N. 198 SENTENZA 2 - 24 luglio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Edilizia e urbanistica - Procedimento per l'approvazione di  opere  e
  lavori pubblici di interesse strategico regionale -  Conferenza  di
  servizi finalizzata alla conclusione di un accordo di  programma  -
  Termine non superiore a trenta giorni per le proposte  di  modifica
  del progetto da parte del Comune dissenziente  -  Competenza  dello
  Sportello Unico Regionale per le Attivita' Produttive  ad  adottare
  il provvedimento abilitativo nel caso di  iniziative  di  interesse
  regionale che comportino varianti urbanistiche. 
- Legge della Regione Campania  2  agosto  2018,  n.  26  (Misure  di
  semplificazione in materia di  governo  del  territorio  e  per  la
  competitivita'  e  lo  sviluppo   regionale.   Legge   annuale   di
  semplificazione 2018), artt. 6, comma 1, lettera a), e 12, comma 1,
  lettera a), numero 3). 
-   
(GU n.31 del 31-7-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Luca ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 6,  comma
1, lettera a), e 12, comma 1, lettera  a),  numero  3),  della  legge
della  Regione  Campania  2   agosto   2018,   n.   26   (Misure   di
semplificazione in  materia  di  governo  del  territorio  e  per  la
competitivita'  e   lo   sviluppo   regionale.   Legge   annuale   di
semplificazione 2018), promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, con ricorso notificato l'1-5 ottobre  2018,  depositato  in
cancelleria il 3 ottobre 2018, iscritto al n. 68 del registro ricorsi
2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  45,
prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania; 
    udito nella  udienza  pubblica  del  2  luglio  2019  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    uditi l'avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Almerina Bove per la  Regione
Campania. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato  l'1-5  ottobre  2018,  depositato  in
cancelleria il 3 ottobre 2018  e  iscritto  al  n.  68  del  registro
ricorsi 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt.
6 e 12 della legge della  Regione  Campania  2  agosto  2018,  n.  26
(Misure di semplificazione in materia di governo del territorio e per
la  competitivita'  e  lo  sviluppo  regionale.  Legge   annuale   di
semplificazione 2018), in riferimento agli  artt.  3,  5,  114,  117,
secondo comma, lettera l), e 118 della Costituzione. 
    1.1.- L'art.  6  della  legge  reg.  Campania  n.  26  del  2018,
rubricato «Semplificazioni in materia di lavori pubblici di interesse
regionale e di opere pubbliche e di interesse pubblico», modifica  la
legge della Regione Campania 22  dicembre  2004,  n.  16  (Norme  sul
governo del territorio). 
    In particolare, la lettera a) del  comma  1  del  citato  art.  6
inserisce l'art. 12-bis nella legge reg. Campania n. 16 del 2004. 
    La nuova disposizione, secondo la sua  rubrica,  detta  norme  su
«[o]pere  e  lavori  pubblici  di  interesse  strategico  regionale»,
definendo come tali, al comma 1, «le opere ed i lavori  pubblici  che
si  realizzano  nel  territorio  della  Regione  Campania,   la   cui
programmazione, approvazione ed affidamento spetta alla Regione», che
siano «finanziati, anche solo parzialmente,  con  fondi  europei  e/o
fondi strutturali»  (lettera  a),  «volti  a  superare  procedure  di
infrazione e/o procedure esecutive di condanne da parte  della  Corte
di giustizia  dell'Unione  Europea  per  violazione  della  normativa
europea» (lettera b), «definiti strategici dal Documento di  economia
e  finanza   regionale   (DEFR)»;   (lettera   c),   «inclusi   nella
programmazione di  cui  all'articolo  63  della  legge  regionale  27
febbraio 2007, n. 3 (Disciplina dei lavori pubblici,  dei  servizi  e
delle forniture in Campania) in quanto  ritenuti  strategici  per  lo
sviluppo della Regione» (lettera d) o «finalizzati  a  migliorare  le
condizioni di accessibilita' attiva e passiva della  Zona  Rossa  per
emergenza vulcanica del Vesuvio e dei  Campi  Flegrei  (realizzazione
e/o adeguamento di infrastrutture funzionali al  miglioramento  delle
vie di fuga e delle strutture per la logistica previste dal Piano  di
allontanamento della popolazione residente in Zona  Rossa)»  (lettera
e). 
    Il  comma  2  dell'art.  12-bis  prevede  che,  qualora  per   la
realizzazione di tali interventi sia richiesta «l'azione integrata di
una pluralita' di enti interessati», la Regione debba promuovere  «la
procedura dell'accordo di programma» di  cui  all'articolo  12  della
stessa legge reg. Campania n. 16 del 2004, implicante la convocazione
di una conferenza di servizi. 
    Il comma 3 prevede  poi  che:  nell'ambito  della  conferenza  di
servizi «prodromica all'accordo di programma», il comune  interessato
esprime il proprio «parere motivato» sui «progetti di opere e  lavori
pubblici di interesse strategico  regionale  non  conformi  al  piano
urbanistico comunale» (PUC);  nel  caso  di  parere  non  favorevole,
l'amministrazione  procedente  aggiorna  la  conferenza  di   servizi
stabilendo «un termine non superiore a trenta  giorni  entro  cui  il
Comune dissenziente puo' far  pervenire  alle  altre  amministrazioni
partecipanti alla Conferenza proposte di modifica del progetto  volte
ad acquisire l'assenso  di  tutte  le  amministrazioni  interessate»;
qualora  non  si  pervenga  al  parere   favorevole   di   tutte   le
amministrazioni partecipanti a una successiva conferenza di  servizi,
da  tenersi  entro  trenta  giorni  dal  ricevimento  delle  proposte
comunali di modifica, «il  progetto  e'  sottoposto  all'esame  della
Giunta regionale che, sentita la  commissione  consiliare  competente
per materia,  puo'  comunque  disporre  l'approvazione  del  progetto
motivandone la coerenza con la  programmazione  strategica  regionale
degli  interventi  di  rilievo  sovra  comunale,  in  attuazione  dei
principi costituzionali in tema di dimensione dell'interesse pubblico
e livello della funzione amministrativa ad esso correlata». 
