N. 35 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 marzo 2019

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 6 marzo 2019 (della Regione Toscana). 
 
Impiego pubblico - Legge di bilancio 2019 - Previsione dell'indizione
  di concorsi pubblici unici  per  figure  professionali  omogenee  e
  dell'individuazione, con  decreto  del  Ministro  per  la  pubblica
  amministrazione,  di  modalita'  di  reclutamento  semplificate   -
  Applicazione delle  modalita'  di  reclutamento  semplificate  alle
  amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2,  del  decreto
  legislativo n. 165 del 2001 - Utilizzazione delle  graduatorie  dei
  concorsi, banditi successivamente alla data di  entrata  in  vigore
  della legge n. 145 del 2018, esclusivamente per  la  copertura  dei
  posti messi  a  concorso  -  Abrogazione  della  facolta',  per  le
  amministrazioni, di limitare il numero  degli  eventuali  idonei  -
  Estensione temporale dei limiti di validita'  delle  graduatorie  -
  Condizioni  per  l'utilizzo  delle  graduatorie  approvate  dal  1°
  gennaio 2010 al 31 dicembre 2013, la  cui  validita'  e'  prorogata
  sino al 30 settembre 2019. 
- Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2019-2021), art. 1, commi 300, 360, 361, 362, 364 e 365. 
(GU n.20 del 15-5-2019 )
    Ricorso della Regione Toscana (partita IVA  n.  01386030488),  in
persona del Presidente pro  tempore  della  giunta  regionale,  dott.
Enrico Rossi, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n.
234 del 25 febbraio 2019, rappresentato e difeso, come da mandato  in
calce  al  presente  atto,  dall'avv.  Lucia  Bora  (codice   fiscale
BROLCU57M59B157V;        PEC:        lucia.bora@postacert.toscana.it)
dell'Avvocatura regionale con domicilio eletto presso lo  studio  del
prof. avv. Marcello Cecchetti (codice fiscale  CCCMCL65E02H501Q),  in
Roma,   piazza   Barberini   n.   12   (fax   n.   064871847;    PEC:
marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it) contro il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  pro  tempore  per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 300, 360, 361,  362,
364 e 365, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, per violazione degli
articoli 5, 97, 117 terzo e quarto comma, 118, 119, primo, secondo  e
quarto comma, e 120 della Costituzione. 
    In data 31 dicembre 2018  e'  stata  pubblicata,  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 302, supplemento ordinario n. 62, la legge n. 145 del 30
dicembre 2018, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021». 
    In particolare, l'art. 1, commi 300 e 360, prevede l'applicazione
a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2,  del
decreto legislativo n. 165/2001 (comprese, quindi, anche le regioni),
della disciplina in materia di indizione di concorsi pubblici unici a
livello nazionale e procedure  concorsuali  semplificate;  l'art.  1,
commi 361, 364 e 365, limita  l'utilizzo  delle  graduatorie,  per  i
concorsi banditi successivamente all'entrata in vigore della presente
legge, esclusivamente per la copertura dei posti  messi  a  concorso;
l'art. 1, comma 362, al fine di ripristinare gradualmente  la  durata
triennale delle graduatorie, prevede una  proroga  fino  a  settembre
2019 delle graduatorie approvate dal 2010 al 2013, e via via per  gli
anni successivi, e detta modalita' particolari per l'assunzione degli
idonei nelle suddette graduatorie. 
    Le impugnate disposizioni della legge n. 145 del 30 dicembre 2018
sono lesive delle competenze regionali per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1.  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,   comma   300   per
violazione degli articoli 117, quarto comma e 118 Cost., e violazione
del principio della leale collaborazione. 
    Il comma 300 dell'art. 1 prevede l'indizione di concorsi pubblici
unici a livello nazionale - per esami o per titoli  ed  esami  -  per
figure professionali omogenee, definiti in relazione alle indicazioni
dei piani di fabbisogno di ciascuna amministrazione. 
    L'organizzazione   dei   suddetti   concorsi   e'   affidata   al
Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza  del  Consiglio
dei ministri per il tramite della commissione  per  l'attuazione  del
Progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM),
che si avvale dell'associazione Formez PA. 
    La  disposizione  riconosce,  inoltre,  la  possibilita'  che  le
predette  procedure  concorsuali  siano   espletate   con   modalita'
semplificate definite  con  decreto  del  Ministro  per  la  pubblica
amministrazione da adottare, ai sensi dell'art.  17,  comma  3  della
legge n. 400/1988, entro due mesi dall'entrata in vigore della  legge
n. 145/2018. 
