N. 120 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 ottobre 2018
Ordinanza del 5 ottobre 2018 del G.I.P. del Tribunale di Macerata sull'istanza proposta da Riera Celeste. Patrocinio a spese dello Stato - Revoca del decreto di ammissione - Possibilita' di revoca con riferimento alle sole ipotesi di accertamento della mancanza delle condizioni reddituali e non anche con riferimento alla acclarata mancanza della veste di persona offesa dei reati di cui all'art. 76, comma 4-ter, del d.P.R. n. 115 del 2002. - Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia - Testo(GU n.36 del 4-9-2019 )
ORDINANZA DI REMISSIONE ALLA CORTE COSTITUZIONALE C.D. e' stata ammessa con decreto 29 marzo 2017, al beneficio del gratuito patrocinio ex art. 76, comma 4-ter, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 in quanto PO del reato di cui all'art. 609-bis e, pertanto, a prescindere da ogni autocertificazione sulle proprie condizioni reddituali o valutazione delle stesse. Lamentava infatti di essere stata oggetto di violenze sessuali da parte di tale C.G. In data 7 luglio 2017 la denuncia della stessa e' stata archiviata e nei di lei confronti sono stati trasmessi gli atti alla Procura per il reato di calunnia, sulla base del fatto che la denuncia e' stata presentata solo dopo che il marito della C. aveva avuto conoscenza di rapporti tra la stessa ed il denunziato; del fatto che la stessa ha dichiarato che inizialmente aveva riferito al marito ed ai propri genitori di rapporti extraconiugali consensuali, solo in secondo momento modificando tale versione e riferendo di aver compiuto gli atti sessuali in quanto costretta; della anomalia di un rapporto di sudditanza sessuale e violenza durato per circa tre anni, per come riferito dalla PO; della esistenza di chiamate ed sms tra la C. ed il C. anche dopo i fatti dalla stessa narrati come terminali della serie di violenze che la avevano vista vittima; dalla esistenza di profili facebook ignoti al marito della denunziante ed utilizzati per contatti tra la C. ed il C.; delle dichiarazioni dell'indagato che, nella denuncia 28 luglio 2016, ha riferito di un rapporto sentimentale con la C. La C. poi in data 15 marzo 2018, ha patteggiato per il reato di calunnia in danno di C.G. in relazione alle riferite violenze sessuali. Elementi che fanno logicamente ritenere la insussistenza del reato che la vedeva vittima. Non prevedendo l'art. 112, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 la possibilita' di revoca per acclarata insussistenza della veste di persona offesa di taluno dei reati di cui all'art. 76, comma 4-ter, ritiene questo giudice che, salvo intervento della Corte adita, dovrebbe liquidare i compensi al difensore della C., a suo tempo ammessa al patrocinio a spese dello Stato, pur essendo emersi elementi tali da far ritenere del tutto infondata la denuncia e, pertanto, correlatamente, la veste che giustificava la ammissione al gratuito patrocinio. Diritto Ritiene questo giudice la possibile incostituzionalita' della disciplina normativa di cui sopra per contrarieta' con l'art. 3 della Costituzione. Se, infatti, appare scelta legislativa incensurabile che i soggetti che debbano effettivamente - quantomeno ad una prima sommaria valutazione - ritenersi persone offese dai reati di cui all'art. 76, comma 4-ter, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 abbiano il diritto di avvalersi del gratuito patrocinio per sostenere le loro ragioni nel procedimento, cio' non puo' comportare ad avviso di questo giudice che le stesse possano avvalersi di tale beneficio anche nella fase finale della liquidazione (comportante evidentemente un onere economico per lo Stato e di riflesso su tutta la collettivita' ) ove venga ritenuta non solo dubbia la esistenza di tale veste ma addirittura la calunniosita' della iniziale denuncia. Appare infatti logico che una archiviazione o una sentenza di proscioglimento dell' imputato non debbano indurre a revoca della ammissione al gratuito patrocinio, stante l'evidente effetto deterrente rispetto all'esercizio dei propri diritti che comporterebbe per la persona offesa il timore che una pronuncia a lei sfavorevole potrebbe comportare la necessita' di sostenere le spese legali della difesa nelle more espletata a suo favore. Tanto pero' non puo' dirsi nel caso limite in cui il giudice arrivi a ritenere (non solo non adeguatamente provato il reato e/o la sua attribuibilita' al soggetto al quale e' ascritto ma) la calunniosita' della accusa. In tal caso, infatti, lo Stato dovrebbe sostenere la spesa della assistenza legale di persona che dapprima ha commesso un reato e poi, avvalendosi della tutela offerta dalla legge a chi sia vittima di crimini particolarmente odiosi , intende addossare alla collettivita' i costi della sua scelta di perseverare nel proposito illecito, anche avvalendosi di un difensore in ausilio delle proprie (inesistenti) ragioni. Appare, pertanto, ad avviso di questo GUP, contrastante con fondamentali criteri di logica e razionalita' che il giudice non possa e debba revocare la ammissione, ove emergano concreti elementi tali da far ritenere che il soggetto denunciante non abbia veste di persona offesa dei reati di cui all'art. 76, comma 4-ter, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e, anzi, lo stesso abbia commesso reato di calunnia nei danni della persona incolpata. Ritenuto che la questione appare rilevante nel caso di specie, atteso che in data 30 agosto 2017 e' stata avanzata istanza di liquidazione della attivita' prestata dal legale della C.; istanza che, in assenza di possibile revoca con efficacia retroattiva, andrebbe liquidata senza ulteriori indugi e che dalla complessiva disamina della vicenda emerge con certezza, ad avviso di questo GIP, che la suddetta non risulta essere stata vittima di violenza sessuale;
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Costituzione e 23 legge 11 marzo 1955, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 112, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, in relazione all'art. 3 della Costituzione, la' dove prevede che «. Il magistrato, con decreto motivato, revoca l'ammissione .... d) d'ufficio o su richiesta dell'ufficio finanziario competente presentata in ogni momento e, comunque, non oltre cinque anni dalla definizione del processo, se risulta provata la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di reddito di cui agli articoli 76 e 92» limitando la possibilita' di revoca alle sole ipotesi di accertamento della mancanza delle condizioni reddituali di cui all'art. 76 e non anche alla acclarata mancanza della veste di persona offesa dei reati di cui all'art. 76, comma 4-ter, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, sospende il presente procedimento e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 23 della legge n. 87/53. Macerata, 1° ottobre 2018 Il Giudice: Manzoni