N. 94 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 agosto 2019

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 30 agosto 2019 (della Regione Toscana). 
 
Energia - Misure fiscali per la crescita economica -  Modifiche  alla
  disciplina  degli  incentivi  per  gli  interventi  di   efficienza
  energetica e rischio sismico - Detrazioni fiscali per interventi di
  efficienza energetica e per interventi di ristrutturazione edilizia
  e per l'acquisto di mobili - Opzione da parte del  soggetto  avente
  diritto alle  detrazioni,  in  luogo  dell'utilizzo  diretto  delle
  stesse, per un contributo di pari ammontare, sotto forma di  sconto
  sul corrispettivo dovuto. 
Impresa - Misure fiscali per la crescita economica - Norme in materia
  di semplificazione per la gestione del Fondo  di  garanzia  per  le
  piccole e medie imprese (PMI) - Soppressione della possibilita' per
  la  Conferenza  unificata  di  limitare  l'intervento   del   Fondo
  all'attivita' di controgaranzia dei fondi di garanzia  regionali  e
  dei consorzi di garanzia collettiva. 
- Decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34  (Misure  urgenti  di  crescita
  economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di  crisi),
  convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019,  n.  58,
  artt. 10, commi 1 e 2, e 18, comma 1. 
(GU n.42 del 16-10-2019 )
    Ricorso  della  Regione  Toscana,  in  persona   del   Presidente
pro-tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale  n.
962 del 22 luglio 2019, rappresentato e difeso, come  da  mandato  in
calce   al   presente   atto,   dall'avv.    Lucia    Bora    (codice
fiscale BROLCU57M59B157V,    Pec     lucia.bora@postacert.toscana.it)
dell'Avvocatura regionale della Toscana ed elettivamente  domiciliato
in Roma, presso  lo  studio  dell'avv.  Marcello  Cecchetti,  (codice
fiscale CCCMCL65E02H501Q), piazza Barberini n.  12  (fax  06/4871847;
Pec marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it); 
    Contro il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  pro-tempore,
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale  dello  Stato
per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale  dell'art.  10,
commi 1 e 2 e dell'art. 18, comma l del decreto-legge 30 aprile 2019,
n. 34, cosi' come convertito dalla legge n. 58  del  28  giugno  2019
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 151
del 29 giugno 2019, Supplemento  Ordinario  n.  26),  per  violazione
dell'art. 117, terzo e quarto comma della Costituzione anche sotto il
profilo della violazione del principio della leale cooperazione. 
    Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 151 del  29
giugno 2019, e' stata pubblicata la legge n. 58/2019, che  convertito
il decreto-legge n. 34/2019,  recante  «Misure  urgenti  di  crescita
economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi». 
    Le disposizioni contenute nell'art. 10, comma 1 e 2, e  nell'art.
18, comma 1 sono lesive delle competenze  regionali  per  i  seguenti
motivi di 
 
                               Diritto 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art.  10,  comma  1  e  2,  per
violazione dell'art. 117, quarto comma della Costituzione. 
    L'art. 10, al primo comma, dispone che i cittadini che effettuano
interventi di efficienza  energetica,  in  alternativa  alla  vigente
detrazione fiscale oggi prevista spalmabile in  dieci  anni,  possono
chiedere uno sconto immediato sulle fatture da parte dell'impresa che
ha realizzato i lavori. 
    L'impresa si fara' rimborsare tale sconto dallo Stato tramite  un
corrispondente credito di imposta da utilizzare in  compensazione  in
cinque anni. 
    L'impresa potra' cedere il credito di imposta cosi' acquisito  ai
propri fornitori di beni e servizi, ma non potra' cederlo ad istituti
di credito ed intermediari finanziari. 
    Analoga disposizione e' contenuta nel secondo comma dello  stesso
art. 10, con riferimento a coloro che eseguono interventi di adozione
di misure antisismiche. 