    1.1.1.- Secondo il ricorrente, l'art. 6 della legge reg. Campania
n. 26 del 2018, nella parte in cui aggiunge l'art. 12-bis alla  legge
reg. Campania n. 16 del 2004, sarebbe lesivo della sfera di autonomia
amministrativa costituzionalmente garantita ai comuni in  materia  di
pianificazione del territorio e di urbanistica, che  potrebbe  essere
ridotta o compressa dalla legge regionale soltanto sulla base  di  un
interesse  di  rilievo  sovracomunale  puntualmente   individuato   e
contenuto entro limiti anche di natura temporale. 
    Le censure si appuntano sui seguenti profili. 
    In primo luogo, la norma impugnata - che giustifica la deroga  ai
piani urbanistici comunali anche in disaccordo con il comune titolare
della funzione di programmazione  territoriale  -  individuerebbe  in
modo  generico  e  indeterminato  l'interesse  strategico  regionale,
coinvolgendo  potenzialmente  la  maggior  parte   delle   opere   da
realizzare in ambito regionale, e si porrebbe cosi' in contrasto  con
i criteri costituzionali di riparto delle funzioni amministrative tra
amministrazioni decentrate, secondo i principi di sussidiarieta' e di
leale collaborazione. Essa contrasterebbe altresi' con la  disciplina
generale dettata dall'art.  4,  comma  1,  della  stessa  legge  reg.
Campania n. 16  del  2004,  secondo  il  quale  «[t]utti  i  soggetti
istituzionali titolari di funzioni di pianificazione  territoriale  e
urbanistica  informano  la  propria   attivita'   ai   metodi   della
cooperazione  e  dell'intesa».  Esporrebbe  inoltre  la   Regione   a
innumerevoli  contenziosi  con  le  realta'  locali,  interessate   a
tutelare la propria attivita' di programmazione territoriale. 
    In  secondo  luogo,  sussisterebbe  il  contrasto  anche  con  la
disciplina statale in tema di  conferenza  di  servizi,  che  secondo
quanto previsto dall'art. 29, comma 2-quater, della  legge  7  agosto
1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e
di diritto di accesso ai documenti amministrativi)  «coinvolge[rebbe]
i livelli essenziali delle prestazioni di cui all'art. 117, comma  2,
lett. m) Cost.», stabilendo che «[l]e regioni e gli enti locali,  nel
disciplinare i procedimenti amministrativi di  loro  competenza,  non
possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate  ai  privati
dalle disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle  prestazioni
di cui ai commi 2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori
di tutela». 
    In  particolare  non  sarebbe   assicurato   al   comune,   quale
amministrazione preposta in persona del  sindaco  alla  tutela  della
salute e della pubblica incolumita', il livello  minimo  di  garanzia
riconosciuto  alle  amministrazioni   che   rappresentano   interessi
sensibili dagli artt. 14-bis e 14-quinquies della legge  n.  241  del
1990. Il contrasto con tali disposizioni  si  manifesterebbe,  da  un
lato, la' dove la norma impugnata assegna al  comune  il  termine  di
trenta giorni - anziche' novanta,  come  stabilito  in  generale  dal
citato art. 14-bis, comma 2, lettera c) - per  esprimere  il  proprio
motivato dissenso sul progetto non conforme  al  PUC  e,  dall'altro,
prevedendo che il progetto sul quale il  comune  abbia  motivatamente
dissentito possa essere comunque approvato  dalla  Giunta  regionale,
mentre allo stesso comune dovrebbe essere consentito di avvalersi del
rimedio, apprestato dall'art. 14-quinquies, comma 1, dell'opposizione
al Presidente del Consiglio dei ministri. 
    L'art. 6 della legge reg. Campania  n.  26  del  2018  violerebbe
quindi i seguenti parametri costituzionali: 
    - l'art. 3 Cost., per lesione del principio di  proporzionalita',
essendo il termine di trenta  giorni  insufficiente  e  inadeguato  a
consentire al comune dissenziente una completa valutazione  nel  caso
di opere o lavori di particolare complessita' e di  notevole  impatto
«sugli interessi appartenenti alla sfera comunale»; 
    - l'art. 114, primo e secondo  comma,  Cost.,  che,  riconoscendo
agli enti locali pari  dignita'  istituzionale  rispetto  agli  «enti
maggiori», affermerebbe «il principio del  "pluralismo  istituzionale
paritario",  caratterizzato  da  un  sistema  di  attribuzione  delle
funzioni amministrative incentrato piu' sulla divisione delle materie
per aree di  competenza  che  su  relazioni  di  natura  propriamente
gerarchica»; 
    - l'art. 118, primo comma, Cost., che, attribuendo  «le  funzioni
amministrative  [...]   ai   Comuni»,   subordinerebbe   l'intervento
sostitutivo del livello di governo superiore all'esistenza di ragioni
di loro esercizio unitario, che impedirebbero  che  il  comune  possa
adempiervi con efficienza, secondo i  principi  di  sussidiarieta'  e
adeguatezza.  La   norma   impugnata,   al   contrario,   produrrebbe
«un'indiscriminata  inversione  del  criterio  di   riparto   sancito
dall'art.  118»,  perche'  consentirebbe  alla  Giunta  regionale  di
disattendere, senza significativi ostacoli procedimentali, le istanze
di tutela sollevate in sede  di  conferenza  di  servizi  dagli  enti
locali coinvolti  e,  definendo  di  interesse  strategico  regionale
molteplici  e  generiche  categorie  di  opere  e  lavori   pubblici,
attribuirebbe  alla  Regione  una  sorta  di  potere  di  «avocazione
generale» in materia. 
    1.2.- L'art. 12 della legge reg. Campania n. 26 del  2018  detta,
secondo la sua rubrica, «[d]isposizioni di semplificazione in materia
di Sportello Unico Regionale per le Attivita' Produttive». 
