N. 111 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 aprile 2019
Ordinanza del 19 aprile 2019 della Corte suprema di cassazione sul ricorso proposto da F.M.. Processo penale - Casellario giudiziale - Mancata previsione che nel certificato generale e nel certificato penale richiesti dall'interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 186 del codice della strada che sia stato dichiarato estinto per esito positivo dello svolgimento del lavoro di pubblica utilita'. - Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti), artt. 24, comma 1, e 25, comma 1.(GU n.34 del 21-8-2019 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Prima sezione penale composta da: Enrico Giuseppe Sandrini - Presidente; Domenico Fiordalisi; Francesco Centofanti; Stefano Aprile - Relatore; Antonio Minchella; ha pronunciato la seguente ordinanza, sul ricorso proposto da: F.M. nato a ... il ...; Avverso l'ordinanza del 22 dicembre 2017 del Tribunale di Bologna Udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Aprile; Lette le conclusioni del procuratore generale Roberto Aniello che ha chiesto di sollevare questione di costituzionalita' degli articoli 24 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 313/2002 in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione nella parte in cui non prevedono che nei certificati del casellario giudiziale e del certificato penale richiesto dall'interessato non siano riportate le sentenze di condanna per il reato di cui all'art 186, codice della strada a pena sostituita con quella del lavoro di pubblica utilita' con dichiarazione di estinzione del reato in caso di positivo svolgimento dello stesso lavoro di pubblica utilita' ex art. 186, comma 9-bis del codice della strada. Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Bologna, giudice del casellario ex art. 40, decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002, ha rigettato l'istanza di M.F. volta a ottenere la cancellazione dai certificati generale e penale, richiesti dall'interessata ex articoli 24 e 25 del medesimo decreto, della sentenza pronunciata dal Tribunale di Ravenna in data 13 marzo 2013 (irrevocabile il 17 maggio 2013) per il reato di cui all'art. 186, codice della strada, dichiarato estinto all'esito dello svolgimento positivo dei lavori di pubblica utilita' ex art. 186, comma 9-bis, dello stesso codice. 2. Ricorre M.F., a mezzo del difensore avv. Marziano Ponti, che chiede l'annullamento del provvedimento impugnato, denunciando la violazione di legge e il vizio di motivazione, avendo il giudice erroneamente escluso di procedere all'interpretazione analogica in bonam partem prospettata dalla difesa del disposto di cui agli articoli 24 e 25 del decreto del presidente della Repubblica n. 313/2002 relativi a ipotesi di non iscrivibilita' per cause estintive del reato o della pena sovrapponibili alla presente e, comunque, non motivato in relazione alla questione di costituzionalita' degli articoli 24 e 25 stesso decreto nella parte in cui non prevedono la non iscrivibilita' (nel certificato generale e in quello penale richiesti dall'interessato) delle sentenze per reati dichiarati estinti ex art. 186, comma 9-bis, codice della strada. Considerato in diritto 1. Non e' irrilevante e manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 24, comma 1, e 25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, recante «testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti (Testo A)», anche nel testo anteriore alle modifiche, non ancora efficaci, recate dal decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 122 (Disposizioni per la revisione della disciplina del casellario giudiziale, in attuazione della delega di cui all'art. 1, commi 18 e 19, della legge 23 giugno 2017, n. 103), per contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che nel certificato generale e nel certificato penale del casellario giudiziale richiesti dall'interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 186, codice della strada che sia stato dichiarato estinto ex art. 186, comma 9-bis, codice della strada per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita'. 2. Va premesso che il provvedimento che condanna alla sanzione sostitutiva e' iscrivibile ex art. 3, decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002, sicche' risulta dal certificato rilasciato a richiesta dell'autorita' giudiziaria a mente dell'art. 21 del decreto. In proposito la giurisprudenza di legittimita' ha affermato «l'estinzione del reato a seguito del positivo espletamento del lavoro di pubblica utilita', presupponendo l'avvenuto accertamento del fatto, non impedisce al giudice di valutario in un successivo processo quale precedente specifico ai fini del giudizio circa la «recidiva nel biennio», prevista dall'art. 186, comma secondo, lettera c) del codice della strada» (Sezione 4, n. 1864 del 7 gennaio 2016, Oberoffer, Rv. 265583 - 01). 