N. 161 SENTENZA 19 marzo - 27 giugno 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Agricoltura - Attuazione della delega  al  Governo  per  il  riordino
  dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura -  Separazione  delle
  funzioni di organismo di coordinamento e di  organismo  pagatore  -
  Imposizione alle Regioni e agli  enti  regionali  con  funzioni  di
  organismo  pagatore  dell'obbligo  di  avvalersi  dei  servizi  del
  Sistema informativo agricolo nazionale. 
- Decreto  legislativo  21  maggio  2018,  n.  74   (Riorganizzazione
  dell'Agenzia per le erogazioni in  agricoltura  -  AGEA  e  per  il
  riordino del sistema dei controlli nel settore  agroalimentare,  in
  attuazione dell'articolo 15 della legge 28 luglio  2016,  n.  154),
  art. 1, comma 3, e artt. 2, 3, 4, 8 e 15, comma 5, nonche' l'intero
  testo. 
(GU n.27 del 3-7-2019 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3,
e degli artt. 2, 3, 4, 8 e 15, comma 5,  nonche'  dell'intero  testo,
del decreto legislativo  21  maggio  2018,  n.  74  (Riorganizzazione
dell'Agenzia per le  erogazioni  in  agricoltura  -  AGEA  e  per  il
riordino del sistema dei controlli  nel  settore  agroalimentare,  in
attuazione dell'articolo 15, della legge 28  luglio  2016,  n.  154),
promosso dalla Regione Veneto, con ricorso notificato il 21-23 agosto
2018, depositato in cancelleria il 23 agosto 2018, iscritto al n.  52
del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella  udienza  pubblica  del  19  marzo  2019  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Andrea Manzi  e  Ezio  Zanon  per  la  Regione
Veneto e l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso iscritto al n. 52 reg. ric. del 2018, la  Regione
Veneto ha promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
1, comma 3, e degli art. 2, 3, 4 e 8, nonche' dell'art. 15, comma  5,
del decreto legislativo  21  maggio  2018,  n.  74  (Riorganizzazione
dell'Agenzia per le  erogazioni  in  agricoltura  -  AGEA  e  per  il
riordino del sistema dei controlli  nel  settore  agroalimentare,  in
attuazione dell'articolo 15, della legge 28  luglio  2016,  n.  154),
oltre che dell'intero decreto legislativo medesimo. 
    La ricorrente chiede, inoltre, a questa Corte di  decidere,  «ove
necessario, sui motivi di impugnazione dell'art. 15  della  legge  n.
154 del 2016, che si devono  intendere  qui  interamente  riproposti,
previa rimessione nei termini di cui all'art. 127  Cost.»;  disporre,
«ove necessario, per effetto del combinato disposto degli artt. 91  e
92 del decreto legislativo n. 104/2010, dell'art. 22 della  legge  11
marzo 1953, n. 87 e 395, comma 1, nn. 1) e 4) c.p.c.  la  revocazione
della decisione [di questa  Corte]  n.  139  del  2018,  considerando
nell'eventuale fase  rescissoria,  come  integralmente  riproposti  i
motivi di impugnazione del giudizio R.G. 65/2016»;  sollevare,  «[i]n
subordine  e  in  via  alternativa,  sempre  ove  necessario,   [...]
questione incidentale di costituzionalita' avverso  l'art.  18  della
legge 11 marzo 1953,  n.  87  nella  parte  in  cui  non  prevede  la
possibilita' di impugnare le decisioni della Corte costituzionale nel
caso in cui si presenti un vizio revocatorio ex art.  395,  comma  1,
nn. 1 e 4) c.p.c.». 
    1.1.- La Regione espone che, con ricorso iscritto al  n.  65  del
reg. ric.  2016,  aveva  proposto  in  via  principale  questione  di
legittimita' costituzionale avente ad oggetto,  tra  l'altro,  l'art.
15, commi 1, 2, lettera d), e 5, della legge 28 luglio 2016,  n.  154
(Deleghe  al  Governo  e  ulteriori  disposizioni   in   materia   di
semplificazione,  razionalizzazione  e  competitivita'  dei   settori
agricolo e agroalimentare,  nonche'  sanzioni  in  materia  di  pesca
illegale), per violazione degli artt. 97, 117, quarto  comma,  e  118
della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione  di
cui all'art. 120 Cost. 
    In particolare, a parere  della  Regione  ricorrente,  la  delega
legislativa,  nel  prevedere,  nell'ambito  della  rinnovazione   del
modello  di  coordinamento  degli  organismi   pagatori   a   livello
regionale, quali criteri  direttivi  «l'introduzione  di  un  modello
organizzativo omogeneo,  l'uniformita'  dei  costi  di  gestione  del
sistema  tra  i  diversi  livelli  regionali  e  l'uniformita'  delle
procedure e dei sistemi informativi tra i diversi  livelli»,  sarebbe
andata  oltre  i  limiti  afferenti  alla  esplicitata  finalita'  di
razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, finalita' anzi
compromessa dalla disposizione stessa. Quest'ultima, infatti, sarebbe
stata tesa a realizzare un livellamento organizzativo, procedurale  e
di spesa tra i diversi livelli regionali,  senza  tener  conto  delle
loro specificita' e peculiarita', determinando  l'effetto  distorsivo
per cui, ove essi presentassero caratteristiche di  eccellenza  sotto
il profilo organizzativo, gestorio e finanziario, come nel caso della
Regione  Veneto,  avrebbero  dovuto  comunque  adeguarsi   ai   nuovi
parametri   previsti   dalla    legislazione    statale,    pur    se
"qualitativamente" inferiori, con la conseguente lesione  in  termini
non solo di efficienza amministrativa,  ma  anche  sotto  il  profilo
economico-finanziario,  accrescendo  la  correlata  voce   di   spesa
pubblica, con violazione dunque sia del principio di  buon  andamento
di cui all'art. 97 Cost. che degli artt. 81 e 119 Cost. 
    L'imposizione di modelli organizzativi e procedimentali  prevista
nella  delega  legislativa  in  esame  avrebbe  inoltre   determinato
un'invasione delle competenze affidate alle  Regioni  in  materia  di
ordinamento e organizzazione amministrativa regionale e in materia di
agricoltura, con violazione degli artt.  117,  quarto  comma,  e  118
Cost. 
    Inoltre, la previsione, quale unico  strumento  di  concertazione
intergovernativa, di un mero parere della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano, da rendere nel termine  di  quarantacinque  giorni  dalla
data di  trasmissione  di  ciascun  schema  di  decreto  legislativo,
decorso il quale  il  Governo  era  abilitato  a  procedere,  avrebbe
determinato, sia per  il  carattere  "debole"  dell'intervento  della
conferenza intergovernativa sia per l'esiguita' del termine previsto,
la violazione del principio di leale collaborazione di  cui  all'art.
120 Cost. 
    1.1.1.- La Regione ricorda che il ricorso iscritto al n.  65  del
reg. ric. 2016 e' stato deciso con sentenza n. 139  del  2018,  nella
quale si e' rilevato che, «come segnalato  dalla  Regione  ricorrente
nella propria memoria depositata il 17 aprile 2018 e  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato  in  udienza  [tenutasi  1'8   maggio   2018],
nonostante il decorso del termine legislativamente previsto,  non  e'
stato dato seguito alla delega». Questa Corte ha pertanto  dichiarato
l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale per
sopravvenuta carenza di interesse a coltivare il ricorso. 
    Viene pero' rilevato che, in realta', la  delega  legislativa  e'
stata esercitata dal Governo giusta deliberazione del 16 maggio 2018,
e cio' legittimamente in quanto il termine per l'esercizio del potere
delegato, per effetto del comma 5 dell'art. 15 della legge n. 154 del
2016, era stato prorogato ex lege di tre mesi, spostando in tal  modo
al 25 maggio 2018 l'esaurimento del potere legislativo delegato. 
    La Regione sostiene quindi che la predetta pronuncia  e'  fondata
«su uno stato di fatto smentito dal successivo comportamento difforme
del Governo». 
    Tanto premesso, la ricorrente - pur asserendo di  concentrare  le
proprie censure sul d.lgs. n. 74 del 2018, in quanto reputa che  esso
presenti  vizi  di   legittimita'   costituzionale,   sostanziali   e
procedimentali, propri - afferma che esso risulta  viziato  anche  in
via derivata per effetto dei limiti e criteri direttivi  della  legge
delega, oggetto di un'impugnazione decisa in rito e non nel merito. 
    Sulla base di tale considerazione la Regione Veneto evidenzia  di
avere interesse a una pronuncia di merito in ordine alla legittimita'
costituzionale della legge delega n. 154 del 2016, previa  rimessione
nei termini di cui all'art. 127 Cost., essendo  essa  decaduta  dagli
stessi per effetto della dichiarata inammissibilita', senza che alcun
addebito di colpa possa essere  mossa  alla  stessa,  o,  altrimenti,
previa revocazione della sentenza n. 139 del  2018,  in  applicazione
del combinato disposto degli artt. 91 e 92  dell'Allegato  1  (Codice
del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n.
104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo), dell'art. 22 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), e
dell'art. 395, primo comma, numeri 1) e 4), del codice  di  procedura
civile, anche, se necessario -  e  cioe'  qualora  tali  disposizioni
fossero ritenute non compatibili con il giudizio costituzionale -, in
seguito a declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art.  18
della legge n. 87 del  1953,  nella  parte  in  cui  non  prevede  la
revocazione delle decisioni della Corte costituzionale nei giudizi in
via principale, ove le stesse siano frutto di un errore di fatto o di
dolo di una delle parti, che ha precluso la pronuncia sul merito  del
ricorso. 
    1.2.- Tanto premesso, la ricorrente  si  sofferma  sulle  censure
specificamente mosse avverso le disposizioni del  d.lgs.  n.  74  del
2018. 
    1.2.1.- L'art. 15, comma 5, viene impugnato per violazione  degli
artt. 76, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 120 Cost. 
    La Regione sostiene che tale disposizione - la quale prevede che:
«Per l'esercizio delle funzioni e dei  compiti  di  cui  al  presente
decreto, ivi compresi i  controlli  preventivi  integrati  effettuati
mediante  telerilevamento  previsti   dalla   normativa   dell'Unione
europea, l'Agenzia e gli altri  organismi  pagatori  riconosciuti  si
avvalgono  dei  servizi  del  SIAN»  -  conferma  tutti  i  dubbi  di
legittimita' costituzionale sollevati nel giudizio  promosso  avverso
la  legge  delega  sotto  il  profilo  della  lesione  dell'autonomia
organizzativa regionale e, dunque, della violazione degli artt.  117,
quarto comma, e 118 Cost. 
    E cio' in  quanto  si  impone  a  tutti  gli  organismi  pagatori
riconosciuti e, dunque, anche a quelli regionali, di esercitare tutte
le proprie funzioni e compiti avvalendosi  dei  servizi  del  Sistema
informativo agricolo nazionale (SIAN). 
    La disposizione  di  legge  statale  travalicherebbe,  dunque,  i
confini del coordinamento informativo e dello strumento  di  garanzia
di  uniformita'  di   linguaggio   e   si   porrebbe   quale   misura
organizzatoria    e    funzionale    eteroimposta    e     vincolante
l'organizzazione delle  Regioni  e  degli  enti  regionali,  ledendo,
pertanto,  la  competenza  regionale  in  materia  di  ordinamento  e
organizzazione regionale oltreche' la competenza regionale in materia
di agricoltura, in tal guisa violando gli artt. 117, quarto comma,  e
118 Cost. 
    Si sottolinea, poi, che la Regione Veneto e' da tempo  dotata  di
un  proprio  organismo  pagatore  che  utilizza  un  proprio  sistema
informativo, predisposto per l'esercizio  delle  funzioni  proprie  e
correlato  per  flussi  informativi  con  il   SIAN.   Pertanto,   la
disposizione impugnata violerebbe, oltre che gli artt. 117,  terzo  e
quarto comma, e 118 Cost., anche l'art. 97 Cost.  non  garantendo  la
possibilita' da parte delle Regioni e degli  enti  strumentali  delle
stesse, cui sia affidato il ruolo di organismo pagatore regionale, di
scegliere di non avvalersi, nell'esercizio  delle  proprie  funzioni,
del SIAN e di utilizzare un sistema informativo  proprio,  anche  ove
quest'ultimo risulti piu' efficiente e  funzionale  al  perseguimento
del pubblico interesse. 
    Infine  -  e  ferma  restando   l'illegittimita'   costituzionale
derivante  dal  vizio  procedimentale  in  precedenza  esposto  nella
ricostruzione dei motivi di  impugnazione  della  legge  delega  (che
importerebbe una violazione dell'art. 76 Cost.) - sarebbe ravvisabile
la violazione del principio di leale collaborazione di  cui  all'art.
120 Cost., per «la solo apparente concertazione collaborativa  svolta
in termini solo formali di intesa, ma invero alla stregua di un  mero
parere». 
    1.2.2.- Viene altresi' sostenuta l'illegittimita'  costituzionale
degli artt. 1, comma 3, 2, 3, 4 e 8 del d.lgs. n.  74  del  2018,  e,
conseguentemente,  dell'intero  decreto  legislativo   medesimo   per
violazione degli artt. 76, 97, 117, primo e quarto comma, 118  e  120
Cost. 
    L'art. 1 del d.lgs. n. 74 del  2018,  al  comma  3,  dispone  che
l'Agenzia per  le  erogazioni  in  agricoltura  (AGEA)  «assicura  la
separazione tra le  funzioni  di  organismo  di  coordinamento  e  di
organismo pagatore». 
    La Regione - dopo un succinto excursus delle molteplici  funzioni
attribuite  dal  decreto  legislativo  ad  AGEA  quale  organismo  di
coordinamento  -  sostiene  che  esse  andrebbero  oltre  i   confini
tracciati dalla normativa  unionale  e,  soprattutto  in  materia  di
vigilanza   e   controllo   oltreche'    armonizzazione    ai    fini
dell'uniformita' comportamentale degli organismi pagatori  regionali,
avrebbero  richiesto  un  esercizio  formalmente  e   sostanzialmente
separato rispetto alle funzioni di organismo pagatore. 
    Ricorda quindi  che,  come  indicato  dallo  stesso  art.  4  del
regolamento (UE) n. 908/2014 della Commissione, del  6  agosto  2014,
recante modalita' di applicazione del regolamento (UE)  n.  1306/2013
del Parlamento europeo  e  del  Consiglio  per  quanto  riguarda  gli
organismi pagatori e altri organismi,  la  gestione  finanziaria,  la
liquidazione dei conti, le norme sui  controlli,  le  cauzioni  e  la
trasparenza,  l'«organismo  pagatore  puo'  svolgere  il   ruolo   di
organismo di coordinamento, purche' le due funzioni siano  nettamente
distinte», e cio' in omaggio alla necessita' di evitare commistioni e
sovrapposizioni di esercizio tra  funzioni  interferenti  che  devono
essere affidate alle cure di organismi distinti ed autonomi. 
    Sarebbe  dunque  ravvisabile  la  violazione  della  disposizione
unionale e, conseguentemente, dell'art. 117, primo comma,  Cost.,  la
quale si riverbererebbe in una lesione dell'autonomia organizzativa e
gestionale regionale e degli organismi pagatori  regionali,  i  quali
verrebbero  a  soffrire  gli   effetti   negativi   derivanti   dalla
commistione di funzioni di coordinamento, di vigilanza e di  gestione
degli aiuti, e si rifletterebbe,  altresi',  in  una  elisione  della
competenza regionale  in  materia  di  agricoltura,  con  conseguente
violazione degli artt. 117, quarto comma, e 118 Cost. 
    La sovrapposizione funzionale prevista  dal  decreto  legislativo
delegato, infatti, sarebbe idonea a  determinare  effetti  distorsivi
tali  da  «alterare  il  sistema   relazionale   tra   organismo   di
coordinamento e di controllo e organismi  pagatori  e  tra  organismi
pagatori   regionali   e   AGEA»,   con   inevitabili   ripercussioni
sull'efficienza dello stesso sistema,  in  contrasto  con  l'art.  97
Cost. 
    Tale criticita', del resto, sarebbe stata fotografata dal  parere
espresso   dalla   Commissione   9a   (Agricoltura    e    produzione
agroalimentare) del Senato della Repubblica,  ove  si  subordinerebbe
l'assenso parlamentare alla predisposizione  di  modifiche  idonee  a
garantire «una piena garanzia dell'indipendenza e  della  separazione
delle funzioni che la nuova AGEA e' chiamata a  svolgere,  in  quanto
soggetto erogatore degli aiuti, e nella veste  di  soggetto  deputato
all'espletamento dei controlli:  il  principio  di  terzieta'  impone
infatti  specifiche  guarentigie».  La  Regione  asserisce  che  tali
osservazioni,  per  il  loro  contenuto  puntuale  e   normogenetico,
potrebbero  considerarsi  delle  autentiche  condizioni,  in   quanto
evidenziano elementi  critici  da  sciogliere  nello  stesso  decreto
legislativo   e,   lungi   dall'essere   mere    constatazioni,    si
atteggerebbero alla stregua di  «autentici  suggerimenti/indicazioni,
volti  a  incidere  sulla  formazione  della   volonta'   legislativa
delegata». 
    Il mancato compimento  del  dialogo  codecisorio  previsto  dalla
legge di delega -individuato dalla ricorrente nel mancato adeguamento
dello schema di decreto delegato alle predette osservazioni  e  nella
mancata ritrasmissione dello schema rivisitato alla  Commissione  del
Senato - determinerebbe dunque un vizio di legittimita'  del  decreto
delegato, confermato dal  fatto  che  le  guarentigie  richieste  nel
parere  non  sembrerebbero  essere  state  introdotte   nel   decreto
legislativo,  il  quale  soffrirebbe  dunque   sia   del   vizio   di
legittimita' derivante dalla violazione dell'art. 117,  primo  comma,
Cost.,  sia  dell'ulteriore  vizio   consistente   nella   violazione
dell'art. 76 Cost. Di fronte alla condizione posta dalla  Commissione
parlamentare non si sarebbe, infatti,  svolto  l'iter  procedimentale
rafforzato previsto dalla legge delega, radicando una violazione  che
si riverbererebbe «in acto e non solo  in  potentia  in  una  lesione
della competenza  regionale  sia  sotto  il  profilo  della  elisione
dell'autonomia  organizzatoria  sia  della  lesione   della   materia
agricoltura e, in particolare dell'attivita' di  gestione  dei  fondi
agricoli». 
    La   Regione    sottolinea,    infine,    che    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 3, e degli artt. 2, 3, 4  e  8  del
d.lgs. n. 74 del 2018 ingenererebbe «un effetto caducante sull'intera
geometria funzionale del decreto legislativo,  stante  il  necessario
venir meno di ogni disposizione dell'atto avente forza di  legge  che
comporti un'indebita commistione delle funzioni di organismo pagatore
e di coordinamento/vigilanza», e conclude chiedendo - qualora  questa
Corte non condividesse tale  impostazione  secondo  cui  il  predetto
effetto   caducatorio   dovrebbe   considerarsi   quale   conseguenza
necessaria della pronuncia demolitoria richiesta con riferimento alle
singole disposizioni - di estendere l'impugnazione  all'intero  testo
del  d.lgs.  n.  74  del  2018,  stante  la   inscindibilita'   delle
disposizioni impugnate rispetto alle altre norme dello stesso. 
    2.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  si  e'   costituito
deducendo l'infondatezza  delle  censure  prospettate  dalla  Regione
Veneto e, al contempo, chiedendo, con riferimento a quanto  contenuto
a pagina 8, punto 7), del ricorso regionale, la  cancellazione  della
frase «potrebbe far trasmutare il carattere non intenzionale di  tale
condotta in una vera e propria sorta di dolo». 
    L'Avvocatura generale sostiene l'inammissibilita' della richiesta
di rimessione in termini per l'impugnazione dell'art. 15 della  legge
delega n. 154 del 2016, in quanto, stante il carattere  del  giudizio
in  via  principale  di  giudizio  a  disponibilita'   delle   parti,
l'inammissibilita' per sopravvenuta carenza di interesse a  coltivare
il ricorso, ravvisabile quando una pronuncia ablatoria non e'  idonea
a soddisfare l'interesse del ricorrente, avrebbe  effetti  preclusivi
ai fini di una possibile ripresentazione del ricorso. 
    Ne' sarebbe sostenibile -  prosegue  l'Avvocatura  -  a  sostegno
della richiesta di rimessione in  termini  «un'incolpevole  decadenza
della parte dai termini processuali», posto che  la  stessa  Regione,
nella memoria del 16 aprile 2018, depositata il successivo 17 aprile,
aveva evidenziato che non le constava l'avvenuta adozione del decreto
attuativo della legge delega, dato peraltro non smentito  all'udienza
dell'8 maggio 2018, con richiesta di  cessazione  della  materia  del
contendere. 
    Inammissibile sarebbe altresi' la richiesta di revocazione  della
sentenza n. 139 del 2018, stante il dettato preclusivo dell'art. 137,
terzo comma, Cost., che esclude qualsiasi tipo di impugnazione  delle
decisioni della Corte. 
    Quanto  al  merito  delle  censure,  viene  rilevato   che,   pur
rientrando  la  materia  agricoltura  nell'ambito  della   competenza
residuale delle Regioni, verrebbero in rilievo materie di  competenza
legislativa esclusiva statale, di cui  alle  lettere  a)  ed  s)  del
secondo comma dell'art. 117 Cost. 
    3.- In data 26 febbraio 2019  la  Regione  Veneto  ha  depositato
memoria,  ribadendo  le  proprie  argomentazioni,  soffermandosi   in
particolare  sull'ammissibilita'  della  richiesta  di   revocazione,
soprattutto in base alla  considerazione  che  oggetto  della  stessa
sarebbe una pronuncia di rito. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso iscritto al n. 52 reg. ric. del 2018, la  Regione
Veneto ha promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
15,  comma  5,  del  decreto  legislativo  21  maggio  2018,  n.   74
(Riorganizzazione dell'Agenzia per le  erogazioni  in  agricoltura  -
AGEA e  per  il  riordino  del  sistema  dei  controlli  nel  settore
agroalimentare, in attuazione dell'articolo 15, della legge 28 luglio
2016, n. 154), per violazione degli artt. 76, 97, 117, terzo e quarto
comma, 118 della Costituzione e del principio di leale collaborazione
di cui all'art. 120 Cost., nonche' dell'art.  1,  comma  3,  e  degli
artt.  2,  3,  4  e  8,  e,  conseguentemente,  dell'intero   decreto
legislativo medesimo, per violazione degli artt. 76, 97, 117, primo e
quarto comma, 118 Cost. e del principio di  leale  collaborazione  di
cui all'art. 120 Cost. 
    La ricorrente chiede, inoltre, a questa Corte di: 
    - decidere, «ove necessario, sui motivi di impugnazione dell'art.
15 della  legge  n.  154  del  2016,  che  si  devono  intendere  qui
interamente riproposti, previa rimessione nei termini di cui all'art.