    Il ricorrente ne impugna il «comma 1, punto 3» (recte:  comma  1,
lettera a, numero 3), che, sostituendo il comma  1-bis  dell'art.  20
della legge della Regione Campania 14 ottobre  2015,  n.  11  (Misure
urgenti per semplificare, razionalizzare e  rendere  piu'  efficiente
l'apparato  amministrativo,  migliorare  i  servizi  ai  cittadini  e
favorire l'attivita' di impresa.  Legge  annuale  di  semplificazione
2015), dispone quanto segue: 
    «1-bis   In   attuazione   dei   principi   di    sussidiarieta',
differenziazione ed adeguatezza di  cui  all'articolo  118,  comma  1
della Costituzione, nel caso di  iniziative  di  interesse  regionale
inerenti  attivita'  economiche,  produttive  anche  che   comportino
varianti urbanistiche, il provvedimento abilitativo  per  l'avvio  di
nuove imprese che intendano localizzarsi sul  territorio  campano  e'
rilasciato dal SURAP in qualita'  di  amministrazione  procedente  su
istanza delle imprese e previo accordo,  ai  sensi  dell'articolo  15
della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento   amministrativo),   con   i   Comuni   territorialmente
competenti anche ai  fini  dell'istruttoria  in  forma  telematica  e
dell'indizione,  convocazione  e  conclusione  della  Conferenza  dei
servizi di cui  all'articolo  7  del  Decreto  del  Presidente  della
Repubblica  7  settembre   2010,   n.   160   (Regolamento   per   la
semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico
per le attivita' produttive, ai sensi dell'articolo 38, comma 3,  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133). Restano ferme le  potesta'  degli
enti locali in materia di governo del territorio e  di  rilascio  dei
titoli abilitativi a costruire nonche' le  normative  in  materia  di
autorizzazioni ambientali, quelle attuative di obblighi comunitari  e
i procedimenti  unici  di  competenza  regionale.  La  qualificazione
dell'interesse regionale e l'individuazione delle iniziative  avviene
con delibera di Giunta regionale, sentita la  Commissione  consiliare
competente in materia». 
    Tale disposizione, attribuendo le funzioni amministrative per  il
rilascio di titoli abilitativi all'esercizio di  nuove  imprese  allo
«Sportello Unico Regionale  per  le  Attivita'  Produttive»  (SURAP),
istituito dall'art. 19 della legge reg.  Campania  n.  11  del  2015,
contrasterebbe con le seguenti norme statali contenute nel d.P.R.  n.
160  del  2010,  in  materia  di  funzioni  e  organizzazione   dello
«sportello unico per le attivita' produttive» (SUAP) istituito presso
i comuni: 
    - l'art. 2, comma 1, che individua il SUAP comunale quale  «unico
soggetto  pubblico  di   riferimento   territoriale   per   tutti   i
procedimenti  che  abbiano  ad  oggetto  l'esercizio   di   attivita'
produttive e di prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni
di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione  o
riconversione, ampliamento  o  trasferimento,  nonche'  cessazione  o
riattivazione delle suddette attivita' [...]»; 
    - l'art. 4, comma 1, che  attribuisce  al  SUAP  la  funzione  di
assicurare «al richiedente una risposta telematica unica e tempestiva
in luogo degli altri uffici comunali e di  tutte  le  amministrazioni
pubbliche comunque coinvolte nel procedimento,  ivi  comprese  quelle
preposte  alla  tutela  ambientale,  paesaggistico-territoriale,  del
patrimonio storico-artistico o  alla  tutela  della  salute  e  della
pubblica incolumita'»; 
    -  l'art.  4,  comma  2,  secondo  cui  «[l]e  comunicazioni   al
richiedente sono trasmesse esclusivamente dal SUAP; gli altri  uffici
comunali e le amministrazioni pubbliche diverse dal comune, che  sono
interessati al procedimento, non possono trasmettere  al  richiedente
atti autorizzatori, nulla osta, pareri o atti di  consenso,  anche  a
contenuto negativo, comunque denominati e sono tenute  a  trasmettere
immediatamente al SUAP tutte le denunce, le domande, gli  atti  e  la
documentazione   ad   esse    eventualmente    presentati,    dandone
comunicazione al richiedente»; 
    - l'art. 4, comma 5, che consente ai  comuni  di  «esercitare  le
funzioni inerenti al SUAP in forma singola o associata tra loro, o in
convenzione con le camere di commercio». 
    Ad avviso del ricorrente, inoltre, il «principio»  che  individua
nel comune, attraverso il  SUAP,  l'ente  deputato  a  rilasciare  il
titolo  abilitativo  per  l'avvio  e  l'esercizio   di   un'attivita'
d'impresa sarebbe ribadito dall'art. 6  della  direttiva  2006/123/CE
del Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  del  12  dicembre  2006,
relativa ai servizi nel mercato interno, come  attuato  dall'art.  25
del decreto legislativo  26  marzo  2010,  n.  59  (Attuazione  della
direttiva 2006/123/CE  relativa  ai  servizi  nel  mercato  interno),
nonche' dagli artt. 23 e 24 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112 (Conferimento di funzioni e compiti  amministrativi  dello  Stato
alle regioni ed agli enti locali, in  attuazione  del  capo  I  della
legge 15  marzo  1997,  n.  59),  dagli  artt.  8  e  9  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina  relativa
al settore del commercio, a norma dell'articolo  4,  comma  4,  della
legge 15 marzo 1997, n. 59)  e  dall'art.  38  del  decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica  e  la  perequazione  tributaria),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133. 
    La deroga regionale alla  normativa  statale  evocata,  la'  dove
quest'ultima  attribuisce  ai  comuni  «le  funzioni   amministrative
concernenti  la  realizzazione,  l'ampliamento,  la  cessazione,   la
riattivazione, la localizzazione e la  rilocalizzazione  di  impianti
produttivi,   ivi   incluso   il   rilascio   delle   concessioni   o
autorizzazioni edilizie» (art. 23, comma 1, del  d.lgs.  n.  112  del
1998), non sarebbe giustificata nemmeno dal richiamo, contenuto nella
norma impugnata, alla possibilita' per le  amministrazioni  pubbliche
di concludere «accordi  [...]  per  disciplinare  lo  svolgimento  in
collaborazione di attivita' di interesse comune»,  prevista  all'art.
15, comma 1, della legge n. 241 del 1990. 
    L'art. 12 della legge reg. Campania n. 26 del 2018 contrasterebbe
quindi  con  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  per
violazione  della  competenza  legislativa  statale  in  materia   di
«ordinamento civile», nonche' con gli  artt.  5,  114  e  118,  primo
comma, Cost. 
    2.- La Regione Campania si e' costituita  in  giudizio  con  atto
depositato il 13 novembre 2018, contenente  le  sole  conclusioni  di
inammissibilita' e infondatezza delle questioni. 
    2.1.- Nella memoria depositata in  prossimita'  dell'udienza,  la
Regione ha illustrato i motivi a sostegno delle sue conclusioni. 
