N. 118 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 giugno 2019
Ordinanza del 10 giugno 2019 del G.I.P. del Tribunale di Cagliari nel procedimento penale a carico di D. A.. Ordinamento penitenziario - Modifiche all'art. 4-bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975 - Inserimento di determinati reati contro la pubblica amministrazione tra i reati ostativi alla concessione di alcuni benefici penitenziari - Mancata previsione di un regime transitorio. - Legge 9 gennaio 2019, n. 3 (Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonche' in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici), art. 6, comma 1, lettera b) [recte: art. 1, comma 6, lettera b)], modificativo dell'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta').(GU n.35 del 28-8-2019 )
TRIBUNALE DI CAGLIARI Sezione dei Giudici per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare Questione di legittimita' costituzionale (art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87). Il Giudice dell'esecuzione, dott.ssa Lucia Perra, letti gli atti del procedimento penale nei confronti di D. A., nato a.... il... - difeso dall'avv. Pierluigi Concas di fiducia - attualmente detenuto presso il carcere di Alghero, in esecuzione della sentenza n. 1791/2016, emessa in data 11 maggio 2016, dal GUP presso il Tribunale di Cagliari, confermata dalla sentenza n. 810/2018 del 20 settembre 2018, della Corte D'Appello di Cagliari, definitiva il 30 aprile 2019, a seguito della decisione della Corte di Cassazione, Reg. Gen. 49949/2018, con cui e' stato dichiarato inammissibile il ricorso; ritenuta la propria competenza; sentite le parti all'udienza del 5 giugno 2019 e sciogliendo la riserva formulata, ha pronunciato la seguente Ordinanza con sentenza in data 11 maggio 2016, il GUP presso il Tribunale di Cagliari, condanno' D. A. alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione, per il reato di cui all'art. 314 del codice penale, commesso in Cagliari fino al 16 novembre 2011. Con sentenza in data 20 settembre 2018, la Corte D'Appello di Cagliari confermava la pronuncia di primo grado, riducendo la pena a anni due e mesi otto di reclusione. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e la sentenza e divenuta irrevocabile in data 30 aprile 2019. Il difensore di D. A. ha depositato, in data 3 giugno 2019, incidente di esecuzione chiedendo che venisse dichiarata la temporanea inefficacia dell'ordine di esecuzione della pena emesso dal Procuratore della Repubblica nei confronti del D. stesso per la durata di giorni trenta, si da consentirgli di formulare richiesta di misura alternativa. Le motivazioni poste a sostegno della domanda sono le seguenti: 1) la pena infitta al D. (pari a due anni e otto mesi di reclusione) consente, sotto il profilo quantitativo, la sospensione dell'ordine di esecuzione e l'accesso ai benefici penitenziari di cui alla legge n 354/1975; 2) l'art. 1, comma 6, della legge 9 gennaio 2019, n. 3, ha modificato l'art. 4-bis, comma 1, della legge n. 354/1975, includendo tra reati ostativi alla sospensione dell'esecuzione di cui all'art. 656, comma 5 del codice penale anche il reato disciplinato dall'art. 314, primo comma, del codice penale; 3) i fatti per cui e' stata pronunciata la condanna in esecuzione sono stati commessi fino al 16 novembre 2011, ossia in epoca antecedente alla modifica introdotta con la citata legge n. 3/2019; 4) una lettura costituzionalmente orientata, anche in ossequio alla natura sostanziale attribuita dalla Corte Europea per i diritti dell'uomo al concetto di illecito penale e di pena, non consente l'applicazione retroattiva della disposizione introdotta dalla legge menzionata; 5) le misure alternative alla detenzione sono istituti relativi a modalita' del punire e non del procedere, costruiti nella prospettiva dell'art. 27 Cost. e concorrono a modellare il sistema delle risposte al reato, determinandone i contenuti afflittivi, tanto sotto il profilo quantitativo che sotto quello qualitativo, su presupposti valutativi vincolati alla gravita' del fatto e alla personalita' del condannato; 6) la Corte