N. 99 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 marzo 2019
Ordinanza del 26 marzo 2019 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da B.E. Srl e altri contro Ministero dell'economia e delle finanze e Agenzia delle dogane e dei monopoli. Gioco e scommesse - Concessioni per la raccolta del gioco del Bingo - Termine assegnato all'Agenzia delle dogane e dei monopoli per procedere alla gara per l'attribuzione delle concessioni - Rideterminazione dell'importo dovuto, per ogni mese o frazione di mese, dai concessionari in scadenza, in regime di proroga tecnica, che intendano partecipare alla gara. - Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), art. 1, comma 1047, modificativo dell'art. 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2014)").(GU n.27 del 3-7-2019 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 2839 del 2018, proposto da B.E. s.r.l., Coral s.r.l., Play Game s.r.l. e Play Line s.r.l. unipersonale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Luca Porfiri e Alvise Vergerio Di Cesana, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Alvise Vergerio Di Cesana in Roma, Via G. P. da Palestrina, 19; contro Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, e Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12; per l'annullamento la disapplicazione e la declaratoria di illegittimita' costituzionale ed europea, previa rimessione alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia: del provvedimento dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli - Direzione centrale gestione tributi e monopolio giochi - Ufficio Bingo, prot. n. 2018/2115 in data 8 gennaio 2018, recante disposizioni di attuazione della «Legge 27 dicembre 2017, n. 205 - art. 1 comma 1047. Modifica alla legge 27 dicembre 2013, n. 147 - art. 1 comma 636. Gara per l'attribuzione delle concessioni per la gestione del gioco del Bingo e proroga delle concessioni»; di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso, ivi compreso l'art. 1, comma 1047, della legge n. 205 del 2017, l'art. 1, comma 934, della legge n. 208 del 2015, nonche' l'art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2018 la dott.ssa Floriana Venera Di Mauro e udita la difesa di parte ricorrente, come specificato nel verbale; 1. Le ricorrenti sono piccole e medie imprese che svolgono l'attivita' di gestori di sale dedicate al gioco del Bingo in forza di concessioni scadute. Le societa' operano, pertanto, in regime di c.d. proroga tecnica, in attesa dello svolgimento delle procedure selettive per la riattribuzione delle concessioni, ai sensi dell'art. 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilita' 2014). 2. Con la proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio, le suddette societa' hanno impugnato la nota dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli in data 8 gennaio 2018, con la quale e' stata data applicazione alle previsioni dell'art. 1, comma 1047, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 («Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020»), che ha modificato il comma 636 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilita' 2014), innovando la disciplina del regime di proroga tecnica delle concessioni scadute o in scadenza. Le ricorrenti lamentano l'aggravamento del suddetto regime - gia' precedentemente modificato in senso peggiorativo per gli operatori dalla legge di stabilita' 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) - a causa dell'ulteriore innalzamento della somma dovuta mensilmente da parte dei concessionari che intendano partecipare al bando di gara per la riattribuzione della concessione. La misura del versamento e' stata infatti elevata da euro 5.000,00 per ogni mese o frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure euro 2.500,00 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni (secondo quanto previsto dalla legge di stabilita' 2016), a euro 7.500,00 per ogni mese o frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure euro 3.500,00 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni. 3. Il ricorso e' affidato a un unico motivo, con il quale le societa' censurano la nota dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli impugnata nel giudizio esclusivamente in ragione della ritenuta illegittimita' costituzionale e incompatibilita' europea dell'art. 1, comma 1047, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, cui l'Amministrazione ha inteso dare applicazione. La previsione normativa si porrebbe in contrasto, infatti, con gli articoli 3, 41, 53 e 81 della Costituzione, nonche' con gli articoli 16, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e con gli articoli 26, 49, 56, 63 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), risultando contraria ai principi di ragionevolezza, imparzialita', parita' di trattamento, legittimo affidamento, liberta' di stabilimento e liberta' di prestazione dei servizi. 