    Infine, si dispone che i suddetti concorsi pubblici  unici  e  le
conseguenti assunzioni siano effettuati senza il  previo  svolgimento
delle procedure di mobilita'  volontaria  di  cui  all'art.  30,  del
decreto legislativo n. 165/2001. 
    Tale  disposizione  sembrerebbe   applicabile   unicamente   alle
amministrazioni statali (anche per il  riferimento,  nel  comma  300,
alle procedure concorsuali a valere sulle risorse del  fondo  di  cui
all'art. 1, comma 365, lettera b) della legge n. 232/2016);  tuttavia
vi sono due profili di possibile incostituzionalita'. 
    1.1. Poiche' le modalita'  concorsuali  semplificate  (imposte  a
tutte le amministrazioni dal successivo comma 360)  vengono  dettate,
in relazione all'espletamento del concorso unico nazionale, sorge  il
dubbio che - attraverso l'imposizione di tali modalita'  semplificate
di cui ancora non e' nota l'impostazione - si imponga anche  a  tutte
le amministrazioni di  ricoprire  le  proprie  esigenze  di  organico
attraverso il concorso unico nazionale. 
    Se tale fosse l'interpretazione  della  disposizione,  la  stessa
sarebbe chiaramente lesiva delle attribuzioni  legislative  regionali
in  materia  di  organizzazione  amministrativa  ed  ordinamento  del
personale, riservata alla potesta' legislativa residuale regionale, e
delle relative funzioni amministrative, con violazione dell'art. 117,
quarto comma e dell'art. 118 Cost. 
    1.2. Il  comma  300  prevede  che  il  decreto  per  definire  le
procedure concorsuali semplificate sia adottato dal Ministro  per  la
pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 17, comma 3  della  legge
n. 400/1988. 
    Tale norma dispone che «Con decreto ministeriale  possono  essere
adottati regolamenti nelle materie di competenza del  Ministro  o  di
autorita' sottordinate al Ministro,  quando  la  legge  espressamente
conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie  di  competenza
di   piu'   Ministri,   possono   essere   adottati    con    decreti
interministeriali,  ferma  restando   la   necessita'   di   apposita
autorizzazione da parte della legge. I  regolamenti  ministeriali  ed
interministeriali non possono dettare norme contrarie  a  quelle  dei
regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono  essere  comunicati  al
Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione». 
    Dunque  l'emanando  decreto  e'   un   regolamento   ministeriale
ammissibile nelle materie di competenza del Ministro o  di  autorita'
sottordinate al Ministro. 
    Poiche' il successivo comma 360 impone a tutte le amministrazioni
pubbliche di applicare le modalita' concorsuali semplificate  dettate
con il suddetto decreto ministeriale, si hanno molteplici profili  di
illegittimita', sia nel comma 300  che  nel  medesimo,  in  combinato
disposto con il comma 360 di cui al successivo punto 2. 
        1.2.a.  Innanzitutto   il   regolamento   ministeriale   puo'
intervenire, ai sensi dell'art. 17, comma 3 della legge n.  400/1988,
solo in materie di competenza statale, mentre nel caso in esame viene
estesa l'applicazione di tale regolamento  anche  alle  regioni,  con
cio' ledendo la competenza regionale  in  materia  di  organizzazione
amministrativa ed ordinamento del personale nonche' l'esercizio delle
relative  funzioni  amministrative,  con  violazione  dell'art.  117,
quarto comma e dell'art. 118 Cost. 
        1.2.b. Nella misura in cui il regolamento definisce modalita'
semplificate che vengono estese, nella loro applicazione, anche  alle
regioni, il decreto dovrebbe essere adottato  previa  intesa  con  le
regioni  stesse,  per  la  salvaguardia  minima  della   attribuzioni
regionali costituzionalmente garantite in materia  di  organizzazione
amministrativa ed ordinamento del personale. Invece non  e'  prevista
alcuna forma di raccordo tra lo Stato e le regioni, in violazione del
principio della leale collaborazione. 
2.  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma   360,   per
violazione degli articoli 5, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 120
Cost. 
    La disciplina sinora vigente  in  materia  di  concorsi  pubblici
prevedeva per le amministrazioni pubbliche di cui all'art.  1,  comma
2, del decreto legislativo n. 165/2001 - ivi comprese le regioni - la
possibilita' di ricorrere autonomamente  alle  diverse  procedure  di
reclutamento del personale ai sensi dell'art. 35 dello stesso decreto
legislativo  n.  165  e  secondo  quanto  previsto  dal  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 487 del 1994, tenuto conto del livello
e dell'ambito di competenza  richiesto  per  le  professionalita'  da
reclutare. 
    La norma che  qui  si  contesta  prevede  espressamente  che:  «A
decorrere  dall'anno  2019,  le  amministrazioni  pubbliche  di   cui
all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.  165,
procedono  al  reclutamento  del  personale  secondo   le   modalita'
semplificate individuate con il decreto di cui  al  comma  300.  Fino
alla data di  entrata  in  vigore  del  decreto  di  cui  al  periodo
precedente, il reclutamento avviene secondo  le  modalita'  stabilite
dalla disciplina vigente». 
    La    disposizione    presenta    profili    di    illegittimita'
costituzionale. 
    2.1. L'obbligo di avvalersi di modalita'  semplificate  (definite
da un successivo decreto ministeriale) per procedere al  reclutamento
del  personale  regionale  determina  una   forte   incidenza   sulle
competenze della regione. 
    La  disposizione  in  parola  interviene  infatti  in  un  ambito
organizzativo strategico  degli  enti  regionali,  quale  quello  del
reclutamento  del  personale,  contraddistinto   da   una   specifica
competenza regionale di carattere pubblicistico organizzativo. 
    La giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte distingue  tra  aspetti
marcatamente pubblicistici ed aspetti privatistici  della  disciplina
del lavoro pubblico. 
    Le  procedure  concorsuali,  in  quanto   attinenti   alla   fase
antecedente la costituzione di  un  rapporto  di  lavoro  di  diritto
privato, sono contraddistinte da una natura prettamente pubblicistica
e, pertanto, riconducibili  nell'ambito  della  competenza  regionale
residuale in materia di organizzazione amministrativa ed  ordinamento
del personale ai sensi dell'art. 117, comma 4 della Costituzione  (ex
multis Corte costituzionale, sentenze n. 251 del 2016 e  n.  380  del
2004). L'esercizio di tale potesta' esclusiva regionale  soggiace  al
rispetto dei limiti costituzionali e  dei  principi  fondamentali  di
organizzazione e funzionamento previsti dai  relativi  statuti  (art.
123 Cost.) con  esclusione  di  qualsiasi  tipo  di  regolamentazione
statale. 
    Diversamente, gli aspetti di natura privatistica, concernenti  un
rapporto di  lavoro  gia'  instaurato,  rientrano  nell'ambito  della
competenza esclusiva statale in  materia  di  ordinamento  civile  ai
sensi dell'art. 117, comma 2,  lettera  l),  della  Costituzione  (ex
multis Corte costituzionale, sentenza n. 149 del 2012). 
    Pertanto, l'impugnata disposizione, nel prevedere che le  regioni
«procedono»  al  reclutamento  del  personale  con  una   determinata
modalita' concorsuale, seppur semplificata, e' lesiva della  potesta'
legislativa regionale in materia di organizzazione amministrativa  ed
ordinamento del personale (art. 117, comma 4, Cost.) e  contraria  al
principio del buon andamento della Pubblica amministrazione (art.  97
Cost.), in quanto pone un obbligo e  non  una  mera  facolta',  cosi'
negando alle regioni la possibilita' di  scegliere  in  autonomia  la
modalita'   concorsuale   ritenuta   piu'   idonea   in   base   alle
professionalita' ed ai posti da coprire. 
    Inoltre la modalita' semplificata, unilateralmente dettata  dallo
Stato, non e'  detto  che  sia  idonea  in  tutte  le  fattispecie  a
rispondere alle esigenze organizzative regionali, nell'osservanza dei
criteri di buon andamento ed efficienza dell'azione amministrativa. 
    Per i suddetti motivi, la disposizione contenuta nel comma 360 e'
lesiva  della  competenza  regionale  in  materia  di  organizzazione
amministrativa ed ordinamento del personale  nonche'  delle  relative
funzioni amministrative, con violazione dell'art. 117, quarto comma e
dell'art. 118 Cost. 
    2.2. In secondo luogo il comma 360, in combinato disposto con  il
comma 300 di cui al precedente punto 1, e'  incostituzionale  perche'
demanda la definizione delle modalita' concorsuali semplificate - che
le regioni devono applicare - ad un successivo  decreto  ministeriale
da adottarsi entro due mesi dall'entrata in  vigore  dalla  legge  n.
