N. 151 ORDINANZA 23 maggio - 19 giugno 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Elezione  dei  consigli  circoscrizionali  -  Applicazione  di  norme
  previste in materia di elezione dei consigli comunali. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2016, n.  17  (Disposizioni
  in materia di elezione del sindaco e del consiglio  comunale  e  di
  cessazione degli organi comunali. Modifica di norme in  materia  di
  organo di revisione economico-finanziaria degli enti  locali  e  di
  status degli amministratori locali), art. 3, comma 3. 
-   
(GU n.26 del 26-6-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma  3,
della  legge  della  Regione  Siciliana  11  agosto   2016,   n.   17
(Disposizioni in materia di elezione  del  sindaco  e  del  consiglio
comunale e di cessazione degli organi comunali. Modifica di norme  in
materia di  organo  di  revisione  economico-finanziaria  degli  enti
locali  e  di  status  degli  amministratori  locali),  promossi  dal
Consiglio di giustizia amministrativa per la  Regione  Siciliana  con
tre ordinanze del 29 giugno 2018, iscritte ai numeri 196, 197  e  198
del registro ordinanze 2018 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione di Marta D'Alia; 
    udito nell'udienza pubblica e nella camera di  consiglio  del  22
maggio 2019 il Giudice relatore Giuliano Amato; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  22  maggio  2019   l'avvocato
Giovanni Scala per Marta D'Alia. 
    Ritenuto che il Consiglio  di  giustizia  amministrativa  per  la
Regione Siciliana, con tre ordinanze del 29 giugno 2018 (reg. ord. n.
196, n. 197  e  n.  198  del  2018),  dal  contenuto  sostanzialmente
identico, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3  e  101,  secondo
comma, della Costituzione, questioni di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 3, comma 3, della legge della Regione Siciliana  11  agosto
2016, n. 17 (Disposizioni in materia di elezione del  sindaco  e  del
consiglio comunale e di cessazione degli organi comunali. Modifica di
norme in materia di organo di revisione  economico-finanziaria  degli
enti locali e di status degli amministratori locali); 
    che la disposizione censurata prevede l'applicazione all'elezione
dei  consigli  circoscrizionali  delle   modifiche   e   integrazioni
apportate dai primi due commi dello stesso art. 3  alla  legge  della
Regione Siciliana 15 settembre  1997,  n.  35  (Nuove  norme  per  la
elezione diretta del Sindaco, del  Presidente  della  Provincia,  del
Consiglio comunale  e  del  Consiglio  provinciale),  in  materia  di
elezioni comunali; 
    che, come riferisce il  giudice  a  quo,  le  questioni  traggono
origine da tre distinti ricorsi, proposti  da  altrettanti  candidati
alle elezioni dei consigli circoscrizionali, risultati non eletti  ai
sensi del verbale dell'Ufficio  centrale  elettorale  del  Comune  di
Palermo del 5 luglio 2017,  ricorsi  ove  si  argomentava  un'erronea
ripartizione dei seggi; 
    che  tale  erronea   ripartizione   sarebbe   dovuta   all'omessa
detrazione del seggio attribuito, ai  sensi  dell'art.  4,  comma  7,
della legge reg. Siciliana n. 35 del 1997,  al  candidato  Presidente
non eletto maggiormente votato da quelli assegnati  alle  liste  allo
stesso collegate, cosi' come sarebbe  richiesto  dall'art.  4,  comma
3-ter, della medesima legge; 
    che  i  citati  ricorsi  erano  stati   accolti   dal   Tribunale
amministrativo regionale per la Regione Sicilia  -  Palermo,  sezione
prima, con sentenze 17 novembre  2017,  n.  2685  e  n.  2676,  e  10
novembre 2017, n. 2550, appellate innanzi al collegio rimettente; 
    che l'art. 4 della legge reg. Siciliana n. 35 del 1997 disciplina
l'elezione  del  Consiglio  comunale  nei  Comuni   con   popolazione