2.1. D'altra parte, la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita' puo' essere eseguita soltanto dopo il passaggio in giudicato della sentenza (Sezione 4, n. 54985 del 24 ottobre 2017, Di Cola, Rv. 271658 - 01), spettando al giudice dell'esecuzione - da individuarsi in quello che ha pronunciato la sentenza - di accertare lo svolgimento del lavoro sostitutivo e procedere alla declaratoria di estinzione del reato (e alla riduzione alla meta' della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida e alla revoca della confisca del veicolo, ove disposta). 2.2. Cio' premesso, l'iscrizione in questione non rientra tra quelle che, a norma degli articoli 24 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002, sono escluse dalla certificazione rilasciata a richiesta dell'interessato, poiche' non e' compresa nell'elencazione tassativa di eccettuazione ivi prevista. 3. Il provvedimento impugnato, che ha rigettato la richiesta di eliminazione dell'iscrizione dal certificato rilasciato a richiesta dell'interessato, appare coerente con il dato normativo perche' il giudice del casellario ha affermato (come gia' nella precedente ordinanza del Tribunale di Ravenna in data 15 gennaio 2015 che era stata annullata per difetto di competenza funzionale con sentenza Sezione 1, n. 10463 del 1° dicembre 2016 dep. 2017, Ferri, Rv. 269550, Rv. 269551) l'iscrivibilita' ex art. 3, decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002 della sentenza di condanna e della successiva declaratoria di estinzione del reato ex art. 186, comma 9-bis, codice della strada, e la non eliminazione dell'iscrizione stessa ex art. 5 del citato decreto nonche' l'obbligo di riportare nei certificati generale e penale del casellario (oggetto dell'istanza introduttiva dell'incidente di esecuzione) la sentenza di condanna in questione ex articoli 24 e 25 del medesimo decreto. 3.1. Al riguardo deve osservarsi, come correttamente evidenziato dal procuratore generale, che nessuna delle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 122 del 2 ottobre 2018 (peraltro operanti decorso un anno dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale avvenuta il 26 ottobre 2018 e comunque non applicabili nel caso di specie) al decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002 riveste rilievo per l'istanza della ricorrente, non essendo stata prevista dalla novella l'eliminazione della iscrizione nel casellario e della menzione nel certificato generale del casellario (ora unico ex art. 24) della sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 186, codice della strada conclusasi con declaratoria di estinzione del reato ex art. 186, comma 9-bis, per lo svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilita', disposto in sostituzione della pena detentiva e pecuniaria irrogate. Parimenti appare corretta l'affermazione della non praticabilita' della (sollecitata) interpretazione analogica in bonam partem del disposto degli articoli 24, comma 1, lettera b) e lettera e), e 25, comma 1, lettera b) e lettera e) - disposizioni relative alla non menzione dei reati estinti ex articoli 167, codice penale e 445 codice di procedura penale -, essendo quelle indicate eccezioni alla regola generale (per cui tutti i provvedimenti iscritti nel casellario vanno riportati nei certificati) e quindi deroghe tassative, insuscettibili di estensione analogica, in virtu' del criterio ermeneutico di cui all'art. 14, secondo comma, preleggi al codice civile. 4. Rispetto alle censure formulate in relazione all'art. 3 della Costituzione, occorre osservare come l'implicito obbligo di includere i provvedimenti relativi all'art. 186, codice della strada, quando sia stato dichiarato estinto il reato per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita' nei certificati del casellario richiesti da privati, possa risolversi in un trattamento deteriore dei soggetti che beneficiano di questi provvedimenti, orientati anche a una finalita' deflattiva con correlativi risvolti premiati per l'imputato, rispetto a coloro che - aderendo o non opponendosi ad altri procedimenti, come il patteggiamento o il decreto penale di condanna, ispirati essi pure alla medesima finalita' - beneficiano gia' oggi della non menzione dei relativi provvedimenti nei certificati richiesti dai privati. Rispetto al patteggiamento, la Corte costituzionale ha avuto modo di qualificare il beneficio ex lege della non menzione delle sentenze ex art. 444 e seguenti del codice di procedura penale nel certificato del casellario giudiziale come un incentivo finalizzato a indurre «l'imputato a pervenire sollecitamente alla definizione del processo» (sentenza n. 223 del 1994). Poiche', tanto la declaratoria di estinzione della sanzione sostitutiva di cui all'art. 186, comma 9-bis, codice della strada, quanto il patteggiamento, costituiscono procedimenti «diretti ad [assicurare all'imputato] un trattamento piu' vantaggioso di quello del rito ordinario» (sentenza n. 91 del 2018), non e' manifestamente infondata la questione della irragionevolezza della disposizione laddove il beneficio della non menzione viene riconosciuto ex lege a chi si limiti a concordare con il pubblico ministero l'applicazione di una pena sulla base di un provvedimento equiparato a una sentenza di condanna, salve le eccezioni previste dalla legge (art. 445, comma 1-bis, codice di procedura penale), e non - invece - a chi ottenga la declaratoria di estinzione del reato oggetto di condanna penale attraverso un percorso che comporta l'adempimento di una serie di condotte in favore della collettivita', per effetto di una scelta volontaria, e con esiti oggettivamente e agevolmente verificabili: e cio' nella medesima ottica di risocializzazione cui avrebbe dovuto tendere la pena, qualora il reato non fosse stato dichiarato estinto. Inoltre, mentre per la generalita' dei casi esiste la possibilita' di beneficiare della non menzione della condanna nei certificati qualora si sia ottenuta la riabilitazione (art. 24, comma 1, lettera d) e art. 25, comma 1, lettera d), del testo unico casellario), nel caso dei provvedimenti relativi alla estinzione ex art. 186, comma 9-bis, codice della strada essa e' per definizione esclusa. Il che costituisce un ulteriore profilo di non manifesta infondatezza della dedotta irragionevolezza. 4.1. Analogo non manifestamente infondato dubbio di costituzionalita' in relazione all'art. 3 della Costituzione emerge in relazione alla diversa regolamentazione delle «condanne per reati estinti a norma dell'art. 167, primo comma, del codice penale» che non vengono iscritti nel certificato penale rilasciato al privato (art. 24, comma 1, lettera b) e 25, comma 1, lett. b). Si tratta, in effetti, di una disposizione che esclude dalla certificazione i reati per i quali vi e' stata condanna, ma che si estinguono all'esito del periodo di osservazione biennale (per le contravvenzioni) e quinquennale (per i delitti) di cui all'art. 163 del codice penale. Sotto il profilo dell'indicato parametro di uguaglianza, infatti, non e' manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita' tenuto presente, d'un canto, la natura contravvenzionale del reato di cui all'art. 186, codice della strada e, dall'altro, che la dichiarazione di estinzione consegue all'accertamento giudiziale dell'adempimento della sanzione sostitutiva, sicche' risulta specificamente verificato, rispetto alla sospensione condizionale, l'avveramento della condizione apposta dalla legge per l'estinzione del reato. In sostanza, la posizione del soggetto che, dopo avere positivamente svolto il lavoro sostitutivo, ha ottenuto la declaratoria di estinzione ex art. 186, comma 9-bis, codice della strada, e' trattata in modo deteriore rispetto a quella di colui che, avendo ottenuto la sospensione condizionale della pena, si limiti ad attendere il decorso del tempo necessario a determinare l'estinzione del reato. 4.2. Non manifestamente infondate sono, altresi', le questioni sollevate in relazione all'art. 27, terzo comma, della Costituzione. Va rilevato che la Corte costituzionale, con sentenza n. 231 del 2018, ha dichiarato l'illegittimita' degli articoli 24, comma l, e 25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, citati, nel testo anteriore alle modifiche - non ancora efficaci - recate dal decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 122 (Disposizioni per la revisione della disciplina del casellario giudiziale, in attuazione della delega di cui all'art. 1, commi 18 e 19, della legge 23 giugno 2017, n. 103), nella parte in cui non prevedono che nel certificato generale e nel certificato penale del casellario giudiziale richiesti dall'interessato non siano riportate le iscrizioni dell'ordinanza di sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato ai sensi dell'art. 464-quater, del codice di procedura penale e della sentenza che dichiara l'estinzione del reato ai sensi dell'art. 464-septies, codice di procedura penale. Come affermato anche da una recente sentenza delle Sezioni unite dalla Corte di cassazione (n. 91 del 2018), la sospensione del procedimento con messa alla prova costituisce «istituto che persegue scopi special-preventivi in una fase anticipata, in cui viene "infranta" la sequenza cognizione-esecuzione della pena, in funzione del raggiungimento della risocializzazione del soggetto». In tale ottica, l'istituto - al quale va riconosciuta una dimensione processuale e, assieme, sostanziale - costituisce parte integrante del sistema sanzionatorio penale, condividendo con la declaratoria di estinzione di cui all'art. 186, comma 9-bis, codice della strada, la base consensuale del procedimento e del trattamento che ne consegue. L'istituto non puo', pertanto, che essere attratto dal finalismo rieducativo che l'art. 27, terzo comma, della Costituzione ascrive all'intero sistema sanzionatorio penale. Le ragioni che la Consulta ha posto a fondamento della declaratoria di incostituzionalita' delle norme che non prevedono la non menzione, nei certificati rilasciati a richiesta degli interessati, delle sentenze dichiarative dell'estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova ex art. 464-septies del codice di procedura penale, fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 122 del 2018 (che tale divieto di menzione ha espressamente previsto), si attagliano dunque in modo puntuale alla fattispecie in esame dell'estinzione del reato di cui all'art. 186, codice della strada conseguente all'analoga prestazione, da parte dell'imputato, di un'attivita' non retribuita in favore della collettivita' che sia funzionale all'emenda e alla risocializzazione, il cui positivo esperimento non giustifica (piu') lo strascico pregiudizievole rappresentato dalla menzione del reato estinto nei certificati rilasciati dal casellario, allo stesso modo dell'esito positivo della prova ammessa ai sensi dell'art. 464-quater del codice di rito. La menzione dei provvedimenti concernenti la declaratoria di estinzione di cui all'art. 186, comma 9-bis, codice della strada nei certificati richiesti dai privati appare disfunzionale rispetto a tale obiettivo, costituzionalmente imposto. La menzione relativa risulta, anzi, suscettibile di risolversi in un ostacolo al reinserimento sociale del soggetto che abbia ottenuto, e poi concluso con successo, lo svolgimento del lavoro sostitutivo, creandogli - in particolare - piu' che prevedibili difficolta' nell'accesso a nuove opportunita' lavorative, senza che cio' possa ritenersi giustificato da ragioni plausibili di tutela di controinteressi costituzionalmente rilevanti, dal momento che l'esigenza di garantire che la declaratoria di estinzione di cui all'art. 186, comma 9-bis, codice della strada non sia concessa piu' di una volta (ultimo periodo della disposizione dianzi citata) e' gia' adeguatamente soddisfatta dall'obbligo di iscrizione dei menzionati provvedimenti e della loro indicazione nel certificato «ad uso del giudice» (rispettivamente articoli 3, comma l, lettera a), e 21, comma l, del testo unico casellario giudiziale). Non v'e' invece alcuna ragione plausibile perche' si debba menzionare anche sui certificati richiesti dai privati - con gli effetti pregiudizievoli di cui si e' detto -, a carico di un soggetto che ha ottenuto la declaratoria di estinzione del reato. D'altra parte, una volta che il processo si sia concluso con l'estinzione del reato per effetto dell'esito positivo del lavoro sostitutivo, la menzione della vicenda processuale ormai definita contrasterebbe con la ratio della stessa dichiarazione di estinzione del reato, che comporta normalmente l'esclusione di ogni effetto pregiudizievole - anche in termini reputazionali - a carico di colui al quale il fatto di reato sia stato in precedenza ascritto. 5. Le considerazioni esposte impongono di dichiarare rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 24, comma 1, e 25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, recante «testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti (Testo A)», anche nel testo anteriore alle modifiche, non ancora efficaci, recate dal decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 122 (Disposizioni per la revisione della disciplina del casellario giudiziale, in attuazione della delega di cui all'art. 1, commi 18 e 19, della legge 23 giugno 2017, n. 103), nella parte in cui non prevedono che nel certificato generale e nel certificato penale del casellario giudiziale richiesti dall'interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 186, codice della strada che sia stato dichiarato estinto ex art. 186, comma 9-bis, codice della strada per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita'. A norma dall'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, deve essere dichiarata la sospensione del presente procedimento, con l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. La Cancelleria, infine, provvedera' alla notifica di copia della presente ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e alla comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
P.Q.M. Visto l'art. 23 della legge n. 87 del 1953 dichiara la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione relativa alla legittimita' costituzionale degli articoli 24 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002, in relazione all'art. 186, comma 9-bis, decreto legislativo n. 285 del 1992, per contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Sospende il giudizio e ordina la notificazione alla ricorrente e al procuratore generale presso questa Corte, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri, e la comunicazione ai presidenti delle due Camere del Parlamento, a cura della cancelleria. Cosi' deciso il 7 marzo 2019. Il Presidente: Sandrini Il consigliere estensore: Aprile