    L'attuale formulazione delle due previsioni contenute nel primo e
nel  secondo  comma  della  norma  impugnata  e'  idonea   a   creare
restrizioni   della   concorrenza   nell'offerta   dei   servizi   di
riqualificazione energetica e dei lavori antisismici, a  danno  delle
piccole e medie imprese, favorendo  i  soli  operatori  economici  di
grandi  dimensioni  che  possono  riuscire  ad  avere  la  liquidita'
necessaria per applicare lo sconto immediato previsto dalle  indicate
disposizioni. 
    Tale aspetto e'  stato  segnalato  dall'Autorita'  garante  della
concorrenza e del mercato, con il pronunciamento AS1592 pubblicato in
data 1° luglio 2019. 
    La restrizione determinata dalle impugnate disposizioni  a  danno
degli artigiani e delle piccole e medie imprese ha  interferenze  con
materie di competenza regionale affidate dall'art. 117, quarto  comma
della  Costituzione  alla  potesta'  residuale  delle   regioni   con
particolare riferimento  all'industria,  alle  attivita'  produttive,
all'artigianato, alla promozione del  sistema  produttivo  regionale,
specie con riferimento alle piccole e medie imprese. 
    Per tali motivi la norma si presenta incostituzionale. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 1 per violazione
dell'art. 117, terzo e quarto comma della Costituzione anche sotto il
profilo della violazione del principio della leale cooperazione. 
    2.a) Con la legge n. 662/1996, art. 2, comma 100, lettera a),  e'
stato istituito il Fondo centrale di garanzia (FCG)  con  l'obiettivo
di  favorire  l'accesso  al  credito  delle  piccole  medie  imprese,
attraverso la concessione di una garanzia che si sostituisce a quella
che le  imprese  dovrebbero  offrire  alle  banche  per  ottenere  un
finanziamento. 
    Il decreto legislativo n. 112/1998 all'art. 18, comma 1,  lettera
r), ha stabilito che tra le funzioni  amministrative  riservate  allo
Stato rientri,  tra  l'altro,  la  gestione  del  Fondo  centrale  di
garanzia, prevedendo poi che «con delibera della Conferenza unificata
sono individuate, tenuto conto dell'esistenza di Fondi  regionali  di
garanzia, le regioni sul cui territorio il Fondo  limita  il  proprio
intervento alla controgaranzia dei predetti  Fondi  regionali  e  dei
consorzi di garanzia collettiva fidi di cui all'art. 155, comma 4 del
decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385». 
    Per meglio comprendere il  sistema,  va  rilevato  che  il  Fondo
centrale  di  garanzia  puo'  operare  con   diverse   modalita'   di
intervento: 
        garanzia  diretta,  cioe'  la  garanzia  prestata  dal  Fondo
direttamente a favore dei  soggetti  finanziatori.  In  questo  caso,
l'impresa che necessiti di un finanziamento puo' chiedere alla  banca
di garantire l'operazione  con  la  garanzia  pubblica.  In  caso  di
insolvenza dell'impresa, la banca viene risarcita  dal  Fondo  ed  in
caso di esaurimento dei Fondi, direttamente dallo Stato; 
        controgaranzia, cioe' la garanzia prestata dal Fondo a favore
dei Confidi, consorzi di garanzia  collettiva  sia  mutualistici  che
privati, e degli altri Fondi di garanzia, sia  privati  che  pubblici
promossi dalle regioni; in questo caso l'impresa  si  rivolge  ad  un
Confidi o ad altro Fondo di garanzia che provvederanno ad inviare  la
domanda di controgaranzia al Fondo. 
    La Regione  Toscana,  insieme  ad  altre  regioni,  nel  2002  ha
formulato richiesta di limitazione dell'intervento del Fondo centrale
di garanzia alla controgaranzia, tenuto conto dei sistemi di garanzia
operanti nel territorio regionale, con  rilascio  della  garanzia  di
primo livello sia da parte  dei  Confidi,  sia  da  parte  dei  Fondi
pubblici regionali. Questa scelta e' derivata  dall'esistenza  di  un
sistema di garanzia locale efficiente e radicato sul territorio. 
    Con delibera della Conferenza unificata, la  richiesta  e'  stata
accolta e  percio',  in  applicazione  della  richiamata  lettera  r)
dell'art. 18 del decreto n. 112/1998, il Fondo centrale  di  garanzia
in Toscana ha operato solo nella forma della  controgaranzia,  ovvero
con una limitazione dell'accesso alla garanzia  del  Fondo  da  parte
delle  piccole  e  medie  imprese  attraverso  l'intermediazione  dei
garanti (Confidi e intermediari finanziari  abilitati),  valorizzando
cosi' l'integrazione tra garanzie private e garanzie pubbliche. 
    La  scelta  e'  stata  motivata  dalla  necessita'  di  sostenere
l'accesso al  credito  di  micro  e  piccole  imprese,  delle  minori
possibilita' di default in presenza di controgaranzie  rispetto  alle
operazioni presentate direttamente dalle banche, dal miglior  effetto
leva della controgaranzia. Un milione di garanzia  pubblica  sostiene
2,1 milioni in controgaranzia e solo 1,3 milioni in caso  di  accesso
diretto. 
    Con l'entrata in vigore dell'art. 18, primo comma, oggetto  della
presente impugnativa, e' stata  abrogata  la  suindicata  lettera  r)
dell'art. 18,  primo  comma  del  decreto  legislativo  n.  112/1998.
Conseguentemente il  Fondo  centrale  di  garanzia  operera'  sia  in
garanzia diretta che in controgaranzia senza  possibilita'  da  parte
delle regioni di limitarne l'accesso al Fondo in «controgaranzia». 
    2.b)  La  norma  impugnata  determina  conseguenze  negative  sul
tessuto regionale delle piccole e medie imprese. 
    I Confidi infatti  hanno  svolto  una  vera  e  propria  funzione
sociale, grazie al loro legame diretto  e  profondo  con  il  tessuto
imprenditoriale.  Attraverso  un  rilevante  apporto  privato   delle
risorse, hanno contribuito allo  sviluppo  economico  e  sociale  del
territorio di riferimento a supporto di  tutte  le  piccole  e  medie
imprese (PMI), anche di quelle marginali cui sarebbe altrimenti stato
precluso l'accesso al credito. Sono, inoltre, strumenti  di  politica
industriale degli  enti  pubblici  a  livello  locale,  nazionale  ed
europeo, grazie alla loro capacita' di veicolare in  modo  efficiente
ed efficace le risorse pubbliche alle imprese. 
    Dai dati sulle operazioni che i Confidi presentano attraverso  la
controgaranzia del Fondo centrale emerge  che  l'onere  di  copertura
subito  dallo  Stato  per  la  controgaranzia  con   i   Confidi   e'
rappresentato dal 45% rispetto al 72% della garanzia diretta da parte
delle banche. Questo e' dato  anche  dal  fatto  che  l'effetto  leva
finanziaria delle  risorse  pubbliche  attraverso  lo  strumento  dei
Confidi e' superiore rispetto a quello delle banche del 70%  (2,2  in
controgaranzia rispetto all'1,3% della garanzia diretta). 
    Cio' significa che a parita' di risorse messe a  disposizione  e'
molto piu' efficiente  l'attivita'  di  accesso  al  credito  per  le
piccole e medie imprese da parte dei Confidi rispetto  all'intervento
diretto da parte delle banche. Non va  dimenticato,  inoltre,  che  i
Confidi mettono anche una parte rilevante del loro patrimonio privato
su ogni operazione, molto spesso in situazioni nelle quali le banche,
senza la necessaria garanzia dei Confidi, nemmeno aprono la  pratica,
basandosi sempre e solo sui dati quantitativi risultanti dai  bilanci
piuttosto che su altri  aspetti,  come  la  capacita'  della  piccola
impresa di riuscire in un'attivita'. 
