N. 154 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 febbraio 2019
Ordinanza del 5 febbraio 2019 del Tribunale di Siracusa nel procedimento civile promosso da Castrovinci Dario contro Istituto regionale per lo sviluppo delle attivita' produttive (IRSAP), Consorzio ASI della Provincia di Siracusa, in liquidazione e Assessorato regionale attivita' produttive della Sicilia . Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana - Misure per il conseguimento di risparmi di spesa - Trattamento economico complessivo dei dipendenti, anche con qualifica dirigenziale, degli enti sottoposti a controllo e vigilanza della Regione, delle societa' a totale o maggioritaria partecipazione regionale, che svolgono l'attivita' esclusivamente con affidamenti diretti della Regione, nonche' degli enti che ricevono trasferimenti o contributi a carico del bilancio regionale - Applicazione di un limite massimo di 100.000 euro annui lordi. - Legge della Regione Siciliana 11 giugno 2014, n. 13 (Variazioni al bilancio di previsione della Regione per l'esercizio finanziario 2014 e modifiche alla legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 "Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2014. Legge di stabilita' regionale". Disposizioni varie), art. 13, comma 3, come modificato dall'art. 14 [, comma 1, lettera a),] della legge regionale 17 maggio 2016, n. 8 (Disposizioni per favorire l'economia. Norme in materia di personale. Disposizioni varie).(GU n.40 del 2-10-2019 )
TRIBUNALE ORDINARIO DI SIRACUSA Prima Sezione civile - Settore lavoro e previdenza Il Giudice, nella causa iscritta al n. 459/2017 R.G., promossa ex articoli 442 e ss. del codice di procedura civile da: Castrovinci Dario rappresentato e difeso Carmelo Romeo ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Catania, ricorrente; Contro: Istituto regionale per lo sviluppo delle attivita' produttive (I.R.S.A.P.) in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dal prof. avv. Massimiliano Marinelli; Consorzio A.S.I. della Provincia di Siracusa, in liquidazione in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dal prof. avv. Massimiliano Marinelli; Assessorato regionale attivita' produttive della Sicilia in persona dell'Assessore pro tempere, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, resistenti; sciogliendo la riserva che precede, ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, avente ad oggetto il comma 3, art. 13 della legge Regionale n. 13 dell'11 giugno 2014, come modificata dall'art. 14 legge regionale 17 maggio 2016, per contrasto con gli articoli 3, 36 e 117 Cost. Premesso in fatto che con ricorso depositato il 14 febbraio 2017, Castrovinci Dario - nel sollecitare la rimessione degli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale per l'esame della questione di legittimita' costituzionale del comma 3, art. 13 della legge regionale n. 13 dell'11 giugno 2014, come modificata dall'art. 14 legge regionale 17 maggio 2016, per contrasto con gli articoli 3, 36 e 117 Cost. - deduce: di essere dirigente di I fascia del ruolo del comparto Regione Siciliana ed enti pubblici non economici sottoposti a vigilanza e/o controllo della Regione Siciliana, giusta deliberazione di inquadramento giuridico del C.D. del Consorzio per l'Area di sviluppo industriale (Consorzio ASI) della Provincia di Siracusa n. 171 del 19 gennaio 2001; precisamente, di essere direttore generale di ruolo a seguito di concorso pubblico, nonche' dirigente generale del Consorzio ASI in forza di contratto di durata settennale stipulato il 7 dicembre 2005; di essere stato utilizzato, dal 3 settembre 2012, ovvero dalla data di istituzione dell'I.R.S.A.P., quale dirigente di I fascia, per l'assolvimento di una molteplicita' di incarichi ovvero: dirigente responsabile dell'Ufficio periferico di Siracusa; dirigente dell'Area affari giuridici; presidente dell'ufficio per i procedimenti disciplinari; di essere stato nominato con il D.A. 8 settembre 2016, prot. 2512 Commissario liquidatore del Consorzio ASI di Siracusa in liquidazione e con D.A. n. 1768 del 10 giugno 2016 Commissario ad acta del medesimo consorzio; di essere transitato nel ruolo della pianta organica dell'I.R.S.A.P. ex