3.1. Piu' in dettaglio, le ricorrenti allegano che l'innalzamento dell'importo dovuto dagli operatori in regime di c.d. proroga tecnica della concessione sarebbe stato disposto, irragionevolmente e ingiustificatamente, in un contesto economico che vedrebbe il continuo decremento della redditivita' del mercato di riferimento. La misura risulterebbe, percio', ingiustamente gravosa e persino insostenibile da parte dei gestori delle sale piu' piccole. Gli operatori non avrebbero, peraltro, alcuna possibilita' di sottrarsi al nuovo onere o di attenuarne il peso, stante - da un lato - la necessita' di permanere nel regime di proroga tecnica al fine di poter partecipare alle nuove gare e - dall'altro - il divieto di trasferire le sale in altra localita', se non in presenza di precise condizioni, e comunque sempre nell'ambito dello stesso comune. La manifesta irragionevolezza della misura si rivelerebbe, in particolare, in considerazione del fatto che il nuovo importo dovuto mensilmente da parte degli operatori e' molto piu' elevato di quello previsto dall'art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013 nel suo originario tenore, ossia euro 2.800,00 per ogni mese o frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure euro 1.400,00 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni; somme, queste ultime, ritenute non irragionevoli dalla sentenza di questo Tribunale amministrativo n. 11347 del 2014 proprio in considerazione dell'istruttoria che risultava essere stata svolta al fine di determinarne la misura. Il versamento mensile di 7.500,00 euro non sarebbe coerente, inoltre, con l'importo a base d'asta per l'assegnazione delle nuove concessioni, gia' fissato dalla legge di stabilita' 2016 in 350.000,00 euro per nove anni, che corrispondono a 3.240,74 euro al mese, e quindi a un importo sensibilmente inferiore a quello dovuto durante il regime di proroga tecnica. Peraltro, tale regime, essendo in corso dal 2013, si sarebbe ormai protratto per una durata quasi equivalente a quella delle originarie concessioni (sei anni), risultando anche per questo irragionevolmente vessatorio, oltre che illegittimo. 3.2. Sarebbe, percio', violato l'art. 3 della Costituzione, in quanto la rideterminazione della somma dovuta mensilmente dagli operatori sarebbe irragionevole e ingiustamente gravosa, discriminando, inoltre, gli operatori in regime di proroga tecnica sia rispetto agli assegnatari delle future concessioni (chiamati a versare somme corrispondenti, su base mensile, al minor importo di euro 3.240,74 al mese), sia rispetto ai soggetti che attualmente operano in forza di concessioni non ancora scadute (trattandosi di concessioni gratuite). Sotto quest'ultimo profilo, la discriminazione sarebbe ancora piu' evidente tra i titolari di concessioni destinate a venire a scadenza alla fine del 2018, i quali sarebbero assoggettati al nuovo regime sin dall'inizio dello stesso anno, e i titolari di concessioni in scadenza all'inizio del 2019, i quali invece continuerebbero a beneficiare dell'originaria gratuita' dei titoli. Per queste ragioni, la previsione normativa si porrebbe in contrasto anche con il principio di proporzionalita'. 3.3. L'art. 3 della Costituzione e gli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea sarebbero violati anche il relazione alla lesione del principio del legittimo affidamento. 3.4. Sarebbe pregiudicato, ancora, il diritto alla liberta' di iniziativa economica privata di cui all'art. 41 della Costituzione e all'art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in quanto il concessionario sarebbe di fatto obbligato a proseguire l'attivita' nel regime di proroga tecnica, piu' gravoso sia rispetto alle originarie concessioni, sia rispetto a quelle che verranno attribuite in esito alle nuove gare. 3.5. Le societa' evidenziano, infine, che l'importo mensile dovuto (euro 7.500,00) risulta superiore al doppio di quello da versare per ciascuna frazione di mese (euro 3.500,00), facendo emergere, cosi', un ulteriore profilo di irragionevolezza della misura, la quale costituirebbe una vera e propria tassa, e precisamente una flat tax, che si manifesterebbe illegittima anche per la violazione del criterio di progressivita' dell'imposizione fiscale stabilito dall'art. 53 della Costituzione. 4. Il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, costituitisi in giudizio, hanno diffusamente allegato l'infondatezza di tutte le censure proposte. Le predette Amministrazioni hanno rimarcato, tra l'altro, che l'impugnazione della nota dell'Agenzia avrebbe costituito, per le ricorrenti, l'occasione per contestare di nuovo la legittimita' costituzionale e la compatibilita' europea della disciplina primaria, ricalcando l'impostazione e le argomentazioni del ricorso R.G. n. 6601 del 2014 - gia' respinto da questo Tribunale amministrativo con la sentenza n. 11347 del 2014 - nonche' del ricorso R.G. 2972 del 2016, trattenuto in decisione insieme alla presente controversia. 