costituzionale, con sentenze n. 196 del 2010 e n. 223 del 2018, ha aderito all'impostazione sostanzialistica della Grande Camera, superando il riferimento formalistico al nomen iuris «confisca», valutando in concreto se le misure introdotte abbiano un contenuto afflittivo e punitivo, concludendo per la inapplicabilita' retroattiva delle disposizioni censurate; 7) la comparazione tra le due discipline sanzionatone, quella vigente al momento del fatto e quella successivamente introdotta, e' ben possibile, oltre che doverosa, per evitare l'applicazione retroattiva all'autore dell'illecito di una disciplina punitiva piu' gravosa di quella in vigore al momento del fatto; 8) l'art. 1, comma 6, legge 9 gennaio 2019 n. 3, nel disporre l'inderogabile applicazione retroattiva della nuova disciplina sanzionatoria a fatti pregressi e' in contrasto con gli articoli 3, 25, secondo comma, 27 e 117, primo comma, Cost. quest'ultimo in relazione all'art. 7 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nella parte in cui impone di applicare la nuova disciplina anche qualora essa risulti in concreto piu' sfavorevole di quella precedentemente in vigore; 9) la Corte di Cassazione, con sentenza del 14 maggio 2019, numero 12541, pronunciandosi incidentalmente sull'argomento, ha ritenuto non manifestamente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 6 b), della legge n. 3/2019; 10) il legislatore non ha adottato alcuna disposizione transitoria, atta a temperare l'immediata applicazione delle modifiche introdotte nell'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario e nell'art. 656, comma 9 codice di procedura penale, mentre, in precedenza, tanto l'art. 4 del decreto-legge n. 152/1991 (che aveva introdotto delle modifiche all'art. 4-bis o.p.) che l'art. 4 della legge n. 279/2002 (che aveva inserito i reati di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale nell'art. 4-bis citato) avevano limitato l'applicazione delle modifiche apportate all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario ai soli reati commessi successivamente alla loro entrata in vigore. L'interpretazione giurisprudenziale consolidata e' nel senso di ritenere che le disposizioni concernenti l'esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione esulino dall'accertamento del reato e dall'irrogazione della pena perche' riguardano, esclusivamente, la modalita' di esecuzione delle pene stesse. Dette disposizioni hanno, quindi, natura di nonne penali processuali e non sostanziali; come tali sono soggette, in assenza di una disciplina transitoria, al principio tempus regit actum. Una norma siffatta si sottrae, insomma, alle regole dettate, in materia di successione di norme penali nel tempo, dall'art. 2 del codice penale e dall'art. 25 Cost. (S.U. 30 maggio 2006, n 24561). E', infatti, al momento del passaggio in giudicato del provvedimento da eseguire che si innesta il rapporto processuale di esecuzione e si cristallizza il contesto normativo che definisce le modalita' di esecuzione della pena. E' in tale momento, inoltre, che il condannato viene a conoscenza del fatto che la pena a lui inflitta dovra' essere eseguita con le modalita' previste dalla legge allora vigente. Detto principio deve essere ribadito nel caso concreto, sicche' l'articolo 1, comma 6, della legge 9 gennaio 2019, n. 3, che ha modificato l'art. 4-bis, comma 1 della legge n. 354/1975, includendo tra reati ostativi alla sospensione dell'esecuzione di cui all'art. 656, comma 5 del codice penale il reato disciplinato dall'art. 314, 1° comma, del codice penale, e' applicabile anche ai fatti commessi prima della entrata in vigore della legge n. 3/2019 menzionata. Tuttavia, si osserva che tale impostazione appare in contrasto con l'interpretazione offerta dalla Corte EDU con riguardo ad altri istituti implicanti modifiche della modalita' esecutiva della pena, rapportabili al caso concreto, posto che la natura processuale della novella determina, inevitabilmente, in assenza di una norma transitoria che ne disponga la vigenza per il futuro, la sua applicabilita', con conseguenti effetti sfavorevoli sul condannato. Norma transitoria prevista, viceversa, nel caso dell'introduzione dei reati di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale, nell'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario, con l'obiettivo di limitare l'applicazione della modifica legislativa ai soli reati commessi successivamente all'entrata in vigore della legge (art. 4, legge 23 dicembre 2002, n. 279). In tal senso si e' espressa la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con sentenza del 14 marzo 2019, n. 12541 in cui ha affermato che «... l'omessa previsione di una disciplina transitoria circa l'applicabilita' della disposizione (come novellata) possa suscitare fondati dubbi di incostituzionalita' in relazione ai riverberi processuali sull'ordine di esecuzione, in quanto non piu' suscettibile di sospensione in forza della previsione dell'art. 656 codice di procedura penale, comma 9. Va difatti considerato come, secondo il disposto dell'art. 656, comma 9, lett. a), la sospensione dell'ordine di esecuzione della sentenza di condanna ad una pena detentiva non superiore a quattro anni (giusta anche la declaratoria d'incostituzionalita' con sentenza della Corte costituzionale 2 marzo 2018, n. 41) per il termine di trenta giorni al fine di consentire al condannato in stato di liberta' di avanzare istanza di concessione di una delle misure alternative previste dalla legge n. 354 del 1975 - sospensione prevista dal comma 5 dello stesso articolo - non possa essere disposta nei confronti dei condannati per i delitti di cui al citato art. 4-bis. Orbene, avuto riguardo al "diritto vivente", quale si connota alla luce del diritto positivo e della lettura giurisprudenziale fino ad ora consolidata a seguito della decisione delle Sezioni Unite del 2006, le disposizioni concernenti l'esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione, non riguardando l'accertamento del reato e l'irrogazione della pena, ma soltanto le modalita' esecutive della stessa, sono considerate norme penali processuali e non sostanziali e, pertanto, ritenute soggette - in assenza di una specifica disciplina transitoria - al principio tempus regit actum e non alle regole dettate in materia di successione di norme penali nel tempo dall'art. 2 del codice penale e dall'art. 25 Cost. (Sez. U., n. 24561 del 30/05/2006, P.M. in proc. A., Rv. 233976; Sez. 1, n. 46649 del 11/11/2009, Nazar, Rv. 245511; Sez. 1, n. 11580 del 05/02/2013, Schirato, Rv. 255310). In applicazione di tale interpretazione, con riferimento ai reati ascritti al ricorrente, non sarebbe piu' possibile disporre la sospensione dell'esecuzione ai sensi del combinato disposto dell'art. 656 codice di procedura penale, comma 9, in base all'art. 4-bis ord. pen. (come novellato nel gennaio 2019). D'altra parte, non e' revocabile in dubbio che, nella piu' recente giurisprudenza della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo, ai fini del riconoscimento delle garanzie convenzionali, i concetti di illecito penale e di pena abbiano assunto una connotazione "antiformalista" e "sostanzialista", privilegiandosi alla qualificazione formale data dall'ordinamento (all'etichetta" assegnata), la valutazione in ordine al tipo, alla durata, agli effetti nonche' alle modalita' di esecuzione della sanzione o della misura imposta. Significativa in tale senso e' la pronuncia resa nel caso Del Rio Prada contro Spagna (del 21 ottobre 2013), la' dove la Grande Camera della Corte EDU, nel ravvisare una violazione dell'art. 7 della Convenzione, ha riconosciuto rilevanza anche al mutamento giurisprudenziale in tema di un istituto assimilabile alla liberazione anticipata prevista dal nostro ordinamento poiche' suscettibile di comportare effetti peggiorativi, giungendo dunque ad affermare che, ai fini del rispetto del "principio dell'affidamento" del consociato circa la "prevedibilita' della sanzione penale", occorre avere riguardo non solo alla pena irrogata, ma anche alla sua esecuzione (sebbene - in quel caso - l'istituto avesse diretto riverbero sulla durata della pena da scontare). Alla luce di tale approdo della giurisprudenza di Strasburgo, non parrebbe manifestamente infondata la prospettazione difensiva secondo la quale l'avere il legislatore cambiato in itinere le "carte in tavola" senza prevedere alcuna norma transitoria presenti tratti di dubbia conformita' con l'art. 7 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e, quindi, con l'art. 117 Cost., la' dove si traduce, per il F., nel passaggio - "a sorpresa" e dunque non prevedibile - da una sanzione patteggiata "senza assaggio di pena" ad una sanzione con necessaria incarcerazione, giusta il gia' rilevato operare del combinato disposto dell'art. 656 codice di procedura penale, comma 9, lett. a), e art. 4-bis ord. pen. D'altronde, in precedenza, il legislatore aveva adottato disposizioni transitorie finalizzate a temperare il principio di immediata applicazione delle modifiche all'art. 4-bis ord. pen., quali quelle contenute nel decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, art. 4, e nella legge 23 dicembre 2002, n. 279, art. 4, comma 1, (che inseriva i reati di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale nell'art. 4-bis cit.), limitandone l'applicabilita' ai soli reati commessi successivamente all'entrata in vigore della legge». L'assunto della Corte di Cassazione e' ampiamente condivisibile e riguarda, come nel caso concreto, la disciplina applicabile al momento della esecuzione della pena; sulla base del predetto assunto appare fonte di ingiustificata disparita' di trattamento, ex art. 3 Cost., la novella del 2019, laddove non distingue tra colui che ha commesso il reato quando era ancora possibile ottenere la sospensione dell'esecuzione della pena se inferiore ai quattro anni, e colui che ha commesso il reato dopo la modifica normativa che ha escluso la suddetta sospensione. Ancora, e' ravvisabile un contrasto con l'art. 117 Cost. (con riferimento all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali), perche' il legislatore ha modificato le norme che sovraintendono all'esecuzione della pena per alcuni reati, omettendo di disciplinare, con una norma transitoria, i fatti commessi precedentemente alla modifica normativa avente carattere peggiorativo. In definitiva, il consolidato orientamento giurisprudenziale in ordine alla natura processuale della norma in questione, anche alla luce dell'assunto della Corte di Cassazione sopra riportato, non consente una lettura costituzionalmente orientata della stessa, mentre appare sostenibile un profilo di dubbia costituzionalita' della norma, adombrato anche dalla Suprema Corte, nella parte in cui l'art. 6, comma 1, lett. b), della legge 9 gennaio 2019, n. 3, ha introdotto i reati contro la pubblica amministrazione, ivi incluso l'art. 314, comma 1°, del codice penale, tra quelli ostativi alla concessione di alcuni benefici penitenziari ai sensi dell'art. 4-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, per contrasto con gli articoli 3, 25, comma 2 e 117 Cost., con riferimento all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, senza prevedere un regime transitorio per i reati commessi precedentemente alla sua entrata in vigore. La questione ha, ai sensi dell'art. 23, comma 2, legge n. 787/1953 concreta influenza nel caso in esame atteso che, in caso di dichiarata incostituzionalita' della norma, potrebbe ottenere l'immediata sospensione dell'ordine di esecuzione.
P. Q. M. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1, lett. b) della legge 9 gennaio 2019, n. 3, nella parte i cui ha inserito i reati contro la pubblica amministrazione, tra quelli ostativi alla concessione di alcuni benefici penitenziari ai sensi dell'art. 4-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 senza prevedere un regime transitorio, perche' in contrasto con gli articoli 3, 24, 25, 27, 111, 117 della Costituzione (con riferimento all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali); Dispone: la sospensione del presente procedimento e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; la notifica dell'ordinanza alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cagliari, 10 giugno 2019 Il Giudice dell'esecuzione: Perra