N. 94 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 agosto 2019
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 30 agosto 2019 (della Regione Toscana). Energia - Misure fiscali per la crescita economica - Modifiche alla disciplina degli incentivi per gli interventi di efficienza energetica e rischio sismico - Detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica e per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili - Opzione da parte del soggetto avente diritto alle detrazioni, in luogo dell'utilizzo diretto delle stesse, per un contributo di pari ammontare, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto. Impresa - Misure fiscali per la crescita economica - Norme in materia di semplificazione per la gestione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (PMI) - Soppressione della possibilita' per la Conferenza unificata di limitare l'intervento del Fondo all'attivita' di controgaranzia dei fondi di garanzia regionali e dei consorzi di garanzia collettiva. - Decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58, artt. 10, commi 1 e 2, e 18, comma 1.(GU n.42 del 16-10-2019 )
Ricorso della Regione Toscana, in persona del Presidente pro-tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 962 del 22 luglio 2019, rappresentato e difeso, come da mandato in calce al presente atto, dall'avv. Lucia Bora (codice fiscale BROLCU57M59B157V, Pec lucia.bora@postacert.toscana.it) dell'Avvocatura regionale della Toscana ed elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell'avv. Marcello Cecchetti, (codice fiscale CCCMCL65E02H501Q), piazza Barberini n. 12 (fax 06/4871847; Pec marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it); Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 1 e 2 e dell'art. 18, comma l del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, cosi' come convertito dalla legge n. 58 del 28 giugno 2019 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 151 del 29 giugno 2019, Supplemento Ordinario n. 26), per violazione dell'art. 117, terzo e quarto comma della Costituzione anche sotto il profilo della violazione del principio della leale cooperazione. Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 151 del 29 giugno 2019, e' stata pubblicata la legge n. 58/2019, che convertito il decreto-legge n. 34/2019, recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi». Le disposizioni contenute nell'art. 10, comma 1 e 2, e nell'art. 18, comma 1 sono lesive delle competenze regionali per i seguenti motivi di Diritto 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 1 e 2, per violazione dell'art. 117, quarto comma della Costituzione. L'art. 10, al primo comma, dispone che i cittadini che effettuano interventi di efficienza energetica, in alternativa alla vigente detrazione fiscale oggi prevista spalmabile in dieci anni, possono chiedere uno sconto immediato sulle fatture da parte dell'impresa che ha realizzato i lavori. L'impresa si fara' rimborsare tale sconto dallo Stato tramite un corrispondente credito di imposta da utilizzare in compensazione in cinque anni. L'impresa potra' cedere il credito di imposta cosi' acquisito ai propri fornitori di beni e servizi, ma non potra' cederlo ad istituti di credito ed intermediari finanziari. Analoga disposizione e' contenuta nel secondo comma dello stesso art. 10, con riferimento a coloro che eseguono interventi di adozione di misure antisismiche. L'attuale formulazione delle due previsioni contenute nel primo e nel secondo comma della norma impugnata e' idonea a creare restrizioni della concorrenza nell'offerta dei servizi di riqualificazione energetica e dei lavori antisismici, a danno delle piccole e medie imprese, favorendo i soli operatori economici di grandi dimensioni che possono riuscire ad avere la liquidita' necessaria per applicare lo sconto immediato previsto dalle indicate disposizioni. Tale aspetto e' stato segnalato dall'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, con il pronunciamento AS1592 pubblicato in data 1° luglio 2019. La restrizione determinata dalle impugnate disposizioni a danno degli artigiani e delle piccole e medie imprese ha interferenze con materie di competenza regionale affidate dall'art. 117, quarto comma della Costituzione alla potesta' residuale delle regioni con particolare riferimento all'industria, alle attivita' produttive, all'artigianato, alla promozione del sistema produttivo regionale, specie con riferimento alle piccole e medie imprese. Per tali motivi la norma si presenta incostituzionale. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 1 per violazione dell'art. 117, terzo e quarto comma della Costituzione anche sotto il profilo della violazione del principio della leale cooperazione. 2.a) Con la legge n. 662/1996, art. 2, comma 100, lettera a), e' stato istituito il Fondo centrale di garanzia (FCG) con l'obiettivo di favorire l'accesso al credito delle piccole medie imprese, attraverso la concessione di una garanzia che si sostituisce a quella che le imprese dovrebbero offrire alle banche per ottenere un finanziamento. Il decreto legislativo n. 112/1998 all'art. 18, comma 1, lettera r), ha stabilito che tra le funzioni amministrative riservate allo Stato rientri, tra l'altro, la gestione del Fondo centrale di garanzia, prevedendo poi che «con delibera della Conferenza unificata sono individuate, tenuto conto dell'esistenza di Fondi regionali di garanzia, le regioni sul cui territorio il Fondo limita il proprio intervento alla controgaranzia dei predetti Fondi regionali e dei consorzi di garanzia collettiva fidi di cui all'art. 155, comma 4 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385». Per meglio comprendere il sistema, va rilevato che il Fondo centrale di garanzia puo' operare con diverse modalita' di intervento: garanzia diretta, cioe' la garanzia prestata dal Fondo direttamente a favore dei soggetti finanziatori. In questo caso, l'impresa che necessiti di un finanziamento puo' chiedere alla banca di garantire l'operazione con la garanzia pubblica. In caso di insolvenza dell'impresa, la banca viene risarcita dal Fondo ed in caso di esaurimento dei Fondi, direttamente dallo Stato; controgaranzia, cioe' la garanzia prestata dal Fondo a favore dei Confidi, consorzi di garanzia collettiva sia mutualistici che privati, e degli altri Fondi di garanzia, sia privati che pubblici promossi dalle regioni; in questo caso l'impresa si rivolge ad un Confidi o ad altro Fondo di garanzia che provvederanno ad inviare la domanda di controgaranzia al Fondo. La Regione Toscana, insieme ad altre regioni, nel 2002 ha formulato richiesta di limitazione dell'intervento del Fondo centrale di garanzia alla controgaranzia, tenuto conto dei sistemi di garanzia operanti nel territorio regionale, con rilascio della garanzia di primo livello sia da parte dei Confidi, sia da parte dei Fondi pubblici regionali. Questa scelta e' derivata dall'esistenza di un sistema di garanzia locale efficiente e radicato sul territorio. Con delibera della Conferenza unificata, la richiesta e' stata accolta e percio', in applicazione della richiamata lettera r) dell'art. 18 del decreto n. 112/1998, il Fondo centrale di garanzia in Toscana ha operato solo nella forma della controgaranzia, ovvero con una limitazione dell'accesso alla garanzia del Fondo da parte delle piccole e medie imprese attraverso l'intermediazione dei garanti (Confidi e intermediari finanziari abilitati), valorizzando cosi' l'integrazione tra garanzie private e garanzie pubbliche. La scelta e' stata motivata dalla necessita' di sostenere l'accesso al credito di micro e piccole imprese, delle minori possibilita' di default in presenza di controgaranzie rispetto alle operazioni presentate direttamente dalle banche, dal miglior effetto leva della controgaranzia. Un milione di garanzia pubblica sostiene 2,1 milioni in controgaranzia e solo 1,3 milioni in caso di accesso diretto. Con l'entrata in vigore dell'art. 18, primo comma, oggetto della presente impugnativa, e' stata abrogata la suindicata lettera r) dell'art. 18, primo comma del decreto legislativo n. 112/1998. Conseguentemente il Fondo centrale di garanzia operera' sia in garanzia diretta che in controgaranzia senza possibilita' da parte delle regioni di limitarne l'accesso al Fondo in «controgaranzia». 2.b) La norma impugnata determina conseguenze negative sul tessuto regionale delle piccole e medie imprese. I Confidi infatti hanno svolto una vera e propria funzione sociale, grazie al loro legame diretto e profondo con il tessuto imprenditoriale. Attraverso un rilevante apporto privato delle risorse, hanno contribuito allo sviluppo economico e sociale del territorio di riferimento a supporto di tutte le piccole e medie imprese (PMI), anche di quelle marginali cui sarebbe altrimenti stato precluso l'accesso al credito. Sono, inoltre, strumenti di politica industriale degli enti pubblici a livello locale, nazionale ed europeo, grazie alla loro capacita' di veicolare in modo efficiente ed efficace le risorse pubbliche alle imprese. Dai dati sulle operazioni che i Confidi presentano attraverso la controgaranzia del Fondo centrale emerge che l'onere di copertura subito dallo Stato per la controgaranzia con i Confidi e' rappresentato dal 45% rispetto al 72% della garanzia diretta da parte delle banche. Questo e' dato anche dal fatto che l'effetto leva finanziaria delle risorse pubbliche attraverso lo strumento dei Confidi e' superiore rispetto a quello delle banche del 70% (2,2 in controgaranzia rispetto all'1,3% della garanzia diretta). Cio' significa che a parita' di risorse messe a disposizione e' molto piu' efficiente l'attivita' di accesso al credito per le piccole e medie imprese da parte dei Confidi rispetto all'intervento diretto da parte delle banche. Non va dimenticato, inoltre, che i Confidi mettono anche una parte rilevante del loro patrimonio privato su ogni operazione, molto spesso in situazioni nelle quali le banche, senza la necessaria garanzia dei Confidi, nemmeno aprono la pratica, basandosi sempre e solo sui dati quantitativi risultanti dai bilanci piuttosto che su altri aspetti, come la capacita' della piccola impresa di riuscire in un'attivita'. Pertanto la norma impugnata lede le competenze regionali in materia di industria, attivita' produttive, sviluppo economico, accesso al credito per favorire le piccole e medie imprese, materie tutte riconducibili alle competenze concorrenti e residuali delle regioni, ai sensi dell'art. 117, terzo comma della Costituzione (sostegno all'innovazione per i settori produttivi) e dell'art. 117, quarto comma della Costituzione (industria, attivita' produttive, artigianato, agricoltura, promozione del sistema produttivo regionale). Gia' con le riforme riconducibili al cosiddetto «federalismo amministrativo», alle regioni sono stati attribuiti numerosi compiti relativi allo «sviluppo economico ed alle attivita' produttive» (art. 11 del decreto legislativo n. 112 del 1998). Tale scelta e' confermata ed implementata dalla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, tenuto conto che le principali materie riferibili all'economia ed alle attivita' produttive (agricoltura, industria, artigianato, commercio, turismo) sono state ascritte alla competenza residuale delle regioni (Corte costituzionale sentenze n. 76 del 2009, n. 94 del 2008, n. 64 del 2007, n. 162 del 2005 e n. 1 del 2004). L'art. 117 della Costituzione «contempla molteplici materie caratterizzate da una palese connessione con lo sviluppo dell'economia, le quali sono attribuite sia alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, sia a quella concorrente, sia a quella residuale» (sentenza n. 165 del 2007). La soppressione di una competenza che il decreto legislativo n. 112/1998 aveva riconosciuto alle regioni e vitale per lo sviluppo del sistema produttivo regionale lede le suddette competenze costituzionalmente riconosciute alle regioni medesime. 2.c) La relazione illustrativa al disegno di legge governativo [citato dal dossier parlamentare] motiva la scelta operata dalla norma impugnata con argomentazioni pretestuose ed infondate. E' affermato che: 1) «molte regioni hanno fatto recentemente ricorso alla lettera r) per un motivo diametralmente opposto a quello previsto dalla norma: sostenere i Confidi in difficolta', assicurando loro una sorta di monopolio nell'accesso alla garanzia del Fondo». Tale affermazione non e' veritiera in quanto la Regione Toscana da sempre, sin dall'inizio della operativita' del Fondo centrale di garanzia, ha fatto ricorso alla lettera r). Al contrario, grazie al meccanismo di accesso per il tramite dei Confidi (o di garanzia regionale) in Toscana si e' creato e consolidato un sistema regionale di operatori che ha consentito negli anni di attivare un numero di operazioni di controgaranzia proporzionalmente superiore al peso relativo della quota storica di risorse a suo tempo attribuite nell'ambito del decentramento ai sensi del decreto legislativo n. 112/1998. Non veritiera e' anche l'allusione al presunto monopolio dei Confidi, in quanto: a) il Governo ha sostenuto e continua a sostenere i Confidi, rispetto ai quali il Fondo centrale di garanzia si pone come strumento in concorrenza; b) nei programmi operativi dei Fondi strutturali, cofinanziati dallo Stato, sono previste linee di intervento per il sostegno dei Confidi e di Fondi di garanzia regionali; 2) ancora nella citata relazione e' affermato che «Nelle regioni che hanno, finora, fatto ricorso alla lettera r) si e' osservato un netto calo dell'operativita' del Fondo di garanzia». Anche tale affermazione e la presunta correlazione diretta tra i due elementi non sono suffragate da dati ed analisi. La diversita' dei sistemi produttivi, delle caratteristiche delle imprese e dei mercati locali del credito spiega la diversita' di funzionamento del Fondo centrale di garanzia. Non e' vero che nelle regioni in cui non e' stata data applicazione all'art. 18, lettera r) del decreto n. 112/1998 le imprese hanno avuto maggiore facilita' di accesso al credito grazie al Fondo centrale di garanzia. Assumendo a riferimento una Regione (Emilia-Romagna) che ha recentemente richiesto l'attivazione della limitazione della lettera r) senza averla ottenuta, i dati, diffusi dal Fondo centrale di garanzia, dimostrano che l'andamento dell'accesso al Fondo centrale delle due Regioni e' sostanzialmente analogo, nella diversita' del tipo di operazioni, di volume e di dimensione. Dati al 31 dicembre 2018 Parte di provvedimento in formato grafico Dati al 31 dicembre 2017 Parte di provvedimento in formato grafico Dati al 31 dicembre 2016 Parte di provvedimento in formato grafico Dati al 31 dicembre 2015 Parte di provvedimento in formato grafico Tali dati trovano conferma nella nota del direttore della direzione regionale delle attivita' produttive (doc. 1). Secondo uno studio della CNA, i cui dati sono stati diffusi sul sito www.cna.it del 17 giugno 2019, tra il 2011-2017 in Toscana la riduzione dello stock del credito e' stata inferiore rispetto alla media nazionale e a quella della Emilia-Romagna. Per le imprese sino a cinque dipendenti la riduzione del credito nel periodo considerato e' stata del 12,5% contro il 15,2% della media nazionale e il 18,9% della Emilia-Romagna. Lo stock di credito per le piccole imprese sino a venti dipendenti si e' ridotto del 22,7% in Toscana, del 26,7% in Italia e del 32,4% in Emilia-Romagna. Oltre venti addetti la riduzione e' stata del 10,2% in Toscana, del 17,6% in Italia e del 18,6% in Emilia-Romagna; 3) ancora la relazione afferma: «In questi termini, l'attivazione della lettera r) introduce una barriera all'accesso al Fondo di garanzia (nella modalita' della "garanzia diretta") e si risolve, per quanto esposto, in un evidente danno per le piccole e medie imprese. Al riguardo, la relazione rileva che la recente riforma del Fondo di garanzia ha significativamente revisionato le modalita' di intervento del Fondo, introducendo comunque nuovi e importanti spazi per l'operativita' proprio dei Confidi. Il riconoscimento di una misura di controgaranzia al 100% in favore dei Confidi piu' solidi, le "operazioni a rischio tripartito", la possibilita' di modulare la misura della garanzia dei Confidi con la misura della riassicurazione richiesta al Fondo, la completa "delega" nella valutazione delle richieste di garanzie riferite ad imprese start-up e di finanziamenti con importo ridotto, la possibilita' di portare la misura della riassicurazione al 90% se co-finanziata con risorse regionali, la destinazione di 225 milioni di euro di risorse del Fondo di garanzia ai Fondi rischi dei Confidi, rappresentano, secondo la relazione, strumenti in grado di rilanciare significativamente il ruolo e l'attivita' dei Confidi». Questa affermazione della relazione evidenzia la contraddittorieta' delle finalita' della norma: da una parte si «accusa» un presunto monopolio dei Confidi, dall'altro, si evidenzia la prospettiva di un ruolo dei medesimi ma a supporto del Fondo centrale di garanzia la cui massima operativita' potra' spiegarsi con risorse regionali. Pertanto l'obiettivo non sono le imprese, ma il ruolo dei Confidi in quanto operatori di mercato rispetto al Fondo centrale di garanzia che si pone, anch'esso, come operatore di mercato. La scelta introdotta dalla norma impugnata determina una opzione privilegiata a favore del Fondo centrale di garanzia, confermata anche dal favor di cui il medesimo e' portatore, rappresentato dalla c.d. ponderazione zero: il Fondo centrale di garanzia puo' infatti offrire una garanzia illimitata a valere sul bilancio dello Stato, condizione che nessun operatore privato o Fondo di garanzia regionale puo' sostenere. Tale condizione dovrebbe indurre il Fondo centrale di garanzia ad operare come «Fondo garante di ultima istanza» in tal modo favorendo la costruzione di sistemi di garanzia «territoriali» o «settoriali» di carattere privato o mutualistico; 4) ancora nella relazione si legge che «la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per le finanze pubbliche, in quanto l'eventuale incremento dell'operativita' del Fondo che potrebbe determinarsi per effetto della norma nei territori che attualmente hanno aderito alla limitazione di cui all'art. 18, comma 1, lettera r) del decreto legislativo n. 112 del 1998, oltre ad essere caratterizzata da gradualita' anche per effetto della disposizione di natura transitoria di cui al comma 2, avverra' nell'ambito della medesima dotazione finanziaria del Fondo»: tale affermazione rappresenta una ulteriore contraddittorieta' della norma rispetto all'obiettivo enunciato. Infatti l'asserito incremento di operativita' derivante dalla abrogazione della lettera r) viene «assorbito» nell'ambito della dotazione finanziaria; cio' significa che non si produce alcun beneficio in termini quantitativi ad invarianza di domanda di garanzia, ma si spostano solo a favore del Fondo centrale operazioni che prima transitavano dai Confidi o dai Fondi regionali. La norma quindi non ha una motivazione plausibile, mentre e' lesiva delle attribuzioni regionali per i profili evidenziati al precedente punto 2.b). 2.d) La evidenziata illegittimita' costituzionale della norma impugnata sussiste anche per un ulteriore motivo. Poiche', come sopra evidenziato, l'abrogazione dell'art. 18, primo comma, lettera r) del decreto legislativo n. 112/1998 incide su molteplici competenze regionali, tale riforma avrebbe dovuto essere disposta nel rispetto del principio di leale collaborazione, indispensabile in questo caso a guidare i rapporti tra lo Stato ed il sistema delle autonomie (ex plurimis, sentenza n. 251 del 2016). Come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, quando una normativa incide su molteplici competenze sia esclusive dello Stato, sia concorrenti e residuali delle regioni, e' necessario che queste ultime siano pienamente coinvolte in un processo di riforma attraverso la Conferenza Stato-regioni; «il luogo idoneo di espressione della leale collaborazione e' stato correttamente individuato dalla norma nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Il modulo della stessa, tenuto conto delle competenze coinvolte, non puo' invece essere costituito dal parere, come stabilito dalla norma, ma va identificato nell'intesa, contraddistinta da una procedura che consenta lo svolgimento di genuine trattative e garantisca un reale coinvolgimento» (sentenza n. 261/2017). Nel caso in esame la norma impugnata e' stata emanata senza intesa con le regioni, nonostante la forte incidenza della stessa sulle attribuzioni regionali, con conseguente sua illegittimita' costituzionale.
P.Q.M. Si confida che codesta ecc.ma Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 1 e 2 e dell'art. 18, comma 1 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, cosi' come convertito dalla legge n. 58 del 28 giugno 2019 per i motivi esposti nel presente ricorso. Si deposita: 1. nota del direttore della direzione attivita' produttive del 31 luglio 2019. Si deposita altresi' la delibera della giunta regionale n. 962/2019, di autorizzazione a proporre il presente ricorso. Firenze - Roma, 23 agosto 2019 L'Avvocato: Bora