5. Il Collegio condivide in parte i dubbi di legittimita' costituzionale prospettati dalle ricorrenti e, specificamente, ritiene rilevanti e non manifestamente infondate le questioni attinenti alla compatibilita' con gli articoli 3, 11, 41 e 117, primo comma, della Costituzione dell'art. 1, comma 1047, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, che ha modificato l'art. 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella parte in cui il suddetto comma 1047, alla lettera a), dispone che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli proceda alla gara per la riattribuzione delle concessioni del gioco del Bingo «entro il 30 settembre 2018» e, al contempo, alla lettera b), eleva a euro 7.500,00 e a euro 3.500,00 gli importi precedentemente fissati in euro 5.000,00 ed euro 2.500,00 dall'art. 1, comma 636, lettera c), della legge n. 147 del 2013, nel tenore risultante dalle modifiche apportatevi dall'art. 1, comma 934, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. 6. Per cio' che attiene alla rilevanza delle questioni nel presente giudizio, si osserva quanto segue. 6.1. L'art. 1, comma 1047, della legge n. 205 del 2017 reca una previsione destinata a incidere su un gruppo determinato di operatori, costituito dai soli titolari di concessioni del gioco del Bingo venute a scadenza. La disposizione presenta, percio', i caratteri propri della legge-provvedimento, tali dovendosi definire, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, le leggi «che «contengono disposizioni dirette a destinatari determinati» (sentenze n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997), ovvero «incidono su un numero determinato e limitato di destinatari» (sentenza n. 94 del 2009), che hanno «contenuto particolare e concreto» (sentenze n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 137 del 2009, n. 241 del 2008, n. 267 del 2007 e n. 2 del 1997), «anche in quanto ispirate da particolari esigenze» (sentenze n. 270 del 2010 e n. 429 del 2009), e che comportano l'attrazione alla sfera legislativa «della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all'autorita' amministrativa» (sentenze n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008)» (cosi' Corte cost., sentenza n. 275 del 2013). Peraltro, secondo la costante giurisprudenza della Corte, «in assenza nell'ordinamento attuale di una 'riserva di amministrazione' opponibile al legislatore - non puo' ritenersi preclusa alla legge ordinaria la possibilita' di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidate all'azione amministrativa» (Corte cost., sentenza n. 62 del 1993; nello stesso senso Corte cost., sentenza n. 231 del 2014), per cui le leggi-provvedimento non sono di per se' incompatibili con l'assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione (Corte cost., sentenza n. 85 del 2013). In questi casi, tuttavia, il diritto di difesa «verra' a connotarsi secondo il regime tipico dell'atto legislativo adottato, trasferendosi dall'ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale» (cosi' ancora la sentenza n. 62 del 1993; nello stesso senso anche la sentenza n. 20 del 2012). Spettera', pertanto, alla Corte costituzionale valutare le suddette leggi «in relazione al loro specifico contenuto» (per tutte: sentenze n. 275 del 2013, n. 154 del 2013, n. 270 del 2010), «essenzialmente sotto i profili della non arbitrarieta' e della non irragionevolezza della scelta del legislatore regionale» (sentenza n. 288 del 2008). Coerentemente con la natura di legge-provvedimento dell'art. 1, comma 1047, della legge n. 205 del 2017, il ricorso introduttivo del giudizio si esaurisce esclusivamente nella prospettazione delle questioni di legittimita' costituzionale e di compatibilita' europea della suddetta previsione, per cui la decisione della causa dipende unicamente dalla soluzione delle suddette questioni. 6.2. Occorre, quindi, chiedersi se debba darsi priorita' allo scrutinio delle questioni di legittimita' costituzionale o a quelle di compatibilita' europea. 6.3. Al riguardo, occorre tenere presente che, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, ove sia dedotta contemporaneamente la violazione della Costituzione e del diritto europeo, le questioni di compatibilita' europea assumono - di regola, e salvo quanto subito si dira' - carattere prioritario rispetto all'esame dei profili di legittimita' costituzionale, atteso che l'eventuale contrasto con previsioni di fonte europea dotate di effetto diretto determinerebbe l'obbligo per il giudice nazionale di disapplicare la norma primaria interna, elidendo cosi' in radice la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Regola, questa, operante, tra l'altro, ove sia dedotta (oltre all'illegittimita' costituzionale) la violazione delle liberta' stabilite dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (cfr., ex multis, Corte costituzionale n. 269 del 2017 e n. 111 del 2017). La questione di legittimita' costituzionale assume, invece, carattere prioritario ove la violazione del diritto europeo prospettata nel giudizio attenga alla lesione dei principi contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La Corte ha, infatti, affermato che «laddove una legge sia oggetto di dubbi di illegittimita' tanto in riferimento ai diritti protetti dalla Costituzione italiana, quanto in relazione a quelli garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea in ambito di rilevanza comunitaria, debba essere sollevata la questione di legittimita' costituzionale, fatto salvo il ricorso, al rinvio pregiudiziale per le questioni di interpretazione o di invalidita' del diritto dell'Unione, ai sensi dell'art. 267 del TFUE» (cosi' Corte costituzionale n. 269 del 2017). 