    Quanto all'art. 6 della legge reg. Campania n. 26  del  2018,  le
censure sarebbero infondate, poiche' la norma impugnata,  espressione
della  potesta'  legislativa  regionale  concorrente  in  materia  di
governo del territorio, ai sensi dell'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
delimiterebbe  la  nozione  delle  opere  «di  interesse   strategico
regionale» attraverso il concorso di plurimi e stringenti  requisiti,
cumulativi  e  non  alternativi  tra  loro,  e   sarebbe   volta   al
soddisfacimento di un interesse unitario che puo'  essere  realizzato
solo al livello del governo regionale, nel rispetto delle  competenze
delineate  dalla  Costituzione,  che  consentono  di  incidere  sulle
funzioni assegnate agli enti locali in nome di concorrenti  interessi
generali, collegati a  una  valutazione  piu'  ampia  delle  esigenze
diffuse  nel  territorio.  Il  legislatore  regionale,  peraltro,  si
sarebbe dotato di una disciplina omologa a quella che, ispirandosi al
medesimo principio, regola le opere di  interesse  statale  ai  sensi
dell'art. 3 del d.P.R. 18 aprile 1994, n.  383  (Regolamento  recante
disciplina  dei  procedimenti  di  localizzazione  delle   opere   di
interesse statale), in  tema  di  «[l]ocalizzazione  delle  opere  di
interesse statale difformi  dagli  strumenti  urbanistici  e  mancato
perfezionamento  dell'intesa».  Considerando  la   dimensione   delle
problematiche attribuite alla  cura  regionale,  di  cui  la  memoria
fornisce alcune esemplificazioni, non sussisterebbero ragioni  idonee
a precludere od ostacolare l'esercizio di tale legittima potesta'. 
    La  resistente  ricorda  poi  che  disposizioni   analoghe,   non
impugnate dallo Stato, sarebbero contenute nell'art. 24, commi 2-ter,
2-quater e 3, della legge della Regione Veneto 7 novembre 2003, n. 27
(Disposizioni generali in materia di  lavori  pubblici  di  interesse
regionale e per le costruzioni in zone classificate sismiche). 
    Sul denunciato contrasto con alcune disposizioni della  legge  n.
241 del 1990, la Regione osserva che  i  comuni  sarebbero  coinvolti
nella conferenza di servizi disciplinata dall'art. 6 solo quali  enti
titolari della funzione di pianificazione territoriale  e  non  quali
enti preposti alla tutela di interessi "sensibili", sicche' essi  non
potrebbero avvalersi dell'opposizione al Presidente del Consiglio dei
ministri prevista dall'art. 14-quinquies della legge n. 241 del 1990.
In  ogni  caso  tale  rimedio   resterebbe   utilizzabile,   ove   ne
ricorressero i presupposti, dal momento che  la  norma  impugnata  fa
salve «le disposizioni vigenti in materia di valutazione ambientale e
paesaggistica». Nemmeno si potrebbe affermare «la non congruita'  del
termine  assegnato  al  Comune  per  esprimere  il  proprio  motivato
dissenso,  [...]  laddove  si  consideri  che   tale   termine   deve
aggiungersi a quello, pari ad ulteriori trenta  giorni,  previsti  al
fine di acquisire dal  medesimo  Comune  proposte  di  modifiche  del
progetto». In  ogni  caso,  nemmeno  riconducendo  le  norme  statali
interposte  richiamate  dal  ricorrente  alla  materia  dei   livelli
essenziali delle prestazioni, di cui  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera m), Cost., si perverrebbe all'automatica illegittimita' della
norma regionale  contrastante,  in  quanto  l'intervento  legislativo
regionale avrebbe la finalita' di potenziare o sviluppare il  disegno
di semplificazione e accelerazione definito dal legislatore  statale,
in una materia attribuita alla competenza concorrente della Regione e
riguardante  la  realizzazione  di  opere  e   lavori   pubblici   di
particolare rilevanza strategica. 
    Quanto all'art. 12 della medesima legge regionale, la  resistente
eccepisce  l'inammissibilita'  delle  questioni,  perche'  la   norma
impugnata si sarebbe limitata a ridurre  la  portata  del  previgente
comma 1-bis dell'art. 20 della legge reg. Campania n.  11  del  2015,
non impugnato dallo Stato, nel testo  gia'  introdotto  dall'art.  3,
comma 1, lettera a), della legge  della  Regione  Campania  5  aprile
2016, n. 6 (Prime misure per la razionalizzazione della  spesa  e  il
rilancio dell'economia campana - Legge collegata alla legge regionale
di stabilita' per l'anno 2016) e successivamente modificato dall'art.
16, comma 4, lettera a), della legge della Regione Campania 8  agosto
2016, n. 22 (Legge annuale  di  semplificazione  2016  -  Manifattur@
Campania: Industria 4.0), che attribuiva al SURAP tutte  le  funzioni
amministrative  concernenti  la  realizzazione,   l'ampliamento,   la
cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione
di impianti produttivi di spettanza comunale «nel caso di  iniziative
di interesse regionale». Pertanto, dall'accoglimento delle  questioni
ora proposte conseguirebbe, secondo la Regione,  «la  persistenza  di
una norma che  prevede  ben  piu'  ampie  competenze  del  SURAP,  in
contrasto  con  lo  stesso  interesse  azionato  [...]  nel  presente
giudizio». 
    Nel merito, le questioni sarebbero comunque infondate. 
    La  disposizione  impugnata  dovrebbe  essere   ricondotta   alla
competenza regionale residuale in materia  di  attivita'  produttive,
sicche' la normativa statale indicata nel ricorso non sarebbe  idonea
a  fungere  da  parametro  interposto.  In  ogni  caso,  il  previsto
raggiungimento  dell'accordo  con  i  comuni  interessati,  ai  sensi
dell'art. 15 della legge n. 241 del 1990,  varrebbe  a  integrare  il
necessario  coinvolgimento  degli  enti  territoriali.  Inoltre,   le
competenze attribuite ai SUAP comunali dal d.P.R. n.  160  del  2010,
richiamato nel ricorso, non  sarebbero  «obliterate»,  in  quanto  la
norma regionale prevede che il provvedimento abilitativo da parte del
SURAP consegua alla conclusione di un procedimento ad avvio e impulso
dello stesso SUAP comunale, «il quale  riceve  telematicamente  dalla
Regione Campania l'istanza e  puo'  indire,  convocare,  governare  e
concludere la Conferenza di servizi necessaria alla  definizione  del
predetto provvedimento regionale». 
