AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE

DELIBERA 26 giugno 2019 

Integrazioni e modifiche della delibera 8 marzo  2017,  n.  241,  per
l'applicazione dell'articolo 14, commi 1-bis  e  1-ter,  del  decreto
legislativo 14 marzo 2013, n. 33. (Delibera n. 586). (19A04986) 
(GU n.182 del 5-8-2019)

 
 
 
                            IL CONSIGLIO 
               dell'autorita' nazionale anticorruzione 
 
  Nell'adunanza del 26 giugno 2019; 
  Vista la legge  6  novembre  2012,  n.  190  «Disposizioni  per  la
prevenzione e la  repressione  della  corruzione  e  dell'illegalita'
nella pubblica amministrazione»; 
  Visto il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33  «Riordino  della
disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di
pubblicita', trasparenza e diffusione di informazioni da parte  delle
pubbliche amministrazioni» e successive integrazioni e modificazioni; 
  Visto il decreto legislativo 25 maggio 2016,  n.  97  «Revisione  e
semplificazione delle disposizioni in materia  di  prevenzione  della
corruzione, pubblicita'  e  trasparenza,  correttivo  della  legge  6
novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33,
ai sensi dell'articolo 7 della  legge  7  agosto  2015,  n.  124,  in
materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche; 
  Viste le indicazioni fornite dall'ANAC con la delibera 28  dicembre
2016, n. 1310 contenente le «Prime linee  guida  recanti  indicazioni
sull'attuazione  degli  obblighi  di   pubblicita',   trasparenza   e
diffusione di  informazioni  contenute  nel  decreto  legislativo  n.
33/2013 come modificato dal decreto legislativo  n.  97/2016»  ed  il
relativo allegato 1; 
  Vista la delibera dell'8 marzo 2017,  n.  241«Linee  guida  recanti
indicazioni sull'attuazione dell'art. 14 del decreto  legislativo  n.
33/2013  «Obblighi  di  pubblicazione  concernenti  i   titolari   di
incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo e i
titolari di incarichi dirigenziali» come modificato dall'art. 13  del
decreto legislativo n. 97/2016»; 
  Vista  la  delibera  12  aprile  del  2017,  n.  382   «Sospensione
dell'efficacia  della  delibera  n.   241/2017   limitatamente   alle
indicazioni relative all'applicazione dell'art. 14, comma 1,  lettere
c) ed f) del decreto legislativo n. 33/2013  per  tutti  i  dirigenti
pubblici, compresi quelli del SSN»; 
  Visto il comunicato del Presidente dell'ANAC del 7 marzo  2018  con
cui e' stata sospesa l'efficacia della delibera dell'8 marzo 2017, n.
241 limitatamente alle indicazioni relative  alla  pubblicazione  dei
dati di cui all'art. 14, comma 1-ter,  ultimo  periodo,  del  decreto
legislativo n. 33/2013 in attesa della definizione della questione di
legittimita' costituzionale sollevata  dal  Tribunale  amministrativo
regionale Lazio - Roma, sezione I-quater, ordinanza del 19  settembre
2017, n. 9828. 
  Viste le indicazioni fornite dall'ANAC con la delibera  8  novembre
2017, n. 1134 contenente «Nuove linee guida  per  l'attuazione  della
normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da
parte delle societa' e degli enti di diritto  privato  controllati  e
partecipati dalle pubbliche amministrazioni  e  degli  enti  pubblici
economici»; 
  Vista la sentenza della Corte costituzionale n. 20 del  23  gennaio
2019 con cui la Consulta, su questione di legittimita' costituzionale
sollevata  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio  -  Roma,
sezione I-quater, con ordinanza n. 9828 del  19  settembre  2017,  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1-bis,
decreto legislativo n. 33/2013 «nella parte in  cui  prevede  che  le
pubbliche amministrazioni pubblicano i dati di cui all'art. 14, comma
1, lettera f), dello stesso decreto legislativo  anche  per  tutti  i
titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi
inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo  di  indirizzo
politico senza procedure pubbliche di selezione, anziche' solo per  i
titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall'art. 19, commi  3
e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche)»; 
  Valutata la necessita' di  revocare  la  sospensione  di  cui  alla
delibera del 12 aprile del 2017, n.  382  alla  luce  della  sentenza
suddetta e di superare il comunicato del Presidente dell'ANAC  del  7
marzo 2018; 
  Considerata la necessita' di fornire precisazioni  in  ordine  alle
indicazioni contenute nella delibera n. 241/2017 e della delibera  n.
1134/2017, alla luce  della  pronuncia  della  Consulta  al  fine  di
evitare alle amministrazioni pubbliche e agli enti di diritto privato
di cui all'art. 2-bis del decreto legislativo n.  33/2013  situazioni
di incertezza sulla corretta applicazione dell'art. 14  del  medesimo
decreto; 
  Vista la decisione del consiglio dell'8  maggio  2019  con  cui  e'
stata approvata in via preliminare la bozza di delibera  delle  Linee
guida «Integrazioni  e  modifiche  della  delibera  n.  241/2017  per
l'applicazione  dell'art.  14,  comma  1-bis  e  1-ter  del   decreto
legislativo n. 33/2013 dopo la sentenza della Corte costituzionale n.
20 del 23 gennaio 2019.» e ritenuto opportuno, prima della definitiva
approvazione, trasmettere lo schema  di  modifica  al  garante  della
privacy per un parere; 
  Vista la nota n. 39274 del 16 maggio 2019 con cui  l'Autorita',  in
spirito di leale collaborazione istituzionale, ha richiesto un parere
al garante per la  protezione  dei  dati  personali  sulla  bozza  di
delibera; 
  Visto il parere del garante per la protezione  dei  dati  personali
reso il 31 maggio 2019 ed esaminato nella seduta del 26 giugno 2019; 
  Viste le relazioni dell'Ufficio PNA e regolazione anticorruzione  e
trasparenza (URAC); 
 
                             Considerato 
                              in fatto: 
 