145/2018 senza alcun coinvolgimento delle  autonomie  regionali.  Nel
richiamare, anche in relazione al comma  360,  i  motivi  addotti  al
precedente punto 1.2, si rileva che  la  richiamata  disposizione  e'
lesiva del principio di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e
120 Cost., in quanto, pur incidendo su ambiti di competenza regionale
(ordinamento e organizzazione amministrativa regionale), non  prevede
alcuna forma di raccordo  tra  Stato  e  regioni  relativamente  alla
procedura di  adozione  del  decreto  ministeriale  disciplinante  le
modalita' concorsuali semplificate. 
    Gia' prima della costituzionalizzazione del  principio  di  leale
collaborazione,  codesta   ecc.ma   Corte   definiva   il   principio
cooperativo come «un momento essenziale di un  ordinamento  che,  pur
nella presenza  di  autonomie  regionali,  resta  unitario,  e  viene
conseguentemente a postulare il coordinamento e la collaborazione tra
Stato e regione  sia  a  presidio  dell'unita'  dello  Stato,  sia  a
garanzia di un armonico svolgimento dei  rapporti  tra  i  due  enti»
(Corte costituzionale, sentenza n. 116 del 1967). 
    La giurisprudenza costituzionale,  consolidatasi  successivamente
alla  riforma  del  titolo  V  della  Costituzione,  ha  riconosciuto
l'operativita' del principio della leale collaborazione ogniqualvolta
un atto normativo statale interferisca in materie contraddistinte  da
competenze statali e regionali inestricabilmente connesse tra loro  e
non sia possibile - in applicazione del criterio della  prevalenza  -
verificare se la materia di competenza statale si imponga su tutte le
altre. L'inestricabile intreccio di competenze  statali  e  regionali
«apre   la   strada   all'applicazione   del   principio   di   leale
collaborazione», imponendo, dunque, al legislatore statale  l'obbligo
di predispone adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni,  al
fine di consentire alle  stesse  di  difendere  le  loro  prerogative
(Corte costituzionale, sentenze n. 65 del 2016, n. 88 del 2014  e  n.
139 del 2012). 
    Pertanto, l'assunzione  unilaterale  di  atti  normativi  statali
incidenti in materie di competenza regionale si pone in contrasto con
la giurisprudenza costituzionale, la quale, al fine  di  contemperare
le ragioni di  esercizio  unitario  statale  con  la  garanzia  delle
funzioni  costituzionalmente  attribuite  alle  autonomie  regionali,
richiede l'instaurazione di forme di raccordo tra Stato e  regioni  e
ravvisa nell'istituto dell'intesa la soluzione che meglio incarna  la
collaborazione (di recente Corte costituzionale, sentenze n. 21 e  n.
1 del 2016). 
    Codesta ecc.ma Corte ha imposto il rispetto del  principio  della
leale collaborazione tra Stato e regioni anche in tema di  disciplina
di  riforma  dell'organizzazione  delle  amministrazioni   pubbliche,
estendendolo, inoltre, alle ipotesi in cui  i  decreti  attuativi  si
accingano a riformare istituti incidenti  su  competenze  legislative
statali e regionali inestricabilmente connesse. 
    Al riguardo, codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 251 del  2016
ha espressamente statuito che: «E' pur vero che questa Corte ha  piu'
volte affermato che il  principio  di  leale  collaborazione  non  si
impone  al  procedimento  legislativo.   La'   dove,   tuttavia,   il
legislatore delegato si accinge a riformare istituti che incidono  su
competenze statali e regionali, inestricabilmente connesse, sorge  la
necessita' del ricorso all'intesa. 
    Quest'ultima  si  impone,  dunque,  quale  cardine  della   leale
collaborazione anche quando l'attuazione delle  disposizioni  dettate
dal legislatore statale e' rimessa a  decreti  legislativi  delegati,
adottati dal Governo sulla base dell'art. 76 Cost. 
    Tali  decreti,  sottoposti  a  limiti  temporali  e  qualitativi,
condizionati quanto alla validita' a tutte le  indicazioni  contenute
non solo nella Costituzione, ma anche, per volonta' di  quest'ultima,
nella legge di delegazioni, finiscono, infatti con l'essere  attratti
nelle procedure di leale collaborazione, in vista del pieno  rispetto
del riparto costituzionale delle competenze. 
    Nel seguire le cadenze temporali entro  cui  esercita  la  delega
(...), il Governo puo' fare ricorso a tutti gli strumenti che reputa,
di volta in volta, idonei al  raggiungimento  dell'obiettivo  finale.
Tale  obiettivo  consiste  nel  vagliare  la   coerenza   dell'intero
procedimento  di  attuazione  della  delega,  senza  sottrarlo   alla
collaborazione con le regioni». 
    Pertanto, se pure si ritenesse che nella disciplina organizzativa
del pubblico concorso possano venire in considerazione anche  profili
di competenza statale, la disposizione, letta in  combinato  disposto
con  il  comma  300,  sarebbe  comunque   lesiva   delle   competenze
legislative ed amministrative regionali di  cui  agli  articoli  117,
terzo e quarto comma e 118 Cost.  e  violerebbe  il  principio  della
leale  collaborazione,  di  cui  agli  articoli   5   e   120   della
Costituzione, in  quanto  incide  su  una  materia  -  organizzazione
amministrativa ed ordinamento del  personale  nonche'  sull'esercizio
delle relative funzioni amministrative  -  di  competenza  regionale,
demandando la sua attuazione ad un  successivo  decreto  ministeriale
adottato  senza  prevedere  alcun  coinvolgimento   delle   autonomie
regionali. 
3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 361, 364  e  365,
per violazione degli articoli 5, 97, 117, terzo e quarto comma,  118,
119, primo , secondo e quarto comma e 120 Cost. 
    Le impugnate disposizioni sono incostituzionali  nella  parte  in
cui prevedono, per le procedure concorsuali  bandite  successivamente
all'entrata in vigore della presente legge, l'utilizzo delle relative
graduatorie  esclusivamente  per  la  copertura  dei  posti  messi  a
concorso e l'abrogazione della facolta' di  prevedere  nei  bandi  il
numero degli idonei assumibili. 
    3.1.   La   disciplina   sinora   vigente   prevedeva   per    le
Amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1,  comma  2,  del  decreto
legislativo n. 165/2001 - ivi comprese  le  regioni  -  la  facolta',
prima di indire una nuova procedura concorsuale,  di  ricorrere  allo
scorrimento delle  graduatorie  precedentemente  approvate  e  ancora
valide ed efficaci, per coprire eventuali posti vacanti in organico. 
    Le disposizioni oggetto di contestazione impongono,  invece,  per
le  procedure  concorsuali  bandite  successivamente  all'entrata  in
vigore della legge n. 145/2018 (art. 1, comma 365), l'utilizzo  delle
relative graduatorie esclusivamente per la copertura dei posti  messi
a concorso. Di fatto, sono ammesse graduatorie di soli vincitori e si
nega  alla  radice  la  possibilita'  di  ricorrere   al   successivo
scorrimento delle stesse per l'eventuale assunzione degli idonei  non
vincitori. Infatti il comma 364 dispone l'abrogazione  della  lettera
e-bis) del comma 3 dell'art. 35 del decreto legislativo n.  165/2001,
il quale - nel dettare i principi cui si conformano le  procedure  di
reclutamento  del  personale  nelle   pubbliche   amministrazioni   -
stabiliva, alla citata lettera  e-bis),  la  facolta',  per  ciascuna
amministrazione, di limitare nel  bando  il  numero  degli  eventuali
idonei in misura non superiore al venti per cento dei posti  messi  a
concorso, con  arrotondamento  all'unita'  superiore.  Tale  facolta'
viene eliminata perche' la graduatoria deve essere d'ora in poi usata
solo per la copertura dei posti messi a concorso. 
    Le  richiamate  disposizioni  sono   lesive   delle   prerogative
regionali sotto molteplici aspetti. 
    3.2. In primo luogo si assume  violata  la  potesta'  legislativa
regionale residuale ex art. 117, comma 4, della  Costituzione,  nella
dimensione pubblicistico organizzativa  del  rapporto  di  lavoro  di
pubblico impiego, secondo quanto precedentemente evidenziato al punto
2.1 ed il correlato esercizio di  funzioni  amministrative  attinenti
l'organizzazione e l'ordinamento  dell'apparato  regionale  ai  sensi
dell'art. 118 Cost. 
    La costituzione di  graduatorie  concorsuali  di  soli  vincitori
determina,  infatti,   un'inevitabile   compressione   dell'autonomia
regionale in materia di organizzazione amministrativa ed  ordinamento
del personale,  in  quanto  nega  alle  regioni  la  possibilita'  di
predispone le relative procedure, anche e soprattutto,  in  un'ottica
di  programmazione  del  fabbisogno   del   personale   e   capacita'
assunzionale dell'ente. 
    Tale circostanza si pone in  contrasto  anche  con  il  principio
costituzionale del  buon  andamento  della  Pubblica  amministrazione
(art.  97  Cost.),  considerato  che  l'efficacia   della   procedura
concorsuale si esaurirebbe con  l'individuazione  dei  soli  soggetti
vincitori,  senza  poter  consentire   alla   regione   di   decidere
autonomamente   di   usufruire   della   medesima   graduatoria   per
l'assunzione futura di eventuali idonei  non  vincitori,  secondo  le
proprie  esigenze  occupazionali,  in  violazione  dei  principi   di
efficienza, efficacia dell'azione amministrativa e di buon andamento.
La graduatoria, infatti, ha validita' triennale, per cui e' del tutto
rispondente  ai  suddetti  principi  e  a  quello   dell'economicita'
dell'azione  amministrativa,  utilizzare,  nell'arco  del   triennio,
graduatorie  valide  per  gli  stessi  profili   professionali,   con
risparmio di tempo e di denaro e senza che  sia  minato  il  criterio
della  competenza  professionale,   salvaguardata   da   un   periodo
ragionevole di efficacia delle graduatorie (appunto di tre anni, come
dispone l'art. 35, comma 5-ter del decreto legislativo n. 165/2001). 
    Anche nel caso in oggetto,  l'ingerenza  statale  in  materie  di
competenza regionale e' avvenuta senza la previsione di alcuna  forma
di coordinamento e di concertazione con le  autonomie  pubbliche,  in
totale violazione del principio della leale collaborazione tra  Stato
e regioni, ai sensi degli articoli 5 e 120 della Costituzione. 
    3.3.  Va  altresi'  rilevato  come  le   impugnate   disposizioni
risultino  lesive   anche   dell'autonomia   finanziaria   regionale,
comportando, pertanto, una violazione degli articoli 117, comma  3  e
119 primo, secondo e quarto comma della Costituzione, in  materia  di
principi del coordinamento della finanza pubblica. 
    La giurisprudenza costituzionale  successiva  alla  modifica  del
titolo V della Costituzione ha sottolineato  la  portata  finalistica
della   materia   del   coordinamento   della    finanza    pubblica,
riconoscendole la natura di materia trasversale in grado di  permeare
l'intero assetto competenziale Stato-regioni e  legittimare,  quindi,
un intervento statale anche in  materie  astrattamente  riconducibili
alla competenza regionale residuale. 
    Secondo il costante orientamento  di  codesta  ecc.ma  Corte,  il
legislatore statale con una disciplina di principio puo' imporre alle
regioni e agli enti Locali, per ragioni di coordinamento finanziario,
specifici vincoli  alle  politiche  di  bilancio  -  incidenti  anche
sull'autonomia di spesa degli stessi - purche' questi  si  concretino
in un contenimento complessivo, anche se non  generale,  della  spese
corrente  a  carattere  transitorio  e  non  impongano  strumenti   o
modalita' per il perseguimento degli obiettivi di riequilibrio  della
finanza pubblica (Corte costituzionale, sentenze n. 64 del  2016;  n.
79 del 2014; n. 217 del 2012; n. 193 del 2012; n. 148  del  2012;  n.
232 del 2011; n. 326 del 2010; n. 284 del 2009; n. 237 del  2009;  n.
120 del 2008; n. 412 del 2007; n. 169 del 2007 e n. 88 del 2006). 
    La  giurisprudenza  costituzionale  ha  piu'   volte   dichiarato
l'illegittimita' di norme statali che non possono essere  considerate
principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica  qualora  pongano   un   precetto   specifico   e   puntuale
sull'entita' della spesa. Siffatte norme costituiscono  una  indebita
invasione dell'area riservata dall'art. 119 primo, secondo  e  quarto
comma della Costituzione alle autonomie territoriali, alle  quali  la
legge statale puo' prescrivere criteri ed obiettivi (ad  esempio,  il
contenimento della spesa pubblica), ma non puo' imporre nel dettaglio
gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere detti  obiettivi
(Corte costituzionale, sentenze n. 43 del 2016; n. 22  del  2014;  n.
217 del 2012; n. 139 del 2012; n. 182 del 2011; n. 237 del  2009;  n.
169 del 2007; n. 417 del 2005; n. 36 del 2004). 
    Nel caso di specie, le disposizioni  oggetto  di  impugnazione  -
dato il loro carattere dettagliato e puntuale -  non  possono  essere
considerate norme di principio volte al coordinamento  della  finanza
pubblica. Inoltre, difficilmente si potrebbe rinvenire  la  ratio  di
simili disposizioni nell'esigenza di contenere la spesa pubblica,  in
quanto, anziche' rimettere alla discrezionalita' regionale la  scelta
di attingere o meno  dalle  graduatorie  approvate,  si  impone  alla
stessa di bandire nuovi concorsi pubblici  ogniqualvolta  ravvisi  la
necessita' di provvedere a nuove assunzioni, finendo, di  fatto,  per
incrementare considerevolmente la spesa pubblica  regionale,  nonche'
di allungare notevolmente i tempi di assunzione di nuovo personale. 
4.  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,   comma   362   per
violazione degli articoli 5, 97, 117, terzo e quarto comma, 118, 119,
primo, secondo e quarto comma, e 120 Cost. 
    Il comma 362, con l'intento di  ripristinare  per  il  futuro  la
durata  triennale  delle  graduatorie  concorsuali,  prevede  che  la
validita' delle graduatorie approvate dal 2010 al 2013 sia prolungata
fino  a  settembre  2019,  previa  partecipazione  ad  un  corso   di
formazione obbligatorio e superamento di uno specifico colloquio teso
a  verificare  la  perdurante  idoneita'  dei  soggetti  inseriti  in
graduatoria. Le graduatorie approvate successivamente al  2013  sono,
invece, prorogate in misura  progressiva  (quelle  del  2018  avranno
validita' fino a tutto il 2021 e quelle del  2019  avranno  validita'
triennale). 
    L'impugnata  disposizione  determina  una  significativa  lesione
delle competenze delle autonomie  regionali  in  quanto  impone  alle
stesse la proroga di graduatorie molto  risalenti  nel  tempo,  cosi'
togliendo all'amministrazione regionale la possibilita'  di  decidere
in autonomia se una graduatoria, seppure datata, sia ancora idonea ad
offrire personale competente ovvero non sia  necessario  procedere  a
nuovo concorso. 
    Inoltre la norma e' incostituzionale perche' impone alle  regioni
di organizzare a proprie spese corsi di formazione  ed  aggiornamento
ed esami-colloquio per verificare la perdurante idoneita' di  chi  e'
ancora nella graduatoria, con evidenti profili di contenzioso che  si
instaurera' con tali soggetti perche' o la graduatoria e'  valida  ed
efficace (e allora non ha fondamento un nuovo esame-concorso)  oppure
non e' piu' efficace e allora non  ha  senso  la  verifica  ulteriore
dell'idoneita'. 
    4.1. In primo luogo  si  rileva  come  le  suddette  disposizioni
costituiscano un dettaglio normativo eccessivamente puntuale, tale da
determinare un'ingerenza statale nella competenza regionale residuale
in  materia  di  organizzazione  amministrativa  ed  ordinamento  del
personale, ai sensi dell'art. 117, comma 4, della Costituzione. 
    Al riguardo, la  consolidata  giurisprudenza  di  codesta  ecc.ma
Corte  costituzionale  ha  ricondotto   la   regolamentazione   delle
graduatorie  di  procedure  selettive  pubbliche   nella   dimensione
pubblicistica della disciplina di accesso  al  pubblico  impiego,  in
quanto le relative norme «spiega(no)  la  sua(loro)  efficacia  nella
fase  anteriore  all'instaurazione  del   contratto   di   lavoro   e
incide(incidono)   in   modo   diretto   sul   comportamento    delle
amministrazioni nell'organizzazione delle  proprie  risorse  umane  e
solo in via riflessa ed  eventualmente  sulle  posizioni  soggettive»
(Corte costituzionale, sentenze n. 141 del 2012 e n. 235  del  2010).
Di recente, codesta  ecc.ma  Corte  ha  riconfermato  la  competenza.
legislativa regionale in  materia  di  scorrimento  e  proroga  delle
relative graduatorie, cosi' argomentando: «E' infine utile  ricordare
che la disciplina dei concorsi per l'accesso al pubblico impiego "per
i  suoi  contenuti  marcatamente  pubblicistici  e  la   sua   intima
correlazione con l'attuazione dei principi sanciti dagli articoli  51
e  97  Cost.  [...]   e'   invero   sottratta   all'incidenza   della
privatizzazione del lavoro presso le pubbliche  amministrazioni,  che
si riferisce alla disciplina del rapporto gia' instaurato"  (sentenza
n.  380  del  2004,  punto  3.1  del  Considerato  in  diritto).   La
regolamentazione delle graduatorie di procedure  selettive  pubbliche
rientra, dunque, nella disciplina dell'accesso al  pubblico  impiego.
(...) 
    Tali graduatorie costituiscono  il  provvedimento  amministrativo
conclusivo  delle  procedure  selettive  pubbliche.  Con  tale  atto,
l'amministrazione  esaurisce  l'ambito   proprio   del   procedimento
amministrativo  e  dell'esercizio  dell'attivita'  autoritativa,  cui
subentra la  fase  in  cui  i  suoi  comportamenti  vanno  ricondotti
all'ambito privatistico. 
    Non vi e' dubbio, del resto, che la disposizione impugnata non e'
relativa a rapporti lavorativi gia' in essere, ma spiega  la  propria
efficacia nella fase  anteriore  all'instaurazione  del  rapporto  di
lavoro, incidendo direttamente sul  comportamento  della  AUSL  della
Valle d'Aosta nell'organizzazione delle proprie risorse umane. 
    Per tali ragioni, la disciplina (...), poiche' si colloca  in  un
momento antecedente a quello del sorgere del rapporto di lavoro -  in
particolare, nella fase che attiene alle procedure per  l'accesso  al
lavoro      pubblico      regionale      -      riguarda      profili
pubblicistico-organizzativi dell'impiego  pubblico  regionale  e  non
quelli, privatizzati del relativo rapporto di lavoro. 
    La stessa disciplina non e' quindi riconducibile alla  competenza
esclusiva  statale  in  materia   di   ordinamento   civile»   (Corte
costituzionale, sentenza n. 241 del 2018). 
    Pertanto la norma, imponendo la proroga e  quindi  l'utilizzo  di
graduatorie datate, e' lesiva della competenza regionale  in  materia
di organizzazione amministrativa ed ordinamento del personale nonche'
dell'esercizio delle relative funzioni amministrative, con violazione
dell'art. 117, quarto comma e dell'art. 118 Cost.  La  norma  inoltre
contrasta con il canone di buon andamento di cui all'art.  97  Cost.,
imponendo una modalita' per la copertura  dei  posti  vacanti,  senza
ragioni idonee a giustificare tale scelta e rischiando di  ingenerare
effetti negativi in termini di efficienza, efficacia ed  economicita'
dell'azione amministrativa regionale. 
    4.2. Ove dovesse ritenersi che la proroga della  validita'  delle
graduatorie risalenti al 2010 riguardi anche  profili  di  competenza
statale, la disposizione sarebbe ugualmente incostituzionale, perche'
la predetta normativa di dettaglio  e'  stata  imposta  alle  regioni
senza la previsione di alcuna forma di raccordo o  coordinamento,  in
totale inosservanza del principio della leale collaborazione, di  cui
agli articoli 5 e 120 della Costituzione. 
    4.3. L'impugnata disposizione - nella misura in cui  impone  alle
amministrazioni regionali l'obbligo di organizzare, a proprie  spese,
corsi di formazione obbligatoria e colloqui diretti a  verificare  la
perdurante idoneita' dei soggetti inseriti nelle relative graduatorie
-  risulta  lesiva  anche   dell'autonomia   finanziaria   regionale,
comportando, pertanto, una violazione degli articoli 117, comma  3  e
119 primo, secondo e quarto comma della Costituzione, in  materia  di
principi del coordinamento della finanza pubblica. 
    La  norma  in  esame,  infatti,  non  puo'   essere   considerata
espressione di un principio fondamentale in materia del coordinamento
della finanza pubblica, in  quanto  determina  in  modo  specifico  e
puntuale  un  vincolo  aggiuntivo  sull'entita'   della   spesa   per
l'assunzione  del   personale   regionale,   comportando,   pertanto,
un'indebita invasione nell'autonomia finanziaria regionale, oltre che
nell'autonomia organizzativa della regione medesima. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si conclude affinche'  piaccia  all'ecc.ma  Corte  costituzionale
dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  commi  300,
360, 361, 362, 364 e 365, della legge 30 dicembre 2018, n.  145,  per
violazione degli articoli 5, 97, 117 terzo e quarto comma, 118,  119,
primo, secondo e quarto comma, e 120 della Costituzione. 
    Si deposita la deliberazione della giunta regionale n. 234 del 25
febbraio 2019 di autorizzazione a stare in giudizio. 
      Firenze-Roma, 28 febbraio 2019 
 
                              Avv. Bora