N. 134 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 marzo 2019
Ordinanza del 12 marzo 2019 del Magistrato di sorveglianza di Avellino nel procedimento di sorveglianza nei confronti di D. F. C.. Ordinamento penitenziario - Misure alternative alla detenzione - Ammissione al regime di semiliberta' - Applicabilita' in via provvisoria, da parte del magistrato di sorveglianza, del beneficio solo in caso di pena detentiva non superiore a sei mesi. - Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), art. 50, comma 6.(GU n.38 del 18-9-2019 )
UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI AVELLINO Il Magistrato di sorveglianza letta l'istanza proposta nell'interesse di D. F. C., nato a /// (Salerno) il ///, ed attualmente ristretto presso la casa circondariale di, tendente ad ottenere la applicazione in via provvisoria ed urgente dell'affidamento in prova al servizio sociale ai sensi dell'art. 47, comma 3-bis - 1-quater L.P., o in subordine, della semiliberta' ex art. 50, commi 1 e 6 - 47, comma 1-quater L.P., allegando a corredo dell'istanza un attestato di offerta di lavoro. Premesso che in base all'art. 47, comma 3-bis L.P. «l'affidamento in prova puo' altresi' essere concesso al condannato che deve espiare una pena, anche residua, non superiore a quattro anni di detenzione, quando abbia serbato, quantomeno nell'anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in esecuzione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in liberta', un comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2». Che in base all'art. 47, comma 1-quater L.P., «l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale e' proposta, dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione. Quando sussiste un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, l'istanza puo' essere proposta al Magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo di detenzione. Il Magistrato di sorveglianza, quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'ammissione all'affidamento in prova e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia pericolo di fuga, dispone la liberazione del condannato e l'applicazione provvisoria con ordinanza. ...». Premesso altresi', che in base all'art. 50, comma 1 L.P., «possono essere espiate in regime di semiliberta' la pena dell'arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non e' affidato in prova al servizio sociale; mentre il comma 6 del medesimo articolo, stabilisce che nei casi previsti dal comma 1, se il condannato ha dimostrato la propria volonta' di reinserimento nella vita sociale, la semiliberta' puo' essere altresi' disposta successivamente all'inizio dell'esecuzione della pena. Si applica l'art. 4, comma 4, in quanto compatibile»; tanto premesso; Osserva D. F. C. e' detenuto dal 23 gennaio 2016 in forza di un provvedimento di cumulo della Procura di Nocera Inferiore dell'11 gennaio 2016, n. SIEP 133/2015, determinante una pena complessiva di anni sei e mesi cinque di reclusione (al netto del presofferto di mesi tre e giorni ventisei, residua di anni sei, mesi uno e giorni quattro), in relazione a tre condanne, rispettivamente per spaccio continuato di sostanze stupefacenti, ricettazione, e bancarotta fraudolenta, ed il fine pena, in virtu' della liberazione anticipata fino ad oggi ottenuta, e' anticipato al 30 agosto 2021. Per quanto concerne l'istanza di affidamento in prova, va evidenziato che l'istanza e' ammissibile, non essendo compresi nel provvedimento di cumulo in espiazione reati inclusi nel novero dei delitti di cui all'art. 4-bis, prima fascia L.P., ed essendo la residua pena al di sotto del limite dei quattro anni contemplato dall'art. 4, comma 3-bis L.P. Nel merito, va segnalato che il rapporto informativo della casa circondariale descrive una condotta esente da rilievi di natura disciplinare, e partecipe delle varie opportunita' trattamentali; ed in particolare, da' atto che il D. F. ristretto nel ///, si e' iscritto al liceo artistico con ottimi risultati tanto da ricevere una lettera di encomio da parte dei professori; inoltre, partecipa al laboratorio teatrale e socializza correttamente con i compagni di detenzione. La relazione, infine, conclude attestando che il D. F. ha fruito di un primo permesso premio di cinque giorni in data 11 maggio 2018 e di un secondo permesso di altri cinque giorni in data 21 luglio 2018; infine, ha fruito di un ultimo analogo permesso per Natale scorso, e da appena pochi giorni e' stato ammesso al beneficio del lavoro all'esterno della struttura penitenziaria ai sensi dell'art. 21 L.P. Malgrado questi elementi positivi, ritiene tuttavia questo Magistrato che gli stessi non sono ancora sufficienti a legittimare la concessione in via peraltro provvisoria ed urgente dell'affidamento in prova al servizio sociale, che, interrompendo completamente il contatto quotidiano con il carcere, richiede rispetto a tutte le altre misure alternative in astratto concedibili un quid pluris in termini di giudizio di affidabilita' e di meritevolezza del beneficio, che nel caso di specie non e', o meglio non e' ancora, ravvisabile, per un verso alla luce della natura e gravita' dei reati in espiazione, che appaiono sintomatici di una non irrilevante capacita' a delinquere e della verosimile contiguita' del condannato con ambienti delinquenziali (giudizio che viene corroborato anche dal tenore delle informazioni dei CC di San Valentino Torio in atti); e per altro verso, alla luce del fatto che la sperimentazione della condotta all'esterno del carcere e' iniziata soltanto da poco, ed il fine pena d'altro canto non e' prossimo, per cui si impone in questa sede una valutazione prudente ed un ulteriore congruo periodo di osservazione e di sperimentazione della condotta anche attraverso la concessione prodromica di benefici piu' contenuti, proprio al fine di verificare la costanza nella adesione al trattamento e la capacita' del condannato di adeguarsi alle prescrizioni imposte con i citati benefici minori. Va infatti considerato che il criterio della gradualita' nella concessione di benefici penitenziari, conformemente a quello che e' l'orientamento della Suprema corte sul punto, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui e' ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario, e cio' vale soprattutto quanto, come nel caso di specie, i reati appaiono sintomatici di una certa pericolosita' sociale (cfr., Cass. pen. sez. 1, sentenza n. 5689 del 18 novembre 1998). Ben diverso, invece, e' il discorso che riguarda la semiliberta'. In presenza, infatti, di una stabile e lecita attivita' lavorativa tate da dare il giusto supporto al processo di rieducazione e reinserimento sociale, e di innegabili progressi compiuti nel corso della espiazione della pena, di cui il condannato ha ormai superato la meta', vi sarebbero i presupposti di merito per poter concedere al D. F. la piu' contenuta misura alternativa della semiliberta', che nel caso di specie avrebbe l'innegabile vantaggio di non far perdere al prevenuto una valida opportunita' di lavoro, ed al contempo consentire quella gradualita' nella sperimentazione, che oltre che a tutela delle esigenze di controllo e di sicurezza sociale, serve anche a preparare il soggetto fino ad allora rimasto detenuto ad affrontare in modo meno traumatico e difficile il nuovo impatto con la riconquistata maggiore sfera di liberta'. Tuttavia, l'accoglimento dell'istanza, pur in presenza dei presupposti di merito, non e' possibile, atteso che l'istante, pur avendo superato la meta' della pena, ha ancora un residuo da scontare superiore al limite dei sei mesi che, come si e' sottolineato in premessa, rappresenta il limite di ammissibilita' per la concessione della predetta misura in via provvisoria ed urgente da parte del Magistrato di sorveglianza. Si deve sottolineare che, per effetto del combinato disposto degli articoli 50, commi 1 e 6 L.P. e dell'art. 47, comma 4 L.P. (quest'ultimo richiamato appunto dal comma 6 dell'art. 50 L.P. nelle ipotesi di espiazione della pena dell'arresto o della reclusione non superiore a mesi sei), al Magistrato di sorveglianza sia consentito sospendere l'esecuzione di pene di entita' residua fino ai tre anni, oppure concedere l'affidamento provvisorio per le pene fino a quattro anni, nella specifica ipotesi di cui all'art. 47, comma 3-bis L.P., solo se e' verosimile che il condannato potra' ottenere dal tribunale di sorveglianza l'affidamento in prova al servizio sociale; mentre, quando invece egli ritenga che possa verosimilmente concedersi solo la semiliberta', la sospensione e' possibile solo se la pena residua e' contenuta nel limite dei sei mesi. Orbene, ritiene questo Magistrato che la normativa sopra richiamata contenga una contraddizione evidente, per la quale deve ritenersi rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 50, comma 6 L.P., che da un lato richiama il comma 1 per fare riferimento al limite di pena di sei mesi entro il quale si puo' disporre la semiliberta', e per altro verso richiama il comma 1-quater dell'art. 47 L.P. per fare riferimento alla procedura di urgenza di cui e' competente l'organo monocratico, chiamato a valutare e decidere con procedura piu' veloce e snella rispetto a quanto si prevede dinanzi all'organo collegiale; la questione e' sicuramente rilevante ai fini della decisione, atteso che dalla soluzione della stessa dipende il superamento del vaglio preliminare sulla ammissibilita' stessa dell'istanza, e la conseguente possibilita' di esaminarla nel merito; ed e' ad avviso di questo Magistrato non manifestamente infondata, per contrasto con gli articoli 3, primo comma, principio di uguaglianza, e 27, primo e terzo comma, funzione rieducativa della pena, della Costituzione, per i motivi che appresso si diranno. A supporto del proprio ragionamento, va richiamata la recente ordinanza con cui la Suprema corte di cassazione in modo assai pregevole ed autorevole all'esito della camera di consiglio del 18 febbario 2019 ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 47-ter, comma 1-bis L.P., nella parte in cui prevede che tale disposizione non si applica ai condannati per i reati di cui all'art. 4-bis della medesima legge. L'ordinanza si apprezza molto per la complessita' dell'iter motivazionale e la pregevolezza dei principi e delle argomentazioni esposte; in estrema sintesi, si censura «l'irragionevolezza intrinseca di una previsione che, nel precludere ai condannati per reati di cui all'art. 4-bis l'accesso alla detenzione domiciliare generica, prevista per le pene detentive inferiori a due anni di reclusione, non riserva alcun rilievo alla concreta pericolosita' del soggetto, desumibile dalla sua condotta o dalla sussistenza di collegamenti con la criminalita' organizzata, cosi' violando altresi' i principi della personalita' e finalita' rieducativa della pena e il principio della progressivita' del trattamento, quali affermati dalla costante giurisprudenza costituzionale». Ancora una volta, quindi, viene fatto richiamo al principio di gradualita' del trattamento, per evidenziare le conseguenze paradossali a cui puo' portare la pedissequa applicazione della norma, non potendosi non evidenziare che il condannato per un delitto ricompreso nel novero dei delitti di cui all'art. 4-bis L.P. potrebbe essere ammesso all'affidamento in prova al servizio sociale, ove sussistano le condizioni previste in tale norma, mentre gli e' inibito l'accesso alla detenzione domiciliare prevista dal comma 1-bis del successivo art. 47-ter, «nonostante quest'ultima misura abbia carattere maggiormente contenitivo e sia percio' semmai maggiormente idonea a fronteggiare la pericolosita' sociale eventualmente residua». La questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla Corte quindi si incentra essenzialmente sulla problematica dei reati di cui all'art. 4-bis L.P., e sulla necessita' di non basarsi su presunzioni astratte di pericolosita', creando un trattamento sanzionatorio collegato a tipi di autore, ma fare salva piuttosto la valutazione discrezionale del Magistrato di sorveglianza sul livello di rieducazione raggiunto e sulla meritevolezza di uno piuttosto che di un altro beneficio senza incorrere nei limiti di rigidi sbarramenti, e da questo punto di vista, dovendosi valutare il livello di rieducazione raggiunto dal condannato, il principio di gradualita' diventa fondamentale; orbene, tralasciando adesso la specifica problematica dei reati di 4-bis L.P., si puo' mutuare il ragionamento di base della Corte, ovvero della irragionevolezza di una previsione normativa piu' restrittiva per la misura piu' contenuta rispetto alla previsione normativa riguardante la misura piu' ampia per riportarlo sulla tematica della semiliberta', per la quale, ad avviso di questo Magistrato, l'irragionevolezza ed illogicita' della norma che rispetto all'affidamento limita la possibilita' di accesso atta semiliberta' dinanzi all'organo monocratico solo negli ultimi sei mesi di pena residua e' ancora piu' evidente che nel caso del 4-bis L.P. Ed invero, va considerato che nella stragrande maggioranza dei casi la semiliberta' rappresenta, in una ipotetica piramide, il gradino immediatamente al di sotto dell'affidamento in prova, che e' invece posto al vertice; che molte volte le offerte di lavoro documentate a sostegno delle istanze hanno una validita' a termine, per cui vi e' effettivamente l'urgenza di ottenere un provvedimento favorevole del Magistrato in tempi piu' brevi rispetto a quelli che ordinariamente precedono la decisione in sede collegiale, e soprattutto, che la semiliberta', essendo agganciata nei suoi presupposti essenziali allo svolgimento di attivita' lavorativa, puo' avere una efficacia rieducativa anche maggiore rispetto alla detenzione domiciliare, che e' misura piu' contenitiva ma passiva, per cui ampliare il termine di ammissibilita' della semiliberta' dinanzi all'organo monocratico potrebbe comportare un significativo acceleramento del percorso rieducativo, atteso che il condannato ammesso alla semiliberta' gia' in sede monocratica, considerati i tempi non brevi di fissazione delle udienze per la ratifica delle ammissioni provvisorie dinanzi al tribunale, avra' la possibilita' di poter nel frattempo gia' iniziare a sperimentare la semiliberta' nel periodo che precede l'udienza dinanzi all'organo collegiale, dare maggior prova di affidabilita' e dunque poter legittimamente sperare di poter accedere alla piu' ampia misura dell'affidamento in prova proprio in sede di ratifica. Viceversa l'attuale limitazione dell'accesso alla semiliberta' in sede monocratica agli ultimi sei mesi di pena molte volte blocca o limita irragionevolmente una reale ed effettiva sperimentazione del condannato, che nel caso abbia gia' dato prova di volonta' di recupero ed abbia gia' maturato la meta' della pena, o i due terzi nel caso di esecuzione riguardante reati di 4-bis L.P., ma che ha ancora un residuo di pena superiore a sei mesi, non potra' accedere velocemente alla semiliberta' ma dovra' necessariamente attendere i tempi di celebrazione del tribunale, con il concreto rischio di perdere nel frattempo l'opportunita' lavorativa prospettata a sostegno della sua istanza, con sostanziale mortificazione del principio di gradualita' strettamente collegato alla funzione rieducativa della pena, ed anche con disparita' di trattamento rispetto ai condannati liberi in sospensione dell'esecuzione della pena ex art. 656, comma quinto c.p.p., i quali, dovendo espiare una pena anche residua superiore a sei mesi ma inferiore a quattro anni, ai sensi dell'art. 50, comma 2 L.P. (che riguarda appunto le pene superiori ai sei mesi), possono accedere alla semiliberta' anche prima della espiazione della meta' della pena allorquando il tribunale ritiene insussistenti i presupposti per la concessione dell'affidamento ma sufficienti elementi per poter concedere la semiliberta'. Il trattamento di gran lunga piu' favorevole riservato ai condannati liberi in sospensione dell'esecuzione della pena ex art. 656, comma quinto c.p.p., ad avviso di chi scrive, solo in parte si puo' giustificare con la presunzione di minore pericolosita' derivante dalla condizione di liberta', in quanto le presunzioni assolute non sembrano condivisibili e compatibili con i principi di individualita', proporzionalita' ed umanizzazione della pena, e dunque niente esclude che un condannato detenuto, proprio perche' ha affrontato un percorso di rieducazione all'interno del carcere, possa avere raggiunto un livello di rieducazione anche maggiore rispetto al condannato che, non essendo sottoposto a misura cautelare al momento del passaggio in giudicato della condanna, ha potuto usufruire del meccanismo piu' favorevole della sospensione, e tanto basta per rendere ancora piu' evidente il contrasto della norma esaminata con gli articoli 3 e 37 della Costituzione.
P.Q.M. Ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e la non manifesta infondatezza. Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 50, comma 6 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta') nella parte in cui prevede che il Magistrato di sorveglianza puo' applicare in via provvisoria la semiliberta' solo in caso di pena detentiva non superiore a sei mesi. Sospende il procedimento nei confronti di D. F. C., s.g. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinche', ove ne ravvisi i presupposti, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 50, comma 6 L.P. nella parte indicata. Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al detenuto istante e al suo difensore di fiducia, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Avellino, 11 marzo 2019 Il Magistrato di Sorveglianza Ventra