  Con la presente delibera l'Autorita' intende modificare e integrare
la delibera n. 241/2017 e  fornire  precisazioni  sulla  delibera  n.
1134/2017 in merito ai criteri e modalita' di applicazione  dell'art.
14, commi 1, 1-bis e 1-ter del decreto legislativo  n.  33/2013  alle
amministrazioni pubbliche e agli  enti  di  cui  all'art.  2-bis  del
medesimo decreto, alla luce della sentenza della Corte costituzionale
n. 20 del 23 gennaio 2019. 
  Prima  di  affrontare  gli  aspetti  giuridici  della  vicenda   e'
preliminarmente necessario ricostruire lo svolgimento  dei  fatti  in
quanto rilevanti ai fini dei chiarimenti successivamente espressi. 
  Dirigenti del garante per la protezione dei  dati  personali  hanno
impugnato  innanzi  al  Tribunale  amministrativo  regionale   Lazio,
sezione 1-quater di Roma, alcuni provvedimenti, tra cui la  nota  del
segretario generale del garante n. 34260/96505 del 14 novembre  2016,
con cui, al  fine  di  adempiere  alle  prescrizioni  in  materia  di
trasparenza, si invitavano i ricorrenti a comunicare i  dati  di  cui
all'art. 14, comma 1, lettere c) e  f)  del  decreto  legislativo  n.
33/2013. 
  A sostegno dell'impugnativa, i  ricorrenti  lamentavano,  in  linea
generale, che «il carattere limitativo della riservatezza individuale
di un trattamento che  non  troverebbe  rispondenza  in  alcun  altro
ordinamento  nazionale,»  -  come  quello  imposto  dalla  disciplina
nazionale  -  si  porrebbe  "in  contrasto  con  il   «principio   di
proporzionalita'   di   derivazione    europea»    essendo    fondato
«sull'erronea assimilazione di condizioni non equiparabili  fra  loro
(dirigenti delle amministrazioni pubbliche e degli altri soggetti cui
il  decreto  si  applica  e   titolari   di   incarichi   politici)»,
prescindendo «dall'effettivo rischio corruttivo insito nella funzione
svolta». 
  Di conseguenza, i ricorrenti chiedevano l'annullamento  degli  atti
gravati, previa eventuale disapplicazione dell'art. 14, comma  1-bis,
del decreto legislativo n. 33/2013, ovvero, in subordine,  che  fosse
sollevata  questione  pregiudiziale  dell'art.  14,  comma  1-bis  in
combinato disposto con il comma 1, lettere  c)  ed  f),  del  decreto
legislativo n. 33/2013 innanzi alla Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea o avanti alla Corte costituzionale  per  violazione  in  tale
ultima ipotesi degli artt. 2, 3, 11, 13 e 117, comma 1, Costituzione. 
  Il Tribunale amministrativo regionale, dichiarate rilevanti  e  non
manifestamente infondate le  questioni  sollevate  dalle  parti,  con
ordinanza n. 9828 del 19 settembre 2017  sospendeva  il  giudizio  in
attesa del pronunciamento della Consulta. 
  Il  Tribunale  amministrativo   regionale,   inoltre,   richiamando
integralmente le argomentazioni gia' esposte in ordine  all'art.  14,
comma 1-bis, decreto legislativo n. 33/2013, estendeva, d'ufficio, la
questione  di  legittimita'  costituzionale  anche  al  comma   1-ter
dell'art. 14 del decreto legislativo n. 33/2013,  limitatamente  alla
parte in cui dispone che «l'amministrazione pubblica sul proprio sito
istituzionale l'ammontare complessivo  dei  suddetti  emolumenti  per
ciascun dirigente». 
  Giova anticipare, come si illustrera' di seguito,  che  l'ANAC  con
delibera n. 241 dell'8 marzo 2017 aveva dettato «Linee guida  recanti
indicazioni sull'attuazione dell'art. 14 del decreto  legislativo  n.
33/2013» con l'obiettivo di fornire  alle  pubbliche  amministrazioni
destinatarie delle disposizioni del decreto legislativo  n.  33/2013,
individuate  all'art.  2-bis,  comma  1,  ivi  compresi  gli   ordini
professionali di cui al comma 2  del  medesimo  decreto  legislativo,
indicazioni sulla nuova configurazione degli obblighi  concernenti  i
titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di
governo e i  titolari  di  incarichi  dirigenziali  a  seguito  delle
modifiche apportate al decreto legislativo n. 33/2013  con  l'entrata
in vigore del decreto legislativo n. 97/2016. 
  La stessa Autorita', in attesa della  definizione  nel  merito  del
giudizio innanzi al Tribunale amministrativo regionale Lazio, sezione
I-quater, o di un intervento legislativo, con la delibera n. 382  del
12 aprile 2017, aveva disposto la  sospensione  dell'efficacia  della
delibera  n.  241/2017  al  fine  di  evitare  alle   amministrazioni
pubbliche  situazioni  di  incertezza  sulla  corretta   applicazione
dell'art.  14,  decreto  legislativo  n.  33/2013   con   conseguente
significativo contenzioso,  nonche'  disparita'  di  trattamento  tra
dirigenti appartenenti ad amministrazioni diverse. 
  Con  delibera  n.  1134/2017  recante  «Nuove   linee   guida   per
l'attuazione  della  normativa  in  materia  di   prevenzione   della
corruzione e trasparenza da parte delle  societa'  e  degli  enti  di
diritto   privato   controllati   e   partecipati   dalle   pubbliche
amministrazioni e degli enti  pubblici  economici»,  l'ANAC  ha,  tra
l'altro, fornito indicazioni per l'applicazione dell'art. 14, decreto
legislativo n. 33/2013 agli enti pubblici economici, alle societa' in
controllo pubblico, alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di
diritto  privato  comunque  denominati  in  possesso  di  determinati
requisiti fissati dal legislatore del decreto legislativo n. 33/2013. 
  A seguito dell'ordinanza  del  Tribunale  amministrativo  regionale
Lazio  di  rimessione   anche   della   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  14  comma  1-ter,   con   comunicato   del
Presidente del 7 marzo 2018, l'Autorita' sospendeva l'efficacia della
delibera n. 241/2017 anche per la parte  delle  indicazioni  relative
alla pubblicazione dei dati di cui all'art. 14,  comma  1-ter  ultimo
periodo, in attesa della pronuncia della Consulta. 
  Con sentenza n. 20 del 23 gennaio  2019,  la  Corte  ha,  in  primo
luogo,  dichiarato  inammissibile  la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 1-ter, del decreto legislativo  n.
33 del 2013 relativo alla pubblicazione degli emolumenti  complessivi
percepiti a carico  della  finanza  pubblica  e  non  fondata  quella
dell'art. 14, comma 1-bis, del medesimo decreto, nella parte  in  cui
prevede che le pubbliche amministrazioni pubblichino i  dati  di  cui
all'art. 14, comma 1, lettera c) sui compensi, importi di  viaggi  di
servizio e missioni, anche per i titolari di incarichi dirigenziali. 
  In secondo luogo, la Corte, valutati i  profili  di  illegittimita'
sollevati, ha dichiarato l'incostituzionalita',  per  violazione  del
principio di ragionevolezza e di  eguaglianza,  dell'art.  14,  comma
1-bis, decreto legislativo n. 33/2013, «nella parte  in  cui  prevede
che le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati  di  cui  all'art.
14, comma 1, lettera f), dello stesso decreto legislativo  anche  per
tutti i  titolari  di  incarichi  dirigenziali,  a  qualsiasi  titolo
conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo
di  indirizzo  politico  senza  procedure  pubbliche  di   selezione,
anziche' solo per i titolari degli  incarichi  dirigenziali  previsti
dall'art. 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.
165 [...]». 
 
