N. 139 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 aprile 2019

Ordinanza del 17 aprile 2019 del Tribunale  amministrativo  regionale
per le Marche sul ricorso proposto da  Lega  per  l'abolizione  della
caccia - L.A.C. Onlus e WWF Italia ONG - Onlus, contro Regione Marche
e Ambito territoriale di caccia Ancona 2.. 
 
Ambiente - Caccia - Norme della  Regione  Marche  -  Controllo  della
  fauna  selvatica  -  Attuazione  dei  piani   di   abbattimento   -
  Individuazione dei soggetti attuatori. 
- Legge della Regione Marche 5 gennaio  1995,  n.  7  (Norme  per  la
  protezione della fauna selvatica e per  la  tutela  dell'equilibrio
  ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria), art.  25,  commi
  2-bis, ultimo periodo, e 3. 
(GU n.38 del 18-9-2019 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LE MARCHE 
                            Sezione prima 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro 366 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da Lega
per l'abolizione della caccia L.A.C. Onlus e WWF Italia ONG Onlus, in
persona   rispettivi   dei   legali    rappresentanti    pro-tempore,
rappresentate  e  difese  dall'avv.  Tommaso  Rossi,  con   domicilio
digitale come da Pec da registri  di  giustizia  e  domicilio  eletto
presso il suo studio, in Ancona, via Baccarini n.4; 
    Contro Regione Marche, in  persona  del  Presidente  pro-tempore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Paolo Costanzi e Francesco  Comi,
con domicilio digitale come da Pec da registri di giustizia; 
    Nei confronti Ambito territoriale di caccia Ancona 2, in  persona
del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e  difeso  dagli
avv.ti Giovanni Fattorini e Daniele Carmenati, con domicilio digitale
come da Pec da registri di giustizia; 
 
               Per l'annullamento previa sospensione: 
 
    A) per quanto riguarda il ricorso introduttivo: 
        della deliberazione della giunta  regionale  n.  645  del  17
maggio 2018, avente ad oggetto «Legge regionale n. 7/1995,  art.  25.
Piano di controllo regionale del cinghiale anni  2018-2023»,  nonche'
di ogni altro atto  presupposto,  conseguente  o  comunque  connesso,
ancorche' non  conosciuto,  ivi  compreso  il  documento  istruttorio
allegato alla presente  delibera  impugnata  e  l'Allegato  A)  parte
integrante e sostanziale dell'atto in oggetto contenente il «Piano di
controllo regionale del cinghiale 2018/2023»  e  di  tutti  i  pareri
degli organi competenti, nonche' disapplicazione dell'art. 25,  comma
3, Legge regionale Marche  5  gennaio  1995,  n.  7,  «Norme  per  la
protezione della fauna selvatica  e  per  la  tutela  dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria»,  previo  eventuale
sollevamento  da  parte  del  tribunale   adito   di   questione   di
legittimita' costituzionale relativamente a detto articolo; 
    B) per quanto riguarda i motivi aggiunti: 
        della  deliberazione  di  Giunta  regionale   Marche   dell'8
novembre 2018, n. 1469, avente ad oggetto «Integrazione dell'Allegato
A) della D.G.R. n. 645 del 17 maggio 2018, legge regionale n. 7/1995,
art. 25. Piano di controllo regionale del cinghiale anni 2018/2023»; 
    nonche', per quanto occorrer possa: 
        del decreto del dirigente della P.F.  Caccia  e  pesca  nelle
acque interne n. 490 del 22 ottobre 2018, avente ad  oggetto  «D.G.R.
n. 645 del 17 maggio 2018, ad oggetto  "Legge  regionale  n.  7/1995,
art. 25 Piano di controllo regionale del cinghiale  anni  2018-2023".
