N. 115 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 settembre 2019

Ordinanza del 4 aprile 2019 della  Corte  di  appello  di  Lecce  nel
procedimento penale a carico di L.R.B.. 
 
Ordinamento penitenziario - Modifiche all'art. 4-bis, comma 1,  della
  legge n. 354 del 1975 - Inserimento di determinati reati contro  la
  pubblica amministrazione, in particolare del reato di cui  all'art.
  314, primo comma, cod. pen., tra i reati ostativi alla  concessione
  di alcuni benefici penitenziari - Mancata previsione di  un  regime
  transitorio. 
- Legge 9 gennaio 2019, n. 3  (Misure  per  il  contrasto  dei  reati
  contro  la  pubblica  amministrazione,  nonche'   in   materia   di
  prescrizione del reato e in materia di trasparenza  dei  partiti  e
  movimenti politici), art. 6, comma 1, lettera b)  [recte:  art.  1,
  comma 6, lettera b)], modificativo dell'art. 4-bis, comma 1,  della
  legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento  penitenziario
  e sulla  esecuzione  delle  misure  privative  e  limitative  della
  liberta'). 
(GU n.35 del 28-8-2019 )
 
                    LA CORTE DI APPELLO DI LECCE 
                        Sezione unica penale 
 
    La Corte d'appello di Lecce, riunita in camera di consiglio nelle
persone di: 
        dott. Vincenzo Scardia, presidente; 
        dott. Carlo Errico, consigliere relatore; 
        dott.ssa Eva Toscani, consigliere, 
nel procedimento n. 90/2019 SIGE, n. 61/2019 PG Corte  appello  Lecce
SIEP, n. 1698/2013 reg. gen.  e  n.  11651/2000  RGNR,  a  carico  di
L.R.B., attualmente detenuto presso la Casa di reclusione  in  regime
di espiazione pena - assistito e difeso dall'avv. Amilcare Tana,  del
Foro di Lecce -  in  quanto  divenuta  definitiva  a  suo  carico  la
sentenza della Corte di appello di Lecce - S.U. Penale, n. 2304/2016,
e deve scontare la pena detentiva di anni tre, mesi  dieci  e  giorni
due di reclusione di cui all'ordine di carcerazione emesso in data 27
febbraio 2019 dalla Procura generale di Lecce  (n.  SIEP  61/2019)  e
notificato il 4 marzo 2019 per reati ex articoli 81 e 314 del  codice
penale, commessi tra il 19 maggio 2000 ed il 21 marzo 2002; 
    Sentite le parti all'udienza in camera di consiglio del 27  marzo
2019 e sciogliendo la riserva all'esito formulata; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    La difesa di L.R.B., con apposito incidente di esecuzione ex art.
666  del  codice  penale,  ha  chiesto  dichiararsi  l'illegittimita'
dell'ordine di carcerazione innanzi evidenziato posto che il reato di
peculato solo in seguito alla recente entrata in vigore  della  legge
n. 3/2019, e' stato inserito nell'elenco dei reati ostativi c.d.  «di
prima fascia» di cui al  comma  1  dell'art.  4-bis  della  legge  n.
354/1975 e che l'immediata  applicazione  da  parte  del  procuratore
generale di tale novella  peggiorativa  ha  impedito  la  sospensione
dell'ordine di carcerazione ex  art.  656  del  codice  di  procedura
penale, altrimenti dovuta, atteso che  la  pena  da  espiare  di  cui
all'ordine di carcerazione e' inferiore ai quattro anni. L'istante ha
dedotto essere consapevole che la norma di cui all'art.  4-bis  della
legge n. 354/1975, come modificata dalla legge n.  3/2019,  e'  stata
sempre ritenuta norma di natura processuale, vertendo in  materia  di
esecuzione della pena, con la conseguente applicazione  della  regola
del tempus regit actum. In effetti su tale presupposto il procuratore
generale in sede ha ritenuto che la disposizione normativa in parola,
notevolmente  piu'  afflittiva  ed  introdotta  con  la  recentissima
novella, dovesse trovare applicazione anche in relazione  a  condanna
inflitta al L.  per  fatti  avvenuti  in  epoca  anteriore  alla  sua
introduzione nell'ordinamento giuridico:  nel  caso  di  specie,  gli
ultimi reati  per  cui  e'  stata  inflitta  la  pena  in  esecuzione
risalgono a quasi venti anni addietro; il L. e' persona, oggi,  ultra
settantasettenne. 
    Censurando tale scelta il difensore del L. ha  chiesto  a  questa
Corte, quale giudice dell'esecuzione, garante della legittimita'  dei
provvedimenti emessi dal pubblico ministero in siffatta  materia,  di
valutare la possibilita' (recte; la necessita') di una nuova  lettura
delle norme in materia di esecuzione della pena,  diversa  da  quella
finora prevalente nella  giurisprudenza,  con  specifico  riferimento
alla loro disciplina intertemporale. Ha invocato, in particolare, una
«lettura costituzionalmente orientata» di tali norme, anche alla luce
della giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell'uomo, che
riconosca la natura  sostanziale  ed  afflittiva  di  tali  norme  e,
dunque, la loro irretroattivita'. 
    Ritiene la corte di non poter accedere a tale tipo di soluzione. 
    Avuto, riguardo al «diritto vivente», quale si connota alla  luce
del diritto positivo e della lettura giurisprudenziale  fino  ad  ora
consolidata a seguito della decisione delle sezioni unite  del  2006,
le disposizioni concernenti l'esecuzione delle pene  detentive  e  le
misure alternative alla detenzione,  non  riguardando  l'accertamento
del reato e  l'irrogazione  della  pena,  ma  soltanto  le  modalita'
esecutive della stessa. Esse sono considerate, dunque,  norme  penali
processuali e non sostanziali e, pertanto,  ritenute  soggette  -  in
assenza di una specifica disciplina transitoria - al principio tempus
regit actum e non alle regole dettate in materia  di  successione  di
norme penali nel tempo dall'art. 2 del codice penale e  dall'art.  25
della Costituzione (sez. U, n. 24561 del  30  maggio  2006,  P.M.  in
proc. A., Rv. 233976; sez. 1, n. 46649 dell'11 novembre 2009,  Nazar,
Rv. 245511; sez. 1, n. 11580  del  5  febbraio  2013,  Schirato,  Rv.
255310. Da ultimo: VI sez. pen., n. 535 del 14 marzo 2019). 
    Il principio va ribadito in questa sede, pur non  revocandosi  in
dubbio che, nella piu' recente giurisprudenza della Corte europea per
i diritti  dell'uomo,  ai  fini  del  riconoscimento  delle  garanzie
convenzionali, i concetti  di  illecito  penale  e  di  pena  abbiano
assunto  una  connotazione   «antiformalista»   e   «sostanzialista»,
privilegiandosi alla  qualificazione  formale  data  dall'ordinamento
(all'etichetta assegnata), la valutazione in  ordine  al  tipo,  alla
