N. 126 ORDINANZA 20 febbraio - 24 maggio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati tributari - Causa di non punibilita' per pagamento  del  debito
  tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento -
  Disciplina della proroga giudiziale del  termine  per  l'estinzione
  del debito in caso di rateizzazione. 
- Decreto legislativo 10 marzo 2000,  n.  74  (Nuova  disciplina  dei
  reati in materia di imposte sui redditi e sul  valore  aggiunto,  a
  norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), art. 13,
  comma 3, come sostituito dall'art. 11 del  decreto  legislativo  24
  settembre 2015, n. 158 (Revisione  del  sistema  sanzionatorio,  in
  attuazione dell'articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014,  n.
  23). 
(GU n.22 del 29-5-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 3,
del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74  (Nuova  disciplina  dei
reati in materia di imposte sui redditi  e  sul  valore  aggiunto,  a
norma dell'articolo 9 della legge  25  giugno  1999,  n.  205),  come
sostituito dall'art. 11 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n.
158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo
8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23), promossi dal Tribunale
ordinario di Treviso e dal Tribunale ordinario di Asti, con ordinanze
del 18 maggio e del 7 giugno 2017, iscritte rispettivamente ai numeri
149 e 170 del registro ordinanze 2017  e  pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica numeri 44  e  48,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2017. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  R.  S.,  nonche'  gli  atti   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 6 febbraio  2019  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Treviso, con ordinanza del
18 maggio 2017, iscritta al n. 149 del registro ordinanze 2017, e  il
Tribunale ordinario  di  Asti,  con  ordinanza  del  7  giugno  2017,
iscritta al n. 170 del registro ordinanze 2017, hanno  sollevato,  in
riferimento agli artt.  3  e  24  della  Costituzione,  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  13,  comma  3,  del  decreto
legislativo 10 marzo 2000, n.  74  (Nuova  disciplina  dei  reati  in
materia di imposte  sui  redditi  e  sul  valore  aggiunto,  a  norma
dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), come  sostituito
dall'art. 11 del  decreto  legislativo  24  settembre  2015,  n.  158
(Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo  8,
comma 1, della legge 11 marzo  2014,  n.  23),  nella  parte  in  cui
prevede che,  qualora  prima  della  dichiarazione  di  apertura  del
dibattimento il debito tributario sia in fase di estinzione  mediante
rateizzazione, e' dato un termine di tre mesi per  il  pagamento  del
debito residuo, con facolta' per il giudice di prorogare tale termine
una sola volta per non oltre tre mesi, e  non  consente,  invece,  di
concedere un termine piu' lungo coincidente con lo scadere del  piano
di rateizzazione; 
    che il giudice rimettente trevigiano espone quanto segue: 
    - a seguito di decreto penale di condanna, R. S. veniva tratto  a
giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 10-bis  del  d.lgs.
n.  74  del  2000,  per  avere  omesso,   in   qualita'   di   legale
rappresentante  della  societa'  B.srl,  di  versare,   nel   termine
previsto, ritenute  risultanti  dalle  certificazioni  rilasciate  ai
sostituiti relative al  periodo  d'imposta  2012,  per  un  ammontare
complessivo di euro 156.249,21; 
    - prima dell'apertura del dibattimento, la  difesa  dell'imputato
riferiva di avere richiesto un piano di rientro del debito formato da
venti rate trimestrali destinato ad avere termine il 30 aprile  2020,
sostenendo l'illegittimita' costituzionale dell'art. 13 del d.lgs. n.
74 del 2000 che precludeva all'imputato di avvalersi della  causa  di
non punibilita' rappresentata dal  pagamento  del  debito  tributario
prima dell'apertura del dibattimento, stante il  termine  massimo  di
sei mesi di proroga previsto dalla norma censurata; 
    - premessa, in punto  di  rilevanza,  la  preclusione  anzidetta,
quanto  alla  non   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale della norma censurata valgono le seguenti
considerazioni: 
    1) posto che la  data  della  prima  udienza  dibattimentale  non
dipende  dalla  volonta'  dell'imputato,   vi   sarebbe   un'evidente
diversita' di trattamento tra coloro che, a fronte di  un  debito  da
estinguere di pari ammontare e di un  eguale  numero  di  rate,  sono
chiamati  a  rispondere  del  reato  contestato  innanzi  al  giudice
dibattimentale in momenti diversi, con la conseguenza che solo alcuni
potrebbero essere posti in  condizione  di  versare  l'intero  debito
tributario entro il termine concesso dal giudice ed  usufruire  della
causa di non punibilita',  con  conseguente  violazione  dell'art.  3
Cost.; 
    2) sotto altro profilo, il contrasto con  il  medesimo  parametro
costituzionale  deriverebbe  dalla  circostanza  per   cui   verrebbe
determinata una differenziazione sul piano concreto  del  trattamento
processuale in base al numero di rate  che  un  soggetto  sceglie  di
versare,  numero  fisiologicamente  collegato   alla   disponibilita'
economica del medesimo (e cio' in quanto  maggiore  e'  la  capacita'
economica di un soggetto, minore e' il numero  di  rate  mediante  le
quali riesce a versare il dovuto); 
    3) vi sarebbe, inoltre, la violazione dell'art. 24 Cost.  perche'
sarebbe impedito all'imputato di avvalersi in giudizio di  un'opzione
difensiva da cui  discenderebbe  la  non  punibilita'  per  il  fatto
contestato, dato che non e' prevista la concedibilita' di un  termine
coincidente con  lo  scadere  del  piano  di  rateizzazione  tale  da
consentire all'imputato  di  pagare  l'intero  ammontare  del  debito
tributario prima della dichiarazione di apertura del  dibattimento  e
avvalersi, di tal guisa, della causa di non punibilita'; 
    4) sussisterebbe, infine, un contrasto con la ratio sottesa  alla
previsione della causa di non punibilita', che  la  stessa  relazione
illustrativa alla riforma individua nella  «scelta  di  concedere  al
contribuente la possibilita' di eliminare la rilevanza  penale  della
propria condotta attraverso una piena soddisfazione dell'erario prima
del processo penale»; 
    che, con atto depositato il 14 novembre 2017, si e' costituito R.
S., imputato nel giudizio a quo,  riprendendo  alcune  argomentazioni
gia'   sviluppate   nell'ordinanza   di   rimessione   e    chiedendo
l'accoglimento  della  questione   di   legittimita'   costituzionale
sollevata; 
    che, con atto depositato il 22 novembre 2017, e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo la  manifesta
infondatezza  della   questione,   soprattutto   sulla   base   della
considerazione  del  carattere  eccezionale  della   causa   di   non
punibilita'  e  della  conseguente  ragionevolezza  della  scelta  di
delimitarne  la  portata  attraverso  la  previsione  di  un   limite
temporale, ricordando la recente sentenza n. 95 del  2015  di  questa
Corte, relativa all'art. 13, comma 2-bis, del d.lgs. n. 74 del  2000,
e  concludendo  per  la  ragionevolezza  del  contemperamento   degli
interessi in gioco sottesa alla scelta del legislatore  di  ammettere
la causa di non punibilita'  anche  nei  casi  di  rateizzazione  del
debito d'imposta, ma con un limite  temporale  alla  sospensione  del
processo penale (tre mesi rinnovabili una sola volta), ragionevolezza
tale da  escludere  qualsiasi  contrasto  sia  con  il  principio  di
uguaglianza che con il diritto di difesa; 
    che il giudice rimettente astigiano espone quanto segue: 
    - a seguito  di  decreto  di  citazione,  N.O.  veniva  tratto  a
giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 10-ter  del  d.lgs.
n.  74  del  2000,  per  avere  omesso,   in   qualita'   di   legale
rappresentante della societa' O.R.S. srl,  di  versare,  nel  termine
previsto,  l'imposta  sul  valore  aggiunto  dovuta  in   base   alla
dichiarazione annuale presentata per il periodo di imposta 2012,  per
un ammontare complessivo di euro 317.947,00; 
    - prima dell'apertura del dibattimento, la  difesa  dell'imputato
riferiva di avere richiesto un piano di rientro  destinato  ad  avere
termine il 31 gennaio 2020; 
    - premesso in punto di rilevanza che  la  disposizione  censurata
impedirebbe all'imputato di avvalersi della causa di non  punibilita'
rappresentata dal pagamento del debito tributario prima dell'apertura
del dibattimento (stante il termine massimo di sei  mesi  di  proroga
previsto dalla norma censurata), la non manifesta infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale  della  norma  censurata  e'
fondata sulle seguenti argomentazioni: 
    1) la violazione dell'art. 3 Cost. discenderebbe innanzitutto dal
fatto che si condiziona la concreta  possibilita'  di  accedere  alla
causa di non punibilita' a variabili che non dipendono dall'imputato,
quali ad esempio la tempestivita' con la quale e' esercitata l'azione
penale; 
    2) sarebbe ravvisabile un'irragionevole disparita' di trattamento
tra chi, ammesso al pagamento rateizzato del debito tributario, ha la
possibilita' di scegliere  di  rinunciare  alla  rateizzazione  e  di
adempiere il residuo debito entro il termine di tre mesi fissato  dal
giudice (eventualmente prorogato di altri tre  mesi),  cosi'  andando
esente dalla sanzione penale, e chi non ha tale facolta'  perche'  il
piano di rateizzazione e' lo specchio di  una  ben  specifica  e  non
superabile situazione finanziaria; 
    3) tali considerazioni indurrebbero a configurare una  violazione
anche dell'art.  24  Cost.,  in  quanto,  senza  ragione  plausibile,
verrebbe impedito all'imputato di avvalersi di  un'opzione  difensiva
che gli consentirebbe di  andare  esente  da  responsabilita'  penale
attraverso quella causa di esclusione  della  punibilita'  costituita
dal pagamento dell'intero debito tributario prima della dichiarazione
di apertura del dibattimento; 
    che, con atto depositato il 19 dicembre 2017, e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso   dall'Avvocatura    generale    dello    Stato,    sostenendo
l'inammissibilita' e la manifesta infondatezza  della  questione,  in
considerazione - quanto al primo profilo - del fatto che  il  giudice
rimettente partirebbe dall'erroneo presupposto che  all'imputato  non
sia concesso di provvedere al tempestivo pagamento del  debito  verso
l'erario e - quanto al secondo profilo -  del  carattere  eccezionale
della  causa  di  non  punibilita'  de  qua   e   della   conseguente
ragionevolezza della scelta di delimitarne la portata  attraverso  la
previsione  di  un  limite  temporale,  idonea  a  rappresentare   un
ragionevole contemperamento degli interessi in gioco. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Treviso e il  Tribunale
ordinario di Asti, con  le  ordinanze  indicate  in  epigrafe,  hanno
sollevato, in riferimento agli  artt.  3  e  24  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma  3,  del
decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei  reati
in materia di imposte sui redditi e  sul  valore  aggiunto,  a  norma
dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), come  sostituito
dall'art. 11 del  decreto  legislativo  24  settembre  2015,  n.  158
(Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo  8,
comma 1, della legge 11 marzo  2014,  n.  23),  nella  parte  in  cui
prevede che,  qualora  prima  della  dichiarazione  di  apertura  del
dibattimento, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante
rateizzazione e' dato un termine di tre mesi  per  il  pagamento  del
debito residuo, con facolta' per il giudice di prorogare tale termine
una sola volta per non oltre tre mesi  e  non  consente,  invece,  di
concedere un termine piu' lungo coincidente con lo scadere del  piano
di rateizzazione; 
    che, in considerazione dell'identita' della norma censurata e dei
parametri evocati, i giudizi vanno riuniti, per essere  definiti  con
un'unica pronuncia; 
    che sussistono plurimi profili ostativi allo scrutinio di  merito
di entrambe le questioni; 
    che, innanzitutto, nel censurare il citato comma 3, in quanto non
consente di concedere un termine coincidente con lo scadere del piano
di rateizzazione, non viene perimetrata  la  portata  dell'intervento
richiesto a  questa  Corte,  non  chiarendosi  per  quali  specifiche
ipotesi andrebbe prevista la possibilita' di accordare tale ulteriore
proroga, la  natura  facoltativa  od  obbligatoria  della  stessa  ed
eventuali limiti alla sua durata temporale; 
    che tale omissione - come gia'  stabilito  da  questa  Corte  con
l'ordinanza n. 256 del 2017 che ha dichiarato  inammissibile  analoga
questione avente ad oggetto la medesima  disposizione  -  si  risolve
nella  indeterminatezza  ed  ambiguita'  del  petitum,  il  che,  per
consolidata       giurisprudenza       costituzionale,       comporta
l'inammissibilita' della questione; 
    che, inoltre, come evidenziato nella  richiamata  pronuncia,  «in
considerazione della pluralita' di soluzioni possibili, nessuna delle
quali costituzionalmente obbligata, l'intervento sollecitato a questa
Corte si caratterizza per  un  elevato  tasso  di  manipolativita'  e
comporta la scelta tra diverse opzioni che  rispondono  a  differenti
possibili modulazioni del bilanciamento degli interessi in gioco,  la
cui valutazione e' rimessa  alla  discrezionalita'  del  legislatore,
salvo il limite della non irragionevolezza»; 
    che comporta l'inammissibilita' della questione  la  «assenza  di
una soluzione costituzionalmente obbligata in materia riservata  alla
discrezionalita' legislativa (ex plurimis, sentenze n. 148  e  n.  23
del 2016; ordinanze n. 171 del 2017 e n.  270  del  2015),  quale  e'
appunto la modulazione di una causa di non punibilita'» (ordinanza n.
256 del 2017); 
    che  le  questioni  sollevate,  pertanto,   sono   manifestamente
inammissibili. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle Norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara   manifestamente   inammissibili   le    questioni    di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  13,  comma  3,  del  decreto
legislativo 10 marzo 2000, n.  74  (Nuova  disciplina  dei  reati  in
materia di imposte  sui  redditi  e  sul  valore  aggiunto,  a  norma
dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), come  sostituito
dall'art. 11 del  decreto  legislativo  24  settembre  2015,  n.  158
(Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo  8,
comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23), sollevate, in riferimento
agli artt. 3 e 24 della  Costituzione,  dal  Tribunale  ordinario  di
Treviso e dal Tribunale  ordinario  di  Asti,  con  le  ordinanze  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 maggio 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA