N. 91 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 gennaio 2019
Ordinanza del 25 gennaio 2019 del Tribunale di Grosseto nel procedimento penale a carico di R. B.. Processo penale - Dibattimento - Nuove contestazioni - Modifica dell'imputazione - Facolta' dell'imputato di richiedere, in caso di contestazione di un fatto diverso, la sospensione del procedimento con messa alla prova - Mancata previsione. - Codice di procedura penale, art. 516.(GU n.25 del 19-6-2019 )
Ordinanza di trasmissione degli atti alla corte costituzionale ex art. 23, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87. Il Giudice dott. Marco Bilisari, Nel procedimento penale indicato in epigrafe, a carico di R. B., nato a ..., difeso di fiducia dall'avvocato Riccardo Lottini del Foro di Grosseto, all'udienza del 21 gennaio 2019, su eccezione della difesa, ha emesso la seguente ordinanza. 1. Breve descrizione dell'attivita' processuale. R. B., con decreto di citazione a giudizio del 30 dicembre 2016, e' stato tratto a giudizio dinanzi al Tribunale di Grosseto, in composizione monocratica, per rispondere del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 648 c.p., per avere con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, acquistato o comunque ricevuto alcuni oggetti proventi del furto commesso ai danni della chiesa di Santa Maria Maddalena in Saturnia (Grosseto), consumato in data 9 settembre 2016 e denunciato dal parroco della suddetta Chiesa in data 10 settembre 2016. Una volta aperto il dibattimento, nel corso dell'istruttoria, sono stati esaminati i testi dell'accusa ed acquisiti, con il consenso delle parti, alcuni atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero (come il verbale di ricezione di denuncia orale di furto dei carabinieri della stazione di Saturnia e la comunicazione di notizia di reato, trasmessa alla Procura della Repubblica di Grosseto, in data 10 settembre 2016, dai carabinieri della Compagnia di Grosseto). All'udienza del 5 novembre 2018, il Pubblico ministero, senza peraltro che l'istruttoria dibattimentale abbia fatto emergere degli elementi di novita' rispetto agli atti di indagine, ma operando semplicemente una diversa lettura del compendio probatorio, ha modificato l'imputazione ex art. 516, primo comma c.p.p., contestando all'imputato un fatto diverso e, in buona sostanza, non piu' il reato di ricettazione, bensi' quello di cui all'art. 624-bis c.p., accusando l'imputato di essere stato l'autore del furto commesso ai danni della chiesa di Santa Maria Maddalena in Saturnia; il verbale di udienza, contenente la nuova contestazione, e' stato notificato all'imputato assente, cosi' come previsto dall'art. 520, primo comma c.p.p. Nella successiva udienza del 21 gennaio 2019, il difensore, munito di procura speciale, in considerazione della nuova imputazione, ha richiesto la sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 168-bis c.p. e, contestualmente, ha sollevato l'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 516 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui la suddetta norma non prevede, in caso di contestazione di un fatto diverso, la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova, richiamando il noto percorso giurisprudenziale intrapreso dalla Corte costituzionale, in relazione alle tardive richieste di procedimenti premiali determinate dalle modifiche dell'addebito intervenute nel corso del dibattimento, culminato con la sentenza 21 marzo 2018, n. 141, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 517 c.p.p., nella parte in cui non consente all'imputato di chiedere la sospensione dei procedimento con messa alla prova in seguito alla contestazione dibattimentale di una circostanza aggravante. 2. La rilevanza della questione. L'imputato, il quale ha gia' presentato all'Ufficio esecuzione penale esterna di Siena richiesta di elaborazione del programma di trattamento ai sensi dell'art. 464-bis c.p.p. (oltre che versato alla persona offesa la somma di cinquecento euro a titolo risarcitorio e richiesto ed ottenuto la disponibilita' di un ente accreditato per l'espletamento del lavoro di pubblica utilita'), ha formalizzato alla prima udienza utile, tramite procuratore speciale, istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova. Tale istanza, salvo quanto si dira' in termini di preclusione processuale, e' formalmente ammissibile; in particolare, si osserva che il reato contestato (art. 624-bis c.p.), pur non rientrando espressamente nel novero dei delitti di cui al secondo comma dell'art. 550 c.p.p. (che rappresenterebbe, considerato che la pena edittale massima prevista dalla suddetta norma incriminatrice e' superiore nel massimo a quattro anni, la condizione preliminare prevista dall'art. 168-bis primo comma c.p., per l'ammissione dell'imputato al nuovo rito speciale introdotto con la legge 28 aprile 2014, n. 67), per pacifica e consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, puo' considerarsi ricompreso, in via interpretativa, nella suddetta elencazione, al pari del furto aggravato (art. 550, secondo comma, lett. «f» c.p.p.), atteso che tale mancata espressa previsione e' da ricondursi unicamente ad un difetto di adeguamento normativo, in occasione dell'introduzione della nuova fattispecie di reato, successivamente all'introduzione del codice di rito, con la legge 26 marzo 2001 n. 128 (Cassazione sezione 5, n. 3807 del 28 novembre 2017 - dep. 26 gennaio 2018, Cipolletti e altri, rv. 27243901; per quanto concerne l'esplicita operativita' della sospensione del procedimento con messa alla prova con riferimento alla fattispecie incriminatrice di furto in abitazione cfr. Cassazione sezione 5, n. 43958 del 12 maggio 2017 - dep. 22 settembre 2017, Verdicchio e altro, rv. 27161001; sezione 6, n. 29815 del 24 aprile 2012 - dep. 20 luglio 2012, Levakovic, rv. 25317301; sezione 5, n. 22256 del 12 aprile 2011 - dep. 3 giugno 2011, Castriota, rv. 25057701; peraltro recentemente, si e' ribadito che, anche a seguito delle modifiche, in termini di pena edittale, operate dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, il Pubblico ministero, in relazione all'art. 624-bis c.p., deve esercitare l'azione penale con la citazione diretta a giudizio e non con la richiesta di rinvio a giudizio, cfr. Cassazione sezione 4 sentenza n. 1792/2019, depositata il 16 gennaio 2019). Non risulta inoltre che l'imputato sia stato ammesso altre volte alla sospensione del procedimento con messa alla prova, ne' ricorrono le condizioni ostative previste dagli artt. 102, 103, 104, 105 e 108 (cfr. casellario giudiziale dell'imputato aggiornato al 18 gennaio 2019). Allo stato della disciplina vigente, tuttavia, la richiesta risulterebbe tardiva e dovrebbe essere, per tale motivo, respinta, in quanto l'art. 464-bis secondo comma c.p.p. prevede che la stessa possa essere proposta, a pena di decadenza, nel caso di procedimento con citazione diretta a giudizio, fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, non essendo contemplato, nel caso di contestazione di un fatto diverso ex art. 516 c.p.p. nel corso del dibattimento, che l'imputato possa, a differenza di quanto previsto per gli altri riti premiali oggetto di numerose sentenze additive della Corte costituzionale, pronunciate proprio in relazione alla norma in oggetto (tra cui applicazione pena ex art. 444 c.p.p. Corte costituzionale 30 giugno 1994, n. 265 e Corte costituzionale 17 luglio 2017, n. 206; oblazione ex artt. 162, 162-bis c.p., Corte costituzionale 29 dicembre 1995, n. 530; giudizio abbreviato, Corte costituzionale 18 dicembre 2009, n. 333 e Corte costituzionale 5 dicembre 2014, n. 273), richiedere, in conseguenza della nuova imputazione, la sospensione del procedimento con messa alla prova. Peraltro, il difensore ha anche evidenziato, per quanto occorrer possa, al fine di escludere ipotetiche finalita' dilatorie o strumentali nella scelta di un rito premiale che poteva, in astratto, essere formulata anche sulla base dell'originaria imputazione, che il proprio assistito ha optato per tale strategia difensiva poiche' per il nuovo reato (art. 624-bis c.p.), in caso di condanna, non e' prevista la sospensione dell'ordine di esecuzione ex art. 656, nono comma, lett. a) c.p.p. L'accoglimento dell'istanza, che allo stato della normativa vigente e' preclusa, consentirebbe all'imputato di accedere ad un rito premiale, all'esito del quale, in caso di risultato positivo della prova, il procedimento penale in oggetto verrebbe definito con una sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato ex art. 168-ter c.p. anziche' con una pronuncia sul merito dell'imputazione. Per tale motivo, la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa e' rilevante, non potendo il giudizio essere definito senza la risoluzione della suddetta questione. 3. La non manifesta infondatezza della questione. Com'e' noto, la Corte costituzionale, con sentenza 21 marzo 2018, n. 141, ha dichiarato l'art. 517 c.p.p. costituzionalmente illegittimo, per il contrasto con gli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., nella parte in cui, in seguito alla nuova contestazione di una circostanza aggravante, non prevede la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova. Sostiene il difensore che gli argomenti che hanno portato a ritenere l'incostituzionalita' dell'art. 517 c.p.p., nei termini sopra evidenziati, devono portare, con riferimento all'art. 516 c.p.p., alle medesime conclusioni; ed invero, evidenziate, nella memoria depositata, le tappe del percorso compiuto dalla giurisprudenza costituzionale sull'annosa tema delle facolta' dell'imputato di chiedere riti alternativi dopo nuove contestazioni a norma degli artt. 516 e 517 c.p.p., si ribadisce che essendo la messa alla prova un rito speciale, al pari del patteggiamento e del rito abbreviato (si veda in particolare, a tal proposito, Corte costituzionale 21 luglio 2016, n. 201, pronunciatasi sulla necessita' che il decreto penale di condanna contenga l'avviso della facolta' dell'imputato di chiedere, mediante l'opposizione, la sospensione del procedimento con messa alla prova, cosi' come gia' originariamente previsto per il giudizio immediato, il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena ex art. 444 c.p.p.) - scelta del rito che, per riprendere le parole della Corte, costituisce una modalita', tra le piu' qualificanti, dell'esercizio del diritto di difesa (v., ex plurimis, sentenze nn. 237/2012, 219/2004, 148/2004, 70/1996, 497/1995 e 76/1993) - cosi' come e' stata riconosciuta, nel caso di modifica della fisionomia dell'accusa, la possibilita' di accedere ai riti speciali presenti nell'originaria impostazione codicistica, nonostante la preclusione rappresentata dalla dichiarazione di apertura del dibattimento, la stessa facolta' deve essere concessa all'imputato per il procedimento speciale introdotto con la legge n. 28 aprile 2014, n. 67, pena la violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost.; ed ancora, siccome le valutazioni dell'imputato circa la convenienza del rito alternativo vengono a dipendere anzitutto dalla concreta impostazione data al processo dal pubblico ministero, quando l'imputazione subisce una variazione sostanziale, risulterebbe lesivo del diritto di difesa, e per questo la norma in oggetto violerebbe l'art. 24, secondo comma Cost., precludere all'imputato l'accesso ai riti speciali, tra cui la sospensione del procedimento con messa alla prova. Cio' posto, la questione appare, oltre che rilevante, non manifestamente infondata considerato che la stessa Corte costituzionale, nella sentenza sopra richiamata, ha affermato che, nel caso di contestazione suppletiva di una circostanza aggravante, non prevedere nell'art. 517 del codice di procedura penale la facolta' per l'imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova si risolve, come e' stato ritenuto per il patteggiamento e per il giudizio abbreviato, in una violazione degli artt. 3 e 24 Cost.; come si e' detto, la richiesta dei riti alternativi costituisce una modalita', tra le piu' qualificanti, di esercizio del diritto di difesa e si determinerebbe una situazione in contrasto con il principio posto dall'art. 3 Cost. se, nella medesima situazione processuale, fosse regolata diversamente la facolta' di chiederli, posto che non possono non valere anche per il nuovo procedimento speciale della messa alla prova i principi enucleati dalla Corte costituzionale, sul tema delle modifiche dell'imputazione, per gli altri riti alternativi. Va anche detto, per quanto sia ormai superato l'orientamento che distingueva tra cd contestazione «patologica» e cd contestazione «fisiologica» (collegata quest'ultima ad elementi acquisiti non nel corso delle indagini preliminari ma durante l'istruzione dibattimentale), riconoscendosi inizialmente, nella giurisprudenza costituzionale, la facolta' di essere rimessi in termini per accedere al rito premiale solo nel caso in cui gli elementi alla base della contestazione suppletiva fossero gia' stati presenti al momento dell'esercizio dell'azione penale, si osserva che nel caso di specie ricorrerebbe proprio la suddetta situazione, in quanto la contestazione del fatto diverso e' avvenuta sulla base di una diversa valutazione degli atti operata dal pubblico ministero d'udienza, non essendo emerso dall'istruttoria dibattimentale alcun elemento di novita' rispetto agli elementi di prova acquisiti nel corso delle indagini preliminari; in ogni caso, come precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 141/2018 citata: «[...] il dato rilevante [...I e' la sopravvenienza di una contestazione suppletiva, quali che siano gli elementi che l'hanno giustificata, esistenti fin dalle indagini o acquisiti nel corso del dibattimento, ed e' ad essa che deve ricollegarsi la facolta' dell'imputato di chiedere un rito alternativo, indipendentemente dalla ragione per cui la richiesta in precedenza e' mancata.» Ed ancora: «E' nel diritto di difesa che la "nuova" facolta' trova il suo fondamento, perche', se, come si e' ricordato, la richiesta dei riti alternativi costituisce una modalita', tra le piu' qualificanti, di esercizio di tale diritto, occorre allora che la relativa facolta' sia collegata anche all'imputazione che, per effetto della contestazione suppletiva, deve effettivamente formare oggetto del giudizio.» Infine, come ulteriore dimostrazione della non manifesta infondatezza della questione, va considerato che la sentenza Corte costituzionale 18 dicembre 2009, n. 33, investita della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 517 c.p.p., nella parte in cui non prevedeva la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che gia' risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale, ha ritenuto di estendere, ai sensi dell'art. 27, legge 11 marzo 1953, n. 87, la declaratoria di illegittimita', per gli stessi motivi riferibili all'art. 517 c.p.p., all'art. 516 c.p.p.; analogamente, si ritiene che le motivazioni che la Corte costituzionale, con la piu' volte richiamata sentenza n. 141/2018, ha posto a fondamento della pronuncia di illegittimita' costituzionale dell'art. 517 c.p.p., con riferimento alla sospensione del procedimento con messa alla prova a seguito della nuova contestazione di una circostanza aggravante, possano estendersi, con una sentenza additiva della Corte, alla parallela ipotesi prevista dall'art. 516 c.p.p., oggetto della presente questione di legittimita', in cui la nuova contestazione dibattimentale consiste nella modifica dell'imputazione originaria per diversita' del fatto. In conclusione, essendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa dell'imputato, ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, il giudizio in corso deve essere sospeso e deve essere disposta la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; infine, sempre sulla base della norma sopra citata, la presente ordinanza deve essere, a cura della Cancelleria, notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti delle due Camere del Parlamento.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost., 23 e segg. legge n. 87 del 1953, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione, sollevata dalla difesa dell'imputato, di legittimita' costituzionale dell'art. 516 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede, in caso di contestazione di un fatto diverso, la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova, sospende il giudizio in corso e dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; ordina che la presente ordinanza, a cura della Cancelleria, sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti delle due Camere del Parlamento. Grosseto, 21 gennaio 2019 Il Giudice: Bilisari