidata alla competenza legislativa  concorrente,  ai
sensi dell'art. 117 della Costituzione, con  la  conseguenza  ch'essa
esorbita  dall'ambito  competenziale  riconosciuto   al   legislatore
statale. 
    Per tale ragione, il contributo di finanza pubblica  imposto  con
il comma in esame, eludendo l'obbligo di temporaneita'  delle  misure
restrittive    di    finanza    pubblica    piu'    volte     sancito
dall'eccellentissima Corte  costituzionale,  e'  violativo  dell'art.
117, comma 3,  della  Costituzione,  per  avere  lo  Stato  debordato
dall'ambito di competenza legislativa concorrente nella  materia  del
«coordinamento della finanza pubblica», nonche' degli articoli 7 e  8
dello Statuto  sardo,  che  tutelano  l'autonomia  finanziaria  della
regione. 
    2.3.- Il comma in esame e' anche violativo degli articoli 3,  81,
97 e 136  della  Costituzione,  in  relazione  alle  attribuzioni  di
autonomia statutaria e costituzionale  della  ricorrente  in  materia
economico-finanziaria, ex articoli 7 e 8 dello Statuto e  117  e  118
della Costituzione. 
    Lo stesso legislatore statale stabilisce  che  l'accordo  con  la
regione ricorrente deve tenere  «conto  anche  delle  sentenze  della
Corte costituzionale n. 77 del 13 maggio 2015, n. 154  del  4  luglio
2017 e n. 103 del 23 maggio 2018». Cio' sta  a  significare  che  gli
«spazi finanziari» disponibili dovrebbero consentire: 
        di rimuovere  il  contributo  di  finanza  pubblica  previsto
dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, in  ossequio
a quanto stabilito dall'eccellentissima Corte nella  sentenza  n.  77
del 2015; 
        di consentire alla regione di concorrere, previa  intesa,  al
contributo di finanza pubblica previsto per l'intero  comparto  delle
regioni e delle province autonome dagli articoli 1, comma 680,  della
legge n. 208 del 2015 e 1, commi 392, 394 e 528, della legge  n.  132
del 2016, come prospettato dall'eccellentissima Corte nelle  sentenze
numeri 154 del 2017 e 103 del 2018. 
    Ebbene, e' del tutto evidente che, a  fronte  dei  dati  numerici
inseriti nella Tabella 8, la legge impugnata ha assegnato alle  parti
un obiettivo impossibile. 
    Valga il vero. 
    Per gli anni 2019,  2020  e  2021,  sono  tuttora  imposti  sulla
regione i seguenti contributi  di  finanza  pubblica  (corredati  dal
meccanismo degli accantonamenti sulle compartecipazioni): 
        148,5 milioni di euro derivanti dagli articoli 28,  comma  3,
del decreto-legge n.  201  del  2011;  dall'art.  35,  comma  4,  del
decreto-legge n. 1 del 2012; dall'art. 4, comma 11, del decreto-legge
n. 16 del 2012; 
        101,7 milioni di euro derivanti dagli articoli 15, comma  22,
del decreto-legge n. 95 del 2012, 1, comma 132, della  legge  n.  228
del 2012; 1, comma 481, della legge n. 147 del 2013; 
        285,3 milioni di euro derivanti dall'art. 16,  comma  3,  del
decreto-legge n. 95 del 2012. 
        Ne viene un totale di 535,5 milioni di  euro  (tanto  risulta
dal decreto  ministeriale  MEF  10  ottobre  2018,  che  ha  definito
l'ammontare  di  tutti  i  contributi  richiesti  alla  Regione   per
l'esercizio di bilancio appena passato). 
    Secondo le indicazioni del comma impugnato, da questa somma: 
        deve essere sottratto il contributo di  finanza  pubblica  ex
art. 16, comma 3, del decreto-legge  n.  95  del  2012,  pari  a  285
milioni di euro l'anno; 
        dovrebbe essere aggiunta la quota spettante alla regione  dei
contributi di cui alle leggi n. 208 del 2015 e 232 del 2016,  pari  a
219 milioni di euro l'anno (questa cifra  si  evince  dalla  proposta
formulata dalla PCM alla Regione Sardegna  concernente  i  contributi
ora menzionati, cfr. Nomta della PCM -  DAR  prot.  n.  1834  del  31
gennaio 2017). 
    Al netto delle sole decisioni  assunte  dallo  Stato,  dunque,  i
contributi richiesti dalla disposizione qui impugnata sarebbero  pari
a 468,7 milioni di euro. 
    Si tratta di una cifra ben minore di quella imposta dalla Tabella
8, pari a € 536 milioni di euro, dunque con una differenza  di  circa
67,3 milioni di euro. 
    Si badi: tale calcolo e' formulato secondo il  peggiore  scenario
immaginabile,  nel  contesto  della  presente  controversia,  per  la
regione  Sardegna.  Il  contributo  di  219  milioni  di  euro  sopra
ipotizzato, infatti, e' stato calcolato  recependo  acriticamente  la
proposta  elaborata  da  parte  dell'Amministrazione  statale.   Tale
proposta, pero', in ossequio al principio  di  leale  collaborazione,
deve essere oggetto di franca contrattazione tra le parti,  anche  in
ragione dei criteri guida per la  determinazione  del  concorso  alla
finanza  pubblica  elencati  nella  predetta  sentenza  della   Corte
costituzionale, n. 6 del 2019, sicche' potrebbe anche modificarsi  in
senso piu' favorevole per la regione. 
    In altri termini: le somme che  devono  essere  «scorporate»  dal
contributo sinora imposto alla regione sono certe, mentre quelle  che
devono essere «sommate» sono incerte. 
    Nondimeno, anche a voler prendere per buona  l'ipotesi  di  parte
statale, gli spazi  finanziari  previsti  dalla  normativa  censurata
sarebbero certamente insufficienti. 
    Ne consegue che, dato che il contributo complessivo previsto  dal
comma in esame  non  puo'  essere  modificato,  e'  evidente  che  il
legislatore statale, con  la  disposizione  in  esame,  ha  aumentato
l'imposizione complessiva a carico della finanza regionale  e  si  e'
sottratto all'esecuzione della sentenza della  Corte  costituzionale,
n. 77 del 2015, in quanto difettano gli spazi  finanziari  per  poter
«assorbire»  la  doverosa  soppressione  del  contributo  di  finanza
pubblica ex art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012. 
    Alla luce di  quanto  sin  qui  osservato,  e'  evidente  che  la
disposizione in esame, in una con la Tabella 8: 
        viola  il  principio  di  ragionevolezza  ex  art.  3   della
Costituzione, nella misura in cui regola i  rapporti  finanziari  tra
Stato e Regione Sardegna in maniera palesemente  contraddittoria  con
gli obiettivi prefissati dallo stesso legislatore statale; 
        viola  il  principio  del  buon  andamento   della   pubblica
amministrazione ex art. 97 della Costituzione e il principio di leale
collaborazione ex art. 117 della Costituzione,  atteso  che  mette  i
competenti organi e uffici statali e regionali  nella  condizione  di
dover  raggiungere  un  accordo  di  finanza  pubblica  le  cui  basi
legislative sono inconciliabili  con  le  finalita'  stabilite  tanto
dalla legge quanto dai principi costituzionali; 
        viola l'art. 136 della Costituzione che  regola  gli  effetti
del «giudicato costituzionale» e impone  al  legislatore  statale  di
«provvedere  nelle  forme  costituzionali»  a  dare  esecuzione  alle
sentenze dell'eccellentissima Corte, in quanto il legislatore statale
si sottrae di bel nuovo all'onere di dare applicazione alla  sentenza
della Corte costituzionale, n. 77 del 2015; 
        viola gli articoli 7 e 8  dello  Statuto  sardo  nonche'  gli
articoli 117 e  119  della  Costituzione,  che  tutelano  l'autonomia
economico-finanziaria regionale, qui illegittimamente compressa. 
    2.4.- Si e' visto supra che il comma 875  e  la  tabella  8  sono
intimamente contraddittori, in quanto  prevedono  l'esecuzione  della
sentenza della Corte costituzionale, n. 77 del 2015,  ma  negano  gli
adeguati «spazi finanziari» necessari per provvedervi. 
    Occorrono, pero', due ulteriori precisazioni. 
    2.4.1.- In primo luogo, quelle derivanti dalla sentenza n. 77 del
2015 non sono le uniche somme che la Regione Sardegna deve recuperare
a seguito di una pronuncia dell'eccellentissima Corte costituzionale. 
    Non vanno dimenticate, infatti, le sentenze numeri 205 del 2016 e
84 del 2018, con cui l'eccellentissima Corte ha  affermato  l'obbligo
del legislatore statale di disporre la  riallocazione  delle  risorse
non piu' destinate alle province e intese a  finanziare  le  funzioni
non piu' svolte da quegli enti intermedi, riallocazione da effettuare
in favore degli enti subentranti, tra i quali e' la ricorrente. 
    Secondo le elaborazioni degli uffici competenti prodotte  secondo
i  criteri  stabiliti  dalla  Commissione  affari  finanziari   della
conferenza delle regioni, che si depositano in giudizio,  le  risorse
che  devono  essere  riallocate  in  favore  della  Regione  Sardegna
ammontano a circa 33 milioni di euro annui per  le  annualita'  2016,
2017 e 2018. 
    Nemmeno in questo caso,  pero',  il  legislatore  statale  si  e'
premunito di approntare le necessarie risorse finanziarie. Anche  per
questo profilo, dunque, risultano evidenti i vizi sopra illustrati di
violazione dell'art. 3, 97 e 136 della Costituzione,  in  riferimento
alle attribuzioni statutarie e  costituzionali  della  ricorrente  in
materia finanziaria, ex articoli 7  e  8  dello  Statuto  nonche'  ex
articoli 117, comma 3, e 119 della Costituzione. 
    2.4.2.- La recentissima sentenza n.  6  del  2019  ha  nuovamente
precisato le modalita' attraverso  le  quali  sia  lo  Stato  sia  le
regioni e le province autonome devono dare esecuzione  alle  pronunce
di codesta eccellentissima Corte costituzionale. 
    In particolare, si e' ribadito «il  principio,  secondo  cui  gli
oneri conseguenti alle pronunzie di incostituzionalita'  adottate  in
subiecta materia  possono  essere  traslati  su  esercizi  successivi
laddove quello in corso non consenta proficue rimodulazioni  conformi
all'art. 81 Cost. e agli  altri  precetti  costituzionali  di  ordine
finanziario (sentenze n. 188 del 2016 e n. 155 del 2015)». 
    Nondimeno,  «le   diacroniche   rimodulazioni   derivanti   dalle
pronunzie di questa Corte non possono essere rinviate ad libitum,  ma
devono essere adottate tempestivamente  e  comunque  entro  la  prima
manovra di finanza pubblica utile, perche' altrimenti  gli  interessi
costituzionalmente tutelati  rimarrebbero  nella  sostanza  privi  di
garanzia». 
    Le  «pronunzie  adottate  nella  materia  finanziaria»,  infatti,
«ingenerano nei soggetti destinatari un obbligo a ottemperare che non
contrasta con la naturale ampia discrezionalita' in sede  legislativa
nel  determinare  le  politiche  finanziarie,   ma   la   circoscrive
parzialmente  entro  il  limite  della  doverosa  conformazione  alle
statuizioni del giudice costituzionale». 
    A tal proposito, «in presenza di un difetto di copertura di spese
obbligatorie accertato in sede di giudizio costituzionale,  e'  stato
statuito che la doverosita' dell'adozione di  appropriate  misure  da
parte della Regione - pur rimanendo ferma la  discrezionalita'  della
stessa      nell'adozione      della      propria      programmazione
economico-finanziaria  -  viene  a   costituire   un   limite   nella
determinazione  delle  politiche  di  bilancio  di  futuri  esercizi,
circoscrivendone la portata attraverso il «rispetto del principio  di
priorita' dell'impiego delle risorse disponibili»  (sentenza  n.  266
del 2013) per coprire le spese derivanti dalle pronunce  del  giudice
costituzionale (in tal senso anche sentenze n. 188 del 2016 e n.  250
del 2013)». 
    In questo senso, «e' proprio il meccanismo  della  "priorita'  di
intervento finanziario"  a  connotare  il  principio  dell'equilibrio
dinamico come giusto contemperamento, nella materia finanziaria,  tra
i precetti dell'art. 81 della  Costituzione,  la  salvaguardia  della
discrezionalita'   legislativa   e   l'effettivita'    dei    vincoli
costituzionali». 
    Alla  luce  delle  indicazioni   della   sentenza   della   Corte
costituzionale, n. 6 del 2019, e' doveroso concludere nel  senso  che
la mancata ottemperanza alle menzionate sentenze numeri 77 del  2015,
205 del 2016 e 84 del 2018  costituisce  elemento  sintomatico  della
violazione non  solo  dell'art.  136  della  Costituzione,  ma  anche
dell'art. 81 della Costituzione, atteso che l'illegittima imposizione
di un contributo di  finanza  pubblica  alle  regioni  e  la  mancata
riassegnazione  delle  risorse  per  le   ex   funzioni   provinciali
equivalgono, in termini contabili, a un «difetto  di  copertura»  nel
bilancio dello Stato, che  il  legislatore  statale  dovrebbe  sanare
secondo il  «principio  di  priorita'»,  ovverosia  «entro  la  prima
manovra di finanza pubblica utile». 
    Anche tale vizio, ovviamente, e' censurabile in questa  sede,  in
quanto  -  per  le  ragioni  piu'  volte  illustrate  -  ridonda   in
compressione delle attribuzioni regionali in materia di coordinamento
della finanza pubblica  (art.  117,  comma  3,  della  Costituzione),
copertura delle funzioni pubbliche  di  competenza  (art.  119  della
Costituzione),  speciale   autonomia   finanziaria   della   Sardegna
(articoli 7 e 8 dello Statuto). 
    2.5.- Gli articoli 117, comma 3, e 119 della Costituzione  e  gli
articoli 7 e 8 dello Statuto, ancora in riferimento al principio  del
rispetto del giudicato costituzionale e dell'equilibrio  dinamico  di
bilancio, sono violati (con illegittima  compressione  dell'autonomia
finanziaria regionale) anche per un altro profilo. 
    La menzionata sentenza della Corte costituzionale, n. 6 del 2019,
ha affermato che il legislatore statale,  nelle  more  della  stipula
dell'accordo  di  finanza  pubblica,  non  puo'  imporre  all'odierna
ricorrente  oneri  sostanzialmente  «espropriativi»   delle   risorse
finanziarie  regionali.  Al  contrario,  «fermo  restando  l'istituto
dell'accordo come principale strumento  attuativo  del  principio  di
leale collaborazione tra Stato e  autonomia  speciale  nella  materia
finanziaria e - conseguentemente - impregiudicata la possibilita' che
la trattativa tra Stato e Regione autonoma Sardegna possa  riprendere
con immediato esito costituzionalmente conforme, deve essere comunque
assicurato per il triennio 2018-2020  un  tempestivo,  ragionevole  e
proporzionato  contributo  dello  Stato,  che  anticipi,  nel   corso
dell'esercizio 2019, gli effetti dell'accordo in itinere nel caso  in
cui quest'ultimo non venga stipulato con analoga tempestivita'». 
    E' la stessa sentenza  a  illustrare  in  che  modo  deve  essere
definito questo «tempestivo, tagionevole e proporzionato  contributo»
che «anticipi» gli effetti positivi dell'accordo: 
        «nella  determinazione  di  tale  concorso  gli  elementi  da
sottoporre a ragionevole e proporzionata ponderazione -  al  fine  di
concretizzare il principio di leale cooperazione tra  Stato  ed  enti
territoriali, conciliando le istanze di politica  economica  generale
con  la  struttura  regionalista  del  nostro  ordinamento   -   sono
ricavabili  direttamente   dalla   vigente   legislazione   e   dalla
giurisprudenza di questa Corte» e sono i seguenti: 
i) «andamento storico delle entrate  e  delle  spese  della  regione,
antecedente all'entrata in vigore della legge n. 42 del 2009»; 
ii)  «dimensione  della  finanza  regionale  rispetto  alla   finanza
pubblica complessiva»; 
iii) «funzioni esercitate e relativi oneri»; 
iv) «svantaggi strutturali permanenti»,  relativi  in  particolare  a
«costi dell'insularita'» e «reddito pro capite» rispetto  alla  media
nazionale; 
v) valore  medio  dei  contributi  di  finanza  pubblica  imposti  al
comparto delle autonomie; 
vi) costi di «finanziamento dei livelli essenziali delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali»; 
vii) principio dell'equilibrio dinamico di bilancio. 
    Secondo quanto illustrato dai  competenti  uffici  regionali,  in
applicazione delle «linee guida» dettate da  codesta  eccellentissima
Corte, lo Stato avrebbe dovuto determinare in  favore  della  Regione
Sardegna un ulteriore contributo, tale da consentire alla regione  di
recuperare uno svantaggio strutturale  che  si  compone  (quantomeno)
delle seguenti voci: 
        660  milioni  di  euro  di  costi  aggiuntivi  da   trasporto
marittimo; 
        432 milioni di euro per assenza di rete di metanodotto; 
        minori entrate in ragione di un FIL pro capite  pari  a  poco
piu' del 70% della media nazionale. 
    Cosi' pero' non e' accaduto: il comma 875  e  la  tabella  8  non
stanziano  risorse  adeguate  a  tale  «ragionevole  contributo».  Ne
consegue che lo Stato  ha  regolato  i  rapporti  finanziari  con  la
regione  in  maniera  illegittima,  irragionevole  e   contraria   ai
chiarissimi ditta di codesta  eccellentissima  Corte,  in  violazione
degli articoli 117, comma 3, 119 e 136  della  Costituzione,  nonche'
degli articoli 7 e 8 dello Statuto. 
    3.- Quanto all'art. 1, comma 126,  della  1.  n.  145  del  2018.
Violazione degli articoli 7 e 8 della legge costituzionale n.  3  del
1948, recante Statuto speciale  per  la  Sardegna;  violazione  degli
articoli 117 e 119 della  Costituzione  in  riferimento  all'art.  10
della legge costituzionale n. 3 del 2001; violazione del principio di
leale collaborazione ex art. 117 della Costituzione. Come si e' visto
in narrativa, l'art. 1, comma  126,  della  legge  n.  145  del  2018
stanzia  alcune  risorse  da  devolvere  alle  Regioni   Sardegna   e
Friuli-Venezia Giulia «nell'ambito degli accordi tra lo  Stato  e  le
regioni a statuto speciale di cui al comma 875» (sopra esaminato), da
destinare a «investimenti per la messa in sicurezza del territorio  e
delle strade». 
    Si prevede, altresi', che, «in caso di  mancata  conclusione,  in
tutto o in parte, degli accordi di cui al comma 875 entro il  termine
del 31 gennaio 2019», le somme sono destinate  ad  altri  interventi,
anche a favore delle regioni ordinarie, dei comuni, delle province  e
delle citta' metropolitane. 
    Tale disposizione  e'  incostituzionale  per  una  pluralita'  di
profili. 
    3.1.-  In  primo  luogo,  e'  violata   l'autonomia   finanziaria
regionale,  tutelata  dagli  articoli  117,  comma  3,  e  119  della
Costituzione, nonche' 7 e 8 dello Statuto, in quanto  al  legislatore
statale non e' concesso  prevedere  trasferimenti  alle  regioni  con
destinazione  vincolata,  ove   tale   destinazione   rientri   nelle
competenze regionali. 
    A tal proposito e'  maturato  un  orientamento  giurisprudenziale
pacifico,  nel  senso   che   «questa   Corte   ha   stabilito,   con
giurisprudenza  univoca  e  costante,  che  la   legittimita'   della
destinazione di fondi a finalita' specifiche, operata da leggi  dello
Stato, e' condizionata  dalla  finalizzazione  dei  finanziamenti  ad
opere o servizi di  competenza  statale.  Al  riguardo  la  Corte  ha
affermato: «La  finalizzazione  a  scopi  rientranti  in  materia  di
competenza residuale delle regioni o anche di competenza  concorrente
comporta  la  illegittimita'  costituzionale  delle  norme   statali»
(sentenza n. 231 del 2005; in senso conforme, ex  plurimis,  sentenze
n. 118 del 2006, n. 424  del  2004,  n.  370  del  2003)»  (cosi'  la
sentenza della Corte costituzionale, n. 105 del 2007). 
    Per tale ragione, la disposizione impugnata e' illegittima  nella
parte in cui devolve le risorse stanziate a finalita' specifiche,  di
competenza regionale. Tale vizio deve essere sanato con un intervento
ablativo, limitato: 
        al primo periodo, dopo le parole «comma 122», alle parole  «,
finalizzato»; 
        ancora al primo periodo, dopo le  parole  «di  cui  al  comma
875», alle parole «a investimenti  per  la  messa  in  sicurezza  del
territorio e delle strade». 
    3.2.- Gli articoli 117, comma 3, e 119 della Costituzione e 7 e 8
dello Statuto, insieme al  principio  di  leale  collaborazione  sono
violati anche per un diverso profilo. 
    Come si e' detto, in  caso  di  mancato  accordo  le  somme  sono
stornate verso altri impieghi e, in particolare, a vantaggio anche di
altri enti, diversi dalle due regioni  autonome  indicate  dal  comma
875. 
    La disposizione impugnata, dunque, non garantisce  la  ricorrente
nel caso in cui il termine decorra  infruttuosamente,  nonostante  la
regione si sia offerta al dialogo  con  lo  Stato  in  pieno  spirito
collaborativo. 
    Secondo la costante  giurisprudenza  di  codesta  eccellentissima
Corte costituzionale, «il principio  di  leale  collaborazione  [...]
"richiede un confronto autentico, orientato  al  superiore  interesse
pubblico di conciliare  l'autonomia  finanziaria  delle  regioni  con
l'indefettibile vincolo di concorso di ciascun soggetto ad  autonomia
speciale alla manovra di stabilita', sicche' su ciascuna delle  parti
coinvolte  ricade  un  preciso  dovere   di   collaborazione   e   di
discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche"» (cosi'  ex
plurimis la sentenza della Corte costituzionale, n. 154 del 2017). 
    Al dovere di collaborazione non puo' che fare da contrappunto  la
necessita' di tutelare una parte  rispetto  alle  c.d.  «condotte  di
blocco»   (piu'   volte   sanzionate   dall'eccellentissima    Corte)
dell'altra. Tanto, pero', non accade nel caso di specie. La struttura
della  norma,  infatti,  consente  allo  Stato  di  recuperare  piena
potesta' di destinazione delle risorse stanziate pel solo  fatto  che
il  termine  indicato  dalla  legge  decorra  infruttuosamente,  cosi
alterando l'equilibrio tra le parti che e' garantito dal principio di
leale collaborazione. 
    A   tal   proposito,   come   gia'   osservato   supra,   codesta
eccellentissima Corte costituzionale ha costantemente  affermato  che
le disposizioni che regolano i rapporti di finanza pubblica tra Stato
e Regioni  autonome  rinviando  alla  stipula  di  un'intesa  possono
disciplinare il caso di mancato conseguimento dell'accordo attraverso
una norma che «deve sempre avere una valenza provvisoria in relazione
all'auspicato raggiungimento dell'intesa in tempi utili  alle  future
manovre» (sent. n. 19 del 2015), anche in ragione' del fatto che  «il
contributo collaborativo dello Stato in sede istruttoria e nella sede
collegiale della Conferenza non puo' ridursi alla merci attesa  della
scadenza del termine» (sent. n. 39 del 2013). 
    In questo senso, «la  determinazione  unilaterale»  dei  rapporti
finanziari «deve essere concepita come rimedio ultimo per  assicurare
il rispetto dei vincoli europei connessi alla  manovra  di  bilancio»
(sent. n. 19 del 2015), mentre nel caso di specie  essa  e'  disposta
automaticamente, senza presuppone alcuna responsabilita' regionale  e
in senso irragionevolmente punitivo nei confronti delle  due  regioni
autonome contemplate dal comma 875. 
    Non  basta.  Codesta  eccellentissima  Corte   ha   costantemente
affermato che la centralita' dell'accordo  di  finanza  pubblica  tra
Stato e autonomie speciali e' tale che «le risorse disponibili  [...]
ben possono  essere  riallocate,  a  seguito  di  accordi,  anche  ad
esercizio inoltrato». 
    Tale possibilita', pero', e' irragionevolmente negata nel caso di
specie. Per soprammercato, questa previsione  e'  ancor  piu'  lesiva
delle attribuzioni della ricorrente proprio  perche'  le  risorse  in
oggetto vengono stornate a favore di altri enti, addirittura estranei
all'ambito territoriale regionale. 
    3.3.-   Per   queste   ragioni,    devono    essere    dichiarati
incostituzionali i periodi secondo e terzo del comma 126, nella parte
in cui prevedono (a seguito della novellazione  ex  art.  11-bis  del
decreto-legge n. 135 del 2018) che «in caso di  mancata  conclusione,
in tutto o in parte, degli accordi di  cui  al  comma  875  entro  il
termine del 15 marzo 2019, le somme del fondo di cui al primo periodo
non  utilizzate  sono  destinate,  con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, su  proposta  del  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata  di  cui
all'art. 8 del  decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.  281,  da
raggiungere entro il 20 febbraio 2019, ad incrementare  i  contributi
di cui ai commi 134 e 139, includendo  tra  i  destinatari  anche  le
province e le citta' metropolitane, nonche' i contributi  di  cui  al
comma 107. In caso di mancata intesa il decreto e'  comunque  emanato
entro il 10 marzo 2019». 
    4.-  Quanto  all'art.  11-bis,  comma   10,   lettera   a),   del
decreto-legge 14 dicembre 2018,  n.  135,  convertito  in  legge  con
modificazioni dalla legge approvata in via  definitiva  dalla  Camera
dei deputati in data 7 febbraio 2019. Violazione degli articoli 7 e 8
della legge costituzionale n. 3 del 1948,  recante  Statuto  speciale
per  la  Sardegna;  violazione  degli  articoli  117  e   119   della
Costituzione in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n.
3 del 2001; violazione del principio di leale collaborazione ex  art.
117 della Costituzione. Come esposto in narrativa, l'art. 11-bis  del
decreto-legge n. 135 del 2018, alle lettera a)  e  c),  ha  novellato
rispettivamente i commi 126 e 875 della legge impugnata, nel senso di
modificare il  termine  per  la  stipula  degli  accordi  di  finanza
pubblica dal 31 gennaio 2019 al 15 marzo 2019. La novella di cui alla
lettera a) e' costituzionalmente illegittima, in  quanto  proroga  un
termine previsto da altra  disposizione  affetta  da  gravi  vizi  di
costituzionalita'. 
    Ne risulta una  illegittimita'  derivante  dalla  violazione  dei
medesimi sopra invocati nel censurare  l'art.  1,  comma  126,  della
legge n. 145 del 2018, e per le ragioni  sopra  illustrate,  cui  per
economia processuale si rinvia. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La  Regione   autonoma   della   Sardegna,   come   in   epigrafe
rappresentata e difesa,  chiede  che  codesta  eccellentissima  Corte
costituzionale voglia: 
        accogliere il presente ricorso; 
        per  l'effetto,  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 126, primo periodo, limitatamente alle  parole  «,
finalizzato» e  alle  parole  «,  a  investimenti  per  la  messa  in
sicurezza del territorio e delle strade», secondo  e  terzo  periodo;
dell'art.  1,  comma  875,  limitatamente  alle  parole  da  «e   che
garantiscano, in ogni caso» fino alla fine del comma; e della Tabella
8 della  legge  30  dicembre  2018,  n.  145,  recante  «bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2019  e  bilancio
pluriennale per il triennio  2019-2021»,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale 31 dicembre 2018, n. 302, S.O., nonche'  dell'art.  11-bis,
comma 10, lettera a), del decreto-legge 14  dicembre  2018,  n.  145,
come convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11  febbraio
2019, n. 12, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 12 febbraio 2019, n.
36. 
    Si deposita copia conforme  all'originale  della  delibera  della
giunta regionale della Regione autonoma della Sardegna n. 7/57 del 12
febbraio 2019. 
        Roma-Cagliari, 22 febbraio 2019 
 
                  Avv. Camba - Avv. Prof. Luciani