N. 72 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 febbraio 2019
Ordinanza del 18 febbraio 2019 della Corte dei conti - Sezioni riunite in speciale composizione sul ricorso proposto da Comune di Napoli contro Ministero dell'interno e altri. Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Enti destinatari delle anticipazioni di liquidita' a valere sul fondo per assicurare la liquidita' per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili di cui all'art. 1 del decreto-legge n. 35 del 2013 - Utilizzo della quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell'acquisizione delle erogazioni, ai fini dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita' nel risultato di amministrazione - Norma di interpretazione autentica sull'esercizio della facolta' di utilizzo da parte degli enti destinatari delle anticipazioni di liquidita'. - Decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuita' dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonche' norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 125, art. 2, comma 6, come interpretato autenticamente dall'art. 1, comma 814, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020).(GU n.20 del 15-5-2019 )
LA CORTE DEI CONTI SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE in speciale composizione composta dai seguenti magistrati: Mario Pischedda - Presidente relatore Emanuela Pesel - Consigliere Maria Luisa Romano - Consigliere Domenico Guzzi - Consigliere Alessandra Sanguigni - Consigliere Giulia De Franciscis - Consigliere correlatore Chiara Vetro - Consigliere ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio iscritto al n. n. 618/SR/EL del registro di Segreteria di queste Sezioni riunite sul ricorso proposto, ex art. 11, comma 6, lettera e), del codice di giustizia contabile dal Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola (antonio.andreottola@pec.comune.napoli.it) e Fabio Ferrari, (fabiomaria.ferrari@pec.comune.napoli.it) ed elettivamente domiciliato presso lo Studio Legale Leone, in Roma, via Appennini n. 46; avverso la deliberazione della Sezione regionale di controllo della Campania n. 107 del 10 settembre 2018 con la quale e' stata affermata l'inadeguatezza delle misure correttive adottate dall'amministrazione ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 148 bis, comma 3, del Testo Unico degli Enti Locali ed e' stata preclusa l'attuazione dei programmi di spesa nei termini meglio specificati in parte motiva; Visto il ricorso introduttivo del giudizio; Visti i decreti presidenziali di fissazione dell'odierna udienza, di composizione del Collegio e di nomina dei relatori del presente giudizio; Esaminati gli atti e i documenti di causa; Uditi, nell'udienza pubblica del 21 novembre 2018, il consigliere relatore Giulia De Franciscis, l'avv. Fabio Ferrari, per la parte ricorrente ed il Pubblico Ministero nella persona del vice Procuratore generale cons. Marco Boncompagni; Vista la sentenza non definitiva in data odierna con la quale e' stato respinto il motivo d'impugnazione relativo alla violazione e falsa applicazione dell'art. 148 bis, comma 3, del Testo unico degli enti locali ed e' stata accolta la domanda cautelare, sospendendo l'efficacia della delibera impugnata. Ritenuto in fatto 1. Con ricorso depositato in data 11 ottobre 2018, ritualmente notificato, il Comune di Napoli contesta la deliberazione n. 107 del 10 settembre 2018, con la quale la Sezione regionale di controllo della Campania ha statuito l'inadeguatezza delle misure correttive adottate dall'amministrazione ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 148 bis, comma 3, del Testo Unico degli Enti Locali (Tuel), approvato con d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 e successive modifiche ed integrazioni, ed ha precluso l'attuazione dei programmi di spesa nei termini meglio specificati in parte motiva, sino all'adozione delle necessarie manovre correttive. La delibera impugnata e' la prosecuzione del procedimento avviato con la deliberazione n. 240 del 16 ottobre 2017 nella quale venivano accertate diverse irregolarita' e criticita', tra le quali, per quanto interessa in questa sede, l'erroneita' del riaccertamento straordinario dei residui, e veniva chiesto all'amministrazione comunale di provvedere, a titolo di misure correttive ex art. 148 bis Tuel, alla riedizione del predetto riaccertamento straordinario, con specifico riferimento alla costituzione e corretta quantificazione del fondo oneri e passivita' potenziali e del fondo destinato alla neutralizzazione finanziaria dell'anticipazione ottenuta dal fondo di rotazione ai sensi dell'art. 243-ter Tuel. La delibera accertava altre irregolarita' che, in seguito a ricorso giurisdizionale del comune, venivano in parte ridimensionate con sentenza di queste Sezioni riunite n. 11/2018. Successivamente alla pubblicazione della predetta sentenza la Giunta comunale con deliberazione n. 170 del 20 aprile 2018, adottava le misure correttive richieste dalla Sezione di controllo, nell'ambito delle quali si e' proceduto alla riedizione del riaccertamento straordinario dei residui ed al conseguente ricalcolo dei disavanzi da applicare a ciascun esercizio, a far data dal primo gennaio 2015. L'esame delle suddette misure correttive ha portato all'adozione della pronuncia impugnata. Il giudizio negativo della Sezione regionale si fonda sulla contestazione dall'amministrazione di diverse irregolarita' e criticita' contabili, consistenti: a) nella errata riedizione del riaccertamento straordinario dei residui; b) nel conseguente errato calcolo del "maggiore disavanzo" (c.d. extra-deficit); c) nella mancata applicazione nell'esercizio 2018 della quota di maggior disavanzo non recuperato nei due esercizi precedenti; d) nella inidoneita' del piano straordinario di alienazioni a far fronte ai minori trasferimenti erariali che si sarebbero verificati nel 2019 in conseguenza dell'accertata elusione del saldo di finanza pubblica. Con particolare riferimento alle irregolarita' concernenti la riedizione del riaccertamento straordinario la Sezione regionale di controllo contesta l'erroneita' dell'azzeramento del Fondo anticipazioni liquidita' disposto dall'amministrazione, con imputazione del corrispondente importo al Fondo per i crediti di dubbia esigibilita', sostenendo che l'art. 1, comma 814, della l. 27 dicembre 2017, n. 205, dettante l'interpretazione autentica dell'art. 2, comma 6, del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla 1. 6 agosto 2015, n. 125, non possa essere interpretato nel senso di legittimare tout court detta "traslazione" di risorse, avendo soltanto riconosciuto la possibilita' di retrodatarne la contabilizzazione degli effetti. Conseguentemente, secondo la Sezione, resta ferma l'interpretazione costituzionalmente orientata ed integrata dai principi dettati in materia dalla Corte costituzionale, precedentemente elaborata e condivisa anche dall'amministrazione comunale, nel senso di ritenere ammissibile la misura in questione esclusivamente nei limiti degli incassi in conto residui registrati nell'anno in corso. 2. Il Comune di Napoli si duole delle statuizioni negative rese nell'impugnata decisione della Sezione regionale di controllo, contestando tutte le criticita' riscontrate e, in via cautelare, chiede che ne vengano sospesi gli effetti. Un primo ordine di contestazioni concerne la violazione e falsa applicazione dell'art. 148 bis, comma 3, del Tuel, sotto il profilo dell'asserito mancato rispetto della procedura bifasica prevista dalla suddetta norma per pervenire al blocco della spesa. La seconda censura concerne la violazione e falsa applicazione dell'art. 193 Tuel, in quanto la deliberazione non si limita a disporre il blocco della spesa, ma afferma altresi' l'obbligo di adozione di provvedimenti di ripristino dello squilibrio, aggiungendo che, in mancanza, si produrra' lo scioglimento degli organi ai sensi e per gli effetti del predetto art. 193. Il terzo motivo di ricorso contesta sempre la violazione dell'art. 148 bis, comma 3, Tuel, sotto il profilo della mancata specifica indicazione dei programmi di spesa non consentiti. Il quarto motivo di ricorso contesta nel merito le criticita' e le irregolarita' contabili riscontrate dalla Sezione di controllo. In particolare, per quanto rileva in questa sede, l'amministrazione ricorrente contesta la censura concernente l'utilizzo in misura integrale delle risorse accantonate nel Fondo anticipazioni liquidita' per finanziare il Fondo crediti di dubbia esigibilita'. 3. Nelle proprie conclusioni la Procura generale, ritiene infondati tutti i motivi del ricorso ad eccezione di quello riguardante la facolta' di utilizzare le risorse accantonate nel fondo anticipazione di liquidita' a copertura del fondo crediti di dubbia esigibilita'. Ritiene in proposito che il quadro normativo vigente e gli indirizzi giurisprudenziali espressi dalle Sezioni riunite in sede giurisdizionale (SS.RR. n. 26/2016/EL) e dalla Sezione delle Autonomie di questa Corte (Sez. Aut. n. 33/2015) suffraghino il legittimo esercizio di tale facolta', sicche' l'operato del Comune di Napoli e' da ritenere legittimo, avendo dato lineare applicazione alla previsione normativa. 4. All'odierna udienza pubblica le parti hanno illustrato le argomentazioni contenute negli atti scritti confermando le relative conclusioni. 5. Con sentenza non definitiva in pari data, il cui dispositivo e' stato letto in udienza, sono stati respinti i motivi di impugnazione di cui ai numeri 1 (comprensivo dei submotivi) 2 e 3 del ricorso, e' stato disposto di sollevare con separata ordinanza, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6, del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito con modificazioni dalla 1. 6 agosto 2015, n. 125 e dell'art. 1, comma 814, della 1. 27 dicembre 2017, n. 205, di interpretazione autentica della predetta norma, e' stato sospeso il giudizio in relazione al predetto ed ai restanti capi (n. 5 e 6) di domanda ed e' stata accolta la domanda cautelare e per l'effetto e' stata sospesa l'efficacia della delibera impugnata. Diritto 1. Le norme di dubbia costituzionalita'. Con la presente ordinanza, in aderenza al dispositivo letto in udienza, si solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6, del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito con modificazioni dalla l. 6 agosto 2015, n. 125 ("Gli enti destinatari delle anticipazioni di liquidita' a valere sul fondo per assicurare la liquidita' per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili di cui all'articolo 1 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, utilizzano la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell'acquisizione delle erogazioni, ai fini dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita' nel risultato di amministrazione") e dell'art. 1, comma 814, della 1. 27 dicembre 2017, n. 205, di interpretazione autentica della predetta norma ("L'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, si interpreta nel senso che la facolta' degli enti destinatari delle anticipazioni di liquidita' di cui all'articolo 1 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, di utilizzare la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell'acquisizione delle erogazioni, ai fini dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita' nel risultato di amministrazione, puo' essere esercitata anche con effetti sulle risultanze finali esposte nell'allegato 5/2 annesso al decreto legislativo 23 giugno 2011, n.118, a seguito del riaccertamento straordinario dei residui effettuato ai sensi dell'articolo 3, comma 7, dello stesso decreto legislativo n. 118 del 2011, nonche' sul ripiano del disavanzo previsto dal comma 13 del medesimo articolo, limitatamente ai soli enti che hanno approvato il suddetto riaccertamento straordinario a decorrere dal 20 maggio 2015, fermo restando il rispetto dell'articolo 3, comma 8, del medesimo decreto legislativo n. 118 del 2011, il quale prevede che l'operazione di riaccertamento straordinario sia oggetto di un unico atto deliberativo"). 2. Legittimazione ad adire la Corte costituzionale. Prima di esporre i motivi che, a parere di questo giudicante, rendono le suddette norme contrarie alla Costituzione, appare opportuno precisare che, in base agli artt. 8 e 11, c. 6, del codice della giustizia contabile, approvato con d.lgs 26 agosto 2016, n. 174, queste Sezioni riunite in speciale composizione sono un organo giudicante che esercita la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in tema di contabilita' pubblica ex art.103, c. 2, Cost., sicche' e' indubbia la loro legittimazione ad adire la Corte costituzionale. 3. Rilevanza della questione sul giudizio. Come esposto nella parte in fatto la prima, e piu' importante, criticita' contabile riscontrata dalla Sezione di controllo concerne l'azzeramento del fondo anticipazioni liquidita' (FAL), con imputazione del corrispondente importo al fondo crediti di dubbia esigibilita' (FCDE). Secondo la Sezione regionale di controllo un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma comporta che l'utilizzo delle risorse accantonate nel FAL a copertura del FCDE e' ammissibile soltanto "nei limiti degli incassi in cento residui registrati in corso d'anno" e la norma di interpretazione autentica "non introduce elementi nuovi per l'interpretazione dei presupposti e dei limiti e delle modalita' per l'utilizzo del FAL per l'accantonamento a FCDE, ma si limita a stabilire la decorrenza contabile di tale utilizzo"(deliberazione impugnata pag. 37). Il Comune di Napoli, di contro, sostiene che l'interpretazione costituzionalmente orientata proposta dalla Sezione di controllo non e' corretta perche' "la disciplina di cui all'art.2, comma 6, del D.L. 78/2015 ed all'art. 1, comma 814, della legge n. 205/2017, non trasforma l'anticipazione di liquidita' in una forma di indebitamento, come erratamente sostenuto nella deliberazione gravata, ma, molto piu' semplicemente, riduce l'ammontare del FCDE di un importo corrispondente all'ammontare dal FAL". Da quanto detto appare evidente come la decisione che il Collegio deve prendere dipende dall'interpretazione delle norme in questione, nel senso che, se si ritiene corretta l'interpretazione letterale della norma sostenuta dal Comune di Napoli e dalla Procura generale, il ricorso e' da accogliere, con il conseguente annullamento della delibera in parte qua, mentre, se si ritiene corretta l'opzione ermeneutica costituzionalmente orientata elaborata dalla Sezione regionale di controllo o se dovesse essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale delle suddette norme, il ricorso sarebbe da respingere, confermando la statuizione della delibera impugnata. Va peraltro evidenziato che la criticita' contabile in questione e' quella di maggiore significativita' e consistenza economica, atteso che, essendo stato integralmente azzerato il FAL, l'importo del disavanzo del Comune di Napoli e' stato diminuito dell'importo di euro 1.140.485.893,16. Per quanto riguarda il requisito temporale richiesto per l'applicabilita' della norma di interpretazione autentica ("limitatamente ai soli enti che hanno approvato il suddetto riaccertamento straordinario a decorrere dal 20 maggio 2015"), dagli atti di causa risulta che il riaccertamento straordinario dei residui, previsto dall'articolo 3, c. 7, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e' stato approvato dal Comune di Napoli con delibera della Giunta comunale n. 370 in data 8 giugno 2015, rettificata con la successiva deliberazione n. 479 del 24 luglio 2015 in relazione ad errori materiali di compilazione (delibera impugnata pag. 33). 4. Impossibilita' di interpretazione costituzionalmente conforme. Sempre in tema di ammissibilita' occorre verificare se sia possibile un'interpretazione della norma in questione conforme ai principi costituzionali, atteso che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, il giudice a quo, pena l'inammissibilita' della questione, ha l'onere di verificare se e' possibile una interpretazione delle disposizioni sospettate di incostituzionalita' in grado di eliminare l'asserito contrasto. Nel caso in esame tale verifica, e' ancor piu' rilevante perche' nella delibera impugnata e' esposta un'opzione ermeneutica che eliderebbe il contrasto con le norme costituzionali. Rinviando per la disamina dell'interpretazione proposta dalla Sezione regionale di controllo al successivo punto 9, e' sufficiente anticipare che il Collegio non ritiene possibile un'interpretazione della norma diversa da quella letterale che, unitamente alla legge di interpretazione autentica, non lascia dubbi sulla effettiva volonta' del legislatore. Va evidenziato, infatti, che l'interpretazione adeguatrice non e' praticabile a totale discrezione del giudice, ma e' legata al presupposto oggettivo costituito dall'esistenza di un dato lessicale polisenso suscettibile di letture alternative, tale cioe' da esprimere, in applicazione dei generali canoni ermeneutici, due o piu' possibili significati, dei quali uno soltanto compatibile con i precetti costituzionali. Ne consegue che quando, come nel caso di specie, l'univoco tenore letterale della norma non consente altre interpretazioni, l'accesso al sindacato di legittimita' costituzionale diventa una strada obbligata. 5. Il fondo anticipazioni liquidita' (FAL). Per comprendere l'esatta portata delle disposizioni in esame, appare opportuno chiarire la genesi del fondo anticipazioni liquidita' (FAL). A tal fine e' necessario richiamare le sentenze n. 181/2015, 269/2016 e 89/2017 della Corte costituzionale che, pronunziandosi sulle anticipazioni di liquidita' di cui al d.l. 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 giugno 2013, n. 64, hanno affermato che "L'anticipazione non deve [...] rappresentare una risorsa aggiuntiva per la copertura di spese o disavanzi, bensi' un istituto di natura finanziario-contabile avente lo scopo di fornire liquidita' per onorare debiti pregressi, gia' regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati o comunque vincolati" e, per evitare questo effetto, e' stato previsto "l'obbligo di sterilizzare l'anticipazione, affinche' la stessa da strumento di flessibilizzazione della cassa non diventi anomalo mezzo di copertura di nuove spese e di riduzione del disavanzo con modalita' contrarie agli artt. 81 e 119, sesto comma, Cost." E' stato inoltre precisato che le modalita' di contabilizzazione previste dall'art. 1 c. 692, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (iscrizione nel titolo di spesa riguardante il rimborso dei prestiti, di un fondo anticipazione di liquidita', di importo pari alle anticipazioni incassate nell'esercizio, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire nel risultato di amministrazione, come quota accantonata) consentono tale sterilizzazione, atteso che "la locuzione «confluire nel risultato di amministrazione come quota accantonata» altro non significa che «neutralizzazione» della correlata posta attiva ai fini del calcolo del risultato di amministrazione". Sebbene prevista legislativamente per le sole regioni, l'istituzione del fondo anticipazioni di liquidita' nella parte accantonata del risultato di amministrazione era stata precedentemente individuata dalla Sezione delle Autonomie di questa Corte con riferimento ai comuni. Nella delibera n. 33 del 17 dicembre 2015, la predetta Sezione ha affermato che "Nei bilanci degli enti locali soggetti alle regole dell'armonizzazione contabile, la sterilizzazione degli effetti che le anticipazioni di liquidita' erogate ai sensi del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito dalla l. 6 giugno 2013, n. 64, e successive modificazioni, integrazioni e rifinanziamenti, producono sul risultato di amministrazione va effettuata stanziando nel Titolo della spesa riguardante il rimborso dei prestiti un fondo, non impegnabile, di importo pari alle anticipazioni di liquidita' incassate nell'esercizio, la cui economia confluisce nel risultato di amministrazione come quota accantonata ai sensi dell'art. 187 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267". Successivamente il decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 4 agosto 2016 ha recepito tali indicazioni e, modificando alcuni allegati al d.lgs. n. 118/2011, ha esplicitamente previsto, nella parte dedicata alla composizione del risultato di amministrazione al 31 dicembre, l'inserimento della voce: "Fondo anticipazioni liquidita' decreto-legge n. 35 del 2013 e successive modifiche e rifinanziamenti" (art. 5, lett. e) ed f), per il bilancio di previsione e, art. 6, lett. f), per quel che concerne il rendiconto). Il meccanismo e' abbastanza semplice: stanziando nella parte in uscita un fondo non impegnabile, di importo pari alle anticipazioni di liquidita' incassate nell'esercizio, si preclude qualunque utilizzo in bilancio di dette risorse per la copertura di disavanzi ovvero di spese diverse e ulteriori rispetto alla finalita' tipica del pagamento dei debiti pregressi previsti dalla legge. Inoltre, facendo confluire tale fondo (che essendo non impegnabile costituisce un'economia di spesa) nella parte accantonata del risultato di amministrazione, si sterilizza il miglioramento dello stesso, derivante dal pagamento dei residui passivi fatto con l'anticipazione, che viene erogata proprio per consentire il pagamento di debiti pregressi gia' regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati (debiti "certi liquidi ed esigibili" ad una determinata data). In tal modo si impedisce che un'erogazione destinata ad incidere solo sulla cassa dell'ente determini un miglioramento del risultato di amministrazione e conseguentemente un incremento della capacita' di spesa. Da quanto detto discende che il FAL puo' modificarsi soltanto in seguito alla restituzione dell'anticipazione che avviene a "rate costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi, con durata fino a un massimo di 30 anni (d.l. 35/2013, art. 1, c. 13, per gli enti locali e art. 2, c.1, lett. c, per le regioni); piu' esattamente la riduzione puo' avvenire in misura corrispondente all'importo della quota capitale della rata di rimborso annuale. Questo meccanismo e' stato chiarito dalla Sezione delle Autonomie nella deliberazione 33/2015 sopra citata nella quale e' affermato che "Il fondo di sterilizzazione degli effetti delle anticipazioni di liquidita' va ridotto, annualmente, in proporzione alla quota capitale rimborsata nell'esercizio". 6. I dubbi di incostituzionalita'. Ritiene il Collegio che una riduzione del FAL, originata da un titolo diverso dall'avvenuto rimborso dell'anticipazione di liquidita', ne determina un utilizzo per finalita' diverse dalla mera provvista di cassa, ed in tal modo amplia la capacita' di spesa dell'ente, violando numerosi principi costituzionali. 6.1. Elusione del giudicato costituzionale. In primo luogo viene in evidenza la violazione dell'art 136 Cost., per elusione del giudicato costituzionale. Come si detto le sentenze 181/2015, 269/2016 e 89/2017 hanno affermato che un'interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata delle norme statali porta a concludere che le anticipazioni di liquidita' "altro non costituiscono che anticipazioni di cassa di piu' lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie". Proprio in quanto tali, esse "non possono finanziare la copertura di disavanzi o spese di pertinenza degli esercizi successivi all'entrata in vigore del d.l. n. 35 del 2013" e per evitare siffatto risultato e' stata prevista la sterilizzazione tramite il FAL. La norma della cui costituzionalita' si dubita, consentendo di utilizzare il FAL per finanziare il FCDE (o meglio trasformando il FAL in FCDE) aggira siffatte statuizioni, perche' elimina la sterilizzazione, migliorando il risultato di amministrazione, e aumenta la capacita' di spesa degli enti, diminuendo l'importo complessivo del risultato di amministrazione che deve essere accantonato. Giova ricordare che la giurisprudenza costituzionale ha piu' volte censurato "la volonta' legislativa di mantenere in piedi o di ripristinare, sia pure indirettamente, in contrasto con il sistema dell'efficacia delle decisioni caducatorie, gli effetti di quella struttura normativa che aveva formato oggetto della [...] pronuncia di illegittimita' costituzionale" (ex plurimis sentenze 224/ 2016,169/ 2015, 72/2013). 6.2. Violazione del pareggio del bilancio. In secondo luogo e' violato il principio del pareggio di bilancio e della necessaria copertura finanziaria sancito dagli articoli 81 e 97 c. 1 Cost., perche' un'anticipazione di cassa non costituisce una valida copertura finanziaria delle spese e nessun bilancio puo' considerarsi in equilibrio in assenza della necessaria copertura delle spese. La giurisprudenza costituzionale ha chiarito che il principio della copertura finanziaria, "costituisce una clausola generale in grado di operare pure in assenza di norme interposte quando l'antinomia coinvolga direttamente il precetto costituzionale: infatti «la forza espansiva dell'art. 81, quarto [oggi terzo] comma, Cost., presidio degli equilibri di finanza pubblica, si sostanzia in una vera e propria clausola generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile»" (sentenze n. 192 del 2012, 184/ 2016). Il principio del pareggio di bilancio consiste nella "continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalita' pubbliche"; esso e' immanente nell'ordinamento finanziario delle amministrazioni pubbliche in quanto derivante dall'art 81 della Costituzione e "non si realizza soltanto attraverso il rispetto del meccanismo autorizzatorio della spesa, il quale viene salvaguardato dal limite dello stanziamento di bilancio, ma anche mediante la preventiva quantificazione e copertura degli oneri" (sentenze n. 70/2012, n. 115/2012, n. 250/2013 e n. 266/2013). Orbene, se con il FAL si finanzia il FCDE viene ampliata la capacita' di' spesa dell'ente atteso che il meccanismo del FCDE comporta una necessaria contrazione della spesa. Nel bilancio di previsione, questa contrazione avviene con un meccanismo simile a quello del FAL (stanziamento in bilancio di un'apposita posta non impegnabile che confluisce poi nel risultato di amministrazione), mentre nel rendiconto avviene con l'accantonamento del relativo importo sul risultato di amministrazione. Conseguentemente se diminuisce la quota accantonata del risultato di amministrazione si' ha un aumento della capacita' di spesa direttamente correlata all'aumento della parte disponibile dell'avanzo o alla riduzione del disavanzo. 6.3. Violazione divieto di indebitamento. In terzo luogo si viola il divieto di indebitamento per spese diverse da quelle di investimento previsto dalla "regola aurea" sancita dal sesto comma dell'art. 119 Cost. La Corte costituzionale dopo aver precisato che l'anticipazione di cassa ha anche una funzione di finanziamento, ha affermato che "la causa di finanziamento dell'anticipazione e' stata ritenuta compatibile col divieto di cui all'articolo 119, sesto comma, Cost. nei casi in cui [...] non costituisca surrettiziamente un mezzo di copertura alternativo della spesa (sentenza n. 188/2014). Tale principio e' espresso anche nell'articolo 3, c. 17, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, il quale dispone che, agli effetti dell'articolo 119, sesto comma, Cost., non costituiscono indebitamento "le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidita' e di effettuare spese per le quali e' gia' prevista idonea copertura di bilancio". L'incremento della capacita' di spesa che si e' sopra illustrato determina violazione della suddetta norma costituzionale, almeno per la quota del FCDE riferita alla spesa corrente. Va peraltro evidenziato che il nuovo principio di competenza finanziaria potenziata, in base al quale la registrazione dell'accertamento avviene nell'esercizio finanziario nel quale l'obbligazione giuridica sorge, mentre la sua imputazione avviene in quello nel quale la stessa diviene esigibile, rende poco frequente l'ipotesi di costituzione ed accantonamento a FCDE per le entrate in conto capitale, tenendo conto del fatto che non richiedono l'accantonamento i trasferimenti da altre amministrazioni pubbliche (in quanto entrate destinate ad essere accertate a seguito dell'assunzione dell'impegno da parte dell'amministrazione erogante) e i crediti assistiti da fidejussione. 6.4. Violazione principio di eguaglianza. Un quarto profilo di incostituzionalita' riguarda la violazione dell'art. 3 per irragionevolezza della norma. Va ricordato che "la giurisprudenza costituzionale «ha desunto dall'art. 3 Cost. un canone di "razionalita'" della legge svincolato da una normativa di raffronto, rintracciato nell'«esigenza di conformita' dell'ordinamento a valori di giustizia e di equita'" [...] ed a criteri di coerenza logica, teleologica e storico-cronologica, che costituisce un presidio contro l'eventuale manifesta irrazionalita' o iniquita' delle conseguenze della stessa»" (Corte Cost. sentenze 162/ 2014, punto 13 del diritto, e n. 87/2012 ivi citata). Ancora di recente e' stato affermato che "la previsione di identiche conseguenze per condotte omogenee, ma caratterizzate da un minor disvalore dell'una rispetto all'altra, si traduce in una violazione del principio di ragionevolezza che designa l'illegittimita' costituzionale della norma in esame per violazione dell'art. 3 Cost." (sentenza 2/2019, punto 3.3. del diritto). Con la norma in esame viene addirittura premiato il comportamento di maggior disvalore sociale. Occorre premettere che, generalmente, il ricorso all'anticipazione di cassa e' causato dalla presenza in bilancio di residui attivi inesigibili o insussistenti e che la deficienza di liquidita' si manifesta per effetto del finanziamento di spese mediante i suddetti residui. Al riguardo la Corte costituzionale ha affermato che "l'anticipazione di cassa e' negozio caratterizzato da una causa giuridica nella quale si combinano la funzione di finanziamento con quella di razionalizzazione dello sfasamento temporale tra flussi di spesa e di entrata" (sentenza 188/2014) e che la ratio dell'anticipazione di liquidita' "e' quella di riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente deficitari con la competenza, attraverso un'utilizzazione limitata al pagamento delle passivita' pregresse unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla restituzione della anticipazione stessa cosi' da rientrare dai disavanzi gradualmente ed in modo temporalmente e finanziariamente proporzionato alla restituzione dell'anticipazione" (sentenze 181/2015, 279/2016, 89/2017). Pertanto, il ricorso all'anticipazione di liquidita' e' sintomatico di una diffusa illegalita' finanziaria nella gestione dell'ente, consistente nella violazione dell'equilibrio di bilancio, essendo state sostenute spese senza un'effettiva copertura. In maniera paradossale la norma, consentendo di utilizzare il FAL per finanziare il FCDE, premia l'ente che ha violato l'obbligo di copertura delle spese, perche', avendo fatto maggiore ricorso all'anticipazione di liquidita', vede diminuire il sacrificio economico conseguente al passaggio alla contabilita' armonizzata. Al contrario l'ente piu' virtuoso, che ha rispettato l'obbligo di copertura delle spese e, avendo una buona riscossione e una buona tempistica nei pagamenti, non ha avuto la necessita' di ricorrere all'anticipazione di liquidita', deve sopportare per intero l'onere del maggiore disavanzo da armonizzazione. 7. La norma di interpretazione autentica. I dubbi di costituzionalita' sopra esposti sono rafforzati dalla norma di interpretazione autentica contenuta nell'art. 1, comma 814, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. Sostanzialmente la disposizione afferma che la facolta' di utilizzare il FAL per finanziare il FCDE "puo' essere esercitata anche con effetti sulle risultanze finali esposte nell'allegato 5/2 annesso al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 a seguito del riaccertamento straordinario dei residui effettuato ai sensi dell'articolo 3, comma 7, dello stesso decreto legislativo n. 118 del 2011". L'allegato 5/2 contiene due prospetti: il primo serve a rideterminare il risultato di amministrazione al 31 dicembre 2014 - quale risultante dal rendiconto 2014 - al primo gennaio 2015, recependo le risultanze del riaccertamento straordinario dei residui. Il secondo contiene la composizione del risultato di amministrazione al 1° gennaio 2015 e quindi serve per determinare l'avanzo disponibile o il disavanzo d'amministrazione al 1° gennaio 2015. Va ricordato infatti che a norma dell' art 187, comma 1, Tuel "Nel caso in cui il risultato di amministrazione non sia sufficiente a comprendere le quote vincolate, destinate e accantonate, l'ente e' in disavanzo di amministrazione". In base alla norma di interpretazione autentica, l'utilizzo della quota accantonata per il FAL per finanziare il FCDE, si applica da subito sulle risultanze finali previste nell'allegato 5/2. Poiche' le risultanze finali in questione sono quelle che determinano l'ammontare delle risorse disponibili (in caso di avanzo) o di quelle da ricostituire (in caso di disavanzo), ne discende che il FAL, contrariamente alla sua funzione, viene utilizzato per determinare un aumento della capacita' di spesa dell'ente sotto il profilo o di un aumento dell'avanzo disponibile o di una diminuzione del disavanzo da coprire. La norma di interpretazione prevede anche la possibilita' di impiegare il FAL per ripianare il disavanzo tecnico previsto dall'art. 3, comma 13, del d.lgs 118/2011, (nonche' sul ripiano del disavanzo previsto dal comma 13 del medesimo articolo). Sebbene la fattispecie esuli dall'oggetto del presente giudizio, e' opportuno richiamarla perche' rende ancor piu' palese la volonta' del legislatore di utilizzare il FAL come fonte di finanziamento della spesa e non come mera anticipazione di cassa. E' opportuno precisare, per eliminare possibili equivoci, che la norma si riferisce al cd disavanzo tecnico e non, come generalmente si ritiene, al disavanzo da riaccertamento straordinario, che invece e' previsto dal successivo comma 17, come si desume sia dalla circostanza che quest'ultimo disavanzo e' determinato nell'allegato 5/2, sia dall'uso della congiunzione "nonche'". Anche in questa seconda ipotesi l'utilizzo del FAL determina un incremento della capacita' di spesa, atteso che le risorse liberate, sono utilizzate per ripianare un vero e proprio disavanzo. Sul punto e' sufficiente richiamare la sentenza della Corte costituzionale n. 6/2017, nella quale e' stato chiarito che "il disavanzo tecnico, per il periodo intercorrente tra l'esercizio di applicazione in bilancio e quello di copertura, e' un vero e proprio disavanzo e - senza una corretta, nominativa ed analitica individuazione dei creditori e dei debitori coinvolti nel calcolo delle operazioni finalizzate all'ammissibilita' del disavanzo stesso e senza un'appropriata determinazione del fondo pluriennale vincolato - risulta non conforme a Costituzione perche' mina l'equilibrio del bilancio, sia in prospettiva annuale che pluriennale". Alla luce di quanto sopra esposto, ritiene il Collegio che la norma di interpretazione autentica rende ancor piu' palese la violazione delle norme costituzionali sopra individuate e conferma, se vi fossero dubbi, che la norma utilizza la quota accantonata nel FAL per incrementare la capacita' di spesa degli enti che hanno ottenuto l'anticipazione di liquidita'. 8. La tesi del comune di Napoli Il Comune di Napoli sostiene che "la disciplina di cui all' art. 2, comma 16, del D.L. 78/2015 ed all'art. 1, comma 814, della legge n. 205/2017, non trasforma l'anticipazione di liquidita' in una forma di indebitamento, come erratamente sostenuto nella deliberazione gravata, ma, molto piu' semplicemente, riduce l'ammontare del FCDE di un importo corrispondente all'ammontare dal FAL". La tesi e' palesemente infondata. Innanzi tutto dal punto di vista letterale la disposizione non consente questa interpretazione, perche' fa espresso riferimento all'utilizzo della "quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell'acquisizione delle erogazioni, ai fini dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita' nel risultato di amministrazione" e non viceversa. Inoltre se la norma fosse interpretata come sostiene il Comune di Napoli si porrebbe in contrasto con le disposizioni contenute nel d.lgs 118/2011 e con i principi contabili. In particolare il principio contabile applicato concernente la competenza finanziaria (allegato 4/2 al d.lgs. 118/2011) prevede due criteri per la determinazione del FCDE a rendiconto, quello cd ordinario, e quello cd semplificato, ma in nessuno dei due metodi e' previsto un cospicuo abbattimento del FCDE come quello che vi sarebbe secondo la tesi prospettata dal Comune di Napoli. Inoltre l'adozione del metodo semplificato viene circondata da particolari cautele, precisando che "l'adozione di tale facolta' e' effettuata tenendo conto della situazione finanziaria complessiva dell'ente e del rischio di rinviare oneri all'esercizio 2019". In ogni caso, anche se fosse possibile accedere alla lettura della norma prospettata dal comune, rimarrebbero immutati i dubbi di costituzionalita', ed in particolare la violazione dell'articolo 3, perche' ancora una volta verrebbe ridotto il sacrificio dell'ente meno virtuoso, e soprattutto degli art 81 e 97 primo comma, perche', depotenziando il FCDE, per gli enti in disavanzo si impedirebbe l'effettivo riequilibrio del bilancio, mantenendo crediti inesigibili o insussistenti e per quelli in avanzo si autorizzerebbero spese senza copertura, generandosi risorse, corrispondenti alle quote di avanzo libero, in realta' non esistenti. Giova precisare, infatti, che il FCDE, anch'esso previsto nella parte accantonata del risultato di amministrazione, e' una posta collegata alle entrate, la cui funzione e' quella di "precludere l'impiego di risorse di incerta acquisizione. In sostanza esso e' un fondo rettificativo, in diminuzione di una posta di entrata, finalizzato a correggere il valore nominale dei crediti dell'ente in relazione alla parte di essi che si prevede di non incassare in corso di esercizio. Per questo motivo, in parte entrata si iscrive il credito al valore nominale (punto 3.3 dell'allegato 4/2 del d.lgs. n. 118 del 2011), mentre tra le passivita' si inserisce l'importo di prevedibile svalutazione (art. 46 «Fondo crediti di dubbia esigibilita'», del d.lgs. n. 118 del 2011 e punto 3.3 dell'allegato 4/2 del medesimo decreto), il quale viene accantonato proprio al fine di evitare un risultato di amministrazione negativo a seguito delle eventuali minusvalenze derivanti dalla riscossione dei crediti soltanto parziale" (Corte costituzionale, sentenza n. 279/2016). In altre parole, il FCDE mira ad accumulare risorse sufficienti a coprire le prevedibili insussistenze di crediti, in maniera da prevenire squilibri di bilancio, collegati a crediti la cui riscossione risulti statisticamente improbabile o impossibile. Per raggiungere questo scopo l'allegato 4/2 del d.lgs. n. 118 del 2011 al punto 9.2, dispone che "L'utilizzo della quota accantonata per i crediti di dubbia esigibilita' e' effettuato a seguito della cancellazione dei crediti dal conto del bilancio, riducendo di pari importo il risultato di amministrazione". 9. L'interpretazione della Sezione di controllo. La Sezione regionale di controllo, dopo aver premesso che un integrale e non giustificato assorbimento di un fondo nell'altro sarebbe incostituzionale, per violazione degli artt. 81, 97 e 119, comma 6, Cost., "perche' l'effetto sarebbe sicuramente quello del surrettizio finanziamento della copertura di disavanzi effettivi «generando una plusvalenza fittizia ai fini della determinazione del risultato di amministrazione", ritiene che la norma, per essere conforme ai principi costituzionali del pareggio di bilancio, deve essere interpretata ed applicata nel senso di "autorizzare un «utilizzo» del FAL a finanziamento del FCDE solo nei limiti degli incassi in conto residui registrati in corso d'anno" e che la norma di interpretazione autentica si limita soltanto a rendere il suddetto meccanismo applicabile "in sede di riaccertamento straordinario, consentendo, gia' con tale decorrenza, una riduzione del sacrificio aggiuntivo in termini di spesa, richiesto dalla nuova contabilita' armonizzata". La Sezione di controllo richiama espressamente la propria delibera 1/2017 per quanto concerne la ragionevolezza di tale interpretazione. Si legge in tale delibera che "l'utilizzo del FAL nel FCDE puo' determinare una riespansione della capacita' di spesa, perche' cambia il sistema di ripiano e di rientro dal disavanzo". In particolare si afferma che "il disavanzo da FAL, essendo gia' incluso nel precedente risultato di amministrazione, continua ad essere ripianato con le regole ordinarie, quello aggiuntivo, determinato dal FCDE, si ripiana in 30 anni, a titolo di maggiore disavanzo". Questi effetti distorsivi non si realizzerebbero, invece, quando "si e' registrato nell'anno un incasso in conto residui superiore alla quota di ammortamento (utile alla restituzione anticipata), che non e' stato registrato ne' dal FAL (ridotto solo per il secondo), ne' dal FCDE, che si riduce solo per effetto della stabile crescita della riscossione in conto residui", perche' in questo caso "vi e' certezza, da un lato, che il FAL abbia gia' raggiunto i suoi obiettivi costituzionali, dall'altro, che l'utilizzo ai fini dell'accantonamento a FCDE corrisponda ad una quota parte dello stesso che risulti effettivamente sovradimensionata rispetto al rischio di insoluti e insussistenze attuali dell'attivo". In buona sostanza, l'utilizzo del FAL per finanziare il FCDE, ai sensi dell'art. 2, comma 6, del D.L. n. 78/2015; sarebbe ammissibile solo "nella misura implicita (massima) della riscossione in conto residui, di anno in anno intervenuta". Sempre secondo la Sezione tale meccanismo eviterebbe la disparita' di trattamento tra enti virtuosi, che non hanno avuto necessita' di ricorrere alle anticipazioni straordinarie di liquidita' ex D.L. n. 35/2013, e non virtuosi, che di tale anticipazione hanno avuto bisogno. Osserva il Collegio che quella proposta dalla Sezione regionale di controllo non e' una interpretazione ma una particolare modalita' di applicazione. Infatti l'interpretazione letterale, prevista dall'art 12, comma 1, delle disposizioni sulla legge in generale ("Nell' applicare la legge non si puo' ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse; e dalla intenzione del legislatore"), e tutti gli altri canoni ermeneutici elaborati dalla scienza giuridica, escludono che alla norma possa attribuirsi il significato individuato dalla Sezione di controllo, ne' viene indicato alcun canone ermeneutico che suffraga l'interpretazione proposta. In realta' la Sezione, per evitare i risultati aberranti che la disposizione comporta e non potendo adire la Corte costituzionale, ha manipolato la norma, aggiungendo alla stessa l'inciso "nella misura massima della riscossione in conto residui, di anno in anno intervenuta". Ma in tal modo e' stata fatta un'operazione manipolativa, propria delle sentenze additive della Corte costituzionale, che esula dai compiti dell'interprete e rientra in quelli riservati esclusivamente al Giudice delle Leggi. Inoltre il criterio individuato dalla. Sezione di controllo e' in contrasto con la norma di interpretazione autentica. Infatti, atteso che la trasformazione del FAL in FCDE "puo' essere esercitata anche con effetti sulle risultanze finali esposte nell'allegato 5/2" e che il predetto allegato ridetermina, con effetto dal primo gennaio 2015, il risultato di amministrazione al 31 dicembre 2014, recependo le risultanze del riaccertamento straordinario dei residui, appare evidente che in siffatto lasso temporale non puo' essere avvenuta alcuna riscossione in conto residui. Pertanto l'interpretazione proposta dalla Sezione di controllo non puo' trovare applicazione. Infine, quanto all'affermazione che l'utilizzo del FAL nel FCDE cambia il sistema di rientro dal disavanzo, perche' quello derivante dalla necessita' di costituire il FAL, essendo gia' incluso nel precedente risultato di amministrazione, dovrebbe essere ripianato con le regole ordinarie, mentre quello determinato dal FCDE, si ripiana in 30 anni, a titolo cd extra deficit, osserva il Collegio che tale assunto non e' corretto perche' anche agli enti locali puo' essere esteso il ripiano trentennale previsto dall'art. 1, comma 694, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 per l'eventuale disavanzo risultante nell'esercizio di erogazione dell'anticipazione ("L'eventuale disavanzo risultante nell'esercizio di erogazione dell'anticipazione, per un importo pari al fondo di cui al comma 693, lettera a), e' annualmente ripianato per un importo pari all'ammontare del rimborso dell'anticipazione stessa, effettuato nel corso dell'esercizio") e dal comma 699 per quello derivante dalla costituzione del FAL ("L'eventuale disavanzo di amministrazione derivante dall' accantonamento al fondo anticipazione di liquidita' di cui al comma 698 e' ripianato annualmente, a decorrere dal 2016, per un importo pari all'ammontare dell'anticipazione rimborsata nel corso dell'esercizio precedente"). Sarebbe infatti illogico concedere un'anticipazione da restituire in trenta annualita' e poi pretendere che il riallineamento tra cassa e competenza avvenga in un termine molto piu' breve. Infatti se l'ente poteva ripianare nei ristretti termini previsti dall'art 188 Tuel Io squilibrio di competenza che si rifletteva sulla cassa impedendo i pagamenti, non aveva alcun bisogno di ricorrere ad un'anticipazione di cassa da restituire in un tempo cosi' lungo. Giova a tal fine ricordare che, la ratio dell'anticipazione di liquidita' "quale si ricava dalla genesi del decreto-legge e dai suoi lavori preparatori, e' quella di riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente deficitari con la competenza, attraverso un'utilizzazione limitata al pagamento delle passivita' pregresse unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla restituzione della anticipazione stessa cosi' da rientrare dai disavanzi gradualmente ed in modo temporalmente e finanziariamente proporzionato alla restituzione dell'anticipazione" (Corte costituzionale sentenza 181/2015, punto 3.2. e sentenza 89/ 2017, punto 7.1). Inoltre, consentendo il recupero trentennale del disavanzo si evita anche l'aggravamento derivante dal cambiamento del sistema di sterilizzazione (dal residuo passivo, che sarebbe stato eliminato con il pagamento delle rate e quindi in un arco di tempo maggiore, al sistema del FAL, previsto con il passaggio all'armonizzazione), e si eviterebbero ingiustificate disparita' di trattamento tra enti locali e regioni. In conclusione, ritiene il Collegio che ai fini della riduzione del FAL a nulla rileva l'eventuale riscossione dei residui attivi che finanziavano i residui passivi eliminati in seguito al loro pagamento con la disponibilita' di cassa derivante dall'anticipazione. Infatti, come affermato dalla Sezione Autonomie con delibera 28/2017 qualora si verifichi che "l'oculata gestione di un ente e il recupero di residui attivi producano risorse che, in apparente incoerenza con i principi di sana gestione finanziaria, potrebbero apparire bloccate, in quanto non destinabili a spesa "nuova", la naturale destinazione di queste risorse dovrebbe essere quella della riduzione/ estinzione del debito derivante dall'anticipazione di liquidita', previa rinegoziazione del mutuo contratto con la Cassa Depositi e prestiti o, per le regioni, del contratto stipulato con il MEF. In tal modo si accelererebbe il percorso di allineamento della cassa con la gestione di competenza, che, costituisce la ratio delle anticipazioni di liquidita', si alleggerirebbe il bilancio di un notevole onere pluriennale, si ridurrebbe la spesa per il pagamento degli interessi contrattualmente previsti. Ed infine, last but not least, si recupererebbe, almeno in parte, la violazione del patto intergenerazionale conseguente al recupero trentennale dell'anticipazione di liquidita' che, unitamente al ripiano trentennale del disavanzo da riaccertamento straordinario, sta scaricando sulle prossime generazioni masse notevoli di debito. 10. Conclusioni. Sulla base di quanto sopra esposto il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6, del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2015, n. 125, come interpretato autenticamente dall'art. 1, comma 814, della 1. 27 dicembre 2017, n. 205 in relazione agli articoli 3, 81, 97, primo comma, 119, sesto comma, e 136 della Costituzione.
P.Q.M. La Corte dei conti, Sezioni riunite in sede giurisdizionale, in speciale composizione, solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6, del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2015, n. 125, come interpretato autenticamente dall'art. 1, comma 814, della 1. 27 dicembre 2017, n. 205 in relazione agli articoli 3, 81 97, primo comma, 119, sesto comma, e 136 della Costituzione. Ordina la sospensione del giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Dispone, ai sensi dell'articolo 23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Procuratore generale ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e che sia comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 21 novembre 2018. Il Presidente, estensore: Pischedda IL Giudice, correlatore: De Franciscis