N. 5 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 30 aprile 2019

Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione  tra  enti  depositato   in
cancelleria il 30 aprile 2019 (della Regione Puglia). 
 
Consiglio regionale - Sentenza del Tribunale amministrativo regionale
  per la Puglia - Bari, sezione prima, 21 dicembre 2019,  n.  260  di
  annullamento del verbale n.  63  del  22  ottobre  2018  della  VII
  Commissione consiliare permanente  del  Consiglio  regionale  della
  Puglia avente ad oggetto  "rinnovo  della  composizione  della  VII
  Commissione consiliare permanente". 
- Sentenza del Tribunale amministrativo regionale  per  la  Puglia  -
  Bari, sezione prima, del 21 dicembre 2019, n. 260. 
(GU n.22 del 29-5-2019 )
     Ricorso per  conflitto  di  attribuzione  della  Regione  Puglia
(codice fiscale e p. IVA 80017210727), in persona del presidente  pro
tempore della giunta regionale, autorizzato con deliberazione di G.R.
n. 655 del 9 aprile 2019,  rappresentato  e  difeso,  giusta  procura
speciale in calce al presente atto,  dall'avv.  Ida  Maria  Dentamaro
(cod. fisc. DNTDMR54B60A662S) e con lei elettivamente domiciliato  in
Roma presso la delegazione della Regione Puglia, via Barberini n. 36,
c.a.p.  00187  (comunicazioni  via  posta   elettronica   certificata
all'indirizzo pec dentamaro.idamaria@avvocatibari.legalmail.it o  via
fax al numero 0805248595); 
    Contro lo Stato, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri pro tempore, per: 
        la dichiarazione di non spettanza al Tribunale amministrativo
regionale per la Puglia, sede di  Bari,  Sezione  I,  del  potere  di
annullare il verbale n. 63 del 22 ottobre 2018 della VII  Commissione
consiliare permanente del Consiglio regionale della Puglia, avente ad
oggetto «rinnovo della composizione della VII Commissione  consiliare
permanente»; 
        e, per l'effetto, l'annullamento della sentenza  emanata  dal
Tribunale amministrativo regionale Puglia, Bari, Sez. I, n.  260/2019
reg. provv. coll.,  depositata  il  21  febbraio  2019,  con  cui  il
predetto potere giurisdizionale e' stato  affermato  e  concretamente
esercitato. 
 
                                Fatto 
 
    Con  sentenza  n.  260  del  21  febbraio   2019   il   Tribunale
amministrativo regionale Puglia, sede di Bari, Sezione I, ha  accolto
il ricorso  proposto  da  otto  consiglieri  regionali  «tutti  nella
qualita' di Consiglieri eletti al Consiglio  regionale  della  Puglia
nella X Legislatura (2015- 2020) nel novero del MoVimento 5 Stelle  e
facenti  parte  del  relativo  gruppo  consiliare»,   proposto   «per
l'annullamento  e   la   declaratoria   di   illegittimita',   previa
concessione di provvedimenti cautelari, del  Verbale  n.  63  del  22
ottobre 2018 della VII Commissione consiliare  permanente  presso  la
Regione Puglia  ad  oggetto  Rinnovo  della  composizione  della  VII
Commissione consiliare permanente», nonche' di ogni atto  connesso  e
presupposto, inoltre «per il riconoscimento del  diritto  del  gruppo
consiliare MoVimento 5  Stelle  a  vedersi  attribuiti  nn.  2  (due)
consiglieri nella VII Commissione  consiliare  permanente  regionale»
(cosi', testualmente, nell'epigrafe del ricorso). 
    Il dispositivo della sentenza, pronunciata in forma  semplificata
all'esito della Camera di consiglio del giorno 6  febbraio  2019,  si
limita a sancire l' accoglimento del ricorso «nei sensi  espressi  in
motivazione». 
    Occorre, dunque,  esporre  brevemente  i  fatti  che  hanno  dato
origine alla controversia. 
    Con nota prot. n. 72725 dell'11 ottobre 2018  il  presidente  del
consiglio  della  Regione  Puglia  convocava  le  sette   Commissioni
consiliari permanenti per procedere al rinnovo delle stesse, dopo  30
mesi di durata in  carica,  come  previsto  dall'art.  9,  u.c.,  del
Regolamento interno del Consiglio; a tal fine, invitava i  presidenti
dei  gruppi,  nell'eventualita'  di  mancata  designazione   in   via
preventiva dei rispettivi rappresentanti, a partecipare  alle  sedute
delle singole commissioni e, comunque, ad assicurare la presenza  dei
consiglieri  interessati  ai  fini  dell'elezione  degli  uffici   di
presidenza. 