    Infine, il richiamo alla materia dell'ordinamento civile  sarebbe
inconferente, posto che la norma  impugnata  non  disciplinerebbe  il
contenuto dell'accordo sopra indicato. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  impugnato  gli
artt. 6 e 12 della legge della Regione Campania 2 agosto 2018, n.  26
(Misure di semplificazione in materia di governo del territorio e per
la  competitivita'  e  lo  sviluppo  regionale.  Legge   annuale   di
semplificazione 2018). 
    2.- L'art. 6, rubricato «Semplificazioni  in  materia  di  lavori
pubblici di interesse regionale e di opere pubbliche e  di  interesse
pubblico», modifica la legge della Regione Campania 22 dicembre 2004,
n. 16 (Norme sul governo del territorio). 
    Preliminarmente  va  precisato  che,  nonostante  il   ricorrente
indichi l'oggetto dell'impugnazione nell'intero art.  6  della  legge
reg. Campania n. 26 del 2018, le questioni proposte investono solo la
lettera a) del comma 1, che inserisce  nel  corpo  della  legge  reg.
Campania n. 16 del 2004 il nuovo art. 12-bis. Le censure sono rivolte
infatti  esclusivamente  nei  confronti   di   questa   parte   della
disposizione. 
    Inoltre, anche se nel ricorso si accenna ad  un  contrasto  della
norma impugnata con la disciplina statale in materia di conferenza di
servizi, richiamando l'attitudine di quest'ultima  a  coinvolgere  «i
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali», di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  m),  della
Costituzione, questo parametro non e' richiamato tra quelli  posti  a
fondamento delle questioni (neppure  nella  relazione  allegata  alla
deliberazione del Consiglio dei ministri). Il ricorso indica solo gli
artt. 3, 114, primo e secondo comma, e  118,  primo  comma,  Cost.  e
fornisce  solo  per  ciascuno  di  essi  le  ragioni  della   pretesa
violazione ad opera dell'art. 6 della legge reg. Campania n.  26  del
2018, cio' che conferma la volonta' del ricorrente di  non  estendere
il giudizio  al  tema  dell'invasione  della  competenza  statale  in
materia di livelli essenziali delle prestazioni. 
    2.1.- Il citato art. 12-bis, secondo la sua rubrica, detta  norme
su «[o]pere e lavori pubblici di interesse strategico regionale». 
    Sono tali, sulla scorta della definizione fornita al comma 1, «le
opere ed i lavori pubblici che si  realizzano  nel  territorio  della
Regione Campania, la cui programmazione, approvazione ed  affidamento
spetta alla Regione» e che siano, tra l'altro, «a) finanziati,  anche
solo parzialmente, con fondi europei e/o fondi strutturali; [...]  c)
definiti strategici dal Documento di  economia  e  finanza  regionale
(DEFR)». 
    I commi successivi dell'art. 12-bis disciplinano il  procedimento
diretto  all'approvazione  delle  opere  e  dei  lavori  pubblici  di
interesse strategico regionale. 
    Il comma 2 stabilisce che, qualora per la realizzazione  di  tali
interventi sia richiesta «l'azione integrata  di  una  pluralita'  di
enti  interessati»,  la  Regione  debba  promuovere   «la   procedura
dell'accordo di programma»  prevista  all'articolo  12  della  stessa
legge reg. Campania n. 16 del 2004, implicante la convocazione di una
conferenza di servizi. 
    Il comma 3 prevede  poi  che,  nell'ambito  della  conferenza  di
servizi «prodromica all'accordo di programma», il comune  interessato
esprime il proprio «parere motivato» sui «progetti di opere e  lavori
pubblici di interesse strategico  regionale  non  conformi  al  piano
urbanistico comunale» (PUC) (primo periodo) e che, nel caso di parere
non favorevole, l'amministrazione procedente aggiorna  la  conferenza
di servizi stabilendo «un termine non superiore a trenta giorni entro
cui  il  Comune  dissenziente   puo'   far   pervenire   alle   altre
amministrazioni partecipanti alla Conferenza proposte di modifica del
progetto volte ad acquisire l'assenso  di  tutte  le  amministrazioni
interessate» (secondo periodo). 
    Lo  stesso  comma  3  dispone,  altresi',  che  qualora  non   si
acquisisca  tale  unanime  assenso  nella  successiva  conferenza  di
servizi,  da  tenersi  entro  trenta  giorni  dal  ricevimento  delle
proposte comunali  di  modifica  (terzo  periodo),  «il  progetto  e'
sottoposto  all'esame  della  Giunta  regionale   che,   sentita   la
commissione consiliare competente per materia, puo' comunque disporre
l'approvazione  del  progetto  motivandone   la   coerenza   con   la
programmazione strategica regionale degli interventi di rilievo sovra
comunale, in  attuazione  dei  principi  costituzionali  in  tema  di
dimensione  dell'interesse  pubblico   e   livello   della   funzione
amministrativa ad esso correlata» (quarto periodo). 
    Queste previsioni  contrasterebbero  innanzitutto  con  l'art.  3
Cost., violando  il  principio  di  proporzionalita',  in  quanto  il
termine  «non  superiore  a  trenta  giorni»   concesso   al   comune
dissenziente sarebbe insufficiente  e  inadeguato  per  una  completa
valutazione di opere  o  lavori  di  particolare  complessita'  e  di
notevole impatto «sugli interessi appartenenti alla sfera comunale». 
    Sarebbero violati, altresi',  gli  artt.  114,  primo  e  secondo
comma, e  118,  primo  comma,  Cost.,  per  lesione  della  sfera  di
autonomia amministrativa comunale e dei principi  di  sussidiarieta',
differenziazione  e  adeguatezza,  in  quanto  la  norma   impugnata,
consentendo la deroga ai piani urbanistici comunali anche in caso  di
dissenso   del   comune   interessato,   individuerebbe   l'interesse
strategico regionale delle opere in modo generico e indeterminato,  e
produrrebbe  cosi'  «un'indiscriminata   inversione»   del   criterio
costituzionale di riparto delle funzioni amministrative,  permettendo
alla Giunta regionale di disattendere  senza  significativi  ostacoli
procedimentali le istanze sollevate in sede di conferenza di  servizi
dagli enti locali coinvolti e attribuendo alla Regione una  sorta  di
potere  di  «avocazione  generale»  in  una  materia,  quella   della
pianificazione urbanistica, affidata per regola ai Comuni. 
    2.2.- Le questioni non sono fondate. 
    La norma impugnata  alloca  in  capo  alla  Regione  Campania  le
funzioni amministrative  in  materia  di  approvazione  dei  progetti
relativi  a  opere  e  lavori  pubblici  di   «interesse   strategico
regionale», individuando nella natura sovracomunale di tale interesse
la ragione giustificativa della soluzione adottata. 
    Le questioni promosse dal Presidente del Consiglio  dei  ministri
si concentrano sulla disciplina dei progetti «di interesse strategico
regionale» non conformi al PUC, la cui approvazione  da  parte  della
Giunta regionale e' consentita dalla norma impugnata anche in caso di
dissenso del  comune  interessato,  non  superato  nell'ambito  della
conferenza di servizi indetta  al  fine  di  stipulare  fra  tutti  i
soggetti interessati l'accordo di programma di cui all'art. 12  della
legge reg. Campania n. 16 del 2004. 
    Il ricorrente non contesta, di per se', la scelta della Regione -
operata nell'esercizio della sua competenza concorrente in materia di
«governo del territorio», di cui all'art. 117, terzo comma,  Cost.  -
di avocare le funzioni amministrative  in  questione  per  realizzare
interessi di livello sovracomunale,  ma  ritiene  che  essa  esorbiti
sotto due distinti profili dai limiti entro i quali la Regione stessa
puo'  intervenire  avocando   a   se'   scelte,   quali   quelle   di
pianificazione  urbanistica,  affidate  primariamente   all'autonomia
comunale. In un primo  senso  il  termine  «concesso  al  comune  per
l'eventuale manifestazione del dissenso» non sarebbe proporzionato  a
quanto necessario per le  valutazioni  richieste  «[i]n  presenza  di
opere e/o lavori di particolare complessita' e  di  notevole  impatto
sugli interessi appartenenti alla sfera comunale», e sarebbe  inoltre
significativamente  inferiore  a  quello  previsto  nello   speculare
procedimento disciplinato dalla legge statale all'art.  14-bis  della
legge n. 241 del 1990. In un  secondo  senso,  la  genericita'  della
definizione normativa delle opere e dei lavori pubblici di «interesse
strategico regionale»  renderebbe  non  precisamente  individuato  lo
scopo perseguito  dalla  Regione  allocando  la  funzione  a  livello
regionale, e dunque irragionevole la relativa scelta. 
    Per nessuno dei due indicati aspetti, tuttavia,  le  censure  del
ricorrente colgono nel segno. Incontestata  infatti  la  possibilita'
per la Regione di assegnare  funzioni  amministrative  a  un  livello
superiore  a  quello  comunale  quando  sia  necessario   assicurarne
l'esercizio unitario secondo quanto  previsto  dall'art.  118,  primo
comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011, n. 278 del  2010
e n. 6 del 2004), le scelte  operate  dalla  Regione  Campania  nelle
disposizioni contestate  non  eccedono  i  limiti  individuati  dalla
giurisprudenza costituzionale, in particolare  con  riferimento  agli
spazi dell'intervento legislativo regionale in materia urbanistica. A
tale riguardo, questa Corte ha piu' volte affermato «in relazione  ai
poteri urbanistici dei Comuni, come la legge nazionale,  regionale  o
delle  Province  autonome  possa  modificarne  le  caratteristiche  o
l'estensione, ovvero subordinarli a  preminenti  interessi  pubblici,
alla  condizione  di  non  annullarli  o  comprimerli   radicalmente,
garantendo adeguate forme di partecipazione dei Comuni interessati ai
procedimenti che ne condizionano l'autonomia (fra le molte, si vedano
le sentenze n. 378/2000, n. 357/1998, n. 286/1997, n.  83/1997  e  n.
61/1994)» (sentenza n. 478 del 2002; nello stesso senso, sentenze  n.
179 del 2019 e n. 126 del 2018). 
    2.2.1.- Cio' premesso, non  incorre  in  primo  luogo  nel  vizio
denunciato la previsione del termine «non superiore a trenta  giorni»
assegnato al comune. 
    Contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, la norma impugnata
prevede che l'amministrazione  procedente  assegni  quel  termine  al
comune non per esprimere il proprio motivato  dissenso  sul  progetto
non  conforme  al  PUC,  bensi'  per  «far   pervenire   alle   altre
amministrazioni partecipanti alla Conferenza proposte di modifica del
progetto volte ad acquisire l'assenso  di  tutte  le  amministrazioni
interessate». 
    La previsione  e'  contenuta  al  secondo  periodo  del  comma  3
dell'art.  12-bis  e  si  inserisce  nella  disciplina   della   fase
procedimentale successiva a quella  in  cui  il  comune,  nell'ambito
della   conferenza   di   servizi   convocata    dall'amministrazione
procedente, ha gia' espresso il proprio parere sul progetto in  senso
non favorevole. Essa persegue il fine di superare  tale  dissenso  in
una nuova conferenza di servizi, da tenersi entro trenta  giorni  dal
ricevimento delle proposte di modifica del progetto. 
    Il termine viene  dunque  ad  aggiungersi  a  quello  di  cui  il
medesimo comune ha gia'  potuto  disporre  per  assumere  la  propria
originaria determinazione. Nel formulare le proposte di modifica,  il
comune stesso puo'  avvalersi  degli  elementi  istruttori  acquisiti
nella prima fase,  essendogli  cosi'  garantita  la  possibilita'  di
valutare adeguatamente gli interessi pubblici coinvolti e, con  essa,
la sua effettiva partecipazione al  procedimento  che  ne  condiziona
l'autonomia. 
    Va precisato, inoltre, che le disposizioni di legge regionale  in
esame regolano la fattispecie in cui il comune, esprimendo il proprio
dissenso su un progetto  non  conforme  al  PUC,  agisce  quale  ente
titolare delle funzioni amministrative in materia  di  pianificazione
territoriale e non quale  amministrazione  preposta  alla  tutela  di
interessi     cosiddetti     "sensibili"     (tutela      ambientale,
paesaggistico-territoriale,  dei  beni  culturali  e  della  salute).
Sicche' sul giudizio relativo all'adeguatezza del  termine  stabilito
dalla norma impugnata non puo' incidere  la  previsione  del  diverso
termine di novanta giorni di cui all'art. 14-bis della legge  n.  241
del 1990, operante a favore delle  predette  amministrazioni.  Mentre
restano in ogni caso ferme le garanzie procedimentali poste a  tutela
degli interessi "sensibili", come ribadito del resto dall'incipit del
comma 3 dell'art. 12-bis, che fa salve «le  disposizioni  vigenti  in
materia di valutazione ambientale e paesaggistica». 
    2.2.2.- Neppure sussiste la lamentata genericita' dei criteri  di
individuazione  degli  interessi   sovracomunali   che   giustificano
l'attrazione delle funzioni amministrative a livello regionale. 
    Il ricorrente appunta le sue censure sulle  opere  e  sui  lavori
pubblici individuati dal comma 1 del  citato  art.  12-bis  come  «di
interesse strategico regionale» in  quanto  «finanziati,  anche  solo
parzialmente, con fondi europei e/o fondi strutturali» (lettera a)  o
in quanto «definiti strategici dal Documento di  economia  e  finanza
regionale (DEFR)» (lettera c). 
    Innanzitutto, si deve escludere  che,  come  invece  sostiene  la
Regione nelle sue difese, la norma impugnata individui opere e lavori
pubblici «di interesse strategico regionale» attraverso «il  concorso
di plurimi e stringenti requisiti, cumulativi e non  alternativi  tra
loro»:   la   chiarezza   del    dato    letterale    non    consente
un'interpretazione secondo cui,  al  fine  della  qualificazione  nel
senso detto dell'opera, dovrebbero simultaneamente e  cumulativamente
ricorrere le caratteristiche elencate alle lettere a), b), c), d)  ed
e) del comma 1, o anche solo parte di esse. Si deve  dunque  ritenere
che ciascun requisito determini da solo  il  carattere  di  interesse
strategico regionale dell'opera. 
    Nondimeno, le previsioni censurate  risultano  immuni  dal  vizio
denunciato. 
    Quanto agli interventi finanziati  anche  solo  parzialmente  con
«fondi  europei  e/o  fondi  strutturali»,  la  scelta   di   avocare
l'approvazione dei relativi progetti al  livello  regionale  -  e  la
possibilita' che la Giunta regionale li approvi anche se non conformi
al  piano  urbanistico  comunale  e  senza   l'assenso   del   comune
interessato, con conseguente compressione dell'autonomia  comunale  -
e'   ragionevolmente   giustificata   dall'esigenza   di   assicurare
l'effettiva utilizzazione da  parte  della  Regione  delle  descritte
fonti di finanziamento,  che  costituiscono  i  principali  strumenti
finanziari  della  politica   regionale   dell'Unione   europea.   La
realizzazione  delle  opere  finanziate  coincide  dunque   con   gli
obiettivi strategici al cui  perseguimento  le  risorse  stesse  sono
finalizzate. 
    Quanto alle opere e ai lavori pubblici  definiti  strategici  dal
DEFR,   la   genericita'    e    l'indeterminatezza    dell'interesse
sovracomunale evocato sono escluse dal rinvio operato dalla norma  al
contenuto  del  principale  strumento  di   programmazione   generale
economico-finanziaria della Regione, previsto dall'art. 36, comma  3,
del decreto legislativo 23  giugno  2011,  n.  118  (Disposizioni  in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili  e  degli  schemi  di
bilancio delle Regioni, degli enti locali e  dei  loro  organismi,  a
norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42). Secondo
tale  disposizione,  nel  DEFR  sono  indicate  infatti   le   «linee
strategiche» dell'attivita' di governo regionale nel  medio  periodo,
alla cui realizzazione ben possono concorrere anche  opere  e  lavori
pubblici  dei  quali  «la  [...]  programmazione,   approvazione   ed
affidamento spetta alla Regione», come richiede la norma impugnata. 
    3.- Per quanto riguarda l'art. 12 della legge reg. Campania n. 26
del 2018, che detta,  secondo  la  sua  rubrica,  «[d]isposizioni  di
semplificazione in  materia  di  Sportello  Unico  Regionale  per  le
Attivita'  Produttive»  (SURAP),  va   innanzitutto   precisato   che
l'oggetto del giudizio, stando al ricorso, e' limitato  al  comma  1,
lettera a), numero 3) - impropriamente indicato come «comma 1,  punto
3)» - dello stesso art. 12,  la'  dove  sostituisce  il  comma  1-bis
dell'art. 20 della legge della Regione Campania 14 ottobre  2015,  n.
11 (Misure urgenti per semplificare, razionalizzare  e  rendere  piu'
efficiente  l'apparato  amministrativo,  migliorare  i   servizi   ai
cittadini  e  favorire  l'attivita'  di  impresa.  Legge  annuale  di
semplificazione 2015). 
    Prevedendo che, «nel caso di iniziative  di  interesse  regionale
inerenti ad attivita' economiche,  produttive  anche  che  comportino
varianti urbanistiche», il provvedimento abilitativo per  l'avvio  di
nuove imprese che intendano localizzarsi sul territorio  campano  sia
rilasciato dal SURAP, la disposizione  impugnata  contrasterebbe  con
una serie  di  norme  che  attribuiscono  al  comune,  attraverso  lo
sportello unico per  le  attivita'  produttive  (SUAP),  le  funzioni
amministrative per il rilascio dei titoli  abilitativi  all'esercizio
di attivita' produttive. In particolare,  il  ricorrente  indica  gli
artt. 2, comma 1, e 4, commi 1, 2 e 5, del d.P.R. 7  settembre  2010,
n. 160 (Regolamento per  la  semplificazione  ed  il  riordino  della
disciplina sullo sportello unico  per  le  attivita'  produttive,  ai
sensi dell'articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008,  n.
133), l'art. 6 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento  europeo  e
del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel  mercato
interno, come attuato dall'art. 25 del decreto legislativo  26  marzo
2010, n. 59  (Attuazione  della  direttiva  2006/123/CE  relativa  ai
servizi nel mercato interno), nonche' gli artt. 23 e 24  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), gli artt.  8
e 9 del decreto legislativo 31 marzo  1998,  n.  114  (Riforma  della
disciplina relativa al settore del commercio, a  norma  dell'articolo
4, comma 4, della legge 15  marzo  1997,  n.  59)  e  l'art.  38  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133. 
    Sarebbero cosi' violati l'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),
Cost., per invasione della competenza legislativa statale in  materia
di «ordinamento civile», nonche' gli artt. 5, 114 e 118, primo comma,
Cost. 
    3.1.- La Regione ha eccepito l'inammissibilita' delle  questioni,
poiche' la norma impugnata si sarebbe limitata a ridurre  la  portata
del previgente comma 1-bis dell'art. 20 della legge reg. Campania  n.
11 del 2015 - introdotto dall'art. 3,  comma  1,  lettera  a),  della
legge della Regione Campania 5 aprile 2016, n. 6 (Prime misure per la
razionalizzazione della spesa e il rilancio dell'economia  campana  -
Legge collegata alla legge regionale di stabilita' per l'anno 2016) e
successivamente modificato dall'art.16, comma 4,  lettera  a),  della
legge della Regione Campania 8 agosto 2016, n. 22 (Legge  annuale  di
semplificazione 2016 - Manifattur@ Campania: Industria 4.0.)  -  che,
«nel caso di iniziative di interesse regionale», gia'  attribuiva  al
SURAP tutte le funzioni amministrative spettanti in materia al SUAP. 
    Ad avviso della Regione, la mancata impugnazione da  parte  dello
Stato  della  disposizione  originaria  comporterebbe,  in  caso   di
accoglimento delle questioni ora promosse,  «la  persistenza  di  una
norma che prevede ben piu' ampie competenze del SURAP,  in  contrasto
con lo stesso interesse azionato [...] nel presente giudizio». 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Questa Corte ha costantemente affermato che l'omessa impugnazione
da parte dello Stato di precedenti norme regionali, analoghe a quelle
oggetto di ricorso, non ha rilievo, atteso che la norma impugnata  ha
comunque l'effetto di reiterare la lesione da cui deriva  l'interesse
a ricorrere dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 41 del  2017  e  n.
231 del  2016).  D'altra  parte,  l'assunto  della  Regione  per  cui
dall'accoglimento  delle  questioni  conseguirebbe  la  «persistenza»
della norma nel testo anteriore va radicalmente  disatteso,  anche  a
prescindere dalla giurisprudenza  costituzionale  sull'impugnabilita'
delle leggi ripetitive di leggi precedenti non impugnate,  in  quanto
con la sostituzione del comma 1-bis, operata dalla previsione oggetto
del  presente  giudizio,  quella  anteriore  e'  stata   abrogata   e
riformulata  in  termini  piu'  restrittivi,  senza  possibilita'  di
rivivere nell'ordinamento ove le  questioni  fossero  accolte,  cosi'
reiterando  in  parte  qua  la  lesione  da  cui  deriva  l'interesse
all'impugnazione. 
    3.2.- Le questioni sono tuttavia inammissibili per altri profili. 
    Come visto, le censure mosse all'art. 12, comma  1,  lettera  a),
numero 3), della legge reg. Campania n. 26 del  2018  si  esauriscono
nella prospettazione del suo contrasto con una serie di norme statali
di fonte regolamentare o  legislativa  (una  delle  quali  emessa  in
attuazione di una direttiva europea) che attribuiscono al  comune  le
funzioni amministrative, da esercitare attraverso il  SUAP,  relative
al  rilascio  dei  titoli  abilitativi  all'esercizio  di   attivita'
produttive. 
    Da  tale  assunto  contrasto  il  ricorrente  fa  discendere   la
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., e  quindi
della competenza esclusiva dello Stato  in  materia  di  «ordinamento
civile», ma  non  chiarisce  perche'  la  disciplina  delle  funzioni
attribuite al SURAP dalla  disposizione  impugnata,  che  non  rivela
immediate interferenze con tale ambito di materia, vi dovrebbe invece
essere ricondotta. E' dunque assorbente il rilievo che, per  come  e'
evocato, il parametro risulta del tutto inconferente, cio' che  rende
la questione radicalmente inammissibile (sentenze n. 63 del 2016,  n.
269 e n. 181 del 2014). 
    Secondo  quanto  costantemente   affermato   da   questa   Corte,
«l'esigenza di un'adeguata motivazione a fondamento  della  richiesta
declaratoria di illegittimita'  costituzionale  si  pone  in  termini
perfino  piu'  pregnanti  nei  giudizi  proposti  in  via  principale
rispetto a quelli instaurati  in  via  incidentale»  (tra  le  tante,
sentenze n. 32 del 2017 e n. 141 del 2016). Pertanto, «il ricorso  in
via principale deve contenere "una seppur sintetica argomentazione di
merito a sostegno  della  richiesta  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della legge. In particolare,  l'atto  introduttivo  al
giudizio non puo' limitarsi a  indicare  le  norme  costituzionali  e
ordinarie, la  definizione  del  cui  rapporto  di  compatibilita'  o
incompatibilita'   costituisce   l'oggetto   della    questione    di
costituzionalita', ma deve contenere [...] anche  una  argomentazione
di  merito,  sia  pure  sintetica,   a   sostegno   della   richiesta
declaratoria di incostituzionalita',  posto  che  l'impugnativa  deve
fondarsi su una motivazione adeguata e non meramente  assertiva"  (ex
plurimis, sentenza n. 107 del 2017 che richiama anche le sentenze  n.
251, n. 153, n. 142, n. 82 e n. 13 del 2015)» (sentenza  n.  152  del
2018; nello stesso senso, tra le tante, sentenze n. 109 del 2018,  n.
261 e n. 169 del 2017). 
    Quanto alla violazione degli artt. 5, 114  e  118,  primo  comma,
Cost., la censura e' totalmente assertiva,  non  essendo  fornita  di
essa motivazione  alcuna.  Il  ricorrente  non  offre  infatti  alcun
argomento a  sostegno  del  lamentato  contrasto  della  disposizione
regionale in riferimento a tali diversi parametri. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 12, comma 1, lettera a),  numero  3),  della
legge della  Regione  Campania  2  agosto  2018,  n.  26  (Misure  di
semplificazione in  materia  di  governo  del  territorio  e  per  la
competitivita'  e   lo   sviluppo   regionale.   Legge   annuale   di
semplificazione 2018), promosse  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento agli  artt.  5,  114,  117,  secondo  comma,
lettera l), e 118, primo comma, della Costituzione,  con  il  ricorso
indicato in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 1, lettera  a),  della  legge  reg.
Campania n. 26 del 2018, promosse dal Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento agli artt. 3, 114, primo e secondo comma,  e
118, primo comma, Cost., con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 2 luglio 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2019. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE