N. 44 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 marzo 2019
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'11 marzo 2019 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Stampa - Norme della Regione Molise - Norma di interpretazione autentica del comma 3 dell'art. 5 della legge regionale n. 11 del 2015 recante «Disciplina del sostegno all'editoria locale» - Divieto di cumulo del contributo regionale con contributi erogati da altro ente pubblico - Previsione che la disposizione debba essere interpretata nel senso che i contributi erogati dalla legge regionale, aventi l'obiettivo di rafforzare l'esercizio della professione giornalistica nell'ambito dell'informazione regionale, sono erogati a titolo non identico rispetto a quelli erogati dallo Stato. - Legge della Regione Molise 24 dicembre 2018, n. 15 (Interpretazione autentica del comma 3 dell'art. 5 della legge regionale 20 maggio 2015, n. 11).(GU n.23 del 5-6-2019 )
Ricorso ai sensi dell'art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (cod. fisc. 80224030587, n. fax 0696514000 e pec per il ricevimento degli atti ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) nei cui uffici e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12, contro la Regione Molise, in persona del Presidente della Regione pro-tempore, domiciliato per la carica presso la sede della Regione in Campobasso, via Genova, 11 (cap 86100) per l'impugnazione della legge della Regione Molise n. 15 del 24 dicembre 2018, recante «Interpretazione autentica del comma 3 dell'art. 5 della legge regionale 20 maggio 2015, n. 11», pubblicata sul B.U.R. 31 dicembre 2018, n. 66, della Regione Molise, come da delibera del Consiglio dei ministri adottata nella seduta n. 47 del 27 febbraio 2019. Fatto In data 27 dicembre 2018 e' stata pubblicata sul B.U.R. n. 66 della Regione Molise la legge regionale 24 dicembre 2018, n. 15, intitolata «Interpretazione autentica del comma 3 dell'art. 5 della legge regionale 20 maggio 2015, n. 11». Tale legge all'art. 1 cosi' dispone: «Il comma 3 dell'art. 5 della legge regionale 20 maggio 2015, n. 11 (Disciplina del sostegno dell'editoria locale), deve interpretarsi nel senso che - consistendo l'obiettivo assorbente da realizzarsi tramite gli interventi previsti dalla legge regionale n. 11/2015 nel rafforzare l'esercizio della professione giornalistica nell'ambito dell'informazione regionale - i contributi di cui alla stessa legge regionale sono erogati a titolo non identico rispetto a quelli erogati dallo Stato i quali a termini della legge n. 448/1998, del decreto del Presidente della Repubblica n. 146/2017 e dell'art. 1, comma 163, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sono finalizzati a realizzare piu' ampi ed articolati obiettivi di pubblico interesse.». La disposizione riportata appare costituzionalmente illegittima per i seguenti Motivi 1. Violazione degli articoli 97 e 3 della Costituzione. La disposizione contenuta nell'art. 1, si qualifica dichiaratamente quale norma di interpretazione autentica dell'art. 5, legge regionale n. 11/2015, al pari di un precedente intervento che l'ha anticipata, sempre al fine di enucleare l'esatto contenuto della stessa norma. Cio' esprime l'intento del legislatore regionale di disciplinare anche le fattispecie sorte antecedentemente alla sua entrata in vigore, in tal guisa, conferendole il connotato di retroattivita' tipico del genere normativa in disamina. Manca pero' nel caso in questione il presupposto, necessario per ritenere costituzionalmente legittima una norma retroattiva, della preesistente incertezza interpretativa. Appare opportuno rammentare, sul punto, la giurisprudenza della Corte costituzionale, sui limiti delle disposizioni di interpretazione autentica, con significative precisazioni in riferimento al principio di non retroattivita' delle leggi. La Corte ha invero piu' volte sottolineato, in linea di principio, che e' vero che «il legislatore puo' adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull'applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testa originario, cosi' rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore» (ex plurimis, sentenze n. 209 del 2010, n. 24 del 2009, n. 170 del 2008 e n. 234 del 2007); ma, tuttavia, «non e' decisivo verificare se la norma censurata abbia carattere interpretativo, e sia percio' retroattiva, ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva. Invero in entrambi i casi si tratta di accertare se la retroattivita' della norma, il cui divieto non e' stato elevato a dignita' costituzionale, salvo il disposto dell'art. 25, secondo comma, Cost., trovi adeguata, giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti» (ex plurimis sentenze n. 93 del 2011, n. 234 del 2007 e n. 374 del 2002). La Corte richiama quindi i limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi individuati nella propria giurisprudenza; limiti attinenti alla salvaguardia di principi costituzionali, tra cui il principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto d'introdurre ingiustificate disparita' di trattamento, la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti, quale principio connaturato allo stato di diritto, la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico e per quanto di specifico interesse nel caso di specie il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (ex plurimis: sentenze n. 73 del 2017, n. 209 del 2010 e n. 397 del 1994). Nel caso di specie, invece, si configura una palese elusione da parte del legislatore regionale del principio generale dell'ordinamento dello Stato, deponente invece per l'irretroattivita' delle norme (art. 11 disp. prel. cod. civ.), nonche' la violazione dei principi di ragionevolezza e la tutela dell'affidamento legittimamente sorto negli aventi diritto alla contribuzione, ma anche, come si vedra', la sicura interferenza con procedimenti giurisdizionali in corso. La legge regionale, infatti, ove interpretata nel senso indicato dalla interpretazione autentica, reca contenuti inficiati da irragionevolezza, per l'incongruo discostamento dai consolidati principi nazionali e comunitari in tema di divieto di cumulo di agevolazioni e incentivi, che escludono la concentrazione sulle stesse spese ammissibili di agevolazioni non in regime «de minimis» con altri aiuti di Stato, allorche' le intensita' di aiuto previste per quell'intervento dalle pertinenti discipline di diversi enti pubblici eccedano un ragionevole massimale predefinito. In tale caso, infatti, esse si palesano quale espressione dell'anomala trasformazione dell'opportunita' legale di fruizione di misure sovvenzionatrici dell'editoria in un'occasione di formazione di un lucro aggiuntivo a parita' di produzione e di costi supportati, lucro quindi indebito e senza giustificazione di meritevolezza. Il divieto di cumulabilita' dei finanziamenti pubblici e', come noto, un principio che si rinviene essenzialmente nella normativa comunitaria ed e' stato recepito anche nella normativa nazionale per la disciplina della erogazione dei fondi comunitari, in attuazione dello specifico regolamento CE (l'art. 2, comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 196/2008 che definisce le norme sull'ammissibilita' delle spese ai sensi dell'art. 56, paragrafo 4, del reg. CE n. 1083/2006 recita: «Non sono ammissibili le spese relative ad un bene rispetto al quale il beneficiario abbia gia' fruito, per le stesse spese, di una misura di sostegno finanziario nazionale o comunitario»). Il divieto di duplicazione degli interventi comunitari e', dunque, finalizzato ad evitare qualsiasi genere di indebiti vantaggi e arricchimenti dei beneficiari (Consiglio di Stato sentenza n. 2351/2006; Consiglio di Stato Sez. V 6013/2009). Peraltro, l'insolito indugio motivazionale nel contesto della disposizione in esame assume a base di fatto l'identificazione erronea della finalita' non solo prioritaria ma anche «assorbente» della legge regionale n. 11/2015 nella promozione della sola professione giornalistica e soprattutto afferma che i contributi statale e regionale siano erogati a titolo non identico, risultando la legge n. 448/1998 (e la legislazione primaria presupposta), il decreto del Presidente della Repubblica n. 146/2017 e l'art. 1, comma 163, legge 28 dicembre 2015, n. 208, indirizzati a realizzare «piu' ampi ed articolati» obiettivi di pubblico interesse, non meglio specificati. In realta', la normativa in disamina non sembra porre l'accento sulle distinte «finalita'» perseguite dai richiamati sistemi legislativi, finalita' che appaiono peraltro comuni in quanto in definitiva proiettate, stando all'analisi dell'articolata disciplina statale in materia, a sostegno dell'impresa editoriale mediante finanziamento di voci importanti di costo, costituenti gran parte delle spese gravanti sul bilancio aziendale. In effetti, entrambi i sistemi normativi tendono a prendere in considerazione il dato oggettivo dell'attivita' imprenditoriale in un determinato arco temporale (cfr. art. 7, decreto-legge n. 323/1993 e art. 4, legge regionale n. 11/2015), destinataria dell'intervento sovvenzionatorio di sostegno essenzialmente alle spese generali e per il personale (che integrano la parte piu' consistente delle spese complessive), deponendo per la legittimita' della compressione delle opportunita' volte alla duplicazione di benefici connotati dalla stessa natura e indirizzati al sostegno della medesima iniziativa produttiva. Alla luce di quanto precede la norma regionale censurata, a parere di questa difesa, si pone, in prima battuta, in contrasto con l'art. 97 Cost., quale parametro di controllo della legalita', imparzialita' ed efficienza dell'azione amministrativa, la cui violazione e' conseguenza dell'arbitrarieta' e manifesta irragionevolezza della disciplina che si censura. I principi enunciati nella predetta norma costituzionale, infatti, escludono la possibilita' di duplicazione di finanziamenti che la legge regionale invece permette e postulano che in tutti i procedimenti assimilabili, come quello in esame, a procedure di carattere concorsuale, compresi quelli volti alla erogazione di contributi o benefici in favore di specifiche categorie, venga garantito il rispetto della par condicio tra «concorrenti», nella specie palesemente violato. Ne consegue anche una violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Cost. in quanto in questo caso la legge regionale, senza un ragionevole motivo, ha riservato un trattamento di favore nei confronti di alcuni degli aspiranti beneficiari, in detrimento di altri. 2. Violazione dell'art. 104 della Costituzione, nonche' degli articoli 3 e 97 Cost. sotto altro profilo. Altro elemento, distinto ma pure connesso, di illegittimita' si rinviene nel fatto che la caratteristica della retroattivita' finirebbe inevitabilmente per consentire alla legge di incidere su una controversia gia' in atto da tempo con un unico gruppo editoriale locale interessato storicamente alla problematica. L'interpretazione propugnata dal legislatore regionale entra, infatti, in palese conflitto col giudicato rappresentato dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 5619 del 1° ottobre 2018, che si produce. Essa interferisce, altresi', col giudizio attualmente in corso (Trib. CB, R.G. 2674/2018, ud. 15 aprile 2019, e domanda urgente ex art. 700 codice di procedura civile in corso di causa R.G. 2674 1/2018, ud. 20 febbraio 2019) (documenti 4 e 5), di (parziale) riassunzione in relazione alla pronuncia, contenuta nella medesima sentenza, di spettanza al giudice ordinario della cognizione di contenziosi in tema di erogazione di un contributo pubblico. Nella fattispecie, l'interferenza e' evidente, sia con l'oggetto del giudizio di riassunzione in corso, che col giudicato rappresentato dalla citata sentenza del Consiglio di Stato, in cui e' stata positivamente vagliata la norma del regolamento attuativo della stessa disposizione oggetto di intervento interpretativo in attuale disamina, in quanto legittimamente preclusiva del divieto di cumulo ora avallato. E, in effetti, in sede difensiva in occasione dei citati contenziosi in cui e' venuto in evidenza il tema specifico, e' stata eccepita in replica l'inettitudine della nuova disposizione a incidere su situazioni gia' definite, quale quella presupposta dall'intervento legislativo in disamina, tanto piu' se oggetto di controversia. In tal guisa, e' innegabile che la legge regionale in disamina si sia ingerita nell'amministrazione della giustizia, condizionando e mutilando l'esercizio della potesta' giurisdizionale, entrando in contrasto con l'art. l04, comma 1° Cost., da leggere in correlazione agli articoli 24 e 102 Cost. Appare, in definitiva, per quanto sin qui esposto, censurabile stando alla consolidata esegesi costituzionale l'utilizzo dello strumento dell'interpretazione autentica·della precedente legge, in realta' volto ad assegnare alla disposizione interpretata un significato che, scegliendo una delle possibili letture del testo originario, a detrimento di quella gia' avallata dal G.A., non interviene in un quadro di «situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo», e nemmeno per «ristabilire un'interpretazione piu' aderente alla originaria volonta' del legislatore», ma semmai per stravolgerne la ratio a fini puramente elusivi e per orientare l'esito di un giudizio con indubbia concessione di privilegio ad personam a favore di soggetto imprenditoriale identificabile ex ante: con cio' realizzando, oltre all'invasione delle attribuzioni del potere giudiziario garantite dall'art. 104 (e dai connessi articoli 24 e 102 Cost.) altresi' uno sviamento dalla funzione propria e dagli scopi legittimi dell'attivita' legislativa, censurabile anche ai sensi dell'art. 97 Cost. (si veda, per un caso per molti versi analogo a quello in esame, la decisione 12 aprile 2017, n. 73, di codesta Ecc.ma Corte).
P.Q.M. Si ritiene, pertanto, di promuovere la questione di legittimita' costituzionale della legge regionale in esame dinanzi alla Corte costituzionale, per chiedere che voglia codesta Ecc.ma Corte costituzionale: dichiarare costituzionalmente illegittima e conseguentemente annullare la legge della Regione Molise n. 15 del 24 dicembre 2018, recante «Interpretazione autentica del comma 3 dell'art. 5 della legge regionale 20 maggio 2015, n. 11», pubblicata nel B.U.R. 31 dicembre 2018, n. 66 della Regione Molise, come da delibera del Consiglio dei ministri adottata nella seduta n. 47 del 27 febbraio 2019. Roma, 28 febbraio 2018 Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Pignatone