                             Considerato 
                             in diritto 
 
Il quadro normativo 
  Il decreto legislativo n. 97 del 2016, che ha modificato il decreto
legislativo n. 33/2013, costituisce, al momento,  il  punto  d'arrivo
del percorso  evolutivo  in  materia  di  trasparenza  amministrativa
intesa come «accessibilita' totale» delle  informazioni  e  dei  dati
detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo  di  tutelare  i
diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati
all'attivita' amministrativa e favorire forme  diffuse  di  controllo
sul perseguimento  delle  funzioni  istituzionali  e  sull'uso  delle
risorse pubbliche. 
  Nell'ambito delle  modifiche  operate  al  decreto  legislativo  n.
33/2013, va ricordata quella dell'art. 14, comma 1-bis  in  combinato
disposto con il comma 1, e del comma 1-ter le cui  disposizioni  sono
oggetto della  questione  di  legittimita'  costituzionale  esaminata
dalla Corte. 
  L'art. 14 riguarda gli  obblighi  di  pubblicazione  concernenti  i
titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di
governo e i titolari di incarichi dirigenziali. Il comma 1  elenca  i
dati e le informazioni che, con riferimento ai titolari di  incarichi
politici, anche se non di  carattere  elettivo,  di  livello  statale
regionale e locale, le amministrazioni hanno l'obbligo di  pubblicare
sui propri siti. Il comma 1-bis estende  l'obbligo  di  pubblicazione
appena descritto, oltre che per i gia' previsti titolari di incarichi
politici, anche per i titolari di incarichi dirigenziali a  qualsiasi
titolo conferiti. Il comma 1-ter, invece, impone a ciascun  dirigente
di comunicare all'amministrazione presso la quale presta servizio gli
emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica, con
conseguente obbligo per l'amministrazione di pubblicare  sul  proprio
sito istituzionale l'ammontare di tali somme. 
  Tra  gli  obblighi  di  pubblicazione  imposti  nei  confronti  dei
titolari di incarichi dirigenziali, rilevano, ai fini della  presente
delibera, in quanto oggetto del giudizio di costituzionalita', quelli
di cui  alla  lettera  c)  (compensi  di  qualsiasi  natura  connessi
all'assunzione della carica, importi di viaggi  e  missioni)  e  alla
lettera f) (dichiarazioni reddituali e  patrimoniali)  del  comma  1,
nonche' il comma 1-ter dell'art. 14 (emolumenti complessivi a  carico
della finanza pubblica). 
  Il legislatore ha, quindi, effettuato ex ante una valutazione circa
la pertinenza rispetto all'obiettivo  di  trasparenza  amministrativa
della pubblicazione di alcuni dati personali concernenti i  dirigenti
amministrativi. 
  Nel merito, l'ANAC ha fornito indicazioni per l'applicazione  delle
disposizioni di cui all'art. 14 cit. con  la  determinazione  n.  241
dell'8 marzo 2017 avente ad oggetto «Linee guida recanti  indicazioni
sull'attuazione dell'art.  14  del  decreto  legislativo  n.  33/2013
«Obblighi  di  pubblicazione  concernenti  i  titolari  di  incarichi
politici, di amministrazione, di direzione o di governo e i  titolari
di incarichi dirigenziali» come modificato dall'art. 13  del  decreto
legislativo n. 97/2016». 
  In  tale  delibera  e'  stato  specificato  che  gli  obblighi   di
pubblicazione,  come  declinati  nell'art.  14,  comma  1-bis  per  i
titolari di incarichi dirigenziali,  gravano  su  tutti  i  dirigenti
pubblici, siano essi titolari di incarichi amministrativi di  vertice
e meno, dirigenti interni o esterni all'amministrazione, titolari  di
incarichi  di  funzione  dirigenziale  nell'ambito  degli  uffici  di
diretta collaborazione o dirigenti che svolgono  funzioni  ispettive,
di consulenza, studio e ricerca. 
  La delibera passa, poi, in rassegna  alcuni  casi  particolari  tra
cui: 
    a) «dirigenti nei comuni  con  popolazione  inferiore  ai  15.000
abitanti» per i quali ragioni di parita' di trattamento fra  titolari
di incarichi politici e titolari di incarichi  dirigenziali,  nonche'
esigenze  di  semplificazione  inducono  a  limitare   l'obbligo   di
pubblicazione ai dati di cui all'art. 14, comma 1, lettere da  a)  ad
e), esclusi quelli della lettera f); 
    b) «uffici di diretta collaborazione» nell'ambito dei quali si e'
ritenuto  di  distinguere  tra   incarichi   dirigenziali   conferiti
all'interno degli uffici assoggettati all'art. 14, comma  1,  lettere
da a) a f), e incarichi di capo/responsabile dell'ufficio per i quali
non trova applicazione la lettera f); 
    c) «dirigenti scolastici» per i quali le misure di trasparenza ex
art. 14 si intendono assolte con la pubblicazione dei  dati  indicati
al comma 1, lettere da a) ad e), con esclusione dei dati di cui  alla
lettera f); 
    d)   «dirigenti   sanitari»,   (direttore   generale,   direttore
sanitario, direttore amministrativo, responsabile di  dipartimento  e
di strutture semplici e  complesse  ex  art.  41,  comma  2,  decreto
legislativo n. 33/2013) per i quali, secondo una lettura  coerente  e
costituzionalmente  orientata  delle  norme,  al  fine   di   evitare
trattamenti diversi fra comparti, trovano applicazione  gli  obblighi
di trasparenza disposti dall'art. 14, essendo il riferimento all'art.
15 contenuto all'art. 41, comma 3 da intendersi, secondo l'Autorita',
come «probabile refuso, dovuto ad un difetto di  coordinamento  delle
disposizioni».  Al  contrario,  non  sono  tenuti  ad  assolvere  gli
obblighi di pubblicita' di cui all'art. 14 i  dirigenti  del  SSN,  a
qualunque ruolo appartengano, che non rivestono le posizioni indicate
all'art. 41, comma 2. 
  Per gli enti pubblici economici, le societa' in controllo  pubblico
e gli enti di diritto privato di cui rispettivamente alle lettere a),
b) e c) del comma  2  dell'art.  2-bis  del  decreto  legislativo  n.
33/2013, l'Autorita' ha precisato, con la delibera n. 1134/2017,  che
sono assoggettati agli obblighi di trasparenza indicati dall'art. 14,
comma 1, lettere da a) a f) i  soli  direttori  generali,  mentre  ai
dirigenti ordinari sono applicabili le sole misure indicate al  comma
1, lettere da  a)  a  e),  restando  esclusa  per  questi  ultimi  la
pubblicita' dei dati reddituali e patrimoniali di  cui  alla  lettera
f). 
 
                     Il contenuto della sentenza 
                     della Corte costituzionale: 
 