    Nel corso della seduta del 22 ottobre della VII  Commissione,  il
presidente del consiglio rilevava che erano stati  ivi  designati  13
componenti, in contrasto con l'art.  9,  penult.  comma,  reg.  int.,
secondo cui «nessuna commissione puo' essere composta  da  un  numero
superiore  a  un  quarto  dei  componenti  il  Consiglio»,  che  sono
cinquanta a mente dell'art. 24, comma 1, dello Statuto (infatti, 50:4
= 12,5 < 13). 
    Lo  stesso  presidente  rilevava   inoltre   la   necessita'   di
«assicurare  la  presenza  nella  VII   Commissione   di   tutte   le
sensibilita' politiche di opposizione che  si  sono  determinate  nel
corso della legislatura in considerazione delle competenze della  VII
Commissione, destinata a breve ad occuparsi della riforma elettorale»
(verbale n. 63 del 22 ottobre  2018);  di  conseguenza,  chiedeva  al
Movimento 5 Stelle, unica forza di opposizione ad aver designato  due
consiglieri, di indicarne uno solo. 
    I consiglieri presenti del Movimento 5  Stelle  dichiaravano  «di
non voler rinunciare alla presenza dei due Consiglieri  designati  in
quanto il loro movimento ha ricevuto piu' voti  nella  minoranza»;  a
quel punto, dopo ampio dibattito in  cui  emergeva  l'irremovibilita'
degli esponenti 5 Stelle  dalla  posizione  assunta,  il  presidente,
accogliendo una proposta di due consiglieri di opposizione, disponeva
di procedere col metodo del sorteggio «per  l'individuazione  di  uno
tra i due Consiglieri designati dal gruppo Movimento 5 Stelle». 
    Cosi'  individuata  la   composizione   della   Commissione,   la
consigliera risultata esclusa del Movimento 5 Stelle (Rosa Barone) si
allontanava e si procedeva infine all'elezione del presidente  e  dei
vicepresidenti, mediante votazione  cui  partecipava  la  consigliera
«sorteggiata» (Grazia Di Bari), eletta peraltro vice presidente. 
    Tanto premesso in fatto, dalla motivazione della sentenza oggetto
del presente conflitto si evince che il Tar, respinte le eccezioni in
rito proposte  dalla  difesa  regionale,  in  particolare  quella  di
difetto assoluto di giurisdizione, ha accolto il  ricorso  ritenendo,
in estrema sintesi, che siano stati violati: sul  piano  sostanziale,
«il  principio  proporzionale  di  cui  all'art.  9  del  regolamento
interno», concernente la costituzione delle Commissioni, «che  devono
risultare composte in maniera proporzionale,  per  quanto  possibile,
alla consistenza numerica di ciascun Gruppo in Consiglio»; sul  piano
procedurale, l'art. 26, comma 2, lettera d)  dello  Statuto,  secondo
cui il presidente dell'Assise regionale «garantisce il rispetto delle
norme del presente Statuto e del regolamento interno  del  Consiglio,
con particolare riferimento a quelle inerenti la tutela  dei  diritti
delle opposizioni». 
    Il Collegio, inoltre, ha esercitato in  modo  assai  puntuale  il
c.d. potere conformativo, indicando «le modalita' di applicazione del
metodo proporzionale»,  sviluppando  calcoli  e  spingendosi  fino  a
specificare quale gruppo (peraltro di maggioranza)  dovrebbe  perdere
un componente a vantaggio del Movimento 5  Stelle;  in  tal  modo  ha
attinto in pieno  il  merito  delle  determinazioni  scaturite  dalle
votazioni  della  Commissione  consiliare  e,   per   di   piu',   ha
«conformato»  la  situazione,  a  dir  poco   paradossale,   di   una
Commissione  composta  da  6  consiglieri  di  maggioranza  e  6   di
opposizione. 
    Ora, in disparte i numerosi errores in  iudicando  che  inficiano
l'indicata decisione, non deducibili nella presente sede, la  Regione
Puglia ritiene che  detta  sentenza  sia  stata  emanata  in  carenza
assoluta di  giurisdizione  e,  al  tempo  stesso,  leda  l'autonomia
costituzionalmente garantita della Regione  e,  in  particolare,  del
Consiglio  regionale  e  dei  suoi   organi   interni   (Commissione,
presidente e singoli  componenti);  propone,  pertanto,  il  presente
conflitto,  fondato  su  due  concorrenti  presupposti:  la  radicale
insussistenza   del   potere   giurisdizionale   che   il   Tribunale
amministrativo  regionale  Puglia  ha  esercitato  e  la  conseguente
interferenza che tale esercizio  ha  implicato  nei  confronti  delle
attribuzioni costituzionalmente spettanti  alla  Regione  e  ai  suoi
organi consiliari, determinandone in concreto la menomazione. 
 
                               Diritto 
 
1. - Difetto assoluto di giurisdizione -  violazione  dell'art.  103,
comma 1, Cost., nonche' degli articoli 7, 133 e 134 cod.  proc.  amm.
approvato  con  decreto  legislativo  n.  104/2010.   Lesione   delle
attribuzioni regionali costituzionalmente  garantite  dagli  articoli
114, comma 2, 117, 123, 121,  commi  1  e  2,  Cost.,  nonche'  dagli
articoli 22, 23, 25, 26, 30,  32,  37  dello  Statuto  della  Regione
Puglia  approvato  con  legge  regionale  12  maggio  2004,  n.  7  e
modificato con leggi regionali 11 aprile 2012, n. 9, 28  marzo  2013,
n. 8 e 20 ottobre 2014, n. 44. 
    1. - Con la sentenza oggetto del presente conflitto il  Tribunale
amministrativo  regionale  Puglia  ha  affermato  esplicitamente   la
sussistenza della propria  giurisdizione  sul  verbale  n.  63  della
seduta del 22 ottobre 2018, recante le determinazioni  assunte  dalla
VII Commissione consiliare permanente  del  Consiglio  della  Regione
Puglia in ordine al rinnovo della propria composizione e all'elezione
del presidente e dei due vicepresidenti. 
    Tali determinazioni, pero', non potevano  e  non  possono  essere
assoggettate  alla  giurisdizione  amministrativa,  in   quanto   non
provengono da una pubblica amministrazione  e  non  hanno  natura  di
provvedimenti  amministrativi,  essendo  invece  atti  di  un  organo
interno del Consiglio regionale (Commissione consiliare  permanente),
adottati nell'esercizio non  gia'  di  una  funzione  amministrativa,
bensi' del proprio potere  di  autorganizzazione;  pertanto,  esulano
completamente, sia sotto  il  profilo  soggettivo  che  sotto  quello
oggettivo,  dall'ambito  della  giurisdizione  amministrativa,   come
definito anzitutto dall'art. 103, comma 1, Cost.  («Il  Consiglio  di
Stato  e  gli  altri  organi  di   giustizia   amministrativa   hanno
giurisdizione  per   la   tutela   nei   confronti   della   pubblica
amministrazione degli interessi legittimi e, in  particolari  materie
indicate dalla legge, anche dei diritti  soggettivi.»)  e  poi  dalle
rubricate norme del codice del processo amministrativo: l'art. 7, che
individua, in generale, le controversie devolute  alla  giurisdizione
amministrativa come quelle  «concernenti  l'esercizio  o  il  mancato
esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti,
accordi   o   comportamenti    riconducibili    anche    mediatamente
all'esercizio  di  tale  potere,  posti  in   essere   da   pubbliche
amministrazioni»  gli  articoli  133   e   134   che,   nell'elencare
rispettivamente le materie di giurisdizione esclusiva  e  di  merito,
non contengono alcuna indicazione nemmeno vagamente  riferibile  alla
materia e alla controversia de qua. 
    E' ben vero che, come  codesta  ecc.ma  Corte  ha  affermato,  il
Consiglio regionale e i suoi organi  interni  svolgono  di  frequente
funzioni amministrative e, in tali casi, i  relativi  atti  non  sono
sottratti alla giurisdizione in generale e, in particolare, a  quella
assegnata al complesso TAR-Consiglio  di  Stato;  ma  e'  altrettanto
vero, come la stessa ecc.ma Corte ha piu'  volte  precisato,  che  da
tali fattispecie vanno  tenute  ben  distinte  quelle  in  cui  siano
esercitati dallo stesso  Consiglio,  anche  nelle  sue  articolazioni
interne, poteri di  altra  natura  e,  in  particolare,  attribuzioni
costituzionalmente   garantite,   ossia,   accanto   alla    potesta'
legislativa, le «altre funzioni  conferitegli  dalla  Costituzione  e
dalle  leggi»,  cosi'  indicate  dall'art.  121,  comma  2,  Cost.  e
individuate  nelle  funzioni  di  indirizzo  politico,  di  controllo
sull'esecutivo  regionale  e  di  autorganizzazione   (Corte   cost.,
sentenze numeri 81/1975, 69/1985, 70/1985, 289/1997 e 392/1999, tutte
richiamate, per la parte che qui rileva, dalla piu' recente decisione
n. 337/2009). 
    Tali atti quindi, a prescindere dalla forma (legislativa o  meno)
che assumano di volta in volta, non sono, in  ragione  dell'obiettiva
natura della funzione svolta,  atti  amministrativi  e,  dunque,  non
possono essere assoggettati alla relativa giurisdizione (in  realta',
a nessuna giurisdizione), pena la violazione dell'art. 103, comma  1,
Cost. e delle norme ordinarie interposte, sopra indicate. 
    Ne' puo' dubitarsi che le determinazioni scrutinate  e  annullate
dal Tribunale amministrativo  regionale  Puglia  siano  qualificabili
come atti  di  autorganizzazione,  indispensabili  all'esercizio  dei
poteri attribuiti al Consiglio regionale dalla Costituzione  e  dallo
Statuto  regionale  vigente  (art.  22),  in   primis   la   potesta'
legislativa (art. 121,  comma  2,  Cost.),  rispetto  alla  quale  le
Commissioni svolgono attivita' preparatorie, ausiliarie e talvolta di
vero e proprio decentramento delle funzioni attribuite  al  Consiglio
regionale; per questo esse sono costituite in modo  da  rispecchiare,
«per  quanto  possibile»,   la   fisionomia   politica   del   plenum
dell'Assemblea  legislativa  e  funzionano,  su  scala  ridotta,  con
modalita' analoghe a quelle in  uso  per  il  Consiglio  (reg.  int.,
articoli 9 e seguenti). 
    1.2.  -  Proprio  in  ragione  delle  competenze  assegnate  alle
Commissioni,  deve  ritenersi   che,   nell'esercitare   la   propria
giurisdizione sul verbale di  cui  trattasi,  lo  Stato,  tramite  il
Tribunale  Amministrativo  pugliese,  abbia  invaso  la  sfera  delle
attribuzioni  assegnate  dalla  Costituzione  alla  Regione,  ledendo
l'autonomia   e   le   prerogative   costituzionali    dell'Assemblea
legislativa e dei suoi organi interni  (le  Commissioni  e  anche  il
Presidente), come garantite dal complesso delle regole e dei principi
fissati in Costituzione e  dettagliati  nello  Statuto,  mediante  le
disposizioni indicate in rubrica. 
    Piu' precisamente,  l'art.  114,  comma  2,  nel  riconoscere  le
regioni quali enti autonomi con «propri statuti,  poteri  e  funzioni
secondo i principi fissati dalla Costituzione», individua gli statuti
come componente essenziale dell'autonomia; l'art.  123  ne  definisce
l'oggetto, includendovi, accanto alla forma di governo,  «i  principi
fondamentali  di  organizzazione   e   funzionamento»;   l'art.   117
attribuisce  la  potesta'  legislativa  e   ne   definisce   l'ambito
materiale; l'art. 121, al comma 2, individua il Consiglio come organo
titolare  della  potesta'  legislativa  e   delle   «altre   funzioni
conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi.». 
    Lo Statuto della Regione Puglia, a sua volta, riconosce la «piena
autonomia  organizzativa,  funzionale  e  contabile»  del   Consiglio
regionale (art. 23), ne prevede e disciplina gli organi interni (art.
25). Tra questi, in particolare: il presidente (art. 25),  organo  di
vertice  che  «insedia  le  Commissioni  e  ne   verifica   il   buon
funzionamento» (lett. b) e «garantisce il rispetto  delle  norme  del
presente  Statuto  e  del  regolamento  interno  del  Consiglio   con
particolare riferimento a quelle inerenti la tutela dei diritti delle
opposizioni» (lett. d); nonche' le Commissioni permanenti,  istituite
«per ambiti di competenza», con rinvio al Regolamento interno per  la
disciplina della composizione  e  delle  modalita'  di  funzionamento
(art.  30),  organi  collegiali  che  «per  le  materie  di   propria
competenza,   esercitano   le   funzioni    referente,    consultiva,
legislativa, redigente e di controllo, secondo le modalita'  previste
dal regolamento interno». 
    Il  complesso  di  queste  norme,  dunque,  definisce  la   sfera
riservata, intangibile  da  qualsiasi  altro  potere,  dell'autonomia
regionale,  nello  specifico  profilo  dell'autonomia  istituzionale,
organizzativa  e  funzionale  del  Consiglio,   tutelando   da   ogni
interferenza, oltre alla  potesta'  legislativa,  tutte  le  funzioni
costituzionalmente rilevanti (art. 121, comma  2).  A  tal  fine,  la
riserva  non  puo'  non  «coprire»  tutti  gli   atti   riconducibili
ragionevolmente all'autonomia e a tutte le esigenze ad essa  sottese,
dunque sia all'esercizio delle  funzioni  sostanziali  (legislazione,
indirizzo politico e controllo), sia al connesso  strumentale  potere
di autorganizzazione, disciplinato dallo Statuto, come detto, a mente
dell'art.  123,  comma  1,  Cost.  e  dal  Regolamento  interno   del
Consiglio, cui lo Statuto (articoli 30 e 37), a sua volta, rinvia. In
questo ambito si collocano gli atti  concernenti  la  costituzione  e
composizione  delle  commissioni  consiliari   permanenti,   che   di
conseguenza non possono essere attinti da alcun potere  dello  Stato,
tanto meno dall'esercizio del  potere  giurisdizionale,  segnatamente
dalla  giurisdizione  amministrativa,  pena  la   menomazione   delle
attribuzioni costituzionali dell'ente regione. 
2. - Violazione dell'art. 122, comma 4, Cost. e  degli  articoli  38,
22, 23, 25, 26,  30,  32,  37  dello  Statuto  della  Regione  Puglia
approvato con legge regionale 12 maggio 2004, n. 7 e  modificato  con
leggi regionali 11 aprile 2012, n. 9,  28  marzo  2013,  n.  8  e  20
ottobre 2014, n. 44. Difetto assoluto di giurisdizione. Lesione delle
attribuzioni regionali costituzionalmente  garantite  dagli  articoli
114, comma 2, 117, 123, 121, commi 1 e 2, Cost. 
    2.1. - Le determinazioni  impugnate  sono  scaturite  dall'«ampio
confronto» svoltosi durante la seduta della VII Commissione (cosi' si
legge nel relativo verbale) dopo il rifiuto dei consiglieri  presenti
del Movimento 5 Stelle di ritirare una  delle  due  designazioni;  la
proposta di procedere, a quel punto,  mediante  sorteggio,  e'  stata
formulata da  un  consigliere  di  opposizione,  condivisa  da  altro
consigliere pure di opposizione e, infine,  recepita  dal  presidente
nell'esercizio dei suoi poteri di ordine e  direzione  della  seduta,
disciplinati dall'art. 26 dello Statuto e dagli articoli 2 e 9, commi
8 e 10, del regolamento interno del Consiglio; l'art. 9, comma 8,  in
particolare, specifica  che  «il  presidente  del  consiglio  convoca
ciascuna   Commissione   consiliare   permanente   per   la   propria
costituzione, la quale ha luogo mediante l'elezione di un presidente,
di due vice presidenti e di un segretario.» A questa  elezione,  come
gia' riferito in fatto, si e' proceduto in conclusione della  seduta,
per di piu' con  la  partecipazione  della  consigliera  rimasta  del
Movimento 5 Stelle, eletta vice presidente (di opposizione). 
    La sentenza impugnata, quindi, avendo sottoposto  allo  scrutinio
del  potere  giurisdizionale  opinioni  espresse  e  voti  dati   dal
presidente del consiglio e dai consiglieri  regionali  nell'esercizio
di  funzioni  loro  proprie   (concernenti,   nello   specifico,   la
costituzione di un organo interno statutariamente previsto, quale una
commissione consiliare permanente),  ha  leso  anche  la  prerogativa
dell'insindacabilita'  attribuita  ad  essi   consiglieri   regionali
dall'art. 122, comma 4, Cost., che comporta  immunita'  da  qualsiasi
giurisdizione. 
    Tale guarentigia, a  completamento  dei  principi  enucleati  nel
precedente motivo, e' volta ad  escludere  qualsiasi  interferenza  e
condizionamento esterno sulle determinazioni inerenti alla  sfera  di
autonomia  costituzionalmente  riservata  alla  Regione,  che   viene
sostanziata  e  tutelata  anche  dalle   prerogative   costituzionali
dell'Assemblea legislativa e dei suoi  organi  interni  (commissioni,
presidente e singoli consiglieri), come garantite dal complesso delle
regole e dei principi fissati in  Costituzione  e  dettagliati  nello
Statuto, mediante le disposizioni indicate in rubrica. 
    Invero,  secondo  la  giurisprudenza  di  codesta  ecc.ma   Corte
costituzionale,  sussiste  un  chiaro  parallelismo  tra  l'immunita'
riconosciuta  ai  parlamentari  dall'art.  68,  comma  1   e   quella
riconosciuta ai consiglieri regionali dall'art. 122, comma 4,  Cost.,
sul  fondamento  e  nell'ambito  delle  attribuzioni   di   rilevanza
costituzionale; queste,  infatti,  pur  non  essendo  espressione  di
sovranita',    costituiscono     esplicazione     di     un'autonomia
costituzionalmente garantita, il che giustifica  tale  guarentigia  e
determina percio' un difetto assoluto di giurisdizione in relazione a
tutti gli atti  che  costituiscano  esercizio  di  tali  attribuzioni
(Corte cost., sentenze nn. 81/1975, 69/1985 e 392/1999). 
    La stessa giurisprudenza costituzionale ha anche precisato che le
funzioni  «costituzionalmente  rilevanti»  del  Consiglio   regionale
(cioe' le «loro funzioni» di cui all'art. 122, comma 4,  Cost.)  sono
quelle individuate dall'art. 121, comma 2, Cost., ovvero la  potesta'
legislativa attribuita alla Regione e «le altre  funzioni»  conferite
al consiglio dalla Costituzione e dalle leggi (Corte cost., decisione
n. 69/1985). 
    Piu'   esattamente,    accanto    alla    funzione    legislativa
(espressamente prevista in Costituzione come tipica  del  consiglio),
sono state individuate  come  «altre  funzioni»  -  che  nel  sistema
costituzionale possono ritenersi attribuzioni tipiche del Consiglio e
quindi garantite da immunita' - le funzioni di indirizzo politico, di
controllo sull'esecutivo  regionale  e  di  autorganizzazione  (Corte
cost., sentenze numri 81/1975, 69/1985, 70/1985, 289/1997,  392/1999,
200/2008 e 337/2009). 
    Le  stesse  pronunce  teste'  citate  precisano  che  l'immunita'
garantisce  queste  «altre  funzioni»,  a  prescindere  dalla   forma
(legislativa o amministrativa) dell'atto in cui esse si estrinsecano,
essendo invece connessa  esclusivamente  all'obiettiva  natura  della
funzione svolta, che, se fondata sulle  attribuzioni  caratterizzanti
l'autonomia  propria  dell'organo,  anche  nelle  sue   articolazioni
interne, deve ritenersi immune dalla giurisdizione. 
    In sintesi,  l'immunita'  funzionale  dei  consiglieri  regionali
«copre» (solo gli atti e) tutti gli atti che siano riconducibili alla
sfera  di  autonomia  -  legislativa,  di  indirizzo   politico,   di
controllo, organizzativa - propria  dell'organo  di  appartenenza  ed
alle esigenze ad essa sottese, in  quanto  costituiscono  espressione
delle prerogative assembleari, sono cioe'  emanate  nell'espletamento
delle funzioni tipiche e «proprie» del Consiglio. 
    Cio'  premesso,  e'  innegabile  che,  in  generale,  l'attivita'
concernente la costituzione, composizione e rinnovo delle commissioni
consiliari, sia finalizzata a garantire l'autonomo funzionamento  del
consiglio regionale e come tale goda delle  tutele  di  cui  all'art.
122, comma 4, Cost. 
    Segnatamente, con riferimento  alla  ricorrente  Regione  Puglia,
tanto e'  confermato  dalle  specifiche  disposizioni  dello  Statuto
regionale vigente, espressione dell'autonomia fissata dagli  articoli
114, comma 2  e  123  Cost.,  nonche'  del  regolamento  interno  del
Consiglio, cui lo Statuto fa rinvio; la  fonte  statutaria,  infatti,
riconosce la «piena autonomia organizzativa, funzionale e  contabile»
del Consiglio regionale (art. 23), ne prevede e disciplina gli organi
interni (art. 25). Tra questi, in  particolare,  vengono  in  rilievo
(come gia' detto nel precedente motivo):  il  Presidente  (art.  25),
organo di vertice che «insedia le commissioni e ne verifica  il  buon
funzionamento» (lett. b) e «garantisce il rispetto  delle  norme  del
presente  Statuto  e  del  regolamento  interno  del  Consiglio   con
particolare riferimento a quelle inerenti la tutela dei diritti delle
opposizioni» (lett. d); nonche' le commissioni permanenti,  istituite
«per ambiti di competenza», con rinvio al regolamento interno per  la
disciplina della composizione  e  delle  modalita'  di  funzionamento
(art.  30),  organi  collegiali  che  «per  le  materie  di   propria
competenza,   esercitano   le   funzioni    referente,    consultiva,
legislativa, redigente e di controllo, secondo le modalita'  previste
dal regolamento interno». 
    Rileva poi l'art. 9 del regolamento interno,  in  base  al  quale
ciascun  gruppo  consiliare   designa,   dandone   comunicazione   al
presidente del consiglio, i propri rappresentanti  nelle  commissioni
consiliari permanenti, «che  devono  risultare  composte  in  maniera
proporzionale, per quanto possibile,  alla  consistenza  numerica  di
ciascun gruppo in consiglio.». 
    In conclusione, la costituzione delle commissioni  rientra  pleno
iure tra gli atti di  esercizio  delle  prerogative  dei  consiglieri
inerenti  all'organizzazione  del  consiglio,  attivita'  strumentale
indispensabile al funzionamento dell'organo nello  svolgimento  delle
tipiche funzioni sue proprie; dette prerogative si esplicano sotto la
direzione del presidente, nell'ambito dello specifico potere  che,  a
sua volta, gli e' attribuito dalle fonti di  rango  costituzionale  e
statutario. 
    Le  relative  determinazioni  sono,  pertanto,  immuni  da   ogni
giurisdizione, ai sensi dell'art. 122, comma 4, Cost. e dell'art.  38
dello  Statuto,  violati  nella  specie  con   evidente   menomazione
dell'autonomia regionale costituzionalmente garantita. 
    2.2. - In proposito, e' appena il caso di  rilevare  che  i  vari
richiami (anche a sentenze dell'ecc.ma Consulta) posti  a  fondamento
dell'impugnata  decisione  del  Tribunale  amministrativo   regionale
Puglia nella parte riguardante il profilo della spettanza del potere,
risultano  inconferenti  ed   erronei,   trattandosi   di   decisioni
riguardanti atti del potere esecutivo, quindi  tematiche  diverse  ed
estranee  rispetto  a   quella   delle   prerogative   dell'assemblea
legislativa e dei suoi componenti, rilevante nella specie e non presa
in considerazione dal TAR: tali sono sia il tema  dell'atto  politico
(che  attiene  «alla  direzione  suprema  e  generale   dello   Stato
considerato nella sua unita' e nelle  sue  istituzioni  fondamentali»
(Corte  cost.,  n.  103/1993),   sia   quello   dell'atto   di   alta
amministrazione, rientrante comunque nel piu' ampio genus degli  atti
amministrativi; sia, infine, il tema  affrontato  nella  sentenza  di
codesta   ecc.ma   Corte   n.   81   del   2012,   che   ha   escluso
dall'insindacabilita' il provvedimento del  presidente  della  giunta
della Regione Campania di nomina degli assessori,  impugnato  perche'
ritenuto in contrasto con il principio statutario  di  un'equilibrata
presenza  di  donne  e  uomini  nella   composizione   dell'esecutivo
regionale. E'  evidente  la  profonda  differenza  dalla  fattispecie
oggetto del presente conflitto, trattandosi - in quell'altro  caso  -
di atto del presidente della giunta regionale emanato nell'esercizio,
appunto,  del  potere  di  governo,  percio'  estraneo   alla   sfera
consiliare e allo status di consigliere regionale; atto, dunque,  che
nulla ha a che fare con le prerogative dei  consiglieri  legate  alla
salvaguardia delle funzioni assembleari costituzionalmente  rilevanti
da interferenze e  condizionamenti  esterni  (sull'impossibilita'  di
estendere  ai   componenti   della   Giunta   regionale   l'immunita'
riconosciuta ai consiglieri ex art. 122,  comma  4,  Cost.,  si  veda
Corte costituzionale, n. 81/1975, n. 195/2007 e n. 200/2008). 
    Del resto, e' al presidente del  consiglio  che  sono  attribuite
dall'art.  26  dello  Statuto  le  seguenti  funzioni:   «tutela   le
prerogative e assicura il pieno e libero  esercizio  del  mandato  di
tutti i consiglieri regionali» (art. 26,  lett.  a),  «garantisce  il
rispetto delle norme del presente Statuto e del  regolamento  interno
del consiglio, con  particolare  riferimento  a  quelle  inerenti  la
tutela dei diritti delle opposizioni» (lett.  d);  e'  stabilito  poi
che, nell'esercizio di queste funzioni, il presidente si avvale della
cooperazione  dell'Ufficio  di  presidenza,  a  mente  dell'art.  28,
lettera a) dello Statuto e dell'art. 5 reg. int., in  base  al  quale
quest'ultimo  ufficio:  «a)  assicura  l'esercizio  dei  diritti  dei
consiglieri  tutelandone  le  prerogative;  b)   cura   il   corretto
funzionamento di tutte  le  articolazioni  del  Consiglio;  [...]  h)
esprime pareri su questioni relative all'interpretazione del presente
regolamento; i) decide su tutte le altre questioni che ad esso  siano
deferite dal presidente.» 
    Qualsiasi  doglianza,  dunque,  si  sarebbe   potuta   e   dovuta
sottoporre esclusivamente  all'Ufficio  di  presidenza,  per  trovare
soluzione appropriata mediante l'organo individuato nell'ambito della
definizione costituzionale dello statuto di autonomia della  Regione;
«statuto in base al quale non e' configurabile, sul piano sostanziale
e per i profili che vengono in rilievo in ordine all'applicazione del
regolamento   dell'Assemblea   regionale    siciliana    sul    piano
dell'autorganizzazione, una  situazione  soggettiva  suscettibile  di
tutela in sede giurisdizionale.» (cosi' Cassazione, SS.UU., ordinanza
3  marzo  2016,  n.  4190,  emanata  in  sede   di   regolamento   di
giurisdizione su fattispecie del tutto  sovrapponibile  a  quella  in
oggetto; detta ordinanza  richiama  esplicitamente,  in  motivazione,
Corte costituzionale, sentenze n. 81/1975 e n. 69/1985). 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Regione Puglia,  come  in  epigrafe  rappresentata  e  difesa,
chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia: 
        dichiarare  che  non  spetta  al   Tribunale   amministrativo
regionale per la Puglia -  Sezione  I,  il  potere  di  annullare  il
verbale n. 63 del 22 ottobre 2018 della  VII  Commissione  consiliare
permanente del Consiglio regionale della Puglia,  avente  ad  oggetto
«rinnovo  della  composizione  della   VII   Commissione   consiliare
permanente»; 
        annullare la sentenza emanata  dal  Tribunale  amministrativo
regionale Puglia, Bari,  Sez.  I,  n.  260/2019  Reg.  provv.  coll.,
depositata  il  21  febbraio  2019,  con  cui  il   predetto   potere
giurisdizionale e' stato affermato e concretamente esercitato. 
    Si depositano i seguenti documenti: 
        1) copia autentica della delibera di G.R. n. 655 del 9 aprile
2019, di autorizzazione a stare in giudizio; 
        2)   copia   autentica   della   sentenza    del    Tribunale
amministrativo  regionale  Puglia,  Bari,   Sez.   I,   n.   260/2019
(impugnata); 
        3) nota del presidente del  consiglio  della  Regione  Puglia
prot. n. 72725 dell'11 ottobre 2018 (convocazione dei capigruppo); 
        4) verbale della VII Commissione consiliare permanente n.  63
del 22 ottobre 2018; 
        5) regolamento interno del Consiglio della Regione Puglia. 
          Bari, 10 aprile 2019 
 
                         Avvocato: Dentamaro