N. 77 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 novembre 2018

Ordinanza del 15 novembre 2018 del Tribunale amministrativo regionale
per la Liguria sul ricorso proposto da S.C.T.  Sistemi  di  controllo
traffico srl  contro  Comune  di  Alassio,  GE.S.CO.  srl  e  ANAC  -
Autorita' nazionale anticorruzione.. 
 
Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici  -  Regime  speciale
  degli affidamenti in house - Affidamento in house di  un  contratto
  avente ad oggetto servizi disponibili  sul  mercato  in  regime  di
  concorrenza - Previsione che le  stazioni  appaltanti  diano  conto
  nella motivazione del provvedimento di  affidamento  delle  ragioni
  del mancato ricorso al mercato. 
- Decreto legislativo 18 aprile 2016, n.  50  (Codice  dei  contratti
  pubblici), art. 192, comma 2. 
(GU n.22 del 29-5-2019 )
 
        IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA 
                           Sezione Seconda 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  417  del  2018,  proposto  da  S.C.T.  Sistemi  di
controllo traffico s.r.l., in persona del legale  rappresentante  pro
tempore,  rappresentata  e   difesa   dall'avvocato   Marco   Napoli,
digitalmente domiciliato presso  la  relativa  pec  e  con  domicilio
eletto presso lo studio dell'avv. Maria Silvia  Sommazzi  in  Genova,
via XII Ottobre n. 10/12; 
    Contro Comune di Alassio, in persona  del  sindaco  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocato  Simone  Contri,  con  domicilio
digitale presso la propria pec; 
    Nei  confronti  GE.S.CO  s.r.l.  e   ANAC   Autorita'   nazionale
anticorruzione, non costituiti in giudizio; per l'annullamento  della
deliberazione della giunta comunale di Alassio n. 154  del  7  maggio
2018, avente ad oggetto «l'affidamento del servizio di  gestione  dei
parcheggi a pagamento senza custodia alla societa' in house  GE.S.CO.
s.r.l. per un periodo 11 giugno 2018 - 31 dicembre 2023». 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Alassio; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  17  ottobre  2018  il
dott.  Angelo  Vitali  e  uditi  per  le  parti  i  difensori,   come
specificato nel verbale di udienza; 
    Con ricorso notificato in data 8 giugno 2018 e depositato in data
20 giugno 2018 la  societa'  S.C.T.  Sistemi  di  controllo  traffico
s.r.l.  (di  seguito,  SCT  senz'altro),  che  gestiva,  in  esito  a
procedura  aperta  bandita  nel  corso  del  2011,  il  servizio   di
parcheggio a  pagamento  nel  Comune  di  Alassio,  ha  impugnato  la
deliberazione  della  giunta  comunale  7  maggio   2018,   n.   154,
concernente «l'affidamento del servizio di gestione dei  parcheggi  a
pagamento senza custodia alla societa' in house GESCO s.r.l.  per  il
periodo 11 giugno 2018 - 31 dicembre 2023»,  nonche'  la  presupposta
deliberazione del consiglio comunale n. 25  del  5  aprile  2018,  di
approvazione della  relazione  illustrativa  delle  ragioni  e  della
sussistenza  dei  requisiti  previsti  dall'ordinamento  europeo  per
l'affidamento in house  dei  servizi  pubblici  locali  di  rilevanza
economica, prevista dall'art. 34 del decreto-legge 18  ottobre  2012,
n. 179, convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221. 
    In punto di fatto espone che, nel corso del 2017, in  prossimita'
della scadenza del contratto con SCT, il Comune di Alassio bandi' una
gara pubblica, estesa, oltre che al servizio di gestione della  sosta
a pagamento, anche a svariati altri servizi (segnatamente:  creazione
di un sistema complesso di info-mobilita' mediante installazione di 3
pannelli informativi di segnalazione e avviso;  realizzazione  di  un
sistema di videosorveglianza con 20 telecamere e regolamentazione con
11 varchi obbligatori di accesso alle diverse zone ZTL; gestione  del
servizio  di  mobilita'  sostenibile  mediante  realizzazione  di   7
stazioni di car e bike sharing, 15  stalli  da  10  biciclette l'uno,
tutti dotati di sistemi di telecontrollo, fornitura di 70  biciclette
a pedalata assistita e  installazione  di  10  colonnine  con  stallo
dedicato per la ricarica di veicoli elettrici o ibridi). 
    Tale gara ando' pero' deserta ed il comune,  anziche'  provvedere
all'indizione di una nuova gara con diversi parametri economici e con
minori investimenti a carico del concessionario, mantenne la gestione
del servizio di gestione della sosta a pagamento in  capo  a  STC  in
forza di proroga del contratto in essere,  alle  medesime  condizioni
economiche. 
    Con gli atti impugnati, il Comune di  Alassio  ha  infine  inteso
affidare direttamente e senza gara  -  facendo  ricorso  all'istituto
dell'in house providing - il solo servizio di gestione dei  parcheggi
in favore della societa' GE.S.CO s.r.l., interamente partecipata  dal
comune stesso. 
    A sostegno del gravame la societa' SCT ha dedotto un unico motivo
di ricorso, cosi' rubricato: violazione dell'art.  106  del  trattato
sul funzionamento dell'Unione europea e dei  principi  comunitari  in
materia di in house providing - violazione dell'art. 1 della legge n.
241/1990 e del principio di  trasparenza  -  violazione  dell'art.  3
della  legge  n.  241/1990  e  del  principio  della  motivazione   -
violazione dell'art. 192, comma 2, del decreto legislativo n. 50/2016
- violazione dell'art. 34, comma  20,  decreto-legge  n.  179/2012  -
violazione degli articoli 3-bis commi 1-bis e 6-bis del decreto-legge
n. 138/2011 - eccesso di potere sotto il profilo  dello  sviamento  e
della carenza di istruttoria. 
    Il motivo e' articolato sotto due distinti profili, come segue. 
1.A.  sulla  necessita'  di  una  motivazione  specifica  e  di   una
comparazione concreta tra le differenti modalita' di  gestione  nella
scelta della gestione in house. 
    Sotto un primo profilo denuncia la violazione dell'art.  106  del
trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea  e  dei   principi
comunitari in materia di in house providing. 
    Premessa la asserita valenza derogatoria dell'in house  providing
rispetto alla regola generale dell'evidenza pubblica (cio' che  -  in
tesi - implicherebbe che  i  principi  che  governano  tale  istituto
debbano essere  interpretati  in  maniera  rigorosa  e  restrittiva),
lamenta che l'amministrazione  non  abbia  dato  adeguatamente  conto
della preferenza per il modello in house, e che la scelta del modello
in house non sia  stata  preceduta  da  una  concreta  e  trasparente
disamina  delle  alternative  esistenti,  sotto   i   profili   della
comparazione tra  le  varie  forme  di  gestione,  delle  valutazioni
economico/qualitative dei servizi  offerti  e  della  verifica  della
effettiva capacita' del gestore di svolgere correttamente il servizio
affidato. 
    Ai sensi  dell'art.  192  comma  2  del  decreto  legislativo  n.
50/2016, il provvedimento di scelta per  il  modulo  di  gestione  in
house  dovrebbe  invece  essere  necessariamente  preceduto  da   una
valutazione che dia conto, in motivazione, delle  ragioni  che  fanno
propendere per una delle diverse tipologie,  motivando,  secondo  una
logica   di   preferenza   via    via    decrescente,    in    ordine
all'impossibilita' di utilizzare: 1) in prima battuta, lo strumento -
altrimenti sempre preferibile - dell'affidamento  mediante  procedura
di evidenza pubblica; 2)  in  subordine,  quello  dell'affidamento  a
societa' mista, che in ogni caso presuppone la gara per la scelta del
socio  privato;  3)   in   via   di   ulteriore   subordine,   quello
dell'affidamento in house e senza gara. 
1.B. Sulla inesistenza di qualsiasi  comparazione  tra  le  forme  di
gestione, sulla carenza di  motivazione  e  di  istruttoria  e  sullo
sviamento dell'affidamento a  GESCO  del  servizio  di  gestione  dei
parcheggi. 
    Sotto  un  secondo  profilo,  deduce   che   sarebbe   quantomeno
«sospetto» il comportamento del comune, il quale, dopo avere  bandito
una   procedura   andata   deserta   alla   luce    di    valutazioni
tecnico-economiche  palesemente  erronee   circa   gli   investimenti
necessari, anziche' «aggiustare il tiro» con l'indizione di una nuova
procedura strutturata su un  progetto  tecnico-economico  sostenibile
per il mercato, ha  invece  sottratto  ad  ogni  possibile  confronto
concorrenziale soltanto una parte dei servizi  precedentemente  posti
in gara (la gestione dei parcheggi a pagamento). 
    La   stessa   progressione   temporale   degli   atti   impugnati
costituirebbe spia dell'eccesso di potere  per  sviamento,  apparendo
verosimile che la decisione di affidare il servizio  in  house  fosse
antecedente, e prescindesse del  tutto  dalle  valutazioni  contenute
nella  relazione  illustrativa,  predisposta  dal  comune  ai   sensi
dell'art. 34 comma 20 del decreto-legge n. 179/2012. 
    La motivazione del provvedimento sarebbe poi  del  tutto  carente
sia sotto il profilo della capacita' tecnica di GESCO, sia  sotto  il
profilo economico, giacche' da un lato la preferenza per l'offerta di
GESCO non sarebbe stata preceduta  da  alcuna  indagine  di  mercato,
dall'altro il piano economico finanziario contenuto  nella  relazione
sarebbe del tutto  privo  di  qualsiasi  asseverazione  da  parte  di
istituto di credito o societa' di servizi (in  violazione  di  quanto
statuito dall'art. 3-bis, commi 1-bis e 6-bis  del  decreto-legge  n.
138/2011, che peraltro riguarda i soli servizi «a rete»), sicche' non
vi sarebbe certezza circa l'utile di gestione. 
    Alla domanda di annullamento accede domanda di  risarcimento  del
danno. 
    Si  e'   costituito   in   giudizio   il   Comune   di   Alassio,
preliminarmente eccependo l'inammissibilita' del ricorso per  carenza
di interesse (essendo il contratto con SCT scaduto l'11 giugno 2018),
nel merito controdeducendo ed instando per la sua reiezione. 
    Con  memoria  conclusiva  notificata  alla  controparte,  SCT  ha
dedotto come, a seguito delle  consistenti  riduzioni  sulle  tariffe
della sosta approvate con la deliberazione di giunta comunale n.  277
del 5 settembre 2018, risulterebbe  viepiu'  insostenibile  il  piano
economico   allegato   alla   relazione   illustrativa,   confermando
l'incongruita' dell'affidamento in house disposto in favore di GESCO. 
    Previo  scambio  delle  memorie  conclusionali  e   di   replica,
all'udienza  pubblica  del  17  ottobre  2018  il  ricorso  e'  stato
trattenuto dal collegio per la decisione. 
    L'eccezione di inammissibilita' del ricorso formulata dal  comune
e' infondata. 
    Difatti, nelle procedure pubbliche di affidamento dei  contratti,
la legittimazione al ricorso e' di regola correlata ad una situazione
differenziata  come  risultato  della  partecipazione   alla   stessa
procedura oggetto  di  contestazione,  salvi  i  casi  nei  quali  il
ricorrente contesti, in radice, la scelta della  stazione  appaltante
di indire la procedura, oppure, in qualita' di operatore economico di
settore, l'affidamento diretto o senza gara (Cons. di  St.,  III,  26
maggio 2016, n. 2228; id., IV, 20 aprile 2016, n. 1560). 
    Dunque, a prescindere dalla scadenza  del  rapporto  contrattuale
con il Comune di Alassio, la semplice qualita' di  SCT  di  operatore
del settore della gestione del servizio dei parcheggi a pagamento  la
legittima senz'altro ad  impugnare  l'affidamento  diretto  in  house
providing ad un operatore concorrente. 
    Cio' premesso, puo' procedersi  all'esame  dell'unico  motivo  di
ricorso, con il quale la societa' ricorrente contesta  l'incongruita'
e l'insufficienza delle motivazioni che la  relazione  approvata  con
deliberazione C.C. n. 25/2018 ha posto a sostegno della decisione  di
affidare in house il servizio di gestione dei parcheggi a pagamento. 
    In  particolare,  deduce  la  ricorrente  che  ne'  la  relazione
approvata  dal  consiglio  comunale  ai  sensi   dell'art.   34   del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, ne' la delibera di  giunta  di
affidamento del servizio avrebbero dato conto -  come  invece  impone
l'art. 192 comma 2 del decreto legislativo 18 aprile 2016,  n.  50  -
delle  ragioni  del  mancato  ricorso   al   mercato   (cosi'   detto
outsourcing), che costituirebbe l'opzione prioritaria ed ordinaria. 
    Difatti, ai sensi dell'art. 192 comma 2 del  decreto  legislativo
18 aprile 2016, n. 50, «ai  fini  dell'affidamento  in  house  di  un
contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime
di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente  la
valutazione sulla congruita' economica dell'offerta dei  soggetti  in
house, avuto riguardo all'oggetto  e  al  valore  della  prestazione,
dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento  delle
ragioni del mancato ricorso al mercato, nonche' dei benefici  per  la
collettivita'  della  forma  di   gestione   prescelta,   anche   con
riferimento  agli  obiettivi  di  universalita'  e   socialita',   di
efficienza, di economicita' e di qualita' del  servizio,  nonche'  di
ottima/e impiego delle risorse pubbliche». 
    Il collegio dubita della  legittimita'  costituzionale  dell'art.
192 comma 2 del decreto legislativo 18  aprile  2016,  n.  50,  nella
parte in cui prevede che le stazioni  appaltanti  diano  conto  nella
motivazione del provvedimento di affidamento in house di un contratto
«delle ragioni del mancato ricorso al  mercato»,  per  contrasto  con
l'art. 76 della Costituzione, in relazione all'art. 1 lettere  a)  ed
eee) della legge 28 gennaio 2016, n. 11 (recante deleghe  al  Governo
per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e  2014/25/UE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014). 
    La questione e' innanzitutto rilevante. 
    Giova premettere come il contratto in questione abbia ad  oggetto
servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, e  rientri,
in ragione  del  suo  importo  (canone  di  concessione  fisso  di  €
200.000,00 l'anno, dall'11 giugno 2018 al 31  dicembre  2023),  nella
soglia di rilevanza comunitaria di cui all'art. 4  lettera  c)  della
direttiva n. 2014/24/UE (€ 221.000,00 per  gli  appalti  pubblici  di
forniture e di servizi aggiudicati da amministrazioni  aggiudicatrici
sub-centrali). 
    Cio' premesso, la disposizione sospettata di  incostituzionalita'
- la cui violazione e' specificamente contestata nell'unico motivo di
ricorso - impone alle stazioni appaltanti di valutare  l'opportunita'
e convenienza dei provvedimenti di affidamento in  house  alla  luce,
innanzi tutto, «delle ragioni del mancato ricorso al mercato»,  delle
quali occorre dare espressamente conto in motivazione. 
    Essa  costituisce  dunque,  alla  luce  del  motivo  dedotto,  il
parametro legislativo  alla  stregua  del  quale  questo  giudice  e'
chiamato a valutare  la  legittimita'  dei  provvedimenti  impugnati,
sotto il profilo dell'indicazione espressa delle ragioni del  mancato
ricorso al mercato, e della congruita' e/o adeguatezza delle  stesse:
e cio', in quanto la societa' SCT non contesta affatto il  ricorrere,
in capo alla controinteressata GESCO  s.r.l.,  delle  tre  condizioni
stabilite dall'art. 5 del decreto legislativo n.  50/2016  (controllo
dell'amministrazione aggiudicatrice analogo a quello  esercitato  sui
propri servizi; 80% dell'attivita' della controllata effettuato nello
svolgimento dei compiti affidati dall'amministrazione  aggiudicatrice
controllante; assenza di partecipazione diretta di capitali  privati)
per illegittimo ricorso all'in house providing, condizioni  che  sono
dunque pacifiche tra le parti. 
    Donde la rilevanza  della  questione,  non  potendo  il  giudizio
essere definito indipendentemente dalla  risoluzione  della  relativa
questione di legittimita' costituzionale. 
    Ma  la  questione  pare  al  collegio  anche  non  manifestamente
infondata. 
    E' noto l'ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale circa la
figura dell'in house providing (o  autoproduzione),  che  costituisce
una modalita' di aggiudicazione di una concessione o  di  un  appalto
pubblico  a  soggetti  formalmente  distinti,  ma  sottoposti  ad  un
controllo  tanto  penetrante  di  un'amministrazione  da  costituirne
sostanzialmente un'articolazione organizzativa, modalita' alternativa
al ricorso all'esternalizzazione (cosi' detto  outsourcing)  mediante
l'avvio di una procedura ad evidenza pubblica. 
    L'istituto, di origine pretoria (cfr. la sentenza della C.G.C.E.,
V, 18 novembre 1999, n. 107, societa'  Teckal),  ha  trovato  la  sua
prima codificazione nell'ordinamento europeo ad opera della direttiva
del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  26  febbraio  2014,   n.
2014/24/UE per i settori ordinari. 
    In particolare, il 5° considerando della direttiva n.  2014/24/UE
chiarisce che «e' opportuno rammentare che nessuna disposizione della
presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi  o  a
esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi
stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici  ai
sensi della presente direttiva». 
    Si  tratta  di  una  specifica  applicazione  del  principio   di
autorganizzazione  o  di  libera  amministrazione   delle   autorita'
pubbliche, piu' efficacemente scolpito  dall'art.  2  comma  1  della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 febbraio 2014, n.
2014/23/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, a  mente
del quale «la presente direttiva riconosce il principio  per  cui  le
autorita'  nazionali,  regionali   e   locali   possono   liberamente
organizzare l'esecuzione dei  propri  lavori  o  la  prestazione  dei
propri servizi in conformita' del diritto  nazionale  e  dell'Unione.
Tali autorita' sono libere di decidere il modo migliore  per  gestire
l'esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in
particolare   un   elevato   livello   di   qualita',   sicurezza   e
accessibilita',  la  parita'   di   trattamento   e   la   promozione
dell'accesso  universale  e  dei  diritti  dell'utenza  nei   servizi
pubblici. Dette  autorita'  possono  decidere  di  espletare  i  loro
compiti d'interesse pubblico avvalendosi delle proprie risorse  o  in
cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli
a operatori economici esterni»  (cfr.,  in  merito,  anche  CGCE,  11
gennaio 2005, C-26/03, Stadt Halle, punto 48: «un'autorita' pubblica,
che sia un'amministrazione  aggiudicatrice,  ha  la  possibilita'  di
adempiere  ai  compiti  di  interesse  pubblico  ad  essa  incombenti
mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di  altro  tipo,
senza  essere  obbligata  a  far  ricorso  ad  entita'  esterne   non
appartenenti ai propri servizi»). 
    Coerentemente con il citato principio di autorganizzazione  o  di
libera amministrazione delle autorita' pubbliche riconosciuto nel  5°
considerando,  l'art.  12  della  direttiva  n.  2014/24/UE   esclude
espressamente  dal  proprio  ambito  di  applicazione,  cioe'   dalla
necessita' di una previa procedura ad evidenza pubblica, gli  appalti
aggiudicati  da  un'amministrazione  aggiudicatrice  a  una   persona
giuridica di diritto pubblico o  di  diritto  privato,  quando  siano
soddisfatte   le   tre   condizioni   proprie   dell'in   house   (a.
l'amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica  di
cui trattasi un controllo analogo a quello  da  essa  esercitato  sui
propri  servizi;  b.  oltre  l'80%  delle  attivita'  della   persona
giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento  dei  compiti
ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice  controllante  o
da  altre   persone   giuridiche   controllate   dall'amministrazione
aggiudicatrice  di  cui  trattasi;  comma  nella  persona   giuridica
controllata non vi  e'  alcuna  partecipazione  diretta  di  capitali
privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali  privati
che non comportano controllo  o  potere  di  veto,  prescritte  dalle
disposizioni legislative nazionali, in conformita' dei trattati,  che
non esercitano  un'influenza  determinante  sulla  persona  giuridica
controllata). 
    Dunque, a seguito della positivizzazione dell'istituto  ad  opera
della direttiva n. 24/2014, che, in  virtu'  della  salvaguardia  del
principio di autorganizzazione degli Stati membri (5°  considerando),
esclude espressamente gli affidamenti in house dal proprio ambito  di
applicazione (art. 12), puo' ritenersi  definitivamente  acquisito  -
quantomeno in ambito europeo - il principio che l'in house  providing
non  configura  affatto  un'ipotesi  eccezionale  e  derogatoria   di
gestione dei servizi pubblici rispetto all'ordinario espletamento  di
una  procedura  di  evidenza  pubblica,  ma  costituisce  una   delle
ordinarie forme organizzative di conferimento della  titolarita'  del
servizio,  la  cui  individuazione  in  concreto  e'   rimessa   alle
amministrazioni, sulla base di un mero  giudizio  di  opportunita'  e
convenienza economica. 
    In realta', tale principio puo'  ritenersi  oggi  operante  anche
nell'ordinamento nazionale (in tal senso cfr., per esempio, Cons.  di
St., V, 15 marzo 2016, n. 1034; id., III, 24 ottobre 2017,  n.  4902;
id., V, 18 luglio 2017, n. 3554), posto che, ai  sensi  dell'art.  34
comma 20 del decreto-legge 18 ottobre 2012,  n.  179  (convertito  in
legge 17 dicembre 2012, n. 221), «per i servizi  pubblici  locali  di
rilevanza  economica,  al  fine  di  assicurare  il  rispetto   della
disciplina europea, la  parita'  tra  gli  operatori,  l'economicita'
della  gestione   e   di   garantire   adeguata   informazione   alla
collettivita'  di  riferimento,   l'affidamento   del   servizio   e'
effettuato sulla base di  apposita  relazione,  pubblicata  sul  sito
internet dell'ente affidante, che da' conto  delle  ragioni  e  della
sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento  europeo  per  la
forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti  specifici
degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale,  indicando
le compensazioni economiche se previste». 
    Come si vede, la  norma  specificamente  dettata  per  i  servizi
pubblici locali di rilevanza economica - diversamente  dall'art.  192
comma 2 del decreto legislativo  n.  50/2016  -  non  contiene  alcun
riferimento alle ragioni del mancato ricorso prioritario al  mercato,
che sono ultronee rispetto all'istituto dell'in house. 
    Tale essendo il  quadro  normativo  di  riferimento,  ritiene  il
collegio che la disposizione di cui all'art. 192 comma 2 del  decreto
legislativo  n.  50/2016,   nell'imporre   un   onere   motivazionale
supplementare relativamente alle  «ragioni  del  mancato  ricorso  al
mercato» abbia  palesemente  ecceduto  rispetto  ai  principi  ed  ai
criteri direttivi contenuti nella legge di delega 28 gennaio 2016, n.
11 (recante deleghe  al  Governo  per  l'attuazione  delle  direttive
2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 26 febbraio 2014), in violazione  dell'art.  76  della
Costituzione. 
    L'art. 1 della legge di delegazione  legislativa  n.  11/2016  ha
infatti fissato, tra l'altro, i seguenti principi e criteri direttivi
specifici: a) divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di
regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive, come
definiti dall'art. 14, commi  24-ter  e  24-quater,  della  legge  28
novembre 2005, n. 246 (cosi' detto divieto  di  gold  plating);  eee)
garanzia di adeguati  livelli  di  pubblicita'  e  trasparenza  delle
procedure anche per gli appalti pubblici e i contratti di concessione
tra enti nell'ambito del settore pubblico, cosiddetti affidamenti  in
house, prevedendo, anche per questi enti, l'obbligo di  pubblicazione
di tutti gli atti connessi all'affidamento, assicurando, anche  nelle
forme di aggiudicazione  diretta,  la  valutazione  sulla  congruita'
economica delle offerte, avuto riguardo all'oggetto e al valore della
prestazione, e prevedendo l'istituzione,  a  cura  dell'ANAC,  di  un
elenco di enti aggiudicatari  di  affidamenti  in  house  ovvero  che
esercitano funzioni di controllo o di collegamento rispetto ad  altri
enti,  tali  da  consentire  gli  affidamenti  diretti.  L'iscrizione
nell'elenco  avviene  a  domanda,  dopo  che  sia  stata  riscontrata
l'esistenza dei requisiti. La domanda di iscrizione consente all'ente
aggiudicatore,  sotto  la  propria  responsabilita',   di   conferire
all'ente con affidamento in house, o soggetto al controllo singolo  o
congiunto  o  al  collegamento,  appalti   o   concessioni   mediante
affidamento diretto. 
    Orbene, la disposizione sospettata di incostituzionalita' avrebbe
innanzitutto violato il criterio direttivo sub a) - nonche' l'art. 14
commi 24-ter e 24-quater della legge 28 novembre 2005, n. 246, cui fa
espresso  rinvio  -   in   quanto   avrebbe   introdotto   un   onere
amministrativo di motivazione - circa le ragioni del mancato  ricorso
al mercato - maggiore e piu' gravoso di quelli strettamente necessari
per l'attuazione della direttiva n. 2014/24/UE, la quale, come  visto
supra, per un verso ammette senz'altro gli  affidamenti  in  house  a
patto che ricorrano le tre condizioni di cui all'art. 12,  per  altro
verso  ha  escluso  i  relativi  contratti  dal  proprio   campo   di
applicazione, e dunque dall'obbligo di esperire  preventivamente  una
procedura  di  gara  ad  evidenza  pubblica  (cioe',  il  ricorso  al
mercato). 
    Donde la violazione del divieto di gold plating,  che  costituiva
uno specifico criterio di delega legislativa (lett. a). 
    Secondariamente, avrebbe violato il criterio direttivo  sub  eee)
della  legge  di  delega  n.  11/2016,   in   quanto   l'introduzione
dell'obbligo di motivazione circa le ragioni del mancato  ricorso  al
mercato per un  verso  non  trova  alcun  addentellato  nel  criterio
direttivo,  che  non  lo  menziona  affatto,  per  altro  verso  -  e
soprattutto - non ha nulla a che  vedere  con  la  valutazione  sulla
congruita' economica delle offerte, che attiene piuttosto  alla  loro
sostenibilita' in termini di prezzi e di costi proposti (argomenta ex
art. 97 comma 1  del  decreto  legislativo  n.  50/2016),  cioe'  con
l'unico elemento che il  criterio  direttivo  imponeva  di  valutare,
oltre a  quello  di  pubblicita'  e  trasparenza  degli  affidamenti,
mediante  l'istituzione,  a  cura  dell'ANAC,  dell'elenco  di   enti
aggiudicatari di affidamenti in house. 
    Donde la violazione dell'art. 1 lettera a) ed eee) della legge di
delegazione  legislativa  n.  11/2016   (parametro   interposto)   e,
indirettamente, dell'art. 76 della Costituzione. 
    In conclusione il collegio, per le ragioni sopra esposte, ritiene
rilevante e non manifestamente infondata  la  questione  legittimita'
costituzionale dell'art. 192  comma  2  del  decreto  legislativo  18
aprile 2016, n. 50, nella  parte  in  cui  prevede  che  le  stazioni
appaltanti  diano  conto  nella  motivazione  del  provvedimento   di
affidamento in house «delle ragioni del mancato ricorso al  mercato»,
per contrasto con l'art. 76 della Costituzione, in relazione all'art.
1 lettere a) ed eee) della legge 28  gennaio  2016,  n.  11  (recante
deleghe al  Governo  per  l'attuazione  delle  direttive  2014/23/UE,
2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del  Consiglio,  del
26 febbraio 2014). 
    Resta sospesa ogni decisione sul ricorso in epigrafe, dovendo  la
questione essere demandata al giudizio della Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale  per  la  Liguria  (Sezione
Seconda), 
    Visti gli articoli 1 della legge costituzionale 9 febbraio  1948,
n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ritenuta rilevante ai fini della decisione e  non  manifestamente
infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 192 comma 2 del
decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nella parte in cui prevede
che  le  stazioni  appaltanti  diano  conto  nella  motivazione   del
provvedimento di affidamento in  house  «delle  ragioni  del  mancato
ricorso al mercato», per contrasto con l'art. 76 della  Costituzione,
in relazione all'art. 1 lettere a) ed eee)  della  legge  28  gennaio
2016, n. 11  (recante  deleghe  al  Governo  per  l'attuazione  delle
direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento  europeo
e del Consiglio, del 26 febbraio 2014); 
    Sospende il giudizio in corso; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina che, a cura della segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa ed al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, e sia comunicata al Presidente del Senato della  Repubblica
ed al Presidente della Camera dei deputati. 
    Cosi' deciso in Genova nella Camera di consiglio  del  giorno  17
ottobre 2018 con l'intervento dei magistrati: 
        Roberto Pupilella, Presidente; 
        Luca Morbelli, consigliere; 
        Angelo Vitali, consigliere, estensore. 
 
                      Il Presidente: Pupilella 
 
 
                                                  L'estensore: Vitali