durata, agli effetti  nonche'  alle  modalita'  di  esecuzione  della
sanzione o della misura imposta (caso Dei Rio Prada contro Spagna del
21 ottobre 2013). Cio' posto,  suggestiva  appare  la  prospettazione
difensiva secondo la quale l'avere il legislatore cambiato in itinere
le  «carte  in  tavola»  senza  prevedere  alcuna  norma  transitoria
presenti tratti di  dubbia  conformita'  con  l'art.  7  della  Corte
europea per i diritti dell'uomo  e,  quindi,  con  l'art.  117  della
Costituzione, la' dove si traduce, per il  L.,  nel  passaggio  -  «a
sorpresa» e dunque non prevedibile  -  da  una  sanzione  patteggiata
«senza  assaggio  di   pena»   ad   una   sanzione   con   necessaria
incarcerazione.  Tali  considerazioni,   tuttavia,   non   sostengono
l'assunto della interpretazione costituzionalmente orientata  di  una
norma la cui natura rimane, come detto, squisitamente  processuale  e
soggetta al tempo di applicazione. Pongono, al contrario  e  come  si
vedra', un  serio  profilo  di  incostituzionalita'  per  assenza  di
previsione  di  un  regime  intertemporale  che  renda  espressamente
applicabile la nuova regola processuale ai soli reati commessi  prima
dell'entrata in vigore della novella. 
    Altro  dato  oggettivo,  infatti,  e'  che   in   precedenza   il
legislatore aveva adottato  disposizioni  transitorie  finalizzate  a
temperare il principio  di  immediata  applicazione  delle  modifiche
all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario, quali quelle contenute
nell'art. 4 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, e nell'art.  4,
comma 1 della legge 23 dicembre 2002, n. 279 (che inseriva i reati di
cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice  penale  nell'art.  4-bis
cit.),  limitandone   l'applicabilita'   ai   soli   reati   commessi
successivamente all'entrata in vigore della legge. 
    Orbene, non  puo'  non  rilevarsi  che  i  delineati  profili  di
incostituzionalita'  attengono,  a   ben   vedere,   alla   specifica
esecuzione della sanzione, incidendo  sulla  sospendibilita'  o  meno
dell'ordine di esecuzione. 
    Piuttosto, dunque, che una lettura  costituzionalmente  orientata
della  norma,  non  sostenibile  alla   luce   del   consolidatissimo
orientamento innanzi richiamato, e che pure questa corte fa  proprio,
sulla natura processuale della norma in questione, risulta  rilevante
nel presente procedimento e non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1, lettera b) della
legge 9 gennaio 2019, n. 3, nella parte in cui ha  inserito  i  reati
contro la pubblica amministrazione, ed in particolare il reato di cui
all'art. 314, comma 1 del codice penale,  tra  quelli  ostativi  alla
concessione di alcuni benefici penitenziari ai sensi dell'art.  4-bis
della legge 26 luglio 1975, n. 354, per rilevato  contrasto  con  gli
articoli 3, 25, comma 2, e 117  della  Costituzione,  in  riferimento
all'art. 7  della  Corte  europea  per  i  diritti  dell'uomo,  senza
prevedere un regime transitorio che dichiari applicabile la norma  ai
soli fatti commessi successivamente alla sua entrata in vigore. 
 
                              In fatto 
 
    L.R.B. e' stato  condannato  con  sentenza  di  questa  Corte  di
appello di Lecce del 28 ottobre 2016,  irrevocabile  il  1°  febbraio
2019, alla pena di anni sette e giorni venticinque di reclusione  per
i reati di cui agli articoli 81, 110 e 314 commessi in  piu'  riprese
in Taranto, dal 19 maggio 2000 al 21 marzo 2002. 
    La Procura generale della Repubblica presso la Corte  di  appello
di Lecce ha emesso a carico del L. ordine di esecuzione  con  arresto
del 27 febbraio 2019 per la pena residua da espiare di anni tre, mesi
dieci e giorni due di reclusione. 
    Cio' ha potuto fare in virtu'  dell'art.  4-bis  della  legge  26
luglio 1975, n. 354  che,  come  modificato  dall'art.  6,  comma  1,
lettera b), legge 9 gennaio  2019,  n.  3,  c.d.  spazzacorrotti,  ha
incluso i reati contro la pubblica amministrazione e, in particolare,
il reato di cui all'art. 314, comma 1, del codice penale, tra i reati
c.d.  ostativi  di  prima  fascia  che  impediscono  la   sospensione
dell'ordine di esecuzione della pena. 
 
                             In diritto 
 
    I  fatti  di  peculato  per  i  quali  e'  intervenuta   condanna
definitiva  a  carico  del   L.   sono   stati   commessi   in   data
abbondantemente anteriore alla novella legislativa del  2019  che  ha
ampliato il novero dei reati ostativi alla sospensione dell'ordine di
esecuzione della pena. Non essendo stata prevista  alcuna  disciplina
transitoria, e sulla base del consolidato orientamento della Corte di
cassazione che vuole le norme quali l'art.4-bis della legge 26 luglio
1975, n. 354, avere natura squisitamente  processuale,  l'ostativita'
ha determinato l'immediata emissione dell'ordine di esecuzione  della
pena residua a carico del L. 
    Va  sottolineato   che   i   profili   di   dubbia   legittimita'
costituzionale della norma sono stati gia' evidenziati  dalla  stessa
Corte di cassazione con la sentenza n. 535 del 14 marzo 2019, sezione
sesta, pur osservando che la  questione  cosi'  come  dinanzi  a  lei
proposta non era rilevante perche' afferente  non  alla  sentenza  di
patteggiamento oggetto  del  ricorso  presentato,  ma  all'esecuzione
della pena applicata con la stessa sentenza. 
    Orbene, e' evidente che i condivisibili ragionamenti della  Corte
di cassazione valgono pienamente nel caso di specie, che attiene allo
snodo  processuale  tipico  della  esecuzione  della   pena   oggetto
dell'ordine emesso dalla Procura generale. 
    Infatti, e' fonte di ingiustificata disparita' di trattamento  ex
art. 3 della Costituzione la novella del 2019 che pone  sullo  stesso
piano, sotto il profilo della esecuzione della pena, chi ha  commesso
il reato potendo contare su un impianto  normativo  che  gli  avrebbe
consentito  di  non  scontare  in  carcere  una  pena,  eventualmente
residua, inferiore a quattro anni, e chi ha commesso  o  commette  il
reato dopo l'entrata in vigore della legge  9  gennaio  2019,  n.  3,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 16 gennaio 2019, n. 13. 
    Ancora, si tratta di norma in contrasto con il disposto del comma
2 dell'art. 25  della  Costituzione,  per  i  suoi  indubbi  riflessi
sostanziali in punto di esecuzione della pena in concreto, frutto  di
un cambiamento delle regole successivo alla data del commesso reato. 
    Infine, sussiste il contrasto con l'art. 117 perche'  l'avere  il
legislatore cambiato in itinere le regole sull'esecuzione della  pena
per taluni reati senza prevedere alcuna  norma  transitoria  presenta
tratti di non conformita' con l'art. 7  della  Corte  europea  per  i
diritti dell'uomo e,  quindi,  con  l'art.  117  della  Costituzione,
laddove si traduce, per  il  L.,  nel  passaggio  a  sorpresa  e  non
prevedibile al momento della commissione del reato alla sanzione  con
necessaria incarcerazione. 
    La prospettata questione  e'  rilevante  nel  presente  giudizio,
potendo il L., in caso di  dichiarata  incostituzionalita',  ottenere
l'immediata sospensione dell'ordine di esecuzione, aprendosi per  lui
il termine per proporre richiesta, da libero, di  misure  alternative
alla detenzione per l'esecuzione della pena. 
    Per  i  sovraesposti  motivi  la  questione  e',  altresi',   non
manifestamente infondata. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La  Corte,  solleva  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 6, comma 1, lettera b) della legge 9 gennaio  2019,  n.  3,
nella  parte  in  cui  ha  inserito  i  reati  contro   la   pubblica
amministrazione, ed in particolare il  reato  di  cui  all'art.  314,
comma 1 del codice penale, tra quelli ostativi  alla  concessione  di
alcuni benefici penitenziari ai sensi dell'art. 4-bis della legge  26
luglio 1975, n. 354, per rilevato contrasto con gli articoli  3,  25,
comma 2, e 117 della Costituzione, in riferimento  all'art.  7  della
Corte europea per i diritti  dell'uomo,  senza  prevedere  un  regime
transitorio che dichiari applicatile la norma ai soli fatti  commessi
successivamente alla sua entrata in vigore. 
    Dispone  la  sospensione  del  presente  processo  e  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  al  Presidente
del Consiglio dei ministri  e  comunicata  ai  Presidenti  delle  due
Camere del Parlamento. 
    Cosi' deciso in Lecce, nella camera di  consiglio  del  27  marzo
2019. 
 
                       Il presidente: Scardia 
 
                                     Il consigliere estensore: Errico