6.4. Nel caso oggetto del presente giudizio, le ricorrenti hanno allegato, nella rubrica dell'unico motivo di ricorso, sia la violazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che la violazione di una serie di previsioni del TFUE. 6.4.1. Della priorita' della questione di legittimita' costituzionale rispetto alla dedotta violazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione si e' gia' detto. 6.4.2. Quanto alla violazione delle disposizioni del TFUE, il Collegio osserva che le relative previsioni sono richiamate nel ricorso soltanto con il numero dell'articolo di riferimento, senza indicare specificamente sotto quali profili si assuma l'incompatibilita' della disciplina legislativa censurata con le disposizioni contenute in ciascuno degli articoli del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea invocati. Si tratta, percio', di censure che, oltre a risultare secondarie nell'impostazione del gravame, risultano anche del tutto generiche e indeterminate, e come tali da ritenere inammissibili. Il Collegio e', comunque, dell'avviso che l'innalzamento dell'importo da versare da parte degli operatori in regime di c.d. proroga tecnica - oggetto della modifica apportata dalla legge n. 205 del 2017 all'art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013 - sia insuscettibile di arrecare lesione alle liberta' previste dal TFUE, trattandosi di una prescrizione applicabile, alle medesime condizioni, a tutte le imprese, quale che sia la relativa nazionalita' o sede di stabilimento, che siano titolari di concessioni scadute. La previsione legislativa e', percio', intrinsecamente inidonea a produrre l'effetto di ostacolare lo svolgimento dell'attivita' per gli operatori in regime di proroga tecnica eventualmente non stabiliti in Italia. Deve, conseguentemente, concludersi che l'invocazione delle disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea non valga a determinare la disapplicazione della norma censurata nel presente giudizio. 6.5. In considerazione di quanto precede, il Collegio ritiene, percio', che le questioni di legittimita' costituzionale siano dirimenti ai fini della decisione della causa e che, pertanto, sussista il requisito della rilevanza, necessario ai fini della sottoposizione delle stesse questioni allo scrutinio della Corte costituzionale. 7. Cio' posto, prima di passare all'esposizione delle ragioni per le quali si ritiene che le questioni non siano manifestamente infondate, si rende necessario ricostruire il quadro giuridico e fattuale nel quale si inserisce la presente controversia. 7.1. Il gioco del Bingo e' stato istituito con decreto del Ministro delle finanze 31 gennaio 2000, n. 29, emanato in forza dell'art. 16, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133, ove si prevede che, con riferimento a nuovi tipi di scommessa sulle competizioni sportive nonche' ad ogni altro tipo di gioco, concorso pronostici e scommesse, «il Ministro delle finanze emana regolamenti a norma dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 , per disciplinare le modalita' e i tempi di gioco, la corresponsione di aggi, diritti e proventi dovuti a qualsiasi titolo, ivi compresi quelli da destinare agli organizzatori delle competizioni». Le concessioni attribuite in esito alla procedura selettiva indetta a seguito dell'entrata in vigore del predetto decreto ministeriale erano gratuite, non essendo previsto un corrispettivo correlato al rilascio della concessione. La durata dei titoli era stabilita in sei anni, decorsi in quali le concessioni erano rinnovabili per una sola volta (secondo quanto disposto dall'art. 2, comma 1, lettera e), del decreto ministeriale n. 29 del 2000). 7.2. La legge di stabilita' 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) si e' trovata ad affrontare il problema della scadenza delle prime concessioni, a seguito del decorso, per alcuni titoli, del termine di dodici anni (i sei originariamente previsti e i successivi sei di rinnovo). Al riguardo, con la previsione dell'art. 1, comma 636, della suddetta legge, il legislatore ha ritenuto di dover operare «Al fine di contemperare il principio di fonte comunitaria secondo il quale le concessioni pubbliche vanno attribuite ovvero riattribuite, dopo la loro scadenza, secondo procedure di selezione concorrenziale con l'esigenza di perseguire, in materia di concessioni di gioco per la raccolta del Bingo, il tendenziale allineamento temporale di tali concessioni». In questa prospettiva, e' stato introdotto il regime c.d. di proroga tecnica delle concessioni, stabilendo - per quanto qui rileva - che «relativamente a queste concessioni in scadenza negli anni 2013 e 2014 l'Agenzia delle dogane e dei monopoli procede nel corso dell'anno 2014 alla riattribuzione delle medesime concessioni attenendosi ai seguenti criteri direttivi: a) introduzione del principio dell'onerosita' delle concessioni per la raccolta del gioco del Bingo e fissazione nella somma di euro 200.000 della soglia minima corrispettiva per l'attribuzione di ciascuna concessione; b) durata delle concessioni pari a sei anni; c) versamento della somma di euro 2.800, per ogni mese ovvero frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure di euro 1.400 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni, da parte del concessionario in scadenza che intenda altresi' partecipare al bando di gara per la riattribuzione della concessione, per ogni mese ovvero frazione di mese di proroga del rapporto concessorio scaduto e comunque fino alla data di sottoscrizione della nuova concessione riattribuita; (...)». Le previsioni cosi' introdotte sono state sottoposte al vaglio di questo Tribunale amministrativo da un gruppo di societa' concessionarie del gioco del Bingo - alcune delle quali coincidenti con le odierne ricorrenti - le quali, trovatesi a operare nel suddetto regime di proroga tecnica, hanno veicolato una serie di censure di illegittimita' costituzionale e di incompatibilita' europea nei confronti dell'art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013 attraverso l'impugnazione della nota dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli deputata a darvi applicazione. Il giudizio si e' concluso con la sentenza di questo Tribunale amministrativo n. 11347 del 2014, passata in giudicato, con la quale il ricorso e' stato respinto. 7.3. Il legislatore e' poi nuovamente intervenuto in materia con l'art. 1, comma 934, lettera a), nn. 1) - 4), della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilita' 2016), mediante il quale sono state apportate una serie di modifiche all'originario tenore dell'art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013. In particolare, per quanto qui rileva: il regime di proroga tecnica e' stato esteso a tutte le concessioni «in scadenza negli anni dal 2013 al 2016»; si e' stabilito che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli dovesse procedere «nel corso dell'anno 2016 a una gara per l'attribuzione di 210 concessioni» del gioco del Bingo; si e' elevata a 350.000,00 euro la soglia minima corrispettiva per l'attribuzione di ciascuna concessione; si e' stabilita in nove anni (e non piu' in sei anni) la durata delle nuove concessioni; si e' elevato a 5.000,00 euro per ogni mese ovvero frazione di mese superiore ai quindici giorni e a 2.500,00 euro per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni il versamento dovuto da parte del concessionario in scadenza che intenda altresi' partecipare al bando di gara per la riattribuzione della concessione; si e' previsto «il divieto di trasferimento dei locali per tutto il periodo della proroga». 7.4. Le disposizioni dell'art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013 sono state, poi, modificate dall'art. 6, comma 4-bis, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, che ha temperato il divieto di trasferimento dei locali, prevedendo un'eccezione in favore dei «concessionari che, successivamente al termine del 31 dicembre 2016, si trovino nell'impossibilita' di mantenere la disponibilita' dei locali per cause di forza maggiore e, comunque, non a loro imputabili o per scadenza del contratto di locazione oppure di altro titolo e che abbiano la disponibilita' di un altro immobile, situato nello stesso comune, nel quale trasferirsi, ferma, comunque, la valutazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli». 7.5. E' quindi intervenuto l'art. 1, comma 1047, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 («Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020») - oggetto specificamente del presente giudizio - il quale ha disposto che «All'art. 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'alinea, le parole: «anni dal 2013 al 2016» sono sostituite dalle seguenti: «anni dal 2013 al 2018» e le parole: «nel corso dell'anno 2016» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 30 settembre 2018, con un introito almeno pari a 73 milioni di euro»; b) alla lettera c), le parole: «euro 5.000» e «euro 2.500» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «euro 7.500» e «euro 3.500»; dopo le parole: «legge 13 dicembre 2010, n. 220» sono inserite le seguenti: «, anche successivamente alla scadenza dei termini ivi previsti».». In altri termini, la legge n. 205 del 2017 ha esteso il regime di proroga tecnica alle «concessioni in scadenza negli anni dal 2013 al 2018», fissando al 30 settembre 2018 il termine entro il quale l'Agenzia delle dogane e dei monopoli procede alla gara per l'attribuzione di 210 concessioni, «con un introito almeno pari a 73 milioni di euro». La stessa disposizione ha, inoltre, elevato l'importo che deve essere versato da parte del concessionario in scadenza che intenda partecipare al bando di gara per la riattribuzione della concessione, stabilendolo nella somma di euro 7.500,00 per ogni mese ovvero frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure di euro 3.500,00 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni, in luogo della precedente previsione, che - come sopra detto - fissava il medesimo importo in euro 5.000,00 per ogni mese ovvero frazione di mese superiore ai quindici giorni ed euro 2.500,00 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni. 7.6. Deve, infine, aggiungersi che, successivamente al passaggio in decisione della causa, l'art. 1, comma 1096, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 («Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021») ha incluso nel regime di proroga tecnica anche le concessioni in scadenza nell'anno 2019, senza introdurre ulteriori modifiche al quadro normativo preesistente. Il Collegio si e' fatto carico di valutare tale sopravvenienza normativa nella camera di consiglio del 6 marzo 2019, appositamente convocata, addivenendo alla conclusione che la previsione cosi' introdotta non abbia fatto venir meno la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale e che, inoltre, confermi i dubbi di legittimita' costituzionale che si ritiene di dover sottoporre alla Corte costituzionale. 8. Venendo, a questo punto, alla non manifesta infondatezza delle questioni, il Collegio osserva quanto segue. 8.1. Con la sentenza n. 11347 del 2014, passata in giudicato, questo Tribunale amministrativo ha escluso, come sopra detto, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013, nel suo originario tenore. Successivamente alla suddetta sentenza, un gruppo di operatori, tra cui alcune delle odierne ricorrenti, ha sottoposto a questo Tribunale amministrativo la questione di legittimita' costituzionale della medesima disposizione normativa, a seguito delle modificazioni apportatevi dall'art. 1, comma 934, della legge n. 208 del 2015. La causa e' stata trattenuta in decisione nella stessa udienza di trattazione del presente giudizio e definita anch'essa con una sentenza di rigetto. 8.2. Il Collegio e' tuttavia dell'avviso che le ulteriori modifiche dell'art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013 introdotte dall'art. 1, comma 1047, della legge n. 205 del 2017, a differenza delle precedenti, abbiano determinato l'alterazione dell'intrinseca ragion d'essere del regime di proroga tecnica, inducendo a questo punto a dubitare della legittimita' costituzionale delle innovazioni apportate alla relativa disciplina. 8.3. Deve infatti osservarsi che l'originaria previsione della legge n. 147 del 2013, introducendo il regime di proroga tecnica delle concessioni, ha previsto bensi' l'onerosita' di tale regime, ma cio' ha fatto: (i) fissando l'importo dovuto mensilmente da parte degli operatori titolari di concessioni scadute che intendessero partecipare al bando di gara per la riattribuzione della concessione in una somma (2.800,00 euro) che era stata determinata sulla base di precise valutazioni di sostenibilita', in modo da incidere in misura pari al 3 per cento dell'utile lordo ricavato dalla raccolta media per sala nell'anno 2012, come risulta dalla sentenza n. 11347 del 2014 di questo Tribunale amministrativo; (ii) prevedendo una durata limitatissima del periodo di proroga tecnica, in quanto la disposizione originaria stabiliva che le concessioni in scadenza negli anni 2013 e 2014 dovessero essere riattribuite «nel corso dell'anno 2014». 8.4. Successivamente, la legge n. 208 del 2015 ha innalzato il suddetto importo a 5.000,00 euro mensili, senza tuttavia indurre a dubitare della legittimita' costituzionale della norma risultante all'esito delle modifiche, in quanto: (i) il mero aumento dell'importo da versarsi mensilmente da parte degli operatori, pur potendo determinare un'incidenza sull'utile lordo dei gestori delle sale Bingo superiore a quello derivante dalla previsione originaria, non costituisce, di per se', indice di arbitrarieta' o irragionevolezza della misura; (ii) il termine finale del periodo di proroga tecnica, pur essendo stato differito, risultava tuttavia contenuto entro un termine molto ristretto dall'entrata in vigore della nuova disciplina, in quanto l'Agenzia delle dogane e dei monopoli avrebbe dovuto procedere a una gara per l'attribuzione di 210 concessioni del gioco del Bingo «nel corso dell'anno 2016». 8.5. Le suddette previsioni hanno, quindi, introdotto disposizioni dirette a un numero determinato di operatori, ma cio' hanno fatto in modo manifestamente immune da dubbi di irragionevolezza, anche in considerazione dell'assegnazione al periodo di proroga tecnica di una durata contenuta entro precise scadenze temporali. Gli operatori sono stati messi in grado, percio', di svolgere liberamente le proprie valutazioni al fine di effettuare razionalmente le conseguenti scelte economiche. Deve, infatti, rimarcarsi che il periodo di proroga tecnica consiste in una situazione transitoria nella quale, per ragioni particolari, la legge stessa legittima la prosecuzione dell'attivita' del titolare della concessione scaduta, in attesa che sia bandita la dovuta procedura selettiva. Nel caso del gioco del Bingo, il predetto regime e' stato previsto, in via transitoria, per l'esigenza di assicurare il riallineamento delle concessioni destinate via via a scadere nel corso di diverse successive annualita', ossia al fine di attribuire le concessioni scadute mediante un'unica procedura. Il regime di proroga tecnica conferisce quindi un'utilita' economica ai concessionari uscenti, i quali beneficiano, in attesa delle nuove gare, della possibilita' di proseguire la propria attivita', e cio' sulla base di una propria scelta di convenienza economica. Come infatti, evidenziato nella sentenza di questo Tribunale amministrativo n. 11347 del 2014, piu' volte richiamata, «(...) sui concessionari non grava alcun obbligo in ordine alla prosecuzione dell'attivita' concessoria, e (...) se pure tale prosecuzione, come assistita dall'estensione della garanzia e dal pagamento dei corrispettivi mensili, costituisce condizione di partecipazione alla gara per la riattribuzione delle concessioni, e' pur sempre rimessa alla libera scelta dei concessionari non avvalersi della facolta' di proroga e partecipare alle gare di assegnazione delle concessioni in veste di nuovi concessionari, secondo le proprie scelte imprenditoriali e di convenienza». La ragionevolezza del regime di proroga tecnica e la sua neutralita' rispetto alla liberta' di iniziativa economica privata riposa, pertanto, sulla temporaneita' di tale regime e sulla certezza in ordine all'orizzonte temporale entro il quale dovranno svolgersi le gare. Solo a queste condizioni, infatti, gli operatori potranno scegliere consapevolmente se proseguire nell'attivita', versando l'importo stabilito per un periodo determinato, al fine di partecipare alla nuova gara quali gestori uscenti, ovvero se cessare l'attivita', potendo confidare nella possibilita' di partecipare alle nuove gare entro una data prossima e comunque collocata entro un orizzonte predeterminato. Ove, invece, la durata del regime di proroga tecnica non sia conoscibile da parte degli operatori, questi ultimi non disporranno di alcun elemento per poter svolgere le proprie valutazioni e, quindi, non saranno in grado di autodeterminarsi nell'effettuazione delle scelte conseguenti. 8.6. Proprio quest'ultima situazione risulta essersi determinata, secondo l'avviso del Collegio, a seguito dell'entrata in vigore delle modifiche apportate all'art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013 dall'art. 1, comma 1047, della legge n. 205 del 2017, inducendo a dubitare della compatibilita' di quest'ultima previsione normativa con gli articoli 3 e 41 della Costituzione. 8.7. Appare violato, anzitutto, l'art. 3 della Costituzione, in quanto la disposizione in esame costituisce una legge-provvedimento che sembra incidere irragionevolmente su un gruppo di operatori economici precisamente determinato. Da un lato, infatti, la nuova previsione ha incrementato ulteriormente del cinquanta per cento - e quindi in misura niente affatto trascurabile - l'importo dovuto dagli operatori in regime di proroga tecnica che intendano partecipare alla gara per la riattribuzione delle concessioni, senza che risulti essere stata svolta alcuna indagine in ordine all'effettiva sostenibilita' di tale onere e senza che l'importo stesso presenti alcuna correlazione con la cifra da porre a base d'asta per le nuove gare (ossia 350.000,00 euro, corrispondenti, in rapporto alla durata novennale prevista per le nuove concessioni, a un onere mensile di euro 3.240,74, e quindi a una somma pari a meno della meta' di quella dovuta durante la proroga tecnica). Dall'altro lato, questo aumento si accompagna all'ulteriore protrarsi del regime di proroga tecnica, gia' in corso dal 2013, di fatto senza una precisa delimitazione temporale. Se e' vero, infatti, che la legge n. 205 del 2017 ha stabilito formalmente che l'Agenzia dovesse procedere alla gara «entro il 30 settembre 2018», deve tuttavia osservarsi che l'indicazione di questo termine e' valsa anzitutto a «sanare» la circostanza che il regime di proroga tecnica si fosse gia' prolungato oltre il termine del 2016, precedentemente stabilito, proiettandone ulteriormente in avanti la durata. D'altro canto, il nuovo termine fissato e' parso sin da subito inattendibile, come le ricorrenti non hanno mancato di evidenziare nel