Approvazione del Piano operativo annuale dell'ambito territoriale  di
caccia AP - anno 2018»; del decreto del dirigente della P.F. Caccia e
pesca nelle acque interne n. 491  del  22  ottobre  2018,  avente  ad
oggetto «D.G.R.  n.  645  del  17  maggio  2018,  ad  oggetto  "Legge
regionale n.  7/1995,  art.  25  Piano  di  controllo  regionale  del
cinghiale anni 2018-2023". Approvazione del Piano  operativo  annuale
dell'ambito territoriale di caccia FM - anno 2018»; del  decreto  del
dirigente della P.F. Caccia e pesca nelle acque interne n. 492 del 22
ottobre 2018, avente ad oggetto «D.G.R. n. 645 del 17 maggio 2018, ad
oggetto "Legge regionale  n.  7/1995,  art.  25  Piano  di  controllo
regionale del  cinghiale  anni  2018-2023".  Approvazione  del  Piano
operativo annuale dell'ambito territoriale di caccia AN1 e AN2 - anno
2018»; del decreto del dirigente della  P.F.  Caccia  e  pesca  nelle
acque interne n. 493 del 22 ottobre 2018, avente ad  oggetto  «D.G.R.
n. 645 del 17 maggio 2018, ad oggetto  "Legge  regionale  n.  7/1995,
art. 25 Piano di controllo regionale del cinghiale  anni  2018-2023".
Approvazione del Piano operativo annuale dell'ambito territoriale  di
caccia MC1 e MC2 - anno 2018»; del decreto del dirigente  della  P.F.
Caccia e pesca nelle acque interne n. 496 del 23 ottobre 2018, avente
ad oggetto «D.G.R. n. 645 del  17  maggio  2018,  ad  oggetto  "Legge
regionale n.  7/1995,  art.  25  Piano  di  controllo  regionale  del
cinghiale anni 20182023". Approvazione del  Piano  operativo  annuale
dell'ambito territoriale di caccia PSI e PS2 - anno 2018; 
        dei programmi  operativi  annuali  redatti  dai  vari  ambiti
territoriali caccia presenti nella Regione Marche; 
        della deliberazione di Giunta regionale Marche n.  1103/2018,
avente ad oggetto «Modifiche ed integrazione alla D.G.R. n.  645  del
17 maggio  2018,  "Legge  regionale  n.  7/1995,  art.  25  Piano  di
controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023"»; 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Marche e
dell'Ambito territoriale di caccia Ancona 2; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2019  il  dott.
Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori  come  specificato
nel verbale. 
    1. Le associazioni ricorrenti, premettendo di essere  legittimate
ad agire in giudizio in quanto  esse,  come  risulta  dai  rispettivi
statuti, sono titolari di un preciso  interesse,  sia  materiale  che
morale,    alla    salvaguardia    e    tutela     del     patrimonio
faunistico-ambientale e alla difesa della natura e dell'ecosistema: 
        con il ricorso introduttivo impugnano la deliberazione  della
Giunta regionale delle Marche n. 645 del 17 maggio  2018,  avente  ad
oggetto «Legge  regionale  n.  7/1995  art.  25  Piano  di  controllo
regionale del Cinghiale anni 2018-2023» e gli atti presupposti; 
        con  i  motivi  aggiunti  depositati  il  16  gennaio   2019,
impugnano invece la D.G.R. n. 1469 dell'8 novembre  2018,  avente  ad
oggetto «Integrazione dell'Allegato A) della D.G.R.  n.  645  del  17
maggio 2018, "Legge regionale n. 7/1995, art. 25 Piano  di  controllo
regionale  del  Cinghiale  anni  2018/2023",  nonche'  la  D.G.R.  n.
1103/2018 ed una serie di decreti con cui  il  dirigente  della  P.F.
Caccia e pesca nelle acque interne della Regione Marche ha  approvato
i  Piani  operativi   annuali   (P.O.A.)   elaborati   dagli   ambiti
territoriali di caccia istituiti nelle province marchigiane». 
    2. Queste le censure sollevate con il ricorso introduttivo: 
        a) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19 della legge
n. 157 del 1992 e conseguente  violazione  dell'art.  117,  comma  2,
lettera s), Costituzione, laddove vengono inclusi i «cacciatori»  tra
i  soggetti  abilitati  al  controllo  della  fauna   selvatica   nel
territorio marchigiano. Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  25
della Legge regionale Marche n. 7 del 1995. 