superiore a 15.000  abitanti,  mentre  il  successivo  art.  4-ter  -
inserito dall'art. 9 della legge della  Regione  Siciliana  5  aprile
2011, n. 6 (Modifiche di norme in materia di elezione, composizione e
decadenza degli organi comunali e provinciali)  -  regola  l'elezione
del consiglio circoscrizionale, facendo rinvio ai commi l, 2, 4, 5  e
7 dell'art. 4, senza fare menzione del comma 6 (relativo al premio di
maggioranza) e del citato comma 3-ter, aggiunto solo  successivamente
dall'art. 3 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2016; 
    che quest'ultimo articolo ha infatti modificato gli artt. 2  e  4
della  legge  reg.  Siciliana  n.  35  del  1997,  nel  secondo  caso
novellando il comma 7, con l'attribuzione di un seggio consiliare  al
candidato Sindaco  non  eletto  maggiormente  votato  (purche'  abbia
conseguito un numero di voti non inferiore al venti per cento), e con
l'inserimento del comma 3-ter, secondo cui tale  seggio  deve  essere
detratto  da  quelli  spettanti  alle  liste  collegate  allo  stesso
candidato (con conseguente rimodulazione del  premio  di  maggioranza
previsto dal comma 6); 
    che  ad  avviso  del  rimettente   le   modifiche   sembrerebbero
riguardare le sole elezioni comunali, tenuto conto che  l'art.  4-ter
della legge reg. Siciliana n. 35 del 1997, che indica le disposizioni
da applicare alle elezioni circoscrizionali, senza includere il nuovo
comma  3-ter  dell'art.  4,  non  e'   stato   oggetto   d'intervento
legislativo; 
    che, nondimeno, il quadro normativo sarebbe complicato da  quanto
previsto dall'art. 3, comma 3, della legge reg. Siciliana n.  17  del
2016, oggetto di censura, ove,  con  una  formula  apparentemente  di
chiusura, si stabilisce che «[l]e disposizioni  di  cui  al  presente
articolo   si   applicano   anche   per   l'elezione   dei   consigli
circoscrizionali»,  secondo  un'ottica   apparentemente   d'integrale
rinvio alla disciplina dell'elezione dei Consigli comunali; 
    che tale  formulazione  sarebbe  imprecisa,  dimostrando  innanzi
tutto un'eccedenza rispetto allo scopo, tenuto conto che le modifiche
concernenti l'art. 2 della legge reg. Siciliana n. 35 del 1997 non si
applicano  certamente  all'elezione  dei  consigli  circoscrizionali,
rivelandosi gia' in cio' una prima inesattezza del legislatore; 
    che,  inoltre,  il  fatto  che  l'art.  4-ter  della  legge  reg.
Siciliana n. 35 del 1997 facesse e faccia rinvio solamente ad  alcune
delle disposizioni dell'art. 4 della medesima legge, non  menzionando
in  particolare  il  ricordato  comma  3-ter,   sul   meccanismo   di
detrazione, e il comma 6, relativo  al  premio  di  maggioranza,  non
sarebbe casuale e, almeno  per  quest'ultimo,  non  potrebbe  neppure
imputarsi a un difetto di coordinamento normativo, trattandosi di una
disposizione gia' in vigore quando fu introdotto  l'art.  4-ter,  che
dunque consapevolmente il legislatore regionale avrebbe deciso di non
applicare all'elezione del consiglio circoscrizionale; 
    che, infatti,  tale  differenza  di  sistema  elettorale  sarebbe
motivata dalla diversa natura del Consiglio comunale,  funzionale  al
governo locale, e di quello  circoscrizionale,  da  sempre  concepito
come un organo assembleare, con funzioni per lo piu'  consultive,  al
crocevia tra la partecipazione e il decentramento; 
    che, pertanto, l'art. 4-ter della legge reg. Siciliana n. 35  del
1997 farebbe consapevole rinvio alle sole disposizioni per l'elezione
del Consiglio  comunale  compatibili  con  l'elezione  del  consiglio
circoscrizionale,   mentre   la   disposizione   censurata    sarebbe
all'apparenza ispirata a un criterio di  segno  opposto,  d'integrale
rinvio, la qual cosa  comporterebbe  piu'  di  un  dubbio  sulla  sua
ragionevolezza,  equiparando  istituti  e  realta'  disomogenei,  con
l'introduzione anche per i consigli circoscrizionali di un correttivo
di tipo maggioritario; 
    che,  pertanto,  in  tale  contesto  normativo,  la  disposizione
oggetto di censura risulterebbe evidentemente priva  di  razionalita'
intrinseca, ovvero d'intellegibilita' e coerenza (evocando l'immagine
di quel «gregge privo di pastore», raffigurata nella sentenza n.  204
del   1982),   poiche'   della   stessa   potrebbero    darsi    piu'
interpretazioni, tutte ugualmente plausibili e, in  un  certo  senso,
equivalenti; 
    che, malgrado la possibilita' di ricostruire il  contenuto  della
legge attraverso un'interpretazione sistematica, come  avrebbe  fatto
il giudice di primo  grado,  dell'interpretazione  costituzionalmente
orientata, pur ritenuta da questa Corte piuttosto un obbligo che  non
una facolta' del giudice (per tutte e' richiamata l'ordinanza  n.  63
del 1989), dovrebbe farsi un uso sorvegliato in  materia  elettorale,
gravando sul legislatore un dovere primario di clare loqui; 
    che, inoltre, la disposizione censurata porrebbe  seri  dubbi  di
conformita' anche rispetto all'art. 101,  secondo  comma,  Cost.,  in
quanto la soggezione del giudice soltanto alla  legge  presupporrebbe
che questa sia decifrabile attraverso una  funzione  conoscitiva  nel
cui esercizio si riaffermi il legame tra la funzione  giurisdizionale
e la sovranita'  popolare,  dovendosi  privilegiare  il  promovimento
della questione di legittimita' costituzionale  di  una  disposizione
non razionalmente intellegibile, piuttosto  che  la  ricerca  di  una
interpretazione costituzionalmente  orientata,  oltre  tutto  in  una
direzione non definita e non scevra  da  valutazioni  opinabili,  che
andrebbero lasciate alla volonta' politica; 
    che   le   questioni,   in   quanto   preordinate   a   espungere
dall'ordinamento  un  disposto  normativo  indecifrabile  e  comunque
irrazionale, sia sul piano della razionalita' formale, sia di  quella
pratica (sono richiamate le sentenze n. 113 del 2015  e  n.  172  del
1996), sarebbero, quindi, non  manifestamente  infondate  e  altresi'
rilevanti ai fini della decisione, poiche', ove non si  dovesse  fare
applicazione dell'art. 3, comma 3, della legge reg. Siciliana  n.  17
del 2016, i giudizi a quibus andrebbero risolti alla luce del  chiaro
disposto dell'art. 4-ter della legge reg. Siciliana n. 35  del  1997,
che non  prevede  ne'  richiama  alcun  meccanismo  di  detrazione  o
pre-deduzione dei seggi, con la  conferma  del  risultato  elettorale
originario favorevole agli appellanti; 
    che nel giudizio relativo all'ordinanza iscritta al  n.  196  del
registro ordinanze 2018 si e' costituita, con  atto  depositato  l'11
febbraio 2019, Marta D'Alia, parte  appellata  nel  giudizio  a  quo,
argomentando l'inammissibilita'  e,  comunque,  l'infondatezza  delle
questioni  di  legittimita'  costituzionale  sollevate  dal  collegio
rimettente; 
    che, in primo luogo, le  questioni  sarebbero  inammissibili  per
violazione dell'art. 23, quarto comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della   Corte
costituzionale) e degli artt. 1 e 2 delle  Norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte  costituzionale,  poiche'  l'ordinanza  di
rimessione non disporrebbe la notifica  al  Presidente  della  Giunta
regionale e la comunicazione al Presidente del  Consiglio  regionale,
come prescritto quando la questione concerne una legge regionale; 
    che,  in  secondo  luogo,   le   questioni   sarebbero   altresi'
inammissibili in quanto il giudice a quo non avrebbe  fatto  uso  del
proprio  potere   interpretativo,   attraverso   la   ricerca   delle
praticabili ipotesi ermeneutiche (e' richiamata la  sentenza  n.  220
del 2014), affermando chiaramente che della disposizione  oggetto  di
censura potrebbero darsi diverse interpretazioni, tutte plausibili, e
indicando  anche  una  lettura  «intellegibile»  della   stessa,   ma
censurandone una possibile illegittima interpretazione; 
    che, infatti, secondo la costante giurisprudenza  costituzionale,
le questioni di legittimita' costituzionale  non  possono  risolversi
nel chiarimento di un  mero  dubbio  interpretativo,  consentendo  al
giudice  rimettente  di  sottrarsi  «al  proprio   potere-dovere   di
interpretare la legge»  (ordinanza  n.  161  del  2015),  poiche'  il
sindacato  di  costituzionalita'  non  e'   teso   alla   valutazione
dell'incertezza  in  ordine  all'applicabilita'   delle   norme,   ma
all'eliminazione della norma viziata (cosi' l'ordinanza  n.  427  del
1994),  non  potendo  costituire  una   sede   di   revisione   delle
interpretazioni offerte (si richiama l'ordinanza n.  410  del  1994),
con conseguente inammissibilita' delle questioni che prospettano «una
difficolta' nell'identificazione della  norma  [...]  applicabile  ai
processi in corso» (ordinanza n. 355 del 2004), ovvero «una questione
meramente  interpretativa  che  avrebbe  potuto  e  dovuto  risolvere
autonomamente, adottando, anche se non  condivisa,  l'interpretazione
conforme a Costituzione» (ordinanza n. 59 del  2004),  nonche'  delle
questioni in cui si censuri solo una certa interpretazione che non si
condivida (e' citata l'ordinanza n. 548 del 1988) e di quelle volte a
ottenere un mero avallo interpretativo (ex multis, sono richiamate le
ordinanze n. 266, n. 97 e n. 58 del 2017 e n. 87 del 2016), specie in
presenza d'indirizzi giurisprudenziali non del tutto stabilizzati (si
richiama l'ordinanza n. 92 del 2015); 
    che, anzi, nel caso di  specie  il  collegio  rimettente  avrebbe
totalmente eluso il compito d'individuare il senso della disposizione
censurata  (viene  richiamata  l'ordinanza  n.  212  del  2002),  con
conseguente manifesta inammissibilita' delle questioni (si citano  la
sentenza n. 10 del 2013 e l'ordinanza n. 212 del 2011); 
    che, inoltre, le  questioni  sarebbero  inammissibili  anche  per
difetto e contraddittorieta' della motivazione  (sono  richiamate  le
sentenze  n.  184  e  n.  161  del  2017),  argomentando  il  giudice
rimettente, sia la non intellegibilita' della disposizione censurata,
sia  la  plausibilita'  di  piu'  interpretazioni,  affermazioni   in
evidente e insanabile contraddizione tra loro,  specie  tenuto  conto
che verrebbe indicata anche «una  interpretazione  alternativa  della
norma, ritenuta conforme ai principi costituzionali» (ordinanza n. 87
del 2016); 
    che ulteriore motivo d'inammissibilita' deriverebbe  dal  mancato
esperimento  dell'interpretazione  conforme   (sono   richiamate   le
sentenze n. 69 del 2017, n. 203 del 2016, n. 206, n. 181 e n.  3  del
2015, n. 21 del 2013, n. 301 del 2003 e n. 356 del 1996),  affermando
il collegio  rimettente  che,  benche'  possibile  un'interpretazione
costituzionalmente  orientata  della  disposizione  censurata,  nella
materia elettorale dovrebbe comunque  privilegiarsi  il  promovimento
della questione  di  legittimita'  costituzionale,  con  un  modo  di
procedere in contrasto anche con  il  piu'  recente  orientamento  di
questa Corte, secondo cui l'ordinanza di rimessione deve  pur  sempre
adeguatamente motivare  sul  perche'  non  sia  ritenuta  praticabile
un'interpretazione  costituzionalmente  orientata   (da   ultimo   e'
richiamata la sentenza n. 15 del 2018); 
    che, infine,  le  questioni  dovrebbero  ritenersi  inammissibili
anche per erroneita' del presupposto  interpretativo,  in  quanto  il
meccanismo  della  detrazione  del  seggio  non  risponderebbe   alla
volonta' del legislatore regionale d'introdurre un correttivo di tipo
maggioritario,  come  sostenuto  dall'ordinanza  di  rimessione,   ma
sarebbe  ispirato  a  una  logica  proporzionale,  senza  equiparare,
pertanto, istituti disomogenei; 
    che, nel merito, le questioni sarebbero comunque non fondate; 
    che,  con  particolare  riferimento  alle  censure  promosse   in
relazione all'art. 3 Cost., l'ampia discrezionalita' del  legislatore
in  materia  elettorale  sarebbe  sanzionabile  solo  quando  il  suo
esercizio risulti manifestamente irragionevole  (sono  richiamate  le
sentenze n. 35 del 2017, n. 193 del 2015, n. 1 del 2014, n.  242  del
2012, n. 271 del 2010, n. 260 del 2002, n. 107 del 1996 e n. 438  del
1993), mentre il giudizio di ragionevolezza potrebbe trovare ingresso
solo ove l'irrazionalita' o l'iniquita' delle norme sia  manifesta  e
irrefutabile (si richiamano la sentenza n. 86 del 2017  e,  in  senso
conforme, le sentenze n. 434 del 2002  e  n.  46  del  1993),  oppure
quando  la  formulazione  della  norma  sia  tale  da  dar  luogo  ad
applicazioni distorte o ambigue (e' richiamata la sentenza n. 107 del
2017), presupposti che non ricorrerebbero nel caso di specie; 
    che, infatti, a seguito dell'entrata in vigore della  legge  reg.
Siciliana n. 17  del  2016,  il  sistema  di  elezione  dei  consigli
circoscrizionali sarebbe  ora  disciplinato  dal  combinato  disposto
dell'art. 3, comma 3, della stessa  legge  e  dell'art.  4-ter  della
legge reg. Siciliana n. 35  del  1997,  applicandosi  quindi  a  tali
elezioni anche l'art. 4, comma 3-ter, di tale legge, che  prevede  il
meccanismo  di  detrazione  del  seggio   attribuito   al   candidato
Presidente non eletto; 
    che tale interpretazione non  solo  sarebbe  l'unica  conforme  a
Costituzione, ma  anche  (e  ancor  prima)  l'unica  compatibile  con
elementari  canoni  di  razionalita'   e   coerente   con   l'attuale
formulazione dell'art. 4, comma 7, della legge reg. Siciliana  n.  35
del 1997,  di  sicura  applicazione  per  le  elezioni  dei  consigli
circoscrizionali - ove si stabilisce che, una  volta  determinato  il
numero dei seggi  spettanti  a  ciascuna  lista  o  gruppo  di  liste
collegate, sia proclamato eletto consigliere  comunale  il  candidato
alla carica di Presidente, tra quelli non eletti, che abbia  ottenuto
il maggior numero di voti - poiche', volendo ritenere non applicabile
il piu' volte citato meccanismo di detrazione, si dovrebbe  invertire
l'ordine delle operazioni ivi previste, dapprima proclamando eletto a
consigliere il candidato  alla  presidenza  non  eletto  maggiormente
votato e solo successivamente procedere al riparto dei residui  seggi
tra le varie liste o gruppi di lista; 
    che, dunque, sarebbe  evidente  il  rapporto  di  presupposizione
logica tra i commi 3-ter e 7 dell'art. 4 della legge  reg.  Siciliana
n. 35 del 1997, implicito nella  scelta  d'introdurre  l'elezione  in
consiglio del primo dei candidati Presidente non eletti,  poiche'  in
caso contrario non sarebbe disciplinato da quale lista  o  gruppo  di
liste dovrebbe detrarsi il relativo seggio; 
    che il meccanismo della  detrazione,  infine,  non  introdurrebbe
alcun correttivo maggioritario, esprimendo  anzi  una  chiara  logica
proporzionale, in quanto altrimenti si avrebbe un premio non  per  la
maggioranza, bensi' per la minoranza, con una  distorsione  tra  voti
espressi  e  attribuzione  dei  seggi  in   una   «misura   tale   da
comprometterne la compatibilita' con il principio di eguaglianza  del
voto» (sentenza n. 1 del 2014); 
    che, con specifico riferimento  alla  violazione  dell'art.  101,
secondo comma, Cost., secondo la difesa della parte, il giudice a quo
peccherebbe di «formalismo interpretativo», mentre  l'interpretazione
dovrebbe  sempre  essere  logico-sistematica  e,   per   definizione,
teleologico-assiologica, non  potendosi  usare  come  unico  criterio
ermeneutico quello testuale (sono richiamate le sentenze  n.  35  del
2017 e n. 1 del 2014); 
    che, quindi, nel caso in esame, piu'  che  di  una  questione  di
legittimita' costituzionale, si sarebbe in presenza di una  questione
relativa al coordinamento fra norme successive nel tempo in cui, come
sottolineato dal giudice di  prime  cure,  spetterebbe  all'operatore
giuridico ricostruire il contesto normativo, tenuto conto  di  quello
ordinamentale di riferimento, mentre  la  ricostruzione  offerta  dal
collegio rimettente, oltre a risultare anacronistica, porterebbe a un
risultato paradossale e  incostituzionale,  recante  una  distorsione
della rappresentativita' e dell'uguaglianza  del  voto  incompatibile
con gli artt. 1 e 48 Cost.; 
    che il Presidente della Giunta regionale non  e'  intervenuto  in
alcun giudizio. 
    Considerato che il Consiglio di giustizia amministrativa  per  la
Regione Siciliana, con  tre  distinte  ordinanze,  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3 e 101, secondo  comma,  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3,  della
legge della Regione Siciliana 11 agosto 2016, n. 17 (Disposizioni  in
materia di elezione  del  sindaco  e  del  consiglio  comunale  e  di
cessazione degli organi comunali. Modifica di  norme  in  materia  di
organo di revisione economico-finanziaria  degli  enti  locali  e  di
status degli amministratori locali); 
    che, in particolare, l'art. 3 di detta legge  modifica  l'art.  4
della legge della Regione Siciliana 15 settembre 1997, n.  35  (Nuove
norme per la elezione  diretta  del  sindaco,  del  Presidente  della
Provincia, del Consiglio comunale e del  Consiglio  provinciale),  in
materia di composizione ed elezione dei Consigli comunali, novellando
i commi 6 e 7, introducendo il comma 3-ter e stabilendo, al censurato
comma 3, che tali modifiche «si applicano anche  per  l'elezione  dei
consigli circoscrizionali», la cui disciplina e' contenuta  nell'art.
4-ter della legge reg. Siciliana n.  35  del  1997,  ove  si  rinvia,
pero', ai soli commi l, 2, 4, 5 e 7 del precedente art. 4; 
    che,  secondo  il  giudice  a  quo,  la  disposizione   censurata
determinerebbe, in primo luogo, una  violazione  dell'art.  3  Cost.,
poiche', operando un generico rinvio  alla  disciplina  dell'elezione
dei Consigli comunali, introdurrebbe elementi d'incoerenza e  di  non
intellegibilita'  nella   disciplina   dell'elezione   dei   consigli
circoscrizionali, in quanto consentirebbe anche  interpretazioni  nel
senso di un'irragionevole equiparazione tra organi differenti; 
    che, in secondo luogo, sarebbe violato anche l'art. 101,  secondo
comma, Cost., perche' la carenza  d'intellegibilita'  e  di  coerenza
della disposizione oggetto  di  censura  pregiudicherebbe  la  stessa
applicazione del precetto secondo  cui  «[i]  giudici  sono  soggetti
soltanto alla legge»; 
    che le tre ordinanze di rimessione pongono questioni identiche in
relazione alla norma censurata e ai parametri costituzionali  evocati
e, pertanto,  i  giudizi  vanno  riuniti  per  essere  congiuntamente
esaminati e decisi con unica pronuncia; 
    che, in via preliminare, deve essere respinta  l'eccezione  della
parte privata relativa alla violazione dell'art.  23,  quarto  comma,
della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento della Corte costituzionale) e degli artt. 1 e  2  delle
Norme integrative per i giudizi davanti  alla  Corte  costituzionale,
poiche', pur in assenza di  specifica  e  testuale  disposizione,  le
ordinanze di rimessione sono state comunque notificate al  Presidente
della Giunta regionale in data 23 ottobre 2018, oltre che  comunicate
al  Presidente  dell'Assemblea  regionale  siciliana  a  mezzo  posta
elettronica certificata in data 29 giugno 2018; 
    che,  invece,  sono  fondate  le   eccezioni   d'inammissibilita'
relative al mancato esercizio, da parte del giudice a quo, dei poteri
propri della funzione giurisdizionale, in presenza di quella  che  lo
stesso giudice  considera  una  mera  scarsa  comprensibilita'  della
disposizione censurata nel contesto normativo di riferimento; 
    che, infatti, il collegio rimettente  afferma  che  della  stessa
disposizione  potrebbero   darsi   diverse   interpretazioni,   tutte
plausibili, ritenendo  pero'  opportuno  sollevare  le  questioni  in
virtu' di un'asserita peculiarita' della materia elettorale,  sebbene
venga altresi' riconosciuta la possibilita' di tali  interpretazioni,
tra cui quella che sarebbe  conforme  a  Costituzione,  quale  quella
adottata dal giudice di prime cure; 
    che,  quindi,  la  scarsa  comprensibilita'  della   disposizione
oggetto di censura non e' conseguenza della  sua  irragionevolezza  e
non  intellegibilita',  ma  e'  il  frutto  del  mancato  ricorso   a
un'interpretazione in chiave sistematica  della  stessa,  poiche'  il
contrasto lessicale tra l'art. 3, comma 3, della legge reg. Siciliana
n. 17 del 2016 e l'art. 4-ter, comma 1, della legge reg. Siciliana n.
35 del 1997 - in ragione del rinvio da parte di quest'ultimo ai  soli
commi 1, 2, 4, 5 e 7 del precedente art. 4, rinvio  rimasto  immutato
in seguito all'inserimento nell'art. 4  del  comma  3-ter  -  risulta
soltanto apparente, tenuto conto che, come osservato dal  giudice  di
primo grado, sussiste un nesso di presupposizione logica tra il comma
3-ter  e  il  comma  7  dell'art.  4,   anche   perche',   altrimenti
argomentando, non vi sarebbe alcuna regola chiara su come individuare
il  seggio  da  attribuire  al  candidato   Presidente   non   eletto
maggiormente votato; 
    che, pertanto, il giudice rimettente ha rimesso innanzi a  questa
Corte  una  questione  meramente  interpretativa  sulla   successione
temporale di disposizioni legislative (ordinanza n.  355  del  2004),
che ben avrebbe potuto essere  superata  attraverso  l'esegesi  della
disposizione censurata; 
    che, inoltre, con specifico riferimento alle  doglianze  relative
alla violazione  dell'art.  101,  secondo  comma,  Cost.,  la  scarsa
chiarezza delle disposizioni normative non pone certo in  discussione
il principio costituzionale della soggezione del  giudice  solo  alla
legge, che costituisce, anzi, l'usbergo messo a sua disposizione  per
risolvere senza interferenze le questioni innanzi a lui sottoposte; 
    che, in conclusione, la sottrazione del  giudice  rimettente  «al
proprio potere-dovere di interpretare la legge» (ordinanza n. 161 del
2015; nello stesso senso,  si  veda  l'ordinanza  n.  212  del  2011)
comporta la  manifesta  inammissibilita'  delle  questioni,  restando
assorbiti anche gli  ulteriori  profili  d'inammissibilita'  eccepiti
dalla parte costituita. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87 e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi  davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3, della  legge  della
Regione Siciliana 11 agosto 2016, n. 17 (Disposizioni in  materia  di
elezione del sindaco e del consiglio comunale e di  cessazione  degli
organi comunali. Modifica di norme in materia di organo di  revisione
economico-finanziaria  degli  enti   locali   e   di   status   degli
amministratori  locali),  sollevate  dal   Consiglio   di   giustizia
amministrativa per la Regione Siciliana, in riferimento agli artt.  3
e 101, secondo comma, della Costituzione, con le  ordinanze  indicate
in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 19 giugno 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA