N. 102 SENTENZA 20 febbraio - 24 aprile 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo  penale  -  Sospensione   del   procedimento   per   assenza
  dell'imputato - Disciplina transitoria  del  passaggio  dal  regime
  della contumacia a quello dell'assenza di cui alla legge n. 67  del
  2014 - Deliberazione della sentenza di primo grado nei casi in  cui
  risulti agli atti che alcuna  conoscenza  del  processo  sia  stata
  acquisita dall'imputato, contumace dichiarato irreperibile. 
- Legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di  pene
  detentive non carcerarie e di riforma  del  sistema  sanzionatorio.
  Disposizioni in materia di sospensione del procedimento  con  messa
  alla prova e nei confronti degli irreperibili), art. 15-bis. 
-   
(GU n.18 del 2-5-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  15-bis
della legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in  materia  di
pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio.
Disposizioni in materia di sospensione  del  procedimento  con  messa
alla prova e nei confronti degli irreperibili), promosso dalla  Corte
d'appello di Venezia, nel procedimento penale a carico di A. H.,  con
ordinanza del 30  maggio  2017,  iscritta  al  n.  172  del  registro
ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 49, prima serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 6 febbraio  2019  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Corte d'appello di Venezia, con ordinanza  del  30  maggio
2017, ha sollevato, in riferimento agli artt.  111,  24  e  97  della
Costituzione «ed  ai  principi  di  efficacia  e  di  efficienza  del
processo penale», questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.
15-bis della legge 28 aprile 2014,  n.  67  (Deleghe  al  Governo  in
materia di pene detentive non carcerarie e  di  riforma  del  sistema
sanzionatorio.   Disposizioni   in   materia   di   sospensione   del
procedimento  con  messa   alla   prova   e   nei   confronti   degli
irreperibili), nella parte in cui  non  prevede  la  sospensione  del
processo di cui all'art. 420-quater del codice di  procedura  penale,
quando sia gia' stata deliberata la sentenza di  primo  grado,  anche
nei casi in cui risulti gia' pacificamente agli atti che nessun  tipo
di  informazione   e   conoscenza,   relative   alla   pendenza   del
procedimento, siano mai state, in  alcuna  fase  e  in  alcun  grado,
acquisite dalla persona imputata o a lei offerte. 
    In particolare,  la  Corte  d'appello  di  Venezia  riferisce  di
procedere nei confronti di un imputato per i  reati  di  cessione  di
sostanza stupefacente del  tipo  cocaina  e  per  aver  concorso  nel
cagionare la morte  di  uno  dei  cessionari  della  sostanza,  quale
conseguenza della condotta di  cessione;  precisa,  altresi',  che  i
reati risultano consumati il 22 e il 23 maggio 2008 e dal gennaio  al
maggio 2008. 
    Il rimettente,  inoltre,  da'  atto  che  l'imputato,  dichiarato
irreperibile con decreto del pubblico ministero, e'  stato  tratto  a
giudizio di primo grado in tale qualita' e che la notificazione della
citazione e' stata eseguita presso il difensore, ai  sensi  dell'art.
159 cod. proc. pen. 
    Con sentenza del 30 ottobre 2013, l'imputato e' stato  condannato
in relazione a tutti i fatti di cui alle imputazioni. 
    A seguito di nuove ricerche disposte nell'udienza del 18  gennaio
2017, e' stato emesso, in data 28 aprile 2017, un  nuovo  decreto  di
irreperibilita' e anche la citazione per il giudizio  di  appello  e'
stata eseguita presso il difensore ai sensi dell'art. 159 cod.  proc.
pen. 
    Avverso la pronuncia di primo grado  il  difensore  d'ufficio  ha
proposto rituale appello. 
    Il collegio prosegue osservando  che  dalla  lettura  degli  atti
risulta, con certezza, che l'imputato non ha mai avuto  cognizione  e
informazione della pendenza del procedimento a suo carico  in  quanto
egli si e' allontanato dall'abitazione dove era avvenuto  il  decesso
della persona cui aveva concorso a procurare la  dose  letale,  prima
dell'intervento della polizia giudiziaria. E ancora la certa  mancata
conoscenza del procedimento a suo  carico  deriva  -  ad  avviso  del
giudice a quo - dal contesto e dalla dinamica dei  fatti  (conoscenza
occasionale e un'ospitalita'  in  un  ambiente  frequentato  da  piu'
soggetti;  possibilita'  di   non   essere   mai   identificato:   il
procedimento inizia nei confronti di altri soggetti; assenza di  atti
anche  solo  di  polizia  giudiziaria  a  lui  notificati  o  da  lui
sottoscritti; assenza di nomina di difensore di fiducia), e dal fatto
che l'imputato quando si allontano' dall'abitazione dove era avvenuto
il decesso, poteva ragionevolmente rappresentarsi che non si  sarebbe
mai giunti alla sua persona. 
    Il rimettente da' atto che ai sensi dell'art.  15-bis,  comma  1,
della legge n. 67 del 2014, essendo stato pronunciato il  dispositivo
della sentenza di primo grado prima dell'entrata in  vigore  di  tale
legge (ossia prima del 17 maggio 2014), al procedimento in corso  non
puo' applicarsi - in ragione della disposizione censurata che reca la
disciplina transitoria del passaggio dal regime  della  contumacia  a
quello dell'assenza - il nuovo testo dell'art. 420-quater cod.  proc.
pen., come sostituito dall'art. 9, comma 3, della  legge  n.  67  del
2014, con la conseguenza che il processo non puo' essere sospeso. 
    Osserva, inoltre, che sebbene la disciplina transitoria introduca
un criterio non irragionevole, ovvero quello  della  definizione  del
primo giudizio, che  reca  con  se'  il  protrarsi  della  disciplina
processuale precedente, tuttavia nello specifico caso in esame -  nel
quale e' documentale l'assoluta mancanza di alcun tipo di  conoscenza
da parte dell'imputato in ordine alla pendenza  del  processo  e  del
grado di appello - ogni attivita' processuale  cui  si  dovesse  dare
ulteriore corso, in ossequio  alla  disciplina  transitoria,  sarebbe
palesemente  e  con  ogni  certezza,  vanamente  espletata.  Infatti,
secondo l'art. 175 cod. proc. pen., nel testo previgente  applicabile
al caso di specie,  e  nel  giudizio  di  legittimita'  eventualmente
attivato dal difensore di ufficio, se mai l'imputato  fosse  reperito
dopo il passaggio in giudicato della condanna, per  la  sua  doverosa
esecuzione, senza  dubbio  lo  stesso  dovrebbe  essere  rimesso  nel
termine per impugnare la sentenza di primo grado e tutta  l'attivita'
posta in essere dalla Corte di appello andrebbe dissolta. 
    Peraltro, del tutto irrilevante sarebbe l'avere gia' il difensore
d'ufficio attivato autonomamente, ma nell'interesse dell'imputato, il
giudizio di appello pur se definito (a  tal  fine  e'  richiamata  la
sentenza di questa Corte n. 317 del 2009). 
    Tutto cio' premesso in punto  di  rilevanza,  il  giudice  a  quo
afferma, quanto alla non manifesta infondatezza, che la  disposizione
in esame contrasta con l'art. 111 Cost., in quanto «non e' giusto  il
processo  che  certamente  deve  essere  rinnovato  per  una  carenza
sostanziale nella  costituzione  del  rapporto  processuale;  la  sua
inutile celebrazione impedisce la  trattazione  tempestiva  di  altri
processi»; con l'art. 97 Cost. in relazione ai principi di  efficacia
e di efficienza della  giurisdizione  (al  riguardo  e'  invocata  la
sentenza di questa Corte n. 460 del 1995 la' dove si e' affermato che
l'efficienza  del  processo   penale   e'   bene   costituzionalmente
protetto); con  l'art.  24  Cost.  in  quanto  «la  celebrazione  del
processo inutile in ragione della gia' avvenuta acquisizione del dato
processuale della non conoscenza della pendenza e  della  trattazione
da parte dell'imputato "consegna" al rito un  processo  con  minorata
difesa per il protagonista dominante: l'imputato». 
    2.- Con atto depositato il 27 dicembre 2017  e'  intervenuto  nel
presente giudizio di legittimita' costituzionale  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello  Stato,  chiedendo  di  dichiarare  le  questioni  non
fondate, non avendo il rimettente considerato che, proprio  in  forza
della disposizione censurata, l'art. 420-quater cod. proc. pen., come
sostituito dall'art. 9 della legge n. 67  del  2014,  si  applica  ai
procedimenti in corso alla data di entrata  in  vigore  della  citata
legge anche nel  caso  in  cui,  pur  essendo  stato  pronunciato  il
dispositivo della  sentenza  di  primo  grado,  la  mancata  presenza
dell'imputato sia stata preceduta dall'emissione  di  un  decreto  di
irreperibilita',  come  nel  caso  di  specie,  con  la   conseguente
sospensione del procedimento. 
    Inoltre,  aggiunge  l'Avvocatura  generale,   se   anche   l'art.
420-quater cod.  proc.  pen.  non  fosse  applicabile,  le  questioni
sarebbero in ogni caso non fondate dovendo  trovare  applicazione  la
costante giurisprudenza di questa Corte secondo  cui  il  legislatore
gode di ampia discrezionalita' nel  regolare  gli  effetti  temporali
degli istituti processuali. 
    Con  una  memoria  successiva   l'Avvocatura   ha   ribadito   le
argomentazioni formulate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte d'appello di Venezia, con ordinanza  del  30  maggio
2017, ha sollevato, in riferimento agli artt.  24,  97  e  111  della
Costituzione «ed  ai  principi  di  efficacia  e  di  efficienza  del
processo penale», questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.
15-bis della legge 28 aprile 2014,  n.  67  (Deleghe  al  Governo  in
materia di pene detentive non carcerarie e  di  riforma  del  sistema
sanzionatorio.   Disposizioni   in   materia   di   sospensione   del
procedimento  con  messa   alla   prova   e   nei   confronti   degli
irreperibili), nella parte in cui  non  prevede  la  sospensione  del
processo di cui all'art. 420-quater del codice di  procedura  penale,
quando sia gia' stata deliberata la sentenza di  primo  grado,  anche
nei casi in cui  risulti  pacificamente  agli  atti  che  l'imputato,
contumace dichiarato irreperibile, non abbia avuto, ne' abbia, alcuna
conoscenza del processo. 
    In  particolare,  il   collegio   rimettente   ritiene   che   la
disposizione sopra indicata si  pone  in  contrasto  con  l'art.  111
Cost., in quanto non sarebbe giusto il processo «che certamente  deve
essere rinnovato per una carenza sostanziale nella  costituzione  del
rapporto  processuale»  con  la  conseguenza  che  «la  sua   inutile
celebrazione impedisce la trattazione tempestiva di altri  processi»;
con l'art. 97 Cost., in relazione  ai  principi  di  efficacia  e  di
efficienza della giurisdizione; con l'art. 24  Cost.,  in  quanto  la
celebrazione del processo  sarebbe  inutile  in  ragione  della  gia'
avvenuta acquisizione del dato processuale della  mancata  conoscenza
da parte dell'imputato del processo stesso. 
    2.- Va premesso che la citata legge n. 67 del 2014, che  contiene
la disposizione censurata, ha interamente sostituito, nel  codice  di
procedura penale, il rito contumaciale con la disciplina dell'assenza
dell'imputato. 
    La necessita' di intervenire sulla  disciplina  del  procedimento
nel  caso  di  assenza  dell'imputato  trova  la  sua  origine  nella
giurisprudenza della Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo,  ed  in
particolare nella  sentenza  della  Grande  camera,  1°  marzo  2006,
Sejdovic contro Italia, e in pronunce precedenti (sentenza 18  maggio
2004, Somogy contro Italia, e, prima ancora, sentenze del 12 febbraio
1985, Colozza contro Italia, e del 28 agosto 1991, Cat  Berro  contro
Italia),  le  quali  hanno  affermato  che  l'obbligo  di   garantire
all'accusato il diritto di essere presente in udienza  e'  uno  degli
elementi essenziali del diritto fondamentale al  giusto  processo  di
cui all'art. 6 della Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848. 
    Per adeguare il processo contumaciale ai principi espressi  dalla
Corte EDU e' intervenuto  il  legislatore  con  il  decreto-legge  21
febbraio 2005, n. 17 (Disposizioni urgenti in materia di impugnazione
delle sentenze contumaciali e dei decreti di  condanna),  convertito,
con modificazioni, nella legge  22  aprile  2005,  n.  60,  che,  nel
modificare  in  particolare  la  disciplina  della  restituzione  nel
termine per impugnare la sentenza contumaciale (art. 175  cod.  proc.
pen.), ha dettato nuove regole  di  maggior  garanzia  rispetto  alla
disciplina previgente prevedendo, in particolare,  che  il  contumace
non  doveva  piu'  provare  l'incolpevole  mancata   conoscenza   del
procedimento o del provvedimento, per la cui impugnazione chiedeva di
essere rimesso nel termine, introducendo  una  sorta  di  presunzione
iuris tantum di  mancata  conoscenza  da  parte  dell'imputato  della
pendenza  del  procedimento,  salvo   prova   contraria   (Corte   di
cassazione, sezione terza penale,  3  giugno-18  settembre  2014,  n.
38295). Inoltre, il termine per la richiesta era elevato da  dieci  a
trenta giorni dalla conoscenza dell'atto ed era  stata  eliminata  la
preclusione alla restituzione dell'imputato nel termine per impugnare
ove l'impugnazione  fosse  stata  gia'  proposta  dal  difensore.  La
restituzione nel  termine  comportava  altresi'  il  venir  meno  del
giudicato di condanna  dell'imputato  contumace  e  dell'esecutivita'
della sentenza impugnata. 
    La tutela dell'imputato giudicato in contumacia, sia irreperibile
che  non,  e'  risultata  ampliata  ulteriormente  dalla   successiva
pronuncia di questa Corte (sentenza n. 317 del 2009) che  -  muovendo
dall'interpretazione  accolta   nella   sentenza   della   Corte   di
cassazione, sezioni unite penali, 31 gennaio-7 febbraio 2008, n. 6026
- ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 175,  comma
2, cod. proc. pen., nella parte in cui non consentiva la restituzione
dell'imputato,  che  non  avesse  avuto  effettiva   conoscenza   del
procedimento  o  del  provvedimento,   nel   termine   per   proporre
impugnazione contro la  sentenza  contumaciale,  nel  concorso  delle
ulteriori   condizioni   indicate   dalla   legge,   quando   analoga
impugnazione fosse stata proposta in precedenza dal  difensore  dello
stesso imputato.  Talche'  alla  garanzia  dell'impugnabilita'  della
pronuncia di condanna dell'imputato contumace ad opera del  difensore
di  quest'ultimo  si  aggiungeva  quella  dell'imputato,   restituito
(pressoche' automaticamente) nel termine ai sensi dell'art. 175  cod.
proc. pen., di proporre un nuovo atto d'impugnazione  che  richiedeva
un  secondo  giudizio  con  l'effetto  che,  nella  sostanza,   erano
riconosciute, in sequenza, due possibilita' di impugnazione in favore
dell'imputato  contumace.  Effetto  asistematico  si',  ma   ritenuto
necessario per adeguare la disciplina del giudizio contumaciale  alla
garanzia  convenzionale  del  giusto  processo   ex   art.   6   CEDU
nell'ampiezza riconosciuta dalla Corte di Strasburgo. 
    La giurisprudenza di legittimita' ha poi ulteriormente  precisato
la portata delle garanzie  connesse  alla  restituzione  in  termini,
essendosi affermato il diritto alla rinnovazione del dibattimento  in
appello con possibilita' anche di accesso ai riti alternativi. 
    3.- Ben poteva pero' il  legislatore,  nell'esercizio  della  sua
discrezionalita',  disciplinare  diversamente  la   fattispecie   del
giudizio celebrato non in presenza dell'imputato ed e'  cio'  che  ha
fatto con la legge n. 67 del 2014, operando una  scelta  radicalmente
diversa:  non  piu'  un  rimedio  restitutorio  ex  post   a   tutela
dell'imputato giudicato in contumacia, ma garanzie ex ante  a  tutela
dell'imputato giudicato in sua assenza. 
    E' stato,  quindi,  eliminato  dal  codice  di  procedura  penale
l'istituto della contumacia  e  si  e'  garantito,  all'imputato  non
presente, il diritto alla sospensione del processo  penale  la'  dove
sia dimostrato che la sua assenza derivi da  un'incolpevole  mancanza
di conoscenza dello svolgimento del processo. A  fronte  dell'assenza
dell'imputato le nuove disposizioni prevedono che  il  giudice  debba
rinviare   l'udienza   disponendo   la   notificazione   all'imputato
personalmente della nuova data ad opera della polizia  giudiziaria  e
che, in caso di esito negativo della  notificazione,  e  qualora  non
debba pronunziarsi sentenza ai sensi dell'art. 129 cod.  proc.  pen.,
il  giudice  con  ordinanza  sospende  il  processo   nei   confronti
dell'imputato assente; si e' stabilito  che  durante  la  sospensione
possono essere acquisite le prove non rinviabili e, allo  scadere  di
un  anno  dalla  sospensione,  il  giudice  dispone  nuove   ricerche
dell'imputato. 
    Il giudice puo' invece procedere in assenza dell'imputato solo in
una serie di tipizzate ipotesi: quando  vi  e'  rinunzia  espressa  a
essere  presente  al  processo;  se  vi  e'  stata  nel   corso   del
procedimento dichiarazione o elezione di domicilio, o  se  l'imputato
sia stato arrestato o fermato o sottoposto a misura  cautelare  o  se
abbia  nominato  un  difensore  di   fiducia;   se   abbia   ricevuto
personalmente la notifica dell'avviso  dell'udienza,  ovvero  risulti
con certezza che lo stesso e' a conoscenza del procedimento o  si  e'
volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di  atti
del medesimo (art. 420-bis cod. proc. pen.). 
    L'assenza  e'  istituto   destinato   elettivamente   a   trovare
applicazione nel giudizio di primo grado. Ma puo' rilevare anche  nel
giudizio di appello, essendo previsto  che  il  giudice  dichiara  la
nullita' della sentenza di primo grado e dispone il rinvio degli atti
al giudice di primo grado se vi e' la prova che  in  primo  grado  si
sarebbe dovuto provvedere al  rinvio  dell'udienza  o  se  l'imputato
prova che l'assenza  e'  stata  dovuta  ad  una  incolpevole  mancata
conoscenza della celebrazione del processo (art.  604,  comma  5-bis,
cod. proc. pen.). 
    Contestualmente all'introduzione  dell'istituto  dell'assenza  e'
stata ridimensionata la portata della  restituzione  nel  termine  in
favore  dell'imputato,  limitata  ora  all'ipotesi  di  condanna  con
decreto penale ove quest'ultimo non abbia avuto effettiva  conoscenza
del processo (art. 175, comma 2,  cod.  proc.  pen.,  come  novellato
dalla legge n. 67 del 2014), ed e' stato introdotto l'istituto  della
rescissione del giudicato qualora il condannato, nei cui confronti si
sia proceduto in assenza, provi che l'assenza e'  ascrivibile  a  una
incolpevole  mancata  conoscenza  della  celebrazione  del   processo
(originario art. 625-ter cod. proc.  pen.,  oggi  rifluito  nell'art.
629-bis cod. proc. pen.). 
    4.- Cio' premesso in sintesi, si pone in via preliminare  -  come
del resto puntualmente eccepito dall'Avvocatura generale dello  Stato
- il problema della portata  interpretativa  della  disposizione  che
reca la regola di  regime  transitorio  censurata  di  illegittimita'
costituzionale dal giudice rimettente. 
    Il testo originario della legge n.  67  del  2014  -  entrata  in
vigore  il  17  maggio  2014  -  non  prevedeva   alcuna   disciplina
transitoria  specifica  per  i  processi  in  corso.   Cio'   avrebbe
comportato l'operativita' del canone tempus regit actum con  notevole
incertezza  in  ordine  all'applicabilita'  della  nuova  disciplina,
potendo  farsi  riferimento,  alternativamente,  al   momento   della
pronuncia della sentenza contumaciale o a quello della  dichiarazione
di  contumacia  o  prima  ancora  a  quello  della  dichiarazione  di
irreperibilita' dell'imputato. 
    Tale mancanza di disciplina e' stata  ben  presto  colmata  dalla
legge 11 agosto 2014, n. 118 (Introduzione dell'articolo 15-bis della
legge 28 aprile  2014,  n.  67,  concernente  norme  transitorie  per
l'applicazione della disciplina della  sospensione  del  procedimento
penale nei confronti degli irreperibili), che ha inserito nella legge
n. 67 del 2014 l'art. 15-bis, norma censurata. 
    Il fine perseguito - come si legge nei lavori parlamentari (A. C.
n. 2344 del 5 maggio 2014) - e' stato quello di evitare che la  nuova
disciplina del giudizio  in  caso  di  irreperibilita'  dell'imputato
«determini incertezze  applicative  soprattutto  connesse  al  regime
delle impugnazioni avverso le sentenze emesse in passato nel corso di
processi celebrati in absentia». Nella relazione al disegno di  legge
si  afferma  che  «[l]e  norme  previgenti  si  applicano  anche   ai
procedimenti che non si siano ancora conclusi in primo grado,  a  due
condizioni: una - positiva - che alla data di entrata in vigore della
nuova  legge  il  giudice  abbia  gia'   dichiarato   la   contumacia
dell'imputato; l'altra - negativa - che nell'ambito del  procedimento
non sia stato emesso il decreto  di  irreperibilita'».  Il  risultato
quindi  e'  che  «mentre  per  gli  imputati  irreperibili  la  nuova
disciplina - che rispetto a quella attuale risulta piu' garantista  e
rispettosa dei principi del "giusto processo" -  verra'  applicata  a
tutti i procedimenti non ancora definiti  in  primo  grado,  per  gli
imputati "contumaci" - nei cui confronti la notificazione e' avvenuta
in forme  rispettose  della  necessaria  conoscenza  del  processo  -
continueranno ad applicarsi le regole previgenti». 
    E' stata cosi' introdotta la censurata  disposizione  transitoria
(art. 15-bis) che consta di due commi strettamente connessi. Il comma
1 prevede: «Le disposizioni di cui al presente capo si  applicano  ai
procedimenti in corso alla data di entrata in vigore  della  presente
legge, a condizione che  nei  medesimi  procedimenti  non  sia  stato
pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado». Il comma 2
prescrive: «In deroga a quanto previsto dal comma 1, le  disposizioni
vigenti prima della data di entrata in vigore  della  presente  legge
continuano ad applicarsi  ai  procedimenti  in  corso  alla  data  di
entrata in vigore della presente legge  quando  l'imputato  e'  stato
dichiarato  contumace  e  non  e'  stato   emesso   il   decreto   di
irreperibilita'». 
    5.- Di tale complessiva disposizione  il  giudice  rimettente  si
limita a tener conto del  solo  primo  comma  dell'art.  15-bis,  che
prevede la regola generale dell'applicazione delle nuove disposizioni
ai procedimenti in corso al 17 maggio 2014 (data di entrata in vigore
della legge) solo se nei medesimi non sia intervenuto il  dispositivo
della sentenza di primo grado. La Corte d'appello, adita a seguito di
impugnazione  del  difensore  d'ufficio,   ritiene   che   troverebbe
applicazione la disciplina previgente della contumacia - e  non  gia'
la nuova regolamentazione dell'assenza - perche' il  dispositivo  nel
giudizio di primo grado, nei confronti  dell'imputato  contumace  del
quale era stata dichiarata l'irreperibilita',  e'  stato  pronunciato
prima della data di entrata in vigore della legge n. 67 del 2014. 
    Ma c'e' anche il comma  2  dell'art.  15-bis  che  contempla  una
deroga: le  disposizioni  previgenti  sul  giudizio  contumaciale  si
applicano ai procedimenti in corso alla data  di  entrata  in  vigore
della legge quando l'imputato e' stato dichiarato contumace e non  e'
stato emesso il decreto  di  irreperibilita'.  Il  comma  2,  quindi,
ritaglia un'eccezione alla regola del comma 1: all'imputato contumace
non si applica la nuova disciplina dell'assenza  se  il  giudizio  di
primo grado non si  e'  ancora  concluso  e  se  non  c'e'  stata  la
dichiarazione di irreperibilita'. Invece per l'imputato irreperibile,
che sia stato dichiarato contumace, la deroga non opera, e quindi  si
applica la nuova disciplina dell'assenza; ma non e'  chiaro  se  cio'
possa predicarsi in ogni caso (ossia anche se alla data di entrata in
vigore della legge n. 67 del 2014 sia gia' stata emessa una  sentenza
di primo grado) oppure solo nel rispetto della  regola  del  comma  1
dell'art. 15-bis, che fa riferimento, come discrimine  temporale  tra
vecchia e nuova disciplina, alla pronuncia del dispositivo  di  primo
grado. 
    6.-  Si   ha   pero'   che   su   questo   preliminare   problema
interpretativo,  che  incide  direttamente  sulla   rilevanza   delle
sollevate questioni di costituzionalita', si registra un contrasto di
giurisprudenza. 
    Si e' inizialmente affermato (Corte di cassazione, sezione quinta
penale, 1° ottobre-2 novembre 2015, n. 44177) che, se il  dispositivo
della sentenza di primo grado e' stato pronunciato prima  della  data
di entrata in vigore della legge  n.  67  del  2014,  «il  giudice  -
evidentemente,  nel  caso  di  specie,  il  giudice  dell'appello   -
applichera' la vecchia disciplina solo  quando  l'imputato  e'  stato
dichiarato  contumace  e  non  e'  stato   emesso   il   decreto   di
irreperibilita', in caso contrario essendo  tenuto  a  verificare  la
posizione dell'imputato alla  stregua  della  nuova  disciplina»  (in
senso  conforme,  Corte  di  cassazione,  sezione  quinta  penale,  8
giugno-27 dicembre 2016, n. 54921; sezione quinta penale, 8  marzo-26
luglio 2017, n. 37190; sezione terza penale, 22 marzo-26 aprile 2017,
n. 19618). 
    Successivamente la giurisprudenza di legittimita' ha ritenuto  di
non poter dare continuita' a tale orientamento  e  ha  affermato,  al
contrario, che l'esaurimento del giudizio di primo  grado  vale  come
generale spartiacque: se il dispositivo e'  stato  pronunciato  prima
della data di entrata in vigore della legge n. 67 del 2014,  continua
in ogni caso ad applicarsi transitoriamente la previgente  disciplina
del giudizio  contumaciale  (Corte  di  cassazione,  sezione  seconda
penale, 10 gennaio-18 aprile 2017, n. 18813). In particolare,  si  e'
affermato (Corte di  cassazione,  sezione  prima  penale,  27  giugno
2017-23 luglio 2018, n. 34911) che «la nuova disciplina  in  tema  di
processo in absentia non puo' mai trovare applicazione  nel  caso  in
cui sia stato pronunciato il  dispositivo  della  sentenza  di  primo
grado nonche' nei casi in cui - pur non essendo stato pronunciato  il
dispositivo della sentenza di primo grado - sia gia' stata dichiarata
la contumacia ma non sia stato emesso il decreto di  irreperibilita'»
(in senso conforme, Corte di cassazione,  sezione  prima  penale,  21
dicembre 2017-22 febbraio 2018, n.  8654;  sezione  prima  penale,  9
gennaio-2 maggio 2017, n. 20810). 
    Il primo orientamento e' pero', ancora  recentemente,  richiamato
dalla sentenza della Corte di cassazione,  sezione  terza  penale,  7
giugno-18 ottobre 2018, n. 47452. 
    7.- La Corte d'appello rimettente, invece,  non  solo  non  tiene
conto  della  (pur  non  univoca)  giurisprudenza  della   Corte   di
cassazione  -  alla  quale  spetta  la  funzione   nomofilattica   di
formazione del diritto vivente - gia' in parte  esistente  alla  data
della pronuncia dell'ordinanza  di  rimessione,  ma  anche  considera
esclusivamente il  comma  1  dell'art.  15-bis  e  quindi  omette  di
prendere posizione in ordine all'interpretazione  congiunta  dei  due
commi di cui si compone tale disposizione; i quali recano,  nel  loro
combinato disposto, il criterio distintivo per stabilire  quando  sia
ancora applicabile, transitoriamente e a esaurimento,  la  previgente
disciplina del giudizio contumaciale  nei  confronti  degli  imputati
irreperibili, ritenuta dal giudice rimettente in  contrasto  con  gli
evocati parametri nei termini sopra indicati. 
    Cio'  mina  irrimediabilmente  l'ammissibilita'  delle  sollevate
questioni   incidentali   di    legittimita'    costituzionale    per
insufficiente motivazione sulla rilevanza e incompleta  ricostruzione
della normativa di riferimento. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 15-bis della legge 28  aprile  2014,  n.  67
(Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e  di
riforma  del  sistema  sanzionatorio.  Disposizioni  in  materia   di
sospensione del procedimento con messa alla  prova  e  nei  confronti
degli irreperibili), sollevate, in riferimento agli artt.  24,  97  e
111  della  Costituzione,  dalla  Corte  d'appello  di  Venezia   con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Giovanni AMOROSO, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2019. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE