N. 90 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 ottobre 2019
Ordinanza del 25 ottobre 2018 del Tribunale di Rimini nel procedimento penale a carico di A. F.. Circolazione stradale - Sanzioni amministrative accessorie - Applicazione della sanzione accessoria della revoca della patente di guida, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis del codice penale - Divieto di conseguimento di una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca. - Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 222, commi 2, quarto periodo, e 3-ter, come, rispettivamente, modificato e introdotto dall'art. 1, comma 6, lettera b), numeri 1) e 2), della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274).(GU n.25 del 19-6-2019 )
TRIBUNALE DI RIMINI Sezione penale Il Giudice, sull'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 222, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 20 aprile 1992, n. 285 (cosiddetto Codice della strada), formulata all'udienza del 18 giugno 2018, dal difensore di A. F., imputato del delitto p. e p. dall'art. 590-bis, comma 1, codice penale perche', per colpa consistita nella violazione dell'art. 149, comma 1, C.d.S., alla guida del veicolo ... targato ... percorrendo l'autostrada A14 in direzione sud, omettendo di tenere un'adeguata distanza di sicurezza dal veicolo che lo precedeva, entrava in collisione con l'autovettura ... targata ... condotta da R. M., cosi' cagionando a quest'ultima lesioni giudicate guaribili in oltre quaranta giorni. Commesso in Rimini, il 7 settembre 2016, sentito il pubblico ministero, che si e' associato alle considerazioni della difesa, ha emesso la seguente ordinanza ex art. 23 legge n. 87/1953. Sulla rilevanza della questione. Non e' dubitabile che la questione dilegittimita' costituzionale dell'art. 222, comma 2, quarto periodo, del Codice della strada rivesta rilevanza, nel presente procedimento, ai fini del decidere. Infatti, in caso di condanna, all'imputato, cui e' ascritto il reato di cui all'art. 590-bis, comma 1 codice penale (lesioni stradali gravi), dovrebbe applicarsi la sanzione prevista dalla norma censurata d'incostituzionalita', ossia la revoca della patente di guida, con l'impossibilita' di conseguirne una nuova, giusta il disposto dell'art. 222 cit., comma 3-ter, prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca. Sulla non manifesta infondatezza della questione. La norma, della cui legittimita' costituzionale si dubita, recita: «Alla condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale consegue la revoca della patente di guida». Trattasi, appunto, del quarto periodo del 2° comma dell'art. 222 cit., periodo inserito nella disposizione in esame dall'art. 4, comma 4, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella legge 24 luglio 2008, n. 125, e oggi cosi' sostituito dall'art. 1, comma 6, lettera b), n. 1, della legge 23 marzo 2016, n. 41. Ebbene, tale norma, letta in combinato disposto con il comma 3-ter del medesimo articolo di legge, secondo cui, nei casi di revoca di cui trattasi, l'interessato non puo' conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni, contrasta con l'art. 3 della Costituzione, che vieta al legislatore di riservare il medesimo trattamento a situazioni ragionevolmente non equiparabili. Appare infatti contrastare con ogni criterio di ragionevolezza e di buon senso comminare una sanzione amministrativa accessoria di identica durata, fissa e non graduabile (la revoca della patente di guida per cinque anni), in relazione a due illeciti completamente diversi, sia per disvalore di azione che per disvalore di evento. Ad esempio, un omicidio stradale plurimo (art. 589-bis ultimo comma c.p.), commesso da chi si sia posto alla guida di un veicolo a motore in condizioni psico-fisiche alterate dall'assunzione di alcool o di sostanze stupefacenti, supera incommensurabilmente, sia per disvalore di evento (morte di piu' persone), sia per disvalore di azione (gravissima imprudenza), le semplici lesioni stradali gravi (art. 590-bis comma 7 c.p.), segnatamente qualora l'evento lesivo non sia conseguenza esclusiva dell'azione o dell'omissione del colpevole. Sia poi lecito proporre una considerazione basata su massime di esperienza, affinche' il diritto non resti soltanto una creazione astratta: e' infatti noto che, mentre la morte e' un evento naturalistico assolutamente certo, non altrettanto puo' dirsi della previsione della prognosi di una lesione all'integrita' fisica, che sconta l'alea delle piu' diversificate prassi medico-legali riscontrabili a seconda del contesto anche territoriale di riferimento. Il che evidenzia vieppiu' quanto marcata sia la diversita' dei comportamenti illeciti tipizzati dai novelli articoli 589-bis e 590-bis codice penale, e rende ancor piu' palpabile l'irragionevolezza di un loro trattamento uniforme, anche se solo sul piano delle conseguenze di natura amministrativa. D'altro canto, la disparita' del contenuto di disvalore delle violazioni in relazione alle quali e' prevista la sanzione amministrativa oggetto di censura, per la sua durata fissa di cinque anni, non e' soltanto ontologica, ma prima di tutto normativa. E' lo stesso legislatore della riforma, infatti, a prevedere conseguenze sanzionatorie penali assai diversificate: reclusione fino un anno - meno un giorno - nel caso delle lesioni gravi con concorso di colpa della vittima, e reclusione fino a diciotto anni nel caso di omicidio stradale plurimo. Or, tuttavia, a pene di si' difforme entita' corrisponde, sul piano amministrativo, una sanzione accessoria rigida e invariabile: la revoca della patente per anni cinque, senza possibilita' alcuna ne' di ridurne la durata rispetto ai comportamenti normativamente meno gravi, ne' di aumentarla in relazione a quelli piu' severamente puniti perche', evidentemente, di maggiore allarme sociale. Cio' non pare possa essere giustificato neppure in ragione della natura amministrativa della sanzione, posto che i rimedi interdittivi o comunque sanzionatori di carattere amministrativo possono essere se del caso sottratti alle garanzie e ai principi riservati al diritto penale in senso stretto, ma non invece ai generali principi di ragionevolezza e non arbitrarieta' che informano l'intero ordinamento giuridico di uno stato democratico. In questi precisi termini si e' espressa la Corte costituzionale nella sentenza n. 43 del 2017, richiamando proprie precedenti pronunce: «Nulla impedisce al legislatore di riservare alcune garanzie, come quelle previste dall'art. 30, quarto comma, della legge n. 87 del 1953, al nucleo piu' incisivo del diritto sanzionatorio, rappresentato dal diritto penale, qualificato come tale dall'ordinamento interno. Sotto questo profilo deve, infatti, ricordarsi che questa Corte ha, anche di recente, ribadito "l'autonomia dell'illecito amministrativo dal diritto penale" (sentenza n. 49 del 2015), considerando legittima la mancata estensione agli file citi amministrativi di taluni principi operanti nel diritto penale, sulla considerazione che "[t]ali scelte costituiscono espressione della discrezionalita' del legislatore nel configurare il trattamento sanzionatorio per gli illeciti amministrativi" (sentenza n. 193 del 2016). La qualificazione degli illeciti e la conseguente sfera delle garanzie, circoscritta ad alcuni settori dell'ordinamento ed esclusa per altri, risponde, dunque, a "scelte di politica legislativa in ordine all'efficacia dissuasiva della sanzione, modulate in funzione della natura degli interessi tutelati" (sentenza n. 193 del 2016), sindacabili da questa Corte solo laddove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio». In ragione di cio', non puo' ritenersi immune da censure la previsione di una sanzione amministrativa, che il legislatore, fissandone la durata in anni cinque, ha ritenuto sufficientemente dissuasiva in relazione all'ipotesi dell'omicidio stradale plurimo, se non altro perche' la stessa, automaticamente, risulta irragionevolmente eccessiva, sproporzionata, e in particolare in contrasto con il principio del minor sacrificio necessario (valevole anche nel diritto amministrativo), in relazione alla diversa ipotesi delle lesioni stradali gravi, a fortiori se attenuata dal concorso colposo della vittima.
P.Q.M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 222, comma 2, quarto periodo e comma 3-ter del decreto legislativo 20 aprile 1992, n. 285, cosi' come rispettivamente modificati e introdotti dalla legge 23 marzo 2016, n. 41, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Sospende il presente procedimento e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale in Roma. Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Ordinanza comunicata alle parti mediante lettura in pubblica udienza. Rimini, 25 ottobre 2018 Il Giudice: Bianchi