    Pertanto la norma  impugnata  lede  le  competenze  regionali  in
materia  di  industria,  attivita'  produttive,  sviluppo  economico,
accesso al credito per favorire le piccole e medie  imprese,  materie
tutte riconducibili alle competenze  concorrenti  e  residuali  delle
regioni, ai sensi  dell'art.  117,  terzo  comma  della  Costituzione
(sostegno all'innovazione per i settori produttivi) e dell'art.  117,
quarto comma della  Costituzione  (industria,  attivita'  produttive,
artigianato,   agricoltura,   promozione   del   sistema   produttivo
regionale).  Gia'  con  le  riforme   riconducibili   al   cosiddetto
«federalismo amministrativo»,  alle  regioni  sono  stati  attribuiti
numerosi compiti relativi allo «sviluppo economico ed alle  attivita'
produttive» (art. 11 del decreto legislativo n. 112 del  1998).  Tale
scelta e' confermata ed implementata dalla riforma del Titolo V della
Parte II della Costituzione, tenuto conto che le  principali  materie
riferibili all'economia ed alle  attivita'  produttive  (agricoltura,
industria, artigianato, commercio, turismo) sono state ascritte  alla
competenza residuale delle regioni (Corte costituzionale sentenze  n.
76 del 2009, n. 94 del 2008, n. 64 del 2007, n. 162 del 2005 e  n.  1
del  2004).  L'art.  117  della  Costituzione  «contempla  molteplici
materie caratterizzate da una  palese  connessione  con  lo  sviluppo
dell'economia,  le  quali  sono  attribuite   sia   alla   competenza
legislativa esclusiva dello Stato, sia a quella  concorrente,  sia  a
quella residuale» (sentenza n. 165 del 2007). 
    La soppressione di una competenza che il decreto  legislativo  n.
112/1998 aveva riconosciuto alle regioni e vitale per lo sviluppo del
sistema   produttivo   regionale   lede   le   suddette    competenze
costituzionalmente riconosciute alle regioni medesime. 
    2.c) La relazione illustrativa al disegno  di  legge  governativo
[citato dal dossier parlamentare]  motiva  la  scelta  operata  dalla
norma impugnata con argomentazioni pretestuose ed infondate. 
    E' affermato che: 
        1) «molte  regioni  hanno  fatto  recentemente  ricorso  alla
lettera r) per un motivo diametralmente  opposto  a  quello  previsto
dalla norma: sostenere i Confidi in difficolta', assicurando loro una
sorta di monopolio nell'accesso alla garanzia del Fondo». 
    Tale affermazione non e' veritiera in quanto la  Regione  Toscana
da sempre, sin dall'inizio della operativita' del Fondo  centrale  di
garanzia, ha fatto ricorso alla lettera r). Al contrario,  grazie  al
meccanismo di accesso per il  tramite  dei  Confidi  (o  di  garanzia
regionale) in Toscana si e' creato e consolidato un sistema regionale
di operatori che ha consentito negli anni di attivare  un  numero  di
operazioni di  controgaranzia  proporzionalmente  superiore  al  peso
relativo della quota  storica  di  risorse  a  suo  tempo  attribuite
nell'ambito del decentramento ai sensi  del  decreto  legislativo  n.
112/1998. 
    Non veritiera e' anche  l'allusione  al  presunto  monopolio  dei
Confidi, in quanto: 
        a) il Governo ha sostenuto e continua a sostenere i  Confidi,
rispetto ai  quali  il  Fondo  centrale  di  garanzia  si  pone  come
strumento in concorrenza; 
        b)   nei   programmi   operativi   dei   Fondi   strutturali,
cofinanziati dallo Stato, sono previste linee di  intervento  per  il
sostegno dei Confidi e di Fondi di garanzia regionali; 
        2) ancora nella citata  relazione  e'  affermato  che  «Nelle
regioni che hanno, finora,  fatto  ricorso  alla  lettera  r)  si  e'
osservato un netto calo dell'operativita' del Fondo di garanzia». 
    Anche tale affermazione e la presunta correlazione diretta tra  i
due elementi non sono suffragate da dati ed  analisi.  La  diversita'
dei sistemi produttivi, delle caratteristiche  delle  imprese  e  dei
mercati locali del credito spiega la diversita' di funzionamento  del
Fondo centrale di garanzia. Non e' vero che nelle regioni in cui  non
e' stata data applicazione all'art. 18, lettera  r)  del  decreto  n.
112/1998 le imprese hanno avuto  maggiore  facilita'  di  accesso  al
credito grazie al Fondo centrale di garanzia. 
    Assumendo a  riferimento  una  Regione  (Emilia-Romagna)  che  ha
recentemente richiesto l'attivazione della limitazione della  lettera
r) senza averla ottenuta, i  dati,  diffusi  dal  Fondo  centrale  di
garanzia, dimostrano che l'andamento dell'accesso al  Fondo  centrale
delle due Regioni e' sostanzialmente analogo,  nella  diversita'  del
tipo di operazioni, di volume e di dimensione. 
 
Dati al 31 dicembre 2018 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Dati al 31 dicembre 2017 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Dati al 31 dicembre 2016 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Dati al 31 dicembre 2015 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Tali  dati  trovano  conferma  nella  nota  del  direttore  della
direzione regionale delle attivita' produttive (doc. 1). 
    Secondo uno studio della CNA, i cui dati sono stati  diffusi  sul
sito www.cna.it del 17 giugno 2019, tra il 2011-2017  in  Toscana  la
riduzione dello stock del credito e' stata  inferiore  rispetto  alla
media nazionale e a quella della Emilia-Romagna. Per le imprese  sino
a cinque dipendenti la riduzione del credito nel periodo  considerato
e' stata del 12,5% contro il 15,2% della media nazionale e  il  18,9%
della Emilia-Romagna. Lo stock di credito per le piccole imprese sino
a venti dipendenti si e' ridotto del 22,7% in Toscana, del  26,7%  in
Italia  e  del  32,4%  in  Emilia-Romagna.  Oltre  venti  addetti  la
riduzione e' stata del 10,2% in Toscana, del 17,6% in  Italia  e  del
18,6% in Emilia-Romagna; 
        3)  ancora  la  relazione  afferma:   «In   questi   termini,
l'attivazione della lettera r) introduce una barriera all'accesso  al
Fondo di garanzia (nella modalita' della  "garanzia  diretta")  e  si
risolve, per quanto esposto, in un evidente danno  per  le piccole  e
medie imprese. Al  riguardo,  la  relazione  rileva  che  la  recente
riforma del Fondo di garanzia ha  significativamente  revisionato  le
modalita' di intervento del  Fondo,  introducendo  comunque  nuovi  e
importanti  spazi  per  l'operativita'  proprio   dei   Confidi.   Il
riconoscimento di una misura di controgaranzia al 100% in favore  dei
Confidi  piu'  solidi,  le  "operazioni  a  rischio  tripartito",  la
possibilita' di modulare la misura della garanzia dei Confidi con  la
misura della riassicurazione richiesta al Fondo, la completa "delega"
nella valutazione delle richieste di  garanzie  riferite  ad  imprese
start-up e di finanziamenti con importo ridotto, la  possibilita'  di
portare la misura della riassicurazione al 90% se  co-finanziata  con
risorse regionali, la destinazione di 225 milioni di euro di  risorse
del Fondo di garanzia ai Fondi  rischi  dei  Confidi,  rappresentano,
secondo   la   relazione,   strumenti   in   grado   di    rilanciare
significativamente il ruolo e l'attivita' dei Confidi». 
    Questa    affermazione    della    relazione     evidenzia     la
contraddittorieta' delle finalita'  della  norma:  da  una  parte  si
«accusa» un presunto monopolio dei Confidi, dall'altro, si  evidenzia
la prospettiva di un ruolo dei  medesimi  ma  a  supporto  del  Fondo
centrale di garanzia la cui massima operativita' potra' spiegarsi con
risorse regionali. 
    Pertanto l'obiettivo non sono le imprese, ma il ruolo dei Confidi
in quanto operatori di mercato rispetto al Fondo centrale di garanzia
che si pone, anch'esso, come operatore di mercato. 
    La scelta introdotta dalla norma impugnata determina una  opzione
privilegiata a favore del  Fondo  centrale  di  garanzia,  confermata
anche dal favor di cui il medesimo e' portatore, rappresentato  dalla
c.d. ponderazione zero: il Fondo centrale di  garanzia  puo'  infatti
offrire una garanzia illimitata a valere sul  bilancio  dello  Stato,
condizione che nessun operatore privato o Fondo di garanzia regionale
puo' sostenere. 
    Tale condizione dovrebbe indurre il Fondo centrale di garanzia ad
operare come «Fondo garante di ultima istanza» in tal modo  favorendo
la costruzione di sistemi di garanzia «territoriali»  o  «settoriali»
di carattere privato o mutualistico; 
        4) ancora nella relazione si legge che «la  disposizione  non
comporta nuovi o maggiori oneri per le finanze pubbliche,  in  quanto
l'eventuale  incremento  dell'operativita'  del  Fondo  che  potrebbe
determinarsi per effetto della norma nei  territori  che  attualmente
hanno aderito alla limitazione di cui all'art. 18, comma  1,  lettera
r)  del  decreto  legislativo  n.  112  del  1998,  oltre  ad  essere
caratterizzata da gradualita' anche per effetto della disposizione di
natura transitoria di cui al  comma  2,  avverra'  nell'ambito  della
medesima  dotazione  finanziaria  del   Fondo»:   tale   affermazione
rappresenta una ulteriore  contraddittorieta'  della  norma  rispetto
all'obiettivo   enunciato.   Infatti   l'asserito    incremento    di
operativita' derivante  dalla  abrogazione  della  lettera  r)  viene
«assorbito» nell'ambito della dotazione finanziaria;  cio'  significa
che non  si  produce  alcun  beneficio  in  termini  quantitativi  ad
invarianza di domanda di garanzia, ma si spostano solo a  favore  del
Fondo centrale operazioni che prima transitavano dai  Confidi  o  dai
Fondi regionali. 
    La norma quindi non ha  una  motivazione  plausibile,  mentre  e'
lesiva delle attribuzioni regionali  per  i  profili  evidenziati  al
precedente punto 2.b). 
    2.d) La evidenziata  illegittimita'  costituzionale  della  norma
impugnata sussiste anche per un ulteriore motivo. 
    Poiche', come  sopra  evidenziato,  l'abrogazione  dell'art.  18,
primo comma, lettera r) del decreto legislativo n. 112/1998 incide su
molteplici competenze regionali, tale riforma avrebbe  dovuto  essere
disposta  nel  rispetto  del  principio  di   leale   collaborazione,
indispensabile in questo caso a guidare i rapporti tra lo Stato ed il
sistema delle autonomie (ex plurimis, sentenza n. 251 del 2016). 
    Come chiarito dalla  giurisprudenza  costituzionale,  quando  una
normativa incide su molteplici competenze sia esclusive dello  Stato,
sia concorrenti e residuali delle regioni, e' necessario  che  queste
ultime  siano  pienamente  coinvolte  in  un  processo   di   riforma
attraverso  la  Conferenza  Stato-regioni;  «il   luogo   idoneo   di
espressione  della  leale  collaborazione  e'   stato   correttamente
individuato dalla norma nella Conferenza permanente  per  i  rapporti
tra lo Stato, le regioni e  le  Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano. Il  modulo  della  stessa,  tenuto  conto  delle  competenze
coinvolte,  non  puo'  invece  essere  costituito  dal  parere,  come
stabilito   dalla   norma,   ma    va    identificato    nell'intesa,
contraddistinta da una  procedura  che  consenta  lo  svolgimento  di
genuine trattative e garantisca un reale coinvolgimento» (sentenza n.
261/2017). 
    Nel caso in esame la  norma  impugnata  e'  stata  emanata  senza
intesa con le regioni, nonostante la  forte  incidenza  della  stessa
sulle attribuzioni  regionali,  con  conseguente  sua  illegittimita'
costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si confida  che  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  dichiari
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 1 e 2 e dell'art.
18, comma 1 del decreto-legge 30  aprile  2019,  n.  34,  cosi'  come
convertito dalla legge n. 58 del 28 giugno 2019 per i motivi  esposti
nel presente ricorso. 
    Si deposita: 
        1. nota del direttore della  direzione  attivita'  produttive
del 31 luglio 2019. 
    Si deposita  altresi'  la  delibera  della  giunta  regionale  n.
962/2019, di autorizzazione a proporre il presente ricorso. 
 
      Firenze - Roma, 23 agosto 2019 
 
                          L'Avvocato: Bora