127 Cost.»; 
    - disporre, «ove necessario, per effetto del  combinato  disposto
degli artt. 91 e 92 del decreto legislativo n. 104/2010, dell'art. 22
della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 395, comma 1, nn. 1) e 4)  c.p.c.,
la revocazione della decisione [di questa Corte]  n.  139  del  2018,
considerando  nell'eventuale  fase  rescissoria,  come  integralmente
riproposti i motivi di impugnazione del giudizio R.G. 65/2016»; 
    - sollevare, «in subordine  e  in  via  alternativa,  sempre  ove
necessario, [...] questione incidentale di costituzionalita'  avverso
l'art. 18 della legge 11 marzo 1953, n. 87 nella  parte  in  cui  non
prevede  la  possibilita'  di  impugnare  le  decisioni  della  Corte
costituzionale nel caso in cui si presenti un  vizio  revocatorio  ex
art. 395, comma 1, nn. 1 e 4) c.p.c.». 
    2.- Premesso che l'interesse prioritario  della  Regione  -  come
dalla stessa sottolineato anche in udienza - verte  sull'esame  delle
questioni avverso  l'impugnato  decreto  legislativo,  queste  ultime
vanno affrontate preliminarmente, secondo  l'ordine  formulato  dalla
ricorrente. Questa - come emerge con chiarezza  dalle  conclusioni  e
come puo' evincersi dal corpo motivazionale  del  ricorso  -  in  via
principale   chiede    che    venga    dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 3, e degli  artt.  2,  3,  4  e  8,
nonche' dell'art. 15, comma 5, del d.lgs. n. 74 del 2018,  oltre  che
dell'intero decreto legislativo medesimo, e,  come  sopra  riportato,
solo «ove  necessario»,  chiede  alla  Corte  di  pronunciarsi  sulle
ulteriori istanze relative all'art. 15 della legge 28 luglio 2016, n.
154 (Deleghe al  Governo  e  ulteriori  disposizioni  in  materia  di
semplificazione,  razionalizzazione  e  competitivita'  dei   settori
agricolo e agroalimentare,  nonche'  sanzioni  in  materia  di  pesca
illegale). 
    3.- Una prima censura che coinvolge l'intero decreto  legislativo
e' relativa all'art. 76 Cost., la cui violazione e' prospettata sotto
due profili: 
    1)  mancata  acquisizione  del  parere  della  XIII   Commissione
(Agricoltura) della Camera dei deputati  con  acquisizione  del  solo
parere della Commissione 9a (Agricoltura e produzione agroalimentare)
del Senato della Repubblica; 
    2) difetto di adeguamento  alle  osservazioni  del  parere  della
Commissione del Senato, con conseguente «vizio procedimentale grave e
insanabile», per inosservanza della disposizione di cui  al  comma  6
dell'art. 15 della legge delega n. 154 del 2016, a  norma  del  quale
«[i]l  Governo,   qualora   non   intenda   conformarsi   ai   pareri
parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni
e  con  eventuali  modificazioni,  per  il  parere  definitivo  delle
Commissioni parlamentari competenti  per  materia  e  per  i  profili
finanziari, da rendere entro un  mese  dalla  data  di  trasmissione.
Decorso il  predetto  termine,  i  decreti  possono  essere  comunque
adottati in via definitiva dal Governo». 
    3.1.- Entrambi i profili di censura non sono fondati. 
    3.2.- Quanto al primo, si deve partire dalla considerazione  che,
secondo quanto dispone il comma 6 sopra riportato,  il  Governo,  una
volta decorso il termine normativamente previsto, era legittimato  ad
adottare il decreto legislativo anche in  assenza  del  parere  delle
Commissioni parlamentari e la stessa  ricorrente  riconosce  che  non
intende far valere «la circostanza che il parere  sia  condizione  di
procedibilita' per il Governo»,  insistendo  sulla  convinzione  che,
tuttavia, la sua assenza «abbia impedito che si potesse svolgere quel
dialogo concertativo tra esecutivo e  legislativo  considerato  dalla
legge delega quale condicio sine qua non per il  legittimo  esercizio
della delega legislativa». 
    Senonche' cio' rende la censura contraddittoria poiche' prevedere
che il decorso del tempo legittimi il Governo ad adottare il  decreto
legislativo anche in assenza dell'acquisizione dei pareri comporta il
carattere non necessario del dialogo. 
    3.3.- Il secondo profilo di censura, invece, parte  da  un'errata
lettura del parere della Commissione del Senato e della sua portata. 
    La ricorrente, in maniera apodittica, sostiene che il  parere  e'
stato   espresso   in    modo    favorevole    ma    subordinatamente
all'accoglimento delle  «osservazioni»,  reputate  «condizionanti  il
carattere favorevole del parere». 
    In  realta',  come  chiarito  anche  nel  documento  di   analisi
dell'Ufficio Valutazione Impatto del Senato del dicembre 2017,  nella
prassi delle commissioni parlamentari vi e' una netta distinzione tra
le osservazioni e le condizioni: mentre queste  ultime  rappresentano
una richiesta di modifica  alla  quale  la  commissione  annette  una
specifica  importanza,  subordinandovi   il   rilascio   del   parere
favorevole, le prime si sostanziano in mere indicazioni al Governo  e
sono pertanto prive di carattere vincolante. 
    Del resto, la negazione della natura  sostanziale  di  condizioni
nel caso in esame emerge chiaramente dallo  stesso  tenore  dell'atto
adottato  dalla  Commissione  del  Senato,  la  quale,  «valutata  la
conformita'  al  principio  di  delega  che  concerne   la   garanzia
dell'indipendenza del soggetto  erogatore  rispetto  al  sistema  dei
controlli nel settore agroalimentare», esprime parere favorevole  con
osservazioni, nonche' dai resoconti della medesima  Commissione,  dai
quali  si  evince  che  non  sono  emersi  particolari  dubbi   sulle
disposizioni dello schema di decreto delegato sottoposto a parere. 
    A  cio'  si  aggiunga  che  le  stesse  formule   adottate   sono
espressione di indirizzi generali o di principi, pienamente  coerenti
con la natura delle osservazioni. 
    4.- Non sono fondate neanche le censure mosse avverso l'art.  15,
comma 5, del d.lgs. n. 74 del 2018 in riferimento agli artt. 97, 117,
terzo e quarto comma, e 118 Cost. 
    4.1.- La ricorrente sostiene  che  la  disposizione  impugnata  -
prevedendo, nell'ambito della riorganizzazione  dell'Agenzia  per  le
erogazioni in agricoltura (AGEA), che l'Agenzia e gli altri organismi
pagatori  riconosciuti  si  avvalgono   dei   servizi   del   Sistema
informativo agricolo nazionale (SIAN) -  violerebbe  gli  artt.  117,
quarto comma, e 118 Cost., in  quanto  l'imposizione  di  un  sistema
informativo nazionale in materia agricola alle Regioni ed  agli  enti
regionali,  per  l'esercizio  delle  proprie  funzioni  gestorie   ed
amministrative, travalicherebbe la competenza statale in  materia  di
coordinamento  informativo  statistico   e   informatico   dei   dati
dell'amministrazione   statale,   determinando   un'invasione   delle
competenze  affidate  alle  Regioni  in  materia  di  ordinamento   e
organizzazione amministrativa  regionale;  gli  artt.  117,  terzo  e
quarto comma, e 118, nonche' l'art. 97 Cost., in quanto precluderebbe
alle Regioni ed agli enti strumentali delle stesse, cui sia  affidato
il  ruolo  di  organismo  pagatore  regionale,  la  possibilita'   di
scegliere di non avvalersi, nell'esercizio  delle  proprie  funzioni,
del SIAN e di utilizzare un sistema informativo  proprio,  anche  ove
quest'ultimo risulti piu' efficiente e  funzionale  al  perseguimento
del pubblico interesse. 
    4.2.- Secondo la costante giurisprudenza costituzionale,  occorre
preliminarmente  individuare  l'ambito  materiale  al   quale   vanno
ascritte le disposizioni impugnate, tenendo conto della  loro  ratio,
oltre  che  della  finalita'  del  contenuto  e  dell'oggetto   della
disciplina (ex multis, sentenze n. 32 del 2017, n. 175 e n.  158  del
2016; n. 245 del 2015). 
    Questa Corte - pronunciandosi, con la sentenza n. 139  del  2018,
sulla questione di  legittimita'  costituzionale  avente  ad  oggetto
l'art. 7  della  legge  n.  154  del  2016,  relativo  alla  gestione
informatica   dei    procedimenti    inerenti    all'agricoltura    e
all'acquacoltura biologiche e all'obbligo di attivare  i  sistemi  di
cooperazione applicativa della pubblica amministrazione  necessari  a
garantire il flusso delle  informazioni  tra  i  sistemi  informativi
regionali e il Sistema  informativo  per  il  biologico  (SIB)  -  ha
ricordato  che  la  competenza  statale  nella  materia  relativa  al
«coordinamento  informativo  statistico  e   informatico   dei   dati
dell'amministrazione [...] locale» (art. 117, secondo comma,  lettera
r, Cost.) concerne le disposizioni  strumentali  per  assicurare  una
comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in  modo
da permettere la comunicabilita'  tra  i  sistemi  informatici  della
pubblica amministrazione (nello stesso senso, tra le altre,  sentenze
n. 284 e n. 251 del 2016, n. 23 del 2014 e n. 46 del 2013). 
    E'  evidente  che  anche  la  disciplina  in  esame   costituisce
espressione della medesima competenza legislativa esclusiva  statale,
cosicche' le sfere di attribuzione  regionale  come  l'agricoltura  e
l'organizzazione amministrativa regionale non possono che arretrare a
fronte dell'indubbia esigenza di funzionalita' del sistema nazionale,
che puo', appunto, essere assicurata solo attraverso una comunanza di
linguaggi, di procedure e di standard omogenei (sentenze n.  251  del
2016, n. 23 del 2014, n. 46 del 2013 e n. 17 del 2004). 
    4.3.- Non sussiste dunque la dedotta violazione degli artt.  117,
terzo e quarto comma, e 118 Cost. 
    4.4.- Alla luce  di  tali  argomentazioni,  va  negato  anche  il
contrasto con l'art. 97 Cost.,  in  quanto  l'utilizzo  del  medesimo
sistema  informativo   serve   proprio   a   garantire   l'efficienza
dell'attivita' della pubblica amministrazione, ed in  particolare  il
pieno e corretto svolgimento delle funzioni e dei compiti dell'AGEA e
degli altri organismi pagatori, grazie  alla  comunicabilita'  tra  i
diversi sistemi centrali e periferici  (come  affermato  anche  dalla
sentenza n. 139 del 2018). 
    5.- Infondate sono anche le censure aventi ad oggetto  l'art.  1,
comma 3, e gli artt. 2, 3, 4 e 8  del  d.lgs.  n.  74  del  2018,  e,
conseguentemente, l'intero decreto legislativo, in  riferimento  agli
artt. 97, 117, primo e quarto comma, e 118 Cost. 
    5.1.- L'art. 1 del d.lgs. n. 74 del 2018, al comma 3, dispone che
l'AGEA «assicura la separazione  tra  le  funzioni  di  organismo  di
coordinamento e di organismo pagatore», ma, ad avviso della  Regione,
le molteplici funzioni attribuite ad AGEA andrebbero oltre i  confini
tracciati dalla normativa unionale, e, soprattutto, quelle in materia
di  vigilanza  e   controllo   oltreche'   armonizzazione   ai   fini
dell'uniformita' comportamentale degli organismi pagatori  regionali,
avrebbero  richiesto  un  esercizio  formalmente  e   sostanzialmente
separato rispetto alle funzioni di organismo pagatore. La  ricorrente
ricorda,  infatti,  che,  come  indicato  dallo  stesso  art.  4  del
regolamento (UE) n. 908/2014 della Commissione  del  6  agosto  2014,
recante modalita' di applicazione del regolamento (UE)  n.  1306/2013
del Parlamento europeo  e  del  Consiglio  per  quanto  riguarda  gli
organismi pagatori e altri organismi,  la  gestione  finanziaria,  la
liquidazione dei conti, le norme sui  controlli,  le  cauzioni  e  la
trasparenza,  l'«organismo  pagatore  puo'  svolgere  il   ruolo   di
organismo di coordinamento, purche' le due funzioni siano  nettamente
distinte», e cio' in omaggio alla necessita' di evitare commistioni e
sovrapposizioni di esercizio tra  funzioni  interferenti  che  devono
essere affidate alle cure di organismi distinti ed autonomi. 
    Vi sarebbe dunque una violazione della  disposizione  europea  e,
quindi, dell'art. 117, primo comma, Cost., la quale si riverbererebbe
in  una  lesione  dell'autonomia  organizzativa  e  gestionale  della
Regione e degli organismi pagatori regionali, che soffrirebbero degli
effetti  negativi  derivanti  dalla  commistione  di  funzioni,   con
conseguente  lesione  della  competenza  regionale  in   materia   di
agricoltura, in contrasto con gli artt.  117,  quarto  comma,  e  118
Cost. 
    5.2.- Al riguardo va ricordato che  la  normativa  evocata  quale
parametro interposto prevede che possono essere svolte  dallo  stesso
soggetto  le  funzioni  di  organismo   pagatore   e   organismo   di
coordinamento, purche' sia garantita la separazione  richiesta  dalla
predetta disposizione. 
    Ebbene  il  d.lgs.  n.  74  del  2018  presenta  una   serie   di
disposizioni ed "accorgimenti"  predisposti  a  tale  scopo  (che  la
Regione  si  limita  a  stigmatizzare,  in  maniera  assertiva,  come
inadeguati):  quella  secondo  cui   il   Direttore   (figura   unica
verticistica dell'AGEA) coordina le diverse funzioni «garantendone la
separazione» (art. 8); nonche' quella che dispone l'istituzione di un
Comitato  tecnico  composto  da  un   direttore   dell'organismo   di
coordinamento e dal direttore dell'organismo pagatore, oltre  che  da
due direttori degli altri organismi pagatori riconosciuti  e  da  due
rappresentanti delle Regioni (art. 9); o, ancora, quella  che  impone
di prevedere nel bilancio dell'Agenzia due distinte rubriche, una per
l'organismo  di  coordinamento  ed  una  per  l'organismo   pagatore,
organismi  che  costituiscono  distinti  centri  di   responsabilita'
amministrativa e di costo (art. 2). 
    Inoltre lo stesso art. 2  espressamente  prevede  che  «L'Agenzia
assicura altresi', nell'esercizio delle  sue  funzioni  di  organismo
pagatore,  il  rispetto  dei  criteri  di   riconoscimento   previsti
dall'allegato I del  regolamento  delegato  (UE)  n.  907/2014  della
Commissione dell'11 marzo 2014 per quanto  riguarda  la  ripartizione
dei poteri e delle responsabilita' a tutti i livelli operativi. A tal
fine    l'Agenzia    garantisce    che    nessun    funzionario    ha
contemporaneamente  piu'  incarichi  in  materia  di  autorizzazione,
pagamento o contabilizzazione delle somme imputate al  Fondo  europeo
agricolo di garanzia (FEAGA) o  al  Fondo  europeo  agricolo  per  lo
sviluppo rurale (FEASR) e  che  nessun  funzionario  svolge  uno  dei
compiti predetti senza la supervisione di un secondo funzionario». 
    Del resto, con riferimento alle funzioni di  organismo  pagatore,
non va sottaciuto che esse sono residuali e temporanee  (riguardando,
in sostanza, quelle Regioni che, ancora, non si  sono  dotate  di  un
proprio organismo pagatore), come indicato dallo stesso  art.  2  del
d.lgs. n. 74 del 2018. 
    Infine,  lo  statuto  dell'Agenzia,   secondo   quanto   previsto
dall'art. 12 del citato d.lgs.,  dovra'  provvedere  alla  disciplina
delle  competenze  degli  organi  ed  all'istituzione   di   apposite
strutture di controllo interno,  «assicurando  la  separazione  delle
funzioni di cui all'articolo 1, comma 3». 
    5.3.- Va quindi esclusa la violazione della disposizione  evocata
quale parametro interposto  e,  conseguentemente,  degli  artt.  117,
primo e quarto comma, e 118 Cost.,  poiche'  le  suddette  previsioni
sono idonee a garantire la separazione imposta da tale normativa. 
    5.4.- Il rinvio allo statuto rende peraltro evidente che, se,  da
una parte, i principi e le regole descritti sono formalmente in linea
con la normativa  europea,  dall'altra,  essi  esigono  un'attuazione
puntuale e rigorosa nella sede  statutaria,  e  pertanto  non  vi  e'
dubbio che la relativa adozione debba rispondere pienamente ai canoni
della leale collaborazione,  come  emerge  dal  coinvolgimento  della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano previsto dal citato art. 12. 
    5.5.- Deve essere anche escluso il contrasto con l'art. 97 Cost. 
    Infatti, ribaltando il ragionamento  della  ricorrente,  si  deve
osservare che l'accorpamento delle funzioni di controllo e  vigilanza
in capo al medesimo organismo che svolge le funzioni di interlocutore
unico nei  confronti  della  Commissione  europea  per  le  questioni
relative al FEAGA e al  FEASR  e  di  coordinamento  degli  organismi
pagatori - accorpamento non precluso dalla  normativa  evocata  dalla
ricorrente e anzi auspicata  dalla  legge  delega  per  quanto  sopra
evidenziato - e' funzionale al perseguimento del buon andamento della
pubblica amministrazione, in termini di efficienza  ed  economicita',
senza determinare  -  per  quanto  detto  -  gli  effetti  distorsivi
paventati dalla ricorrente. 
    6.- Con riferimento a tutte le impugnate disposizioni del  d.lgs.
n. 74 del 2018  e'  stata,  infine,  prospettata  la  violazione  del
principio di leale collaborazione di cui all'art. 120  Cost.  in  via
derivata, per effetto del vizio della legge delega -  gia'  censurato
con il ricorso iscritto al n. 65 reg. ric. del 2016 proposto  avverso
quest'ultima - legato  alla  previsione,  quale  unico  strumento  di
concertazione, del parere della Conferenza permanente per i  rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e  Bolzano
anziche' dell'intesa. 
    6.1.- Innanzitutto,  va  rigettata  la  censura  con  riferimento
all'art. 15 del d.lgs. n. 74 del  2018,  in  quanto,  come  affermato
dalla costante giurisprudenza costituzionale,  la  riconduzione  alla
competenza  legislativa  statale  esclude  anche  ogni   profilo   di
violazione del principio di leale collaborazione, in particolare  con
riguardo alla procedura di adozione dei decreti legislativi (sentenza
n. 251 del 2016). 
    Nel caso in esame, secondo quanto sopra  argomentato,  si  e'  di
fronte  alla  prevalenza   della   competenza   legislativa   statale
esclusiva.  Deve,  quindi,  negarsi   la   necessita'   del   ricorso
all'intesa. 
    6.2.- Discorso parzialmente diverso va condotto  con  riferimento
alla presunta violazione del principio  di  leale  collaborazione  ad
opera dell'art. 1, comma 3, e degli artt. 2, 3, 4, e 8 del d.lgs.  n.
74 del 2018, relativi all'assetto organizzativo dell'Agenzia. 
    Rispetto ad essi, infatti, ricorre un inestricabile intreccio  di
competenze legislative statali e regionali. 
    Tuttavia, va  tenuto  presente  al  riguardo  che,  nell'iter  di
formazione del decreto legislativo, il Governo ha, in concreto, fatto
ricorso  al  procedimento  di  intesa  e,  contrariamente  a   quanto
sostenuto  dalla  Regione  nel  ricorso,  non   in   modo   meramente
nominalistico. 
    E' intercorso  infatti  un  carteggio  sullo  schema  di  decreto
delegato, a conclusione del quale  la  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
Bolzano ha sancito la mancata intesa, visti gli esiti della  riunione
tecnica del 9 gennaio 2018 in cui e' stato raggiunto un  consenso  di
massima sugli emendamenti presentati  dalle  Regioni  e  accolti  dal
MiPAAF, ad eccezione  della  posizione  contraria  del  Veneto,  come
espressa nella nota del 19 dicembre 2017 n.  529370,  consegnata  nel
corso dell'incontro. 
    Al  di  la'  di  queste  circostanze  -  che  depongono  per   il
superamento del modulo del mero parere, tramite  un  dialogo  che  va
oltre, per flessibilita' e  bilateralita',  il  rigido  schema  della
sequenza coordinata di atti unilaterali (invio dello schema da  parte
del Ministro, parere della Regione) - di  tale  modifica  sostanziale
da' atto la stessa Regione che, nella citata nota n. 529370 del 2017,
esprime  parere  negativo  all'intesa   sullo   schema   di   decreto
legislativo in esame «[p]ur considerando che il testo dello schema di
DLGS trasmesso il 14 dicembre 2017, rispetto alla bozza presentata  a
luglio scorso  dal  MIPAAF,  ha  accolto  alcune  delle  osservazioni
formulate dalle regioni» e «[p]ur prendendo atto che ora il  Governo,
probabilmente a fronte del ricorso della Regione Veneto  e  a  delega
pressoche' scaduta, sottopone alla Conferenza lo  schema  di  decreto
delegato legislativo ai fini  dell'acquisizione  dell'  "intesa",  in
luogo del prescritto parere», anche  se  poi  aggiunge  che  cio'  e'
avvenuto «comprimendo [...] i termini a  disposizione  delle  Regioni
per la valutazione dello  stesso»,  affermazione,  quest'ultima,  non
ulteriormente sviluppata nel giudizio. 
    7.- L'esame  fin  qui  effettuato  delle  censure  relative  alla
normativa delegata, come richiesto in via prioritaria  dalla  Regione
in una corretta prospettiva sostanzialistica, comporta  l'irrilevanza
delle domande subordinate di revocazione della sentenza  n.  139  del
2018 con cui e' stata dichiarata l'inammissibilita' dell'impugnazione
della legge  di  delega,  nonche'  delle  analoghe  censure  proposte
avverso quest'ultima. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 15, comma 5, del decreto legislativo 21 maggio 2018, n.  74
(Riorganizzazione dell'Agenzia per le  erogazioni  in  agricoltura  -
AGEA e  per  il  riordino  del  sistema  dei  controlli  nel  settore
agroalimentare, in attuazione dell'articolo 15 della legge 28  luglio
2016, n. 154), nonche' dell'art. 1, comma 3, e degli artt. 2, 3, 4  e
8, oltre che dell'intero decreto legislativo  medesimo,  promosse  in
riferimento, rispettivamente, agli artt. 76, 97, 117, terzo e  quarto
comma, e  118  della  Costituzione  nonche'  al  principio  di  leale
collaborazione di cui all'art. 120 Cost., e agli artt. 76,  97,  117,
primo e quarto comma, e 118  Cost.  nonche'  al  principio  di  leale
collaborazione di cui all'art. 120 Cost., dalla Regione  Veneto,  con
il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 marzo 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA