N. 150 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 giugno 2019
Ordinanza del 12 giugno 2019 del Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Itinera S.p.a. c/Anas S.p.a. e Carena S.p.a... Appalti pubblici - Concordato con continuita' aziendale - Esclusione dalla partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici dell'impresa ammessa a concordato con continuita' aziendale che rivesta la qualita' di mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese. - Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 186-bis, comma sesto, aggiunto dall'art. 33, comma 1, lettera h), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134.(GU n.40 del 2-10-2019 )
IL CONSIGLIO DI STATO in sede giurisdizionale (Sezione quinta) Ha pronunciato la presente Ordinanza sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3052 del 2019, proposto da Itinera S.p.a. in proprio e quale mandataria del Raggruppamento temporaneo di imprese con Monaco S.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Gianluigi Pellegrino, con domicilio digitale come da PEC tratta dai registri di giustizia; Contro A.n.a.s. S.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Marta Fraioli e Maria Stefania Masini, con domicilio digitale come da PEC tratta dai registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Matta Fraioli in Roma, via Monzambano n. 10; Nei confronti Carena S.p.a. Impresa di Costruzioni, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Carullo e Ilaria Battistini, con domicilio digitale come da PEC tratta dai registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Antonio Carullo in Bologna, Strada Maggiore n. 47; I.L.E.S.P. S.r.l., non costituita in giudizio; Per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale Toscana, sezione II, n. 00491/2019, resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di A.n.a.s. S.p.a. e di Carena S.p.a. Impresa di Costruzioni; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Pellegrino, Masini, Fraioli e Carullo; I fatti di causa e la vicenda processuale con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana Itinera S.p.a. domandava l'annullamento della determina di A.n.a.s. S.p.a. 20 dicembre 2018 (prot. CDG-0689344-I) di aggiudicazione all'A.t.i. formata da Carena S.p.a., in qualita' di mandataria, e da I.L.E.S.P. S.r.l., in qualita' di mandante, del contratto di appalto avente ad oggetto i «lavori di realizzazione dell'itinerario internazionale E78 - S.G.C. Grosseto - Fano. Adeguamento a 4 corsie nel tratto Grosseto - Siena (s.s. n. 223 «di Paganico») dal km 27+200 al km 30+038. Lotto 4»; il ricorso era articolato in due motivi: con il primo contestava l'ammissione di Itinera S.p.a. alla fase di valutazione delle offerte sebbene si trovasse in stato di concordato preventivo con continuita' aziendale e, rivestendo la posizione di mandataria all'interno dell'A.T.I., incorresse nel divieto alla partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici posto dall'art. 186-bis, comma 6, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare), tanto piu' che, continuava la ricorrente, la societa' era gravemente inadempiente al piano concordatario per non aver effettuato il riparto a favore dei creditori concordatari entro il 31 dicembre 2018; con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamentava la mancata verifica della congruita' dell'offerta presentata dall'aggiudicatario, pur essendo questi risultato vincitore con un ribasso economico pari al 35,108% e superiore alla meta' della media dei ribassi registrati nella gara, nonche' dieci volte superiore al differenziale qualitativo delle offerte, cosi' da giustificare il sospetto di anomalia; il giudizio, nel quale si costituivano A.n.a.s. S.p.a. e Carena S.p.a., era definito con sentenza della sezione II, 3 aprile 2019, n. 491, di reiezione del ricorso e compensazione delle spese di lite: il Tribunale amministrativo regionale, superata l'eccezione di irricevibilita' del ricorso perche' tardivamente proposto, ravvisava l'esistenza di un contrasto tra l'art. 80, comma 5, lettera b) decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (codice dei contratti pubblici) e l'art. 186-bis, comma 6, della legge fallimentare; cio' a causa del fatto che, da un lato, la prima disposizione aveva previsto l'esclusione dalla partecipazione alle procedure di gara delle imprese che si trovano in stato di concordato preventivo, facendo salvo il caso di concordato con continuita' aziendale (e «fermo restando quanto previsto dall'art. 110» del medesimo codice); dall'altro lato, invece, la disposizione contenuta nella legge fallimentare aveva esteso l'esclusione dalla partecipazione alle procedure di gara anche alle imprese in stato di concordato preventivo con continuita' aziendale che rivestano la posizione di mandataria all'interno del raggruppamento temporaneo di imprese; a parere del giudice di primo grado il rilevato conflitto andava risolto facendo applicazione del criterio cronologico e, dunque, nel senso dell'avvenuta abrogazione implicita della norma di divieto posta dall'art. 186-bis, comma 6, legge fallimentare (ed ivi inserita dal decreto-legge 23 giugno 2012, n. 83 convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134), per opera del sopravvenuto art. 80, comma 5, lettera b), del codice contratti pubblici che, nel disciplinare integralmente la materia delle cause di esclusione in senso innovativo, non ha fatto piu' alcun riferimento alla posizione che assuma l'impresa in concordato preventivo con continuita' che partecipi alla procedura nella forma del raggruppamento temporaneo di impresa; il secondo motivo di ricorso era respinto, sul rilievo che la scelta della stazione appaltante di non sottoporre a verifica facoltativa di anomalia l'offerta della Carena S.p.a. era ritenuta espressione di ampia diserezionalita', sindacabile solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto, da escludere, nel caso in esame, perche' indizio di anomalia non puo' essere la presenza di ribasso che superi del 50% della media gli altri ribassi registrati in gara, in assenza di altre significative circostanze indiziarie; propone appello Itinera S.p.a. che contesta entrambi i capi della sentenza di primo grado: quanto all'avvenuta abrogazione implicita del divieto posto dall'art. 186-bis, comma 6, legge fallimentare osserva che affinche' possa parlarsi di abrogazione implicita e' necessario che tra le due norme vi sia una radicale ed assoluta incompatibilita', insussistente nel caso in esame ove di esse puo' darsi un'interpretazione combinata che ne giustifica la perdurante e contemporanea vigenza; per la precisione, a suo dire, il sesto comma dell'art. 186-bis della legge fallimentare disciplinerebbe una situazione affatto peculiare, vale a dire il caso di impresa partecipante alla procedura in forma di raggruppamento temporaneo di imprese che si trovi in situazione di concordato preventivo con continuita' aziendale, escludendo l'applicazione della deroga prevista dall'art. 80, comma 5, lettera b), del codice dei contratti pubblici a favore delle imprese in concordato con continuita' aziendale (poiche' regola generale sarebbe la preclusione alla partecipazione alla procedura) nel caso in cui rivesta il ruolo di mandataria; inoltre, l'appellante rifiuta la tesi - sulla quale il giudice di primo grado aveva ritenuto di non dover prendere posizione, pur riconoscendo l'esistenza di diversita' di vedute - secondo cui con il decreto di omologazione del concordato si chiude la procedura concorsuale e l'operatore economico - che, in questa logica, puo' dirsi «tornato in bonis» - puo' liberamente prendere parte a procedure di affidamento di contratti pubblici non essendo piu' sottoposto alla disciplina codicistica sulle cause di esclusione, per come integrata dalla legge fallimentare; conclude, percio', ribadendo che l'art. 186-bis, comma 6, legge fallimentare trova applicazione anche in caso di avvenuta adozione del decreto di omologazione e che il divieto ivi contenuto per la mandataria di raggruppamento temporaneo di impresa prevale sulla regola della partecipazione alle procedure di gara delle imprese in concordato aziendale con continuita' per il criterio di specialita'; con un secondo motivo di appello Itinera S.p.a. contesta la sentenza di primo grado per non aver considerato che, anche a voler ritenere implicitamente abrogato il divieto contenuto nella legge fallimentare, l'aggiudicataria non poteva essere ammessa alla fase di valutazione delle offerte poiche' non aveva ottenuto l'autorizzazione del giudice a partecipare alla procedura di affidamento della commessa pubblica, condizione di partecipazione sia per l'art. 110, comma 3, codice dei contratti pubblici, sia per l'art. 186-bis legge fallimentare; con il terzo motivo di appello e' censurata la sentenza di primo grado per aver ritenuto ragionevole la scelta della stazione appaltante di non sottoporre a verifica di anomalia l'offerta presentata dall'A.T.I. Carena sebbene fosse chiaro indizio di anomalia la circostanza che il ribasso offerto superava di addirittura il 50% la media dei ribassi registrati in gara, in uno al fatto che il predetto ribasso risulta pari ad oltre il doppio di quello offerto dalla seconda graduata che la stazione appaltante, peraltro, aveva ritenuto sostanzialmente equivalente sul piano qualitativo a quello della prima graduata; nel giudizio si e' costituita A.n.a.s. S.p.a. che ha replicato agli argomenti spesi dall'appellante concludendo per la conferma della sentenza impugnata; si e' costituita anche Carena S.p.a. impresa di costruzioni che, nella memoria depositata in vista della Camera di consiglio fissata per la decisione sull'istanza di sospensione degli effetti esecutivi della sentenza, ha formulato in via pregiudiziale eccezione di inammissibilita' per decadenza del primo motivo di ricorso per essere stato proposto in violazione dell'art. 120, comma 2-bis del cod. proc. amm.; l'appellata, precisato che nel processo amministrativo il giudice d'appello ha il potere di rilevare ex officio la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado, senza che si possa ritenere formato un giudicato implicito preclusivo alla deduzione officiosa, sostiene che, per far valere il divieto in capo alla mandataria di raggruppamento temporaneo di imprese alla partecipazione a procedure di gara, Itinera S.p.a. avrebbe dovuto impugnare l'ammissione dell'A.T.I. Carena nel termine di trenta giorni di cui all'art. 120, comma 2-bis del cod.proc. amm., decorrente dal momento in cui la stazione appaltante conformemente all'art. 29, decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, aveva loro comunicato gli operatori economici ammessi alla successiva fase di valutazione delle offerte dando espressamente atto della conformita' della documentazione amministrativa presentata a quella richiesta dal disciplinare di gara attestante la ricorrenza delle condizioni ed il possesso dei requisiti di partecipazione, che era messa disposizione dei concorrenti presso i sui uffici; l'appellata ha, dunque, concluso per l'inammissibilita' dell'appello in ragione dell'irricevibilita' del ricorso di primo grado, poiche' proposto solo a seguito della comunicazione del provvedimento di aggiudicazione all'A.T.I. Carena, e, comunque, per l'infondatezza dello stesso; in vista dell'udienza pubblica le parti in causa hanno depositato memorie ex art. 73 del cod. proc. amm., cui sono seguite rituali repliche; all'udienza del 30 maggio 2019 la causa e' stata trattenuta in decisione. Tutto cio' premesso, la sezione dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 186-bis, comma 6, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, aggiunto dall'art. 33, comma 1, lettera h), decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 conv. con m. nella legge 7 agosto 2012, n. 134 nella parte in cui prevede che «Fermo quanto previsto dal comma precedente, l'impresa in concordato puo' concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purche' non rivesta la qualita' di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale». I dubbi di legittimita' costituzionale si appuntano sul fatto che tale disposizione di legge pone un divieto assoluto nei confronti dell'impresa in concordato preventivo con continuita' aziendale a partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici quando nell'ambito di raggruppamenti temporanei di imprese di cui la stessa assuma la qualita' di mandataria. Inoltre, atteso il suo contenuto puntuale, della stessa disposizione non e' possibile fornire un'interpretazione diversa, in grado di superare i dubbi di costituzionalita' in relazione ai parametri di seguito esposti. La rilevanza della questione ai fini della decisione della controversia appare innanzitutto inammissibile l'eccezione di irricevibilita' del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado riproposta nel presente gado del giudizio a mezzo di memoria difensiva depositata in vista dell'udienza camerale fissata per la decisione sull'istanza di sospensione degli effetti esecutivi della sentenza; su tale questione, espressamente affrontata dal Tribunale amministrativo e respinta, deve infatti ritenersi formato il giudicato interno; in estrema sintesi, il giudice di primo grado, dopo avere premesso che la Corte di Giustizia dell'Unione europea nell'ordinanza 14 febbraio 2019 ha ritenuto compatibile con il diritto euro-unitario l'art. 120, comma 2-bis del cod. proc. amm., a condizione che il termine di trenta giorni per l'impugnazione dei provvedimenti relativi alle procedure di gara decorra solo se i provvedimenti siano comunicati agli interessati accompagnati da una relazione indicate i motivi della decisione assunta, cosi' da consentire loro di percepire le eventuali violazioni del diritto ivi presenti, ha affermato che l'onere di impugnare nel termine di trenta giorni le decisioni delle stazioni appaltanti sulle ammissioni dei concorrenti sussiste solo in relazione ai motivi escludenti, non rilevati, che possono essere desunti dalle dichiarazioni sostitutive presentate dagli operatori con la domanda di partecipazione, onde essi possano desumersi al momento della pubblicazione del provvedimento di ammissione ed esclusione adottato dalla stazione appaltante; quindi il Tribunale ha rilevato che nel caso di specie era mancata la prova (a carico delle resistenti) che la ricorrente potesse apprendere dalla sola lettura del provvedimento di ammissione (o dei documenti acquisibili quando l'ammissione e' stata resa nota) che la Carena S.p.a. fosse in condizione di concordato preventivo con continuita' aziendale; la questione pregiudiziale, cosi' risolta dal giudice di primo grado, costituiva capo di sentenza che doveva essere impugnato con appello incidentale dalle parti rispetto ad esse soccombenti: l'art. 101, comma 2 del cod. proc. amm., piu' chiaramente di quanto non faccia l'art. 346 del codice di procedura civile, onera le parti di riproporre le domande e alle eccezioni «dichiarate assorbite o non esaminate»; a contrario si desume che le (domande e) eccezioni respinte vanno riproposte in appello a mezzo impugnazione incidentale dalla parte soccombente, pena la formazione su di esse del giudicato interno; ancora sul punto va dato atto che, come sostiene la controinteressata Carena S.p.a., nel processo amministrativo il giudice d'appello puo' esaminare ex officio la sussistenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell'azione in relazione al ricorso di primo grado, senza preclusioni derivanti da un giudicato implicito (da ultimo, Adunanza plenaria, 26 aprile 2018, n. 4); ma cio' e' vero a condizione che il giudice di primo grado non si sia pronunciato, poiche' l'omessa pronuncia non assume significato risolutivo della questione; nel caso di specie, il giudicato interno si e' formato per essersi il giudice di primo grado espressamente pronunciato, con la conseguenza che era necessario proporre appello incidentale perche' il giudice d'appello potesse nuovamente esaminare la questione; passando ad un'ulteriore profilo di rilevanza della questione, la sezione ritiene, diversamente dal giudice di primo grado, che l'art. 186-bis, comma 6, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 non sia stato abrogato implicitamente dall'entrata in vigore dell'art. 80, comma 5, lettera b), decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ma che le due disposizioni siano entrambe vigenti e suscettibili di interpretazione combinata; la sentenza di primo grado, sul punto, non puo' essere condivisa. Queste le ragioni: l'art. 80, comma 5, lettera b) del codice dei contratti pubblici, nel disciplinare i motivi di esclusione degli operatori economici dalle procedure di gara per l'affidamento di commesse pubbliche, stabilisce la regola generale per la quale e' escluso l'operatore economico che «si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo», fissando, poi, la deroga: non e' escluso l'operatore che sia in stato di concordato con continuita' aziendale; l'art. 186-bis, comma 6, della legge fallimentare, invece, disciplina un caso specifico: quello dell'operatore economico che, in stato di concordato con continuita' aziendale, intenda partecipare ad una procedura di gara per l'affidamento di commesse pubbliche, nella forma del raggruppamento temporaneo di imprese; la regola posta e' che la partecipazione e' consentita ma a due condizioni: a) che, nel raggruppamento temporaneo, non rivesta il ruolo di impresa mandataria e b) che, nel caso in cui rivesta il ruolo di mandante, le altre imprese (evidentemente mandanti) aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad altra procedura concorsuale; il rapporto tra l'art. 80, comma 5, lettera b) del codice dei contratti pubblici e l'art. 186-bis, comma 6, della legge fallimentare e', dunque, un rapporto di specialita', il quale, naturalmente, presuppone la contemporanea vigenza delle due disposizioni; la sezione inoltre non condivide la tesi del riacquisto della piena capacita' contrattuale dell'operatore economico in seguito alla pronuncia di omologazione del concordato che avrebbe quale conseguenza la sottrazione al regime previsto per l'impresa in stato di concordato preventivo con continuita' aziendale che intenda partecipare alle procedure di gara per l'affidamento di commesse pubbliche dal codice (come, invece, ritenuto, ma in procedura soggetto al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, vecchio codice dei contratti pubblici, da Consiglio di Stato, sezione V, 29 maggio 2018, n. 3225); cio' per le seguenti ragioni: a) l'art. 181 della legge fallimentare, al primo periodo, stabilisce che «La procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione ai sensi dell'art. 180»; nulla e' detto circa la situazione dell'impresa nel periodo temporale successivo all'omologazione del concordato, che, invece, e' disciplinata dall'art. 136 della legge fallimentare, rubricato, infatti, «Esecuzione del concordato» con la previsione per la quale «Dopo l'omologazione del concordato il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori ne sorvegliano l'adempimento, secondo le modalita' stabilite nel decreto di omologazione», vale a dire riconoscendo agli organi della procedura concorsuale ampi poteri di intervento; b) l'art. 80, comma 5, lettera b) codice dei contratti pubblici distingue tra operatore economico che «si trovi in stato» di concordato preventivo, e operatore che abbia «in corso un procedimento per la dichiarazione» di tale situazione: siccome, per espressa indicazione dell'art. 181 citato, il procedimento si chiude con l'omologazione del concordato, l'operatore «in stato di concordato preventivo» non potra' che essere quell'operatore gia' ammesso al concordato, con conseguente sua sottoposizione alle norme che disciplinano le cause di esclusione degli operatori in procedura concorsuale; c) la Corte di cassazione, sezione I, con ordinanza 10 gennaio 2018, n. 380 ha dettato un principio generale, valevole per ogni attivita' da intraprendere successivamente all'omologazione del concordato precisato che «la chiusura del concordato che ai sensi dell'art. 181 legge fallimentare, fa seguito alla definitivita' del decreto o della sentenza di omologazione, pur determinando la cessazione del regime di amministrazione dei beni previsto, durante il corso della procedura, dall'art. 167, non comporta (salvo che alla data dell'omologazione il concordato sia stato gia' interamente eseguito) l'acquisizione in capo al debitore della piena disponibilita' del proprio patrimonio, che resta vincolato all'attuazione degli obblighi da lui assunti con la proposta omologata, dei quali il Commissario giudiziale, come espressamente stabilito dall'art. 185, e' tenuto a sorvegliare l'adempimento, «secondo le modalita' stabilite nella sentenza (o nel decreto) di omologazione». La fase di esecuzione, nella quale - come si desume dalla stessa rubrica dell'art. 185 - si estrinseca l'adempimento del concordato, non puo' allora ritenersi scissa, e come a se' stante, rispetto alla fase procedimentale che l'ha preceduta: l'assoggettamento del debitore, dopo l'omologazione, all'osservanza del provvedimento giurisdizionale emesso ai sensi dell'art. 180, implica infatti la necessita' che egli indirizzi il proprio agire al conseguimento degli obiettivi prefigurati nella proposta presentata ed approvata dai ereditari»; d) con specifico riguardo alle procedure di evidenza pubblica, il Consiglio di Stato, sezione V, con la sentenza 3 gennaio 2019, n. 69, ha chiarito che se l'operatore economico in concordato preventivo con continuita' aziendale, che intenda partecipare ad una procedura di gara, non ha richiesto la necessaria autorizzazione al Tribunale durante la procedura (sin dalla presentazione del ricorso), ovvero se detta autorizzazione non possa ricavarsi dall'omologazione del concordato, egli, intervenuta la pronuncia di omologazione potra' (e dovra') richiedere l'autorizzazione al giudice delegato cosi' come prescritto dall'art. 110, comma 3, del codice dei contratti pubblici ovvero presentare domanda di partecipazione alle condizioni di cui all'art. 186-bis, comma 5 della legge fallimentare; e' cosi riconosciuto che, avvenuta l'omologazione del concordato, l'operatore economico non riacquista la piena capacita' di agire, che avrebbe quale inevitabile conseguenza la facolta' di presentare liberamente domanda di partecipazione alle procedure di gara, ma svuoterebbe di significato la disposizione contenuta nell'art. 110, comma 3, citato, cui, invece, lo stesso art. 80, comma 5, lettera b) del codice dei contratti rimanda per definire le condizioni di partecipazione alle procedure di gara; sempre con riguardo alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, va dato atto che il secondo motivo di appello, con cui si sostiene che Carena S.p.a. non poteva partecipare a procedura di gara non essendo stata a tal scopo espressamente autorizzata dal Tribunale in sede di omologazione, appare inammissibile, in quanto pone una questione nuova in contrasto con il divieto di nova in appello posto dall'art. 104, comma 1 del cod. proc. amm., considerato che in sede di ricorso Itinera S.p.a. aveva lamentato la carenza dei requisiti soggettivi di partecipazione alla procedura di gara esclusivamente per essere la societa', in stato di concordato con continuita' aziendale, mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese e, quindi, per asserita violazione del divieto previsto dall'art. 186-bis, comma 6, legge fallimentare e, d'altra parte, giudice di primo grado, proprio in ragione del thema decidendum posto dai motivi di ricorso, ha definito la questione della mancanza di autorizzazione «elemento non in discussione nel caso di specie»; alla luce di tutto quanto finora rilevato il giudizio non puo' essere definito se non facendo applicazione del divieto posto dall'art. 186-bis legge fallimentare, con conseguente esclusione del raggruppamento temporaneo di imprese con Carena S.p.a. come mandataria dalla procedura di gara, considerata la chiara indicazione normativa. Le ragioni di non manifesta infondatezza della questione. La questione di legittimita' costituzionale come sopra posta appare inoltre non manifestamente infondata in relazione ai seguenti parametri: a) art. 3, Costituzione: si dubita della ragionevolezza della scelta del legislatore. Per talune imprese l'affidamento di commesse pubbliche e' fonte primaria di ricavi da (re)investire nell'attivita' imprenditoriale per superare lo stato di crisi; consapevole, il legislatore consente all'impresa in concordato con continuita' la partecipazione alle procedure di gara con adeguate cautele, incentrate sulla prognosi circa le capacita' (all'atto in cui interviene la richiesta) di dar attuazione all'impegno da assumere (o assunto) nei confronti della stazione appaltante. Tale e' la ratio della disciplina posta dal quarto e quinto comma dell'art. 186-bis della legge fallimentare e dal terzo comma dell'art. 110 del codice dei contratti pubblici: l'impresa puo' partecipare alla procedura di gara con l'autorizzazione del Tribunale su parere del commissario giudiziale, se nominato, qualora la richiesta di partecipazione intervenga successivamente al deposito del ricorso (quarto comma) ovvero, in caso sia gia' stata disposta l'ammissione al concordato, con l'autorizzazione del giudice delegato (art. 110, comma 3), o, comunque, con la relazione di un professionista attestante la conformita' al piano e la ragionevole capacita' di adempimento del contratto e con la dichiarazione di altro operatore che si impegni a mettere a disposizione le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto per il caso di fallimento o di incapacita' sopravvenuta all'esecuzione (quinto comma). A parere del Collegio non v'e' ragione che giustifichi la differente disciplina per l'impresa che partecipi nella forma aggregata del raggruppamento temporaneo di impresa assumendo il ruolo di mandataria: anche per questa impresa i ricavi derivanti dall'esecuzione della parte di commessa pubblica possono consentire il superamento di una situazione di crisi. Non pare giustificare un diverso trattamento la posizione che la mandataria assume nei confronti della stazione appaltante ove confrontata con quella dell'impresa che contratti uti singula: il mandatario, munito di mandato collettivo speciale con rappresentanza conferito dalle altre imprese costituenti il raggruppamento, «esprime l'offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti» (art. 45, comma 2 ,lettera d) del codice dei contratti pubblici), ha «la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche dopo il collaudo o atto equivalente fino alla estinzione di ogni rapporto» (art. 48, comma 15). In sostanza, il mandatario del raggruppamento temporaneo contratta con la stazione appaltante come un operatore economico che abbia partecipato singolarmente, con la sola differenza che gli effetti dei suoi atti si riverberano nella sfera giuridica dei mandanti. Allo stesso modo, non pare giustificare un diverso trattamento il regime di responsabilita' dei mandatari nei confronti della stazione appaltante, posto che ai sensi dell'art. 48, comma 5, prima parte del codice dei contratti pubblici: «L'offerta degli operatori economici raggruppati o dei consorziati determina la loro responsabilita' solidale nei confronti della stazione appaltante, nonche' nei confronti del subappaltatore o dei fornitore» e che, pertanto, la stazione appaltante potra' richiedere al mandatario (ma anche a ciascuno dei mandanti) l'intera prestazione oggetto del contratto (art. 1292 del codice civile), come pure risarcimento del danno in caso di inadempimento, e, siccome, normalmente, si trattera' di prestazione indivisibile (art. 1316 del codice civile), ove intenda richiedere l'esatto adempimento, dovra' rivolgere richiesta per intero ad una delle imprese (art. 1317 del codice civile). Solo se uno dei mandanti ha assunto l'impegno all'esecuzione di lavori scorporabili ovvero prestazioni secondarie (in caso di servizi e forniture), il mandatario e' responsabile solidalmente con il mandante la cui responsabilita' e' limitata all'esecuzione delle prestazioni di rispettiva competenza (seconda parte dell'art. 48, il comma 5, citato). Il regime di responsabilita' del mandatario (come pure dei mandanti) e', dunque, identico a quello dell'impresa che abbia stipulato il contratto singolarmente e consiste nell'obbligo all'esecuzione per intero della prestazione in contratto o all'integrale risarcimento del danno per inadempimento. Si potrebbe, anzi, dire che il regime di responsabilita' previsto dal codice per il caso in cui le imprese siano aggregate in raggruppamento temporaneo risulta, per la stazione appaltante, di maggiore garanzia di quello necessitato dalla contrattazione con unico operatore economico, come sempre accade nel caso in cui sia prevista la solidarieta' dal lato passivo dell'obbligazione poiche' e' consentito al creditore di avvalersi del patrimonio di piu' debitori tra i quali scegliere quello che appare maggiormente solvibile. Tanto piu' che l'art. 48, comma 16, citato specifica che «Il rapporto di mandato non determina di per se' organizzazione o associazione degli operatori economici riuniti, ognuno dei quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali». Difetta, dunque, a parere del Collegio, nel divieto imposto all'impresa mandataria, la ragionevolezza c.d. esterna da accertare in confronto ad un tertium comparationis omogeneo e pertinente (Corte costituzionale 12 novembre 2018, n. 197), che, nella disciplina in esame, e' l'operatore economico che partecipi alla procedura di gara in forma singola. Ma che puo' essere anche l'operatore economico nell'ambito del consorzio ordinario ai sensi dell'art. 45, comma 2, lettera e), specie se non ancora costituito al momento della presentazione della domanda di partecipazione, poiche', in quel caso, come accade per il raggruppamento temporaneo di imprese, l'art. 48, comma 8, prevede il conferimento del medesimo mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi che viene qualificato come mandatario e stipula in nome e per conto dei mandanti. Per l'impresa che sia aggregata in consorzio con il ruolo di mandataria il divieto alla partecipazione alla procedura di gara non sussiste e deve ritenersi applicabile la disciplina generale. Per le ragioni esposte, difetta, altresi', anche la ragionevolezza c.d. interna, tra le diverse fattispecie contemplate all'interno della medesima disposizione: qualora l'impresa in concordato con continuita' non rivesta il ruolo di mandataria, ma quello di mandante (e sempre che non vi siano altre imprese aderenti assoggettate a procedura concorsuale), puo' prendere parte alle procedure di gara. Senonche', per quanto detto le mandanti sono sottoposte, come la mandataria, alla responsabilita' solidale nei confronti della stazione appaltante, e sono personalmente responsabili ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali. E' vero, poi, che esse attribuiscono alla mandataria il compito di interloquire con la stazione appaltante, mediante il conferimento del mandato collettivo speciale, ma e' vero pure che l'art. 48, comma 15, dopo aver previsto che al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, precisa che: «La stazione appaltante, tuttavia, puo' far valere direttamente le responsabilita' facenti capo ai mandanti». Infine, risalta anche la mancanza di ragionevolezza c.d. intrinseca, da accertarsi nella coerenza tra obiettivo dichiarato della norma e mezzi per perseguirlo: non v'e' dubbio che l'obiettivo dichiarato dalla norma - per la sua collocazione all'interno della legge fallimentare - e' quello della tutela dei creditori dell'impresa in concordato, prima ancora che quello della garanzia di adempimento dell'impegno assunto dal raggruppamento nei confronti della stazione appaltante. Il divieto posto dall'art. 186-bis, comma 6, legge fallimentare dovrebbe, per questo, impedire all'impresa in concordato di assumere un impegno particolarmente gravoso per il quale si riveli, poi, inadeguata in ragione dello stato di crisi in cui versa. Vero questo, tuttavia, va considerato che l'impedimento, negando all'impresa la chance di ottenere un flusso di denaro utile al superamento dello stato di crisi derivante dall'esecuzione dell'appalto potrebbe produrre una situazione vieppiu' pregiudizievole per le ragioni creditorie, aprendo la strada al fallimento dell'imprenditore e, dunque, ad una comparativamente minore possibilita' di soddisfazione delle loro ragioni. E cio' tanto piu' che il mandatario di un raggruppamento, rispetto all'imprenditore che partecipi singolarmente, esegue una parte, sia pure maggioritaria, dell'opera o dei servizi e forniture e, per questo, ha maggior possibilita' dell'altro di portare a termine correttamente l'impegno assunto. Appare quindi irragionevole, rispetto agli obiettivi avuti di mira, un divieto assoluto a livello legislativo, tale da impedire a priori il giudizio prognostico in plena cognitio demandato al giudice della procedura, che valuti per il tipo di impegno che intenda assumere l'impresa se i mezzi dei quali dispone siano adeguati e facciano ragionevolmente prevedere l'esito positivo dell'affare. La disciplina in esame risulta pertanto intrinsecamente illogica nella misura in cui sottrae al giudice della procedura (e in genere agli organi preposti) ogni valutazione comparata tra commessa da affidare e stato dell'impresa; art. 41 Costituzione: il divieto contenuto nell'art. 186 -bis, comma 6, legge fallimentare costituisce una limitazione alla autonomina privata dell'imprenditore che non puo' assumere la rappresentanza delle imprese mandanti e, in ultima analisi, non puo' rendersi parte di un contratto di appalto con un soggetto pubblico. Per questo l'imprenditore e' limitato nel libero spiegarsi della sua capacita' contrattuale. La ragione e' stata individuata nell'intento del legislatore di tutelare i creditori da scelte non ponderate dell'impresa in grado di aggravare lo stato di crisi esistente, e, da questo punto di vista, risponde all'utilita' sociale di evitare la completa dispersione del patrimonio dell'imprenditore con conseguente impossibilita' di soddisfazione dei creditori; tuttavia, l'impresa che e' ammessa a concordato preventivo con continuita' aziendale e' impresa che, pur in stato di crisi, e' in grado di continuare ad operare sul mercato proponendo beni e servizi, ed anzi, mediante la continuazione dell'attivita', potenzialmente di rientrare dalla situazione di difficolta' medio tempore vissuta. Risponde, allora, all'utilita' sociale non gia' limitarne la sua liberta' contrattuale, ma anzi favorirne il massimo dispiegarsi, per l'acquisizione di clientela di sicura solvibilita', come e' il soggetto pubblico, e, cosi' giovarsi di denaro da reimpiegare nell'attivita' di impresa. Per queste considerazioni, la limitazione all'autonomia privata finisce coll'essere ingiustificata e in contrasto con il dettato costituzionale; art. 97 Costituzione: il principio di buon andamento dell'azione amministrativa trova attuazione nella materia dei contratti pubblici con gli obblighi di evidenza pubblica, legislativamente considerati il mezzo per la selezione del contraente migliore. Rispetto al fondamento normativo cosi' evidenziato, il divieto posto dall'art. 186-bis, comma 6, legge fallimentare alla partecipazione ad una procedura di gara del mandatario in concordato preventivo con continuita' aziendale determina una ingiustificata limitazione del potere di scelta spettante in via generale alle pubbliche amministrazioni, che non potra', per questa sola ragione, contrattare con un'impresa che potrebbe rivelarsi la piu' qualificata e capace ad eseguire la commessa (o parte della commessa) posta a gara, e nei cui confronti gli organi della procedura concorsuale esprimano un giudizio di compatibilita' di tale partecipazione rispetto alla sua situazione economico-patrimoniale e di convenienza per i creditori. In ragione del promuovimento della questione di legittimita' costituzionale il presente giudizio va sospeso fino alla pronuncia della Corte costituzionale, cui gli atti vanno trasmessi. Vanno inoltre disposti gli adempimenti previsti dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), nei sensi indicati in dispositivo.
P. Q. M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quinta), dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 186-bis, comma 6, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), aggiunto dall'art. 33, comma 1, lettera h), decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, in riferimento agli articoli 3, 41 e 97, della Costituzione, nei sensi e nei termini di cui alla motivazione della presente ordinanza. Dispone la sospensione del presente giudizio sino alla decisione della Corte costituzionale sulla questione di legittimita' costituzionale quale sopra sollevata. Riserva alla sentenza definitiva ogni statuizione sulle spese di causa. Ordina che a cura della segreteria gli atti del giudizio siano trasmessi alla Corte costituzionale e che la presente ordinanza, oltre che comunicata alle parti, sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 30 maggio 2019 con l'intervento dei magistrati: Fabio Franconiero, Presidente FF; Federico Di Matteo, Consigliere, Estensore; Angela Rotondano, Consigliere; Alberto Urso, Consigliere; Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere; Il Presidente: Franconiero L'Estensore: Di Matteo