  Occorre premettere  che  il  ragionamento  svolto  dalla  Corte  in
sentenza si inquadra nell'ottica di un  bilanciamento  tra  interessi
contrapposti e di analoga rilevanza costituzionale di  cui  si  dara'
illustrazione a breve. 
  Nel merito della pronuncia  viene  evidenziato  che  la  disciplina
legislativa censurata  -  che  estende  a  tutti  i  dirigenti  delle
pubbliche amministrazioni obblighi di pubblicazione di dati  gia'  in
vigore per i titolari di incarichi politici - opera su un terreno nel
quale «risultano in  connessione  -  e  talvolta  anche  in  visibile
tensione - diritti e principi fondamentali»,  vale  a  dire,  da  una
parte,  il  diritto  alla  riservatezza  dei  dati  personali,  quale
manifestazione  del  diritto  fondamentale  all'intangibilita'  della
sfera privata, contemporaneamente tutelato sia dalla Costituzione che
dal diritto europeo, primario e derivato; dall'altra, i  principi  di
pubblicita' e trasparenza, riferiti, quale corollario  del  principio
democratico (art. 1 Costituzione), al buon andamento  della  pubblica
amministrazione (art. 97  Costituzione)  e  «per  la  parte  che  qui
specificamente interessa, ai dati che  essa  possiede  e  controlla.»
Tali principi sono oggi declinati dal legislatore «nella forma di  un
diritto dei cittadini ad accedere ai dati in possesso della  pubblica
amministrazione, come del resto stabilisce l'art.  1,  comma  1,  del
decreto legislativo n. 33 del 2013.» 
  La  Corte  esprime  un  giudizio  di  ragionevolezza  delle  scelte
legislative e opera un bilanciamento tra i due  diritti  fondamentali
di rilievo analogo avvalendosi  del  test  di  proporzionalita'  "che
«richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura
e le modalita' di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea  al
conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto,  tra
piu'  misure  appropriate,  prescriva  quella  meno  restrittiva  dei
diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al
perseguimento di detti obiettivi»". 
  «In virtu' di tutto quanto precede, lo scrutinio intorno  al  punto
di equilibrio  individuato  dal  legislatore  sulla  questione  della
pubblicita'  dei  dati  reddituali  e  patrimoniali   dei   dirigenti
amministrativi va condotto alla stregua del parametro  costituzionale
interno evocato  dal  giudice  a  quo  (art.  3  Costituzione),  come
integrato  dai  principi  di  derivazione  europea.  Essi  sanciscono
l'obbligo, per la legislazione nazionale, di rispettare i criteri  di
necessita', proporzionalita', finalita', pertinenza e  non  eccedenza
nel trattamento dei dati personali, pur al cospetto dell'esigenza  di
garantire, fino al punto tollerabile,  la  pubblicita'  dei  dati  in
possesso della pubblica amministrazione.» 
  Sulla  base  di  tale   vaglio   alla   luce   del   principio   di
proporzionalita',  la  Corte  giunge  a   conclusioni   diverse   con
riferimento alle diverse disposizioni censurate. 
  In particolare,  con  riferimento  alla  lettera  c)  del  comma  1
dell'art. 14, la Corte ha dichiarato  non  fondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale. 
  Il regime di piena conoscibilita' dei compensi di qualsiasi  natura
connessi all'assunzione della carica, nonche' degli importi di viaggi
di servizio e missioni pagati con fondi pubblici, risulta, ad  avviso
della Corte, proporzionato rispetto alle finalita'  perseguite  dalla
normativa sulla trasparenza amministrativa e volto  a  consentire  la
valutazione circa la congruita' - rispetto ai risultati  raggiunti  e
ai servizi offerti - delle risorse utilizzate  per  la  remunerazione
dei soggetti responsabili, a ogni livello, del buon  andamento  della
pubblica amministrazione. 
  La Corte ha cura di precisare, inoltre, che  la  pubblicazione  dei
dati inerenti alla situazione economica dei dirigenti pubblici non e'
tale da costituire un rischio per valori costituzionalmente  tutelati
quali la sicurezza o la liberta'  degli  interessati  (art.  2  e  13
Costituzione), ne' puo' in alcun modo rappresentare fonte per  questi
di un pregiudizio alla dignita' personale. Trattasi, infatti, di dati
che esulano dalla sfera prettamente  personale  e  sono  direttamente
connessi all'espletamento dell'incarico e delle  funzioni  di  natura
dirigenziale assegnati. 
  Giova  sottolineare  che  la   piena   conformita'   costituzionale
dell'art. 14,  comma  1,  lettera  c)  e'  riconosciuta  dalla  Corte
adottando come parametro di riferimento una definizione  molto  ampia
di incarico dirigenziale riferita «ai soggetti responsabili,  a  ogni
livello, del buon andamento della PA». La pronuncia riguarda,  cioe',
direttamente, tutti i  dirigenti  pubblici,  indipendentemente  dalla
tipologia di amministrazione presso cui prestano servizio. 
  A conclusioni diverse la Corte arriva con riferimento all'art.  14,
comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 33/2013. 
  La Corte, ha, infatti, dichiarato  l'incostituzionalita'  dell'art.
14, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 33/2013 «nella  parte  in
cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati di cui
all'art. 14, comma 1, lettera f), dello  stesso  decreto  legislativo
anche per tutti i titolari di  incarichi  dirigenziali,  a  qualsiasi
titolo conferiti,  ivi  inclusi  quelli  conferiti  discrezionalmente
dall'organo  di  indirizzo  politico  senza  procedure  pubbliche  di
selezione, anziche' solo per i titolari degli incarichi  dirigenziali
previsti dall'art. 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30  marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche)». 
  Secondo la Corte, in relazione al bilanciamento tra il diritto alla
riservatezza dei  dati  personali  e  i  principi  di  pubblicita'  e
trasparenza, l'art. 14, comma 1, lettera f)  decreto  legislativo  n.
33/2013 non risulterebbe conforme al principio  di  proporzionalita',
in quanto alla compressione del primo non corrisponde  un  incremento
ne'  della  tutela  del  contrapposto  diritto  dei  cittadini   alla
trasparenza e alla corretta informazione,  ne'  l'interesse  pubblico
alla prevenzione e repressione  dei  fenomeni  corruttivi.  La  Corte
ritiene, infatti, che la conoscenza del complesso delle  informazioni
e dei dati personali di natura reddituale  e  patrimoniale  contenuti
nella documentazione oggetto di pubblicazione, per come e'  formulata
la norma rivolta in modo indiscriminato a tutti i dirigenti pubblici,
non appare ne' necessaria ne' proporzionata rispetto  alle  finalita'
perseguite dalla legislazione sulla trasparenza. 
  Per la Corte cio' che rileva sotto il  profilo  dell'illegittimita'
costituzionale  e'  che  la  norma  censurata  omette  di  fare   una
graduazione degli obblighi di pubblicazione in  relazione  al  ruolo,
alle responsabilita' e alla carica ricoperta dai dirigenti. Ad avviso
della Consulta, cioe', «il legislatore avrebbe [...]  dovuto  operare
distinzioni  in  rapporto  al  grado  di  esposizione   dell'incarico
pubblico al rischio di corruzione e  all'ambito  di  esercizio  delle
relative funzioni, prevedendo coerentemente livelli differenziati  di
pervasivita'  e   completezza   delle   informazioni   reddituali   e
patrimoniali da pubblicare.» Tale graduazione,  del  resto,  come  la
stessa Corte ricorda, era stata gia' suggerita da ANAC al  Parlamento
e al Governo con segnalazione n. 6 del 20 dicembre 2017. 
  E' evidente, infatti, ad avviso della Corte,  come  il  livello  di
potere  decisionale  o  gestionale  degli  incarichi  non  possa  che
influenzare tanto  la  gravita'  del  rischio  corruttivo  -  che  la
disposizione intende scongiurare - quanto le  conseguenti  necessita'
di trasparenza ed  informazione  dei  dati  «la  cui  conoscenza  sia
ragionevolmente  ed  effettivamente  connessa  all'esercizio  di   un
controllo,   sia   sul   corretto   perseguimento   delle    funzioni
istituzionali, sia sul corretto impiego delle risorse pubbliche.» 
  La  Corte,  riconosciuto  in  ogni  caso  come   sia   fondamentale
«assicurare, allo stato, un nucleo minimo di tutela del diritto  alla
trasparenza amministrativa, in relazione ai dati  personali  indicati
dalla  disposizione  censurata»,  in  attesa   dell'auspicato   nuovo
intervento  del  legislatore,  ha  ritenuto  di  indicare,   in   via
provvisoria, nell'art. 19, commi 3 e 4, del  decreto  legislativo  n.
165/2001, recante «Norme generali sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche», un  parametro  normativo
per   operare    in    via    interpretativa    quella    graduazione
nell'individuazione    degli    incarichi    dirigenziali    ritenuta
fondamentale   per   bilanciare   il   diritto    alla    trasparenza
amministrativa con il diritto alla riservatezza a  cui  si  e'  fatto
sopra riferimento. 
  L'art. 19, in particolare, individua  due  categorie  di  incarichi
dirigenziali,  quelli  di  Segretario  generale  di  ministeri  e  di
direzione  di  strutture  articolate  al  loro  interno   in   uffici
dirigenziali generali e quelli di livello  equivalente  (comma  3)  e
quelli di funzione dirigenziale di livello generale (comma 4) la  cui
posizione e i cui compiti - propositivi, organizzativi,  di  gestione
di risorse umane, strumentali e di spesa - di  elevatissimo  rilievo,
rendono «non irragionevole» il mantenimento in capo agli stessi della
trasparenza dei dati reddituali e patrimoniali di  cui  all'art.  14,
comma 1, lettera f). 
  Ad  avviso  della  Corte,  inoltre,  le  competenze  spettanti   ai
dirigenti di cui all'art. 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo n.
165/2001, rendono manifesto il collegamento sussistente tra  la  loro
attivita' e quella degli organi di decisione politica con i quali  il
legislatore presuppone l'esistenza di un rapporto  fiduciario,  tanto
da disporre che i suddetti incarichi siano conferiti su proposta  del
ministro competente. 
  Da ultimo, la Corte ha  dichiarato  inammissibile  per  difetto  di
rilevanza   la   questione   sollevata   d'ufficio   dal    Tribunale
amministrativo  regionale  Lazio  con  riferimento  al  comma   1-ter
dell'art. 14 nella parte in cui prevede  l'obbligo  di  pubblicazione
degli «emolumenti complessivi»  percepiti  da  ogni  dirigente  della
pubblica amministrazione a carico della finanza pubblica,  in  quanto
il giudizio principale verterebbe su atti che non danno  applicazione
a tale comma, sicche' la decisione del caso  concreto  prescinderebbe
dalla norma in questione. 
 
                  Tutto cio' premesso e considerato 
 
 
                              Delibera: 
 
  Di formulare le seguenti indicazioni a modifica e  integrazione  di
quelle contenute nella delibera n. 241/2017. 
1. Revoca della sospensione della delibera n. 241/2017 
  I principali problemi applicativi di  cui  alla  presente  delibera
riguardano  l'identificazione  dei   dirigenti   cui   applicare   la
disciplina prevista dall'art. 14, comma 1, lettere c) e  f)  e  1-ter
del decreto legislativo n. 33/2013 nonche' la pubblicazione dei  dati
che, in  pendenza  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
davanti alla Corte, le amministrazioni avessero omesso di pubblicare. 
  Alla luce del  quadro  normativo  e  della  pronuncia  della  Corte
costituzionale,   l'Autorita'   ritiene,   innanzitutto,   necessario
revocare la  sospensione  della  delibera  n.  241/2017  operata  con
delibera  n.  382/2017  con  riferimento  alle  indicazioni  relative
all'applicazione dell'art. 14, comma 1, lettere c) e f) e  del  comma
1-ter, decreto legislativo n. 33/2013 per tutti i dirigenti pubblici;
inoltre, superare le indicazioni di cui al Comunicato del  Presidente
dell'ANAC del 7 marzo 2018; dare  conseguenti  indicazioni  operative
sull'ambito  di   applicazione   della   normativa,   modificando   e
integrando, a tal fine, la delibera n. 241/2017 e  precisando  alcuni
aspetti della delibera n. 1134/2017 con riferimento  ai  titolari  di
incarichi dirigenziali. 
2. Identificazione dei dirigenti cui applicare la lettera c) e f) del
  comma 1 e comma 1-ter dell'art. 14 decreto legislativo n. 33/2013. 
2.1. La pubblicazione dei compensi e delle  spese  di  viaggio  e  di
missione (art. 14, comma 1, lettera c). 
  Ad avviso dell'Autorita', come visto  sopra,  le  indicazioni  date
dalla Corte costituzionale riguardano tutti i dirigenti che  prestano
servizio presso le amministrazioni pubbliche  ed  enti  per  i  quali
l'Autorita' ha dato indicazioni nella delibera n. 241/2017 (par. 1  -
«Amministrazioni ed enti destinatari delle Linee guida»).  Si  tratta
delle amministrazioni pubbliche di  cui  all'art.  1,  comma  2,  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi comprese le  autorita'
portuali,  le  autorita'  amministrative  indipendenti  di  garanzia,
vigilanza  e  regolazione  nonche'  gli  ordini  professionali,   sia
nazionali che territoriali. 
  Quanto  ai  dirigenti,  le  affermazioni  fatte  dalla  Corte  sono
impostate  secondo  una   definizione   molto   ampia   di   incarico
dirigenziale riferita «ai soggetti responsabili ad ogni  livello  del
buon  andamento  della   p.a.».   La   pronuncia,   cioe',   riguarda
direttamente  tutti  i  dirigenti  pubblici  indipendentemente  dalla
tipologia di amministrazione presso cui prestano servizio. Dunque, la
lettera c) dell'articolo sopra richiamato, come gia'  previsto  dalla
delibera n. 241/2017, di cui si conferma la piena operativita', trova
applicazione ai titolari di incarichi dirigenziali (statali e non), a
qualsiasi  titolo  conferiti,  anche  senza  procedure  pubbliche  di
selezione. L'obbligo e'  da  intendersi  riferito  ai  dirigenti  con
incarichi amministrativi di vertice, ai dirigenti interni e a  quelli
«esterni» all'amministrazione, compresi i titolari  di  incarichi  di
funzione   dirigenziale   nell'ambito   degli   uffici   di   diretta
collaborazione pur non muniti della qualifica di dirigente pubblico o
comunque non dipendenti di pubbliche amministrazioni. La disposizione
e'  riferita  anche  ai  dirigenti  ai  quali  non  sia  affidata  la
titolarita'  di  uffici  dirigenziali  ma   che   svolgono   funzioni
ispettive,  di  consulenza,  studio  e  ricerca  o  altri   incarichi
specifici previsti dall'ordinamento. 
2.2. La pubblicazione dei dati reddituali e  patrimoniali  (art.  14,
comma 1, lettera f). 
  Con riferimento  ai  dati  reddituali  e  patrimoniali,  ad  avviso
dell'autorita'  le  questioni  da  affrontare  attengono   all'ambito
soggettivo di applicazione, sia con riferimento alle  amministrazioni
e agli enti interessati, sia con riferimento  all'individuazione  dei
titolari di  incarichi  dirigenziali  cui  riferire  la  disposizione
suddetta. 
  Occorre premettere che la Corte, per salvaguardare un nucleo minimo
di  tutela  della   trasparenza,   ha   ritenuto   congruo   graduare
l'applicazione della lettera f) dell'art. 14, comma 1, prendendo come
riferimento l'art. 19, commi  3  e  4,  del  decreto  legislativo  n.
165/2001,  ferma  restando  la  necessita'  di  un  nuovo  intervento
normativo nella materia anche in  relazione  ad  altre  tipologie  di
incarico dirigenziale con riferimento  a  tutte  le  amministrazioni,
anche non statali. 
  Ad avviso dell'autorita', si tratta di valutare in che  modo  operi
il riferimento che la Corte fa a  tale  norma  del  testo  unico  del
pubblico impiego. 
  Innanzitutto, il rinvio all'art. 19,  commi  3  e  4,  del  decreto
legislativo n. 165/2001 va inquadrato nella  motivazione  complessiva
della sentenza e funge come parametro di riferimento per operare,  in
via interpretativa, quella graduazione di incarichi dirigenziali  che
il legislatore non fa, ma che e' ritenuta indispensabile dalla  Corte
per assicurare «allo stato» la salvaguardia di un nucleo minimo della
trasparenza dei dati personali. Si consideri, al riguardo, che  nella
sentenza e' fatta menzione, in senso adesivo, della segnalazione  che
l'ANAC aveva rivolto al Governo e al Parlamento  (n.  6/2017)  e  che
riguarda tutti i dirigenti pubblici. 
  Il criterio adottato e desumibile  dalla  norma  appena  citata  e'
quello della individuazione dei dirigenti  cui  spetta  l'obbligo  di
pubblicazione dei dati di cui alla lettera f) non  tanto  in  ragione
dell'amministrazione  di  appartenenza,  quanto  in  relazione   alle
attribuzioni loro spettanti - compiti propositivi, organizzativi,  di
gestione di risorse  umane,  strumentali  e  di  spesa  «ritenuti  di
elevatissimo rilievo» - e  alla  posizione  organizzativa  rivestita,
essendo rilevanti i titolari di  quegli  uffici  che  hanno  al  loro
interno una struttura complessa articolata  per  uffici  dirigenziali
generali e non. 
  Il fatto che la Corte richiami una norma del decreto legislativo n.
165/2001  come  parametro  unico  di  riferimento  per  graduare  gli
incarichi dirigenziali, non permette di escludere che  la  normativa,
nei termini indicati dalla Corte, possa essere applicabile anche alle
amministrazioni  non  statali  ma  anzi,  proprio  da   una   lettura
complessiva della sentenza, si deve ritenere che anche queste  ultime
siano ricomprese nell'ambito di applicazione della disciplina. 
  Militano in tal senso diversi argomenti. 
  Occorre,  infatti,   considerare,   come   anticipato   sopra   con
riferimento  alla  lettera  c),  che  la  Corte  si  e'   pronunciata
sull'applicazione della disposizione di cui all'art. 14 nei confronti
di   tutti   i   dirigenti    pubblici,    indipendentemente    dalle
amministrazioni cui sono preposti. Sarebbe, infatti, singolare che in
una parte della sentenza il riferimento sia nei confronti di tutti  i
dirigenti e in altra parte limitato a quelli  che  prestano  servizio
presso amministrazioni statali. E' utile sottolineare che  la  Corte,
nel ripercorrere la disciplina rilevante sulla trasparenza  dei  dati
dei dirigenti come modificata dal  decreto  legislativo  n.  97/2016,
afferma che «la totalita' della dirigenza  amministrativa»  e'  stata
ora attratta nell'ambito dei doveri di trasparenza prima previsti per
i titolari di incarichi politici. 
  Inoltre, l'art. 27 del decreto legislativo n. 165/2001 prevede  per
le pubbliche amministrazioni non  statali,  le  regioni  e  gli  enti
pubblici non economici, l'adeguamento ai principi dell'art. 4  e  del
capo  II  sulla  dirigenza.  L'art.  4  riguarda  il   principio   di
distinzione fra politica e amministrazione; il capo  II,  invece,  e'
quello sulla dirigenza al cui interno vi e' l'art. 19  «Incarichi  di
funzioni  dirigenziali».  Anche  alle  amministrazioni  non  statali,
pertanto, va applicato il criterio di  distinzione  tra  politica  ed
amministrazione  e  i  principi  di  differenziazione  tra   funzioni
dirigenziali apicali e  non  apicali,  in  ragione  della  differente
articolazione  organizzativa,  complessa  o  semplice,  dei  relativi
uffici e dei compiti attribuiti. 
  In  terzo   luogo,   una   applicazione   rinviata   all'intervento
legislativo per dirigenti di alcune amministrazioni sarebbe contraria
al   principio   di   uguaglianza   (situazioni    uguali    trattate
temporaneamente in modo diverso) e  alla  stessa  finalita'  espressa
dalla Corte per giustificare il proprio intervento manipolativo, vale
a dire quella di assicurare «la salvaguardia - almeno  provvisoria  -
di  un  nucleo  minimo  di  tutela  del  diritto   alla   trasparenza
amministrativa  in  relazione  ai  dati  personali   indicati   dalla
disposizione censurata, [..]». 
  Vale infine la pena di ricordare che la sentenza e' stata  resa  in
relazione ad una  questione  originata  da  una  causa  promossa  dai
dirigenti  di  un'autorita'  amministrativa  indipendente  a  cui  si
debbono  ritenere  applicabili  i  principi  generali   del   decreto
legislativo n. 165/2001. Sarebbe difficilmente giustificabile che  la
sentenza non trovi applicazione nei confronti dell'amministrazione da
cui e' originato il giudizio principale. 
  Occorre considerare, d'altra parte, che altro  criterio  utilizzato
dalla Corte e' quello dello svolgimento, da parte dei  dirigenti  cui
applicare la lettera f), di «attivita' di collegamento con gli organi
di  decisione  politica  con  i  quali  il   legislatore   presuppone
l'esistenza di un rapporto fiduciario,  tanto  da  disporre  che  gli
stessi siano conferiti su proposta  del  ministro  competente».  Alla
luce di  quanto  sopra,  in  disparte  l'assenza  di  un  vincolo  di
fiduciarieta' rispetto ai dirigenti generali, come  la  Corte  ha  in
piu' occasioni affermato con riferimento allo spoil system, ad avviso
dell'autorita' l'elemento significativo  rimane  quello  dei  compiti
svolti in cui il collegamento con gli organi di indirizzo va valutato
quale indice  di  rilevanza  delle  attivita'  e  delle  attribuzioni
assegnate in quanto a capo di strutture  complesse.  Il  collegamento
con gli organi di decisione politica appare, infatti, un criterio non
univoco, non essendo da solo, cioe', sempre tale  da  consentire  una
reale graduazione degli incarichi dirigenziali rispetto alle funzioni
e  ai  compiti  svolti,  che,  per  l'applicazione  della  norma   in
questione,  ad  avviso  della  Corte,  devono  comunque   essere   di
elevatissimo rilievo anche in termini di gestione di  risorse  umane,
strumentali e di spesa. 
  Infatti, la censura della norma da parte della  Corte  nasce  dalla
costatazione di fondo secondo cui «il legislatore non prevede  alcuna
differenziazione in ordine al potere decisionale o gestionale. Eppure
e' manifesto che  tale  livello  non  puo'  che  influenzare  sia  la
gravita' del rischio corruttivo - che la disposizione stessa, come si
presuppone, intende scongiurare - sia le  conseguenti  necessita'  di
trasparenza ed informazione». 
  In relazione a quanto sopra, pertanto, ad avviso dell'autorita',  i
dirigenti cui  si  applica  la  trasparenza  dei  dati  reddituali  e
patrimoniali di cui all'art. 14, comma 1, lettera f) sono i  titolari
di incarichi dirigenziali a capo di uffici che al loro  interno  sono
articolati  in  uffici  di  livello  dirigenziale,  generale  e   non
generale. 
  Le amministrazioni a cui si applica la disposizione sono quelle  di
cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.
165, ivi comprese le autorita' portuali, le autorita'  amministrative
indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione nonche' gli  ordini
professionali, sia nazionali che territoriali,  come  previsto  dalla
delibera dell'autorita' 241/2017 (par. 1 - «Amministrazioni  ed  enti
destinatari delle Linee guida»). 
  Ad avviso dell'autorita', al fine di dare corretta attuazione  alle
indicazioni della Corte, e' indispensabile che le amministrazioni non
statali e quelle a cui non si applica direttamente l'art. 19, commi 3
e 4, del decreto legislativo n. 165/2001, indichino chiaramente in un
apposito atto organizzativo  (si  pensi  ad  esempio  al  regolamento
sull'organizzazione degli uffici e dei servizi ovvero integrando, ove
necessario, l'organigramma)  quali  sono  le  posizioni  dirigenziali
equivalenti a quelle dell'art. 19, commi 3 e 4,  citato  nei  termini
specificati sopra, ritenute  dalla  Corte  sottoposte  al  regime  di
trasparenza  rafforzata  sui  dati  reddituali   e   patrimoniali. E'
necessario   che   tale   atto   sia   pubblicato    nella    sezione
«Amministrazione Trasparente» del  sito  istituzionale,  sottosezione
«Atti  generali»  e  collegato  con  un  link  alla  sottosezione  di
«Amministrazione Trasparente» relativa ai dirigenti. 
  In questo modo, oltre che per ragioni di trasparenza organizzativa,
si consentira'  all'autorita'  di  poter  svolgere  correttamente  la
propria attivita' di vigilanza. 
2.3 Applicazione del comma 1-ter dell'art. 14 decreto legislativo  n.
33/2013 
  La Corte, come anticipato sopra, ha dichiarato  inammissibile,  per
difetto di rilevanza, la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 14, comma 1-ter. La norma, pertanto, e' pienamente vigente. 
  Resta, quindi, fermo quanto disposto nella  delibera  n.  241/2017,
secondo cui i dirigenti sono tenuti a comunicare  all'amministrazione
presso cui prestano servizio l'importo complessivo  degli  emolumenti
percepiti a carico della  finanza  pubblica  (par.  3  -  Obbligo  di
comunicazione per i dirigenti). A  tale  obbligo  corrisponde  quello
dell'amministrazione di pubblicare  sul  proprio  sito  istituzionale
detto dato. 
2.4. Casi specifici 
  Alla luce delle considerazioni svolte, l'autorita' ritiene di dover
precisare alcune indicazioni fornite con la delibera  n.  241/2017  e
con la delibera n. 1134/2017 con riguardo a casi specifici. 
2.4.1 Uffici di diretta collaborazione 
  Con  riferimento  ai  responsabili/capi  degli  uffici  di  diretta
collaborazione, l'autorita' ritiene di dover confermare la  posizione
assunta nella delibera n. 241/2017 circa l'esclusione e  le  relative
motivazioni, del regime piu' ampio di trasparenza che comprende anche
la pubblicita' di cui alla lettera  f)  del  comma  1  dell'art.  14,
decreto legislativo n. 33/2013. Si  ritiene,  pertanto,  che  a  tali
soggetti sia applicabile esclusivamente la  disciplina  di  cui  alle
lettere da a) a e) dell'art. 14,  comma  1,  decreto  legislativo  n.
33/2013. 
  Invece,  per  i  dirigenti  all'interno  degli  uffici  di  diretta
collaborazione  potrebbe  essere  necessario  distinguere,  in   base
all'organigramma, tra dirigenti «apicali», cioe' posti al vertice  di
strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali (generali
e non), e dirigenti di seconda fascia o equiparati. Per i  primi,  e'
da ritenersi obbligatoria la pubblicazione dei dati di  cui  all'art.
14, comma 1, lettere da a) a f), mentre per i secondi deve applicarsi
solo l'art. 14, comma  1,  lettere  da  a)  ad  e),  con  conseguente
modifica sul punto della delibera n.  241/2017  che  fa  un  generico
riferimento ai dirigenti amministrativi. 
2.4.2 Dirigenti  generali  con  funzioni  ispettive,  di  consulenza,
studio   e   ricerca   o   altri   incarichi    specifici    previsti
dall'ordinamento 
  Con riferimento ai dirigenti generali con  funzioni  ispettive,  di
consulenza, studio e ricerca o  altri  incarichi  specifici  previsti
dall'ordinamento, in quanto non titolari di strutture  articolate  al
loro interno in uffici dirigenziali, si puo' ritenere applicabile  la
sola disciplina di cui all'art. 14, comma 1,  lettere  da  a)  a  e),
decreto legislativo n.  33/2013  con  esclusione  della  lettere  f).
D'altra parte in questi casi non emerge  neanche  lo  svolgimento  di
quei compiti di rilievo gestionale  e  di  spesa  ritenuti  necessari
dalla  Corte  per  giustificare  la  compressione  del  diritto  alla
riservatezza. 
  Sul punto si deve pertanto considerare modificata  la  delibera  n.
241/2017,   che,   al   contrario,   estendeva   a   tali   dirigenti
l'applicazione dell'art. 14, comma  1  lettere  da  a)  a  f),  senza
operare  alcun  distinguo  in  merito  alla  tipologia  di  dati   da
pubblicare. 
2.4.3  Dirigenti  nei  comuni  con  popolazione  inferiore  a  15.000
abitanti 
  Con riferimento ai  comuni  con  popolazione  inferiore  ai  15.000
abitanti per i titolari di incarichi dirigenziali si conferma  quanto
previsto dalla delibera n.  241/2017,  con  conseguente  applicazione
dell'obbligo di pubblicazione dei dati di cui alla lettere  da  a)  a
e), ad esclusione della lettera f). 
2.4.4. Titolari di posizioni organizzative 
  Con riguardo ai titolari  di  posizione  organizzativa  di  livello
dirigenziale di cui al comma 1-quinquies dell'art.  14,  la  sentenza
della Corte impone di riconsiderare, alla  luce  del  criterio  della
complessita' della posizione organizzativa rivestita, le  indicazioni
contenute nella delibera n. 241/2017. 
  Cosi', solo qualora detti soggetti  svolgano  compiti  propositivi,
organizzativi, di gestione di risorse umane, strumentali e  di  spesa
«ritenuti di elevatissimo  rilievo»  e  assumano  la  titolarita'  di
uffici che hanno al loro interno una struttura  complessa  articolata
per uffici dirigenziali, generali e  non,  trovano  applicazione  gli
obblighi di trasparenza di cui all'art. 14, comma 1, lettere da a) ad
f).  Diversamente,  qualora  tali  criteri  di  complessita'  non  si
rinvengano, resta esclusa l'applicazione della sola lettera f). 
  E'  confermata,  invece,  l'indicazione  di  pubblicare   il   solo
curriculum vitae per i titolari di posizione organizzativa di livello
non dirigenziale. 
2.4.5 Dirigenti scolastici 
  Con riferimento ai dirigenti scolastici,  l'autorita'  conferma  la
delibera n. 241/2017 e, di conseguenza, l'applicazione dell'art.  14,
comma 1, lettere da a) a e) con  esclusione  dei  dati  di  cui  alla
lettera  f),  decreto  legislativo  n.  33/2013   (par.   2.3   «Casi
particolari - Dirigenti scolastici»). 
2.4.6. Dirigenti sanitari 
  Ai dirigenti del  SSN  (direttore  generale,  direttore  sanitario,
direttore amministrativo, responsabili di dipartimento e di strutture
semplici  e  complesse)  fa  riferimento  l'art.   41   del   decreto
legislativo n. 33/2013 rubricato «Trasparenza del SSN». 
  Per la dirigenza il  comma  3  rinvia  all'art.  15  dedicato  agli
«Obblighi di pubblicazione concernenti i  titolari  di  incarichi  di
collaborazione  o  consulenza».  Come  precisato  nella  delibera  n.
241/2017, il rinvio all'art. 15 e' un probabile refuso  dovuto  a  un
difetto  di  coordinamento  delle  disposizioni.  Con   la   modifica
apportata dal decreto legislativo n. 97/2016  all'art.  15  e'  stato
ridefinito l'ambito soggettivo di applicazione della norma espungendo
dalla   disposizione   il   riferimento   proprio   agli    incarichi
dirigenziali, ora disciplinati esclusivamente dall'art. 14. La stessa
rubrica dell'art. 15 fa infatti riferimento unicamente agli incarichi
di collaborazione o consulenza, e non piu' ai dirigenti,  come  nella
vecchia formulazione, e quindi a tipologie  di  incarichi  del  tutto
diversi da quelli di cui all'art. 41 del  medesimo  decreto.  D'altra
parte,  un'interpretazione   letterale   dell'art.   41,   comma   3,
comporterebbe  ingiustificate  disparita'  di  trattamento   tra   la
dirigenza del SSN, che si troverebbe assoggettata  agli  obblighi  di
pubblicazione di cui all'art. 15, decreto legislativo n.  33/2013,  e
gli altri dirigenti  pubblici  tenuti,  invece,  agli  obblighi  piu'
penetranti previsti dall'art. 14. Pertanto, una  lettura  coerente  e
costituzionalmente orientata  delle  norme  citate,  del  resto  gia'
prospettata  nel  PNA  2016  (delibera  n.  831/2016),   ha   indotto
l'autorita', nella delibera n. 241/2017, a ritenere che il  direttore
generale, il direttore sanitario,  il  direttore  amministrativo,  il
responsabile di dipartimento e  di  strutture  semplici  e  complesse
siano tenuti ad  assolvere  agli  obblighi  di  trasparenza  disposti
dall'art. 14, mentre  sono  esclusi  dagli  obblighi  di  trasparenza
previsti  all'art.  14  i  dirigenti  del  SSN,  a  qualunque   ruolo
appartengano, che non rivestono le posizioni  indicate  all'art.  41,
comma 2. 
  La sentenza della Corte,  che  si  rivolge  a  tutta  la  dirigenza
pubblica, impone di ritornare sul punto. 
  La Consulta, infatti, oltre a quanto fin qui  riportato,  ha  anche
evidenziato che con il decreto legislativo n. 97/2016  «la  totalita'
della dirigenza  amministrativa  e'  stata  sottratta  al  regime  di
pubblicita'  congegnato  dall'art.  15  del  decreto  legislativo  n.
33/2013 - che per essi prevedeva la pubblicazione dei  soli  compensi
percepiti, comunque denominati - ed e' stata attratta nell'orbita dei
ben piu' pregnanti doveri di trasparenza originariamente riferiti  ai
soli titolari di incarichi di natura politica». 
  Alla luce di questa chiara  indicazione  della  Corte,  proprio  in
virtu' del cambio di passo sulla trasparenza dei dati  dei  dirigenti
segnato dal  decreto  legislativo  n.  97/2016,  anche  la  dirigenza
sanitaria e' certamente attratta nella disciplina  dell'art.  14  del
decreto legislativo n. 33/2013. 
  Il criterio per individuare i dirigenti del SSN  assoggettati  alla
disciplina  dell'art.  14,  tuttavia,  va   rivisto   rispetto   alle
indicazioni date con la delibera n. 241/2017 alla luce  del  criterio
introdotto dalla Corte  della  distinzione  fra  i  diversi  tipi  di
incarichi, apicali e non apicali. 
  I dirigenti del SSN che rivestono le posizioni  elencate  dall'art.
41, comma 2, decreto  legislativo  n.  33/2013,  ossia  il  direttore
generale, il direttore sanitario,  il  direttore  amministrativo,  il
responsabile di dipartimento e  di  strutture  complesse,  in  quanto
titolari  di  posizioni  apicali,  ovvero  al  vertice  di  strutture
articolate al loro interno in  uffici  dirigenziali  generali  e  non
(«dirigenti apicali»), sono  interamente  assoggettati  all'art.  14,
comma 1, ivi compresa la lettera f), come previsto dalla delibera  n.
241/2017 (par. 2.3 «Casi particolari - La dirigenza sanitaria»). 
  Diversamente,  i  dirigenti  di   strutture   semplici   non   sono
assoggettati alla lettera f). 
  Rimangono  totalmente  esclusi  dall'applicazione  dell'art.  14  i
dirigenti del SSN, a qualunque ruolo appartengano, che non  rivestono
alcuna delle posizioni indicate all'art. 41, comma 2. 
2.4.7 I dirigenti negli enti e societa' in controllo pubblico 
  Con riferimento ai dirigenti nelle societa' in controllo pubblico e
negli enti di diritto privato di cui all'art. 2-bis, comma 2, lettere
b) e c) del decreto legislativo  n.  33/2013,  il  criterio  indicato
dalla Corte costituzionale consente di confermare le indicazioni gia'
date dall'Autorita' nella  delibera  n.  1134/2017  (par.  3.1.3  «La
Trasparenza applicazione dell'art. 14 agli enti e  alle  societa'  in
controllo pubblico»). 
  In particolare, ai direttori generali sono applicabili gli obblighi
di trasparenza indicati all'art. 14, comma 1, lettere  da  a)  a  f),
mentre ai dirigenti ordinari sono applicabili le sole misure  di  cui
all'art. 14, comma 1, lettere da a)  a  e),  risultando  esclusa  per
questi ultimi la pubblicita' dei dati patrimoniali  e  reddituali  di
cui alla lettera f). 
2.4.8 I dirigenti negli enti pubblici economici 
  Ai dirigenti degli enti pubblici economici ex art. 2-bis, comma  2,
decreto legislativo n. 33/2013 si applica lo stesso  regime  previsto
per le societa' in controllo pubblico. 
3. Pubblicazione dei dati pregressi 
  Altro  problema   attiene   alla   pubblicazione   dei   dati   che
eventualmente le amministrazioni, le societa' e gli enti non avessero
pubblicato  in  via   cautelativa   da   quando   la   questione   di
costituzionalita' e' stata sottoposta all'attenzione della Corte. 
  In proposito, giova rammentare  che  l'ANAC  si  era  limitata  con
delibera n.  382/2017  a  sospendere  la  delibera  n.  241/2017  con
riferimento alle indicazioni relative all'applicazione dell'art.  14,
comma 1, lettere c) ed f) del  decreto  legislativo  n.  33/2013  per
tutti i dirigenti pubblici, compresi quelli del  SSN,  e  la  propria
attivita'  di  vigilanza  sugli  obblighi  di  trasparenza  previsti.
Analogamente  aveva  operato  con  riferimento   agli   obblighi   di
pubblicazione di cui all'art. 14, comma 1-ter, con il comunicato  del
Presidente del 7 marzo 2018. 
  Tenuto conto degli effetti della sentenza della Corte e  del  fatto
che il giudizio innanzi  al  Tribunale  amministrativo  regionale  e'
circoscritto alle parti, si ritiene che,  a  seguito  della  sentenza
della Corte, le amministrazioni e gli  altri  enti,  qualora  abbiano
sospeso le pubblicazioni, debbano  procedere  alla  pubblicazione  di
tutti i dati, nei termini indicati nella presente delibera, anche per
il periodo pregresso. 
  Nel  ribadire  l'immediata   applicabilita'   degli   obblighi   di
trasparenza oggetto della presente delibera, l'Autorita'  provvedera'
a svolgere l'attivita'  di  vigilanza  sugli  obblighi  in  questione
decorsi tre mesi dalla data di pubblicazione della presente  delibera
sul sito dell'Autorita'. 
  Il presente provvedimento  e'  pubblicato  sul  sito  istituzionale
dell'Autorita'  ed  entra  in  vigore  il  giorno   successivo   alla
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. 
 
    Roma, 26 giugno 2019 
 
                                               Il Presidente: Cantone 

                               ------ 
 
    Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data  12  luglio
2019. 
 
                                              Il Segretario: Esposito