art. 19, comma 10, legge Regione Siciliana n. 8/2012 e successiva determinazione della Direzione generale n. 4 dell'11 gennaio 2017; che il ricorrente si duole della riduzione della retribuzione conseguita al passaggio alla pianta organica dell'I.R.S.A.P., a seguito di mobilita' non volontaria ma quale conseguenza della scelta politica e organizzativa di centralizzazione, avendo egli subito - in applicazione del provvedimento del 29 luglio 2016, prot. n. 94457 (del quale chiede la disapplicazione) - l'imposizione di un tetto massimo di € 100.000,00 annui lordi con effetto retroattivo dal 23.6.2016 e quindi incidente su sui trattamenti gia' maturati e corrisposti , con conseguente decurtazione stipendiale annua di € 44.000,00 pari al differenziale aritmetico tra il trattamento annuo in godimento (€ 144.000,00) e il nuovo tetto retributivo (€ 100.000,00); che l'adozione del provvedimento impugnato (I.R.S.A.P., 29 luglio 2016, prot. n. 94457) e' avvenuta in applicazione dell'art. 14 della legge regionale 17 maggio 2017, n. 8, che ha modificato l'art. 13 della legge regionale 11 giugno 2014, n. 13, alla quale il ricorrente muove censure di legittimita' costituzionale che ritiene non «manifestamente infondate»; che il convenuto I.R.S.A.P., dopo aver contestato la propria legittimazione passiva in favore di gestioni separate costituite presso lo stesso Istituto fino al completamento della liquidazione del Consorzi ASI e all'approvazione della pianta organica del personale transitato, ha confermato di avere adottato il provvedimento impugnato dovendo dare applicazione all'art. 14 della legge regionale 17 maggio 2017, n. 8; che analoghe difese sulla doverosita' dell'adeguamento del trattamento retributivo in applicazione della legge regionale ha speso il convenuto Consorzio ASI in liquidazione, mentre l'Assessorato regionale attivita' produttive della Regione Siciliana, ha eccepito il difetto della propria legittimazione passiva in mancanza della qualita' di datore di lavoro del ricorrente; che tutti e tre i convenuti hanno contestato la fondatezza delle censure di legittimita' costituzionale sollevate dal ricorrente avverso la disposizione normativa regionale; Osserva L'art. 14 della legge della regione siciliana n. 8 del 17 maggio 2016 prevede: «All'art. 13 della legge regionale 11 giugno 2014, n. 13 sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 3 le parole da "e degli enti" fino a "sanitario" sono sostituite dalle parole "e degli enti del settore sanitario. Il trattamento economico complessivo dei dipendenti, anche con qualifica dirigenziale, e dei titolari di contratti di lavoro degli enti sottoposti a controllo e vigilanza della Regione, delle societa' a totale o maggioritaria partecipazione della Regione, che svolgono l'attivita' esclusivamente con affidamenti diretti della stessa Regione, nonche' degli enti che, a qualunque titolo, ricevono trasferimenti o contributi a carico del bilancio della Regione, non puo' essere superiore a 100.000 euro annui lordi."; b) al comma 3-bis le parole "di cui al comma 2" sono sostituite dalle parole "di cui ai commi 2 e 3". 2. Il settimo comma dell'art. 6 della legge regionale 6 giugno 1975, n. 42 e' soppresso». Per quel che qui rileva, l'art. 13 della legge regionale 11 giugno 2014, n. 13 ai commi 2 e 3 prima della modifica prevedeva: «2. Al fine di conseguire risparmi di spesa attraverso la razionalizzazione della spesa pubblica regionale nonche' al fine della salvaguardia degli equilibri di bilancio, per il periodo 1° luglio 2014 - 31 dicembre 2016, i trattamenti onnicomprensivi di pensione, compresi quelli in godimento, in tutto o in parte a carico dell'Amministrazione regionale e del Fondo pensioni Sicilia, non possono superare il tetto di 160 migliaia di euro annui. 3. Lo stesso limite di cui al comma 2 si applica al trattamento economico annuo complessivo fiscale dei dipendenti dell'Amministrazione regionale e degli enti di cui all'art. 1 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, presso cui si applica il contratto collettivo dei dipendenti regionali, nonche', in quanto compatibile al trattamento economico annuo complessivo dei dipendenti degli enti pubblici regionali, delle societa' partecipate dalla Regione Siciliana e comunque di tutti gli enti, di natura pubblica o privata, che ricevono a qualunque titolo trasferimenti, contributi o corrispettivi a carico del bilancio della Regione Siciliana, compreso il settore sanitario.». Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal ricorrente appaiono rilevanti nel presente giudizio in quanto la disposizione della legge regionale censurata costituisce la previsione normativa, in applicazione della quale l'I.R.S.A.P. ha emesso il provvedimento impugnato, con il quale ha ridotto lo stipendio annuo gia' in godimento del ricorrente, con applicazione retroattiva e conseguenti trattenute sulle competenze mensili del Castrovinci. E' lo stesso I.R.S.A.P. che, all'atto della costituzione in giudizio, sottolinea la doverosita' del provvedimento adottato (prot. n. 94457 del 29 luglio 2016), dichiarando di non potersi sottrarre all'obbligo di dare applicazione alla legge regionale impositiva del tetto massimo di € 100.000,00 lordi annui per il trattamento economico complessivo dei dipendenti, anche con qualifica dirigenziale, degli enti sottoposti a controllo e vigilanza della Regione. La rilevanza della questione deriva dalla considerazione che l'eventuale pronuncia di incostituzionalita' dell'art. 14 della legge della Regione Siciliana n. 8 del 17 maggio 2016 determinerebbe l'illegittimita' delle trattenute operate dall'I.R.S.A.P. in applicazione della norma stessa, delle quali il ricorrente chiede la restituzione previa disapplicazione del provvedimento del 29 luglio 2016. Le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 14, legge regionale n. 8/2016 sollevate in relazione agli articoli 3, 36 e 117 Cost. non appaiono poi manifestamente infondate. Non appare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata in relazione all'art. 3 della Costituzione, in quanto la novella normativa, modificando l'art. 13 della legge regionale 11 giugno 2014, n. 13 comma 3 individua due trattamenti economici differenziati, distinguendo la posizione del personale e dei dirigenti dipendenti direttamente dalla Regione Sicilia e dagli enti del settore sanitario, da un lato, dalla posizione dei dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, degli enti sottoposti a controllo e vigilanza della Regione, delle societa' a totale o maggioritaria partecipazione della Regione, che svolgono l'attivita' esclusivamente con affidamenti diretti della stessa Regione, nonche' degli enti che, a qualunque titolo, ricevono trasferimenti o contributi a carico del bilancio della Regione: per i primi, il fine di salvaguardare gli equilibri di bilancio e' perseguito mediante la previsione del tetto massimo di € 160.000,00 annui per i trattamenti onnicomprensivi in godimento, per un periodo di tempo limitato (fino al 31 dicembre 2016, prorogato per il triennio 2017-2019 con l'art. 1, comma 3, legge regionale n. 28 del 29 dicembre 2016), mentre per i dipendenti degli enti sottoposti a controllo e vigilanza della Regione, anche di qualifica dirigenziale, al medesimo fine, il tetto massimo viene fissato in misura decisamente inferiore, ovvero in 100.000 euro annui lordi e senza alcuna previsione di temporaneita'. Non si ravvisa alcuna ragione giustificatrice per il trattamento deteriore riservato, solo a seguito della novella, dalla legge regionale nei confronti dei dipendenti degli enti regionali rispetto ai dipendenti della Regione Sicilia e del comparto sanitario, non essendo allegate nemmeno dalle difese delle parti resistenti le differenze sostanziali per le quali non possano ritenersi analoghe le posizioni dei dirigenti regionali e degli enti sanitari e quelle dei dirigenti degli altri enti regionali. La previsione legislativa appare pertanto contrastare sia con il principio di parita' di trattamento e divieto di discriminazione delle persone poste in situazioni equiparabili tutelato dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, sia con l'art. 3 della Costituzione, essendo previsto un trattamento differenziato e discriminante - con uno scarto di ben € 60.000,00 nel trattamento economico riservato ai lavoratori regionali sul solo presupposto formale della qualificazione dell'Ente datore di lavoro, regione e ente regionale del settore sanitario o altro ente regionale partecipato o vigilato dalla regione - in assenza di giustificazione oggettiva e ragionevole, per persone poste in situazioni sostanzialmente equiparabili e al medesimo scopo di perseguire obiettivi di spending review. In definitiva la previsione contenuta nella seconda parte del comma 3 dell'art. 13 della legge regionale 11 giugno 2014, che introduce un trattamento economico maggiormente penalizzante per la specifica posizione dei dipendenti degli enti regionali rispetto a quella piu' favorevole destinata dalla prima parte della disposizione ai dipendenti della regione, al medesimo scopo di salvaguardare i bilanci e contenere la spesa pubblica, appare ingiustificata e contraria al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione che impone identita' di trattamento per le situazioni sostanzialmente omogenee. Non appare poi manifestamente infondata nemmeno la questione di legittimita' costituzionale sollevata in relazione all'art. 36 della Costituzione, ai principi di proporzionalita' della retribuzione e a quello di irriducibilita' del trattamento economico a parita' di qualita' e quantita' di lavoro prestato e in ipotesi di mobilita' non volontaria. Nel prevedere l'applicazione del tetto massimo di 100.000,00 anche ai trattamenti gia' in godimento, la legge autorizza - e nel caso in esame ha imposto al datore di lavoro, come si evince dalle difese delle parti resistenti - la modificazione in peius del trattamento retributivo gia' in godimento al dirigente regionale, senza che cio' sia legato a una riduzione della quantita' e soprattutto, trattandosi di dipendente pubblico con qualifica di dirigente, della qualita' del servizio richiesto e quindi senza alcuna previsione di proporzionalita' in relazione alla prestazione resa. Ritenendo che l'art. 36 Cost. ha carattere generale e si applica a tutti i lavoratori compresi i dipendenti pubblici e compresi i dirigenti e ritenendo che l'art. 2103, quinto comma, del codice civile, si estende anche ai lavoratori pubblici per tutti gli aspetti non espressamente regolati nell'art. 52 decreto legislativo n. 165/2001, va rilevato che l'imposizione del trattamento retributivo deteriore rispetto a quello in godimento nel caso in esame appare in contraddizione rispetto alla molteplicita' di incarichi attribuiti al ricorrente nell'ambito dell'I.R.S.A.P., sommati agli incarichi di Commissario liquidatore del Consorzio ASI di Siracusa in liquidazione e di Commissario ad acta del medesimo consorzio, che, pur considerando il principio di onnicomprensivita' della retribuzione dei dirigenti pubblici e al principio secondo il quale la retribuzione deve essere proporzionata alla prestazione di lavoro e la riduzione del trattamento economico si puo' giustificare in relazione alla riduzione della performance richiesta. E' noto a questo Giudice che la finalita' di assicurare il controllo della spesa pubblica consente al legislatore di porre limiti al trattamento economico dei dipendenti pubblici e alla contrattazione collettiva, cui e' rimessa la disciplina del trattamento economico (in questo contesto vanno considerate le disposizioni dettate dall'art. 48 del decreto legislativo n. 165/2001 in tema, da un lato, di determinazione delle risorse da destinare alla contrattazione collettiva e, dall'altro, di quantificazione della spesa derivante dai contratti). E' altresi' noto, che il diritto garantito dal primo comma dell'art. 36 Cost. debba essere contemperato con l'interesse collettivo al contenimento della spesa pubblica, meritevole di adeguata considerazione in un contesto di progressivo deterioramento dell'equilibrio dei conti pubblici e che proprio in forza di tale contemperamento la Corte costituzionale ha recentemente e in diverse occasioni adottato decisioni, nelle quali le questioni di legittimita' costituzionale sollevate in relazione al principio di proporzionalita' della retribuzione dei dipendenti pubblici non sono state ritenute fondate, in virtu' dell'esigenza di garantire l'equilibrio tra le entrate e le spese del bilancio dello Stato, che riceve tutela costituzionale agli articoli 81 e 97, primo comma, Cost.: il fine di realizzare un contenimento della spesa pubblica in ragione della situazione economica e finanziaria, giustifica gli interventi legislativi che incidono sulla fisiologica dinamica delle retribuzioni. E tuttavia nel caso in esame l'effetto derivante dall'avere fissato un tetto massimo al trattamento reddituale annuale, senza alcun limite temporale, e senza previsione di assorbimento, non e' solo quello di ridurre gli incrementi economici o di bloccare temporaneamente la progressione stipendiale, ma comporta la riduzione del trattamento economico goduto con recupero da parte del datore di lavoro delle somme gia' corrisposte, con conseguente sbilanciamento dei valori costituzionali coinvolti a favore dell'interesse collettivo al contenimento della spesa pubblica che appare superare il limite della ragionevolezza. Infine non appare manifestamente infondata la questione di illegittimita' prospettata con riferimento all'art. 117 Cost. Va infatti considerato che il trattamento economico dei dipendenti pubblici contrattualizzati e' disciplinato in generale dall'art. 45, decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il quale dispone al comma 1 che «il trattamento economico fondamentale ed accessorio, fatto salvo quanto previsto dall'art. 40, commi 3-ter e 3-quater e all'art. 47-bis, comma 1, e' definito dai contratti collettivi». Tale disposizione e' generalmente considerata come espressiva dell'attribuzione alla contrattazione collettiva di una competenza esclusiva in materia di retribuzione dei dipendenti pubblici vincolante anche per la legislazione regionale, come ritenuto dalle sentenze di codesta eccellentissima Corte proprio con riguardo alla legislazione regionale siciliana (C. cost., 14 giugno 2007, n. 189; Corte costituzionale, 5 luglio 2006, n. 308), sul presupposto che le norme del decreto legislativo n. 165/2001 «costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. Le Regioni a statuto ordinario si attengono ad esse tenendo conto delle peculiarita' dei rispettivi ordinamenti» (art. 1, comma 3, decreto legislativo n. 165/2001). L'art. 14, legge regionale n. 8/2016, nel fissare il limite massimo al trattamento retributivo dei dipendenti regionali, sottrae alla contrattazione collettiva la materia di sua esclusiva competenza e si pone conseguentemente in contrasto con il principio fondamentale secondo il quale il trattamento economico dei dipendenti pubblici con rapporto di lavoro «privatizzato» deve essere disciplinato dalla contrattazione collettiva. Tale principio si impone non solo alle regioni a statuto ordinario, ma anche a quelle a statuto speciale, come affermato nelle sentenze di illegittimita' costituzionale sopra richiamate proprio con riguardo alla legislazione della Regione Sicilia, essendo i principi fissati dalla legge statale in materia, tipici limiti di diritto privato, fondati sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto speciale (sentenze n. 234 e n. 106 del 2005; n. 282 del 2004).
P.Q.M. Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per contrasto con gli articoli 3, 36 comma 1, Cost., la questione di legittimita' costituzionale del comma 3, art. 13, legge regionale n. 13 dell'11 giugno 2014, come modificato dall'art. 14, legge regionale 17 maggio 2016, n. 8, nella parte in cui prevede che «Il trattamento economico complessivo dei dipendenti, anche con qualifica dirigenziale, e dei titolari dei contratti di lavoro degli enti sottoposti a controllo e vigilanza della Regione, delle societa' a totale o maggioritaria partecipazione della Regione, che svolgono l'attivita' esclusivamente con affidamenti diretti della stessa Regione, nonche' degli enti che, a qualunque titolo, ricevono trasferimenti o contributi a carico del bilancio della Regione, non puo' essere superiore a 100.000,00 € annui lordi». Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, a cura della cancelleria, cui manda altresi' di notificare la presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e di comunicarla ai presidenti delle due Camere del Parlamento. Sospende il presente giudizio. Si comunichi alle parti costituite. Siracusa, 5 febbraio 2019 Il giudice del lavoro: Urso