ricorso, atteso che la ripetuta proroga delle precedenti scadenze non poteva che indurre gli operatori a dubitare di dover confidare sul rispetto della data da ultimo stabilita. Tale previsione e' stata, del resto, puntualmente confermata dalla circostanza che, alla data in cui la causa e' stata trattenuta in decisione (7 novembre 2018), nessuna gara fosse stata bandita dall'Agenzia. Da ultimo, la circostanza che il regime di proroga tecnica sia stato ormai svincolato da ogni precisa scadenza risulta comprovata dal fatto che la legge n. 145 del 2018 abbia incluso nel regime di proroga tecnica anche le concessioni in scadenza nell'anno 2019, senza neppure modificare il termine per procedere alla gara, che e' rimasto fissato nella data gia' trascorsa del 30 settembre 2018. In questa situazione, il Collegio ritiene che, come anticipato, gli operatori siano definitivamente privati della possibilita' di svolgere precisi calcoli in ordine alla convenienza economica del regime di proroga tecnica, la cui durata e' ormai sostanzialmente indeterminata. Tali soggetti risultano essere stati incisi, percio', in modo che appare arbitrario e irragionevole da una misura - l'innalzamento immotivato del cinquanta per cento del versamento dovuto mensilmente - senza avere alcuna possibilita' ne' di influire sulla durata del regime di proroga tecnica, ne' di avere alcuna certezza in ordine alla cessazione di tale regime, che essi reputano eccessivamente oneroso e persino insostenibile per i gestori delle sale piu' piccole. In questo contesto, gli operatori non sono messi in grado, inoltre, di valutare possibili alternative economiche, poiche' la scelta di cessare l'attivita' li esporrebbe, di fatto, all'espulsione dal mercato a tempo indeterminato, stante l'assenza di certezze in ordine all'avvio della nuova gara. Da cio' i dubbi di irragionevolezza della misura. 8.8. Per analoghe ragioni, appare violato anche l'art. 41 della Costituzione, atteso che la liberta' di iniziativa economica privata e' da ritenere compromessa a causa dell'impossibilita' per gli operatori di compiere consapevolmente le proprie scelte economiche, rimanendo essi soggetti di fatto a un regime che reputano troppo gravoso, cui tuttavia non possono realmente sottrarsi, non essendo dato stabilire quando potranno eventualmente rientrare nel mercato, a seguito della partecipazione alla nuova gara. 8.9. Alla luce delle considerazioni ora svolte, il Collegio e' indotto a dubitare anche della violazione degli articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione. La lesione del canone di ragionevolezza appare infatti determinare anche la violazione dell'analogo principio desumibile dagli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, i quali sanciscono - rispettivamente - i principi di uguaglianza davanti alla legge (art. 20) e di non discriminazione (art. 21). D'altro canto, la prospettata violazione della liberta' di iniziativa economica privata appare integrare anche la violazione dell'art. 16 della stessa Carta, recante il riconoscimento della liberta' d'impresa. 9. Per tutte le ragioni esposte, questo Tribunale ritiene rilevanti e non manifestamente infondate le questioni attinenti alla compatibilita' con gli articoli 3, 11, 41 e 117, primo comma, della Costituzione dell'art. 1, comma 1047, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, che ha modificato l'art. 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella parte in cui il suddetto comma 1047, alla lettera a), dispone che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli proceda alla gara per la riattribuzione delle concessioni del gioco del Bingo «entro il 30 settembre 2018» e, al contempo, alla lettera b), eleva a euro 7.500,00 e a euro 3.500,00 gli importi precedentemente fissati in euro 5.000,00 ed euro 2.500,00 dall'art. 1, comma 636, lettera c), della legge n. 147 del 2013, nel tenore risultante dalle modifiche apportatevi dall'art. 1, comma 934, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Conseguentemente, dispone la sospensione del giudizio e la rimessione delle predette questioni alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) rimette alla Corte costituzionale le questioni di legittimita' costituzionale illustrate in motivazione, relative all'art. 1, comma 1047, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, che ha modificato l'art. 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. Dispone, conseguentemente, la sospensione del giudizio. Manda alla Segreteria della Sezione tutti gli adempimenti di competenza, e in particolare la notifica della presente ordinanza alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' la comunicazione ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 7 novembre 2018 e 6 marzo 2019, con l'intervento dei magistrati: Antonino Savo Amodio, Presidente; Rita Tricarico, consigliere; Floriana Venera Di Mauro, primo referendario, estensore Il Presidente: Savo Amodio L'estensore: Di Mauro