    Al riguardo, le ricorrenti espongono che: 
        l'impugnata D.G.R. n. 645/2018, include anche gli  «operatori
muniti  di   licenza   all'uopo   espressamente   autorizzati   dalla
provincia», tra i soggetti che possono attuare l'approvato  Piano  di
controllo regionale del cinghiale 2018-2023, e cio' in  forza  di  un
errato richiamo al contenuto dell'art. 19, comma 2 della legge n. 157
del 1992. In realta', questa  disposizione  prevede  che  tali  piani
siano  attuati  tassativamente  soltanto  dalle   guardie   venatorie
dipendenti dalle amministrazioni provinciali,  che  potranno  a  loro
volta avvalersi dei proprietari o conduttori dei Fondi sui  quali  si
attuano i piani  medesimi,  purche'  muniti  di  licenza  di  caccia,
nonche' delle guardie forestali e delle guardie  comunali  munite  di
licenza di caccia. Non sono  dunque  inclusi  i  cacciatori  o  altri
operatori muniti di licenza per l'esercizio venatorio; 
        la D.G.R. in parte qua si fonda pero' sul disposto  dell'art.
25, comma 3 della Legge regionale Marche  5  gennaio  1995,  n.  7  e
successive  modificazioni  ed  integrazioni,  la  quale,  per  questo
specifico  profilo,  deroga  alla  normativa   nazionale   in   senso
peggiorativo rispetto al bene tutelato. Infatti l'art. 25  stabilisce
che i piani di controllo della fauna  selvatica  sono  attuati  dalle
guardie venatorie dipendenti dalle province,  che  possono  avvalersi
dei proprietari o conduttori dei Fondi su  cui  si  attuano  i  piani
purche' muniti di licenza di caccia,  nonche'  ove  necessario  delle
guardie forestali e delle  guardie  comunali  munite  di  licenza  di
caccia, nonche' di operatori muniti di licenza all'uopo espressamente
autorizzati selezionati attraverso  appositi  corsi  di  preparazione
alla gestione faunistica. In sostanza,  dunque,  la  norma  regionale
consente anche ai cacciatori, non inclusi fra i  soggetti  menzionati
dall'art.  19  della  legge  n.  157   del   1992,   di   partecipare
all'abbattimento di cinghiali in attuazione dei  piani  di  controllo
della fauna selvatica; 
        inoltre, il comma 2-bis, inserito dall'art.  25  della  legge
regionale 24 dicembre 2008, n. 37, poi modificato dall'art. 34, comma
4 della legge regionale  18  luglio  2011,  n.  15,  ha  aggiunto  la
possibilita' che la regione, per  le  finalita'  di  controllo  della
popolazione di cinghiali in sovrannumero, autorizzi, sentito l'ISPRA,
anche forme di prelievo (caccia, dunque, e non  piani  di  controllo)
esercitate in forma collettiva, quali braccata e girata, in tutte  le
zone e nei periodi preclusi alla caccia, e a tal fine consente che ci
si avvalga anche dei soggetti che abbiano  conseguito  l'abilitazione
provinciale per esercitare la caccia al cinghiale in forma collettiva
con priorita' per i  cacciatori  residenti  e  dell'ATC  interessato.
Anche in parte qua l'art. 25 della legge regionale n. 7 del  1995  si
pone in contrasto con la normativa nazionale di cui all'art. 19 della
legge n. 157 del 1992. 
    Le  associazioni  ricorrenti  chiedono  dunque  al  tribunale  di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale, per violazione
dell'art. 117, comma 2, lettera  s),  Costituzionale  e  della  norma
interposta di cui all'art. 19 della legge 11 febbraio 1992,  n.  157,
delle predette disposizioni regionali, evidenziando, a  tal  riguardo
che tali disposizioni, stante il loro tenore letterale, non  appaiono
suscettibili di interpretazione costituzionalmente orientata.  Quanto
alla   rilevanza,   le   ricorrenti   evidenziano   che   l'eventuale
declaratoria  di  incostituzionalita'  dell'art.   25   della   legge
regionale n. 7 del 1995 e successive  modificazioni  ed  integrazioni
implicherebbe l'accoglimento del presente motivo di ricorso, e dunque
la questione e' rilevante in  re  ipsa.  Quanto  alla  non  manifesta
infondatezza le ricorrenti richiamano alcune  decisioni  della  Corte
costituzionale relative a fattispecie del  tutto  sovrapponibili  (da
ultimo, sentenza n. 139 del 2017); 
        b) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19 della legge
n. 157 del 1992 e dell'art. 25, Legge regionale Marche n. 7 del 1995.
Eccesso  di  potere  per  difetto  ed  errore  di  motivazione  e  di
istruttoria, per sviamento della causa tipica. Errore di  presupposto
in fatto ed in diritto, in ragione del mancato accertamento da  parte
dell'ISPRA dell'inefficacia dei metodi ecologici di  controllo  della
fauna  selvatica.  Mancata  valutazione  e   motivazione   circa   lo
scostamento dal parere espresso dall'ISPRA sul piano. 
    Con questo secondo gruppo di censure  le  ricorrenti  evidenziano
che: 
        l'art. 25 della  legge  regionale  n.  7  del  1995,  prevede
anzitutto che la regione (la quale, ai sensi della legge regionale n.
13 del 2015, ha ereditato le competenze in precedenza attribuite alle
province),  eserciti  il   controllo   selettivo   della   fauna   in
sovrannumero mediante «cattura» (termine che  va  pero'  interpretato
alla luce dell'art. 19 della legge n. 157 del 1992, che  utilizza  il
ben piu'  ampio  concetto  di  «metodi  ecologici»)  ovvero,  qualora
l'ISPRA verifichi l'inefficacia degli altri metodi, mediante piani di
abbattimento (comma 2). La  legge  statale  di  principio  stabilisce
dunque una rigida  subordinazione  dei  piani  di  abbattimento  alla
preventiva utilizzazione dei metodi ecologici su  parere  dell'ISPRA,
mentre l'abbattimento e'  permesso  solo  se  l'ISPRA  ha  verificato
l'inefficacia dei metodi ecologici; 
        come  ribadito  in   piu'   occasioni   anche   dalla   Corte
costituzionale, la disposizione statale, in quanto  preordinata  alla
preservazione  della  fauna,   e'   inderogabile   da   parte   della
legislazione regionale (vedasi la sentenza n. 278 del 2012)  ed  essa
assegna particolare valore all'intervento dell'ISPRA  allo  scopo  di
garantire l'osservanza di livelli minimi  e  uniformi  di  protezione
ambientale. La priorita' dei «metodi ecologici» rispetto ai piani  di
abbattimento deve  essere  dunque  assicurata  senza  alcun  tipo  di
eccezione e deroga da parte della legislazione regionale; dal momento
che prescrive i piani di abbattimento senza  che  ci  sia  stata  una
verifica in concreto estesa a tutto  il  territorio  interessato  dal
piano dell'inefficacia dei «metodi  ecologici».  La  Regione  Marche,
quand'anche avesse valutato gli  esiti  dei  metodi  alternativi,  ha
omesso di dare conto di tale valutazione e, soprattutto, ha omesso di
fornire i relativi dati all'ISPRA ai fini dell'espressione del parere
di competenza; 
        peraltro, da un attento esame dei dati  contenuti  nel  piano
regionale impugnato (che riporta dati forniti dalle singole  province
riferiti al periodo 2012-2017) emerge la  quasi  totale  assenza  del
ricorso   ai   «metodi   ecologici»   (quali   trappole,   recinzioni
elettrificate,  colture  «a  perdere»,  interventi   con   repellenti
odorosi,  recinzioni  meccaniche,  cannoncini   dissuasori).   Emerge
altresi' che, laddove i metodi ecologici sono stati utilizzati,  essi
hanno fornito buoni risultati, per  cui  la  regione  avrebbe  dovuto
semmai implementare il ricorso a  tali  metodi  e  solo  in  caso  di
accertata inefficacia di tale strategia avrebbe potuto prescrivere  i
piani di abbattimento; 
        la D.G.R. n. 645/2018, e' illegittima anche  per  difetto  di
istruttoria e di motivazione, e cio' in considerazione dei  contenuti
e della natura del parere, sfavorevole, che l'ISPRA ha  espresso  sul
piano. La regione, una volta richiesto il parere  all'ISPRA,  avrebbe
dovuto modificare  il  piano  secondo  le  indicazioni  dell'istituto
oppure discostarsene ma fornendo  adeguata  motivazione.  La  Regione
Marche si e' invece discostata de plano dal parere ISPRA  nonche'  da
quello  espresso  dalle  polizie  provinciali,  senza  motivare  tale
scelta; 
        c) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 25 della Legge
regionale Marche n. 7 del 1995. Eccesso  di  potere  per  difetto  ed
errore di motivazione e di istruttoria, e per sviamento  della  causa
tipica. Errore di presupposto in fatto ed in diritto in  ragione  del
mancato accertamento del requisito fondamentale  della  «presenza  in
sovrannumero» della fauna oggetto del piano. 
    Con  questo  motivo  le  ricorrenti  evidenziano  che  la  D.G.R.
impugnata e' illegittima anche per il fatto che nella specie manca il
presupposto fondamentale in presenza del quale l'art. 25 della  legge
regionale n. 7 del 1995 (in cio' dettando una  normativa  di  maggior
tutela rispetto alla legge quadro nazionale, cosa che  e'  certamente
permessa alle regioni) consente il controllo selettivo  delle  specie
di fauna selvatica, cioe' il «sovrannumero»  delle  stesse.  Cio'  e'
confermato dal documento istruttorio annesso alla D.G.R., in  cui  si
afferma erroneamente che «... il piano in esame fonda il  presupposto
degli interventi di  controllo  numerico  del  cinghiale,  non  sulla
presenza piu' o meno elevata  di  individui  di  cinghiale  ma  sulla
rilevanza dei danni che questi determinano alle  produzioni  agricole
...». E prosegue dicendo che «... l'aspetto di maggior interesse  per
individuare le aree di intervento e' da ricercare nella  quantita'  e
distribuzione dei danni (...)». A cio' si aggiunga che  in  tutto  il
piano non vi e' traccia di una analisi numerica e quantitativa  sulla
presenza del cinghiale nell'intero territorio regionale e  neppure  a
livello provinciale,  tale  da  poter  consentire  di  affermare  con
certezza che la  specie  sia  «in  sovrannumero».  Del  resto,  anche
l'ISPRA, nel proprio parere, censurava la mancata  indicazione  delle
modalita'  e  tecniche  di  stima  della  popolazione  del  cinghiale
utilizzate per ottenere i valori riportati; 
        d) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 6, paragrafo 3
della direttiva  92/43/CEE  («habitat»),  dell'art.  5,  comma  1,  e
dell'art. 6, comma 2 del decreto del Presidente  della  Repubblica  8
settembre 1997, n. 357 e successive  modificazioni  ed  integrazioni.
Mancata effettuazione della valutazione di  incidenza  sul  piano  di
controllo. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 6, comma 2 del
decreto legislativo n. 152 del  2006  per  mancata  sottoposizione  a
procedura di VAS del piano  quinquennale  di  controllo.  Eccesso  di
potere per carenza e/o illogicita' della motivazione e per  sviamento
della causa tipica. Errore di presupposto in fatto ed in diritto. 
    3. Nell'atto di motivi aggiunti le ricorrenti premettono che  con
l'impugnata D.G.R. n. 1469/2018, dopo il capitolo 6 dell'Allegato  A)
della D.G.R. n. 645/2018, e' stato inserito il capitolo 7,  il  quale
prevede quanto segue: «7. Controllo numerico  diretto  del  cinghiale
2018-2020  fino  al  31  dicembre  2020,  in   via   sperimentale   e
straordinaria, fermo restando tutto quanto contiene il piano  di  cui
trattasi  (DD.GG.RR.  nn.  645/2018  e  1103/2018),  l'attivita'   di
controllo  numerico  del  cinghiale  puo'   essere   effettuata   dai
proprietari o conduttori dei Fondi, al  fine  di  contenere  i  danni
agricoli, oltre a quanto gia' previsto  (capitolo  3.2.1  e  capitolo
3.2.2), attraverso cattura e/o abbattimento sui Fondi, in  ogni  fase
del ciclo produttivo, l'esercizio venatorio ai sensi della  legge  n.
157/1992, secondo le seguenti modalita'» (e di seguito sono  elencate
nel dettaglio tali modalita'). 
    Queste le censure sollevate con l'atto di motivi aggiunti (la cui
elencazione segue a quella dei motivi riportati al paragrafo 2.): 
        e) invalidita' derivata da quella dei provvedimenti impugnati
nel ricorso introduttivo; 
        f) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19 della legge
n. 157 del 1992 e conseguente  violazione  dell'art.  117,  comma  2,
lettera s), Costituzionale. Violazione dell'art. 25, legge  regionale
n. 7 del 1995. Eccesso di potere per carenza e difetto di istruttoria
e di motivazione e per sviamento della causa tipica. 
    Con  questo  gruppo  di  censure   le   associazioni   ricorrenti
evidenziano che: 
        la D.G.R. n. 1469/2018 amplia in maniera significativa sia le
aree ed i tempi di intervento del  controllo  del  cinghiale,  sia  i
soggetti  che  possono  effettuare  tale  controllo,  in   tal   modo
accentuando la violazione degli standards minimi  di  tutela  imposti
dalla legge n. 157 del 1992 gia' posta in essere  con  la  D.G.R.  n.
645/2018. 
    Infatti, in base alla D.G.R. n. 1469/2018  fino  al  31  dicembre
2020 non ci saranno piu' limiti di alcun genere  per  quanto  attiene
alle modalita' operative di intervento nelle diverse zone A,  B  o  C
che, invece, nella D.G.R. n. 645 erano normate in maniera  articolata
e differenziata per ogni tipo di zona. 
    Sara', dunque, possibile sparare al cinghiale ventiquattro ore su
ventiquattro tutti i giorni dell'anno, anche con  fonti  luminose,  e
sara' altresi' consentito effettuare abbattimenti in tutte le aree A,
B, C, senza piu' nessun prerequisito e senza che sia piu'  necessaria
l'adozione  di  tecniche  di  prevenzione,   sia   con   il   sistema
dell'abbattimento  da   postazione   sia   con   il   sistema   delle
trappole/chiusini e successivo abbattimento. 
    Tutto cio' viene motivato nel documento istruttorio a causa delle
preoccupazioni del mondo agricolo per la salvaguardia  delle  proprie
attivita' a seguito della nota ordinanza cautelare n.  5165/2018  del
Consiglio  di  Stato  (che  ha  sospeso  in  parte  l'efficacia   del
calendario  venatorio   2018/2019   della   Regione   Marche).   Tale
motivazione e' chiaramente strumentale e illogica, anche  perche'  la
Regione  Marche  ha  nel  mese  di  dicembre  2018   adottato   nuove
disposizioni di legge volte a superare  i  problemi  sollevati  dalla
citata ordinanza del Consiglio  di  Stato,  per  cui  le  misure  qui
contestate sono persino superflue. 
    4. Si sono costituiti in giudizio la Regione  Marche  e  l'Ambito
territoriale di caccia AN2, chiedendo il rigetto del ricorso. 
    Alla  Camera  di  consiglio  del  12  settembre   2018,   fissata
inizialmente per la trattazione della domanda cautelare, il tribunale
aveva rilevato ex officio che, in base alla formulazione della D.G.R.
n. 645/2018, la concreta operativita'  del  Piano  di  controllo  del
cinghiale 2018-2023 e' subordinata alla redazione e  all'approvazione
dei singoli  P.O.A.,  di  talche',  ritenendo  che  tale  circostanza
determinasse  al  momento  l'assenza  del  periculum  in  mora,  alla
successiva Camera di consiglio  del  3  ottobre  2018  le  ricorrenti
avevano chiesto l'abbinamento al merito della fase cautelare. 
    Poiche' l'udienza pubblica di trattazione era stata  fissata  per
il 6 marzo 2019, con i motivi aggiunti non  e'  stata  formulata  una
nuova domanda cautelare. 
    Prima di passare a trattare del merito delle censure va  altresi'
premesso che le parti resistenti non si sono opposte alla trattazione
della causa alla citata udienza del  6  marzo  2019,  ancorche',  con
riguardo alla data di notifica dei motivi aggiunti, non fosse  ancora
decorso il termine di cui all'art. 71, comma 5, codice  di  procedura
amministrativa. 
    5. Tutto  cio'  premesso,  il  collegio  ritiene  preliminare  la
trattazione delle censure con  cui  si  deduce  l'incostituzionalita'
dell'art. 25 della Legge regionale Marche n. 7 del 1995 e  successive
modificazioni ed integrazioni e, a questo riguardo, ritiene di  dover
sollevare  la  relativa  questione  di  legittimita'  costituzionale,
sussistendo sia il requisito  della  rilevanza  della  questione  sia
quello della non manifesta infondatezza della stessa. 
    5.1. La rilevanza in questo caso e' in re ipsa, visto  che  nella
prospettazione di parte ricorrente il fatto stesso  che,  proprio  in
applicazione della norma regionale sospettata di incostituzionalita',
al  prelievo  del  cinghiale   concorrano   anche   «cacciatori   non
proprietari» contribuisce ad accrescere la lesione dei beni giuridici
che le associazioni ricorrenti intendono tutelare in questa sede. 
    5.2. Quanto alla non manifesta infondatezza, il collegio  ritiene
sufficiente richiamare le pronunce della Corte costituzionale n.  217
del 2018 e n. 139 del 2017 (e  quelle  ivi  menzionate),  relative  a
questioni sostanzialmente sovrapponibili a quella in esame. 
    5.3.  Va  aggiunto  che,  come   correttamente   rilevato   dalle
ricorrenti, la questione di  legittimita'  costituzionale  va  estesa
anche al comma 2-bis,  secondo  periodo,  dell'art.  25  della  Legge
regionale Marche n. 7 del 1995, nella parte in cui la  norma  prevede
che «A tal fine la provincia  puo'  avvalersi  anche  di  coloro  che
abbiano  conseguito  l'abilitazione  provinciale  per  esercitare  la
caccia  al  cinghiale  in  forma  collettiva  con  priorita'  per   i
cacciatori residenti e dell'ATC interessata», visto  che  anche  tale
disposizione  amplia  il  novero  dei  soggetti  attuatori   rispetto
all'elencazione di cui all'art. 19, comma 2 della legge  n.  157  del
1992. 
    6. Tanto premesso, ai sensi dell'art.  23,  secondo  comma  della
legge  11  marzo  1953,  n.   87,   ritenendola   rilevante   e   non
manifestamente  infondata,  il   tribunale   solleva   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  25,  commi   2-bis   (ultimo
periodo) e 3, della Legge regionale Marche 5 gennaio  1995,  n.  7  e
successive modificazioni ed integrazioni, nella  parte  in  cui  tali
disposizioni ampliano il novero dei soggetti attuatori dei  piani  di
controllo della  fauna  selvatica  rispetto  all'elencazione  di  cui
all'art. 19, comma 2 della  legge  11  febbraio  1992,  n.  157,  per
contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera  s),  Costituzionale,  con
conseguente sospensione del giudizio fino  alla  pubblicazione  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana  della  decisione  della
Corte costituzionale sulle questioni indicate, ai  sensi  e  per  gli
effetti di cui agli  articoli  79  ed  80  del  codice  di  procedura
amministrativa ed all'art. 295 del codice di procedura civile. 
    Ogni ulteriore decisione, nel merito e sulle spese, e'  riservata
al definitivo. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale amministrativo  regionale  per  le  Marche  (Sezione
prima): 
        dichiara  rilevante  per  la  decisione  del  ricorso  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 25, commi 2-bis, ultimo periodo, e 3, della legge regionale
Marche  5  gennaio  1995,  n.  7  e   successive   modificazioni   ed
integrazioni,  in  relazione  all'art.  117,  comma  2,  lettera  s),
Costituzione; 
        sospende  il  giudizio  in   corso   e   ordina   l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
        riserva ogni pronuncia nel merito e sulle spese; 
        ordina alla Segreteria di questo tribunale di provvedere alla
notifica della presente ordinanza a tutte le parti  in  causa  ed  al
Presidente del Consiglio dei ministri ed al presidente della  Regione
Marche, nonche' alla comunicazione della  stessa  al  presidente  del
Consiglio regionale delle Marche. 
 
    Cosi' deciso in Ancona nella Camera di  consiglio  del  giorno  6
marzo 2019 con l'intervento dei magistrati: 
 
        Maddalena Filippi, Presidente; 
        Tommaso Capitanio, consigliere, estensore; 
        Giovanni Ruiu, consigliere. 
 
                       Il Presidente: Filippi 
 
 
                                               L'estensore: Capitanio